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Conferenza Episcopale Italiana

Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali

Commissione Episcopale per la famiglia e la vita

“IL LABORATORIO DEI TALENTI”


Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori
nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo
INTRODUZIONE

L’attenzione verso la maturazione umana e la crescita nella fede delle nuove


generazioni è stata sempre al cuore della missione della Chiesa. Con il Concilio Ecumenico
Vaticano II e il Magistero degli ultimi pontefici tale attenzione si è fatta ancora più marcata e
incisiva. Giovanni Paolo II lo ricordava rivolgendosi direttamente ai giovani: «Tutti
guardiamo in direzione vostra, poiché noi tutti, grazie a voi, in un certo senso ridiventiamo di
continuo giovani. Pertanto, la vostra giovinezza non è solo proprietà vostra, proprietà
personale o di una generazione: essa appartiene al complesso di quello spazio, che ogni uomo
percorre nell’itinerario della sua vita, ed è al tempo stesso un bene speciale di tutti. È un bene
dell’umanità stessa»1. Sono sempre più numerose le iniziative pastorali rivolte ai ragazzi e ai
giovani per offrire loro percorsi educativi in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo.
Tra le proposte più significative assume una particolare rilevanza quella dell’oratorio, realtà
ricca di tradizione e nello stesso tempo capace di garantire un continuo rinnovamento per
andare incontro alle odierne esigenze educative.
Negli orientamenti pastorali decennali sul tema “educare alla vita buona del Vangelo”,
nel quadro del più ampio impegno della Chiesa italiana per affrontare la sfida educativa, si fa
esplicito riferimento al peculiare contributo che viene offerto dagli oratori. «La necessità di
rispondere alle loro esigenze porta a superare i confini parrocchiali e ad allacciare alleanze
con le altre agenzie educative. Tale dinamica incide anche su quell’espressione, tipica
dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita
umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro
responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la
passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto
volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo
linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport,
musica, teatro, gioco, studio»2.
Anche a seguito di queste autorevoli indicazioni stiamo assistendo a un crescente
interesse da parte di molte comunità parrocchiali nei confronti dell’oratorio quale risposta
concreta e dinamica alle nuove e complesse sfide che si riscontrano nell’educazione delle
giovani generazioni. Molte realtà ecclesiali si stanno impegnando per qualificare gli oratori
già esistenti, altre si stanno adoperando per ridare vita ad esperienze che nel tempo si erano
perse, altre ancora si stanno organizzando per la creazione di nuovi oratori. All’offerta
educativa degli oratori guardano anche con molta attenzione le istituzioni civili. Negli ultimi
tempi si registrano anche diversi interventi legislativi finalizzati al riconoscimento e al
sostegno degli oratori. Molte amministrazioni hanno manifestato, anche con aiuti concreti, un
rinnovato interesse per gli oratori, offrendo e domandando collaborazione. Si tratta di
situazioni nuove che richiedono un adeguato discernimento e qualche orientamento comune.
La presente Nota vuole in primo luogo ribadire l’impegno educativo delle nostre
comunità ecclesiali nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, riconoscendone
la soggettività e valorizzando i talenti di cui sono portatori. Si vuole pertanto incentivare e
sostenere l’oratorio quale via privilegiata per educare alla vita buona del Vangelo. La Chiesa
italiana, anche attraverso questa Nota, vuole riconoscere e sostenere il peculiare valore

1
GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani Dilecti amici, 31 marzo 1985, n. 1.
2
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, n. 42.

1
dell’oratorio nell’accompagnamento della crescita umana e spirituale delle nuove generazioni.
Si intende proporre alle comunità parrocchiali, e in modo particolare agli educatori e
animatori, alcuni orientamenti pastorali circa la natura, le finalità e lo stile educativo
dell’oratorio nell’attuale contesto ecclesiale e socioculturale. Vengono formulati anche alcuni
criteri di discernimento su aspetti della vita e dell’organizzazione dell’oratorio: la formazione
e la responsabilità degli educatori; il rapporto con la pastorale giovanile; la catechesi in
oratorio; le alleanze educative, in particolare con la famiglia; l’impegno delle aggregazioni
ecclesiali; la sfida dell’integrazione sociale e culturale; l’animazione dello sport educativo, del
gioco e del tempo libero; la titolarità e la gestione dell’oratorio.
La Nota non intende trattare tutte le problematiche relative all’oratorio, peraltro già
affrontate nell’ampia letteratura disponibile. Si vuole piuttosto sviluppare una riflessione in
termini di pastorale integrata per rendere ancora più visibile il volto missionario ed educativo
della parrocchia quale risposta al secolarismo che determina sempre più l’abbandono della
fede e della vita ecclesiale da parte delle nuove generazioni3. L’oratorio, in questa ottica di
pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della comunità cristiana per rigenerare se
stessa e rispondere in maniera appropriata al relativismo pervasivo che è ben riscontrabile
anche nei processi educativi. La riflessione sugli oratori viene collocata nel contesto sociale
odierno al fine di attualizzarne il ruolo anche rispetto alle grandi sfide educative del nostro
tempo. Destinatari primari della Nota sono tutti coloro che attraverso l’oratorio svolgono la
loro missione educativa a partire dalla comunità ecclesiale, di cui è emanazione, dalla
famiglia – da cui non si può mai prescindere in ogni attività educativa – per arrivare agli
educatori e agli animatori che sono i protagonisti, assieme ai ragazzi e ai giovani, della vita
dell’oratorio.

Roma, 2 febbraio 2013


Festa della Presentazione del Signore

 Enrico Solmi  Claudio Giuliodori


Vescovo di Parma Vescovo di Macerata - Tolentino - Recanati -
Presidente della Commissione Episcopale Cingoli-Treia
per la famiglia e la vita Presidente della Commissione Episcopale
per la cultura e le comunicazioni sociali

3
Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota
pastorale dell’Episcopato italiano, 30 maggio 2004, nn. 6-7.

2
PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO

1. Alle sorgenti dell’educazione


Gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il secondo decennio degli anni
duemila richiamano l’urgenza e la bellezza di un rinnovato impegno nell’affrontare la sfida
educativa. È una dimensione della vita ecclesiale e sociale di fronte alla quale tutti si sentono
interpellati e che molti vivono come una vera emergenza. Il carattere di “emergenza”
nell’ambito educativo, secondo le acute analisi di Benedetto XVI, è dato dalla perdita delle
fonti che alimentano il cammino umano: la natura, la Rivelazione e la storia. Solo nel loro
“concerto” si ritrovano «le indicazioni per un’educazione che non è imposizione, ma
realmente apertura dell’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio»4. Si tratta dunque di «ritrovare
le fonti, il linguaggio delle fonti»5, come esorta il Santo Padre, per interpretare e discernere le
condizioni attuali del nostro impegno educativo e proseguirlo con passione e speranza, senza
cedere a sfiducia e rassegnazione.
Quella dell’educazione è un’attenzione antica e sempre nuova che ha visto la Chiesa
impegnata in ogni epoca ad individuare le risposte più efficaci e qualificate. In particolare,
«nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli opere e
istituzioni formative – scuole, università, centri di formazione professionale, oratori –
promosse da diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali. Molte sono
le figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la loro
missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora
oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene della società»6.
Tra queste iniziative brilla di luce propria l’oratorio, che può vantare, come poche altre
istituzioni formative, oltre 450 anni di esperienza educativa. Ridestare lo stupore per la sua
straordinaria e spesso trascurata memoria educativa può rappresentare il primo passo per la
sua reinterpretazione nell’attuale contesto culturale.

2. Una grande ricchezza di proposte


Come non risulta possibile tratteggiare una figura ideale di oratorio, allo stesso modo
non è ipotizzabile una narrazione unitaria e lineare della sua storia. Di fatto non disponiamo di
una documentazione omogenea, criticamente vagliata e completa della sua secolare vicenda
perché essa è inseparabile dalle vicende biografiche di Santi e figure esemplari e dai concreti
cammini storici delle diverse diocesi. Occorre inoltre vigilare per evitare impropri
trasferimenti anacronistici di categorie contemporanee su realtà storiche assai differenti. È
possibile invece cogliere costanti, caratteristiche peculiari, elementi di contatto, evoluzioni di
un medesimo modello, senza mai dimenticare che, nelle varie trasformazioni dell’oratorio, la
pratica ha in genere preceduto la teoria.
Dovremo dunque più propriamente riferirci, come ebbe a scrivere lo stesso don Bosco,
alle memorie dell’oratorio o meglio ad una memoria cui implicitamente e inconsapevolmente
si fa riferimento quando si parla di oratorio. Gioverà a questo proposito intendere l’oratorio

4
BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
5
Ib.
6
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 34.

3
come un’“esperienza dinamica”, ovvero come uno snodo educativo capace di attivare ricordi,
suscitare immagini, creare legami. Conferma ne viene dalla stessa varietà semantica del
termine, indicante, a un tempo, un luogo adibito per la preghiera, un particolare genere
musicale e uno stile educativo tipico del nostro Paese; l’uso del termine nel linguaggio
comune della gente richiama poi un’esperienza di vita buona legata ai tempi della giovinezza.
Bisogna inoltre precisare che, storicamente, oratorio non rappresenta neppure l’unico
riferimento per indicare tale stile formativo: nelle diocesi del Triveneto, ad esempio, è
conosciuto anche come patronato, mentre in molti luoghi, dagli anni settanta, ha mutato il suo
nome in centro giovanile, in casa della gioventù e sono sorti, in ambito non ecclesiale,
strutture simili, quali i ricreatori laici. In questa prospettiva il termine oratorio risulta perciò
fortemente evocativo e, allo stesso tempo, bisognoso di chiarificazione.

3. Per una memoria viva dell’oratorio


Dove e come potrà essere individuata questa memoria dell’oratorio? Essa deriva da un
intreccio di intuizioni, esperienze, attività ed opere, frutto della grazia dello Spirito, del genio
creativo di non pochi Santi e, nondimeno, di scelte pastorali ponderate e fedelmente
perseguite nel tempo da singole Chiese locali. Senza alcuna pretesa di completezza e
consapevoli di una lettura parziale, possiamo individuare tre grandi filoni o matrici principali
di questa memoria dell’oratorio: la tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri (1515-
1595), la tradizione ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi Vescovi, quali San Carlo
Borromeo (1538-1584), il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), il Beato cardinale
Andrea Carlo Ferrari (1859-1921) fino alle figure più recenti di pastori, tra cui spicca l’allora
cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI (1897-1978), e la tradizione
piemontese, con San Giovanni Bosco (1815-1888), Santa Maria Domenica Mazzarello (1837-
1881), San Leonardo Murialdo (1828-1900) e tanti altri eminenti educatori torinesi e
piemontesi.
La memoria delle tradizioni dell’oratorio non si esaurisce tuttavia nelle esperienze di
Roma e dell’Italia Settentrionale: numerose Congregazioni religiose, singoli educatori ed
educatrici, consacrati e laici sono stati protagonisti, anche nel Centro e nel Sud d’Italia, di
esperienze educative simili, al di là delle singole denominazioni, in parte attingendo da queste
fonti più antiche e parimenti arricchendole con le loro realizzazioni. Tra queste ultime si
possono ricordare due esperienze significative. Il sacerdote cosentino don Gaetano Mauro
(1888-1969) istituì un «ricreatorio per i giovani» e nel 1925 diede vita all’Associazione
Religiosa degli Oratori Rurali (ARDOR), con sacerdoti e laici, per l’insegnamento della
dottrina cristiana nelle campagne, per alleviare miseria, ingiustizia, ignoranza religiosa, con
iniziative di evangelizzazione e di promozione umana. Notevole fu anche l’attività di
diffusione e sostegno degli oratori in Puglia, legata al Seminario regionale di Molfetta. Dagli
inizi del ‘900, con l’obiettivo di riunire la domenica bambini e fanciulli per attività ricreative,
caritative e di sostegno all’insegnamento catechistico, si diede impulso a una specifica
formazione non solo per direttori di oratori e sacerdoti, ma anche per seminaristi, quale mirato
tirocinio pastorale per l’oratorio. In questa prospettiva possiamo cogliere il prezioso
contributo che l’Azione Cattolica, con il suo capillare e forte radicamento nelle parrocchie, ha
dato, e continua a dare, alla vita degli oratori.

4
La pubblicazione della presente Nota vorrebbe dunque anche incoraggiare la ricerca,
nelle storie locali, di tanti testimoni e iniziative esemplari da proporre all’attenzione delle
nostre comunità ecclesiali e, in particolare, delle nuove generazioni.

4. Con la stessa passione dei grandi maestri dell’educazione


«Nell’opera dei grandi testimoni dell’educazione cristiana, secondo la genialità e la
creatività di ciascuno, troviamo i tratti fondamentali dell’azione educativa: l’autorevolezza
dell’educatore, la centralità della relazione personale, l’educazione come atto di amore, una
visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di senso dei giovani, la formazione
integrale della persona, la corresponsabilità per la costruzione del bene comune» 7 .
Opportunamente gli orientamenti pastorali per il decennio delineano quasi una traccia di
lettura delle nostre tradizioni educative, utile anche per una corretta memoria dell’oratorio.
Ad essa ci riferiremo interpellando le diverse tradizioni alla luce delle questioni e delle
domande oggi più urgenti per il futuro dei nostri oratori, facendo emergere, a seconda dei
diversi contesti storici e culturali, anche le diverse “fratture” della memoria, ovvero le perdite,
le involuzioni o le riduzioni improprie che hanno caratterizzato la pratica dell’oratorio.
Di fronte ad una tale ricchezza di esperienze viene da chiedersi quale sia la chiave
interpretativa o la cifra sintetica di una così sorprendente e variegata pratica pastorale. Nel
medesimo e più ampio orizzonte in cui le singole esperienze si collocano – quello
dell’educazione – esse sono di fatto accomunate dalla loro peculiare offerta di prossimità alle
giovani generazioni, amate, accolte e sostenute nella loro concretezza storica, sociale,
culturale e spirituale. Si tratta di un atteggiamento suscitato e animato dalla carità evangelica,
testimoniato innanzitutto dai singoli iniziatori, custodito dagli sviluppi e dalle opere
successive e, infine, assunto come specifico stile educativo. Come non pensare alla nota
parabola del Vangelo di Luca in cui un Samaritano, ritrovatosi, per strada, davanti ad un
uomo ferito, «vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33) e non passò oltre come altri prima di
lui? L’oratorio anche oggi si colloca sulle strade frequentate dai giovani per prendersi cura di
loro.

5. Nel solco della tradizione con risposte nuove e creative


Gli oratori non nascono come progetti “fatti a tavolino” ma dalla capacità di lasciarsi
provocare e mettere in discussione dalle urgenze e dai bisogni del proprio tempo. Le precarie
condizioni spirituali della gioventù cinquecentesca di Roma per San Filippo, l’esigenza di
scolarizzazione e educazione cristiana per la diocesi ambrosiana nell’attuazione del Concilio
di Trento, l’incontro di don Bosco con ragazzi “abbandonati e pericolanti”, spesso
precocemente incarcerati a causa delle dure condizioni di vita nella Torino industriale di metà
Ottocento: queste sono state le circostanze che hanno originato le diverse esperienze
educative.
Gli oratori non si sono poi limitati al recupero, all’istruzione o all’assistenza: la seconda
caratteristica è quella di aver saputo valorizzare e abitare la qualità etica dei linguaggi e delle
sensibilità giovanili, promuovendo, a un tempo, musica, teatro, letteratura e,
contemporaneamente gioco, sport e festa – formazione umana, culturale e spirituale –,
prevenzione sociale, accompagnamento familiare e avviamento al lavoro. Tuttavia tali

7
Ib., n. 34.

5
proposte non sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione religiosa,
ma sono state percorse fino in fondo, nella loro capacità di educare alla relazione e alla
responsabilità, come condizione di apertura dell’io, secondo l’efficace espressione del Papa
sopra ricordata: dall’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio8.
L’oratorio, infatti, ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione
alla fede delle giovani generazioni (terza caratteristica) seppur nella logica prima descritta da
Benedetto XVI, investendo cioè su una pluralità di relazioni affidabili (verticali e orizzontali)
che propiziassero l’uscita da “sé” e l’apertura dell’“io”. Il Vangelo, già implicitamente
sperimentato nell’accoglienza incondizionata e nella condivisione della vita quotidiana,
poteva così sprigionare tutta la sua carica di trasformazione dell’identità plasmando le
personalità e dischiudendo la via della conversione o una ripresa del cammino di fede. In
questo dinamismo di crescita umana e spirituale è stato sempre favorito anche il
riconoscimento della propria vocazione. La vera genialità dell’oratorio è di aver saputo
declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazioni tra loro molto diverse ed oggi per
noi ancora esemplari.
Oggi gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra la
Chiesa e la strada”. Lo ricordava il Beato Giovanni Paolo II parlando ai giovani di Roma:
«Condividendo la vita dei vostri coetanei nei luoghi dello studio, del divertimento, dello sport
e della cultura, cercate di recare loro l’annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori,
adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare
attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della
devianza e della delinquenza»9. La sfida pertanto è quella di far diventare gli oratori spazi di
accoglienza e di dialogo, dei veri ponti tra l’istituzionale e l’informale, tra la ricerca emotiva
di Dio e la proposta di un incontro concreto con Lui, tra la realtà locale e le sfide planetarie,
tra il virtuale e il reale, tra il tempo della spensieratezza e quello dell’assunzione di
responsabilità.

8
Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
9
GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai giovani di Roma, 5 aprile 2001, n. 5.

6
SECONDA PARTE
FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO

I fondamenti della tradizione oratoriale

6. Il Vangelo, sorgente e fine dell’attività educativa


«Il Vangelo è il più grande dono di cui dispongano i cristiani» 10 e costituisce il
fondamento da cui sgorga tutta l’azione educativa in oratorio. In esso gli educatori trovano il
principio che sostiene e orienta l’impegno a favore della crescita integrale delle giovani
generazioni. Dalla coerenza di vita con l’insegnamento evangelico deriva anche la credibilità
educativa e l’autorevolezza 11 del servizio offerto dagli operatori pastorali impegnati negli
oratori.
La Chiesa per sua natura è chiamata ad evangelizzare12 con quello slancio missionario
che le permette di essere prossima ad ogni persona, perché il Vangelo sia annunziato a tutte le
creature13. È all’interno della prossimità, spazio indicato da Gesù per vivere il comandamento
dell’amore14, che si svolge l’attività educativa oratoriale, attenta alle fragilità e alle povertà
dei ragazzi di ogni tempo, ma anche capace di svilupparne le risorse e le potenzialità per una
vera promozione della persona.
La tradizione ecclesiale conferma che ogni autentica esperienza educativa rivolta alle
giovani generazioni manifesta storicamente e concretamente la compassione di Cristo verso le
esigenze e i bisogni del tempo. In questa prospettiva il Vangelo è il presupposto
imprescindibile per lo svolgimento della funzione spirituale e sociale dell’oratorio. E proprio
in forza della sua fedeltà al Vangelo, l’oratorio contribuisce alla crescita di cittadini
responsabili cooperando così alla realizzazione del bene comune, anche rispetto a quelle
situazioni di marginalità e fragilità presenti nelle diverse realtà civili.
Il Vangelo, come parola di vita e nutrimento spirituale, è il bene più prezioso che la
Chiesa possa offrire alle nuove generazioni attraverso la singolare e multiforme esperienza
dell’oratorio. È, pertanto, l’incontro vivo e palpitante con il Signore Gesù che ispira e sostiene
l’attività educativa dei nostri oratori. Questi luoghi sono stati, e devono diventarlo sempre di
più, una manifestazione di quella «carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone
con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza
propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera»15.

7. Con lo sguardo di Gesù verso le giovani generazioni


Le nostre comunità ecclesiali, impegnate principalmente nella trasmissione della fede,
da sempre dedicano alle giovani generazioni un’attenzione speciale con cui intendono

10
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 32.
11
Cfr BENEDETTO XVI, Lettera alle diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21
gennaio 2008, n. 21.
12
Cfr PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 14.
13
Cfr Mt 16,15.
14
Cfr Mt 22,39.
15
BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 1.

7
esprimere la loro responsabilità educativa e pastorale16. Benedetto XVI ha definito «fortunati»
i ragazzi che hanno la possibilità di frequentare gli oratori e ha ricordato che «l’oratorio, come
dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si
fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere». Ha incoraggiato i
giovani ad essere frequentatori assidui dell’oratorio «per maturare sempre più nella
conoscenza e nella sequela del Signore»17. I progetti oratoriali possono contribuire in modo
determinante al processo di crescita umana e spirituale, dalla fanciullezza fino alla giovinezza.
L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese locali, «un punto solido per
la pastorale dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani»18.
Ma a chi si rivolge l’oratorio e chi ne è il protagonista? Uno sguardo attento alla realtà
dell’oratorio e al suo sviluppo ci porta a dire che se in passato l’attenzione prevalente era per i
ragazzi fino all’adolescenza, oggi appare necessario adeguare le sue proposte ad una
giovinezza sempre più prolungata che arriva alle soglie dei trent’anni. Si presentano nuove
criticità e nuove situazioni nel mondo giovanile a cui gli oratori possono offrire risposte
concrete e pertinenti, valutando attentamente le esigenze e le reali capacità di intervento.
In questa prospettiva, possiamo affermare che l’oratorio è l’espressione della comunità
ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva,
dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti
testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società del domani, come
ebbe ad affermare Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani: «Vi
esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello
dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate
contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che
generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E
costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale»19.

8. Il ruolo della comunità educativa


La natura educativa dell’oratorio e la sua funzione evangelizzatrice esigono una
comunità cristiana capace di prendersi cura delle giovani generazioni. Quest’aspetto si
realizza nella Chiesa quando tutti concorrono «alla vita e alla crescita del corpo ecclesiale»20,
ciascuno secondo i carismi e i doni che lo Spirito suscita. All’interno della più ampia
comunità parrocchiale o religiosa, tenendo conto anche delle nuove situazioni delle realtà
ecclesiali organizzate in unità pastorali, l’équipe educativa dell’oratorio comprende i
sacerdoti, gli educatori e gli animatori il cui compito è la strutturazione, l’attuazione e la
verifica degli itinerari educativi nel quadro di un progetto ben articolato.
La comunità educativa dell’oratorio è il soggetto fondamentale dell’azione oratoriale, ed
esprime a suo modo la continuazione della missione degli Apostoli la cui «comunità, infatti, è
composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro
pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da
proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con

16
Cfr PRESIDENZA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare i giovani alla fede. Orientamenti emersi
dalla XLV Assemblea Generale, 27 febbraio 1999.
17
BENEDETTO XVI, Incontro con i cresimandi e i cresimati della diocesi di Milano, 2 giugno 2012.
18
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Atti della 58 a Assemblea Generale, p. 109.
19
PAOLO VI, Messaggio ai giovani a chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965.
20
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 35.

8
il genere umano e con la sua storia»21. L’indole ecclesiale e lo slancio apostolico fa degli
operatori dell’oratorio una comunità solidale e educativa, attenta all’evangelizzazione e alla
crescita delle giovani generazioni.
La comunità educativa, pertanto, è l’espressione della carità pastorale della Chiesa che,
in forza della sua natura missionaria, provvede all’accoglienza e all’accompagnamento di tutti
i ragazzi e i giovani attraverso il progetto educativo, elaborato secondo le esigenze della realtà
ecclesiale di riferimento. Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione
del progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità pastorale, attraverso
tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il protagonismo e la responsabilità dei ragazzi
e dei giovani.

9. Una rinnovata collaborazione con la famiglia


All’interno della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla
famiglia che, per sua indole e vocazione, «possiede vincoli vitali e organici con la società,
perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio
alla vita: dalla famiglia, infatti, nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima
scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società
stessa»22. Il compito educativo, connaturale alla sua identità, fa sì che «nell’orizzonte della
comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i
genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita;
originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile,
nel senso che non può essere delegato né surrogato»23.
È pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio perché,
come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI ad Ancona parlando ai sacerdoti e agli sposi
responsabili della pastorale familiare: «La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene
insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il
cammino della Chiesa. A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la
rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal sacramento del matrimonio è
importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e
cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un
dono prezioso per l’edificazione della comunità»24.
È compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e sostenerlo,
sviluppando un dialogo aperto e costruttivo. La soggettività educativa della famiglia in
oratorio deve modularsi in modo da favorire la tipicità del luogo che, nel rispetto degli spazi
propri destinati ai ragazzi e ai giovani, deve rimanere tipicamente giovanile. L’oratorio,
infatti, si configura come ambiente di condivisione e di aggregazione giovanile, dove i
genitori trovano un fecondo supporto per la crescita integrale e il discernimento vocazionale
dei propri figli25. In una fase storica in cui i cambiamenti culturali e sociali in atto nel nostro

21
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 1.
22
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 42.
23
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.
24
BENEDETTO XVI, Incontro con le famiglie e con i sacerdoti ad Ancona, 11 settembre 2011.
25
«L’impegno della comunità, in particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per offrire
alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri educatori, promuovere il cammino
vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della
crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore casto e responsabile» (Educare alla
vita buona del Vangelo, n. 37).

9
Paese richiedono una rinnovata alleanza tra la famiglia e le agenzie educative, il rapporto tra
oratorio e famiglia si configura come laboratorio quanto mai fecondo per sperimentare anche
nuovi percorsi di corresponsabilità educativa. È importante che nell’oratorio si respiri un
clima familiare anche per aiutare i tanti ragazzi e giovani alle prese con situazioni familiari
problematiche, per i quali spesso l’oratorio diventa una seconda famiglia.

10. Nella prospettiva vocazionale


La caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione vocazionale,
che in oratorio si intreccia con l’accompagnamento dei ragazzi e la testimonianza di vita data
dagli educatori. Tale dimensione scaturisce dalla visione della vita come dono che porta in sé
uno stupendo progetto di Dio. La realizzazione di una progettualità vocazionale, capace di
rispondere al desiderio di felicità, alla ricerca della verità e al bisogno di comunione fraterna,
offre ai ragazzi e ai giovani gli elementi necessari per un cammino di autentico discernimento
verso la piena maturità. L’approccio vocazionale favorisce e sostiene il progressivo
manifestarsi del progetto di Dio nella vita di tutti coloro che frequentano l’oratorio. «Occorre
iniziare i giovani alla vita come risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro
cammino di sequela di Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza timore di
fare proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e un progetto di santità»26.
Il profilo vocazionale della proposta oratoriale si manifesta concretamente nello stile di
animazione degli educatori e nella proposta degli itinerari educativi. Tutte le attività
dell’oratorio costituiscono pertanto occasioni proficue per far maturare un adeguato senso
vocazionale. La gradualità è il criterio imprescindibile per accompagnare i ragazzi e i giovani
nelle tappe della loro crescita, tenendo fisso lo sguardo sulla meta del progetto educativo, che
costituisce il paradigma di tutta la proposta oratoriale: la maturità integrale, umana e religiosa,
dei ragazzi e dei giovani.

11. La formazione di cristiani maturi


La natura ecclesiale dell’oratorio si caratterizza per una specifica proposta formativa
cristiana. Nel progetto educativo trovano ampio spazio gli itinerari di educazione alla fede,
che, muovendo dal progetto catechistico diocesano, offrono ai ragazzi e ai giovani «una
visione integrale della persona di Gesù Cristo, mediante un annuncio e una catechesi che non
abbiano timore di farsi anche cultura, facendo incontrare la verità sulla storia del Figlio di Dio
fatto uomo con la realtà della vita dei giovani»27.
L’esperienza di gruppo e l’ambiente accogliente, che i ragazzi vivono in oratorio,
favoriscono le condizioni concrete per un cammino di crescita e d’iniziazione cristiana28 ,
realizzando il «costante processo di raccordo tra la fede e la vita»29. L’oratorio, rispetto ad
altri luoghi formativi, si caratterizza per la specifica identità cristiana, i cui principi educativi
s’ispirano al Vangelo e alla tradizione cristiana alla luce del Magistero della Chiesa. Per
questo motivo ogni proposta offerta ai ragazzi ha un carattere formativo, ispirato e sostenuto

26
Educare i giovani alla fede, n. 2.
27
Ib.
28
Cfr CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei
fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, Nota pastorale, 23 maggio 1999, n. 27.
29
UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La catechesi e il catechismo dei giovani, 8 dicembre 1999, n. 1.

10
dalla ricerca di un concreto e significativo incontro con la persona di Gesù Cristo, garanzia di
una vita davvero felice e di una crescita nella pienezza dell’amore.
Attraverso i linguaggi del mondo giovanile, l’oratorio promuove il primato della
persona e la sua dignità, favorendo un atteggiamento di accoglienza e di attenzione,
soprattutto verso i più bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi
alla disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici testimoni di
carità. Di fronte alla crescente presenza di ragazzi e giovani appartenenti ad altre culture e
religioni deve crescere la capacità di accoglienza senza venire meno all’identità del luogo e
alla peculiarità della proposta educativa improntata ai valori cristiani. Si tratta di nuove e
preziose occasioni di dialogo e di evangelizzazione.

12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile integrata


Consapevoli della ricca verità di esperienze ecclesiali diffuse nel nostro Paese, da cui
deriva una pluralità di proposte per la formazione e l’accompagnamento delle giovani
generazioni, è fondamentale ribadire lo stretto legame che intercorre tra pastorale giovanile e
oratorio. L’attenzione da parte delle Chiese locali per l’educazione dei giovani, lungo tutto
l’arco dell’età evolutiva, ha ispirato l’elaborazione di molteplici itinerari di educazione alla
fede che, secondo le urgenze locali, ha sviluppato modelli diversi di pastorale giovanile.
Essendo l’oratorio uno strumento privilegiato con cui la comunità educa e accompagna i
giovani all’integrazione fede-vita, la pastorale giovanile ne accoglie la funzione educativa nel
suo progetto, riconoscendo e promuovendo nelle parrocchie la sua diffusione. In virtù di
questa funzione è opportuno garantire la presenza dei responsabili degli oratori negli
organismi di coordinamento e di consulta del Servizio per la pastorale giovanile e la loro
rappresentatività nei Consigli pastorali diocesani e parrocchiali.
L’oratorio, che per definizione rimane uno strumento di animazione dei ragazzi e dei
giovani, il cui metodo educativo li coinvolge a partire dai loro interessi e dai loro bisogni,
inserendoli organicamente in un cammino comunitario, non può essere pensato e non deve
costituire una realtà a sé stante, ma è un’espressione qualificata della pastorale giovanile di
una comunità parrocchiale. La promozione e l’organizzazione dell’oratorio concorrono allo
sviluppo di una forma sinergica e condivisa di pastorale giovanile integrata, dove la comunità
educativa comprende e sostiene l’impegno di chi, su mandato della comunità ecclesiale,
concorre al bene e all’educazione cristiana delle giovani generazioni. Questa prospettiva di
pastorale integrata cresce grazie al raccordo con tutte le realtà ecclesiali, gruppi, associazioni
e movimenti ecclesiali, che anche nel contesto dell’oratorio sono chiamate ad offrire il loro
peculiare contributo.

Le dinamiche e lo stile dell’oratorio

13. Luogo fecondo di evangelizzazione


L’oratorio, in quanto espressione educativa della comunità ecclesiale, condivide con
essa il desiderio e l’urgenza della missione evangelizzatrice, che «consiste nel realizzare

11
l’annuncio e la trasmissione del Vangelo» e insieme «annunciare il Signore Gesù con parole e
azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo»30.
Nel compiere tale missione l’oratorio ha un suo modo specifico che si caratterizza nello
stile e nel metodo, assumendo forme e attività adeguate alle esigenze e ai cammini sia del
singolo che dei gruppi: esso «accompagna nella crescita umana e spirituale»31 inserendosi nel
ritmo quotidiano delle persone e della comunità civile e proponendo iniziative, percorsi,
esperienze, relazioni e contenuti che, in modo esplicito o implicito, vogliono favorire
l’incontro con il Signore Gesù e con il suo dono di vita buona.
Per questo l’oratorio si configura come un variegato e permanente laboratorio di
interazione tra fede e vita. Quanti sono coinvolti nella vita oratoriale, a vario titolo, siano essi
ragazzi, giovani, famiglie e adulti, sono chiamati a vivere un’esperienza globale che trae dal
Vangelo forza e significato, e che ha nell’incontro con il Signore Gesù la sua fonte e il suo
culmine. Una tale configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi
differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della Chiesa, come i
cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa; altri che rispondono alle esigenze
del primo annuncio, soprattutto nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e
religioni oppure di giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi
educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici attività oratoriali
messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi:
sport, esperienze comunitarie, animazione, teatro, volontariato sociale e missionario,
laboratori artistici, pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità
educativa dell’oratorio si cimenta.
All’interno di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione
religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di itinerari di fede in
grado di garantire una maturazione spirituale progressiva e integrale. Questa prassi
ampiamente diffusa è molto importante e risponde all’esigenza di sviluppare una crescita
armonica e solida in cui la catechesi sia costantemente coniugata con le scelte di vita, al fine
di condurre i giovani ad una piena maturità cristiana. Sono sempre più frequenti anche i casi
in cui l’iniziazione cristiana viene avviata proprio grazie alla frequentazione dell’oratorio32.

14. Per una gioiosa trasmissione del Vangelo


Tali percorsi, nella loro diversità e ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di
evangelizzazione, possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
 la testimonianza di fede 33 in una concreta comunità cristiana da parte di coloro che
animano l’oratorio: passione e competenza educative hanno nella consapevolezza del
mandato ecclesiale e nel riferimento a Cristo buon pastore il loro fondamento sorgivo;
 l’inserimento del ragazzo e del giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo
cammino personalizzato e comunitario: l’ambiente nel suo insieme, con la ricchezza di
relazioni personali, attività ed esperienze, ne accompagna e illumina la crescita (presenza
di molteplici figure adulte, anno liturgico e pastorale, incontri ed attività di gruppo, attività
estive, feste patronali, iniziative di carità e di solidarietà…); tuttavia è nel rapporto
30
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, 3
dicembre 2007, n. 2.
31
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.
32
Cfr L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni.
33
Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.

12
personale con una guida e nella preghiera che egli viene aiutato a fare sintesi di vita e
scelte di futuro in quanto discepolo del Signore;
 l’accoglienza progettuale del ragazzo e del giovane, rispettati nel loro percorso storico di
vita e nei loro interessi espressivi e ricreativi, ma insieme pro-vocati e sollecitati nel loro
cammino di crescita e maturazione verso la pienezza di maturità in Cristo, avendo come
orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità ecclesiale e civile e la propria
santificazione;
 la possibilità di percorsi graduali e differenziati: ragazzi e giovani, pur appartenendo alla
medesima fascia di età oppure frequentando le medesime attività scolastiche e oratoriali,
hanno esigenze e storie diverse, per cui è opportuno che il dono di vita buona del Vangelo
si adatti ad ogni singola persona, incontrando i giovani al punto in cui si trova la loro
libertà e accompagnandoli nella loro piena maturazione.
Di conseguenza emerge con chiarezza che la missione evangelizzatrice dell’oratorio non
si esprime solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto essenziali e
ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a innervare ogni singola attività ed
esperienza, i tempi e i luoghi dell’oratorio, a partire dalle motivazioni chiare e profonde di
coloro che vi operano34.

15. Il primato della relazione


L’oratorio educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario,
soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative. Esse costituiscono la sua
vera forza e si attuano sia attraverso percorsi strutturati sia attraverso espressioni informali.
L’attuale emergenza educativa è letta da più parti come esito di un impoverimento delle
relazioni educative personali. In particolare va sottolineato come l’accrescersi esponenziale
della comunicazione virtuale costituisca una sorta di surrogato della relazione, che rischia di
trarre in inganno molti giovani. Anche laddove i social network sembrano semplicemente
prolungare e rafforzare rapporti di amicizia, appare necessario aiutare i giovani che abitano il
mondo della rete a scendere in profondità coltivando relazioni vere e sincere.
L’oratorio risponde a questa situazione favorendo il più possibile il consolidarsi di un
preciso stile relazionale fatto di accoglienza semplice e schietta, ascolto profondo e sintonia
empatica. Particolare cura richiede l’accompagnamento educativo personale, specie a partire
dall’età delle preadolescenza, che permette di verificare la reale assimilazione degli obiettivi
proposti e di ricalibrare continuamente in itinere la proposta formativa. Tutte le attività
dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorire un contesto di dialogo sereno e costruttivo
nella consapevolezza che nessuna attività può sostituire il primato della relazione personale.
Le proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempo ne costituiscono il
contesto naturale e fecondo. In un tempo segnato dalla consumazione immediata del presente
e dal continuo cambiamento, dalla frammentazione delle esperienze, l’oratorio si propone di
suscitare e alimentare relazioni costanti nel tempo senza sfuggire le responsabilità e le sfide
del “rischio educativo”. La qualità delle relazioni incide profondamente sul processo
educativo. «La creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nelle relazioni
interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale.

34
Cfr Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.

13
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con
Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale»35.
Molto spesso il tempo concorre notevolmente a definire lo spessore della relazione;
perciò l’oratorio favorirà, per quanto possibile, una continuità relazionale, senza la quale
difficilmente si potrà costruire un percorso educativo promettente. Oltre a essere costanti e
qualificate, quelle che si vivono in oratorio mirano ad essere anche relazioni autorevoli in
grado di aiutare i ragazzi e i giovani a fare sintesi. La vita dei ragazzi e dei giovani è segnata
da diversi rapporti, per lo più settoriali, che raramente riescono a fissare l’attenzione su tutta
l’ampiezza e la complessità del vissuto personale. Occorre passare dalla “consumazione delle
relazioni” ad una sapiente e qualificata “costruzione delle relazioni”. L’esperienza insegna
che spesso l’oratorio finisce per essere di fatto il luogo unificante del vissuto, aiutando chi lo
frequenta a superare il rischio, oggi tutt’altro che ipotetico, della frammentazione e della
dispersione. La caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in
oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa al bene dell’altro.
Tale atteggiamento genera stupore e dischiude orizzonti di fiducia, insieme al desiderio di
mettersi in gioco e di imitare chi si spende con generosità per gli altri.

16. Un ambiente accogliente nella chiarezza delle proposte


Normalmente l’oratorio viene immaginato come un ambiente aperto e accogliente, un
luogo in cui è facile entrare, un contesto in cui il ragazzo e il giovane si trovano a proprio
agio, una seconda casa: in termini di intervento sociale potrebbe essere definito un “servizio a
bassa soglia”, pensando al fatto che uno scalino più o meno alto può porsi come un filtro
all’ingresso. Tale rappresentazione ideale fa centro su una delle caratteristiche più qualificanti
la realtà oratoriana, che ha nella capacità di accoglienza la sua strategia e il suo potere di
attrazione. Una tale accoglienza, però, non può mai comportare disimpegno o svendita dei
valori educativi.
Essa si manifesta in molteplici forme e contesti. Certamente si riferisce alla possibilità
fisica di accedere con facilità e naturalezza agli spazi interni dell’oratorio: un ingresso
visibile, aperto e accessibile. Tuttavia si esprime soprattutto attraverso le persone che sono
all’interno di esso, o in quanto responsabili e collaboratori o in quanto partecipanti e fruitori:
il presentarsi e far conoscenza, il saluto, il sorriso, le “buone maniere”, l’invito a partecipare
alle attività sono le modalità con cui i frequentatori abituali e i nuovi arrivati si sentono accolti
e messi a proprio agio. Un elemento da prendere in considerazione per valutare e potenziare la
capacità di accoglienza di un ambiente oratoriano riguarda la struttura dell’oratorio: piccolo o
grande che sia, l’elemento strutturale dice molto di sé, sia a livello di stato di conservazione
che di cura nell’arredamento e nell’allestimento di attrezzature e materiali, come anche nella
disposizione degli spazi dedicati alle varie attività.
Ci sono poi alcuni aspetti che esplicitano la volontà e il desiderio di andare sempre
incontro ai ragazzi e ai giovani. Molte iniziative e proposte oratoriane esprimono chiaramente
la disponibilità e l’interesse ad entrare in relazione con tutti e negli ambiti più diversi. È il
caso della pratica sportiva, o delle attività in ambito teatrale ed espressivo, oppure delle
iniziative di sostegno scolastico e di volontariato. Più recentemente l’oratorio si sta
confrontando con le novità del digitale e dei new media, trovando in essi stimoli per nuove
proposte e percorsi educativi. Anche la presenza di ragazzi e giovani provenienti da altre
35
Caritas in veritate, n. 53.

14
culture e religioni è motivo e occasione di ripensamento e di riorganizzazione della proposta
oratoriana. Occorre, inoltre, misurarsi anche con situazioni di grave degrado sociale e
culturale (criminalità organizzata, disoccupazione, alcolismo, droga…): di fronte a tali
contesti, con lo spirito del buon samaritano l’oratorio si fa “prossimo”, reinventando modalità
e iniziative per rispondere alle nuove emergenze educative.

17. Il progetto educativo dell’oratorio


Al centro del progetto educativo dell’oratorio c’è la crescita e la progressiva
maturazione di ogni singolo ragazzo o giovane secondo la prospettiva dell’“auto-
realizzazione” ben delineata da Giovanni Paolo II: «Davanti alla vista interiore della
personalità in sviluppo di un giovane o di una giovane, gradualmente e successivamente si
scopre quella specifica e, in un certo senso, unica e irripetibile potenzialità di una concreta
umanità, nella quale è come inscritto l’intero progetto della vita futura. La vita si delinea
come la realizzazione di quel progetto: come “auto-realizzazione”»36.
Tutti nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lo stile di accoglienza
dell’oratorio esige pertanto una chiara impostazione identitaria e progettuale. Si tratta cioè di
uno stile intenzionale, pensato e voluto, e per quanto è possibile organizzato. Si può parlare di
accoglienza progettuale laddove ci sono persone che hanno tematizzato le problematiche e
che hanno deciso di mettere in gioco le proprie risorse di tempo, di passione e di competenza
per rispondere a tali sollecitazioni.
L’accoglienza è realmente progettuale, e quindi sensata e finalizzata, nella misura in cui
rispetta alcune condizioni di base: è frutto di una larga condivisione tra i responsabili di
oratorio, sia di ambiente che di settore, e il consiglio pastorale parrocchiale e/o oratoriano; fa
riferimento a persone concrete che, su mandato dei responsabili, diano attuazione a quanto
stabilito; prevede tempi e modalità condivise di verifica e valutazione di quanto progettato e
messo in atto, sia in itinere che prima della ripresa di ogni iniziativa.
L’espressione “progetto educativo dell’oratorio” non deve primariamente rimandare a
un testo scritto, un documento, in cui sono state raccolte riflessioni e indicazioni, ma a un
insieme di persone che, nel confronto e nella condivisione, hanno certamente definito e
codificato obiettivi, tempi, attività, percorsi, verifiche, ma soprattutto hanno chiarito le
motivazioni di ciò che propongono, scelto il “come” realizzarlo e individuato il “chi” si farà
carico di dare seguito a tali indicazioni.
L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere improvvisata o lasciata alle buone
intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto che qualifica e specifica l’oratorio nella sua
identità, e questa è patrimonio e responsabilità della comunità cristiana tutta e non solo di
qualcuno.

18. Educare a un protagonismo responsabile


In oratorio chi arriva nuovo così come chi lo abita da tempo, il ragazzo come l’adulto,
vi trova il suo spazio di espressione e di partecipazione, la valorizzazione delle capacità, e
soprattutto l’opportunità di essere riconosciuto e accolto come persona. Da una fase iniziale a
quella più avanzata si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire
l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a proprio agio e

36
Dilecti amici, n. 3.

15
dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che c’è più gioia nel dare che nel
ricevere (cfr At 20,35) .
Parliamo qui di un protagonismo sano e virtuoso che non ha nulla a che fare con le
connotazioni negative riscontrabili nella cultura odierna. Si registra, infatti, una dannosa
tendenza all’esibizionismo e al narcisismo, che generalmente si esprime in un accentuato
individualismo, interpretabile anche come forma di compensazione della propria fragilità
personale, percepita o reale. Nonostante questi reali limiti e possibili rischi, il protagonismo,
sia giovanile che adulto, rimane la migliore risorsa dell’oratorio per avviare percorsi di
educazione alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità.
Le vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile danno
origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione di più elementi che si
intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a persona:
 via privilegiata è quella dell’“imparare facendo”, che certamente richiede un minimo di
competenza, ma che soprattutto esige disponibilità ad apprendere, passione nel dedicarsi e
fedeltà nel mantenere gli impegni presi;
 contesto essenziale al protagonismo oratoriano è quello dell’agire comunitario, basato sul
confronto e sulla condivisione, ragione per cui non si opera mai da soli e in forma isolata o
autoreferenziale;
 percorsi di formazione che siano in grado di sviluppare processi di approfondimento e
assimilazione delle adeguate motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale.
A sostegno della proposta oratoriana di graduale e progressivo coinvolgimento di tutti,
ragazzi, giovani, adulti e famiglie a servizio degli altri sovente viene proposta la dinamica
della “restituzione”. Tutti, in modi e situazioni diverse, hanno ricevuto del bene da qualcuno.
Tutti quindi, ognuno secondo le proprie possibilità e capacità, sono chiamati a restituire tale
bene diventando dono per altri. L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri talenti e a
metterli a frutto per il bene di tutti. In tale dinamica si inserisce anche l’esperienza del bene
sommo, la grazia divina, che tutti abbiamo ricevuto nella passione, morte e risurrezione del
Signore Gesù, e a cui tutti siamo chiamati a rispondere diventando a nostra volta dono.

19. Alleanze feconde e diversificate


L’educazione è sempre in qualche misura un’opera corale. Essa richiede l’apporto di
diversi soggetti in grado di ridire le stesse cose, in modo armonico e coordinato, nella
diversità di tempi, luoghi e forme. La reale forza di un processo educativo dipende in gran
parte dall’interazione di più soggetti capaci di trasmettere lo stesso messaggio attraverso una
molteplicità di esperienze e linguaggi. Su questo presupposto si basa la forma stessa
dell’oratorio che prevede, nella quasi totalità dei casi, la presenza di diverse figure educative
che operano in sinergia. Così la comunità educante risulterà arricchita dai molteplici e
variegati apporti di sacerdoti, consacrati, catechisti, animatori, educatori, genitori, nonni e di
altre figure che si renderanno necessarie e disponibili.
L’oratorio può apparire già di per sé, al suo interno, un’alleanza educativa compiuta.
Questo però non giustifica alcun ripiegamento o il pensarsi in modo autoreferenziale.
L’oratorio per sua natura è chiamato a promuovere ampie e feconde alleanze educative,
gettando ponti verso l’esterno. Si rende così più visibile ed evidente la sua natura estroversa,
tesa a valorizzare ciò che di buono è già presente nel territorio, mettendosi cordialmente in
dialogo con le diverse realtà.

16
La prima e fondamentale alleanza educativa è certamente quella con la famiglia, come
ricordato dai Vescovi: «Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto
nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che
essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i
genitori nel loro ruolo di educatori» 37 . Il ruolo fondamentale della famiglia nei processi
educativi implica anche una particolare attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso
quei ragazzi e giovani che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e sofferenza.
Altro orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al mondo
della scuola, con il quale l’oratorio crea quanto più possibile una collaborazione permanente
ai diversi livelli, nell’interesse reciproco e prima ancora dei ragazzi stessi. Particolare
attenzione sarà riservata alla figura del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a
stabilire punti di contatto e di sapiente interazione. Tra le attività dell’oratorio, quella molto
diffusa del doposcuola costituisce certamente un ambito privilegiato di collaborazione che
merita di essere incentivato e incrementato.
Di grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che spesso
gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori, costituisce una delle più
grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a casa propria nell’oratorio. Occorre però
vigilare affinché gli aspetti agonistici non prendano mai il sopravvento sulle finalità
educative. L’oratorio, oltre a promuovere al suo interno attività sportive, potrà anche valutare,
di volta in volta e dopo adeguato discernimento, l’opportunità di sviluppare collaborazioni
con le altre realtà sportive del territorio.

20. L’ambiente dell’oratorio: luogo, tempi e linguaggi


I luoghi. Spesso si dice che l’oratorio non è solo un luogo, ma è molto di più. Questa
affermazione, pur molto vera, rischia di farci dimenticare l’importanza dell’avere un luogo
che si possa considerare oratorio. Ciò non significa che il luogo sia indispensabile per iniziare,
o che bisogna partire necessariamente da un luogo. Si possono valorizzare al meglio i luoghi
che ci sono e pensare con cura a nuove strutture. Gli ambienti, il loro utilizzo e la loro
gestione possono dire molto in riferimento alle scelte educative. È importante che gli ambienti
dell’oratorio siano adatti alle attività educative e quindi sobri, ordinati e dignitosi. Essi
dovrebbero essere percepiti dai ragazzi quasi come una seconda casa e perciò devono essere
da loro in qualche misura custoditi e mantenuti al meglio. Ogni scelta relativa agli ambienti
dell’oratorio va contemperata con le esigenze delle attività educative e non deve snaturare le
finalità principali dell’oratorio. Per quanto possibile, si cercherà di dotare l’oratorio di tutte le
strutture utili alle attività giovanili, in particolare degli spazi esterni per il gioco libero e per lo
sport e quelli interni per le altre attività, tra cui l’angolo della preghiera o una piccola
cappella. Tutte le strutture di servizio, come un piccolo bar all’interno dell’oratorio, devono
essere in linea con la proposta educativa dell’oratorio.
I tempi. La dinamica dei tempi dell’oratorio costituisce oggi indubbiamente una
questione che richiede una profonda riflessione e un intenso discernimento comunitario. È
sotto gli occhi di tutti il grande cambiamento nei tempi di vita delle famiglie; questo dato
richiede di essere contemporaneamente assunto ed educato. Non è possibile prescindere dalle
esigenze concrete che la vita spesso impone e tuttavia non ci si può fermare a rispondere ad
esse. L’oratorio, attraverso le sue diverse attività, si farà carico di aiutare i ragazzi e le loro
37
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.

17
famiglie ad umanizzare il tempo e a vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo
dell’oratorio e la sua declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in
modo sapiente i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre
attività della parrocchia. Inoltre il progetto educativo di ciascun oratorio saprà indicare i
momenti e tempi più opportuni in riferimento alle attività settimanali feriali e festive, così
come nell’ambito del programma annuale. Una particolare attenzione dovrà essere riservata
anche ai tempi liturgici e a quelli della crescita nella fede. Un tempo propizio per le attività
dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso non esaurisce tutte le proposte dell’oratorio,
che anzi trovano il loro fondamento nelle attività svolte durante l’anno pastorale, ma
costituisce un momento decisamente privilegiato nel quale proporre attività formative e
ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è quello dell’animazione, ovvero quello del
coinvolgimento diretto; è un metodo attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto
e per la notevole carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice,
dinamica e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale metodo si
serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità. Molto spesso la ricchezza di una proposta
educativa dipende in grande misura dalla varietà dei linguaggi attraverso i quali riesce a
esprimersi. L’utilizzo di più linguaggi può permettere un’assimilazione dei contenuti più
precisa e profonda, oltre che dare la possibilità a ciascuno di esprimersi a partire dalle proprie
inclinazioni naturali. L’oratorio assume volentieri i linguaggi del mondo giovanile
contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa riconoscere la propria lingua. In
particolare sceglierà di servirsi dei linguaggi del gioco libero e creativo, dello sport spontaneo
e organizzato, della musica, della narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative
riconosciute, apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi, merita certamente una
menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente digitale.

21. L’oratorio come laboratorio culturale


La testimonianza appassionata di tante persone racconta delle molteplici e variegate
esperienze vissute in oratorio e di come attraverso di esse sono cresciute e hanno acquisito
valori civili ed ecclesiali, sensibilità e atteggiamenti, tradizioni e abitudini, criteri e capacità di
valutazione: pur nella diversità delle sue realizzazioni, nei tempi, negli spazi e nelle modalità,
l’oratorio si offre come un laboratorio in cui si produce cultura. Certamente il suo ambito di
azione e le sue modalità ordinarie non lo inducono a forme culturali di tipo accademico, anche
se non mancano, tra le attività proposte dagli oratori, convegni, giornate di studio, dibattiti,
aggiornamenti, specialmente in ambito educativo. Nel contesto della direzione indicata anche
dagli orientamenti pastorali per questo decennio, varrà la pena di investire tempo ed energie
per partecipare anche al dibattito pubblico sui temi e i compiti educativi della società civile e
della comunità ecclesiale.
Tuttavia, non si può negare che l’oratorio svolga molte funzioni culturali, sia quanto a
contenuti che a modalità: esso propone una visione di uomo e di donna in relazione con Dio,
fa sperimentare una forma specifica di cittadinanza e di partecipazione responsabile, è una
comunità in cui si fa esperienza di relazioni intergenerazionali e spesso anche interculturali, è
uno spazio in cui ci si confronta con le sfide sociali provocate dalla crisi economica e dal
degrado socio-culturale.

18
A questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono le
diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si possono riscontrare
nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano: incontri di gruppo, in cui sovente si
affrontano temi e si attivano dinamiche proprie di una determinata età; scuola di formazione
sociale e politica, per accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività
sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate sempre meno
passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di rinnovamento culturale,
innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di comunicazione e informazione (web e
giornalini), con un’attenzione speciale ai new media e ai social network, che tanto peso hanno
oggi nel prolungare e allo stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di
accoglienza e scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella
convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e solidale”, iniziative
di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema del rispetto dell’ambiente e molti altri
ancora sono gli ambiti in cui l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone
la propria sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e collaborazioni in
questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e con le varie iniziative di
solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.

19
TERZA PARTE
IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE

22. Identità ecclesiale dell’oratorio


L’oratorio è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce dall’amore
della comunità ecclesiale per le nuove generazioni e, quindi, non può essere affidato ad altri
soggetti, seppur competenti, che non abbiano le stesse finalità, perché quando viene meno una
chiara appartenenza ecclesiale l’oratorio perde la sua identità. Quest’originaria e vitale
appartenenza va declinata nelle diverse situazioni e nelle molteplici forme con cui la Chiesa è
presente nel territorio. L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è espressa anzitutto a livello di
Chiesa particolare attraverso la comunione con il Vescovo diocesano, il quale indica le
principali linee educative e gli orientamenti pastorali, a cui devono riferirsi anche le realtà
promosse da istituti religiosi o altri soggetti ecclesiali. Per favorire e incentivare un cammino
educativo unitario può essere utile costituire un coordinamento diocesano.
L’oratorio deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttiva collaborazione con
tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. È fondamentale l’apporto dei consigli pastorali
e delle consulte di pastorale giovanile, ai diversi livelli (parrocchiale, zonale, vicariale,
diocesano) sia per l’elaborazione del progetto sia per la costante verifica dell’attività
educativa dell’oratorio. Il progetto educativo, mentre evidenzia l’identità dell’oratorio, ne
favorisce anche la crescita nella condivisione e nella sapiente regia, nella progettualità, nella
responsabilità, nella operatività di tutti i soggetti e di tutte le persone coinvolte. Tale progetto
deve essere largamente condiviso e verificato da tutti i soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori,
giovani e famiglie. Tutto ciò richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità condivisa.
La convergenza di tutti attorno al progetto educativo dell’oratorio potrà favorire anche
la valorizzazione di una “ministerialità educativa” in grado di promuovere i carismi,
valorizzare i talenti e mettere a frutto i doni suscitati dallo Spirito. Preziose sono le iniziative
degli ordini religiosi e degli istituti di vita consacrata, così come il coinvolgimento delle
aggregazioni laicali, soprattutto di quelle particolarmente contrassegnate da un carattere
educativo. Interpreti fondamentali dell’identità ecclesiale dell’oratorio sono i responsabili e
gli educatori. Chi assume il compito di educatore non può farlo semplicemente a titolo
personale, ma deve sentirsi espressione della comunità: stimato e seguito, incoraggiato e
sostenuto. Tale servizio, infatti, rappresenta una vera e propria chiamata: è una vocazione che
ha bisogno del discernimento e del dovuto accompagnamento formativo.
Il coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti, delle
strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la sua capacità di essere di
richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche dalla collaborazione dei vari membri della
comunità che a diverso titolo e in molte forme possono contribuire al buon andamento
dell’esperienza. L’oratorio può trarre notevoli vantaggi da una precisa e organica
strutturazione delle collaborazioni che, evitando sovrapposizioni e invadenze, favorisca il
coinvolgimento di tutti con un senso profondo di comunione e di partecipazione alla sfida
educativa. Anche gli ammalati con il loro silenzioso apostolato contribuiscono non poco al
bene dell’oratorio: preziosa è la sofferenza donata, testimoniata e vissuta con i figli
nell’amore.

20
23. Formazione e profilo delle figure educative
Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene
consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative. Centrale è la
figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: San Filippo era chiamato padre
nell’accezione più intensa dai giovani romani che frequentavano l’oratorio per gli eccezionali
sentimenti di paternità con lui sperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un
ambiente di famiglia sotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe dire
delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano quasi interamente dediti
all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura nella stessa struttura oratoriana e
assumendone la responsabilità educativa e gestionale.
Ancor oggi il più grande patrimonio dei nostri oratori è rappresentato dalle decine di
migliaia di educatori, formatori, animatori e collaboratori che prestano un generoso servizio,
donando tempo e competenze. Tutti possono fare qualcosa per il proprio oratorio, ma secondo
i ruoli e le responsabilità non potrà mancare una specifica e adeguata formazione. La
disponibilità da sola non basta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un
attento cammino di formazione pensato e progettato insieme nei luoghi e nelle forme più
appropriate. Perciò tutti, parrocchie, istituti di vita consacrata, aggregazioni laicali con un
carisma educativo devono sentire forte la necessità di camminare insieme e stringere alleanze
educative per il servizio da offrire a supporto dei singoli oratori.
In ogni oratorio si porrà poi la dovuta attenzione affinché la gestione delle attività non
diventi mai prevalente rispetto al fine educativo. Al di sopra del fare e dell’organizzare dovrà
essere sempre salvaguardata la relazione, la condivisione dei programmi, la comunione
d’intenti, considerando i ragazzi mai come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti
della loro crescita. Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi
per la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario che periodicamente ci
si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il lavoro svolto. La formazione andrà
pensata anche in base al ruolo che ciascuno ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa,
in un quadro di comunione e condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle
responsabilità. In considerazione dello sviluppo che gli oratori stanno registrando su tutto il
territorio nazionale, si dovranno sempre più prevedere e organizzare momenti qualificati di
formazione a livello parrocchiale, diocesano, interdiocesano, regionale e nazionale, anche con
il supporto di centri universitari specializzati, facoltà e istituti teologici, istituti superiori di
scienze religiose.
All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in un tempo in
cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterla garantire a tempo pieno. Pure
laddove non si può beneficiare di una presenza assidua non potrà mancare una figura
sacerdotale di riferimento, specie per gli aspetti spirituali e formativi. Peraltro questa presenza
non deve essere relegata solo ai giovani sacerdoti: l’esperienza insegna che l’efficacia
educativa non coincide con la vicinanza generazionale fra educatori e ragazzi, anche se questo
aspetto a volte può avere un suo valore. È sempre più necessario che i sacerdoti stiano in
oratorio più per gli aspetti religiosi che per quelli organizzativi, per favorire un autentico
clima di scambio, di conoscenza, di stima e per offrire un accompagnamento umano e
spirituale ai ragazzi e agli educatori. Vedere un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice
della propria scelta è un segno forte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete

21
e affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande dono. Essi, con
la professione dei consigli evangelici, danno concreta testimonianza di un amore libero e
disinteressato che si fa carico, in particolare, dei più poveri, deboli e indifesi. Tra tutte le
presenze non deve essere assolutamente trascurata quella degli stessi giovani adulti, il cui
protagonismo deve essere sostenuto e orientato al servizio.
La necessità di avere in oratorio figure stabili di riferimento è indiscutibile:
tradizionalmente essa è individuata nel direttore, coordinatore o responsabile dell’oratorio, ma
in alcuni grandi oratori operano stabilmente diversi educatori. I ruoli di responsabilità, in
passato, venivano svolti per lo più da sacerdoti o religiosi/religiose. Oggi, sempre più spesso,
tale compito viene affidato a dei laici preparati. Al di là delle tradizioni e delle odierne
situazioni, chiunque, su mandato ecclesiale, ne assuma la responsabilità deve operare perché
l’oratorio “funzioni bene”, coordinando le varie attività, operando nell’ottica evangelica e
vocazionale, garantendo la cura delle relazioni interpersonali, lo stile dell’accoglienza e la
qualità educativa dell’ambiente. Il responsabile è chiamato a favorire un positivo e armonico
intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone doti di
coordinamento e una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a
titolo personale e per questo riceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne
certifica la formazione e ne determina la funzione.
La questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabile deve
essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è sempre bene promuovere la
gratuità e il volontariato, anche per una chiara scelta educativa, senza però che questo
pregiudichi la qualità della proposta. Quando l’impegno richiesto e il mandato affidato
assumono carattere di prolungata stabilità ed implicano alta professionalità, non sempre
possono essere ricondotti ad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere
molteplici e vanno individuate in base alle situazioni concrete, alle esperienze e alle
determinazioni dell’autorità ecclesiastica. In ogni caso occorre tener presenti alcuni criteri:
l’appartenenza e la dedizione ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con la morale
cattolica, le competenze e la professionalità, il livello di responsabilità e l’impegno richiesto,
il senso della giustizia, la sostenibilità dell’onere da parte della comunità o dell’ente titolare
dell’oratorio.

24. Attività sportive, artistiche e culturali


Nell’oratorio convergono una molteplicità di percorsi e di linguaggi, un variegato
insieme di proposte culturali e sportive, una ricca offerta formativa. La bellezza dell’oratorio e
la sua forza di attrazione verso i ragazzi e i giovani dipendono anche da questa molteplicità di
offerte in un quadro di proposta educativa integrata e sinergica.
Tra le proposte più consolidate e diffuse c’è l’attività sportiva. Lo sport in oratorio è un
dono per tutti a patto che si rispettino alcune caratteristiche proprie della natura educativa di
questo ambiente: lo sport come gioco e divertimento che viene prima della competizione; la
possibilità di un esercizio dello sport aperto a tutti, senza discriminazioni di alcun tipo; la
diversificazione della pratica sportiva per evitare una assolutizzazione di alcuni sport; la
presenza di educatori sportivi che vivano autenticamente l’appartenenza all’oratorio; un
progetto sullo sport dichiaratamente educativo, che sia stimolo anche al di fuori dall’ambiente
oratoriano.

22
La presenza sul territorio nazionale di associazioni cattoliche che operano per la
promozione e l’organizzazione dell’ambito sportivo – prima fra tutte per la sua storia e la sua
presenza capillare il Centro Sportivo Italiano – è di grande aiuto per gli oratori. Ad esse viene
richiesto non solo di collaborare nell’ambito delle attività sportive, ma di integrarsi
pienamente nella vita dell’oratorio assumendone fino in fondo le finalità educative. Deve
essere pertanto incentivato il collegamento fra di esse e le strutture di coordinamento degli
oratori al fine di creare maggiori sinergie e unità di intenti a beneficio dei ragazzi e dei
giovani.
L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della loro espressività rende l’oratorio a misura
dei più giovani, lo fa sentire familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le
numerose manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti elementi
che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché favoriscono una presenza
attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le varie attività proposte assumono così
una valenza culturale, oltre che educativa.
Una forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una significativa
educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della fede, che non è tale se non
genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi, contribuisce all’attuazione di quel progetto
culturale che dalla metà degli anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro
Paese. La dimensione culturale delle attività educative, oltre al valore intrinseco e al beneficio
che apporta alla crescita dei ragazzi e dei giovani, può diventare ulteriore motivo di
coinvolgimento delle famiglie e della comunità. L’oratorio, con le sue attività culturali,
diviene così protagonista della vita spirituale e sociale della comunità. All’interno di
un’autentica rete educativa tali attività possono risultare strategiche anche per dialogare con il
mondo scolastico o con altri circuiti culturali presenti nel territorio.

25. Sfide antiche e nuove: emarginazione e interculturalità


Fin dalle sue origini l’oratorio, nelle varie situazioni e tradizioni, ha posto attenzione
alle necessità e alle povertà delle nuove generazioni. In modo particolare don Bosco, con la
sua sensibilità per l’abbandono in cui versavano masse di ragazzi, si fece carico della loro
formazione e istruzione, non solo religiosa: la nascita di scuole e collegi manifestò come il
Vangelo non potesse limitarsi al catechismo, ma chiedesse, in quel contesto, un’attenzione
nuova e diversa. Oggi occorre prendere atto che molti oratori faticano a perseverare in questa
medesima apertura, per la complessità delle sfide culturali sociali che li coinvolge. In altri
quartieri o paesi, invece, l’oratorio resta l’unico vero punto di riferimento ecclesiale e sociale,
non di rado capace di denuncia e di rottura rispetto a ingiustizie e degrado. Purtroppo non
sono poche, anche tra i più giovani, le situazioni in cui il disagio scivola in comportamenti a
rischio fino alla dipendenza da alcol e droghe. Gli oratori, se per loro natura non sono presidi
per il contrasto al disagio sociale, possono però fare molto in termini di prevenzione e di
sostegno ai ragazzi e ai giovani in difficoltà. Occorre per questo che, oltre ad offrire luoghi
protetti e sicuri, sappiano “stare anche sulla strada” per cercare e per accogliere i soggetti più
feriti e bisognosi.
Di fronte alla sfida dell’interculturalità, inoltre, gli oratori rappresentano oggi uno dei
luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di accoglienza e di integrazione dei
figli degli immigrati. Sono gli stessi ragazzi, messi nella condizione di confrontarsi con i
coetanei di altre nazionalità e di altre religioni, che aiutano le nostre comunità a crescere nella

23
dimensione dell’apertura, della cordiale convivenza e della testimonianza della fede. Il
linguaggio dell’accoglienza fa già parte, di fatto, del patrimonio e della sensibilità educativa
dell’oratorio. Tale contesto può favorire un confronto, anche per superare una certa
indifferenza diffusa, rispetto alle questioni più profonde dell’identità, compresa quella
religiosa.
Pur nel rispetto di tutte le provenienze e sensibilità religiose è da escludere che,
all’interno degli oratori, siano ospitati momenti di culto pubblico di altre religioni. L’oratorio
rimane espressione della comunità cristiana e questa natura non può essere mai negata o
offuscata. All’interno delle attività dell’oratorio, che pur contemplano l’accoglienza di ragazzi
di altre religioni e tradizioni, non si potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione
cristiana, alla dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio evangelico a
tutti. Il rispetto della sensibilità dei ragazzi e dei giovani di altre religioni richiede che la
partecipazione ai momenti più tipicamente religiosi non sia obbligatoria. Appare comunque
fondamentale offrire a tutti la possibilità di comprendere la tradizione cattolica, i contenuti
della fede e delle espressioni spirituali. Una tale conoscenza li aiuterà a integrarsi meglio con i
loro compagni e nell’ambiente oratoriano in cui si trovano a vivere.

26. Al passo con le nuove generazioni dei “nativi digitali”


Trovandosi a diretto contatto con il mondo dei ragazzi, in continua e veloce evoluzione,
l’oratorio deve affrontare situazioni sempre nuove e inedite. L’attuale mondo giovanile viene
giustamente segnalato come il primo abitato dai cosiddetti “nativi digitali”. L’oratorio non si
può sottrarre al confronto con questo nuovo contesto esistenziale dei ragazzi e dei giovani.
Può farlo assumendo le possibilità delle nuove tecnologie digitali con intelligenza e prudente
innovazione, abitando con naturalezza questi stessi mondi e “facendo oratorio” anche dentro
queste nuove tecnologie, privilegiando elementi come il confronto, la relazione,
l’informazione, la vicinanza, la circolazione delle idee, il protagonismo dei ragazzi, le nuove
abilità che hanno sviluppato in termini relazionali e di apprendimento. Nello stesso tempo
l’oratorio garantisce ai ragazzi uno spazio reale di confronto con il virtuale per capirne
profondamente potenzialità e limiti. In un tempo in cui la realtà rischia di diventare sempre
più liquida e priva di peso specifico, l’oratorio offre un’appartenenza reale, concreta, con
obiettivi da raggiungere insieme attraverso esperienze dirette che permettono di misurarsi con
se stessi e di percepire la proposta bella e affascinante della vita buona del Vangelo.
L’oratorio può quindi contribuire ad attuare concretamente alcune indicazioni degli
orientamenti pastorali del decennio, quando invitano a porre particolare attenzione al rapporto
tra nuove tecnologie e sfida educativa: «Il loro ruolo nei processi educativi è sempre più
rilevante: le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso
mediatico. Un obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla
conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro
uso… Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti.
Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e
costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette…
L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a
venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa»38.

38
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 51.

24
27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti
Le attività dell’oratorio si svolgono in ambienti e strutture di vario genere: pertinenze
dell’edificio di culto, sale della comunità, saloni, spazi musicali, biblioteche, campi sportivi,
parchi, tanto per citare quelli più comuni. A volte si tratta di spazi limitati, altre volte di
complessi e strutture di notevole estensione. Anche le attività educative esercitate al suo
interno si configurano in diversi modi: spontanee, organizzate, servizi alla persona, incontri,
percorsi. Alcune attività possono svolgersi in collaborazione con realtà diverse: associazioni
sportive e di oratorio, gruppi, enti di vario genere, associazioni culturali… In questi casi deve
essere chiara e fatta sempre salva la responsabilità ultima dell’ente ecclesiale titolare
dell’oratorio. È bene che tali collaborazioni siano definite con cura, se necessario, anche dal
punto di vista giuridico con convenzioni e specifici accordi. La gestione di un oratorio,
quindi, dal punto di vista amministrativo, può essere molto complessa e per alcuni aspetti
anche in continua evoluzione. Il rispetto delle leggi e delle norme relative a tali attività è parte
integrante della proposta educativa di un oratorio. Vanno evitate forme di spontaneismo e di
improvvisazione garantendo all’oratorio una precisa configurazione giuridica e organizzativa.
Ogni oratorio, a seconda della sua concreta strutturazione, deciderà come organizzarsi rispetto
alla gestione amministrativa, nel rispetto della normativa canonica e civile. È importante,
comunque, mantenere sempre il riferimento diretto alla comunità ecclesiale, relazionando
periodicamente, nelle sedi opportune, sulla conduzione economica dell’oratorio e
condividendo con le autorità ecclesiastiche preposte anche le fondamentali scelte di carattere
giuridico e amministrativo.
Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli enti pubblici si è molto evoluto. Si registra un
crescente interesse da parte delle istituzioni pubbliche che a diversi livelli hanno anche
legiferato e promosso azioni amministrative a sostegno degli oratori. Negli ultimi anni
l’oratorio ha ottenuto ampi riconoscimenti della propria funzione sociale ed educativa, ad
ogni livello, nazionale, regionale e locale. La realtà civile ha scoperto, e sempre più apprezza,
l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al territorio con cui intessere patti
educativi e creare servizi per le giovani generazioni e le famiglie.
È importante che questi rapporti non pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e
avvengano nel pieno rispetto del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà
religiosa. Occorre pertanto vigilare affinché tali collaborazioni, di per sé positive e finalizzate
al bene comune, non determinino vincoli o restrizioni alla libertà di indirizzo e di gestione
educativa della comunità ecclesiale e non finiscano per generare improprie e inaccettabili
commistioni. Nel futuro risulterà ancora più interessante allargare queste collaborazioni anche
ad altri enti pubblici con cui, in questo momento, risulta più faticosa una collaborazione
strutturata (mondo scolastico in primis), preferendo sempre di più, rispetto alle strutture,
accordi che agevolino la creazione o il consolidamento di servizi educativi.
Al fine di gestire in modo adeguato il rapporto con gli enti pubblici è necessario avere
qualificati supporti dal punto di vista amministrativo e giuridico. In ambito nazionale tale
esigenza è realizzata dalla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso
gli uffici competenti, i quali si avvalgono anche delle attività del Forum degli Oratori Italiani
(FOI), costituito dagli organismi di coordinamento regionale, dalle associazioni ecclesiali di
rilevanza nazionale e dagli istituti di vita consacrata che riconoscono l’oratorio quale ambito
di pastorale dell’età evolutiva e giovanile. A livello regionale è bene che il soggetto di
riferimento siano le rispettive Conferenze Episcopali. I coordinamenti diocesani sono poi

25
importanti per seguire gli oratori presenti nel territorio, suggerendo e monitorando gli accordi
con le amministrazioni locali, sempre nel rispetto delle reciproche autonomie, al fine di
rendere concreto il comune interesse e la collaborazione per la crescita serena e positiva dei
ragazzi e dei giovani.
L’oratorio normalmente non ha personalità giuridica per cui gli accordi con gli enti
pubblici vanno stipulati tramite i soggetti ecclesiali di riferimento. Essendo l’oratorio
espressione della comunità ecclesiale, in genere della parrocchia, è bene che gli accordi con
gli enti pubblici siano stipulati dall’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto di cui l’oratorio
è espressione o da enti la cui responsabilità sia direttamente riconducibile all’autorità
ecclesiastica, evitando che altri soggetti operino in nome e per conto dell’oratorio. Va sempre
garantita la titolarità e la responsabilità ecclesiale della gestione dell’oratorio, soprattutto in
presenza di accordi e convenzioni con enti pubblici e privati non ecclesiali, rispettando
eventuali indicazioni dell’Ordinario in materia39. La saggezza dell’esperienza suggerisce di
stipulare accordi solo laddove esista, da parte dei rappresentanti dell’ente di riferimento, un
pieno rispetto della natura e delle finalità proprie dell’oratorio e la condivisione delle modalità
tipicamente ecclesiali di servizio al bene delle nuove generazioni.

39
Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Istruzione in materia amministrativa, 1° settembre 2005, nn. 10. 21.

26
CONCLUSIONE

28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo


Nella prima parte di questa Nota abbiamo visto come l’oratorio sia sorto per favorire
l’educazione alla fede in modo adeguato alle diverse situazioni delle giovani generazioni. È
evidente l’opera dello Spirito Santo che, unita alla disponibilità e genialità dei fondatori, ha
dato vita ad una creativa risposta alle esigenze dei ragazzi e dei giovani. Questa opera
continua e si rafforza a partire da queste solide radici. Nella cultura filippina, l’oratorio
indicava inizialmente proprio l’incontro (domenicale o di tutte le sere della settimana) durante
il quale si alternavano letture spirituali, sermoni (i cosiddetti ragionamenti sul libro) in un
clima festoso e allietato da musica e canto. Strettamente legati alle scuole della Dottrina
Cristiana, nate su iniziativa di Castellino da Castello (1480-1566) per un’istruzione e una
catechesi di massa per tutti, gli oratori milanesi si strutturarono di fatto come vere e proprie
scuole parrocchiali. E don Bosco, incontrando l’8 dicembre 1841 un giovane immigrato
analfabeta, Bartolomeo Garelli, in quello che poi riconobbe come il momento scelto dalla
Provvidenza per iniziare la sua opera, gli propose un “catechismo a parte”, un catechismo
speciale per lui più conveniente.
Questa convenienza educativa si è tradotta nel tempo in uno sviluppo sorprendente di
tanti altri aspetti, che possono essere sintetizzati nella prospettiva pedagogica dell’educazione
integrale. Infatti gli oratori sostengono e favoriscono il pieno sviluppo di tutte le dimensioni
della persona, intellettive, affettive, relazionali e spirituali. In questa luce va considerata la
convinta valorizzazione del gioco, della musica, del teatro, dello sport, della natura, del
viaggio, della festa e, parimenti, la promozione della cultura, del volontariato, e della
solidarietà. Forti di una consolidata tradizione, gli oratori devono oggi affrontare con
coraggio, per un verso, il ripensamento della trasmissione della fede alle nuove generazioni
nel contesto di sfida della nuova evangelizzazione e, dall’altro, l’assunzione dei nuovi
linguaggi giovanili, così come dei rapidi cambiamenti dischiusi dall’avvento delle nuove
tecnologie informatiche. Sempre più la riflessione pastorale intercetta la questione
antropologica.
Così gli oratori sono stati, lo sono ancora e speriamo che lo diventino sempre di più, dei
veri e propri “laboratori educativi”. A questa consapevolezza vanno ricondotti tutti gli
interventi a livello spirituale, sociale e culturale che vedono oggi impegnata la comunità
ecclesiale sul fronte degli oratori. Se non risulta possibile definire un modello unitario e
omogeneo degli oratori italiani, è comunque necessario e fecondo richiamarne sempre gli
aspetti identitari più significativi, attingendoli dalla memoria delle diverse tradizioni e
ponendoli in relazione con le molteplici configurazioni degli odierni oratori. Solo così sarà
possibile affrontare le sfide educative dell’oratorio di oggi e di domani. Dalla memoria viva,
attraverso l’impegno di discernimento su un presente drammatico e affascinante, è possibile
riconoscere nel ripensamento e nel rilancio degli oratori una vera forza profetica a beneficio
delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società.

27
INDICE

INTRODUZIONE

PRIMA PARTE: MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO

1. Alle sorgenti dell’educazione


2. Una grande ricchezza di proposte
3. Per una memoria viva dell’oratorio
4. Con la stessa passione dei grandi maestri dell’educazione
5. Nel solco della tradizione con risposte nuove e creative

SECONDA PARTE: FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO

I fondamenti della tradizione oratoriale

6. Il Vangelo, sorgente e fine dell’attività educativa


7. Con lo sguardo di Gesù verso le giovani generazioni
8. Il ruolo della comunità educativa
9. Una rinnovata collaborazione con la famiglia.
10. Nella prospettiva vocazionale
11. La formazione di cristiani maturi
12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile integrata

Le dinamiche e lo stile dell’oratorio

13. Luogo fecondo di evangelizzazione


14. Per una gioiosa trasmissione del Vangelo
15. Il primato della relazione
16. Un ambiente accogliente nella chiarezza delle proposte
17. Il progetto educativo dell’oratorio
18. Educare a un protagonismo responsabile
19. Alleanze feconde e diversificate
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo, tempi e linguaggi
21. L’oratorio come laboratorio culturale

TERZA PARTE: IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE

22. Identità ecclesiale dell’oratorio


23. Formazione e profilo delle figure educative
24. Attività sportive, artistiche e culturali
25. Sfide antiche e nuove: emarginazione e interculturalità
26. Al passo con le nuove generazioni dei “nativi digitali”
27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti

CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo

28

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