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Il racconto autobiografico

Generi
L’equivoco
Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (1622–1673),
commediografo francese

Argante, un malato immaginario, espressione che dà il ti-


tolo alla commedia, è circondato da persone le quali gli
fanno credere che sia malato per potergli spillare molti
soldi, compresa la moglie che vuole farsi intestare l’intero
patrimonio. L’uomo, credendo di essere sul punto di morte,
cerca di dare in sposa la figlia a un noto giovane medico,
assicurandosi così cure gratuite. Non tiene conto, però, del
fatto che la figlia è innamorata di Cleante e che il futuro
sposo dimostra di essere un vero sciocco.
Grazie all’intervento del fratello del protagonista e della
serva Toinette, che inscenano la morte di Argante, il pro-
tagonista comprende i sentimenti sinceri della figlia e le
macchinazioni dei medici e della moglie a suo danno.

PERSONAGGI

Argante, Angelica, Toinette

SCENA QUINTA

Argante – (rimettendosi nella poltrona) Adesso,


figlia mia, devo annunciarvi una notizia che forse non
v’aspettavate. Siete stata chiesta in matrimonio. Come?
Ridete? Lo so che la parola «matrimonio» piace a tutte
le ragazze: ah, natura, natura! Da quel che vedo, figlia
mia, è perfettamente inutile chiedervi se vi volete sposare
oppure no.
Angelica – Io debbo fare, babbo, tutto quello che vi
piacerà ordinarmi.
Argante – Sono molto contento di avere una figliola
tanto bene obbediente! Allora: tutto è fatto, siete stata
fidanzata.
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Angelica – Io debbo conformarmi1 ciecamente a ogni


vostra volontà.
Argante – Mia moglie, la vostra matrigna, avrebbe
preferito che facessi monaca voi e anche la vostra
sorellina. È parecchio tempo che batte su questo tasto.
Toinette – (pianissimo) Quella carogna ha i suoi motivi.
Argante – Non voleva assolutamente consentire a questo
matrimonio, ma io l’ho spuntata e ho già impegnato la
mia parola.
Angelica – Come vi sono grata, babbo, di tanta bontà!
Toinette – In verità vi sono grata anch’io di quel che
avete fatto: l’azione più saggia di tutta la vostra vita.
Argante – Ancora non ho veduto il giovanotto, ma sono
stato informato che non avrò da lamentarmi, e neanche
tu, naturalmente.
Angelica – Certo no, babbo.
Argante – Come sarebbe? L’hai già veduto?
Angelica – Poiché il vostro consenso mi autorizza ad
aprirvi tutto il mio cuore, vi dirò francamente che la
buona sorte ci ha fatto conoscere sei giorni fa e la
domanda che v’è stata rivolta è la conseguenza della
reciproca inclinazione2 che da quel primo incontro s’è
determinata in noi.
Argante – Questo non me lo avevano detto; ma tutto
sommato non mi dispiace; meglio, anzi, che le cose siano
andate così. Dicono che è un giovane robusto, ben fatto.
Angelica – È così, babbo.
Argante – È piuttosto alto.
Angelica – Senza dubbio.
Argante – Ha bei lineamenti.
1. conformarmi:
Angelica – È così.
adattarmi.
Argante – Simpatico.
2. reciproca
inclinazione:
Angelica – Molto simpatico.
simpatia ricambiata Argante – Un giovane di buon senso e di buona famiglia.
da entrambe le Angelica – Proprio così.
parti. Morgana – Molto bene.
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Angelica – La persona più onesta del mondo.
Argante – Parla bene il greco e il latino.
Angelica – Questo non lo sapevo.
Argante – E tra tre giorni sarà laureato in medicina.
Angelica – Lui, babbo?
Argante – Sì. Non te l’ha detto?
Angelica – Veramente no. E a voi chi l’ha detto?
Argante – Ser Purgon.
Angelica – Perché? Ser Purgon lo conosce?
Argante – Che domanda! Certo che lo conosce! È suo
nipote!
Angelica – Cleante è nipote di ser Purgon!
Argante – Cleante chi? Io sto parlando del tuo futuro
marito.
Angelica – Eh, sì!
Argante – Ebbene, il nipote di ser Purgon è il figlio di
suo cognato ser Diafoirus, il dottore, e si chiama Thomas
Diafoirus. E non Cleante. Abbiamo firmato stamattina
il contratto di matrimonio, ser Purgon, ser Fleurant e
io. Domani poi il mio futuro genero mi sarà presentato
dal padre. Beh? Cosa c’è? Perché siete rimasta così
imbambolata?
Angelica – Il fatto è, padre mio, che voi stavate parlando
di una certa persona e io credevo parlaste di un’altra.
Toinette – Come sarebbe? Come potete scherzare su queste
cose? Con tutti i malanni che vi trovate addosso, dareste
vostra figlia in moglie a un medico?
Argante – Sì, certo. Di che ti immischi tu, briccona,
sfacciata che non sei altro!
Toinette – Piano, Dio mio, piano! Voi partite subito con
le ingiurie! Perché non ragioniamo un po’ insieme, senza
lasciarci trasportare dall’ira? Su, parliamo senza scaldarci
il sangue. Per quale motivo avete pensato a un matrimonio
simile?
Argante – La ragione è che, essendo malato e infermo,
voglio avere un genero e una parentela di medici per

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poter contare sui migliori aiuti contro la mia malattia.


Voglio avere in famiglia una fonte continua di rimedi
necessari, di consulti, di ricette.
Toinette – È un motivo concreto. Vedete come si ragiona
bene con la calma? Ma adesso, signore, mettetevi una
mano sulla coscienza: voi siete veramente ammalato?
Argante – Come sarebbe, birbante, se sono malato? Se sono
malato, sfacciatissima donna!
Toinette – Va bene, va bene, siete malato, signore. Non
discutiamo su questo punto. Sì, voi siete malatissimo,
sono d’accordo anche io. Siete più malato anche di quel
che credete. Va bene? Ma vostra figlia deve prendersi un
marito che piaccia a lei. Lei non è malata, che necessità
c’è di dare un medico anche a lei?
Argante – Ma io il medico glielo do per me; una brava
figliola deve essere contenta di sposare qualcuno che può
essere utilissimo per la buona salute del suo genitore.
Toinette – In fede mia, signore, lo volete un consiglio da
amica?
Argante – E quale sarebbe questo consiglio?
Toinette – Levatevi dalla mente un matrimonio simile.
Argante – Perché?
Toinette – Perché? Perché vostra figlia non acconsentirà
mai.
Argante – Mai?
Toinette – Mai.
Argante – Mia figlia?
Toinette – Vostra figlia. Vi dirà che lei non ha alcun
bisogno di ser Diafoirus, né di suo figlio Thomas
Diafoirus, né di tutti i Diafoirus di questo mondo.
Argante – Non è cosa che mi riguardi. Inoltre il partito3 è
assai più vantaggioso di quanto non appaia. Ser Diafoirus
lascerà solo il figlio quale erede. Ser Purgon, poi, che
è celibe e non ha illegittimi, gli fa donazione d’ogni
3. partito: sua fortuna, proprio in vista di questo matrimonio; e
condizione sociale. ser Purgon è un uomo che avrà una rendita di almeno

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ottomila lire.
Toinette – Deve aver ammazzato molta gente per essere
tanto ricco.
Argante – Una rendita di ottomila lire e in più i beni
paterni… Non sono certo da buttar via.
Toinette – Queste sono argomentazioni che hanno un
certo peso; ma io insisto sullo stesso punto: vi consiglio,
tra noi, di sceglierle un marito diverso. Lei non è fatta
per diventare una Madama Diafoirus.
Argante – Ma lo voglio io.
Toinette – Zitto, non ditele nemmeno certe cose!
Argante – Come, non debbo dirle?
Toinette – Eh, no!
Argante – E perché non dovrei dirle?
Toinette – La gente dirà che nemmeno voi siete convinto
di quel che affermate.
Argante – Dicano quel che vogliono; vi ripeto che esigo
che mantenga la parola da me data.
Toinette – No. Sono certa che non lo farà.
Argante – La costringerò.
Toinette – Non lo farà, ve lo dico io.
Argante – Lo farà o la chiuderò in convento.
Toinette – Voi?
Argante – Io.
Toinette – Bene.
Argante – Come sarebbe «bene»?
Toinette – Non la manderete in convento.
Argante – Non la manderò in convento?
Toinette – No.
Argante – No?
Toinette – Ho detto di no.
Argante – Oh, questa è bella! Non posso mettere mia
figlia in convento, se lo voglio!
Toinette – Vi dico di no!
Argante – E chi me l’impedirebbe?
Toinette – Voi stesso.

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Argante – Io?
Toinette – Non avrete il cuore di farlo.
Argante – L’avrò.
Toinette – Scherzate.
Argante – Non scherzo.
Toinette – All’ultimo momento vi lascerete vincere dalla
tenerezza paterna.
Argante – Non mi lascerò vincere.
Toinette – Un paio di lacrimucce, due braccia attorno al
collo, un «paparino caro, paparino bello» detto con tutta
la tenerezza possibile, e voi vi commuoverete.
Argante – Manco per niente.
Toinette – Ma sì, sì.
Argante – Vi dico che non cambierò la mia decisione.
Toinette – Sciocchezze.
Argante – Non bisogna dire «sciocchezze».
Toinette – Vi conosco troppo bene. In fondo siete buono.
Argante – (alterandosi) Non sono buono per niente! Se
voglio, sono cattivissimo!
Toinette – Piano, signore, piano… Avete dimenticato la
vostra malattia?
Argante – Insomma, io le ingiungo4 di prepararsi ad
accettare come sposo quello che le ho scelto io.
Toinette – E io le proibisco di farlo.
Argante – Dove siamo arrivati? A qual punto di
sfacciataggine! Adesso una briccona di serva può parlare
in questo modo davanti al padrone?
Toinette – Quando un padrone non pensa a quel che
fa, una serva che ha due dita di cervello cerca di farlo
ragionare.
Argan – (inseguendo Toinette) Insolente, adesso ti faccio
vedere io!

da Molière, Il malato immaginario,


4. ingiungo: ordino. Newton Compton, Roma 1992

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