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SOPHIA

Didachē / Manuali ● 10

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giUSEPPE SOVERNIGO

COME ACCOMPAGNARE
NEL CAMMINO SPIRITUALE
Laboratorio di formazione alla guida spirituale

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Imprimatur
Padova, 30 novembre 2011
Onello Paolo Doni, Vic. Gen.

iSBN 978-88-250-2950-5

Copyright © 2012 by P. P. F.M.C.


MESSAggERO Di SANT’ANTONiO – EDiTRiCE
Basilica del Santo – Via Orto Botanico, 11 – 35123 Padova
www.edizionimessaggero.it

FACOLTà TEOLOgiCA DEL TRiVENETO


Via del Seminario, 29 – 35122 Padova
www.fttr.it
Prima edizione digitale 2012

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INTRODUZIONE

Essere adeguatamente accompagnati nel proprio sviluppo costitui-


sce una necessità per ogni persona in crescita. E ciò in modo articolato
dalla nascita alla conclusione della propria esistenza. Nessuno cresce da
solo, ma in profonda interazione e scambio. Si tratta di poter ricevere un
insieme di attenzioni, di rifornimento di beni, di tutto ciò che serve sia
per il normale sviluppo, sia per le ripartenze nelle situazioni laboriose,
talora inceppate.
Questo farsi accanto, procedendo assieme un passo innanzi, è ne-
cessario pure per il cammino spirituale, personale e comunitario. Anzi
l’accompagnamento spirituale si fa più complesso per la molteplicità dei
fattori in campo. Si tratta di collaborare con il «per primo» di Dio nel
cuore delle persone e delle comunità.
Ma saper e poter accompagnare nei vari settori della vita in modo
valido, efficace, non è cosa che va da sé, né automatica. Difficoltà di va-
ria natura si frappongono così da rendere complesso e laborioso questo
servizio. Sono difficoltà che provengono da varie direzioni: da parte
dell’accompagnatore, da parte del destinatario, da parte del contesto
socioambientale.
Di qui il porsi di un serio problema formativo: In che cosa consiste
l’accompagnamento spirituale nella sua specificità? Come collaborare
con docilità e con fermezza sia con l’iniziativa primaria di Dio, sia con
la libertà in fieri o già formata del destinatario? Quali sono i fattori
facilitanti? Quali quelli frenanti? Quale lavoro di crescita personale
l’accompagnatore è chiamato a fare così da essere non un cieco che ac-
compagna un altro cieco, andando entrambi nel fosso, ma un testimone
luminoso del vangelo? Come favorire una effettiva personalizzazione
dei contenuti veritativi della fede, integrati con quelli personali?
Per favorire un adeguato accompagnamento spirituale è necessario
un costante lavoro di crescita personale sul piano del sapere ciò che è
necessario, del saper fare ciò che serve alla crescita, del saper essere nei
vari atteggiamenti educativi di base.
Questo testo si propone di offrire un contributo soprattutto sul pia-
no del saper attuare un valido accompagnamento, illustrando l’obiet-
tivo da perseguire, cioè la personalizzazione dei contenuti veritativi,
la relazione da stabilire, l’azione da attuare, il metodo da seguire, le
funzioni da assolvere, gli atteggiamenti educativi di base da acquisire,
5

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il tipo di persona da essere. Serve ricordare che sul piano educativo il
principale mezzo formativo è costituito dalla maturità della persona
dell’accompagnatore.
Noi «non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro pas-
sato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo
però cambiare noi stessi, riparare i guasti, riacquistare la dignità perdu-
ta, sviluppare oggi ciò che è stato inceppato, che si è impigliato allora.
Solo attraverso l’azione di ricupero del vero sé l’adulto-bambino può
ritrovarsi e sopravvivere al vuoto interiore che il rapporto carenziato
infantile gli ha inflitto. La grandiosità è propriamente la difesa contro il
dolore profondo per la perdita di noi stessi derivante dal rinnegamento
della realtà...»1.
Noi riusciamo a condurre altri nella guida educativa e spirituale solo
là dove noi siamo stati; oltre non è possibile andare se non teoricamente,
per sentito dire, in modo minoritariamente efficace. Oltre si possono
offrire informazioni o mappe utili, apprese da altri, dare dépliant infor-
mativi, ma non guidare effettivamente.
Anzi a volte, se si sono installati dati nodi inconsci reattivi, se si è
cresciuti sulla difensiva, si farà di tutto perché altri non entrino in quella
realtà nuova, gioiosa o dura, sperimentalmente sconosciuta a se stessi, se
quelle realtà nuove possono mettere in discussione, se si rischia troppo.
Allora si è costretti a superficializzare il livello della comunicazione per
sé e per l’altro. Si resta a livello intellettuale e lo si enfatizza nella sua
portata, svalutando quello esistenziale.
Un grazie particolare va a Mariano Scandiuzzi per la parte grafica e,
per alcuni casi analizzati, al Centro nazionale vocazioni.

La necessaria visione antropologica

Angelo Brusco ricorda che «il curato d’Ars e il laico Nicolao da Flue
erano consulenti impareggiabili senza per questo aver ricevuto insegna-
menti da Freud o da Jung». La stessa cosa potrebbe essere affermata per
numerosi altri consiglieri spirituali che hanno segnato la storia pastorale
della chiesa. Queste constatazioni, tuttavia, non possono essere utiliz-
zate per concludere che la psicologia è inutile alla consulenza spirituale.
Se è vero che la certezza e la norma direttrice del counseling pastorale
vanno attinte dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione, non si può tuttavia
dimenticare che l’orientamento a un’esperienza di vita, che trascende la

1
 A. Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé, Boringhieri, Torino
2011, p. 9.

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quotidianità storica dell’esistere, abitualmente non può prescindere dal-
la conoscenza dei dinamismi umani e dalle regole che reggono i rapporti
interpersonali.
Un pastore seriamente preparato da un punto di vista umano, ma
inconsistente dal punto di vista teologico e spirituale, potrebbe essere
paragonato a una guida di montagna ben addestrata chiamata a portare
soccorso, attraverso sentieri tortuosi e scoscese rocce, a un ferito che si
trova in pericolo di morte. Perfettamente al corrente della topografia e
dell’itinerario da seguire, riesce a evitare gli abissi più vertiginosi ma, una
volta giunto a destinazione, si accorge di aver dimenticato il rimedio. Il
paragone vale anche a senso inverso: il pastore tiene il rimedio nelle sue
mani, ma non trova il sentiero che conduce alla persona in necessità.
Riferendosi più specificatamente alla relazione pastorale di aiuto,
Godin afferma: «L’obiettivo dei dialoghi pastorali in regime cristia-
no dipende evidentemente da una certa teologia, da un certo modo di
concepire e mettere in azione lo spirito del Signore in svariate richieste
rivolte al pastore. Ma le modalità pratiche, al fine di perseguire que-
sti dialoghi in maniera coerente con l’obiettivo che si è teologicamente
adottato, dipenderanno da qualità psicologiche, da capacità di ascolto e
di consiglio dialogale, da atteggiamenti eventualmente educabili, i quali,
da parte loro, sono un fatto di esperienza riflessa, di supervisione, di
perfezionamento, come per qualsiasi altro dialogo»2.

Questo testo è complementare con G. Sovernigo, Le dinamiche


personali nel discernimento spirituale, Elementi di psicologia della pa-
storale, EMP, Padova 2010.

2
 A. Brusco, La relazione pastorale d’aiuto, Ed. Camilliane, Torino 1993, p. 39.

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PREMESSA

1. L’accompagnamento spirituale come una necessità

Saper accompagnare le persone nel loro cammino spirituale costi-


tuisce un compito primario per ogni educatore alla fede, tanto più se
prete.
L’espressione «accompagnamento spirituale» è ormai sostitutiva
dell’espressione direzione spirituale, un po’ legata a un tempo in cui la
relazione di aiuto spirituale veniva concepita in modo gerarchico.
Per accompagnamento spirituale si intende tutto l’insieme di lavo-
ro educativo spirituale che ha come obiettivo la crescita spirituale dei
destinatari, in particolare dei giovani, la formazione in loro della vita
secondo lo Spirito.
Questo compito di accompagnamento spirituale è costitutivo del
ministero presbiterale e analogamente di ogni servizio pastorale e spi-
rituale. «È evidente che gran parte dell’efficacia formativa dipende dal-
la personalità matura e forte dei formatori sotto il profilo umano ed
evangelico.
Per questo diventano particolarmente importanti, da un lato, la scel-
ta accurata dei formatori e, dall’altro, lo stimolo ai formatori perché
si rendano costantemente sempre più idonei al compito loro affidato».
Consapevoli che proprio nella scelta e nella formazione dei formatori
risiede l’avvenire della preparazione dei candidati al sacerdozio, i Padri
sinodali si sono soffermati a lungo nel precisare l’identità degli edu-
catori. In particolare hanno scritto: «Il compito della formazione dei
candidati al sacerdozio certamente esige non solo una qualche prepa-
razione speciale dei formatori, che sia veramente tecnica, pedagogica,
spirituale, umana e tecnologica, ma anche lo spirito di comunione e di
collaborazione nell’unità per sviluppare il programma, così che sempre
sia salvata l’unità nell’azione pastorale del seminario sotto la guida del
rettore».
I vescovi per primi devono sentire la loro grave responsabilità circa
la formazione di coloro che saranno incaricati dell’educazione dei futuri
presbiteri.
Per questo ministero devono essere scelti sacerdoti di vita esemplare,
in possesso di diverse qualità: «La maturità umana e spirituale, l’espe-
rienza pastorale, la competenza professionale, la stabilità nella propria
vocazione, la capacità alla collaborazione, la preparazione dottrinale
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nelle scienze umane (specialmente la psicologia) corrispondente all’uf-
ficio, la conoscenza dei modi per lavorare in gruppo»3.

a. Che cosa intendere per accompagnamento spirituale?

André Godin osserva che: «La relazione di guida spirituale è un in-


contro soprattutto verbale tra persone, delle quali una almeno intende
istaurarlo e portarlo avanti nel nome del Signore sulla base di una rela-
zione dispari, asimmetrica, non reciproca»4. È questo il tratto caratte-
ristico della vera guida educativa pastorale e spirituale, composto dalle
seguenti istanze:
– conoscere la meta da perseguire,
– conoscere la strada da percorrere nei suoi tratti essenziali,
– conoscere la persona nella sua verità con cui percorrere la strada,
– procedere assieme come alleati,
– procedere assieme un passo innanzi come una vera guida proprio per-
ché guida.
Perciò l’espressione accompagnamento spirituale esprime un cam-
mino di una guida assieme al destinatario, con un passo innanzi da parte
della guida.

b. Le componenti dell’accompagnamento spirituale

Questo accompagnamento spirituale si snoda in tre principali settori,


tra loro strettamente connessi:
– la proposta di vita spirituale, esplicita o implicita, cioè la comunica-
zione dei contenuti spirituali;
– il discernimento spirituale come orientamento e scelta di fronte ai vari
bivi entro il quotidiano e di fronte alle grandi scelte5;

3
 Pastores dabo vobis, 66.
4
 A. Godin, Ascolto e consiglio, in AA.VV., Iniziazione alla pratica della teologia, Queri-
niana, Brescia 1987, p. 68. Cf. A. Brusco, Attraversare il guado insieme, Accompagnamento
psicospirituale del malato, Il segno dei Gabrielli editore, Verona 2007, pp. 7-10; E. Meloni,
Accompagnare la formazione, il sé, gli altri, l’altro, EDB, Bologna 2005, pp. 21-38.
5
 Cf. G. Sovernigo, Dinamiche personali nel discernimento spirituale, Elementi di psi-
cologia della pastorale, EMP, Padova 2010, pp. 9-16. Cf. Id., Vivere la carità, maturazione
relazionale e vita spirituale, EDB, Bologna 19982; Id., Poter amare, maturazione sessuale e
scelte di vita, EDB, Bologna 1995. Cf. L. Arieta, Accogliere la vita, l’accompagnamento
nella vita quotidiana e spirituale, EDB, Bologna 2008, pp. 15-22.

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– la guida educativa spirituale come mistagogia, come accompagna-
mento pastorale e spirituale.
Questa azione di guida spirituale può concretizzarsi a due livelli:
– il livello personale,
– il livello di gruppo o comunitario. Spesso il gruppo è l’ambito di base
per la sensibilizzazione all’accompagnamento spirituale.

c. La proposta di vita spirituale

Può essere implicita oppure esplicita. Può essere occasionale o siste-


matica. Può essere di gruppo o individualizzata.
Il problema di partenza e concomitante sta nell’educare, nel risve-
gliare, nel suscitare la domanda di vita spirituale e poi di accompagna-
mento, nel suscitare la disponibilità al cammino.
Questa azione di risveglio può avvenire a vari livelli:
– stare con... in modo informale;
– stabilire una relazione significativa, affidabile, credibile;
– fare una proposta spirituale di gruppo;
– proporre incontri personali e continuarli;
In vista di una proposta adeguata, serve sia accogliere la domanda
quando e come si presenta, sia suscitarla passando dalla cronaca dei fatti
al significato profondo per la persona. Il punto di partenza può essere
disparato. Serve stare nel contesto della vita e nell’oggetto vero della
ricerca personale.
Per il cammino spirituale ci vuole continuità di accompagnamento e
la gradualità dei piccoli passi.

L’obiettivo dell’accompagnamento spirituale è sfaccettato nei seguen-


ti aspetti:
– è la personalizzazione dei contenuti della fede, con i conseguenti pas-
si di crescita, per una configurazione di sé a Cristo e l’occupazione
fruttuosa del proprio posto nella vita e nella chiesa;
– deve favorire il cammino vocazionale;
– deve favorire il cammino morale;
– deve favorire il cammino ecclesiale.
L’obiettivo è perciò «condurre il giovane a saper scegliere e attuare
ciò che è buono, a Dio gradito e perfetto secondo il disegno di Dio sulla
persona, e restarvi fedele». Ciò va fatto anche quando verrebbe spon-
taneo alla guida, o sembrerebbe più semplice, intervenire per sostituirsi
al giovane e al suo diritto/dovere di scegliere. Il baricentro è e resta il
destinatario, il giovane con il suo cammino. Cf. Tavola 1. I punti di rife-
rimento nel discernimento spirituale.

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Tavola 1. I punti di riferimento nel discernimento spirituale.

Per perseguire questo obiettivo del discernimento perciò occorre:


– saper decifrare i termini del reale attuale e potenziale,
– favorire le condizioni del cammino di crescita,
– favorire la scelta di ciò che è buono, a Dio gradito e perfetto secondo
il disegno di Dio sulla concreta persona.
Perciò nell’accompagnamento spirituale ci sono varie componenti
tra loro in profonda interazione:
– conoscere la persona da accompagnare,
– conoscere le mete, gli obiettivi,
– conoscere il tracciato che vi porta,
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– formare la persona della guida e i suoi atteggiamenti educativi,
– favorire l’azione di guida concreta, le strategie da seguire,
– fare attenzione alle trappole ricorrenti,
– favorire la maturazione delle motivazioni, il perché dell’accompagna-
mento spirituale, cioè la vocazione e la missione.

Verifica: Riferendoti al tuo modo di fare la proposta di cammino spi-


rituale e allo scambio chiediti:
a. Che cosa in te va bene o abbastanza bene circa i tuoi modi di fare
e di essere?
b. Che cosa va meno bene o non va e perché? Quali sono le resisten-
ze maggiormente presenti e da che cosa queste sono generate?
c. Che cosa fare di nuovo per divenire un accompagnatore spirituale
vero ed efficace?

2. L’accompagnamento spirituale come un problema

Ma accompagnare spiritualmente i credenti oggi non è cosa né facile


né immediata. Difficoltà vecchie e nuove si frappongono.

I. Difficoltà da fuori della guida. Ciò avviene a causa di vari fattori:


– la mentalità mutevole e instabile del mondo giovanile e della sensibi-
lità contemporanea proteiforme e attendista;
– l’ambivalenza di tante situazioni e segni nel loro senso, valore, signi-
ficato e direzione;
– la parziale o debole tenuta dei giovani di fronte alle fatiche del cam-
mino vocazionale;
– la mentalità consumistica del «fai da te» pure nel campo spirituale;
– la poca rilevanza personale e sociale dello spirituale;
– l’assorbimento eccessivo da parte di vari interessi immediati;
– la carenza di disponibilità personale dei preti e laici a questo ser­
vizio;
– la ricchezza e la complessità della persona. Dove e come inserire in
questo divenire personale complesso l’azione di guida in modo costrut-
tivo per la persona?

II. Difficoltà da dentro della guida. Queste si manifestano in vario


modo:
– difficoltà nel percepire i dati della realtà per la loro mutevolezza, am-
bivalenza, complessità a livello di consapevolezza;
– il grado della trasparenza/autenticità personale della guida. Le sue luci
e le sue opacità si riflettono sulla percezione dei dati del reale come un

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prisma. Questo grado va dall’opacità alla trasparenza attraverso cui la
guida guarda e opera nel concreto;
– la parzialità e talora l’unidirezionalità del quadro di riferimento della
guida per poter accompagnare adeguatamente. Questa parzialità può
andare dallo spiritualismo allo psicologismo, con ovvi riduzionismi
dal basso o dall’alto;
– la poca preparazione specifica nel settore dell’accompagnamento;
– la preponderante attenzione al fare e all’apparire che all’essere;
– la confusione interiore circa la vita spirituale;
– un timore diffuso di entrare in questo settore;
– la mania di alcuni troppo interessati ma con motivazioni ambigue,
ecc.

3. Il coinvolgimento dell’accompagnatore spirituale e i suoi rischi

La domanda fondamentale è la seguente: in questo guidare, assistere,


accompagnare, dirigere nel senso indicato (dove cioè il vero direttore è
lo Spirito Santo e poi secondariamente ciascuno svolge il suo compito)
come e perché è coinvolto l’accompagnatore, come è coinvolta la guida,
il timoniere, colui che si fa carico? Quali sono i vantaggi e i rischi del
coinvolgimento personale?
Che ci sia coinvolgimento è inevitabile, anche considerando semplici
esempi concreti che riguardano le diverse forme di designazione di que-
sto ministero.

I. Funzioni della guida spirituale e possibili deviazioni

Come si possono definire, prevenire, riconoscere gli sbandamenti


possibili della guida spirituale, le cadute in cordata, le possibili sonno-
lenze del cammino?
I casi concreti possibili sono innumerevoli e forse una designazione
simbolica di questi casi, utilizzata da Gesù (e se l’ha usata vuol dire che
corrispondeva a qualcosa di concreto), è l’invettiva di Mt 15,14: «Ciechi
e guide di ciechi». Chi dirige può anche essere cieco e diventare guida
di cieco. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in
un fosso. Questo ci fa capire quanto sia rischioso il compito di guidare
altri, sia di guidare una comunità (il dono del governo), sia di guidare
una persona (il dono dell’assistenza spirituale).
Come si possono recensire alcuni di questi casi possibili, e anzitutto
qual è il caso più frequente?
Il caso più frequente è quello dell’accompagnatore fiacco, che non sa

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scuotere se non con parole scontate e che non sa fare intravedere mete
più alte. Questo avviene soprattutto nell’accompagnamento semplice,
dove spesso non vengono indicate mete, passi successivi, cammini. Al-
lora tutto si trascina in un tran tran che non promette niente di positivo
e che stanca la guida e la persona guidata.
Questo è forse il caso più frequente, però i casi possibili di deviazio-
ne, anche per eccesso, sono molti.
Di qui un serio problema: In che cosa consiste l’accompagnamento
spirituale6? Che cosa lo favorisce? Che cosa lo frena? Come essere e
come fare in quanto accompagnatori per un valido accompagnamento
spirituale? Cf. Tavola 2. Gli elementi costitutivi e dinamici del cammino
spirituale.
Nel cammino spirituale, visto nella persona concreta, c’è un percor-
so da fare tra un punto di partenza e un punto di arrivo attraverso date
tappe intermedie, tenendo ben conto dei processi psicosociali interio-
rizzanti, attingendo alle fonti di energia disponibili, facendo leva sui fat-
tori aiutanti, tenendo conto dei fattori frenanti, attivando le necessarie
mediazioni educative.

6
 Cf. G. Sovernigo, Il cammino spirituale, 1: Incontrare Dio, EDB, Bologna 2007.

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Tavola 2. Gli elementi costitutivi e dinamici del cammino spirituale.

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parte prima

IL COMPITO
DELLA GUIDA SPIRITUALE

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capitolo primo
L’ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE
E LA CRESCITA DELLA PERSONA

PARTE PRIMA: LA SPECIFICITÀ


DELL’ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE

1. Obiettivo: Attuare un accompagnamento


spirituale costruttivo

Parlare dell’accompagnamento spirituale è illustrare qualcosa di mol-


to centrale per la vita di ogni persona e per la crescita della comunità.
Per poter facilitare la crescita personale e comunitaria è necessario il
servizio della guida. È proprio lo specifico della guida servire la crescita
della persona nelle sue varie dimensioni.
Di fatto ogni persona in un certo modo esercita una qualche guida.
Ciò va dalle varie forme istituzionali e carismatiche alle forme passive di
chi si oppone all’autorità tramite il rifiuto passivo, l’inerzia.
L’esercizio dell’accompagnamento spirituale si riferisce a tutto ciò
che presiede alla cura di tutta una serie di beni necessari o utili per la
crescita spirituale della persona e per la comunità:
1. servire la crescita spirituale personale e comunitaria rispetto all’arre-
sto, al blocco dello sviluppo, al servirsene per scopi autocentranti;
2. favorire il bene comune rispetto ai beni particolari, a volte contrap-
posti, agli interessi personali egocentrici;
3. costituire l’istanza della realtà spirituale, l’oggettività dei valori spi-
rituali, il bene in sé, rispetto al bene per me in anteprima, all’egoi-
smo personale o di gruppo;
4. favorire la verità effettiva del bene reale... rispetto al bene apparen-
te, illusorio tramite la personalizzazione dei valori;
5. favorire il perseguimento della meta «la vita secondo lo Spirito, l’uo-
mo nuovo» e del progetto di vita spirituale, procedere oltre verso
la pienezza di vita rispetto alle tappe intermedie assolutizzate o al
ristagno, all’annaspamento o al ripiegamento.
Ogni guida vera si traduce:
– in un servizio alla crescita,
– in un mettere le proprie energie a favore di...
– in un far da punto di riferimento e di sostegno lungo il cammino della
vita.

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