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Nei confronti di Tizio, affetto da infermità mentale lieve, viene pronunciata sentenza di
inabilitazione nel 2002. 5 anni dopo, il Tribunale revoca la sentenza di inabilitazione e
contestualmente il giudice tutelare procede alla emanazione di un decreto di nomina di un
amministratore di sostegno. Caia, venuta al corrente dell’intervenuta revoca della sentenza
di inabilitazione ma ignara della successiva adozione del decreto di nomina di un
amministratore di sostegno per Tizio, stipula con quest’ultimo personalmente davanti al
notaio un contratto di compravendita con il quale acquista dallo stesso Tizio un immobile di
sua proprietà a fronte del corrispettivo di 250.000 euro. Dopo alcune settimane Sempronio,
amministratore di sostegno di Tizio, viene a conoscenza dell’accaduto e si rivolge al
proprio legale di fiducia chiedendogli quali azioni possa intraprendere in proposito.

Cassazione civile, sez. II, 07/07/2017, n.16888

L'esonero dalla ripetizione della prestazione ricevuta dalla parte, in ipotesi di annullamento del
contratto per sua incapacità, prescinde dalla buona o malafede dell'altro contraente e dipende
esclusivamente dalla circostanza oggettiva che detto annullamento sia avvenuto in conseguenza
di tale incapacità, presumendo la legge che l’incapace abbia mal disposto del suo patrimonio e
dissipato la prestazione conseguita, non traendone profitto; grava, pertanto, sull'altro contraente,
che intenda ottenere la restituzione della prestazione corrisposta, l'onere di dimostrare che
l'incapace ne ha tratto vantaggio, indipendentemente dal proprio stato soggettivo.

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Tizio, persona anziana che soffre di un inizio di patologia neurodegenerativa ancora non
ufficialmente diagnosticata, conclude con Caia un contratto di compravendita con il quale
aliena a quest’ultima un appartamento di sua proprietà del valore di mercato di circa
500.000 euro pattuendo un corrispettivo di 350.000 euro. La definizione dell’importo
significativamente basso del corrispettivo è stata il frutto di una trattativa nel corso della
quale Caia aveva approfittato della scarsa conoscenza del mercato immobiliare da parte di
Tizio e della sorprendente circostanza che quest’ultimo si era immotivatamente manifestato
pienamente disponibile ad accettare a titolo di prezzo una somma di gran lunga inferiore al
valore di mercato del bene dichiarandosi del tutto disinteressato al denaro. I figli di Tizio,
venuti a conoscenza dell’accaduto, si rivolgono al loro legale di fiducia chiedendogli se sia
possibile assumere iniziative per privare di effetto il contratto di compravendita concluso
dal padre.

Cassazione civile, sez. II, 31/08/2017,  n. 20603

Ai fini dell'annullamento di un atto di compravendita stipulato da un venditore che versi in


condizioni di incapacità naturale, il solo pregiudizio economico che possa derivargli dall'atto
medesimo non è sufficiente a dimostrare la malafede della controparte. Ciò in quanto varie
possono essere le ragioni per le quali un soggetto si induca a stipulare un contratto per lui
svantaggioso, ragioni che la controparte non è tenuta ad indagare. A meno che non risulti
evidente, o quantomeno percepibile con l'ordinaria diligenza, che la determinazione della
controparte costituisca l'estrinsecazione di turbe o menomazioni della sfera volitiva o intellettiva.

Cassazione civile, sez. II, 30/05/2017,  n. 13659

Ai fini della sussistenza dell'incapacità di intendere e di volere, costituente causa di annullamento


del negozio ex art. 428 c.c., non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive,
essendo sufficiente che esse siano menomate, sì da impedire comunque la formazione di una
volontà cosciente; la prova di tale condizione non richiede la dimostrazione che il soggetto, al
momento di compiere l'atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno, in modo totale
e assoluto, le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che queste erano perturbate al punto
da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio e, quindi, il formarsi di
una volontà cosciente, e può essere data con ogni mezzo o in base ad indizi e presunzioni, che
anche da soli, se del caso, possono essere decisivi per la sua configurabilità, essendo il giudice di
merito libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio
intercorso tra le stesse parti o tra altre, secondo una valutazione incensurabile in sede di
legittimità, se sorretta da congrue argomentazioni, scevre da vizi logici ed errori di diritto.

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Tizio, socio e amministratore unico della s.r.l. Alfa, offre in vendita a Caia il 30% delle quote
della s.r.l. per un prezzo di 300.000 euro, esibendo nel corso della trattativa bilanci e
documentazione contabile della s.r.l. da cui risultava che la società era finanziariamente
sana. Caia accetta di acquistare le quote al prezzo indicato da Tizio, il cui importo era
proporzionato al valore della società quale risultante dalla documentazione contabile
esibita nel corso della trattativa. Decorso un solo anno dalla stipulazione del contratto, il
tribunale pronuncia sentenza dichiarativa del fallimento della s.r.l., la quale si rivela oberata
da debiti non risultanti dal bilancio, che nel corso del procedimento fallimentare si scopre
essere stato pesantemente falsato. Caia si rivolge al suo legale di fiducia chiedendogli se
sia possibile intraprendere iniziative nei confronti di Tizio.

Cassazione civile, sez. I, 11/07/2014, n. 16004

Le dichiarazioni menzognere (cosiddetto mendacio) sono idonee ad integrare raggiri - e, dunque,


a configurare il dolo contrattuale - la cui rilevanza è tanto maggiore in relazione all'affidabilità
intrinseca degli atti utilizzati (come quelli contabili destinati a rappresentare in modo veritiero e
corretto la situazione patrimoniale e finanziaria di una società) e se siano rese da una parte con la
deliberata finalità di offrire una rappresentazione alterata della veridicità dei presupposti di fatto
rilevanti per la determinazione del prezzo di cessione delle quote sociali e di viziare nell'altra parte
il processo formativo della volontà negoziale. La valutazione della idoneità di tale comportamento
a coartare la volontà del "deceptus" è riservata al giudice del merito, il quale è tenuto a motivare
specificamente in ordine alle concrete circostanze - la cui prova è a carico del "deceptor" - dalle
quali desumere che l'altra parte già conosceva o poteva rendersi conto "ictu oculi" dell'inganno
perpetrato nei suoi confronti.

Cassazione civile sez. VI, 08/05/2018, n.11009


Il semplice silenzio o reticenza non costituisce dolo omissivo che può invalidare il contratto
Il dolo omissivo rileva quale vizio della volontà, idoneo a determinare l'annullamento del contratto,
solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente
preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito; pertanto, il semplice silenzio e
la reticenza, anche su situazioni di interesse della controparte, non immutando la rappresentazione
della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l'altro
contraente, non costituiscono causa invalidante del contratto. (In applicazione di tale principio la
S.C., con riferimento ad un contratto di compravendita immobiliare, ha escluso che il silenzio
serbato dal venditore, nella fase delle trattative, sulla possibilità di un imminente recesso della
banca conduttrice dei locali oggetto del contratto potesse configurare una ipotesi di dolo omissivo,
ritenendo dirimente la circostanza che nel contratto di locazione tra la venditrice e la banca,
conosciuto dall'acquirente, era prevista la facoltà di recesso "ad nutum" del conduttore e che, perciò,
quel reddito locativo non era, né poteva essere considerato, sicuro).

Cassazione civile sez. II, 31/05/2018, n.13872


Al riguardo va ribadito il condiviso principio già affermato da questa Corte, secondo cui "in tema di dolo
quale causa di annullamento del contratto, sia nell'ipotesi di dolo commissivo che in quella di dolo
omissivo, gli artifici o raggiri, la reticenza o il silenzio devono essere valutati in relazione alle particolari
circostanze di fatto ed alle qualità e condizioni soggettive dell'altra parte, onde stabilire se erano idonei
a sorprendere una personale di normale diligenza, giacchè l'affidamento non può ricevere tutela
giuridica se fondato su negligenza" (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 20 gennaio 2017, n. 1585  e, in
precedenza conformemente, Cass. n. 20792/2004).

Cassazione civile sez. I, 04/11/2015, n.22567


Lo squilibrio economico iniziale tra le prestazioni può rilevare ai fini della rescissione del contratto a
norma dell'art. 1447 c.c. o dell'art. 1448, in considerazione dello stato di bisogno o di pericolo di alcuno
dei contraenti, oppure può rilevare ai fini dell'annullabilità a norma dell'art. 1428 c.c. del contratto
stipulato da persone incapaci; ma, di regola, lo squilibrio iniziale delle prestazioni non determina di per
sé la nullità del contratto.

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