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PRIMA DI PLOTINO: LE CORRENTI FILOSOFICHE IN ETA’ IMPERIALE

La filosofia nei primi secoli dell’impero

Nella prima età imperiale tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. ha luogo una trasformazione sostanziale della
filosofia. Le scuole che di età ellenistica continuarono a operare al punto che Marco Aurelio istaurò delle
cattedre di filosofia ad Atene per ciascuna delle quattro principali scuole filosofiche: platonica, aristotelica,
epicurea e stoica. In questo periodo si gettano le basi per un modo di fare filosofia basato sull’esegesi e
sulla pratica del commentario e sempre in questo periodo i teologi e gli scrittori cristiani iniziarono a
confrontarsi con la filosofia in questo periodo vi fu anche la crisi di Atene che per secoli fu l’unico centro per
l’insegnamento della filosofia Atene significava anche il predominio della lingua greca in filosofia ma
l’importanza crescente di Roma favori la produzione in latino e il grande tentativo dei filosofi come Seneca
e Cicerone di tradurre in latino i risultati dei dibattiti greci. I centri di insegnamento filosofico oltre che a
Roma si svilupparono sulle coste orientali del mediterraneo. Questo decentramento provocò una crisi
d’identità si diffuse una letteratura polemica tra i membri della stessa scuola o contro le altre scuole. L’età
imperiale è l’epoca del ritorno agli antichi nella convinzione che la verità fosse già stata svelata e bisognasse
riportarla alla luce. In breve tempo il lavoro del filosofo sarà l’interpretazione e la spiegazione delle dottrine
del maestro fondatore con l’obiettivo di chiarirne la bontà e la coerenza. Questo modo di fare filosofia ha
dominato la scena fino all’età moderna.

Stoicismo, epicureismo, scetticismo

Grazie a cambiamenti cosi radicali le scuole ellenistiche che avevano dominato il dibattito furono provate.
Gli stoici non si adattarono mai fino in fondo a questi nuovi modi di fare filosofia del resto essi volevano
fare della filosofia una pratica di vita il loro oggetto di critica non è il discorso filosofico ma un’errata
valutazione delle priorità. La scuola epicurea si arroccò sempre di più sulle sue posizioni fino ad uscire di
scena. Lo scetticismo nella prima età imperiale riprende vigore grazie a Sesto empirico e Enesidemo a cui si
deve la ripresa dello scetticismo pirroniano il vero scettico non pretende di dire come sono le cose
realmente ma si limita ai fenomeni cioè ciò che appare. Essi inventarono i tropi di ragionamenti volti a
dimostrare che non è possibile pronunciarsi in modo definitivo sulle cose ma nonostante ciò lo scetticismo
occupo una parte marginale della prima età imperiale tuttavia alcune argomentazioni vennero riprese dai
neoplatonici (Plotino Damascio) per caratterizzare l’assoluta trascendenza de primo principio

(Medio)platonismo

A differenza delle altre la tradizione platonica entro in scena prepotentemente il punto saliente della loro
attività consiste in effetti nella lettura e interpretazione dei dialoghi platonici che origino diversi modelli di
platonismo. Rispetto alla tradizione interna all’accademia si può registrare una divisione netta a) chi come
plutarco cerca di fare posto allo scetticismo come parte integrante della tradizione platonica b) chi rifiuta
radicalmente questa fase al di fuori dell’accademia invece quasi tutti concordano sull’importante legame
con il pitagorismo. Tutti i platonici condividono due assunti di fondo 1) la filosofia di Platone era l’unico
sistema in grado di rendere conto della realtà 2) il compito di un platonico è quello di ricostruire questo
sistema dottrinale presente nei dialoghi soprattutto nel Timeo le ambiguità lette nei dialoghi portarono
questi pensatori alla convinzione che per cogliere il vero contenuto del dialogo bisognasse andare oltre il
testo. L’unione di filosofia e religione non è propria solo del platonismo ma aggiunsero una novità la divinità
non è più intesa come parte del nostro mondo ma è altro da esso ciò comportò una netta ripresa del
dualismo tra sensibile e intellegibile con un primato di quest’ultima da questa base si diramano numerose
variazioni inizialmente si cerca di fondere il demiurgo del Timeo con l’idea del bene della Repubblica
arrivando alla conclusione che il bene è un attributo del demiurgo dopodiché si fa strada un’altra
alternativa per difendere l’assoluta trascendenza del primo principio si insiste sulla distinzione tra questo
primo principio che pur essendo causa ultima dell’universo non è coinvolto nella sua creazione e un
secondo dio che opera concretamente sulla base del primo modello. Un secondo problema riguarda la
relazione che corre tra l’ordine divino intellegibile e l’ordine sensibile vi è la necessità di riconciliare questi
due piani e di spiegare in che modo il mondo sensibile dipenda da quello intellegibile questa funzione di
mediazione viene attribuita agli enti matematici e alle idee il risultato è dunque una dottrina di tre principi
dio, idee/enti e materia. Le idee sono i pensieri perfetti delle cose secondo natura che dio pensa quando da
ordine alla materia ( su questo punto si è consumata la rottura di Plotino con il medioplatonismo) ma
questa spiegazione delle idee mette in dubbio la loro autonomia. La persistenza delle tematiche ellenistiche
si può notare anche nella teoria della conoscenza Alcinoo i criteri stoici della conoscenza basata sulle
concezioni comuni/naturali cioè un patrimonio di concetti comuni a tutti gli uomini i quanto razionali è
corretta ma incompleta perché incapace di spiegare in che modo si producano nella mente dell’uomo egli
pretende che si formino a partire da ripetute esperienze sensibili ma non esclude che esse siano innate nel
modo in cui dipendono dalla precedente esperienza conoscitiva la conclusione è quindi che la realtà
sensibile non può esser conosciuta di per se ma solo nella misura in cui partecipa della realtà intellegibile il
vero possesso delle idee è precedente alla reincarnazione dell’anima ammettendo dunque che una vera
conoscenza è preclusa agli uomini nella dimensione mondana. Per quanto riguarda l’etica i medioplatonici
affermano che la misura della virtù e della felicità non risiedono soltanto nel mondo umano ma devono
essere ricondotte al principio divino quindi si passa dalla concezione di vivere secondo natura a vivere
assimilandosi a dio questa teoria porta a una diversa concezione dell’anima che non è più omogenea ma
divisa in due parti una razionale e una irrazionale per assimilarsi a dio è necessario produrre ordine e
armonia nella propria anima e solo essa può comprendere che cosa significa essere simili agli dei

Aristotelismo

L’aristotelismo nel I secolo a.C rinasce vi è una progressiva riscoperta dei suoi scritti e nasce un’intensa
attività di commento su di essi grazie ad Andronico di Rodi la selezione dei trattati del corpus sul quale si
concentrò l’attività degli esegeti è la metafisica la fisica le categorie quest’ultimo venne considerato
propedeutico allo studio della filosofia. Il ruolo Alessandro di Afrodisia fu fondamentale nell’esegesi di
Aristotele i suoi commenti costituirono il tramite attraverso cui i neoplatonici si appropriarono di Aristotele
la sua opera comprende due tipi di scritti da un lato i commenti dall’altro dei tratti in cui sono discusse in
una prospettiva peripatetica varie questioni filosofiche la sua opera è una sorta di monumentale
enciclopedia filosofica dell’aristotelismo. Alessandro è celebre anche per la sua tesi dell’unicità
dell’intelletto agente che egli nel trattato dell’anima identifica con l’intelletto divino, il motore immobile,
pura forma senza materia il quale viene presentato come causa del fatto che le cose siano intellegibili.
L’enciclopedia di Alessandro è una generale lettura sistematica di Aristotele tutta incentrata sulla dottrina
della forma essenziale fondata sull’esegesi della fisica della metafisica e dell’anima e ciò offri agli autori
successivi gli strumenti esegetici per accedere in modo finalmente completo ai trattati di Aristotele
incorporandoli nel sistema dottrinale platonico

ORIENTAMENTI E SCUOLE NEL NEOPLATONISMO

Introduzione

Il pensiero di Plotino e la sua interpretazione di Platone costituiscono insieme il culmine dell’approccio


esegetico iniziato nel medioplatonismo e la svolta originale che condizione tutta l’ultima fase della filosofia
antica. I suoi discepoli ne conservano e diffondono gli insegnamenti ma sottoponendolo a riflessione e a
critica fino a elaborarne un autentico sistema metafisico-teologico. Il contesto dove ciò avviene è quello
della scuola dove l’attività esegetica si dota di criteri metodologici sempre meglio definiti e dove hanno
luogo dibattiti e rielaborazioni dottrinali che fanno del neoplatonismo tardoantico un prodotto dalla
profondità di Plotino ma nel contempo lo aprono a nuove prospettive già con Porfirio. L’esegesi filosofica e
la teologia che ne deriva vengono intese non solo come pratica di scuola ma soprattutto come esercizio
spirituale il percorso degli studi platonici si configura come un viaggio dell’anima alla scoperta di se e a
quanto vi è in noi di divino. In questa prospettiva lo studio di Aristotele fornisce le basi logiche per
comprendere la dottrina platonica nonché lo strumento metodologico per costruirne una metafisica in
forma di scienza teologica nella scuola di Atene in grado di salvaguardare il pantheon pagano e sincretistico
in coerenza on l’imporsi del cristianesimo l’esito più rilevante consiste nella possibilità di tramandare
l’insegnamento platonico fino a salvarlo grazie ad Aristotele nella scuola di Alessandria tale evoluzione del
pensiero e delle forme in cui si esprime avviene in quattro luoghi chiave del mondo mediterraneo Roma
sede della scuola plotiniana e dell’incontro con Porfirio, Apamea in Siria dove si trasferisce il fedele
discepolo di Plotino Amelio, e Giamblico fonda la sua scuola, Atene dove Plutarco inaugura una nuova
scuola platonica, Alessandria. Quindi il quadro del neoplatonismo post plotiniano si articola in quattro punti
1) la fondazione del sistema ad opera di Plotino e Porfirio 2) una corrente speculativa caratterizzata dalla
metafisica costruita sull’esegesi platonica e comprende sia la scuola siriaca –Giamblico, Teodoro, Desippo-
sia quella ateniese –Plutarco, Siriano, Proclo, Damascio, Simplicio- 3) una corrente religioso teurgica
identificata nella scuola di Pergamo 4) una corrente erudita divisa tra neoplatonici di Alessandria e quelli
d’occidente

Porfirio e l’eredità della scuola plotiniana

Le Enneadi nascono senza dubbio dalla profondità filosofica di un singolo però traggono profitto anche
dalle attività di scuola quella romana non era un’istituzione ufficiale ma una cerchia di fedeli seguaci e
uditori saltuari nelle sue lezioni svolte in fora orale e non dogmatica si leggevano e spiegavano oltre ai passi
platonici e aristotelici quelli di commentatori in età imperiale quali Numenio Attico Gaio Severo Alessandro
di Afrodisia cosi ad esempio Plotino accoglie la noetica aristotelica mediata dalla spiegazione alessandrina e
la pone a fondamento della propria dottrina della conoscenza degli intellegibili. In questo contesto Porfirio
si mantenne fedele a una versione più tradizionale del platonismo gli fu affidato l’incarico di ordinare e
correggere i trattati plotiniani che si trovavano in uno stadio pre-editoriale in ordine cronologico con titoli
prevalsi fra gli utenti ma non apposti dall’autore Porfirio ha dichiarato di aver raggruppato i trattati per
affinità di argomento (morale, fisico, relativo al mondo, all’anima, all’intelletto, all’uno) e di averli disposti in
ogni gruppo in ordine di difficoltà crescente scomponendoli per arrivare al numero 54 conformandosi alla
numerologia pitagorica

La svolta di Giamblico gli Oracoli caldaici e nuovi criteri per l’esegesi

Se Porfirio favorisce la trasmissione dell’insegnamento plotiniano sia in Oriente che in Occidente e inaugura
la riflessione critica su di esso, Giamblico imprime un nuovo corso al neoplatonismo sia sviluppandone
psicologia e metafisica con importanti divergenze da Plotino sia introducendo sistematicità nell’esegesi di
scuola decisiva fu l’influenza degli Oracoli caldaici redatti da Giuliano Caldeo e/o Giuliano teurgo (dopo una
rivelazione da parte degli dei o dell’anima di Platone) presentano un quadro teologico simile a quello
medioplatonico, con l’aggiunta di identità inferiori che colmano la distanza fra mondo intellegibile e
materiale il primo dio è intelletto padre e fonte di tutti gli esseri noto come colui che sottrasse se stesso il
secondo intelletto ha carattere demiurgico e diade volgendosi sia alla contemplazione degli intellegibili
ricevuti dal padre sia a dare forma alla materia indistinta come terza l’anima del mondo è secondo alcuni
identificabile con Ecate la funzione di questa dea è molteplice principio vitale da cui si genera l’anima essa
compare in diversi livelli della gerarchia divina secondo uno schema che diventerà tipico di Giamblico. Gli
Oracoli caldaici accentuano l’asservimento al corpo dell’anima subisce nella discesa dal divino cui
appartiene e la necessità di impegnarsi in un’ascesa che la porti al distacco dal sensibile all’abbandono del
corpo di cui si riveste quando attraversa le sfere celesti nella caduta alla riconquista del contatto con i gradi
superiori dell’essere a tale scopo viene promulgata la teurgia un insieme di partiche magiche e rituali che
purificherebbero e perfezionerebbero l’anima degli iniziati e produrrebbero la manifestazione del divino nel
mondo empirico tramite formule magiche e strumenti sacri l’interesse di Porfirio sugli Oracoli si
concentrava sul valore teologico di una metafisica platonizzante e sulla dinamica triadica nella derivazione
dei livelli dell’essere attenendosi alla priorità della via razionale e intellettiva non accoglieva che la salvezza
dipendesse da riti. Giamblico accentua l’eccellenza della tradizione pitagorica quale aritmetica e geometria
teologizzanti e di cui egli redasse una sorta di enciclopedia con l’intento di dimostrare la natura pitagorica
del platonismo e il legame fra il numero declinato nelle scienze (matematiche aritmetica, geometria, musica
e astronomia) e il divino, rivela altresì un’esigenza di sistematicità che trova nell’esegesi il terreno migliore
su cui esplicarsi. L’esegesi giamblichea includeva la logica di Aristotele e Platone e soprattutto definì il
programma delle letture platoniche a definire quest’ordine di lettura dei dialoghi contribuisce un criterio
esegetico da lui formulato lo skopos proposito unico e unificatore di ogni scritto cui tutte le parti sono
riconducibili distinto dagli elementi che fungono da materiali o strumenti il più possibile generale e migliore
in armonia con il contenuto funge da causa finale cui ogni sezione e aspetto del testo mira e da cui tare
significato come ogni cosa trae valore dall’essere e dall’uno singolarmente e in quanto parte di una totalità.
Alcuni casi si esegesi su cui soffermarsi sono l’esegesi del Sofista e del Politico dove mette in luce l’impronta
teologica dei brani identifica il sofista come l’artefice del mondo sublunare mentre l’associazione con il
Politico dipende dal rilievo che assume il mito del regno di Crono e Zeus inteso come il passaggio da un
ordine immanente all’altro Giamblico fissa anche il carattere fisico e teologico del Parmenide e del Timeo la
visione di quest’ultimo come sintesi della filosofia naturale prevale sull’esegesi etica di Porfirio sia su quella
matematica di stampo neopitagorico a Giamblico risale anche la convinzione che il Parmenide riguardi tutti
gli esseri in quanto derivati dall’uno come ci informa Proclo sebbene per costui diventi fondamentale
un’altra tappa la spiegazione delle ipotesi data da siriano.

La scuola di Atene in un progetto di scienza teologica

Le novità di Giamblico influenzarono pesantemente il fenomeno filosofico dominante del V secolo d.C. la
scuola neoplatonica di Atene dove la tradizione platonica rinasce rinvigorita dalla pratica dell’esegesi
attualizzata per costruire una scienza teologica che avrebbe dovuto contrapporsi a cristianesimo che
andava conquistando la compagine religiosa e sociale fino ai vertici dell'’impero fino al punto che
Giustiniano nel 529 precluse ai pagani a facoltà di insegnare pubblicamente. Nell’evoluzione della scuola si
evince un’unità di metodi, convinzioni, intenti (come quello di assicurare la sopravvivenza del platonismo)
ma ciò non preclude il delinearsi delle varie personalità singole con proprie attitudini e interessi. Cosi per
Plutarco prevale l’indagine sull’anima attraverso il confronto diretto con la psicologia Aristotelica e la sua
rilettura alessandrinista per mostrarne l’accordo con quella platonica ma la scuola di Atene deve
soprattutto a Siriano i propri orientamenti interpretativi e teorico-dottrinali quale sviluppo di direttive
giamblichee oltre a discutere dell’oscurità de dettaglio aristotelico e del disaccordo rispetto alle tesi
platoniche l’autore introduce alcune novità ad esempio la derivazione del molteplice dall’uno tramite limite
e illimitato, l’applicazione del principio del tutto è in tutto ma in ciascuna cosa al modo proprio fino ad
ammettere l’esistenza delle idee in ogni livello ontologico. Epocale fu giudicato il contributo di Proclo su un
problema centrale del neoplatonismo tardo l’esegesi dell’ipotesi del Parmenide nella quale si concentra
l’unica e perfetta teoria di Platone in particolare la storia di errori e correzioni succedutesi
nell’interpretazione della seconda ipotesi mostra le tappe di avvicinamento al vero significato. Plutarco
introduce articolazione scientifica, inclusione di tutti i principi supremi, comprensione globale, confronto
con gli altri dialoghi platonici per lui le ipotesi trattano dei tre principi trascendenti l’uno al di fuori
dell’essere, intelletto, anima indagando l’uno in rapporto a se agli altri da se poi quelli immanenti e
concause forma nella materia e materia indagando i molti in rapporto con l’uno e tra loro ma il passo
decisivo è stato compiuto da siriano accentuando il carattere teologico e il legame tra le prime due ipotesi
gli attributi affermati nella seconda corrispondono a quelli negati all’uno nella prima perciò questa esprime
l’assoluta trascendenza dell’uno l’altra la processione di tutta la gerarchia delle classi divine tale soluzione si
pone alle base del progetto culturale più importante della scuola la costruzione di una teologia in forma
scientifica che raccolga tutti i livelli metafisici e ontologici in una gerarchia strutturata secondo nessi causale
dove trovino posto tutte le divinità e gli attributi filosofici sparsi nel corpus platonico. Nella scienza
teologica alla dialettica si sovrappone la sillogistica aristotelica così il ragionamento non si limita ad esporre
con ordine la processione dei gradi ontologici ma mette in atto gli stessi nessi causali e la dottrina della
causalità con il processo triadico di permanenza processione ritorno e le diverse modalità del rapporto fra
causa ed effetto (il causato è precompreso nella causa sussiste in se per essenza ha in se la causa per
partecipazione)rappresenta il nucleo del pensiero procliano. Il programma scolastico prevedeva letture
aristoteliche preliminari la selezione dei dialoghi platonici definita da Giamblico testi orifici o Oracoli
caldaici. Dopo Proclo la scuola vive un periodo di decadenza da cui si risolleva grazie a Damascio che
introdusse il nuovo spirito teoretico: il ragionamento per aporie e in uno stile chiaro svelando le debolezze
dei recenti commentatori per lui il principio non è più l’uno ma un Ineffabile avvolto nell’assoluto silenzio
della parola e del pensiero in una suprema ignoranza paradossalmente superiore alla più elevata
conoscenza ciò segna il ritorno a una tesi di Giamblico modificata in base al pensiero procliano. Ancora la
totale indistinzione che contraddistingue il livello dell’uno induce a negare l’antitesi primordiale di limite e
illimitato mentre all’estremo opposto dell’Ineffabile la materia ultima si colloca ora al di sotto di qualsiasi
forma di unità l’altra novità riguarda l’anima che pur senza perdere l’identità individuale per effetto delle
cose esterne subisce alterazioni quando la sua essenza partecipa di una diversa forma sostanziale contro
una tradizione che sosteneva la sua impassibilità. Nella scuola di Atene il contrasto con il cristianesimo
sembra insuperabile a tal punto che Proclo oltre che per convogliare le nozioni platoniche sul divino in un
quadro unitario intensifica con l’opera di sistematizzazione sincretistica il progetto di mostrare l’unita delle
tradizioni teologiche ellenistiche e l’importanza degli oracoli caldaici come testo rivelato atto a fungere da
bibbia pagana.

La scuola di Alessandria predilezione aristotelica e confronto con il cristianesimo

Ad Alessandria si respira un clima di tolleranza anche perché non poteva permettersi di perdere i
finanziamenti istituzionali ma ciò non preclude i dibattiti in effetti il progetto concordista di Siriano non
trova seguito. Da Olimpiodoro dipendono i Prolegomeni alla filosofia di Platone che sanciscono la
superiorità di Platone su tutte le correnti filosofiche precedenti e successive richiamandosi a un’analoga
introduzione procliana. Sebbene la scuola nel complesso si occupi con il metodo di spiegazione frase per
frase soprattutto degli scritti aristotelici e non manifesti ambizioni di originalità ciascun membro mostra una
personalità peculiare cosi Ammonio fu fondatore della tradizione dei commentari alessandrini ad Aristotele
fautore dell’accordo con Platone ( ad esempio sulla presenza delle idee nell’anima o sulla compatibilità fra il
demiurgo del Timeo e il motore immobile ma poiché gli appunti delle sue lezioni hanno subito la revisione
di chi li ha pubblicati è impossibile valutare a pieno il suo pensiero. Filopono abbracciando la dottrina
cristiana dopo aver aderito alle posizioni di Ammonio sulla rilettura platonica di Aristotele entrò in
contrasto con il maestro sul tema più dibattuto dell’epoca l’eternità o la creazione del mondo nei suoi scritti
vi sono delle incongruenze per esempio egli attacca l’idea dell’eternità de mondo ma ammette l’eternità del
suo moto oppure dall’interpretazione allegorica della cosmologia del Timeo volta a renderla compatibile
con la visione aristotelica passa a un’interpretazione letterale per schierare Platone a fianco del
cristianesimo creazionista contro Aristotele e i neoplatonici

Platonismo e aristotelismo

Plotino e la critica interna ad Aristotele

Uno degli aspetti più innovativi dell’opera plotiniana rispetto a quella dei platonici più antichi consiste nella
dettagliata conoscenza di Aristotele e dei suoi commentatori Porfirio afferma che negli scritti plotiniani
sono presenti delle dottrine stoiche ma rimangono implicite dato che molte di esse erano state incorporate
nel platonismo ed erano difese non come specificatamente stoiche ma come parte di una comune eredità.
Plotino poteva insieme essere influenzato dallo stoicismo come nel caso della sua dottrina del logos e
prendere una posizione ostile nei loro confronti identificando come stoici solo quegli elementi non
identificabili con il suo pensiero come il loro corporalismo a queste dottrine si affiancano quelle
peripatetiche e la Metafisica di Aristotele quest’ultimo è un importante elemento di novità la Metafisica
non era sconosciuta ai neoplatonici prima di Plotino. Egli non si limita a integrare passi isolati e dottrine
estrapolate dal contesto Aristotele ha un’importanza e un’estensione nei suoi testi mai vista prima egli è
stato il primo platonico a studiarlo con la stessa precisione con cui si studiava Platone. La sua dottrina dei
principi e della causalità è fortemente debitrice alla teoria aristotelica della potenza e dell’atto, la teoria
dell’intelletto vede la Metafisica e il Dell’anima come fonte di ispirazione ma comunque il suo
atteggiamento rimane critico nei suoi confronti. Nel trattato Sui generi dell’essere si può valutare la
relazione tra Aristotele e Plotino egli indirizza contro la dottrina aristotelica un primo argomento la
divisione delle categorie aristoteliche non tiene conto dell’eterogeneità che divide la realtà sensibile e
quella intellegibile ciò è dimostrato nel caso della sostanza la quale al contrario di ciò che pensa Plotino non
viene considerata come un genere unico altri filosofi avevano già formulato obbiezioni generali tuttavia
Plotino innesta su questa base tradizionale una discussione dell’ontologia di Aristotele che non ha
precedenti per ampiezza e profondità filosofica egli non si serve solo delle categorie ma anche della
metafisica e della fisica insieme alle opere dei commentari per criticare dall’interno le concezioni
peripatetiche in generale Plotino contesta ad Aristotele di aver introdotto nella sua filosofia delle distinzioni
ad esempio quelle tra la sostanza sensibile e ciò che ne dipende oppure tra l’attività e il movimento che non
possono essere giustificate se non oltrepassando il quadro dottrinale aristotelico e aderendo a quello
platonico. La forma immanente teorizzata da Aristotele non è altro che un aggregato di qualità privo di
sostanzialità è quindi destinato a fallire il tentativo aristotelico di abbandonare le essenze trascendenti
platoniche stabilendo insieme le proprietà della sostanza dentro il mondo fisico. Inoltre Plotino allarga la
sua indagine critica agli oggetti della fisica aristotelica il movimento il tempo egli infatti non si limita a
sostenere contro Aristotele la necessità di postulare l’uno come primo principio anteriore all’essere e al
pensiero piuttosto egli obietta ad Aristotele di aver insieme postulato un principio primo e di averlo
concepito in modo tale da comprometterne la sua priorità poiché ogni pensiero implica una pluralità
interna compatibile con lo statuto di ciò che è primo è ragionevole suppore che sia stata l’opera di
Alessandro di Afrodisia a rendere possibile l’appropriazione di Aristotele da parte di Plotino attraverso la
sua esegesi garantendo gli strumenti per accedere direttamente ai trattati di Aristotele incorporandone non
solo le tesi ma i concetti e il modo di argomentare.

Porfirio il primo commentatore platonico di Aristotele

Porfirio è stato il primo platonico a commentare Aristotele. Sono attestati due titoli di opere porfiriane
entrambe perdute nelle quali erano paragonate le filosofie di Platone e Aristotele un’opera sulla loro unità
e l’altra sulla loro differenza. Porfirio non si limita a riprendere un dibattito più antico il suo intento era di
dimostrare contro i cristiani che vi fosse una fondamentale unità nella filosofia greca inserendo a sua volta
questa concezione unitaria in un esteso progetto di difesa della cultura pagana contro la nuova religione in
questo contesto era importante dimostrare come Platone e Aristotele non fossero in opposizione reciproca
ma che anzi si potessero integrare in una concezione unitaria della realtà. Uno dei punti nei quali il
contrasto tra i due capiscuola è più evidente riguarda l’esistenza delle idee ammessa da Platone respinta da
Aristotele a favore delle forme immanenti ai particolari sensibili Porfirio invece di opporre le due dottrine le
considerava come due aspetti complementari di una medesima concezione per egli Aristotele ha teorizzato
solo la forma nella materia mentre Platone aveva anche aggiunto il principio paradigmatico cioè aveva
considerato anche la forma separata e trascendente che fa da modello rispetto a quella immanente. Come
abbiamo detto sopra Porfirio fu il primo trai platonici a intraprendere uno studio dettagliato dei trattati di
Aristotele e a commentarli di particolare rilievo è la sua breve introduzione allo studio della logica l’Isagoge
in cui sono discussi i concetti di genere specie differenza proprio e accidente. Porfirio viene considerato un
aristotelico nella logica e un platonico nella metafisica concependo questi due ambiti indipendenti l’uno
dall’altro ma la ricezione di Aristotele si allarga anche alla Fisica il passo del commento alla fisica mostra
come egli incorporasse nel platonismo la dottrina della forma essenziale immanente alla materia e
sicuramente la teologia di Metafisica XII. L’integrazione porfiriana di platonismo e aristotelismo si configura
dunque cosi: le opere logiche trattano di espressioni linguistiche provvisorie di significato e la discussione di
esse non appartiene in primo luogo all’ontologia tuttavia essa è introdotta mediatamente perché le
espressioni linguistiche sono classificate in base alle differenze reali delle cose significate queste ultime
sono in primo luogo le realtà sensibili più familiari rispetto a noi in rapporto alle quali Porfirio diversamente
da Plotino fa proprio l’ilemorfismo di Aristotele e dei suoi commentatori infine l’ontologia peripatetica del
mondo fisico deve essere integrata con la metafisica platonica delle sostanze incorporee separate intese
come paradigmi intellegibili dopo Porfirio l’armonia tra Platone e Aristotele fu difesa da tutti i neoplatonici
pur con accenti diversi da caso a caso.

Intorno a Giamblico

Giamblico introduce nel neoplatonismo dei temi assenti in Plotino e Porfirio come il ruolo delle pratiche
Teurgiche per garantire l’accesso dell’anima al divino o l’idea che Pitagora sia la figura più importante nella
tradizione greca dalla quale Platone e Aristotele avrebbero tratto le loro dottrine è dunque significativo che
Giamblico abbia estesamente commentato i tratti di Aristotele nessuno dei suoi scritti aristotelici è
conservato ma sono attestati commenti alle categorie, al dell’interpretazione agli analitici primi al del cielo
al dell’anima e alla metafisica quella su qui siamo informati è la prima dove secondo Simplicio esso si sia
basato su Porfirio Giamblico applico ovunque all’esegesi delle categorie la noera theoria e fece ricorso al
trattato del pitagorico di Archita sul tutto di cui ne forni la spiegazione e ne dimostrò l’accordo di Aristotele
con essi egli implicava una netta pitagorizzazione di Aristotele ottenuta riconducendo ad Archita la dottrina
delle categorie a questo intento si associa l’introduzione della noera theoria. Si deve a Giamblico anche la
sistematizzazione del curriculum di studi platonico con la sezione di un canone di dialoghi la cui lettura
ordinata garantiva la formazione filosofica e spirituale dell’allievo. In Giamblico la platonizzazione nelle
categorie è molto pronunciata tanto che nessun platonico lo segui. Temisto compone un numero cospicuo
di opere esegetiche su alcuni dei tratti più tecnici di Aristotele il genere scelto da egli è la parafrasi nelle
categorie interpreta la distinzione fra i due tipi di intelletto quello attivo e quello potenziale l’intelletto
umano contiene una componente incorruttibile che si identifica con la nostra vera identità il soggetto della
conoscenza. In una simile posizione si può constatare una lettura platonizzante di Aristotele che accoglie gli
argomenti platonici sull’immortalità dell’anima limitandoli alla parte razionale ossia l’intelletto egliinfatti
riconosce che l’intelletto divino pensa tutte le cose che esistono e spiega che questo pensiero differisce dal
modo in cui il pensiero umano pensa oggetti molteplici Temisto va annoverato tra i commentatori platonici
di Aristotele.

Siriano e la scuola di Atene

Il commento della metafisica di Siriano rappresenta il primo documento conservato e in assoluto uno dei
più importanti sulla ricezione di Aristotele nell’ultimo neoplatonismo nella sua generale concezione della
filosofia egli si basa su Giamblico la cui versione pitagorizzante del platonismo è presupposta da tutto
l’ultimo platonismo ateniese ma nell’esegesi di Aristotele sembrano esserci alcune differenze egli sottolinea
in modo chiaro e polemico i punti nei quali Aristotele si allontanato dalla filosofia dei pitagorici criticando
aspramente per non aver aderito alla loro dottrina dei primi principi la differenza tra Aristotele e i pitagorici
è espressa da Siriano come una distinzione tra natura divina dei primi e quella soltanto demonica di
Aristotele ma siriano riconosce a quest’ultimo dei meriti: i suoi tratti logici morali e naturali, le dottrine
esposte nella metafisica sulle forme immanenti alla materia e l’insegnamento sulle cause divine immobili e
trascendenti e il fatto che Aristotele sia un benefattore dell’umanità in quanto guida di questo tipo di
ricerca ossia della scienza dell’essere e dei suoi principi. Secondo Siriano Aristotele si è preclusa la
comprensione della dottrina pitagorica dei principi fraintendendo il modo in cui vi sono intesi l’uno la diade
e il numero la ragione di questo errore è dovuta al fatto che Aristotele si sia attenuto al punto di vista
ordinario degli uomini senza sapersi elevare a un’autentica comprensione della metafisica. Egli accetta la
dottrina dei principi fisici aristotelica anche se li ritiene insufficienti poiché vanno integrati con le vere cause
trascendenti platoniche-pitagoriche anche la teoria ilemorfica va integrata con una considerazione delle
cause trascendenti paradigmatiche in generale l’interesse della scuola di Atene sembra essersi rivolto
all’esegesi teologica di Platone che all’interpretazione di Aristotele. Tra gli ultimi ateniesi troviamo Simplicio
uno dei maggiori commentatori di Aristotele ma egli non fornisce degli elementi filosofici di grande novità
rispetto a quelli più antichi ma tuttavia sono fondamentali i suoi commenti in quanto forniscano una
quantità ingente di informazioni sulla tradizione più antica dei presocratici al neoplatonismo.

La scuola di Alessandria

La netta separazione tra la scuola di Atene e quella di Alessandria propria della ricostruzione di Praechter è
stata molto discussa e criticata negli ultimi anni anche la sua tesi secondo cui i platonici di Alessandria
diversamente da quelli di Atene avrebbero risentito dell’influsso dei cristiani conferendo al loro
insegnamento filosofico una forma semplificata e adattata ai presupposti del monoteismo fu oggetto di
discussione. Per quanto riguarda la ricezione di Aristotele, a dividere le due scuole è la stessa forma
letteraria dei loro commenti i commenti platonici degli alessandrini sono in larga parte emanazione diretta
del loro insegnamento infatti abbiamo solo un commento redatto da Ammonio sul dell’interpretazione di
Aristotele gli altri sono appunti degli allievi di Ammonio. Ammonio in una sua opera dimostra come il dio
aristotelico è causa non solo finale ma anche efficiente del mondo i suoi commenti però sono meno
influenzati dalla teologia platonica a differenza di simplicio e siriano un’altra differenza con siriano è che
ammonio non si oppone alla critica delle idee mossa da Aristotele ma sostiene che questa critica è diretta
contro un’interpretazione sbagliata della dottrina platonica fornita da quegli esegeti che hanno concepito le
idee come ipostatiozzazioni delle specie naturali tuttavia secondo lui Aristotele non polemizza contro la
corretta interpretazione delle idee quali ragioni demiurgiche che esistono nella mente del dio artefice.
Ammonio concepisce le idee come interne al demiurgo ciò presuppone una dottrina metafisica più
schematica e semplificata rispetto a quella dei platonici ateniesi. Diversa da Proclo è la sua dottrina
semantica secondo la quale il linguaggio si riferisce primariamente agli oggetti sensibili. Egl insieme a
Filopono espongono una concezione del sistema della logica che coincide con l’ordinamento degli scritti
nell’Organon e comporta un passaggio dal semplice al complesso dai concetti semplici trattati nel
dell’interpretazione fino ad arrivare ai sillogismi trattati negli Analitici la divisione della logica in dottrina del
concetto dottrina del giudizio e dottrina del ragionamento si ritrova fino all’epoca moderna. Filopono fu
autore di commenti ad Aristotele di trattati scientifici, filosofici e teologici ma dopo la chiusura della scuola
nel 529 abbraccio il cristianesimo egli dimostra come la filosofia greca abbia cambiato carattere e fosse
entrata nel monoteismo cristiano.

PLATONISMO E PITAGORISMO

Plotino

Si pensa che Plotino nella sua rilettura del Parmenide sulla quale egli giustificò la sua concezione gerarchica
dell’universo trova un antecedente significativo in Moderato di Gades e nella problematica fondamentale
della sua filosofia ciò la relazione tra intelletto e intellegibili risalirebbe a Numenio. Plotino nomina Pitagora
solo nei trattati del primo periodo cioè quelli precedenti all’arrivo di Porfirio a Roma ricorda che essi
dicevano i numeri per analogia denominando ad esempio giustizia la tetrade e appoggia il significato si uno
come negazione dei molti richiamando ancora i pitagorici i quali denominavano simbolicamente l’uno
Apollo volendo indicare appunto che esso non è molti egli si limita a riferire che i discepoli di Pitagora
hanno definito l’anima come armonia ma pur insistendo sul fatto che a ragione essi non intendevano
l’armonia che si produce negli strumenti a corda non chiarisce quale significato dessero al termine un
ultimo riferimento specifico a Pitagora si registra a conclusione di un passo dossografico volto a confermare
la dottrina delle tre nature uno, intelletto e anima. Le concezioni a cui Plotino allude fanno parte si un
sapere scolastico diffuso ad esempio il concetto che il simile si conosce con il simile oppure che non ci sia
nulla di esterno che possa corrompere il mondo nel tessuto plotiniano tali allusioni sono usate per lo più
nell’impostazione della ricerca dove si afferma che nelle realtà sensibili è necessario ricercare cosa c’è di
comune alla materia, alla forma e al composto o nella presentazione di una difficoltà risolta poi comunque
con il sussidio di riferimenti ad altri autori e in primo luogo a Platone sul principio del movimento in ciò che
compie e in ciò che subisce un’azione. Come abbiamo sopraelencato nella metafora dell’intelletto come
legislatore vi è un’allusione a Numenio. Appoggiandosi sul Timeo anche Numenio aveva usato il termine
legislatore per definire l’intelletto demiurgo ma tuttavia vi è una sostanziale differenza fra i due per
Numenio le forme sono al di sopra del legislatore mentre per Plotino esse non lo sono in quanto l’intelletto
è le forme dell’intellegibile e quest’ultime non sono ne prima ne dopo di lui. Nnel contesto
dell’interpretazione del Timeo Plotino propone di parlare fittiziamente di quella che è un’unica realtà come
due intelletti un intelletto in quiete in unità e riposo che sarebbe l’intellegibile e corrisponderebbe al
vivente in se e un intelletto che guarda l’intelletto che permane in se stesso quest’articolazione porta il
marchio di Numenio il quale interpretando lo stesso passo aveva parlato di un primo dio il vivente in se di
un intelletto che crea e di un intelletto che usa l’intelligenza discorsiva anche la concezione per la quale
l’intelletto è vita prima trova un antecedente in Numenio a questi riferimenti si aggiunge anche la
questione se il mondo sia demoniaco o divino dove Plotino si limita a riferire la formula secondo cui il
mondo è il terzo dio che Proclo attribuisce a Numenio. Questo materiale dimostra che esistono
indubbiamente punti di contatto tra Plotino Pitagora e i pitagorici ma non consentono di attribuire a essi un
ruolo fondamentale nell’elaborazione della filosofia plotiniana.

Porfirio

È con Porfirio che il pitagorismo acquista un ruolo attivo tra i platonici egli presenta Pitagora come un punto
di contatto tra sapienza greca e non greca gli attribuisce doti soprannaturali quali lenire con ritmi e armonie
le sofferenze dell’anima e del corpo e l’aver introdotto in Grecia nuove concezioni come l’immortalità e la
trasmigrazione dell’anima, la dottrina dei numeri secondo la quale l’uno è principio dell’unità dell’identità e
dell’uguaglianza e il duo o meglio la diade è principio dell’alterità e della disuguaglianza queste dottrine si
traducono in una pratica filosofica volta a liberare l’anima dai legami corporei e a condurla alla
contemplazione degli incorporei eterni. Di matrice pitagorica sembrerebbe poi anche l’aritmologia sulla cui
base Porfirio cura dolo la morte del maestro le Enneadi i 54 trattati plotiniani confezionati in sei gruppi di
nove rispondono infatti alla logica aritmetica di 6x9=54 e alla medesima logica rinvia la divisione in tre tomi
il primo costituito da 3 enneadi dunque 27 trattati il secondo da due e dunque 18 trattati e il secondo da
una quindi 9 trattati. Ai pitagorici dunque Porfirio attinge in vari ambiti disciplinari ma principalmente nella
sfera della dottrina dell’anima assumono rilevanza egli attribuisce a Pitagora la concezione della
permanenza e dell’eternità dell’anima dalla quale fa derivare la nozione di migrazione quella dell’anima
verso il corpo chiamata nascita/genesis e quella a partire dal corpo chiamata morte a partire da questo
Porfirio sostiene l’accordo tra Platone e Pitagora sulla natura dell’anima per costoro l’anima è per natura
incorruttibile ed eterna ma non del tutto impassibile e immutabile attraverso le corruzioni e le morti
trasmigra verso altre forme di corpi questa trasformazione è stata messa in scena nell’Odissea quando i
compagni di Ulisse furono trasformati da Circe in maiali questo episodio è posto in parallelo con la
tripartizione dell’anima nella Repubblica e al mito escatologico del Fedone conduce a individuare tre
tipologie di trasformazioni a)per coloro i quali al momento della migrazione e della nuova nascita sono
dominati dall’amore del piacere e della ghiottoneria la navigazione avviene in corpi ebeti e in vite impure b)
l’anima di coloro che pervengono alla nuova generazione dominati dalla parte irascibile si getta nella natura
di un lupo o di un leone c) coloro che si attengono alla razionalità conservano la vita e il carattere di un
uomo l’immortalità dell’anima e la conseguente teoria della sua migrazione in nature legate al carattere
che hanno distinto la vita precedente costituiscono la base teorica di una pratica quotidiana di purificazioni
dalle passioni che fatta di regole comportamentali da seguire in ogni settore della vita trova espressione
nella nota Epistola a Marcella che testimonia certamente di un interesse verso il pitagorismo. La ripresa di
materiale sentenziosi pitagorici è stata ricondotta a un disegno più generale secondo il quale Porfirio
proseguirebbe nell’epistola il progetto del Contro i cristiani e userebbe tali materiali in contrapposizione
implicita agli scritti canonici del cristianesimo in una difesa di Pitagora e dei valori classici che egli
impersona Pitagora alternativa di Cristo.

Giamblico la pitagorizzazione del sapere filosofico


Giamblico concepisce un progetto filosofico fondato sull’insegnamento pitagorico esposto in un’opera
chiamata Sulla scuola pitagorica composto da 9 libri dove emerge con chiarezza che le discipline del
quadrivio aritmetica geometria musica e astronomia sono impostate in una prospettiva pitagorica e
attingono materiali da questa tradizione. La finalità di Giamblico sta nel mostrare che Pitagora e Platone
costituiscono il punto di contatto tra la filosofia greca e la più antica sapienza di Egizi Assiri e gettano un
ponte tra l’uno e l’altra in questo esplicito progetto di ritorno alle origini basato su un modello regressivo
della storia Giamblico espone il suo metodo di lavoro 1 conferisce una subordinazione della filosofia alla
teologia e autorizza quest’ultima a colmare gli spazi vuoti lasciati dalla filosofia 2 pone le basi per costruire
l’accordo tra la tradizione teologica (Ermete) e la tradizione filosofica che a quella attinge (Platone,
Pitagora) 3 equipara la costruzione del sapere filosofico di Platone e di Pitagora la cui sapienza egizia è
fonte di entrambi in questa complessa operazione il ruolo assegnato al pitagorismo è centrale Pitagora
infatti è considerato archegeta e padre della divina filosofia. L’approccio generale di Giamblico alle
questioni filosofiche non lasciano emergere una subordinazione della dottrina pitagorica a quella platonica
un esame più approfondito di alcune concezioni relative all’intellegibile lo dimostra: Giamblico innova
profondamente lo schema della processione dall’uno ai molti elaborato da Plotino e Porfirio a differenza di
questi egli costruisce una complessa struttura di mediazione tra l’uno e la molteplicità e determina nel
limitante e nell’illimitato i principi di tale mediazione in Giamblico l’uno assoluto, posteriore all’uno
indicibile mentre la diade predistinta dei principi e i due principi corrispondono all’illimitato e al limitante e
l’uno essere indica il vertice del livello intellegibile ne deriva che limitante e illimitato hanno uno statuto i
autonomo in quanto distinti dall’uno e dall’uno essere sono dei principi nel senso forte del termine in
quanto intermediari tra i due sono responsabili della produzione della molteplicità. Giamblico attribuisce
esplicitamente ai pitagorici l’aver individuato nel limite e nell’illimitato i principi di tutte le matematiche e
aggiunge che tali principi hanno caratteristiche proprie che li distinguono dal limitante e dall’illimitato in
quanto principi della realtà intellegibile e sensibile egli si pone ancora nella prospettiva pitagorica per
spiegare l’organizzazione e la natura del mondo intellegibile leggendo un passo aristotelico in chiave
pitagorica egli desume dalle categorie la concezione secondo la quale la sostanza rimanendo identica e
numericamente una è capace di accogliere i contrari dunque introduce una differenza tra sensibile e
intellegibile. Ala pitagorizzazione di Platone per quanto riguarda la dialettica corrisponde una lettura di
Aristotele in chiave pitagorica che sfocia nella deformazione e nel disgregamento del programma
aristotelico. Giamblico adotta una metodologia generale analoga a quella con la quale ha condotto la sua
trattazione dialettica ma mentre egli in quel caso attribuiva ad Archita quelli che in realtà sono
rimaneggiamenti di testi o concezioni platonici senza esplicitare una dipendenza di Platone da essi adesso
considera Aristotele come interprete di Archita nell’analisi delle singole categorie egli spiega in rapporto tra
soggetto e predicato in termini di partecipazione nella proposizione Socrate è uomo Socrate è subordinato
a uomo in quanto partecipa a ciò che è essere uomo egli sottolinea egualmente che le categorie sono 10 di
numero come 10 è secondo lo pseudo Archita il numero sul quale si basa la struttura dell’universo.
Nell’esame delle singole categorie questa ontologizzazione estensiva ha conseguenze importanti conduce a
non limitare l’oggetto delle categorie solamente a questioni logiche ma a estenderlo principalmente a
tematiche metafisiche quali i generi superiori e i principi fondamentali porta ad armonizzare Aristotele e la
sua presunta fonte al contempo a ridurre le distanze tra Platone e Aristotele considerati entrambi come
dipendenti dai pitagorici per comprendere come Giamblico abbia concretamente raggiunto questi risultati
possono essere considerati alcuni esempi colloca la pesantezza e la leggerezza seguendo Archita sotto la
categoria del quando attraverso questo passo può unificare sotto la stessa categoria realtà corporee e
incorporee e mostrare i tratti specifiche di quest’ultime l’anima considerata come una quantità in se ha una
doppia pesantezza una verso il basso dato che inclina verso il corpo verso l’alto quando inclina verso
l’intellegibile mentre l’intelletto è una quantità senza pesantezza a proposito della categoria del dove
attingendo ad Archita egli sottolinea che le nature incorporee come lo spazio precedono sempre quelle
corporee Giamblico analizza la categoria del quando attingendo sempre ad Archita e inserisce in tale
contesto la sua teoria del tempo e dell’eternità egli supera il piano fisico della trattazione aristotelica e
riformula la questione in termini ontologici il tempo è numero del movimento principale, uno, causa
dell’essere degli altri movimenti egli può definire la natura del tempo in rapporto all’ordine ontologico della
sostanza e istituire una corrispondenza tra i quattro principali livelli ontologici e le dimensioni temporali
all’uno e agli intellegibili collega l’eternità agli intellettivi un tempo principale all’anima un tempo psichico al
mondo sensibile un tempo fisico. Il ricorso di Giamblico a Pitagora è estensivo l’insegnamento pitagorico
non è considerato valido solo per la formazione di base ma costituisce una guida anche per l’insegnamento
superiore e in molti casi permette di superare la dimensione fisica dei problemi e di risalire ai livelli più alti
del reale.

La scuola di Atene

I filosofi della scuola di Atene proseguono allargano e sistematizzano il metodo di Giamblico nel commento
alla metafisica di Aristotele Siriano annovera i pitagorici tra gli uomini divini qualifica Platone come il
migliore dei pitagorici e presenta se stesso come un filosofo pitagorico-platonico anche Proclo suo
successore individue in Pitagora e Platone i personaggi che assicurano la trasmissione continua della
teologia greca. A questa tradizione teologica la figura di Aristotele è chiaramente subordinata rispetto a
quella di Platone siriano vede l’accordo promulgato da Giamblico tra essi solo in alcuni settori delle scienze
egli ammira esplicitamente il metodo logico nonché le concezione etiche e fisiche di Aristotele ed enfatizza
un accordo esplicito di questi con Platone tuttavia l’ammirazione si trasforma in confutazione e in un difesa
della tradizione pitagorica platonica rispetto alle critiche formulate d Aristotele Siriano dunque difende la
dottrina pitagorica-platonica dei principi. In consonanza con questo programma di lavoro Siriano confuta la
dottrina dei principi di Aristotele opponendo ad essa quella comune a tutta la tradizione greca che vede una
corrispondenza tra illimitato e limitante di Platone e Filolao. Sull’aporia solleva da Aristotele sulla natura
dell’essere stabilita da pitagorici e platonici Siriano mostra la necessità di seguire le indicazioni dei pitagorici
cioè porre l’uno trascendente e l’essere primo definirlo come il primo misto ossia l’essere che non è altro
che essere attingendo a questa concezione anche Proclo afferma che il primo essere ‘essere più elevato che
non è altro che essere trae la sua esistenza da limitante e illimitato questi pochi esempi del ritorno al
pitagorismo nella scuola di Atene fanno parte di un ampio dossier di testi relativi ai capisaldi del sistema
metafisico del filosofi in questione che va dalla natura dell’uno allo statuto degli universali e degli oggetti
matematici essi sono tuttavia sufficienti per mostrare che pur in continuità con il progetto iniziale di
Giamblico gli ateniesi sviluppano un programma loro proprio la peculiarità di tale programma consiste
come si è detto nella ricerca di un accordo sistematico tra Orfeo Pitagora Platone e gli oracoli caldaici. Tra i
platonici di Atene Proclo costituisce il testimone privilegiato per la ricerca e l’uso del pitagorismo
nell’ambito della fisica questo processo consiste nell’allacciare la fisica ai superiori principi metafisici e trova
due presupposti uno storico-filosofico l’altro prettamente teorico che risiede nella gerarchia di fisica
matematica e metafisica e nella somiglianza dell’inferiore al superiore elementi che tra loro combinati
giustificano l’applicazione dell’indagine fisica di leggi e principi desunti dalla matematica a loro volta
subordinati a leggi e principi metafisici. Per Proclo infatti la trattazione fisica per eccellenza è quella del
Timeo. La dottrina delle cause e quella dei piani della realtà che guidano tutta l’indagine fisica dipendono da
questo accordo prestabilito tra Platone e il pitagorismo di conseguenza Proclo ritiene che Platone come
Timeo subordini le cause accessorie delle realtà fisiche il ricettacolo dell’universo e la forma dnella materia
alle cause propriamente dette ed esplori inoltre la causa efficiente formale e finale queste cause nei
pitagorici si manifestano nei numeri Proclo spiega pitagoricamente i caratteri degli oggetti sensibili il
legame che tiene insieme il corpo del mondo o l’interazione tra i corpi ossia ricorrendo al parallelismo tra
questi fenomeni e i loro corrispondenti sovrasensibili

Uno scorcio su Alessandria

Ierocle propone un programma di ricerca analogo a quello dei filosofi ateniesi questo programma coincide
con quello teorizzato e sviluppato da Siriano e da Proclo. Il commento ai versi d’oro di Pitagora di Ierocle
tratta di un’esortazione alla filosofia che egli imposta sulla base di una concordanza con i pitagorici e
Platone presentando i versi doro come precetti generali che regolano sia la vita pratica sia quella
contemplativa conducono all’acquisizione della verità e della virtù e all’assimilazione a dio secondo la
processione indicata da Timeo. Platonismo e pitagorismo costituiscono dunque ancora una tradizione
comune come nella prospettiva di ricerca ateniese i filosofi di Alessandria delle generazioni successive
introducono un cambiamento in prospettiva rispetto ai loro contemporanei di Atene si interessano e
sembrano privilegiare l’aspetto matematico che segna la continuità di Pitagora e Platone da qui nasce la
leggenda secondo la quale Platone avrebbe fatto incidere sulle porte dell’Accademia chi è ignorante di
Geometria non entri qui da questa formula venne usata da Olimpodoro Filopono per provare che Platone è
un pitagorico autentico questa osservazione serve a spiegare che l’insegnamento dei pitagorici come quello
platonico è di tipo enigmatico-simbolico e conduce in particolare a sottolineare l’importanza degli elementi
matematico-geometrici presenti nella psicogonia del Timeo è questo l’interesse di Filopono che guida
anche altre interpretazioni del testo platonico l’accordo fra le tradizioni teologiche fondamentale nel
programma ateniese e negli Alessandrini che come Ierocle che si erano formati ad Atene perde d’interesse
è la teoria matematica rintracciabile in Pitagora, pitagorici tra i quali è annoverato anche Platone ciò che
passa adesso in primo piano

PLATONISMO E CRISTIANESIMO

Ragioni e modi del confronto

I cristiani adottarono il linguaggio, le dottrine e i metodi del platonismo contemporaneo. Infatti quando a
partire dalla metà del II secolo i cristiani iniziarono il confronto esplicito con la cultura greco romana il
platonismo costituiva l’orizzonte teorico entro il quale si strutturava gran parte dell’attività filosofica
letteraria e scientifica degli intellettuali. Non si può che i platonici pagani siano preoccupati di contrastare le
dottrine dei cristiani con la stessa intensità e frequenza con le quali i teologi cristiani polemizzano contro le
dottrine platoniche e ne fecero insieme anche uso quindi ora mostreremo come la tradizione filosofica
platonica è stata accolta e discussa dalla teologia cristiana. Anche esigenze interne le chiese al dialogo con
le scuole di filosofia lo gnosticismo impose ai suoi oppositori di argomentare e difendere i punti minacciati
dalla tradizione di fede della cosiddetta Grande chiesa. Parallelamente alla polemica antignostica le chiese
definirono un corpus di scritture normative all’alba del III secolo i tratti fondamentali della futura bibbia
cristiana erano ormai stabiliti Il cristianesimo era un’impegnativa forma di vita, offriva la conoscenza di una
verità salvifica era organizzato in comunità che si riconoscevano in successione di maestri e si fondavano su
una tradizione dottrinale e un corpus di testi comuni perciò poteva essere percepito e presentarsi come
una scuola di filosofia due aspetti dell’insegnamenti cristiano sembravano metterlo in sintonia e in
concorrenza soprattutto con la tradizione di pensiero ispirata a Platone l’adozione di un rigoroso codice
etico nella convinzione che non si desse perfezionamento spirituale senza pratica della virtù e la dottrina
dell’unicità di un dio creatore un secolo e mezzo dopo Agostino dichiarava che i platonici potessero
cambiando poche parole e opinioni diventare cristiani il riconoscimento da lui tributato ai platonici arrivava
a considerarli gli unici interlocutori degni di un confronto serio in quanto veri amanti della sapienza e
conoscitori dell’unico dio trascendente e creatore ma comunque non mancarono critiche che
sottolineavano l’assoluta eterogeneità tra la vita e la dottrina dei cristiani e quella dei filosofi dal momento
che il platonismo fu una componente diffusa dalla cultura imperiale il confronto tra cristianesimo e
platonismo avvenne sia sul piano delle istituzioni socio-culturali sia su quello delle idee e a entrambi questi
livelli vi furono conflitti contaminazioni inclusioni entrambe le tradizioni si presentavano come portatrici di
una sapienza antichissima e universale. I platonici si sentivano custodi di una sapienza che aveva radici
antiche anche fuori dal suolo della Grecia rispetto alla quale il cristianesimo era superbia barbarica che
comprometteva l’assetto sociale istituzionale religioso dell’impero romano l’ambito nel quale la discussione
con il platonismo è stata determinante per la storia della teologia cristiana è quello delle idee più che di un
confronto tra cristianesimo e platonismo sarebbe opportuno parlare del confronto tra platonici e cristiani
che ha prodotto esiti diversi secondo i tempi i luoghi la formazione culturale e non si deve dimenticare che
mentre la difficile convivenza tra giudei pagani e cristiani coinvolgeva tuttala collettività nelle diverse aree
dell’impero il confronto sul piano dottrinale con la cultura platonica avvenne nel ristrettissimo giro delle
élites educate sia ai cristiani sia ai platonici appariva chiaro che vi erano delle convergenze tra la dottrina
degli uni e quella degli altri i cristiani le spiegarono ipotizzando la dipendenza di paltone da Mosè e
altrettanto fecero i platonici considerando Platone la fonte delle dottrine cristiane Agostino cita in una sua
lettere uno scritto di Ambrogio nel quale egli confutava alcune persone secondo le quali il cristo avrebbe
tratto i propri insegnamenti da Platone un’importante differenza tra platonismo e cristianesimo veniva
rimarcata con toni diversi su entrambi i fronti la dottrina platonica era accessibile a pochi privilegiati mentre
il cristianesimo si rivolgeva a uomini di ogni condizione. Il cristianesimo si poteva presentare come una
scuola dato che ne aveva le finalità insegnare una dottrina atta a condurre gli adepti al perfezionamento
spirituale, alcuni elementi istituzionali una fondatore una tradizione di riferimento una successione di
maestri un corpo di scritti autorevoli una procedura di ammissione e di formazione degli adepti molti testi
cristiani subiscono il fascino esercitato dalla cultura ellenica l’esegesi biblica era condotta in commenti
continui o raccolte di questioni dalla struttura analoga a quella dei commenti a Platone e ad Aristotele
prodotti dai filosofi pagani alcuni autori adottarono il dialogo platonico per esprimere contenuti cristiani
Metodio compose un Simposio che imita l’omonimo dialogo platonico sostituendo alla dottrina platonica
dell’eros una dottrina cristiana della verginità come mezzo per accedere alla conoscenza di Dio

Ellenizzazione del cristianesimo?

La conoscenza di formule e temi dottrinali platonici era diffusa la presenza negli scritti cristiani di riferimenti
a passi platonici è segno dell’appartenenza a un ambiente culturale condizionato dal platonismo ma non
basta da sola a testimoniare un confronto consapevole con Platone e con la tradizione Platonica per un
cristiano colto della seconda metà del IV secolo era spontaneo contaminare i testi della bibbia con
espressioni provenienti dal platonismo come per esempio l’interpretazione della Genesi allude a una
materia primordiale informe che richiama il Timeo questo modo di procedere era giustificato con la teoria
del furto: non i cristiani usavano la dottrina o le parole di Platone ma Platone e gli altri filosofi dipendevano
dalla sapienza mosaica il tema del furto aveva una funzione apologetica mostrava che gli elementi comuni
tra platonismo e cristianesimo l’unicità di dio la creazione la provvidenza l’immortalità dell’anima
dipendevano dalla rivelazione concessa a Mosè e non dall’uso della filosofia greca da parte degli Ebrei. Sia
l’idea che Platone avesse appreso da Mosè le proprie dottrine sia l’equiparazione della filosofia al bottino
sottratto agli Egiziani mostrano che gli scrittori cristiani affermarono il primato della rivelazione biblica e
della tradizione di fede rispetto alla conoscenza filosofica. Oltre al ricorso a termini o passi platonici nella
gran parte degli autori cristiani si osserva la pacifica accettazione di alcune dottrine platoniche come ad
esempio l’opposizione tra l’immutabilità del mondo intellegibile e il divenire che domina la sfera sensibile
formulata in Timeo è un’idea utilizzata dai padri in riferimento all’opposizione tra dio e il mondo creato
Sinesio e Boezio aderirono in modo esplicito e apparentemente senza riserve all’insegnamento di Platone
convinti che contrapporre la verità cristiana a quella insegnata dalla filosofia fosse un errore causato da una
comprensione ingenua della rivelazione in vescovo Sinesio riconosceva che la filosofia era in contrasto con
molte dottrine sostenute dai cristiani ma dichiarava che non si sarebbe mai potuto persuadere che l’anima
fosse generata dopo il corpo che il mondo fosse destinato a perire insieme alle sue parti o che l’opinione
del volgo sulla risurrezione fosse accettabile non meno convinta fu l’adesione di Boezio al platonismo essi
erano convinti di poter accedere tramite la dottrina platonica a una comprensione della verità religiosa più
alta di quella riservata alla folla degli ignoranti fossero pure dei vescovi

Personaggi e momenti

Fra il II e IV secolo Alessandria rimase un importante centro scientifico e filosofico e divenne punto
d’irradiazione di una feconda tradizione teologica cristiana Clemente è tra gli scrittori cristiani uno dei più
amichevoli nei confronti della filosofia cui riconosce un ruolo provvidenziale nella preparazione dello spirito
di Greci alla conoscenza del cero dio Platone e Pitagora furono i più prossimi a Mosè tra tutti i filosofi e
ricevettero da Dio una sorta di ispirazione cheli avvicina ai profeti Oriegene è il più eminente e discusso
teologo alessandrino egli ha accuratamente delimitato l’ambito di validità della filosofia come uno
strumento utile anche se pericoloso per chiarificare la verità rivelata egli dovette già invita difendersi
dall’accusa di essersi dedicato troppo alla scienza dei Greci e fu in seguito condannato per essersi lasciato
accecare dalla paideia greca. Secondo Evagrio attraverso l’esercizio ascetico mirante al controllo dei
pensieri e delle passioni il Monaco vero filosofo impara a ripristinare il controllo dell’intelletto sulla parte
irrazionale dell’anima e gli permette liberato da ogni immagine e pensiero discorsivo di accedere alla
contemplazione della luce di Dio della quale porta riflesso i suoi scritti ascetici rimasti in circolazione sotto il
nome di altri autori furono il vicolo attraverso il quale nella tradizione monastica e spirituale rimase viva
un’eredità significativa del platonismo. La vittoria definitiva della teologia nicena si dovette in modo
particolare all’impegno dei tre teologi noti come i padri cappadoci appartenenti a famiglie ricche
ricevettero un’educazione retorica e filosofica di prim’ordine tutti e tre coltivarono un profondo interesse
per l’opera di Origene ma ebbero anche familiarità con le opere di Filone di Alessandria Plotino Porfirio
caratteristica di tutti e tre è da una parte la familiarità con la tradizione platonica più recente dall’altra la
tendenza a privilegiare una versione del platonismo già acclimatata nella teologia giudaica e cristiana
almeno in parte la tendenza a privilegiare dottrine medioplatoniche può dipendere dal loro rifiuto della
versione del platonismo prodotta in anni più vicini da Giamblico e da Giuliano alla quale era legata la forte
ripresa della polemica pagana contro i cristiani. Una varietà di posizioni e di livelli di appropriazione del
patrimonio d’idee del platonismo di età imperiale si trova anche nel mondo latino tipica opera di scuola è il
commento al Timeo di Calcidio che contiene la traduzione latina del Timeo egli era certamente cristiano.
Egli non giustifica la scelta di commentare il Timeo ne si sforza di proporne una lettura esplicitamente
cristianizzata sembra convinto che la tradizione platonica possa integrarsi senza difficoltà nella cultura di un
cristiano alcune dottrine cosmologiche ch’egli mette come quella dell’origine non temporale del cosmo e
quella dell’animazione e razionalità dei corpi celesti mostrano con particolare evidenza la fisionomia
platonizzante del cristianesimo di questo autore tra i secolo IV e V tre autori legati tra loro mostrano
esemplarmente i diversi modi nei quali la tradizione platonica poteva essere integrata in una teologia
cristiana Vittorino Ambrogio e Agostino. Vittorino tradusse in latino opere di platonici l’Isagoge di Porfirio
altri trattati di Plotino la sua sintesi teologica utilizza soprattutto la dottrina dei principi di Porfirio ed è la più
complessa e sistematica nel mondo latino prima di Agostino accogliendo l’identificazione attribuibile a
Porfirio tra uno ed essere assoluto descriveva la trinità come movimento che procede dall’uno/essere in
riposo (padre) si determina come vita (figlio) per rientrare come pensiero (lo spirito) nel principio.
Ambrogio cita direttamente interi passi tratti dalle Enneadi plotiniane ma è probabile che molto materiale
platonico gli sia giunto altri autori è interessato alla bontà e origine divina dell’anima che contaminata
dall’ignoranza e dalla concupiscenza a contatto con la materia deve fuggire dal mondo sensibile per
giungere alla contemplazione del vero bene principio di vita e di conoscenza. Agostino è l’autore latino che
ha più profondamente sovvertito alla ricerca di una comprensione adeguata della rivelazione storica del dio
cristiano il suo contributo alla storia del ripensamento in chiave cristiana del platonismo è stato perciò il più
creativo e il più radicalmente critico nei confronti del progetto di una conoscenza filosofica di Dio grazie
alla dialettica il platonismo aveva permesso ad Agostino di riconoscere dio come uno essere e bene e di
comprendere il male come relativo e subordinato al bene l’accento della riflessione agostiniana si spostava
dalla rappresentazione di dio come verità che si rivela all’uomo e lo sollecita a un progresso libero in
sostanziale continuità con la tradizione platonica alla percezione che il destino dell’uomo dipende sola dalla
libertà di dio e che questa libertà è indisponibile alla volontà e alla conoscenza creaturali perciò fuori dalla
portata della filosofia. La teologia dello Pseudo-Dionigi ha carattere marcatamente sistematico e si fonda su
due principi che strutturano anche la filosofia di Proclo la realtà è governata da un movimento triadico di
manenza processione conversione inoltre è ordinata gerarchicamente cosi che a ogni livello si manifesti il
principio, dio, nel mondo appropriato a quel piano dell’essere e ogni realtà realizzi sé stessa volgendosi al
principio e unendosi a lui. Lo Pseudo-Dionigi elaborò uno schema metafisico che include in un unico
disegno la trinità le potenze intellegibili la realtà cosmica e quella storica rappresentata dalla vita liturgico-
sacramentale della chiesa principio assolutamente semplice di tutte le cose è dio uno e bene anteriore
all’essere che produce a partire da sé stesso tutte le creature e in esse si manifesta. Anche nell’alessandrino
Filopono si osserva la bipartizione tra scritti di natura strettamente filosofica e scritti di teologia cristiana.

Un platonismo cristiano?

Il platonismo no nera un insieme uniforme di dottrine che potesse essere avversato o incorporato in blocco
nel cristianesimo e di fronte alla varietà dei modi in cui gli scrittori cristiani entrarono in relazione con esso
non si può parlare in modo univoco di un platonismo cristiano si coglie un influsso dottrinale importante
proveniente dal platonismo che non consiste soltanto in prestiti di parole o concetti ma struttura il loro
modo di pensare e orienta la loro riflessione in vari casi si constatano negli scrittori cristiani una buona
conoscenza di Platone e dei platonici e un’adesione consapevole a quella filosofica vescovi e intellettuali
formati nelle scuole e alla cultura del loro ambiente di origine ricorrevano agli strumenti concettuali che
partecipavano più adatti a dar conto in termini riflessi della propria dottrina essi non intendevano
platonizzare i contenuti della fede cristiana ma non potevano esimersi dal pensare tali contenuti e i
problemi che ne nascevano per mezzo delle idee chela cultura circostante metteva a loro.

FILOSOFIA DELLA NATURA

Introduzione

Platone e Aristotele sono le massime autorità filosofiche del mondo tardo antico e lo studio delle loro
opere costituisce il punto di partenza per la riflessione filosofica. La filosofia della natura non fa eccezione
alla regola nel caso di Platone il testo di riferimento è il Timeo nel caso di Aristotele l’esegesi si concentra
invece sulle grandi opere fisiche: gli otto libri della Fisica i quattro del Del cielo e i due Della generazione e
della corruzione e i quattro Meteorologici. I filosofi della tarda antichità sono innanzi tutto dei filosofi
platonici la loro filosofia prende esplicitamente le mosse dai testi di Platone questa l’obiettivo ultimo della
maggior parte dei filosofi è quello di integrare alcuni aspetti della filosofia di Aristotele in un impianto
teorico di ispirazione platonica questo vale anche per la fisica di Aristotele le sue opere fisiche sono infatti
lette ed interpretate alla luce del Timeo

Stili di filosofia della natura

Anche se incompleto il commento al Timeo di Proclo è un documento straordinario consiste


nell’identificare l’oggetto dell’opera skopos. Nel caso del Timeo lo skopos è lo studio o meglio la
spiegazione della natura. Proclo divide lo studio della natura in tre parti una prima parte si occupa della
causa materiale, una seconda tratta non solo della causa materiale ma anche di quella formale, una terza
parte compie infine un doppio movimento: considera forma e materia concause e rivolge la propria
attenzione alle cause vere e proprie cioè la causa efficiente, paradigmatica e quella finale a questo punto
Proclo individua tre stili di filosofia della natura che corrispondono alle tre parti dello studio della natura
questi tre approcci condividono la medesima intuizione fondamentale: lo studio del mondo fisico consiste
nella ricerca delle cause dei fenomeni fisici. Il primo stile di filosofia consiste in uno studio della causa
materiale lo studio della natura è riconducibile a quello della materia per questa filosofia lo studio dei
fenomeni naturali è dunque lo studio non solo della causa materiale ma anche formale anche se la
descrizione è stata lasciata intenzionalmente vaga il riferimento è sicuramente ad Aristotele che è
l’esponente principale della filosofia della natura che sostituisce il materialismo dei presocratici con
l’ilemorfismo ( ente materiale costituito di forma e materia) il libro II della Fisica può essere considerato
come manifesto di questo stile di filosofia in questo libro Aristotele non si limita a raccomandare uno studio
integrato di forma e materia ma aggiunge che la materia deve essere studiata a partire dalla forma e non
viceversa lo studio integrato di forma e materia è un passo avanti rispetto alla fisica presocratica ma non è
sufficiente da solo a garantire un’adeguata spiegazione del mondo fisico manca secondo Proclo il
riconoscimento della terza parte della filosofia della natura che rivolge la propria attenzione alle vere cause
del mondo fisico la causa e per Proclo occorre dunque ritornare a Platone e più precisamente al Timeo è
solo in questo testo che troviamo il trattamento completo delle cause del mondo fisico si noti che le cause
efficienti paradigmatiche e finale non sono poste da Proclo sullo stesso piano delle cause materiale e
formale esse svolgono un ruolo ausiliario nella spiegazione del mondo fisico esse sono letteralmente al
servizio delle cause vere e proprie per questo motivo esse devono essere considerate non cause ma
concause il ruolo di cause vere e proprie è riservato alle cause che trascendono il mondo fisico il demiurgo
responsabile della generazione del mondo fisico (causa efficiente) le idee usate dal demiurgo come
modello (causa paradigmatica) e infine il bene inteso come fine della generazione (causa finale). Il punto
principale su cui la tradizione platonica insiste è il seguente le cinque cause di Platone non sono
semplicemente una risposta alle quattro cause di Aristotele. La dottrina platonica è infatti più completa di
quella aristotelica l’obiettivo di Proclo non è solo quello di affermare la superiorità della filosofia della
natura di Platone vuole anche mostrare come la fisica aristotelica non sia altro che un tentativo di imitare
l’insegnamento platonico secondo Proclo la fisica generale di Aristotele vale a dire l’introduzione dei
concetti di natura forma e materia nonché il trattamento del movimento non è altro che una rielaborazione
del Timeo lo stesso si può dire per la fisica speciale di Aristotele non solo la fisica celeste ma anche quella
sublunare che comprende la teoria degli elementi la meteorologia e lo studio degli animali anche questa
fisica si ritrova secondo Proclo nel Timeo si noti che egli non ha difficoltà ad ammettere che Aristotele sia
andato oltre Platone nello studio del mondo naturale con il suo sistematico studio de mondo animale.
Aristotele ha esteso l’insegnamento del maestro al di la di ciò che era necessario insomma se la biologia è
da considerarsi un’innovazione aristotelica non si tratta certo di un’innovazione felice essa non ci aiuta nella
ricerca delle vere cause del mondo fisico anzi ci distrae dallo studio delle cause vere e proprie
immergendoci nello studio di un ambito di ricerca in cui si avvale solo di forma e materia questo giudizio
severo però è importante in quanto ci aiuti a capire come mai i filosofi della tardo antichità non abbiano
sentito il bisogno di studiare e commentare la biologia e in secondo luogo esso getta luce su come lo studio
del mondo fisico fosse inteso da Proclo. Proclo fa sua un’idea che si ritrova in tutti i filosofi tardo antichi
nella misura in cui le vere cause del mondo fisico appartengono al mondo intellegibile la spiegazione del
mondo fisico è da intendersi come un’introduzione allo studio del mondo intellegibile detto altrimenti
l’indagine fisica ha innanzi tutto il compito di favorire la conversione dell’anima verso la realtà intellegibile.
secondo lo stile di filosofia presocratico la fisica è il sapere per eccellenza essa non era considerata come
studio di una parte della realtà ma come studio della totalità come Aristotele i filosofi tardoantichi
riconoscono una realtà al di la del mondo fisico la fisica è lo studio un particolare ambito del reale e
consiste in una ricerca delle cause della realtà fisica al contrario di Aristotele invece non riconoscono il
valore filosofico di un esame sistematico del mondo fisico l’obiettivo è quello di arrivare a una spiegazione
d’insieme del mondo fisico come il risultato di un atto demiurgico questa spiegazione individua tre cause
divine e trascendenti una causa efficiente (il demiurgo) una causa paradigmatica (il modello) e una causa
finale (il bene) Proclo si ricorda come il Timeo insieme al Parmenide rappresenti il coronamento della
filosofia di Platone invocando l’autorità di Giamblico Proclo divide l’intera filosofia platonica in due parti: lo
studio del mondo intellegibile di cui si occupa il Parmenide e quello del mondo sensibile di cui si occupa il
Timeo ma lo studio di una parte della realtà non esclude quello dell’altra il mondo sensibile è un’immagine
del mondo intellegibile questo significa che quando studiamo il mondo sensibile ci occupiamo di una copia
del mondo intellegibile anche in questa prospettiva si capisce come lo studio della natura abbia una
dimensione teologica e possa essere considerato da Proclo una vera e propria introduzione allo studio del
mondo divino

La fisica come introduzione alla metafisica intesa come teologia

L’idea che la fisica sia un’introduzione alla metafisica si ritrova negli Elementi di fisica l’unica opera di Proclo
interamente dedicata alla filosofia di Aristotele che sia giunta fino a noi essa rappresenta un’audace
tentativo di presentare la dottrina del movimento aristotelica basata sui libri della Fisica del Del cielo questa
ricostruzione culmina nella dimostrazione della tesi che il primo motore quello responsabile del movimento
circolare è un movimento eterno ma esso non è non ha un corpo ma dunque è incorporeo e dotato di
potenza infinita gli Elementi di fisica riconoscono la dottrina del movimento di Aristotele e le risorse
concettuali che conducono alla scoperta di un principio di movimento che trascende il mondo fisico questo
motore è introdotto per spiegare l’eternità del movimento celeste e non l’esistenza dei corpi che si
muovono con questo movimento ma questo significa che il motore immobile non ha le caratteristiche delle
vere cause efficienti arrivati a questo punto possiamo vedere perché Proclo riconosca ad Aristotele solo la
causa finale egli non ha difficoltà a riconoscere che Aristotele abbia fatto uso della causa efficiente come
principio di movimento egli tuttavia sostiene che la concezione aristotelica della causa efficiente è
inadeguata. La fisica aristotelica divide il mondo fisico in una parte sublunare e in una parte celeste secondo
Proclo la spiegazione dei fenomeni fisici richiede una causa efficiente non solo nel senso di causa che
produce movimento ma anche e soprattutto nel senso di causa che produce esistenza questa causa non si
trova nella spiegazione aristotelica del mondo celeste nella misura in cui il mondo celeste non è soggetto a
generazione e corruzione i corpi celesti non dipendono per loro esistenza da una causa efficiente ma una
posizione di questo tipo finisce secondo Proclo per dover accettare una di queste due conclusioni o i corpi
celesti esistono per puro caso oppure essi sono causa della loro esistenza entrambe sono insoddisfacenti
Proclo muove la stessa obiezione anche a partire dalla tesi aristotelica che il motore immobile è causa finale
e muove come oggetto di desiderio ci deve essere infatti una causa che ne spieghi l’esistenza la causa di
questo desiderio non può che coincidere con la causa dell’esistenza del mondo fisico Proclo riformula la
posizione di Aristotele in questo modo: i peripatetici ammettono che ci sia qualcosa di trascendente ma
solo come causa finale e non come causa produttiva ed è per questo motivo che negano la causa
paradigmatica si noti come la negazione della causa efficiente sia ipso facto negazione della causa
paradigmatica per capire questa implicazione si deve tener presente che la causa efficiente è concepita da
Proclo come una causa demiurgica il demiurgo crea sulla base di un modello o paradigma

La generazione del mondo fisico e il tempo

Per il filosofo che si ispira al Timeo il compito principale è quello di spiegare il mondo fisico come il risultato
di un atto demiurgico alla domanda se il mondo fisico sia generato Proclo risponde affermativamente
questo non significa che abbia inizio nel tempo non ce infatti un omento in cui il mondo fisico non si a
esistito il mondo fisico per egli è eterno e generato esso diviene eternamente nel tempo perché è generato
un eternità che esiste fuori dal tempo egli è attento a non confondere queste due modalità di esistenza
anche nel linguaggio distingue l’eternità senza tempo delle cause intellegibili dall’eternità che partecipa del
tempo dunque per Proclo il mondo fisico è generato perché è composto e in quanto tale dipende da altre
cause ed eterno a questo punto è chiaro che il tempo è un concetto fondamentale nell’analisi del mondo
fisico l’idea che il tempo sia un’immagine del movimento di ciò che è eterno è elaborato da Plotino descrive
l’eternità come una vita che è sempre uguale a se stessa o come un interno che non ammette estensione
ne divisione in parti si può pensare a questa vita come a un tutto presente ma non si deve confondere
questo presente con il presente che divide passato e futuro anche il tempo è descritto come vita intesa
come un intero che ammette estensione e divisione in parti cioè passato presente e futuro

Simplicio e Filopono

Nel VI secolo questa tradizione interpretativa del Timeo è ripresa con forza da Filopono un filosofo
platonico cristiano Sull’eternità del mondo contro Proclo e Aristotele egli attacca quelli che ai suoi occhi
sono i due campioni della tesi che è il mondo eterno abbiamo già visto come Proclo si sia schiarato con
coloro che difendono la tesi dell’eternità del mondo l’obiettivo polemico del Contro Aristotele è contro gli
argomenti a sostegno dell’esistenza di un corpo semplice che non è soggetto a generazione e corruzione e
che si muove naturalmente con moto circolare l’etere. Abbiamo già visto come Simplicio abbia
commentato le due più importanti opere fisiche di aristoteliche a differenza di quelli di Filopono i suoi
commenti non sono legati all’insegnamento scolastico il suo obiettivo è ambizioso i commenti alla Fisia e al
Del cielo sono da prendersi come due parti di un unico progetto di difesa e sintesi della tradizione pagana
agli occhi di Simplicio questa tradizione è gravemente minacciata dal cristianesimo egli vuole interpretare la
filosofia aristotelica in accodo con quella platonica ed è in questo spirito che si deve leggere la critica a
Filopono dove egli difende la tesi aristotelica che i cieli sono fatti di un corpo semplice e speciale e rivendica
la tesi aristotelica dell’eternità del mondo fisico che ai suoi occhi è perfettamente compatibile con la lettura
non temporale e non letterale del Timeo in realtà quest’ultimo non è solo una cosmologia ma anche una
teogonia esso rivela che il mondo fisico è pensato da Platone come un dio sensibile Proclo elabora la tesi
della divinità del mondo fisico attraverso la tesi dei dieci doni di cui il demiurgo lo ha dotato. La difesa
dell’eternità del mondo fisico da parte della maggior parte dei filosofi tardoantichi fosse vissuta da
quest’ultimo come la difesa di una forma di pietà o di una forma di religiosità pagana filosofia e religione
non sono facilmente separabili nel mondo tardoantico per i filosofi pagani come Proclo e Simplicio la fisica
non è solo un’introduzione allo studio del mondo intellegibile ma sia anche lo studio del divino nel mondo
fisico da un lato essi insistono sul carattere inautentico del mondo fisico e sul fatto che questo mondo è
solo un’immagine del mondo intellegibile dall’altro essi prendono sul serio la tesi che il mondo sia
un’immagine di una realtà superiore

ONTOLOGIA ED EPISTEMOLOGIA: LE IDEE E LA PARTECIPAZIONE

Introduzione

La dottrina delle idee occupa una posizione centrale nel pensiero di Platone nei dialoghi però non si trova
una vera e propria teoria delle idee l’ontologia del platonismo può essere considerata come il tentativo di
ridurre a sistema le affermazione di Platone sulle idee un documento essenziale prima di quello di Plotino è
il Didascalico di Alcinoo dove quest’ultimo definisce le idee come un modello eterno di ciò che è conforme
alla natura le idee vanno considerate come pensieri eterni e immutabili di un dio che è causa dell’universo e
che può dunque essere identificato con il demiurgo platonico e si sofferma sui modi in cui è possibile
dimostrare la loro esistenza. Fu probabilmente Giamblico a sistematizzare le tradizionali discussioni sulle
idee nei quattro problemi principali distinti da Proclo nel Commento al Parmenide 1) se esistono le idee 2)
di quali cose esistono le idee 3) come dobbiamo comprendere la partecipazione delle cose sensibili delle
idee 4) che cosa sono precisamente le idee

L’esistenza delle idee

Plotino assume l’esistenza delle idee e si propone di mostrare la loro importanza per la generazione dei
individui sensibili in effetti la prova dell’esistenza delle idee passa attraverso la dimostrazione della
presenza all’interno del mono intellegibile di realtà che costituiscono i principi di spiegazione e di
sussistenza delle cose sensibili l’anima individuali si assimila all’idea contemplata nel mondo intellegibile se
ne serve come di un criterio per giudicare le cose sensibili dopo Plotino i neoplatonici cominciarono a
sistematizzare questi argomenti volti a stabilire l’esistenza delle idee nei commentatori della scuola di
Atene si trovano argomenti formulati in modo scolastico spesso ispirati dai passaggi del corpus platonico
aristotelico la difesa più elaborata delle idee è presente nel Commento al Parmenide di Proclo le sue
argomentazioni si dividono in argomenti metafisici o cosmologici e argomenti epistemologici nel primo
gruppo Proclo dimostra come aveva già fatto Plotino che una spiegazione di carattere fisico non basta da
sola a dar conto della sussistenza e della stabilità percepita nel mondo fisico di conseguenza bisogna risalire
a cause di ordine superiore i principi fondamentali delle realtà sensibili sono cosi concepiti come i prodotti
delle ragioni naturali la quali risalgono in ultima analisi alle idee trascendenti nell’intelletto la teoria
neoplatonica dell’intelletto deve molto ad Aristotele e Proclo è ben consapevole di queste convergenze allo
stesso tempo la critica che egli rivolge ad Aristotele è netta Aristotele ha ben capito che l’intelletto è la
causa finale del mondo non ha però tratto la conclusione necessaria da questo assunto ossia che l’intelletto
deve essere anche la sua causa produttrice. L’intelletto è causa finale del mondo sensibile e deve contenere
anche i modelli intellegibili e perfetti degli enti sensibili dai quali essi ricevono sia l’esistenza sia la
perfezione i modelli perfetti sono le idee che Proclo identifica riallacciandosi alla tradizione medioplatonica
con i pensieri dell’intelletto divino il quale contemplando se stesso si riconosce come la causa trascendente
del mondo sub lunare e delle differenti specie di enti che vi si trovano grazie a questo atto autoriflessivo
l’intelletto può allo stesso tempo costruire se stesso e produrre in se la totalità delle idee. soltanto le idee
rivelano l’essere vero e immutabile possono procurare al pensiero gli oggetti stabili che esso richiede e di
cui la dialettica indaga i propri rapporti Proclo si ispira a ciò per mostrare che la teoria della dimostrazione
presentata da Aristotele negli Analitici secondi presuppone l’esistenza delle idee per egli le premesse della
dimostrazione sono costituite da termini universali che sono le cause delle loro conclusioni per i
neoplatonici la causa è sempre più onorevole rispetto al suo effetto ne consegue che gli universali di cui si
compongono le premesse debbano essere superiori rispetto alle conclusioni quali sono allora gli universali
ontologicamente superiori e cause degli oggetti su cui vertono le conclusioni i neoplatonici li chiamano cose
nate più tardi la loro origine è quindi in alto tra le idee che comprendono in un’unità superiore le molteplici
manifestazioni che da esse derivano nei livelli inferiori della realtà la scienza vera esige pertanto che le idee
esistano Proclo ricorre ad un argomento ispirato al Fedone se l’anima è capace di formare giudizi sugli
oggetti sensibili e di indicarne la limitatezza rispetto alle proprietà che attribuiamo ad essi due oggetti
sensibili che chiamiamo uguali ad esempio non saranno mai uguali è necessario chiedersi dove l’anima
abbia acquisito il criterio attraverso cui formula i suoi giudizi questi canoni sono le ragioni psichiche che
derivano come fossero loro immagini delle idee a causa del vincolo che esiste tra i logoi psichici e le idee
siamo in grado di raggiungere la scienza autentica

Che cosa sono le idee? Una volta stabilita l’esistenza delle idee è necessario chiedersi cosa esse siano e
quale sia precisamente il loro ruolo rispetto al mondo sensibile dove esse si trovino secondo Alcinoo esse
sono pensieri di dio per Plotino anche se esse sono presenti nell’intelletto non sono pensieri di dio lui le
considera realtà viventi intellettive che emergono nell’atto stesso attraverso cui l’intelletto si costituisce
sono cosi abbozzati gli elementi dottrinali che nel neoplatonismo successivo condurranno all’articolazione
della triade costituita da essere vita e pensiero. A partire da Giamblico i neoplatonici cominciarono ad
analizzare nel dettaglio la struttura del mondo intellegibile questo sviluppo culmina nella teologia dei
neoplatonici ateniesi la triade di essere vita e pensiero che da Giamblico in poi aveva ottenuto notevole
importanza speculativa manifesta a loro parere la struttura fondamentale dell’intellegibile di cui costituisce
i tre momenti essenziali l’essere primordiale autentico ossia l’essere intellegibile propriamente detto la
potenza di svilupparsi propria dell’essere ossia la vita e infine l’articolazione compita dall’essere che ne
risulta ovvero l’intelletto o pensiero che come principio di distinzione contiene la totalità degli enti ovvero
le idee questi tre livelli corrispondono alla triade formata da permanenza processione e conversione che
determina ogni livello del reale e sono disposti in ordine gerarchico secondo il principio per cui tanto più in
alto nella gerarchia dell’essere si trova la causa tanto più in basso continuiamo a manifestarsi i suoi
prodotti. Secondo Proclo dal primo principio l’uno procede grazie al limite e all’illimitato l’uno-essere ossia
la monade dell’essere che è la causa unificata e indifferenziata di tutti gli enti le forme dell’essere sono
distinte successivamente ciò accade all’interno del paradigma prodotto dalla potenza della vita intellegibile
che procede dall’essere-uno nel terzo momento della triade intellegibile vale a dire l’intelletto intellegibile
Proclo colloca questo paradigma ossia il vivente intellegibile del Timeo che comprende le quattro forme
degli esseri ignei volatili acquatici e terrestri a questo punto l’essere riceve la sua prima articolazione grazie
all’aspetto intellettivo dell’intelletto intellegibile nel paradigma quindi si manifestano per la prima volta le
idee cause paradigmatiche del mondo la causa paradigmatica richiede una causa produttrice ossia un
creatore che generi il mondo sensibile riconducendo la materia informe all’ordine imposto dai modelli
eterni e intellegibili la causa produttrice in ordine inferiore al paradigma è il demiurgo all’interno del quale
le idee sono soggette a un’ulteriore differenziazione nel paradigma vi è una sola forma di tutte le specie che
vivono sulla terra queste forme si costituiscono in modo adeguato solo nell’intelletto demiurgico
contemplando il paradigma il demiurgo in qualche modo lo interiorizza e se ne appropria tutto ciò che è
contenuto in modo intellegibile nel paradigma si trova in modo intellettivo cioè in forma dispiegata
nell’intelletto demiurgico quest’ultimo produce quindi in se la totalità delle idee che fungono in seguito da
modelli per le cose sensibili in questo senso esso è la prima causa produttrice del mondo sublunare ed
esercita in modo derivato anche una causalità paradigmatica finale le discussioni sulle idee che interessano
qui riguardano soprattutto queste idee nell’intelletto demiurgico sebbene infatti la prima manifestazione
delle idee si realizzi nel paradigma che contiene le idee primordiali sono le idee nel loro stato articolato cioè
nell’intelletto demiurgico a svolgere il ruolo di modelli immediati delle realtà situate nella regione
sublunare queste idee dispiegate vengono a essere di conseguenza l’oggetto delle dimostrazioni
cosmologiche sull’esistenza delle idee e sono ciò su cui verte la discussione riguardo al problema di quali
cose vi siano le idee inoltre la processione delle idee non si arresta all’intelletto demiurgico ma prosegue
fino al mondo sensibile si entra qui nel vivo della discussione sui modi in cui le idee si manifestano ai livelli
inferiori di realtà

La dottrina della partecipazione

Il problema centrale del platonismo è quello della presenza dell’intellegibile nel sensibile la questione
principale consiste nello stabilire come un’idea unica immateriale immutabile e trascendente possa essere
presente in una molteplicità di enti sensibili soggetti a processi di generazione mutamento e corruzione si
deve spiegare però la genesi del mondo sensibile a partire dalle idee intellegibili senza attribuire a esse un
cambiamento analogo a quello dei corpi per risolvere questo problema Plotino elabora la dottrina dei due
atti secondo la quale un principio per restando immobile nella sua perfezione può generare qualcosa di
distinto le forme hanno in se la loro ragion d’essere esso sono cause di se stesse di conseguenza sono anche
cause sensibili attraverso la sola perfezione della loro attività interna le forme producono infatti delle
immagini di se nell’anima superiore che a sua volta produce nei livelli inferiori della realtà delle immagini
produttrici dei sensibili nelle Enneadi la metafora che esprime la relazione del modello con la sua immagine
è quella dell’illuminazione esiste una serie di illuminazioni successive all’uno fino al mondo sensibile in
questo processo l’anima riceve la luce delle forme e la distribuisce ai corpi da un lato gli individui sensibili
sono dunque immagini che traggono dal loro modello esistenza e sussistenza dall’altro essi sono differenti
dalla loro causa intellegibile dalla quale sono separati le forme non escono da se per avanzare verso il
sensibile sostenere che l’intellegibile può esistere nel sensibile non è corretto se infatti “essere di” significa
“dipende da” non è l’intellegibile nel sensibile ma viceversa se pero come Plotino afferma le forme restano
sempre e interamente presenti dappertutto si deve stabilire come sia possibile che non tutti gli enti ne
partecipino allo stesso modo in effetti alcuni sembrano ricevere più di altri le qualità derivate
dall’intellegibile la risposta di Plotino si trova nella nozione di ricettività di ciò che accoglie l’intellegibile ma i
sensibili ricevono questa capacità di ricettività dall’anima quindi le realtà sensibili ricevono dall’anima la
capacità di aggrapparsi al loro generatore e di unirsi ad esso nella misura in cui è possibile secondo i
neoplatonici ateniesi la partecipazione delle cose sensibili alle idee implica quattro livelli di cause ciò che
partecipa delle idee è la materia che essendo priva di forma dipende per il suo essere da una causa situata
al di la della prima manifestazione delle idee ossia dalla prima causa vera e propria la monade dell’essere
inoltre il ricettacolo non potrebbe ricevere nessuna forma se non avesse già in qualche modo la
disposizione a essere formato questa ricettività sopravvive nella materia del primo livello delle idee il
paradigma intellegibile da esso la materia è capace di ricevere la forma l’impostazione dell’ordine della
materia cosi predisposta si effettua a sua volta grazie a due cause una è l’intelletto demiurgico che applica
l’ordine al cosmo intero di cui comprende la totalità delle cause universali ed eterne l’altra sono le cause
inferiori che traducono queste idee nei principi formali che si impongono alla materia e così generano i
particolari che esistono nel tempo i neoplatonici ateniesi accolgono da Giamblico una distinzione triadica
secondo cui bisogna distinguere in ciascuna forma tra l’idea impartecipabile l’idea in quanto è partecipata
da un certo numero di cose e le cose stesse che ne partecipano le idee nell’intelletto demiurgico sono
dunque idee impartecipabili esse pur rimanendo in se stesse trascendenti producono immagini di se che
sono poi partecipate da una molteplicità di cose ogni uomo ad esempio possiede il carattere dell’umanità n
quanto prende parte alla forma partecipa dell’uomo l’idea impartecipabile dell’uomo spiega che cosa le
forme partecipate dell’uomo che sono immagini di essa hanno in comune e come esse salvaguardano la
propria identità nel tempo impartecipabile partecipato partecipante sono termini dinamici che collegano i
diversi livelli del reale determinando la processione delle idee verso il mondo sensibile attraverso i vari
livelli ontologici delle anime delle nature e dei corpi ciascuno di questi livelli comprende la pienezza delle
forme le idee sono partecipate dalle cose sensibili e dai livelli intermedi dell’anima e della natura Siriano e
Proclo sostengono che tutte le entità situate nei livelli ontologici inferiori alle idee e strutturate secondo i
principi formali intrattengono un rapporto del tipo modello-immagine rispetto alle idee in tal modo si
producono delle catene di entità partecipate e partecipanti che dalle idee nell’intelletto attraverso le anime
e le nature conducono fino alle forme immanenti nella materia le quali sono principi formali dei corpi
sensibili. La processione delle idee demiurgiche verso il mondo sensibile non produce idee nuove ma
continua la moltiplicazione degli enti poiché ogni idea è partecipata da una molteplicità di individui a
differenza dell’idea unica trascendente eterna e immutabile le cose sensibili che ne partecipano sono
molteplici materiali mortali e soggette a cambiamento in ciascuna idea possono essere distinti due aspetti
da una parte ci sono le proprietà e le potenze che appartengono alle idee in virtù del loro statuto
ontologico e diminuiscono nel corso della processione verso il mondo sensibile dall’altra ciascuna idea ha
una proprietà caratteristica grazie alla quale essa si distingue da ogni altra idea nell’intelletto e che è
trasmessa a tutti i membri della serie ovvero ai partecipanti posti nei livelli inferiori della realtà il primo
insieme di proprietà si riferisce all’idea impartecipabile nell’intelletto demiurgico mentre la proprietà
caratteristica è partecipata da tutti i partecipanti a una stessa idea manifestandosi sempre in modo
appropriato al livello ontologico di questi ultimi. Questa distinzione fra proprietà ontologiche e proprietà
caratteristiche permette a Proclo d risolvere un problema discusso nel Parmenide se un’unica idea è
partecipata da molti particolari allora questi ultimi partecipano all’idea intera o solo a una delle sue parti
per Proclo come per Plotino questo dilemma si pone solo per chi considera la partecipazione come una
relazione corporea una volta ammesso che l’idea stessa rimane trascendente mentre solo le sue immagini
sono partecipate si comprende che le cose sensibili partecipano in qualche modo sia della sua forma intera
sia di una delle sue parti secondo Proclo e Siriano le idee e le cose sensibili sono omonimie ossia provviste
dello stesso nome ma di essenza disparate

Di quali cose ci sono le idee?

L’unico luogo in cui Platone discute in modo esplicito il problema di quali cose ci siano idee è un passo della
prima parte del Parmenide che ha fornito il punto dipartenza di molte discussioni Plotino sottolinea la
presenza all’interno del mondo intellegibile che è esso stesso un grande vivente di idee di specie naturali
egli ricorda sulla base del Timeo che il mondo intellegibile contiene tutti viventi nel capitolo seguente egli
prosegue domandandosi se possono esistere principi intellegibili delle cose contro natura questione alla
quale egli fornisce come i medioplatonici una risposta negativa procede poi con le arti imitative che non
possono avere principi intellegibili a differenza delle scienze come la geometria o la dialettica che sono
capaci di far volgere l’anima umana verso l’intellegibile l’individualità è definita qui come una principio di
differenziazione fisica responsabile ad esempio di differenze morfologiche come il naso camuso o aquilino
secondo Plotino non è necessario porre l’esistenza di forme di individui per rendere conto dell’individualità
cosi concepita distinzione tra le qualità essenziali delle sostanze sensibili e le qualità puramente accidentali
quelle che distinguono reciprocamente i differenti membri di una specie ad esempio la bianchezza di un
cigno è una qualità accidentale mentre nel caso del colorante la bianchezza è costitutiva della sostanza e
non può per tanto essere un accidente. La discussione più elaborata e sistematica del problema del
dominio delle idee si trova ancora una volta nel Commento al Parmenide di Proclo il grado di
differenziazione al quale sono pervenute le forme nell’intelletto demiurgico fa si che vi si trovino differenti
idee per tutte le specie naturali queste forme indivisibili o particolari svolgono il ruolo di cause trascendenti
immediate delle realtà sensibili i neoplatonici ateniesi accettano infatti anche idee di due tipi di attributi che
contribuiscono gli uni all’essenza degli atoma eide stessi sono le idee che fanno da sostanze o che
completano la sostanza ad esempio somiglianza e dissomiglianza unità e molteplicità gli altri alla loro
perfezione le idee perfettive ad esempio idea del bene del buono del giusto infine queste due classi di idee
partecipano del livello più alto delle idee demiurgiche che comprende gli attributi più generali dell’essere in
quanto tale ossia i generi supremi del Sofista essere identico diverso quiete movimento i neoplatonici tardi
consideravano questi generi supremi come le categorie del mondo intellegibile i platonici tardi hanno
cercato di risolvere i problemi ereditati dalla tradizione medioplatonica a proposito del dominio delle idee
un primo insieme di questioni riguarda le suddivisioni degli esseri naturali e la possibilità di stabilire fino a
che punto gli esseri viventi sono articolati sul piano intellettivo secondo Proclo non ci sono cause
paradigmatiche degli individui appartenenti alle specie naturali ne delle loro parti organiche è solo un
effetto della maniera in cui le idee o meglio le immagini partecipabili delle idee si manifestano nel mondo
sensibile dove tutto è caratterizzato dall’estensione dalla divisibilità e dalla contingenza gli individui e le loro
parti sono dunque prodotto delle ragioni naturali egli sostiene anche che vi siano delle idee degli attributi
che contribuiscono all’essere o alla perfezione dei viventi in quanto essi appartengono a una certa specie
naturale ma non ci sono delle idee delle qualità delle relazioni o di altre proprietà contingenti che
caratterizzano gli individui sensibili e li distinguono reciprocamente queste proprietà dipendono dalla forza
creatrice delle ragioni naturali

IL PRIMO PRINCIPIO

Interpretazioni dell’Uno

Sulla natura del primo principio della realtà i neoplatonici manifestarono di volta in volta la loro adesione e
il loro distacco dalle tesi di Plotino accentuarono ora una ora un’altra delle caratteristiche dell’uno
Plotiniano le posizioni più interessanti sull’argomento sono per ragioni opposte quelle di Porfirio da un lato
e quelle di Giamblico e Damascio dall’altro ma meritano di essere anche le modalità in cui Proclo cerco di
ripristinare una sorta di ortodossia plotiniana. Nella concezione di Porfirio nel primo principio sembrano
coesistere aspetti contraddittori assoluto e relativo non coordinato, coordinato trascendente rispetto
all’essere ed essere nel grado più elevato nelle l’uno nelle Enneadi è mantenuto rigorosamente separato
dalle altre ipostasi altrove esso è considerato da Porfirio come equivalente all’essere puro e anteriore a
ogni determinazione che corrisponde al capostipite della triade intellegibile essere vita pensiero anche
nello scritto anonimo Commento al Parmenide lo scrittore compare la concezione dell’uno come agire puro
assimilabile in parte all’intelletto e come essere puro anteriore a ogni determinazione che precede l’ente
ossia l’essere determinato delle idee intellegibili. Dalla versione porfiriana del neoplatonismo i teologi
cristiani si sentirono autorizzati anche da Porfirio a conferire a dio il carattere positivo della pienezza
dell’essere del tutto diversa fu la via intrapresa da Giamblico che all’uno plotiniano decise di anteporre un
principio ancora superiore in tre passi del Problemi e soluzioni sui primi principi Damascio associa infatti
espressamente il nome di Giamblico alla seguente gerarchia di principi supremi il principio totalmente
indicibile precede l’uno vero e proprio anteriore a sua volta a una coppia di principi il limite e l’illimitato
questi ultimi due in compagnia di un terzo principio subordinato che è il misto o uno-ente costituiscono la
prima triade intellegibile. Non conosciamo direttamente le ragioni che indussero Giamblico a postulare
l’esistenza di un principio supremo anteriore all’uno ma è presumibile che egli abbia sentito l’esigenza di
assicurare al principio supremo della realtà una trascendenza assoluta superiore a quella goduta dall’uno
che è reso in un certo senso imperfetto e non compiutamente trascendente dal fatto di esistere e di essere
pensato in relazione ai molti. Proclo esclude che al di sopra dell’uno ci sia qualche altro principio per
contrastare le tesi porfiriane ribadisce la semplicità dell’uno è vero che in ogni grado di realtà materia
inclusa è possibile riavvisare la presenza dell’uno fondamento universale del tutto ma non bisogna
dimenticare che si tratta di un fondamento privo di pluralità che crea secondo un’unica causa in forma
semplice e unitaria non contenendo in se neppure in forma nascosta il reale o le sue cause per egli l’uno-
bene è nella sua assoluta semplicità e le identità che inizialmente si irradiano da lui in conseguenza di un
atto produttivo perfettamente unitario non sono le strutture intellegibili ma le cosiddette enadi da esse è
possibile fornire determinazioni positive in accordo alla seconda ipotesi del dialogo platonico per le loro
caratteristiche esse costituiscono un ponte tra la dottrina dell’uno e l’ontologia sono infatti loro a regolare il
rapporto con il piano di realtà costituito dall’essere e dall’intelletto mentre l’uno permane intatto nella sua
separatezza e semplicità benchè unitarie e del tutto simili e del tutto simili al principio esse sono cause del
primo insorgere della pluralità e della differenza in quanto molteplici di numero e in possesso ciascuna delle
proprietà archetipiche distintive delle classi di enti ideali che da esse dipendono le enadi sono entità
partecipate e come tali capostipiti dei vari ordini partecipanti svolgono cioè a un livello superiore di realtà
la medesima funzione svolta dalle forme ideali nei confronti delle cose sensibili non ancora enti ne intelletti
sono le cause unitarie ma distinte dall’uno delle forme intellegibili e degli intelletti. Nello schema procliano i
principi superiori hanno rispetto a un qualsiasi effetto maggiore potenza causale di quanto ne abbia la
causa prossima l’uno di Proclo è causa unitaria di tutti i gradi di realtà inferiore e merita pertanto la
qualifica di causa universale egli sostiene la necessità di elaborare anche le definizioni negative del principio
negando le negazioni il discorso finisce per negare se stesso per rinunciare a qualsiasi operazione dialettica
per oltrepassare i propri limiti e sfociare infine nel silenzio quale unico atteggiamento appropriato nei
confronti del fondamento della realtà. Damascio da parte sua si impegna in una serrata critica della nozione
di principio il tradizionale uno neoplatonico essendo principio di tutte le cose è in qualche modo coordinato
ad esse e quindi non è propriamente assoluto occorre pertanto ricercare un’entità ancora superiore che sia
assolutamente separata e trascendente priva di qualsiasi tratto comune con le cose così da negarle le
stesse qualifiche di principio e trascendente che implicano relatività di questo principio ineffabile non
possiamo conseguire per Damascio alcuna conoscenza adeguata di esso possiamo avere solo un oscuro
presentimento previa la rinuncia di descriverlo razionalmente egli ci invita ad andare oltre le descrizione
negative del primo per venerarlo in silenzio ma prima di questo esito il discorso sull’ineffabile raggiunge e
rende manifesti i propri limiti annulla se stesso operando con i suoi stessi mezzi questo fenomeno di
autoconfutazione è descritto come un capovolgersi del discorso o ragionamento logos ciò si può verificare
in due modi o perché il discorso presenta una contraddizione interna ammettendo per lo stesso soggetto
predicati contraddittori o perché si palesa l’impossibilità di tutte le enunciazioni positive o negative che
siano riferite a ciò che per sua natura non può essere oggetto di alcun tipo di discorso

L’ANIMA E L’INDIVIDUO

Quadro generale

Nella filosofia tardo antica si parla dell’anima secondo più accezioni ossia riferendosi all’anima universale
all’anima del mondo o all’anima individuale in questa sede si affronterà soprattutto la dottrina dell’anima
individuale. Il quadro teorico comune delle dottrine deriva principalmente dall’esegesi dei dialoghi
soprattutto il Timeo il Fedro e il Fedone nei quali Platone espone all’interno di un discorso mitologico la
creazione e la natura dell’anima un'altra componente fondamentale del quadro teorico generale è costruita
dal Dell’anima di Aristotele incluso nel curriculum neoplatonico l’importanza di quest’ultimo emerge
principalmente in due modi nel numero di commenti dedicato a questo trattato e nel fatto che quasi tutte
le ricerche sull’anima nella tarda antichità seguono un procedimento chiaramente ispirato al Dell’anima
soprattutto nel distinguere le varie capacità dell’anima i commentatori quando commentavano e leggevano
gli scritti platonici e aristotelici pensavano per lo più che Aristotele fosse un platonico che quello che aveva
fatto Aristotele fosse identico a ciò che facevano loro stessi vale a dire filosofia platonica i filosofi
tardoantichi non solo affermavano l’immortalità dell’anima ma diversamente dal cristiani anche la sua
preesistenza di conseguenza essi sono portati a discutere gli aspetti della discesa dell’anima umana nel
corpo e le sue conseguenze si possono distinguere alcuni punti fondamentali nella loro analisi -1 stabilire
quali sono le cause e le ragioni della discesa dell’anima si può trattare di una scelta razionale di un
movimento naturale ma di tipo non razionale di un movimento necessario causato dalla sostanza
dell’anima o da altri fattori esterni -2 chiarire in quale misura l’anima scende cioè se essa scende
parzialmente o totalmente -3 spiegare le differenze dell’anima prima e dopo la discesa si tratta di chiarire
se l’anima sia una sostanza unica che subisce trasformazioni nella sua stessa essenza pur restando un’unica
sostanza oppure che si debba ammettere l’esistenza di una pluralità di sostanze nell’anima Platone aveva
spiegato che l’anima si divide in tre parti corrispondenti alla ragione all’animosità e al desiderio appetitivo
l’anima perfetta e la città perfetta implicano un giusto ordine fra le tre parti Aristotele nel Dell’anima rifiuta
categoricamente questa concezione secondo lui l’anima è una sostanza unica e non esistono parti ma solo
capacità distinte dell’anima le quali sono individuate in accordo al loro oggetto quindi le interpretazioni
erano varie a)l’anima è senza parti b) l’anima ha più parti c) l’anima è una sola sostanza con più capacità o
come qualcosa composto di più sostanze diverse un altro punto di discussione è capire le possibilità e i
metodi che l’anima ha a disposizione per conoscere e ritrovare la sua vera natura

Il neoplatonismo a Roma: Porfirio e Plotino

La dottrina dell’anima non discesa anche se fu per lo più rifiutata svolse un ruolo molto importante nel
platonismo post-platonico essa metteva in luce con particolare chiarezza i problemi principali inerenti alla
dottrina platonica dell’anima soprattutto la difficoltà di determinare la relazione dell’anima con il mondo
sensibile e con quello intellegibile Plotino può essere visto come il difensore di una dottrina aristotelizzante.
I neoplatonici posteriori criticarono esplicitamente la posizione plotiniana sviluppando contro di essa la tesi
in accordo alla quale l’anima è completamente discesa questa mossa però implicava un problema se
l’anima diventa completamente immersa nel sensibile e non ne rimane nessuna parte nell’intellegibile tale
da garantire la sua ascesa bisogna capire come sia possibile la salvezza dell’anima le soluzioni si basavano o
sull’analisi delle capacità dell’anima stessa oppure sull’importanza di fattori esterni tra cui l’ausilio dei riti e
della magia anche su fu rifiutata la posizione di Plotino ebbe dunque una posizione di un fattore importante
per lo sviluppo successivo del concetto di anima nei frammenti dell’opera Sulle capacità dell’anima Porfirio
difende la posizione secondo cui si può parlare di parti dell’anima solo nel senso che l’anima è presente
nelle parti diverse del corpo egli introduce la terminologia secondo cui l’anima è un’entità di molte capacità
e non di molte parti in questa posizione si può notare la fedeltà al Dell’anima dove Aristotele critica
l’utilizzo dell’espressione parte dell’anima da parte di Platone la soluzione adottata da Porfirio fornisce la
base per usare in un contesto platonico le analisi delle varie capacità dell’anima fornite da Aristotele egli
afferma che prima della discesa dell’anima nel corpo fa due scelte di vita essa sceglie liberamente la sua
forma generale di vita ad esempio quella di uomo di donna o di animale poi sceglie il tipo specifico di vita
ad esempio quella di soldato fedele al testo platonico egli afferma che la relazione della scelta è fatale
ossia necessaria egli definisce l’anima come automotrice in questo senso l’anima si può salvare e può
tornare all’intellegibile

Il neoplatonismo in Siria: Giamblico e l’anima mediatrice

È probabile che sia stato Giamblico a introdurre lo schema in ultima analisi aristotelizzante volto ad
analizzare l’anima secondo la distinzione sulla natura e sulle capacità e sulle attività di essa egli intraprende
la dottrina platonica delle tre parti dell’anima come tali da non riferirsi a sostanze ma a capacità diverse
localizzate in punti del corpo diversi ciò non minaccia il carattere non composto dell’anima egli infatti critica
Amelio Porfirio Plotino per non aver adeguatamente distinto l’anima l’intelletto e l’intellegibile gli dei e le
altre realtà superiori. Giamblico non si limita ad affermare che l’anima individuale quando scende nel corpo
è immersa nella realtà sensibile ma afferma anche che è completamente discesa di conseguenza quando
l’anima si unisce al corpo diventando soggetta ad affetti e fastidi non solo cambiano le sue attività o
capacità ma cambia la sua stessa sostanza. A Giamblico è attribuita la tesi secondo cui poiché le attività
dell’anima sono diverse prima e dopo la discesa del corpo la sostanza dell’anima umana è doppia essa non
è sempre intelligenza attiva o attivamente intellegibile in questo caso sarebbe identica all’intelletto mentre
è distinta da esso ma non è neanche sempre coinvolta nelle attività della natura giacché in questo caso
sarebbe un’animale la sua attività e la sua sostanza di conseguenza sono doppie entrambi i tipi di attività
cioè quella naturale e intellegibile costituiscono l’anima in questo risiede la sua concezione di anima
mediatrice tra i due livelli dalla concezione dell’anima come una sostanza doppia deriva che essa non è ne
divisibile in parti come fosse un corpo ne indivisibile come fosse intellegibile nella sua discesa l’anima
sviluppa più tipi di vita sensibile nutritivo ecc e diventa dunque meno unita e più divisibile risalendo l’anima
imita l’intelletto e diventa così più unita e indivisibile per l’anima trovarsi nel mondo intellegibile non
significa essere identica all’intelletto mentre trovarsi nel mondo sensibile non significa diventare identica
alla natura la doppia vita dell’anima il suo processo di discesa e salita sarebbero dunque una conseguenza
della doppia sostanza di essa la risalita avviene o dopo la morte attraverso un processo che include il
giudizio la punizione e la purificazione dell’anima oppure attraverso le pratiche teurgiche durante la vita
incarnata. Anche se egli ritiene la discesa dell’anima necessaria distingue due tipologie di anima e afferma
che le ragioni della discesa dipendono dal tipo di anima le anime purificate con più capacità intellettive
scendono volontariamente e rimangono sempre pure senza diventare soggette alle passioni esse
contemplano senza interruzione anche nello stato disceso queste anime scendono con l’obiettivo di
perfezionare il mondo e possono aiutare le anime nella loro risalita altre anime scendono
involontariamente e rimangono perché devono essere punite per i misfatti della vita passata infine un altro
tipo di anime scendono a causa della medesima punizione tuttavia esse sono gia nel processo di
purificazione la dottrina di Giamblico sull’anima nasce da componenti diversi da un lato l’esegesi dei miti
platonici dall’altro una forte tendenza innovativa.

La scuola di Atene: Plutarco Siriano Ermia e Proclo

Plutarco di Atene sembra essere stato il primo neoplatonico a scrivere un commento del Dell’anima di
Aristotele egli accetta la posizione aristotelica contro la tripartizione dell’anima umana e afferma che
l’anima umana è una sola sostanza con capacità o facoltà diverse Plutarco stabilisce un collegamento tra il
neoplatonismo di Siria e quello di Atene egli sembra infatti affermato come Giamblico che l’immortalità
dell’anima include non solo la parte razionale di essa ma anche la parte irrazionale la dottrina secondo cui
l’anima umana è una sola sostanza con delle capacità e facoltà diverse fu poi difesa da Siriano egli
affermava che le capacità dell’anima fossero la ragione e le passioni per lui la discesa nel corpo è la prima
creazione l’anima scende ogni volta necessariamente nel senso che lo scendere per sé è necessario giacché
l’anima umana non gode di un potere intellettuale immutabile. Ermia riprende lo schema di Giamblico e
analizza l’anima secondo la distinzione tra natura le capacità e le attività egli interpreta la nozione platonica
di parti dell’anima identificandole con le capacità come Giamblico tenta di difendere il carattere non
composto dell’anima che costituisce la base della sua immortalità Ermia interpretando l’analogia principale
del Fedro identifica i due cavalli con le capacità dell’anima la sostanza dell’anima rimane dunque sempre la
stessa mentre le capacità e le attività si corrompono e cambiano egli rifiuta la concezione plotiniana
dell’anima non discesa e fa riferimento a Fedro dove Platone afferma che anche la parte più alta dell’anima
la capacità razionale è corrotta nella discesa Ermia distingue tre tipi di discesa dell’anima solo l’ultima
discesa ha luogo nel passaggio stesso della generazione che avviene secondo la decisione personale
dell’anima il libero arbitrio è una conseguenza del fatto che l’anima è automotrice. Secondo Proclo mentre
le attività dell’anima cambiano nella discesa la sua sostanza rimane intatta allo stesso tempo egli sostiene
contro Plotino che la discesa dell’anima nel corpo è totale la sostanza che rimane intatta non costituisce
una parte non discesa dell’anima egli fa propria la tesi di una diversità sostanziale dell’anima l’anima umana
è cioè costituita da più sostanze diverse l’una dall’altra egli sviluppa l’analisi andando oltre la tripartizione
platonica e aggiungendo che anche la capacità percettiva dell’anima ne costituisce una parte
sostanzialmente diversa dalle prime tre l’anima è un’entità che include più sostanze egli si distacca dunque
dai neoplatonici precedenti secondo i quali l’anima è una sostanza con più capacità differenti la relazione
tra le parti dell’anima e quindi la loro unità è di tipo ilemorfico giacché l’anima razionale è la forma che
controlla l’anima irrazionale come la materia questa spiegazione sarebbe stata ispirata dall’unione tra la
definizione platonica della giustizia come ordine sussistente tra le tre parti o i tre tipi dell’anima e lo schema
ilemorfico già impiegato nel neoplatonismo precedente per spiegare il rapporto tra i diversi livelli ontologici
Proclo spiega che la facoltà nnon razionali sono le immagini delle facoltà proprie dell’anima razionale ma
sono pur sempre sostanze giacché ciascuna di esse costituisce un principio che informa qualcosa e secondo
lui tutti i principi formatori sono per definizione sostanze questo vale anche se i principi considerati sono
derivati o dipendenti da un’altra sostanza come l’anima dipende dall’intelletto
Dopo Proclo: la scuola di Alessandria e la scuola di Atene

Nei commenti di Filopono e Stefano di Alessandria si trova uno sviluppo della teoria procliana relativa alla
diversità sostanziale dell’anima umana l’anima razionale l’anima irrazionale e l’anima vegetativa hanno tre
definizioni distinte e sono dunque tre sostanze distinte i tre tipi di anima sono congiunti a tre tipi diversi di
corpo il primo a un corpo astrale il secondo a un corpo pneumatico il terzo a un corpo materiale esistono
conflitti tra i tre tipi platonici di anima inoltre ciò chiarisce la tesi che esiste una relazione ilemorfica tra i tre
tipi di anima giacché l’anima superiore costituisce la forma rispetto all’anima inferiore la diversità
sostanziale è necessaria per evitare di concludere in modo inaccettabile che la divisione nel corpo sia causa
della divisione nell’anima. Ad Atene i filosofi successivi a Proclo non accettarono la dottrina della diversità
sostanziale dell’anima Damascio critico sia la dottrina plotiniana sia quella procliana al posto di esse adottò
la soluzione giamblichea che consiste nell’affermare l’unità dell’anima insieme alla sua trasformazione
sostanziale e rifiutò l’idea che solo l’anima irrazionale e vegetativa cambino mentre l’anima razionale non
muta egli sostenne che la sostanza dell’anima rimane non discesa come voleva Plotino ma mantiene la
distinzione procliana tra la sostanza dell’anima in senso stretto e le sue sostanze che sono gli strumenti
della sua attività egli sostiene che separata dalle proiezioni esterne dalle vite secondarie dalle capacità e
dalle attività che vi si aggiungono durante la discesa l’anima si rivolge a se stessa e diventa cosi più potente
in tal modo l’autore difende la distinzione tra due livelli o forme di perfezione o purificazione la forma più
alta è quella che ha luogo quando l’anima si è completamente separata dalle vie secondarie e si rivolge a se
stessa l’altra forma invece ha luogo tra le azioni o la contemplazione mentre l’anima è ancora con le vie
secondarie e non appartiene soltanto a se stessa.

Alcuni esempi cristiani: Agostino e Nemesio

I due aspetti più studiati sulla teoria dell’anima di Agostino sono probabilmente l’uso del concetto di
volontà e lo sviluppo e l’applicazione di argomenti simili a quelli del cogito in rapporto all’incorporeità
dell’anima secondo Agostino il nostro dubbio in se prova che noi viviamo e pensiamo nel voler risolvere il
dubbio noi siamo coscienti della nostra ignoranza di conseguenza non possiamo avere nessun dubbio
sull’esistenza di operazioni mentali come il volere il sapere in seguito egli applica l’argomento al problema
dell’natura dell’anima in base al principio che una cosa può essere conosciuta soltanto se è conosciuta la
sua essenza l’anima conosce la propria essenza poiché conosce le sue operazioni egli fa della volontà la
capacità centrale dell’anima indipendente dall’intelletto essa è allo stesso tempo il fondamento del sapere
dell’anima della sua libertà e dell’agire proprio dell’uomo è la spiegazione del male dunque della nostra
responsabilità. Nemesio invece riferendosi a Platone difende la dottrina secondo cui l’uomo non è
semplicemente composto di anima e corpo l’anima infatti essendo superiore al corpo usa come suo
strumento un corpo di un certo tipo di conseguenza l’uomo deve concentrarsi sulla sua anima e sulle virtù
di essa in seguito egli definisce l’uomo come un’entità che si trova tra l’intellegibile e il sensibile egli accetta
completamente le principali dottrine neoplatoniche relative all’anima ad esempio la definizione di anima in
termini di sostanza intellegibile cioè incorporea immortale automotrice egli rifiuta la dottrina aristotelica
secondo cui l’anima sarebbe immobile invece di automotrice e si muoverebbe soltanto in modo
accidentale.

Conclusione

Per spiegare l’unità dell’anima pur tenendo conto della sua condizione situata nel mondo intellegibile e
quello sensibile i neoplatonici adottarono per lo più la soluzione di attribuire a un aspetto dell’anima il suo
intelletto il ruolo di una sostanza in senso stretto mentre gli altri aspetti sono razionali apparterrebbero
all’anima solo in senso derivato per Plotino sostanza dell’anima in senso stretto è la sua parte non discesa
che pur essendo distinta dall’intelletto risiede sempre nell’intellegibile e contempla senza interruzione
come si è visto questa soluzione fu quasi totalmente respinta dai filosofi posteriori per Giamblico l’esistenza
di diverse attività dell’anima prima e dopo la discesa nel corpo va spiegata con la teoria dell’anima
mediatrice tra l’intellegibile e il sensibile essa possiede una sostanza doppia e si esprime diversamente nei
due stati ciò spiega la differenza delle sue attività Proclo invece trae la logica conseguenza della teoria
secondo cui l’anima nell’intellegibile e l’anima discesa hanno attributi diversi e ritiene pertanto che solo la
dottrina della diversità sostanziale tra l’anima razionale e irrazionale è capace di spiegare la differenza tra le
attività

ETICA

Premessa

L’imperativo etico per tutti i neoplatonici fu quello di preservare per quanto possibile la natura spirituale
dell’anima umana dalla degradazione connessa al corpo ai piaceri e alle passioni per ricondurla al suo luogo
di origine l’intellegibile e infine all’uno a questo fine essi praticarono tutti uno stile di vita basato sullo
studio e sull’ascesi e soprattutto a pratiche cultuali e magiche grazie a Giamblico giudicate in grado di
riunificare definitivamente l’anima al principio

Dopo Plotino l’anima la virtù e il male

Giamblico e Proclo respinsero la tesi plotiniana dell’anima conferendo di conseguenza alle loro teorie
sull’anima sulla conoscenza e sull’etica una fisionomia diversa rispetto a quella che aveva conferito loro
Plotino ciò che a essi maggiormente premeva era tenere separata la sfera psichica da quella intellettuale di
opporsi in altre parole a quanti propugnavano una concezione sostanzialmente omogenea dell’incorporeo
cancellandone le gerarchie interne la perdita di contatto dell’anima con le sfere superiori della realtà
indusse Giamblico e Proclo a ripensare radicalmente il tema della responsabilità morale e della felicità il
soggetto della responsabilità morale è indicato nelle capacità di scelta esposta all’influenza dell’irrazionale e
quindi alla possibilità di compiere errori che comportano conseguenze inevitabili sullo stato dell’intera
anima umana per Giamblico Proclo e i filosofi influenzati da loro il compiuto ritorno al divino e la
riunificazione ai principi supremi non sono descritti come esito dell’indagine razionale bensì come il
risultato di operazioni magiche o di manipolazioni si oggetti simbolici vi sono quattro generi di virtù
corrispondenti a quattro diversi tipi umani e disposte nel seguente ordine le virtù civili o attive proprie
dell’uomo politico e consistenti nella moderazione delle passioni le virtù purificative proprie del
contemplativo consistenti nell’impassibilità le virtù rivolte all’intelletto proprie di chi è già contemplativo e
consistenti nell’attività intellettiva dell’anima le virtù esemplari proprie dell’intelletto consistenti
nell’essenza stessa dell’intelletto nel neoplatonismo posto porfiriano l’elenco si arricchì aggiungendo le
virtù naturali e morali che si collocano alla base della scala gerarchica e quello delle virtù teurgiche che si
pongono al vertice di essa.

FILOSOFIA RELIGIONE E TEURGIA

Introduzione

La storia della filosofia tardoantica è la storia di uomini in cerca di salvezza i maestri fungevano più da padri
spirituali che da professori Plotino viene descritto da Porfirio come un uomo immerso profondamente nella
pura contemplazione del trascendente da apparire quasi sacrilego nei suoi comportamenti Proclo viene
descritto come un santo in constante comunione col divino egli è detto passare le sue giornate
osservandole sacre ricorrenze di molti popoli e recitando preghiere agli dei per egli la liberazione del giogo
della materialità non può essere perseguita che per mezzo di una costante immersione in pratiche cultuali.
Ad un certo punto della storia del neoplatonismo riconobbe nei riti il mezzo più idoneo per raggiungere i
propri obiettivi metafisici laddove Plotino aveva preferito la pura introspezione alla preghiera i più illustri
tra i suoi successori fecero del loro meglio per erigersi a modelli di devozione pagana. Da Giamblico in poi la
posizione degli Oracoli caldaici diventa dominante.

Porfirio
Il corpus porfiriano non presenta una posizione univoca in merito a importanti questioni religiose L’episota
ad Anebo concerne la delicata questione delle dinamiche rituali dinamiche che permettono all’individuo di
entrare in comunione con gli dei e quindi di raggiungere la felicità Porfirio nella sua lettera assegna a queste
pratiche il nome di teurgia termine che potrebbe essere tradotto come lavoro divino il suo giudizio su di
essa è quindi indubbiamente positivo ciò su cui il filosofo trova da ridire è il modo in cui certi individui
concepiscono alcuni aspetti della teurgia egli rinfaccia ad Anebo di accettare come parte integrante delle
sue pratiche il sacrificio cruento e l’uso di nomi e suoni privi di significato logico ma ritenuti operativi a
livello rituale ancora più grave per Porfirio è il fatto che i teurgi come Anebo ritengano di essere in grado di
controllare mediante i loro riti forze supreme per comprendere meglio il ruolo assegnato da Porfirio al rito
in relazione al cammino di ascesa filosofica è necessario analizzare il trattato Sull’astinenza degli animali egli
sviluppa in dettaglio le sue ragioni contro il sacrificio animale delineando un percorso spirituale alternativo
il motivo principale per cui i sacrifici violenti sono da evitare è perché sono graditi non dagli dei ma da
demoni maligni il filosofo che mira non a ottenere benefici materiali ma a purificare la propria anima si
guarderà bene dal sacrificare alcunché ai demoni maligni egli si asterrà dal cibo animale facendo del suo
meglio per avvicinarsi a dio da solo a solo con i propri mezzi in tal modo egli potrà diventare simile a dio
solo la pura contemplazione noetica potrà far avvicinare l’uomo a dio. Nell’epistola a Marcella Porfirio
precisa che non bisogna abbandonare il culto per la contemplazione noetica ma si deve interiorizzare
l’esperienza religiosa in modo tale da sviluppare una corrispondenza tra devozione e purezza interiore il
culto ancestrale deve essere assunto dal filosofo come strumento per rettificare la propria disposizione
plasmandola sul modello divino l’ascesi filosofica per egli costituisce un processo di purificazione interiore il
rito la devozione religiosa una teurgia depurata da ogni elemento equivoco non rappresentano mere
appendici ma parti integranti di un cammino che permette al filosofo di assurgere con i propri mezzi alla
contemplazione intellettiva e tramite questa alla liberazione finale il valore del rito non risiede nel potere
intrinseco di gesti o parole ma nell’intenzione dell’officiante

Giamblico

Il titolo della più famosa opera di Giamblico è Sui misteri degli Egiziani lo scopo dell’opera è di confutare
l’intera sovversione di tutte le cerimonie religiose operata da Porfirio promuovendo invece l’idea di
sacrifico rituale quale catarsi in grado di condurci su fino al punto più alto e di elevare i tratti del ostro
pensiero Giamblico impiega lo pseudonimo di Abamon presentandosi come il diretto superiore di Anebo
erigendosi a difensore della vera tradizione teurgico-cultuale in modo da dissipare i dubbi sollevati da
Porfirio nella sua lettera Rifiutando la sua idea che i cadaveri animali rappresentino una forma di
contaminazione l’offerta di sacrifici cruenti è un atto religiosamente necessario a beneficiarne non sono gli
dei ma gli uomini in quanto il sacrifico è fonte sicura di benessere materiale e salvezza spirituale Giamblico
Nei misteri offre una prospettiva diversa non sono i demoni a beneficiare dei sacrifici ma quei demoni buoni
e dei intermediari tra il mondo sensibile e intellegibile il sacrificio non solo comporta benefici terreni ma
anche la vera salvezza dal giogo della materialità. Secondo lui l’anima non può giungere a una fusione
completa con il divino perché rispetto a quest’ultimo costituisce un altro livello ontologico situata in una
posizione intermediaria è per definizione soggetta a cambiamento l’anima e tende sempre verso il corpo
umano lo scopo ultimo della vita consiste nell’elevazione dell’anima al di sopra di ogni vincolo terreno ma
non si parla di ritorno integrale dell’anima il filosofo che trascende i confini terreni innalzandosi alla
beatitudine celeste e al cospetto divino lo fa per mezzo del rito. La teurgia è presentata come strumento
provvidenziale di salvezza il dono degli dei a un’umanità altrimenti condannata a un destino di materialità la
maniera in cui viene esplicata questa grazia divina è tramite il concetto di amore che unisce tutti gli angoli
dell’universo mettendo gli uomini in comunione con gli dei egli parla anche di una continuità e parentela
che caratterizzerebbero il cosmo descritto come un solo essere questi elementi che permettono all’uomo di
entrare in contatto con il divino sono i simboli e i segni che si possono trovare in tutta una serie di esseri e
oggetti da formule a pozioni melodie caratteri e nomi ineffabili l’efficacia della teurgia risiede nella
corrispondenza che lega i simboli trascendenti agli dei nel rito il teurgo saprà quali oggetti utilizzare per
attivare questa corrispondenza e farsi ricettacolo del divino i simboli compiono il loro lavoro senza che noi
pensiamo e il loro potere deriva dalla grazia divina. Il problema spiega Giamblico a Porfirio non sono le
formule rituali in se e i sacri caratteri ma l’uso che ne viene fatto da persone incompetenti non basta
arrivare ritualmente symbola e synthemata ciò che è richiesto è un lungo lavoro di preparazione una
capacità contemplativa e soprattutto un’adesione alle leggi che governano la sfera cultuale se gli individui
abbandonano il culto materiale essi non godranno né del beneficio materiale né di quello immateriale
poiché il primo non sono in grado di riceverlo mentre non compiono un’offerta adeguata per il secondo non
esiste ascensione per l’uomo senza rituale. Gli scritti di Porfirio e Giamblico offrono due prospettive diverse
e contrastanti sulla funzione della cultualità rispetto alle aspirazioni che animavano il mondo della filosofia
tardoantica. L’idea del ritorno dell’anima alla fonte viene espressa da Proclo tramite un’immagine mutata
dal Timeo quella dell’anima come una nave che approda al porto paterno del demiurgo egli articola l’idea
che un legame di simpatia unisce tutto l’esistente sicché il metafisicamente eccelso simultaneamente
presente in qualche misura anche in ciò che vi è di più effimero.

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