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Confessioni di un
garbato nemico dello Stato
Parte 1 (1945-1969)
[Infanzia]
Sono nato nel 1945 in Luisiana, dove la mia madre era andata a
raggiungere mio padre che prestava il servizio militare.
Durante la guerra, vivevamo nell’azienda agricola dei miei
nonni materni nel Minnesota. Quando mio padre ritornò due
anni più tardi, ci trasferimmo a Plainstown, la sua città natale,
nell’Ozarks, regione posta tra il sud del Missouri ed il nord
dell’Arkansas.
In questa città un po’ in ritardo in rapporto al resto del paese, si
poteva ancora gustare la vita americana provinciale e
pretelevisiva dell’inizio del secolo, idealizzata dall’illustratore
Norman Rockwell — il mondo delle sedie a dondolo sotto le
verande e dei pomeriggi oziosi, dei Boy Scouts e delle partite
di baseball su terreni di fortuna, delle quadriglie popolari e dei
picnic parrocchiali, delle fiere regionali, dei campi d’estate,
delle foglie d’autunno, e dei Natali sotto la neve. Questo stile
di vita è stato spesso denigrato, ma aveva comunque alcuni
vantaggi rispetto al tipo d’esistenza suburbana ed artificiale che
iniziava già a sostituirlo. Nonostante la loro ingenuità, a ben
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piccola scuola di San Francisco che ora non esiste più. Ma più
spesso me la spassavo con Sam. Con la sua mediazione mi
sono mescolato al milieu molto vivo dei poeti della Bay Area,
incontrando molti giovani poeti e assistendo a molte letture
pubbliche con alcuni dei personaggi più significativi della
generazione precedente — Rexroth, Snyder, William Everson,
Robert Duncan, Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg, Philip
Whalen, Lew Welch. Benché non abbia scritto molto, mi
immergevo nella poesia. Con Sam, leggevamo a voce alta
Whitman, Kenneth Patchen o William Carlos Williams, a volte
su una base di musica jazz, o improvvisavamo delle poesie a
catena (dove molte persone scrivono in alternanza) mentre
attraversavamo in automobile il ponte di San Francisco,
quando lo accompagnavo al corso serale di Lew Welch ed al
“corso” di discussioni libere animato da Rexroth al San
Francisco State College.
Mi piaceva molto Rexroth, ma mi sono appassionato in un
primo momento a Welch. Era più giovane, condivideva il
nostro senso dello humour zanni ed i nostri entusiasmi
giovanili per gli psichedelici e la nuova musica rock. Mi
ricordo soprattutto della sua insistenza sulla parola giusta.
Credendo che i poeti abbiano una vocazione sciamanica ad
esprimere le realtà essenziali del modo più preciso ed accurato,
denunciava incessantemente qualsiasi “imbroglio” nella poesia,
ogni espressione trascurata, sentimentalista o “inesatta”.
Rexroth, benché anch’egli vedesse i nostri entusiasmi
abbastanza di buon occhio, era più distaccato ed ironico.
Derideva gli psichedelici, ad esempio. Pensavo inizialmente
che non sapesse di cosa parlava; ma leggendo alcune delle sue
poesie mistiche, mi accorsi che conosceva a fondo queste
esperienze, avesse o no impiegato dei mezzi chimici per
arrivarci. A poco a poco giunsi ad apprezzare la sua saggezza e
la sua magnanimità sottili e discrete.
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[Kenneth Rexroth]
I libri più interessanti che lessi in quel periodo erano quelli di
Rexroth o degli altri autori che mi fece conoscere. Mi piacque
fin dall’inizio ancora di più quando lo incontrai per la prima
volta; ma soltanto gradualmente, diventando un po’ più maturo,
sono riuscito ad apprezzarlo per il suo giusto valore, al punto di
diventare il mio autore preferito ed il mio mentore, eclissando i
miei eroi precedenti, come Henry Miller, Alan Watts, Allen
Ginsberg, Lew Welch, e finalmente anche Martin Buber e Gary
Snyder.
Allo stesso tempo mistico e radicale, campagnolo ed urbano,
Rexroth avevano una larghezza di veduta che non ho mai più
ritrovato in nessun altro prima o dopo di lui. La filosofia
orientale, i canti degli indiani d’America, l’opera cinese, la
teologia medioevale, l’arte d’avanguardia, le lingue classiche,
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Parte 2 (1969-1977)
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Il CEM si sciolse nel giugno 1970. Il gruppo era attraversato da
molte tendenze, alcuni dei suoi membri non erano autonomi o
impegnati quanto gli altri, ed in ogni caso, le loro
contraddizioni ideologiche lo avrebbero certamente fatto
esplodere un giorno o l’altro. Dopo lo scioglimento, due dei
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[Contradiction]
Durante l’estate 1970, Ron ed io incontrammo Michael Lucas,
che si era trasferito nella Bay Area, insoddisfatto del gruppo
Anarchos di Murray Bookchin di New York al quale aveva
partecipato per qualche tempo. In ottobre, Sydney Lewis, uno
degli emissari del CCE che avevamo incontrato in primavera,
arrivò in città, avendo lasciato il gruppo, disilluso da alcune
delle loro più eccessive rigidità ideologiche. Un po’ più tardi
Dan ed Isaac ritornarono da Parigi e da New York. Scambiando
le nostre conclusioni sulle rispettive esperienze, positive e
negative, constatammo un’importante convergenza di opinioni.
Sviluppammo due progetti collettivi: un gruppo dedicato allo
studio della Società dello Spettacolo di Guy Debord (l’altro
principale libro situazionista), che era stato appena tradotto da
Black and Red, ed una critica della controcultura e del
movimento radicale americano. Il gruppo di studio non durò a
lungo — avevamo rapidamente stabilito che, per comprendere
le tesi di Debord, era meglio utilizzarle direttamente (nei
graffiti, negli opuscoli e nelle premesse della nostra critica del
movimento) che discuterle soltanto in astratto. Le prime fasi
della critica del movimento confermarono un accordo sempre
più stretto tra noi sei, pur avendo eliminato altre tre o quattro
persone che avevano assistito al gruppo di studio, ma senza
aver mai intrapreso nessuna iniziativa autonoma. In dicembre
Dan, Isaac, Michael, Ron ed io, fondammo il gruppo
Contradiction [Contraddizione]. Oltre alla nostra critica del
movimento, prevedevamo l’edizione di una rivista sul modello
dell’I.S. così come diverse altre attività critiche.
Sydney sarebbe quasi certamente stato il sesto membro del
nuovo gruppo se non fosse tornato nell’Est poco prima della
sua formazione; ma una volta lasciata la città si diresse verso
prospettive abbastanza diverse, e finimmo per rompere con lui.
Durante questo periodo, avevamo scoperto un nuovo
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[NOTE]
1. Benché il termine situazionista si sia applicato inizialmente
ai soli membri dell’I.S., è stato usato successivamente in un
significato più ampio, per designare altri individui che
perseguivano attività più o meno simili. Qui come in altri miei
scritti, il contesto deve generalmente far comprendere in quale
senso uso il termine. Il passato è applicato di solito soltanto
all’I.S.; il presente — come in gran parte di La società del
situazionismo e di La realizzazione e la soppressione della
religione — indica generalmente il significato più ampio.
2. Occorre citare un altro pensatore che abbiamo scoperto
indipendentemente dall’I.S., e che ci ha molto influenzati:
Josef Weber. Era il principale animatore di Contemporary
Issues, rivista radicale poco conosciuta ma di notevole qualità
che fu pubblicata a Londra tra il 1948 ed il 1970. Abbiamo
imparato molto sulla storia recente leggendo gli articoli sensati
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SPLEEN DI PARIGI
A Parigi più che ovunque altrove, specialmente dopo i
situazionisti, tutto è stato detto ma pochi ne hanno tratto
vantaggio. Poiché la teoria è in sé banale, può andare a
vantaggio solo degli spiriti che non lo sono. I testi radicali
diventano di routine come il lavoro ed il consumo che
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nulla che non sia la natura illusoria del tutto. Spettatore cinico,
come tutti gli altri ti vanti di essere “differente” dagli altri. Ti
consoli disprezzando l’ingenuo, il provinciale, il cafone, la
persona che crede ancora in Dio o nel suo lavoro — la cui
sottomissione caricaturale è presentata in modo ripugnante
precisamente per farti dimenticare la tua sottomissione. Dici a
te stesso che tutto ciò che si applica alla maggior parte della
gente, non sia valido per te; mentre la persona accanto a te
pensa che ciò che è valido per te non si applichi a lei.
Tu immagini vagamente che in un modo o in un altro la tua
vita potrebbe migliorare. Hai qualche ragione reale per
crederci? Andrai avanti così fino alla morte? Non hai un po’ di
audacia, d’immaginazione?
Il dialogo deve preoccuparsi di eliminare le condizioni che
eliminano il dialogo!
Risolviamo l’anacronistica “questione sociale” per poterci
dedicare a problemi più interessanti!
La meschineria è sempre controrivoluzionaria!
[L’Antologia dell’I.S.]
Ritornato a Berkeley, cominciai il lavoro sulla Situationist
International Anthology. Per anni ero stato frustrato dalla
mancanza di traduzioni dei testi dell’I.S. La maggior parte di
quelle che esistevano erano imprecise, e le meno cattive, poco
numerose, erano spesso esaurite. Era dunque difficile, leggendo
soltanto alcuni articoli dispersi, prendere conoscenza della
prospettiva situazionista nell’insieme e spiegarsi il modo di cui
si era sviluppata. E la sola raccolta generale, Leaving the
Twentieth Century di Christopher Gray, era inadeguata per più
aspetti. Avevo già pensato di fare io stesso delle traduzioni, ma
la mia proposta del 1975 nel manifesto The Blind Men and the
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[La scalata]
La mia prima nuova avventura fu scalare delle pareti di roccia,
fare climbing, una delle ultime cose per cui avrei immaginato
di entusiasmarmi. Come quasi tutti, avevo una grande paura del
vuoto. Ma nel corso delle mie ultime escursioni, mi sentivo
sempre più affascinato dall’idea di provare a scalare la roccia,
provando un tipo d’attrazione primordiale e da primate alla
vista delle scogliere o delle formazioni rocciose. Infine, ho
dominato il mio terrore e mi sono iscritto ad un corso di
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[Ancora Rexroth]
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Rexroth amava dire che “la religione è qualcosa che si fa, non
qualcosa a cui si crede”. Non so se è vero per le grandi
religioni occidentali, ma si applica almeno in parte ad alcune
delle religioni orientali. Queste contengono probabilmente
altrettante fesserie di quelle — di solito gli aspetti più
superstiziosi ed insopportabili vengono con discrezione omessi
nelle divulgazioni occidentali — ma sono generalmente più
tolleranti ed ecumeniche. I loro miti sono spesso presentati
esplicitamente come semplici metafore spiritose, ed insistono
abbastanza poco sulla credenza. Lo Zen in particolare è più una
pratica che un sistema di credenze. Si deve considerare che gli
insegnamenti verbali non hanno alcun significato a meno che
non li si metta alla prova e che ci si appropri di essi. Gli
insegnamenti più essenziali si trasmettono con l’esempio vivo.
Nonostante una traccia di gerarchia tra guru e discepolo
(considerevolmente attenuata da quando lo Zen è stato adattato
in Occidente), l’accento non è posto sul culto di esseri
superiori, ma sulla pratica della meditazione e dell’attenzione
nelle proprie attività quotidiane.
Nel mio libro su Rexroth ho indicato i limiti che,
personalmente, mi sono fissato: “Una cosa è praticare questo o
quel tipo di meditazione, o partecipare a rituali o a feste, dove
tutti riconoscono che si tratta soltanto di forme arbitrarie per
rifocalizzare la propria vita o celebrare la comunione umana.
Un’altra cosa è sembrare dare credibilità ad istituzioni
ripugnanti ed a nauseanti dogmi ai quali molti credono ancora.”
Certamente è soprattutto una questione di gusto. Ho amici che
si fanno meno scrupoli di me a parteciparvi, ed altri che non
parteciperebbero in nessun caso a nessuna pratica religiosa
formale. Da parte mia, amo la maggior parte dei rituali Zen, il
silenzio, le campane, l’incenso, il pulito decor in stile
giapponese, l’etichetta ultra-riguardosa. Ed il fatto di praticare
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vecchi amici, tra cui Mike Beardsley, che non vedevo da più di
vent’anni. Sono riuscito a trovarlo, abbiamo avuto alcune
lunghe conversazioni al telefono, ed in giugno ho preso l’aereo
per Chicago per vederlo. Si trovava ad esercitare la professione
abbastanza stressante d’insegnante nelle zone diseredate del
centro città, era passato attraverso a molti matrimoni e a molti
divorzi tempestosi, ed era ingrassato; ma aveva conservato
molto del suo vecchio spirito selvaggio ed indipendente. Fu
meraviglioso rivederlo. Per aumentare la nostalgia, abbiamo
preso l’automobile per andare al campus della vecchia città
universitaria di Shimer, in occasione di una riunione che per
caso si svolgeva nello stesso momento, ed abbiamo rivisto
molti altri vecchi amici per la prima volta dagli anni 60.
Due mesi più tardi ho ricevuto la notizia della sua morte
improvvisa. Per sopportare il dolore, ho scritto in libera
associazione una lunga elegia che celebra la nostra vecchia
amicizia. Quindi l’ho lavorata di nuovo fino ad ottenere ad un
testo più breve che ho fatto circolare fra alcuni amici e parenti:
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[NOTE]
1. Brevemente: Nel suo articolo del Village Voice e nel suo
libro posteriore, Lipstick Traces, Marcus si riferisce ai
situazionisti esteticamente, come uno spettatore affascinato.
Nonostante la sua ammirazione per le loro idee estremiste,
mostra poco interesse per le tattiche e le forme organizzative
accuratamente calcolate con le quali provavano a mettere
queste idee in pratica, invece di “esprimerle” impulsivamente
come i suoi altri eroi, i dadaisti ed i punks. Il suo modo
impressionista e personale di rievocare i situazionisti è più
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