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CASO 1

Tizio conclude con la s.r.l. Alfa un contratto avente ad oggetto la ristrutturazione della piscina collocata nel giardino
della propria abitazione, attraverso integrale rifacimento della pavimentazione e introduzione di un nuovo sistema di
filtraggio dell’acqua. Quattordici mesi dopo il completamento dei lavori e la consegna della piscina, il sistema di
filtraggio cessa di funzionare e la pavimentazione comincia ad evidenziare delle crepe. In considerazione di ciò, Tizio
informa immediatamente la s.r.l. chiedendo che quest’ultima intervenga per porre rimedio ai difetti manifestatisi
facendosi carico delle relative operazioni. La s.r.l. oppone tuttavia a Tizio il patto - inserito nel contratto e frutto di
una trattativa intercorsa fra le parti (in esito alla quale Tizio ne ha accettato l’inserimento del regolamento negoziale a
fronte di una riduzione del 15% dell’importo del corrispettivo originariamente preventivato dall’impresa) - che esclude
che la s.r.l. Alfa possa essere chiamata a rispondere di difetti manifestatisi ad oltre un anno di distanza dalla fine dei
lavori e dalla consegna del bene ristrutturato. Quid iuris?

CASO 2

Caio, studente universitario, conclude con la s.p.a. Beta, via internet, un contratto di compravendita di un laptop
destinato ad uso personale. A 18 mesi di distanza dalla ricezione in consegna del prodotto, quest’ultimo manifesta un
difetto di funzionamento che impedisce a Caio di utilizzarlo. Caio chiede allora alla s.p.a. la sostituzione del laptop con
un altro laptop del medesimo modello e della stessa marca: la s.p.a. Beta si dichiara disponibile a procedere alla
sostituzione, ma soltanto a condizione che Caio paghi una somma di denaro a titolo di indennità per l’uso fatto del
computer inizialmente consegnato nei 18 mesi in cui lo ha avuto a disposizione. Quid iuris?

CASO 3

Mevio conclude un contratto di compravendita con l’impresa Zeta - rivenditrice multimarca di prodotti per l’edilizia -
avente ad oggetto una partita di mattonelle in cotto prodotte dalla società Gamma (impresa leader nel settore), che
intende utilizzare per ripavimentare la propria abitazione. Le mattonelle vengono posate da un artigiano di fiducia
dello stesso Mevio, al quale quest’ultimo si rivolge per l’effettuazione dei relativi lavori dopo aver ricevuto in consegna
le mattonelle. A 5 mesi di distanza dalla consegna e dalla installazione, le mattonelle palesano un sensibile mutamento
della colorazione ed evidenziano crepe e fori. Mevio contatta l’impresa Zeta chiedendone l’intervento, ma l’impresa
Zeta si dichiara disponibile a sostituire le mattonelle soltanto a condizione che Mevio si faccia personalmente carico (a
sue spese) delle operazioni di disinstallazione delle mattonelle originariamente posate e della installazione delle
mattonelle sostitutive. Mevio invece pretenderebbe che la relativa spesa venga affrontata dall’impresa Zeta. Quid
iuris?

CASO 4

Antonio, imprenditore individuale titolare di una autofficina che esegue lavori di riparazioni auto e svolge attività di
vendita di auto usate, stipula con Caio un contratto per la vendita di un’auto presente nel parco auto usate da lui
offerte, che Caio aveva scelto dopo averla visionata di persona. Dopo aver concordato il prezzo, Antonio fa eseguire
gli ultimi controlli sull’auto e provvede a consegnarla a Caio. A 5 mesi di distanza dalla consegna, il motore dell’auto
si blocca, danneggiandosi irreparabilmente. Caio chiede la risoluzione del contratto e pretende il rimborso del prezzo,
ma Antonio gli oppone la clausola, inserita nel contratto, che esclude qualsiasi responsabilità del venditore per difetti
manifestatisi posteriormente alla consegna, e gli ricorda che al contratto non possono trovare applicazione le
disposizioni del codice del consumo perché lui si era limitato ad operare come mero intermediario, alienando un’auto
di proprietà di Sempronio, privato, che gliela aveva affidata “in conto vendita”.

 Il contratto con il quale un imprenditore si obbliga nei confronti di un consumatore, a fronte di un corrispettivo
pecuniario, ad eseguire lavori di ristrutturazione (Sanierung) di una piscina di proprietà del consumatore, fornendo
al consumatore tutti i materiali e i prodotti a tal fine necessari (quali ad es. un sistema di filtraggio dotato di apposita
pompa), non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva (CGUE 7-7-2017, C-247/16, Schottelius, pt. 46):
esso infatti, da un lato, non può essere qualificato come contratto di vendita, dal momento che la prestazione di
servizi consistente nell’attività di montaggio e installazione costituisce l’oggetto principale del contratto, mentre la
fornitura dei beni necessari per la ristrutturazione della piscina ha carattere meramente accessorio (den Verkauf
lediglich ergänzt) (CGUE 7-7-2017, C-247/16, Schottelius, pt. 44); dall’altro lato, non può nemmeno essere
qualificato come contratto di «fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre», ai sensi dell’art. 1, par. 4,
della direttiva, nei limiti in cui i beni necessari per la ristrutturazione della piscina non erano destinati ad essere
fabbricati né prodotti dall’imprenditore che ha concluso il contratto con il consumatore (CGUE 7-7-2017, C-247/16,
Schottelius, pt. 45).

 Nonostante la definizione della nozione di venditore non faccia alcun riferimento all’intermediario e, più in
generale, la direttiva 1999/44 non contenga la definizione della nozione di «intermediario» (sebbene questo termine
venga impiegato nel considerando 9 nonché nell’articolo 4 della direttiva stessa) né tantomeno rechi una disciplina della
responsabilità dell’intermediario nei confronti del consumatore, la nozione di «venditore» ben può essere interpretata
nel senso che include un professionista che agisce per conto di un privato laddove tale professionista, dal punto di
vista del consumatore, si presenti come venditore di un bene di consumo alienato con un contratto concluso
nell’ambito della sua attività professionale o commerciale (CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt. 33-34): la
formulazione testuale della definizione della nozione di venditore non contiene alcun elemento incompatibile con tale
interpretazione (CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt. 35), la quale appare anzi giustificata come interpretazione
teleologica, considerato che la direttiva persegue l’obiettivo di assicurare un livello elevato di tutela dei consumatori
(CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt. 36); tale interpretazione consente inoltre di conferire effetto utile alla citata
direttiva ed è conforme alla giurisprudenza della Corte secondo cui il sistema di tutela approntato dalle direttive
dell’Unione in materia di tutela dei consumatori è fondato sull’idea che il consumatore si trova in una situazione
d’inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione
(CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt. 39).
 Il consumatore, per poter usufruire della tutela conferita dalla direttiva 1999/44, deve infatti essere messo in
condizione di venire a conoscenza dell’identità del venditore, e in particolare della sua qualità di privato o di
professionista (CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt. 37), e di sapere se il professionista con il quale conclude il
contratto agisce in proprio ovvero in veste di intermediario per conto di un privato, poiché in questo secondo caso il
consumatore non potrebbe vantare i diritti garantiti dalla direttiva 1999/44 (CGUE 9-11-2016, C-149/15, Whatelet, pt.
38-39). In situazioni - come quella delineata nel procedimento principale - in cui il consumatore può essere facilmente
indotto in errore alla luce delle modalità con cui si svolge la vendita, si deve conseguentemente conferire al
consumatore stesso una tutela rafforzata: pertanto, occorre che la responsabilità del venditore, in forza della
direttiva 1999/44, possa essere fatta gravare sull’intermediario che, presentandosi al consumatore, ingeneri un
rischio di confusione, inducendolo a confidare nella sua qualità di proprietario del bene venduto (CGUE 9-11-
2016, C-149/15, Whatelet, pt. 41).

 Sia dal tenore letterale sia dai lavori preparatori della direttiva risulta che il legislatore europeo ha inteso fare della
gratuità del ripristino della conformità del bene da parte del venditore (sia esso attuato mediante riparazione ovvero
mediante sostituzione) un elemento essenziale della tutela garantita al consumatore da tale direttiva, e ciò al fine di
evitare che il rischio di trovarsi costretto a sopportare degli oneri finanziari possa dissuadere il consumatore dal far
valere i suoi diritti (CGUE 17-4-2008, C-404/06, Quelle AG, pt. 33-34; CGUE 16-6-2011, cause riunite C-65/09,
Weber e C-87/09, Putz, pt. 46; CGUE 23-5-2019, in causa C-52/18, Fülla c. Toolport GmbH, pt. 51).

 Ricevendo un nuovo bene in sostituzione del bene non conforme, il consumatore non fa altro che ricevere, in ritardo,
un bene conforme alle clausole del contratto, quale avrebbe dovuto ricevere sin dall’inizio, sicché la circostanza che
nel periodo di tempo intercorso fra la consegna del bene rivelatosi non conforme e la consegna del bene
sostitutivo il consumatore abbia potuto utilizzare il bene non conforme senza essere tenuto a versare alcuna
somma aggiuntiva rispetto al prezzo pattuito nel contratto di vendita non costituisce affatto un ingiustificato
arricchimento (CGUE 17-4-2008, C-404/06, Quelle AG, pt. 41).
 La garanzia di gratuità voluta dal legislatore europeo porta ad escludere la possibilità di qualsiasi rivendicazione
economica da parte del venditore nell’ambito dell’adempimento dell’obbligo di ripristino della conformità del bene di
cui è gravato (CGUE 17-4-2008, C-404/06, Quelle AG, pt. 34): ne consegue che l’art. 3 della direttiva deve essere
interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale consenta al venditore di esigere il pagamento
di un’indennità pecuniaria per l’uso che il consumatore abbia fatto del bene rivelatosi non conforme al contratto
nel periodo intercorrente fra la consegna del bene in questione e la sua sostituzione con un bene nuovo (CGUE
17-4-2008, C-404/06, Quelle AG, pt. 43 e massima).

 L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva deve essere interpretato nel senso che quando un bene di consumo non conforme,
che prima della comparsa del difetto sia stato installato in buona fede dal consumatore tenendo conto della sua natura e
dell’uso previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il venditore è tenuto a procedere egli stesso alla
rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato installato e ad installarvi il bene sostitutivo, ovvero a sostenere le
spese necessarie per tale rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo. Tale obbligo del venditore sussiste a
prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in base al contratto di vendita, ad installare il bene di consumo
inizialmente acquistato (CGUE 16-6-2011, cause riunite C-65/09, Weber e C-87/09, Putz, pt. 62).
 Le spese di rimozione del bene non conforme e di installazione del bene sostitutivo risultano necessarie affinché
si possa procedere alla sostituzione del bene non conforme e rappresentano pertanto «costi necessari per rendere
conformi i beni», ai sensi del citato art. 3, par. 4 (CGUE 16-6-2011, cause riunite C-65/09, Weber e C-87/09, Putz,
pt. 50). Se il consumatore, rilevata la non conformità al del bene consegnatogli dal professionista e conseguentemente
richiesta la sostituzione dello stesso, non potesse chiedere al venditore di farsi carico della sua rimozione dal luogo in
cui egli lo aveva installato (conformemente alla sua natura e all’uso previsto) e dell’installazione del bene sostitutivo nel
medesimo luogo, tale sostituzione gli cagionerebbe oneri finanziari supplementari che non sarebbe stato tenuto a
sopportare se il venditore avesse correttamente eseguito il contratto di vendita, con la conseguenza che il consumatore,
per poter esercitare il diritto alla sostituzione, dovrebbe sopportare tali spese aggiuntive causate dalla consegna, da parte
del venditore, di un bene non conforme, ciò che impedirebbe di considerare la sostituzione effettuata “senza spese” per
il consumatore (CGUE 16-6-2011, cause riunite C-65/09, Weber e C-87/09, Putz, pt. 47-49).

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