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LEZIONE-CASO NUM.

LA NOZIONE DI DANNO INGIUSTO

TRACCIA 1

Tizio conclude con Caio un patto di prelazione, impegnandosi nei confronti di quest’ultimo a
preferirlo a qualsivoglia altro possibile nell’ipotesi in cui, nei 5 anni successivi, dovesse decidere
di mettere in vendita un appartamento di sua proprietà (alla cui acquisizione Caio è fortemente
interessato): in cambio di tale impegno Caio si obbliga a versare a Tizio ogni anno una somma di
10.000 euro. Trascorsi sei mesi Tizio, senza dire nulla a caio, conclude con Sempronio, il quale era
pienamente al corrente dell’esistenza del patto di prelazione, un contratto di compravendita, con il
quale trasferisce a Sempronio la proprietà dell’appartamento al quale si riferiva il patto di
prelazione a suo tempo stipulato con Caio, facendosi versare per intero da Sempronio un
corrispettivo di 500.000 euro.
Trascorso un anno, Caio viene a conoscenza dell’accaduto, e si rivolge al suo legale di fiducia
chiedendogli se e quali diritti gli competano nei confronti di Tizio e di Sempronio.

Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 99 del 09/01/1997


La responsabilità contrattuale può concorrere con quella extracontrattuale allorquando il fatto
dannoso sia imputabile all'azione o all'omissione di più persone tutte obbligate al risarcimento del
danno correlato al loro comportamento. Pertanto, nell’ipotesi in cui un taluno, dopo essersi
obbligato attraverso la stipulazione di un patto di prelazione ad offrire previamente in vendita al
prelazionario un immobile di sua proprietà, vìoli tale obbligo vendendo direttamente ad un terzo
l’immobile in questione, il venditore incorre in responsabilità contrattuale nei confronti del
prelazionario (con connessa presunzione di colpa ex art. 1218 cod. civ.), ma sussiste anche la
responsabilità extracontrattuale del successivo acquirente (terzo) rimasto estraneo al
precedente patto di prelazione: quest'ultima responsabilità tuttavia ricorre soltanto ove trovi
fondamento in una dolosa preordinazione volta a frodare il primo venditore prelazionario o, almeno,
nella consapevolezza dell'esistenza del diritto di prelazione e, quindi, nella consapevole
partecipazione all'inadempimento dell'alienante per inosservanza della prelazione.

TRACCIA 2

Tizio, giocatore di calcio, titolare e “stella” di squadra di calcio di serie A di proprietà della
Società ALFA, che soltanto due mesi prima aveva concluso con lui un contratto di durata
quinquennale, muore in un incidente stradale, la cui responsabilità è interamente da ascriversi a
Caio, che guidando la propria autovettura ha omesso di fermarsi ad un incrocio nonostante il
semaforo rosso ed ha investito in pieno l’auto guidata dallo stesso Tizio, causandone il decesso
immediato.
Si chiede se, e a che titolo, possano vantare una pretesa risarcitoria i suoi due figli e la moglie,
rimasta vedova, nonché se, e a che titolo, possa vantare una pretesa risarcitoria la società Alfa.
Si chiede in base a quali parametri possa e debba quantificarsi il risarcimento eventualmente
dovuto.
Si chiede se le risposte sarebbero diverse se Tizio fosse morto non immediatamente, ma a distanza
di alcuni giorni dal sinistro.
Si chiede infine nei confronti di quali soggetti possa essere esperita e fatta valere la pretesa
risarcitoria.
Cassazione civile, sez. un., 22/07/2015,   n. 15350

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio


conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute,
fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove
il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve
escludersi la risarcibilità iure hereditatis di tale pregiudizio, in ragione - nel primo caso -
dell'assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa
essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero - nel secondo - della mancanza di utilità di
uno spazio di vita brevissimo.

Estratto dalla motivazione:


3.1. L'ordinanza della terza sezione, con la quale è stato segnalato il contrasto consapevole tra la
sentenza n. 1361 del 2014 e il precedente costante e risalente orientamento, individua la questione
rimessa all'esame di queste sezioni unite nella risarcibilità o meno iure hereditatis del danno da
perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito.
Esulano quindi dal tema che formerà oggetto della presente decisione le questioni relative al
risarcimento dei danni derivanti dalla morte che segua dopo un apprezzabile lasso di tempo alle
lesioni. Con riferimento a tale situazione, infatti, non c'è alcun contrasto nella giurisprudenza di
questa Corte (che prende le mosse dalla sentenza delle sezioni unite del 22 dicembre 1925, alla
quale di seguito si farà più ampio riferimento) sul diritto iure hereditatis al risarcimento dei danni
che si verificano nel periodo che va dal momento in cui sono provocate le lesioni a quello della
morte conseguente alle lesioni stesse, diritto che si acquisisce al patrimonio del danneggiato e
quindi è suscettibile di trasmissione agli eredi.
L'unica distinzione che si registra negli orientamenti giurisprudenziali riguarda la qualificazione, ai
fini della liquidazione, del danno da risarcire che, da un orientamento, con "mera sintesi descrittiva"
(Cass. n. 26972 del 2008), è indicato come "danno biologico terminale" (Cass. n. 11169 del 1994,
n. 12299 del 1995, n. 4991 del 1996, n. 1704 del 1997, n. 24 del 2002, n. 3728 del 2002, n. 7632 del
2003, n 9620 del 2003, n. 11003 del 2003, n. 18305 del 2003, n. 4754 del 2004, n. 3549 del 2004, n.
1877 del 2006, n. 9959 del 2006, n. 18163 del 2007, n. 21976 del 2007, n. 1072 del 2011) -
liquidabile come invalidità assoluta temporanea, sia utilizzando il criterio equitativo puro che le
apposite tabelle (in applicazione dei principi di cui alla sentenza n. 12408 del 2011) ma con il
massimo di personalizzazione in considerazione della entità e intensità del danno - e,da altro
orientamento, è classificato come danno "catastrofale" (con riferimento alla sofferenza provata
dalla vittima nella cosciente attesa della morte seguita dopo apprezzabile lasso di tempo dalle
lesioni). Il danno "catastrofale", inoltre, per alcune decisioni, ha natura di danno morale soggettivo
(Cass. n. 28423 del 2008, n. 3357 del 2010, n. 8630 del 2010, n. 13672 del 2010, n. 6754 del 2011,
n. 19133 del 2011, n. 7126 del 2013, n. 13537 del 2014) e per altre, di danno biologico psichico
(Cass. n. 4783 del 2001, n. 3260 del 2007, n. 26972 del 2008, n. 1072 del 2011). Ma da tali
incertezze non sembrano derivare differenze rilevanti sul piano concreto della liquidazione dei
danni perchè, come già osservato, anche in caso di utilizzazione delle tabelle di liquidazione del
danno biologico psichico dovrà procedersi alla massima personalizzazione per adeguare il
risarcimento alle peculiarità del caso concreto, con risultati sostanzialmente non lontani da quelli
raggiungibili con l'utilizzazione del criterio equitativo puro utilizzato per la liquidazione del danno
morale.

La morte immediata provoca una perdita, di natura patrimoniale e non patrimoniale, ai


congiunti che di tal perdita sono risarciti, mentre non si comprende la ragione per la quale la
coscienza sociale sarebbe soddisfatta solo se tale risarcimento, oltre che ai congiunti (per tali
intendendo tutti i soggetti che, secondo gli orientamenti giurisprudenziali attuali, abbiano relazioni
di tipo familiare giuridicamente rilevanti, con la vittima) per le perdite proprie, fosse corrisposto
anche agli eredi (e in ultima analisi allo Stato). Come è stato osservato (Cass. n. 6754 del 2011),
infatti, pretendere che la tutela risarcitoria "sia data anche al defunto corrisponde, a ben vedere, solo
al contingente obiettivo di far conseguire più denaro ai congiunti".

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, n.18056


Il danno biologico cd. terminale è configurabile, e trasmissibile "iure successionis", ove la persona
ferita non muoia immediatamente, sopravvivendo per almeno ventiquattro ore, tale essendo la
durata minima, per convenzione legale, ai fini dell' apprezzabilità dell'invalidità temporanea,
essendo, invece, irrilevante che sia rimasta cosciente.

Cassazione civile sez. III, 20/06/2019, n.16592


In caso di sinistro mortale dal quale sia derivato il decesso non immediato della vittima, al danno
biologico terminale, consistente in un danno da invalidità temporanea totale (sempre presente e che
si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di
sofferenza psichica (danno catastrofale), sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere
effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare
del danno rende necessaria una liquidazione affidata ad un criterio equitativo puro che tenga conto
dell'enormità della sofferenza psichica, giacché tale danno, ancorché temporaneo, è massimo nella
sua entità ed intensità e la durata della consapevolezza della vittima non rileva ai fini della sua
oggettiva configurabilità, ma soltanto sul piano della quantificazione del risarcimento secondo
criteri di proporzionalità e di equità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale il
giudice del rinvio aveva riconosciuto la somma di euro 2.500,00 "pro die" ai parenti della vittima
politraumatizzata di un incidente stradale rimasta in vita per tre giorni dopo l'evento, sul
presupposto che alla presumibile insussistenza di una piena coscienza del danneggiato circa
l'approssimarsi del decesso fosse correlata una minore intensità della sofferenza psichica
catastrofale, nonostante la Corte di legittimità in sede rescindente avesse ritenuto sussistente tale
consapevolezza e considerato irrisorio il risarcimento del danno precedentemente liquidato dai
giudici di merito in complessivi euro 1.000,00).

TRACCIA 3

Tizia conclude un contratto con la società “Immagini” s.r.l. avente ad oggetto la realizzazione di
un servizio fotografico e di un video professionale relativo alla cerimonia matrimoniale e alla festa
conseguente, destinate a svolgersi 30 giorni dopo la stipulazione del contratto, a fronte del
versamento di un corrispettivo pecuniario di 5.000 euro.
I dipendenti della società effettivamente partecipano alla cerimonia effettuando le fotografie e
irando il video, ma il materiale fotografico ed i video vengono perduti irrimediabilmente a causa di
una negligenza grave di un dipendente della società stessa, la quale non è pertanto in grado di
consegnare a Tizia né le fotografie e i relativi negativi, né tantomeno il video.
Di quali e quanti danni Tizia può chiedere il risarcimento da parte della società “Immagine”?

Cassazione civile sez. III, 29/05/2018, n.13370


L'interesse a conservare memoria di un evento di particolare importanza della propria vita, come il
giorno delle nozze, non è oggetto di un diritto fondamentale della persona costituzionalmente
garantito, cosicché dall'inadempimento all'obbligo di consegna del servizio fotografico,
commissionato in occasione del matrimonio, non deriva l'obbligazione di risarcimento del danno
non patrimoniale, ai sensi dell'art. 2059 c.c.

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