Sei sulla pagina 1di 2

La scoria siamo noi

Da Nord a Sud: 23 siti dove è stata raccolta la “spazzatura” nucleare italiana. E sono a rischio. Solo
a Saluggia sono stoccati 80 bidoni di materiale liquido altamente pericoloso. L’allarme di
Greenpeace: “Buona parte dei rifiuti sono posizionati vicino a sorgenti”

La mappa del nucleare in Italia


Centrali sì, centrali no? Il vero problema è la monnezza
nucleare che rimane, di cui non ci si occupa e che
preoccupa. Dunque quando si parla di nucleare
bisogna ricordare che le questioni che si aprono vanno
poi anche chiuse. A lanciare l’allarme è il responsabile
di Greenpeace Italia Pippo Onufrio.

Semplificando: esistono due categorie di scorie


radioattive. Una, in termini quantitativi, rappresenta il
90 per cento con un tasso di radioattività del 10 per cento. Secondo le linee guida dell’agenzia
atomica di Vienna andrebbe costruito un deposito di superficie vincolato per tre secoli (se fosse
stato costruito al tempo dell’Unità d’Italia saremmo a metà dell’opera). Mentre l’altra (denominata
categoria tre) in termini di volume è solo il 5 per cento ma contiene il 90 per cento della
radioattività. Per queste ultime, ad oggi, non esiste ancora alcuna soluzione. In Italia poi si
complicano, perché come spiega Onufrio, “buona parte dei rifiuti si trova all’interno di impianti
posizionati vicino all’acqua e dunque con un ancora maggiore pericolo di contaminazione con
l’ambiente esterno. In questa situazione totalmente fuori controllo come si può anche solo tentare
di rilanciare il nucleare?”. Ci sono però altri pericoli. Un esempio? “ Gli ottanta bidoni di scorie
liquide, altamente pericolose, conservate a Saluggia e che pare non interessino a nessuno di
quelli impegnati a promuovere il nucleare e contemporaneamente affossare la promozione di
fonti rinnovabili”.

Riassumendo: cosa c’è di nucleare in Italia oltre ai quattro reattori dimessi (Caorso, Trino
Vercellese, Garigliano e Latina)?

Ecco la situazione – aggiornata al 21 agosto 2009 – ricostruita attraverso Greenpeace.

Caorso. Il reattore nucleare, originariamente destinato alla produzione di energia elettrica,


venne arrestato nel 1988. Da allora rimangono stoccati 1.880m3 di rifiuti radioattivi e 1032
elementi di combustibile irraggiato (pari a 187 tonnellate).

Latina. Il reattore nucleare modello GCR venne fermato nel 1986 contiene circa 900m3 di scorie
radioattive.

Garigliano (Caserta). Il reattore nucleare del Garigliano destinato alla produzione di energia
elettrica venne fermato nel 1978 per problemi di varia natura, ad oggi contiene circa 2.200m3 di
scorie radioattive.

Saluggia (Vercelli). Il centro nucleare di Saluggia, per ritrattamento del materiale radioattivo,
venne fermato nel 1983. Oggi è utilizzato come deposito di rifiuti radioattivi. Si parla di 1.600m3 di
scorie radioattive e 53 elementi di combustibile irraggiato (2 tonnellate). È gestito da Fiat-Avio.

Da non dimenticare poi anche i depositi per la raccolta di materiale a bassa radioattività e
sorgenti radioattive dimesse come Compoverde (Milano), “Controlsonic” (circa 1.000m3 di
rifiuti radioattivi), il deposito “Crad”, attualmente in esercizio e circa 1.000m3 di rifiuti radioattivi.
Il deposito “Gammatom” altrettanti 1.000m3 di rifiuti radioattivi e “Protex”: impianto-deposito
contiene 1.000m3 di rifiuti a bassa radioattività. Nel deposito nucleare “Sorin” i metri cubi sono
sempre 1.000, stessa quantità è stoccata al centro “Cemerad” in funzione.
Ispra. Gli impianti del centro nucleare Ccr-Ispra comprendono: il reattore nucleare di ricerca
“Ispra 1” ed “Essor”, attualmente in fase di disattivazione. Assieme ad altri sistemi,
complessivamente, stiamo parlando all’incirca di 3.000m3 di materiale radioattivo ed alcune
decine di elementi di combustibile irraggiato.

Legnaro (Padova). Impianto destinato alla ricerca universitaria, contiene poche decine di metri
cubi di rifiuti radioattivi e qualche decina di elementi di combustibile irraggiato.

Trino Vercellese. Nel reattore nucleare PWR di Trino Vercellese creato per produrre energia
elettrica (arrestato nel 1987) ad oggi rimangono stoccati 780m3 di scorie radioattive e 47 elementi
di combustibile irraggiato (pari a 14,3 tonnellate).

Rotondella (Matera). Costruito come impianto pilota del “ciclo U-Th” subì però l’interruzione
nel 1978. È gestito dall’Enea e vi sono stoccati circa 2.700m3 di scorie ma, soprattutto, 64 elementi
di combustibile irraggiato (1,7 tonnellate) provenienti da una centrale nucleare Usa.

Bosco Marengo (Alessandria). Questo centro nucleare fu costruito per la fabbricazione di


combustibile per reattori è in fase di disattivazione ma contiene circa 250m3 di rifiuti radioattivi.

Pavia. Il reattore nucleare “Lena” dell’Università di Pavia usato per la ricerca è in funzione e contiene
poche decine di metri cubi di materiale radioattivo e qualche elemento di combustibile irraggiato.

Milano. Il reattore nucleare “Cesnef” usato per la ricerca è in funzione. Anche qua sono presenti
poche decine di metri cubi di materiale radioattivo e qualche elemento di combustibile irraggiato.

Montecuccolino (Bologna). Questo reattore nucleare è gestito dall’Enea ed è in fase di


disattivazione.

Pisa. Centro “Cisam” per la ricerca militare. È in fase di disattivazione e contiene pochi metri
cubi di rifiuti radioattivi oltre ad elementi di combustibile irraggiato.

Casaccia (Roma). Esistono diverse attività tra le quali: l’impianto di trattamento e deposito di
rifiuti radioattivi, attualmente in esercizio, dove sono stoccati circa 6.300m3 di rifiuti ai quali si
aggiungono quelli dell’impianto “Plutonio” (60m3), “Opec1” utilizzato “per le celle calde per
esami post irraggiamento”, non è attivo, ma viene usato per lo stoccaggio di rifiuti nucleari.
Infine c’è “Triga”, attualmente attivo, che contiene 147 elementi di combustibile irraggiato.

Potrebbero piacerti anche