Nei confronti di Tizio, affetto da infermità mentale lieve, viene pronunciata sentenza di
inabilitazione nel 2002. 5 anni dopo, il Tribunale revoca la sentenza di inabilitazione e
contestualmente il giudice tutelare procede alla emanazione di un decreto di nomina di un
amministratore di sostegno. Caia, venuta al corrente dell’intervenuta revoca della sentenza
di inabilitazione ma ignara della successiva adozione del decreto di nomina di un
amministratore di sostegno per Tizio, stipula con quest’ultimo personalmente davanti al
notaio un contratto di compravendita con il quale acquista dallo stesso Tizio un immobile di
sua proprietà a fronte del corrispettivo di 250.000 euro. Dopo alcune settimane Sempronio,
amministratore di sostegno di Tizio, viene a conoscenza dell’accaduto e si rivolge al
proprio legale di fiducia chiedendogli quali azioni possa intraprendere in proposito.
L'esonero dalla ripetizione della prestazione ricevuta dalla parte, in ipotesi di annullamento del
contratto per sua incapacità, prescinde dalla buona o malafede dell'altro contraente e dipende
esclusivamente dalla circostanza oggettiva che detto annullamento sia avvenuto in conseguenza
di tale incapacità, presumendo la legge che l’incapace abbia mal disposto del suo patrimonio e
dissipato la prestazione conseguita, non traendone profitto; grava, pertanto, sull'altro contraente,
che intenda ottenere la restituzione della prestazione corrisposta, l'onere di dimostrare che
l'incapace ne ha tratto vantaggio, indipendentemente dal proprio stato soggettivo.
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Tizio, persona anziana che soffre di un inizio di patologia neurodegenerativa ancora non
ufficialmente diagnosticata, conclude con Caia un contratto di compravendita con il quale
aliena a quest’ultima un appartamento di sua proprietà del valore di mercato di circa
500.000 euro pattuendo un corrispettivo di 350.000 euro. La definizione dell’importo
significativamente basso del corrispettivo è stata il frutto di una trattativa nel corso della
quale Caia aveva approfittato della scarsa conoscenza del mercato immobiliare da parte di
Tizio e della sorprendente circostanza che quest’ultimo si era immotivatamente manifestato
pienamente disponibile ad accettare a titolo di prezzo una somma di gran lunga inferiore al
valore di mercato del bene dichiarandosi del tutto disinteressato al denaro. I figli di Tizio,
venuti a conoscenza dell’accaduto, si rivolgono al loro legale di fiducia chiedendogli se sia
possibile assumere iniziative per privare di effetto il contratto di compravendita concluso
dal padre.
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Tizio, socio e amministratore unico della s.r.l. Alfa, offre in vendita a Caia il 30% delle quote
della s.r.l. per un prezzo di 300.000 euro, esibendo nel corso della trattativa bilanci e
documentazione contabile della s.r.l. da cui risultava che la società era finanziariamente
sana. Caia accetta di acquistare le quote al prezzo indicato da Tizio, il cui importo era
proporzionato al valore della società quale risultante dalla documentazione contabile
esibita nel corso della trattativa. Decorso un solo anno dalla stipulazione del contratto, il
tribunale pronuncia sentenza dichiarativa del fallimento della s.r.l., la quale si rivela oberata
da debiti non risultanti dal bilancio, che nel corso del procedimento fallimentare si scopre
essere stato pesantemente falsato. Caia si rivolge al suo legale di fiducia chiedendogli se
sia possibile intraprendere iniziative nei confronti di Tizio.