1
GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani Dilecti amici, 31 marzo 1985, n. 1.
2
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, n. 42.
1
dell’oratorio nell’accompagnamento della crescita umana e spirituale delle nuove generazioni.
Si intende proporre alle comunità parrocchiali, e in modo particolare agli educatori e
animatori, alcuni orientamenti pastorali circa la natura, le finalità e lo stile educativo
dell’oratorio nell’attuale contesto ecclesiale e socioculturale. Vengono formulati anche alcuni
criteri di discernimento su aspetti della vita e dell’organizzazione dell’oratorio: la formazione
e la responsabilità degli educatori; il rapporto con la pastorale giovanile; la catechesi in
oratorio; le alleanze educative, in particolare con la famiglia; l’impegno delle aggregazioni
ecclesiali; la sfida dell’integrazione sociale e culturale; l’animazione dello sport educativo, del
gioco e del tempo libero; la titolarità e la gestione dell’oratorio.
La Nota non intende trattare tutte le problematiche relative all’oratorio, peraltro già
affrontate nell’ampia letteratura disponibile. Si vuole piuttosto sviluppare una riflessione in
termini di pastorale integrata per rendere ancora più visibile il volto missionario ed educativo
della parrocchia quale risposta al secolarismo che determina sempre più l’abbandono della
fede e della vita ecclesiale da parte delle nuove generazioni3. L’oratorio, in questa ottica di
pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della comunità cristiana per rigenerare se
stessa e rispondere in maniera appropriata al relativismo pervasivo che è ben riscontrabile
anche nei processi educativi. La riflessione sugli oratori viene collocata nel contesto sociale
odierno al fine di attualizzarne il ruolo anche rispetto alle grandi sfide educative del nostro
tempo. Destinatari primari della Nota sono tutti coloro che attraverso l’oratorio svolgono la
loro missione educativa a partire dalla comunità ecclesiale, di cui è emanazione, dalla
famiglia – da cui non si può mai prescindere in ogni attività educativa – per arrivare agli
educatori e agli animatori che sono i protagonisti, assieme ai ragazzi e ai giovani, della vita
dell’oratorio.
3
Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota
pastorale dell’Episcopato italiano, 30 maggio 2004, nn. 6-7.
2
PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO
4
BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
5
Ib.
6
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 34.
3
come un’“esperienza dinamica”, ovvero come uno snodo educativo capace di attivare ricordi,
suscitare immagini, creare legami. Conferma ne viene dalla stessa varietà semantica del
termine, indicante, a un tempo, un luogo adibito per la preghiera, un particolare genere
musicale e uno stile educativo tipico del nostro Paese; l’uso del termine nel linguaggio
comune della gente richiama poi un’esperienza di vita buona legata ai tempi della giovinezza.
Bisogna inoltre precisare che, storicamente, oratorio non rappresenta neppure l’unico
riferimento per indicare tale stile formativo: nelle diocesi del Triveneto, ad esempio, è
conosciuto anche come patronato, mentre in molti luoghi, dagli anni settanta, ha mutato il suo
nome in centro giovanile, in casa della gioventù e sono sorti, in ambito non ecclesiale,
strutture simili, quali i ricreatori laici. In questa prospettiva il termine oratorio risulta perciò
fortemente evocativo e, allo stesso tempo, bisognoso di chiarificazione.
4
La pubblicazione della presente Nota vorrebbe dunque anche incoraggiare la ricerca,
nelle storie locali, di tanti testimoni e iniziative esemplari da proporre all’attenzione delle
nostre comunità ecclesiali e, in particolare, delle nuove generazioni.
7
Ib., n. 34.
5
proposte non sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione religiosa,
ma sono state percorse fino in fondo, nella loro capacità di educare alla relazione e alla
responsabilità, come condizione di apertura dell’io, secondo l’efficace espressione del Papa
sopra ricordata: dall’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio8.
L’oratorio, infatti, ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione
alla fede delle giovani generazioni (terza caratteristica) seppur nella logica prima descritta da
Benedetto XVI, investendo cioè su una pluralità di relazioni affidabili (verticali e orizzontali)
che propiziassero l’uscita da “sé” e l’apertura dell’“io”. Il Vangelo, già implicitamente
sperimentato nell’accoglienza incondizionata e nella condivisione della vita quotidiana,
poteva così sprigionare tutta la sua carica di trasformazione dell’identità plasmando le
personalità e dischiudendo la via della conversione o una ripresa del cammino di fede. In
questo dinamismo di crescita umana e spirituale è stato sempre favorito anche il
riconoscimento della propria vocazione. La vera genialità dell’oratorio è di aver saputo
declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazioni tra loro molto diverse ed oggi per
noi ancora esemplari.
Oggi gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra la
Chiesa e la strada”. Lo ricordava il Beato Giovanni Paolo II parlando ai giovani di Roma:
«Condividendo la vita dei vostri coetanei nei luoghi dello studio, del divertimento, dello sport
e della cultura, cercate di recare loro l’annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori,
adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare
attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della
devianza e della delinquenza»9. La sfida pertanto è quella di far diventare gli oratori spazi di
accoglienza e di dialogo, dei veri ponti tra l’istituzionale e l’informale, tra la ricerca emotiva
di Dio e la proposta di un incontro concreto con Lui, tra la realtà locale e le sfide planetarie,
tra il virtuale e il reale, tra il tempo della spensieratezza e quello dell’assunzione di
responsabilità.
8
Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
9
GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai giovani di Roma, 5 aprile 2001, n. 5.
6
SECONDA PARTE
FONDAMENTI E DINAMICHE DELL’ORATORIO
10
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 32.
11
Cfr BENEDETTO XVI, Lettera alle diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21
gennaio 2008, n. 21.
12
Cfr PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 14.
13
Cfr Mt 16,15.
14
Cfr Mt 22,39.
15
BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 1.
7
esprimere la loro responsabilità educativa e pastorale16. Benedetto XVI ha definito «fortunati»
i ragazzi che hanno la possibilità di frequentare gli oratori e ha ricordato che «l’oratorio, come
dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si
fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere». Ha incoraggiato i
giovani ad essere frequentatori assidui dell’oratorio «per maturare sempre più nella
conoscenza e nella sequela del Signore»17. I progetti oratoriali possono contribuire in modo
determinante al processo di crescita umana e spirituale, dalla fanciullezza fino alla giovinezza.
L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese locali, «un punto solido per
la pastorale dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani»18.
Ma a chi si rivolge l’oratorio e chi ne è il protagonista? Uno sguardo attento alla realtà
dell’oratorio e al suo sviluppo ci porta a dire che se in passato l’attenzione prevalente era per i
ragazzi fino all’adolescenza, oggi appare necessario adeguare le sue proposte ad una
giovinezza sempre più prolungata che arriva alle soglie dei trent’anni. Si presentano nuove
criticità e nuove situazioni nel mondo giovanile a cui gli oratori possono offrire risposte
concrete e pertinenti, valutando attentamente le esigenze e le reali capacità di intervento.
In questa prospettiva, possiamo affermare che l’oratorio è l’espressione della comunità
ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva,
dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti
testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società del domani, come
ebbe ad affermare Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani: «Vi
esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello
dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate
contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che
generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E
costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale»19.
16
Cfr PRESIDENZA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare i giovani alla fede. Orientamenti emersi
dalla XLV Assemblea Generale, 27 febbraio 1999.
17
BENEDETTO XVI, Incontro con i cresimandi e i cresimati della diocesi di Milano, 2 giugno 2012.
18
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Atti della 58 a Assemblea Generale, p. 109.
19
PAOLO VI, Messaggio ai giovani a chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965.
20
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 35.
8
il genere umano e con la sua storia»21. L’indole ecclesiale e lo slancio apostolico fa degli
operatori dell’oratorio una comunità solidale e educativa, attenta all’evangelizzazione e alla
crescita delle giovani generazioni.
La comunità educativa, pertanto, è l’espressione della carità pastorale della Chiesa che,
in forza della sua natura missionaria, provvede all’accoglienza e all’accompagnamento di tutti
i ragazzi e i giovani attraverso il progetto educativo, elaborato secondo le esigenze della realtà
ecclesiale di riferimento. Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione
del progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità pastorale, attraverso
tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il protagonismo e la responsabilità dei ragazzi
e dei giovani.
21
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 1.
22
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 42.
23
Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.
24
BENEDETTO XVI, Incontro con le famiglie e con i sacerdoti ad Ancona, 11 settembre 2011.
25
«L’impegno della comunità, in particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per offrire
alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri educatori, promuovere il cammino
vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della
crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore casto e responsabile» (Educare alla
vita buona del Vangelo, n. 37).
9
Paese richiedono una rinnovata alleanza tra la famiglia e le agenzie educative, il rapporto tra
oratorio e famiglia si configura come laboratorio quanto mai fecondo per sperimentare anche
nuovi percorsi di corresponsabilità educativa. È importante che nell’oratorio si respiri un
clima familiare anche per aiutare i tanti ragazzi e giovani alle prese con situazioni familiari
problematiche, per i quali spesso l’oratorio diventa una seconda famiglia.
26
Educare i giovani alla fede, n. 2.
27
Ib.
28
Cfr CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei
fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, Nota pastorale, 23 maggio 1999, n. 27.
29
UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La catechesi e il catechismo dei giovani, 8 dicembre 1999, n. 1.
10
dalla ricerca di un concreto e significativo incontro con la persona di Gesù Cristo, garanzia di
una vita davvero felice e di una crescita nella pienezza dell’amore.
Attraverso i linguaggi del mondo giovanile, l’oratorio promuove il primato della
persona e la sua dignità, favorendo un atteggiamento di accoglienza e di attenzione,
soprattutto verso i più bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi
alla disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici testimoni di
carità. Di fronte alla crescente presenza di ragazzi e giovani appartenenti ad altre culture e
religioni deve crescere la capacità di accoglienza senza venire meno all’identità del luogo e
alla peculiarità della proposta educativa improntata ai valori cristiani. Si tratta di nuove e
preziose occasioni di dialogo e di evangelizzazione.
11
l’annuncio e la trasmissione del Vangelo» e insieme «annunciare il Signore Gesù con parole e
azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo»30.
Nel compiere tale missione l’oratorio ha un suo modo specifico che si caratterizza nello
stile e nel metodo, assumendo forme e attività adeguate alle esigenze e ai cammini sia del
singolo che dei gruppi: esso «accompagna nella crescita umana e spirituale»31 inserendosi nel
ritmo quotidiano delle persone e della comunità civile e proponendo iniziative, percorsi,
esperienze, relazioni e contenuti che, in modo esplicito o implicito, vogliono favorire
l’incontro con il Signore Gesù e con il suo dono di vita buona.
Per questo l’oratorio si configura come un variegato e permanente laboratorio di
interazione tra fede e vita. Quanti sono coinvolti nella vita oratoriale, a vario titolo, siano essi
ragazzi, giovani, famiglie e adulti, sono chiamati a vivere un’esperienza globale che trae dal
Vangelo forza e significato, e che ha nell’incontro con il Signore Gesù la sua fonte e il suo
culmine. Una tale configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi
differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della Chiesa, come i
cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa; altri che rispondono alle esigenze
del primo annuncio, soprattutto nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e
religioni oppure di giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi
educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici attività oratoriali
messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi:
sport, esperienze comunitarie, animazione, teatro, volontariato sociale e missionario,
laboratori artistici, pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità
educativa dell’oratorio si cimenta.
All’interno di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione
religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di itinerari di fede in
grado di garantire una maturazione spirituale progressiva e integrale. Questa prassi
ampiamente diffusa è molto importante e risponde all’esigenza di sviluppare una crescita
armonica e solida in cui la catechesi sia costantemente coniugata con le scelte di vita, al fine
di condurre i giovani ad una piena maturità cristiana. Sono sempre più frequenti anche i casi
in cui l’iniziazione cristiana viene avviata proprio grazie alla frequentazione dell’oratorio32.
12
personale con una guida e nella preghiera che egli viene aiutato a fare sintesi di vita e
scelte di futuro in quanto discepolo del Signore;
l’accoglienza progettuale del ragazzo e del giovane, rispettati nel loro percorso storico di
vita e nei loro interessi espressivi e ricreativi, ma insieme pro-vocati e sollecitati nel loro
cammino di crescita e maturazione verso la pienezza di maturità in Cristo, avendo come
orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità ecclesiale e civile e la propria
santificazione;
la possibilità di percorsi graduali e differenziati: ragazzi e giovani, pur appartenendo alla
medesima fascia di età oppure frequentando le medesime attività scolastiche e oratoriali,
hanno esigenze e storie diverse, per cui è opportuno che il dono di vita buona del Vangelo
si adatti ad ogni singola persona, incontrando i giovani al punto in cui si trova la loro
libertà e accompagnandoli nella loro piena maturazione.
Di conseguenza emerge con chiarezza che la missione evangelizzatrice dell’oratorio non
si esprime solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto essenziali e
ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a innervare ogni singola attività ed
esperienza, i tempi e i luoghi dell’oratorio, a partire dalle motivazioni chiare e profonde di
coloro che vi operano34.
34
Cfr Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.
13
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con
Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale»35.
Molto spesso il tempo concorre notevolmente a definire lo spessore della relazione;
perciò l’oratorio favorirà, per quanto possibile, una continuità relazionale, senza la quale
difficilmente si potrà costruire un percorso educativo promettente. Oltre a essere costanti e
qualificate, quelle che si vivono in oratorio mirano ad essere anche relazioni autorevoli in
grado di aiutare i ragazzi e i giovani a fare sintesi. La vita dei ragazzi e dei giovani è segnata
da diversi rapporti, per lo più settoriali, che raramente riescono a fissare l’attenzione su tutta
l’ampiezza e la complessità del vissuto personale. Occorre passare dalla “consumazione delle
relazioni” ad una sapiente e qualificata “costruzione delle relazioni”. L’esperienza insegna
che spesso l’oratorio finisce per essere di fatto il luogo unificante del vissuto, aiutando chi lo
frequenta a superare il rischio, oggi tutt’altro che ipotetico, della frammentazione e della
dispersione. La caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in
oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa al bene dell’altro.
Tale atteggiamento genera stupore e dischiude orizzonti di fiducia, insieme al desiderio di
mettersi in gioco e di imitare chi si spende con generosità per gli altri.
14
culture e religioni è motivo e occasione di ripensamento e di riorganizzazione della proposta
oratoriana. Occorre, inoltre, misurarsi anche con situazioni di grave degrado sociale e
culturale (criminalità organizzata, disoccupazione, alcolismo, droga…): di fronte a tali
contesti, con lo spirito del buon samaritano l’oratorio si fa “prossimo”, reinventando modalità
e iniziative per rispondere alle nuove emergenze educative.
36
Dilecti amici, n. 3.
15
dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che c’è più gioia nel dare che nel
ricevere (cfr At 20,35) .
Parliamo qui di un protagonismo sano e virtuoso che non ha nulla a che fare con le
connotazioni negative riscontrabili nella cultura odierna. Si registra, infatti, una dannosa
tendenza all’esibizionismo e al narcisismo, che generalmente si esprime in un accentuato
individualismo, interpretabile anche come forma di compensazione della propria fragilità
personale, percepita o reale. Nonostante questi reali limiti e possibili rischi, il protagonismo,
sia giovanile che adulto, rimane la migliore risorsa dell’oratorio per avviare percorsi di
educazione alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità.
Le vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile danno
origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione di più elementi che si
intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a persona:
via privilegiata è quella dell’“imparare facendo”, che certamente richiede un minimo di
competenza, ma che soprattutto esige disponibilità ad apprendere, passione nel dedicarsi e
fedeltà nel mantenere gli impegni presi;
contesto essenziale al protagonismo oratoriano è quello dell’agire comunitario, basato sul
confronto e sulla condivisione, ragione per cui non si opera mai da soli e in forma isolata o
autoreferenziale;
percorsi di formazione che siano in grado di sviluppare processi di approfondimento e
assimilazione delle adeguate motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale.
A sostegno della proposta oratoriana di graduale e progressivo coinvolgimento di tutti,
ragazzi, giovani, adulti e famiglie a servizio degli altri sovente viene proposta la dinamica
della “restituzione”. Tutti, in modi e situazioni diverse, hanno ricevuto del bene da qualcuno.
Tutti quindi, ognuno secondo le proprie possibilità e capacità, sono chiamati a restituire tale
bene diventando dono per altri. L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri talenti e a
metterli a frutto per il bene di tutti. In tale dinamica si inserisce anche l’esperienza del bene
sommo, la grazia divina, che tutti abbiamo ricevuto nella passione, morte e risurrezione del
Signore Gesù, e a cui tutti siamo chiamati a rispondere diventando a nostra volta dono.
16
La prima e fondamentale alleanza educativa è certamente quella con la famiglia, come
ricordato dai Vescovi: «Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto
nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che
essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i
genitori nel loro ruolo di educatori» 37 . Il ruolo fondamentale della famiglia nei processi
educativi implica anche una particolare attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso
quei ragazzi e giovani che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e sofferenza.
Altro orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al mondo
della scuola, con il quale l’oratorio crea quanto più possibile una collaborazione permanente
ai diversi livelli, nell’interesse reciproco e prima ancora dei ragazzi stessi. Particolare
attenzione sarà riservata alla figura del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a
stabilire punti di contatto e di sapiente interazione. Tra le attività dell’oratorio, quella molto
diffusa del doposcuola costituisce certamente un ambito privilegiato di collaborazione che
merita di essere incentivato e incrementato.
Di grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che spesso
gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori, costituisce una delle più
grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a casa propria nell’oratorio. Occorre però
vigilare affinché gli aspetti agonistici non prendano mai il sopravvento sulle finalità
educative. L’oratorio, oltre a promuovere al suo interno attività sportive, potrà anche valutare,
di volta in volta e dopo adeguato discernimento, l’opportunità di sviluppare collaborazioni
con le altre realtà sportive del territorio.
17
famiglie ad umanizzare il tempo e a vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo
dell’oratorio e la sua declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in
modo sapiente i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre
attività della parrocchia. Inoltre il progetto educativo di ciascun oratorio saprà indicare i
momenti e tempi più opportuni in riferimento alle attività settimanali feriali e festive, così
come nell’ambito del programma annuale. Una particolare attenzione dovrà essere riservata
anche ai tempi liturgici e a quelli della crescita nella fede. Un tempo propizio per le attività
dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso non esaurisce tutte le proposte dell’oratorio,
che anzi trovano il loro fondamento nelle attività svolte durante l’anno pastorale, ma
costituisce un momento decisamente privilegiato nel quale proporre attività formative e
ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è quello dell’animazione, ovvero quello del
coinvolgimento diretto; è un metodo attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto
e per la notevole carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice,
dinamica e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale metodo si
serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità. Molto spesso la ricchezza di una proposta
educativa dipende in grande misura dalla varietà dei linguaggi attraverso i quali riesce a
esprimersi. L’utilizzo di più linguaggi può permettere un’assimilazione dei contenuti più
precisa e profonda, oltre che dare la possibilità a ciascuno di esprimersi a partire dalle proprie
inclinazioni naturali. L’oratorio assume volentieri i linguaggi del mondo giovanile
contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa riconoscere la propria lingua. In
particolare sceglierà di servirsi dei linguaggi del gioco libero e creativo, dello sport spontaneo
e organizzato, della musica, della narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative
riconosciute, apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi, merita certamente una
menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente digitale.
18
A questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono le
diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si possono riscontrare
nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano: incontri di gruppo, in cui sovente si
affrontano temi e si attivano dinamiche proprie di una determinata età; scuola di formazione
sociale e politica, per accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività
sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate sempre meno
passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di rinnovamento culturale,
innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di comunicazione e informazione (web e
giornalini), con un’attenzione speciale ai new media e ai social network, che tanto peso hanno
oggi nel prolungare e allo stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di
accoglienza e scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella
convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e solidale”, iniziative
di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema del rispetto dell’ambiente e molti altri
ancora sono gli ambiti in cui l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone
la propria sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e collaborazioni in
questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e con le varie iniziative di
solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.
19
TERZA PARTE
IMPEGNO E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
20
23. Formazione e profilo delle figure educative
Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene
consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative. Centrale è la
figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: San Filippo era chiamato padre
nell’accezione più intensa dai giovani romani che frequentavano l’oratorio per gli eccezionali
sentimenti di paternità con lui sperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un
ambiente di famiglia sotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe dire
delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano quasi interamente dediti
all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura nella stessa struttura oratoriana e
assumendone la responsabilità educativa e gestionale.
Ancor oggi il più grande patrimonio dei nostri oratori è rappresentato dalle decine di
migliaia di educatori, formatori, animatori e collaboratori che prestano un generoso servizio,
donando tempo e competenze. Tutti possono fare qualcosa per il proprio oratorio, ma secondo
i ruoli e le responsabilità non potrà mancare una specifica e adeguata formazione. La
disponibilità da sola non basta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un
attento cammino di formazione pensato e progettato insieme nei luoghi e nelle forme più
appropriate. Perciò tutti, parrocchie, istituti di vita consacrata, aggregazioni laicali con un
carisma educativo devono sentire forte la necessità di camminare insieme e stringere alleanze
educative per il servizio da offrire a supporto dei singoli oratori.
In ogni oratorio si porrà poi la dovuta attenzione affinché la gestione delle attività non
diventi mai prevalente rispetto al fine educativo. Al di sopra del fare e dell’organizzare dovrà
essere sempre salvaguardata la relazione, la condivisione dei programmi, la comunione
d’intenti, considerando i ragazzi mai come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti
della loro crescita. Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi
per la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario che periodicamente ci
si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il lavoro svolto. La formazione andrà
pensata anche in base al ruolo che ciascuno ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa,
in un quadro di comunione e condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle
responsabilità. In considerazione dello sviluppo che gli oratori stanno registrando su tutto il
territorio nazionale, si dovranno sempre più prevedere e organizzare momenti qualificati di
formazione a livello parrocchiale, diocesano, interdiocesano, regionale e nazionale, anche con
il supporto di centri universitari specializzati, facoltà e istituti teologici, istituti superiori di
scienze religiose.
All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in un tempo in
cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterla garantire a tempo pieno. Pure
laddove non si può beneficiare di una presenza assidua non potrà mancare una figura
sacerdotale di riferimento, specie per gli aspetti spirituali e formativi. Peraltro questa presenza
non deve essere relegata solo ai giovani sacerdoti: l’esperienza insegna che l’efficacia
educativa non coincide con la vicinanza generazionale fra educatori e ragazzi, anche se questo
aspetto a volte può avere un suo valore. È sempre più necessario che i sacerdoti stiano in
oratorio più per gli aspetti religiosi che per quelli organizzativi, per favorire un autentico
clima di scambio, di conoscenza, di stima e per offrire un accompagnamento umano e
spirituale ai ragazzi e agli educatori. Vedere un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice
della propria scelta è un segno forte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete
21
e affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande dono. Essi, con
la professione dei consigli evangelici, danno concreta testimonianza di un amore libero e
disinteressato che si fa carico, in particolare, dei più poveri, deboli e indifesi. Tra tutte le
presenze non deve essere assolutamente trascurata quella degli stessi giovani adulti, il cui
protagonismo deve essere sostenuto e orientato al servizio.
La necessità di avere in oratorio figure stabili di riferimento è indiscutibile:
tradizionalmente essa è individuata nel direttore, coordinatore o responsabile dell’oratorio, ma
in alcuni grandi oratori operano stabilmente diversi educatori. I ruoli di responsabilità, in
passato, venivano svolti per lo più da sacerdoti o religiosi/religiose. Oggi, sempre più spesso,
tale compito viene affidato a dei laici preparati. Al di là delle tradizioni e delle odierne
situazioni, chiunque, su mandato ecclesiale, ne assuma la responsabilità deve operare perché
l’oratorio “funzioni bene”, coordinando le varie attività, operando nell’ottica evangelica e
vocazionale, garantendo la cura delle relazioni interpersonali, lo stile dell’accoglienza e la
qualità educativa dell’ambiente. Il responsabile è chiamato a favorire un positivo e armonico
intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone doti di
coordinamento e una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a
titolo personale e per questo riceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne
certifica la formazione e ne determina la funzione.
La questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabile deve
essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è sempre bene promuovere la
gratuità e il volontariato, anche per una chiara scelta educativa, senza però che questo
pregiudichi la qualità della proposta. Quando l’impegno richiesto e il mandato affidato
assumono carattere di prolungata stabilità ed implicano alta professionalità, non sempre
possono essere ricondotti ad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere
molteplici e vanno individuate in base alle situazioni concrete, alle esperienze e alle
determinazioni dell’autorità ecclesiastica. In ogni caso occorre tener presenti alcuni criteri:
l’appartenenza e la dedizione ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con la morale
cattolica, le competenze e la professionalità, il livello di responsabilità e l’impegno richiesto,
il senso della giustizia, la sostenibilità dell’onere da parte della comunità o dell’ente titolare
dell’oratorio.
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La presenza sul territorio nazionale di associazioni cattoliche che operano per la
promozione e l’organizzazione dell’ambito sportivo – prima fra tutte per la sua storia e la sua
presenza capillare il Centro Sportivo Italiano – è di grande aiuto per gli oratori. Ad esse viene
richiesto non solo di collaborare nell’ambito delle attività sportive, ma di integrarsi
pienamente nella vita dell’oratorio assumendone fino in fondo le finalità educative. Deve
essere pertanto incentivato il collegamento fra di esse e le strutture di coordinamento degli
oratori al fine di creare maggiori sinergie e unità di intenti a beneficio dei ragazzi e dei
giovani.
L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della loro espressività rende l’oratorio a misura
dei più giovani, lo fa sentire familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le
numerose manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti elementi
che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché favoriscono una presenza
attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le varie attività proposte assumono così
una valenza culturale, oltre che educativa.
Una forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una significativa
educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della fede, che non è tale se non
genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi, contribuisce all’attuazione di quel progetto
culturale che dalla metà degli anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro
Paese. La dimensione culturale delle attività educative, oltre al valore intrinseco e al beneficio
che apporta alla crescita dei ragazzi e dei giovani, può diventare ulteriore motivo di
coinvolgimento delle famiglie e della comunità. L’oratorio, con le sue attività culturali,
diviene così protagonista della vita spirituale e sociale della comunità. All’interno di
un’autentica rete educativa tali attività possono risultare strategiche anche per dialogare con il
mondo scolastico o con altri circuiti culturali presenti nel territorio.
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dimensione dell’apertura, della cordiale convivenza e della testimonianza della fede. Il
linguaggio dell’accoglienza fa già parte, di fatto, del patrimonio e della sensibilità educativa
dell’oratorio. Tale contesto può favorire un confronto, anche per superare una certa
indifferenza diffusa, rispetto alle questioni più profonde dell’identità, compresa quella
religiosa.
Pur nel rispetto di tutte le provenienze e sensibilità religiose è da escludere che,
all’interno degli oratori, siano ospitati momenti di culto pubblico di altre religioni. L’oratorio
rimane espressione della comunità cristiana e questa natura non può essere mai negata o
offuscata. All’interno delle attività dell’oratorio, che pur contemplano l’accoglienza di ragazzi
di altre religioni e tradizioni, non si potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione
cristiana, alla dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio evangelico a
tutti. Il rispetto della sensibilità dei ragazzi e dei giovani di altre religioni richiede che la
partecipazione ai momenti più tipicamente religiosi non sia obbligatoria. Appare comunque
fondamentale offrire a tutti la possibilità di comprendere la tradizione cattolica, i contenuti
della fede e delle espressioni spirituali. Una tale conoscenza li aiuterà a integrarsi meglio con i
loro compagni e nell’ambiente oratoriano in cui si trovano a vivere.
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Educare alla vita buona del Vangelo, n. 51.
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27. Aspetti amministrativi e collaborazione con altri soggetti
Le attività dell’oratorio si svolgono in ambienti e strutture di vario genere: pertinenze
dell’edificio di culto, sale della comunità, saloni, spazi musicali, biblioteche, campi sportivi,
parchi, tanto per citare quelli più comuni. A volte si tratta di spazi limitati, altre volte di
complessi e strutture di notevole estensione. Anche le attività educative esercitate al suo
interno si configurano in diversi modi: spontanee, organizzate, servizi alla persona, incontri,
percorsi. Alcune attività possono svolgersi in collaborazione con realtà diverse: associazioni
sportive e di oratorio, gruppi, enti di vario genere, associazioni culturali… In questi casi deve
essere chiara e fatta sempre salva la responsabilità ultima dell’ente ecclesiale titolare
dell’oratorio. È bene che tali collaborazioni siano definite con cura, se necessario, anche dal
punto di vista giuridico con convenzioni e specifici accordi. La gestione di un oratorio,
quindi, dal punto di vista amministrativo, può essere molto complessa e per alcuni aspetti
anche in continua evoluzione. Il rispetto delle leggi e delle norme relative a tali attività è parte
integrante della proposta educativa di un oratorio. Vanno evitate forme di spontaneismo e di
improvvisazione garantendo all’oratorio una precisa configurazione giuridica e organizzativa.
Ogni oratorio, a seconda della sua concreta strutturazione, deciderà come organizzarsi rispetto
alla gestione amministrativa, nel rispetto della normativa canonica e civile. È importante,
comunque, mantenere sempre il riferimento diretto alla comunità ecclesiale, relazionando
periodicamente, nelle sedi opportune, sulla conduzione economica dell’oratorio e
condividendo con le autorità ecclesiastiche preposte anche le fondamentali scelte di carattere
giuridico e amministrativo.
Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli enti pubblici si è molto evoluto. Si registra un
crescente interesse da parte delle istituzioni pubbliche che a diversi livelli hanno anche
legiferato e promosso azioni amministrative a sostegno degli oratori. Negli ultimi anni
l’oratorio ha ottenuto ampi riconoscimenti della propria funzione sociale ed educativa, ad
ogni livello, nazionale, regionale e locale. La realtà civile ha scoperto, e sempre più apprezza,
l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al territorio con cui intessere patti
educativi e creare servizi per le giovani generazioni e le famiglie.
È importante che questi rapporti non pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e
avvengano nel pieno rispetto del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà
religiosa. Occorre pertanto vigilare affinché tali collaborazioni, di per sé positive e finalizzate
al bene comune, non determinino vincoli o restrizioni alla libertà di indirizzo e di gestione
educativa della comunità ecclesiale e non finiscano per generare improprie e inaccettabili
commistioni. Nel futuro risulterà ancora più interessante allargare queste collaborazioni anche
ad altri enti pubblici con cui, in questo momento, risulta più faticosa una collaborazione
strutturata (mondo scolastico in primis), preferendo sempre di più, rispetto alle strutture,
accordi che agevolino la creazione o il consolidamento di servizi educativi.
Al fine di gestire in modo adeguato il rapporto con gli enti pubblici è necessario avere
qualificati supporti dal punto di vista amministrativo e giuridico. In ambito nazionale tale
esigenza è realizzata dalla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso
gli uffici competenti, i quali si avvalgono anche delle attività del Forum degli Oratori Italiani
(FOI), costituito dagli organismi di coordinamento regionale, dalle associazioni ecclesiali di
rilevanza nazionale e dagli istituti di vita consacrata che riconoscono l’oratorio quale ambito
di pastorale dell’età evolutiva e giovanile. A livello regionale è bene che il soggetto di
riferimento siano le rispettive Conferenze Episcopali. I coordinamenti diocesani sono poi
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importanti per seguire gli oratori presenti nel territorio, suggerendo e monitorando gli accordi
con le amministrazioni locali, sempre nel rispetto delle reciproche autonomie, al fine di
rendere concreto il comune interesse e la collaborazione per la crescita serena e positiva dei
ragazzi e dei giovani.
L’oratorio normalmente non ha personalità giuridica per cui gli accordi con gli enti
pubblici vanno stipulati tramite i soggetti ecclesiali di riferimento. Essendo l’oratorio
espressione della comunità ecclesiale, in genere della parrocchia, è bene che gli accordi con
gli enti pubblici siano stipulati dall’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto di cui l’oratorio
è espressione o da enti la cui responsabilità sia direttamente riconducibile all’autorità
ecclesiastica, evitando che altri soggetti operino in nome e per conto dell’oratorio. Va sempre
garantita la titolarità e la responsabilità ecclesiale della gestione dell’oratorio, soprattutto in
presenza di accordi e convenzioni con enti pubblici e privati non ecclesiali, rispettando
eventuali indicazioni dell’Ordinario in materia39. La saggezza dell’esperienza suggerisce di
stipulare accordi solo laddove esista, da parte dei rappresentanti dell’ente di riferimento, un
pieno rispetto della natura e delle finalità proprie dell’oratorio e la condivisione delle modalità
tipicamente ecclesiali di servizio al bene delle nuove generazioni.
39
Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Istruzione in materia amministrativa, 1° settembre 2005, nn. 10. 21.
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CONCLUSIONE
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INDICE
INTRODUZIONE
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente laboratorio educativo
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