EDITORIALE
28 Il testo risale almeno alla V dinastia. 29 Klunius U., op. cit.
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Il passo seguente dimostra che nei Testi delle Piramidi, il doppio culto in avorio; la stessa necropoli di Tarkhan, che è da comprendere nell’area
solare-stellare era ben espresso. “O Rē-Atum, questo Re-Osiride viene a menfita, ha restituito reperti funerari da associare al culto di Osiride.
te, come uno spirito imperituro…tuo figlio viene a te”(Pt 152), e ancora, Riguardo al Medio Regno, Seti I ripropose l’Osireion riprendendo le
“..Osiride è …. Rē egli stesso..”(cap. XV libro per uscire al giorno). tecniche e le concezioni costruttive del protodinastico. Stesso discorso
Abbiamo visto che il re è visto come Osiride-Orione o come materiale vale per quanto riguarda il faraone Sesostri I. Infatti, l’obelisco da lui
proveniente dal cielo, ho affermato che questo rapporto è legato al costruito contiene incise delle iscrizioni che attestano l’esatta collocazione
significato di piramide; proseguiamo nella lettura dei Testi delle Piramidi. dello stesso nel punto esatto dove sorse il vecchio obelisco con la pietra
“Questa piramide del re è Osiride, questa sua costruzione è Osiride…” ben ben nel tempio astronomico della fenice a Iwnw. Studi compiuti
(Pt Dic.600). I nomi stessi dei re sono legati alle stelle: da R. Bouval e A. Gilbert hanno dimostrato come questo pilastro fosse
Djedefra:” la piramide è la stella Sehedu”, Nebka :“Nebka è una stella”, sulla stessa direttrice della piramide di Khufu, il quale ritengo sia anche
“Khufu è uno appartenente all’orizzonte”, o la piramide è “l’orizzonte di orientato con il santuario di Khem32.
Khufu”30. Il culto solare e stellare è rappresentato sia dalle strutture architettoniche
Riguardo a Snefru, iniziatore della IV dinastia: “Snefru appare in gloria”, religiose, sia dal percorso rituale con le barche sacre e dalla liturgia,
“Snefru dal sud appare in gloria”. resa manifesta attraverso il viaggio notturno di Osiride con il rituale
Da ciò si rivela come il re sia figlio del cielo e degli dei primordiali, dell’erezione del pilastro Djed (connesso alla mummificazione). Questo
di cui è il detentore filogenetico in terra. Questo concetto ci aiuterà a perché, secondo le credenze antiche, il re era, in vita, la rappresentazione
capire perché i nomi dei faraoni non sono mai riportati all’interno delle di Rē, il sole, da defunto invece di Osiride, il quale risorgeva sotto forma
piramidi della IV dinastia. Di fatto, in tutti i versi citati, mi sembra chiaro di una costellazione nel cielo, cioè Orione.
il riferimento a Orione come elemento centrale nel rituale del culto dei Le ragioni che spinsero i sacerdoti-astronomi egizi a partorire un tale culto
morti. Il re è assimilato ad Orione come stella, ed esso stesso diventerà, possono essere state molteplici. Si potrebbe spiegare come un fenomeno
dopo la morte, l’Osiride giustificato, il quale si posizionerà in una parte filosofico e religioso spinto dall’osservazione dei fenomeni celesti,
ben specifica del Duat, ossia la volta celeste. dalla conoscenza della quale la vita del popolo egizio dipendeva per la
Appurato che esistevano dei luoghi per le misurazioni astronomiche, sussistenza, o ancora come un’esigenza di tipo prettamente religioso,
che Khem fosse il luogo dove erano contenuti i sacri oggetti rituali come sostenuto da alcuni autori33.
per l’apertura della bocca, i quali erano direttamente collegati al culto Facendo una rapida esposizione del rito inerente le sepolture sin
meteoritico degli Akhu, della Fenice e del seme primordiale o uovo dalla I dinastia, è possibile identificare una struttura ben definita sia
cosmogonico ben ben nella città di Iwnw, cerchiamo ora di capire come nell’Alto quanto nel Basso Egitto. Ci si limiterà, per ovvie ragioni, a
fosse eseguito il culto duale di Rē-Osiride. costruire un quadro generale soprattutto per quanto riguarda la fase pre
L’esistenza del culto duale di Rē-Osiride si evince sia dai testi scritti, e protodinastica34. Per quanto riguarda gli elementi costituenti l’aspetto
sia dai dati archeologici relativi all’Egitto protodinastico e da quelli che rituale, sappiamo che già, nel protodinastico, esistono i modellini di
vanno dal Regno Antico al Regno Medio. Di fatto, rappresentazioni barche come funzione rituale o comunque vasi con rappresentazioni di
dell’erezione del pilastro Djed osiriaco sono presenti nei centri di Pu e barche e cortei, i quali, pur con tutte le riserve del caso, possono essere
Depu, quanto a Helwan31, luogo dove, tra le altre cose, in alcune tombe
della I dinastia sono stati rinvenuti, come oggetti cultuali, pilastri Djed 32 Murgano R., 2007.
33 Legon J. A. R., 1988.
30 Edwards I. E. S ., op. cit. 34 La problematica inerente gli aspetti rituali è troppo complessa per poterla esporre
31 Saad Z. Y., 1957;. Saad, Z. Y, Autry J . F., 1969. in modo esaustivo in questa comunicazione.
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visti come rappresentazioni legate al culto funerario35. Inoltre, le barche viceversa, cioè la doppia funzione del re-dio in vita ed in morte, rito e
associate alle sepolture dalla III dinastia in poi, sappiamo essere disposte culto solare e stellare associati. Deposita l’uovo cosmogonico ben ben,
con la prua verso i punti cardinali per permettere al re di poter navigare rappresentato da un meteorite (che come abbiamo visto, da origine ad
nel Duat celeste e terrestre. Di fatto, sappiamo che vi era un’area ben un culto preistorico fondamentale in Egitto). La conferma che Osiride
definita sin dal protodinastico per la collocazione rituale-topografica sia il meteorite, la fenice e, quindi, Rē stesso e Orione, si evince dai
delle barche, in apposite fosse. Sin dalla I dinastia, oltre ai modellini testi antichi. Nel capitolo XVII del “libro per uscire al giorno” si dice:
di barca e alle suppellettili varie o cibi per il defunto, vi sono, come nel “Io sono Rē alla sua prima apparizione, governando ciò che ha fatto-…
caso di Helwan, pilastri Djed legati ad Osiride come amuleti o, in altri Chi è questo? (Replica).. E’il cominciare di Rē quando sorge in Het-
casi, dipinti con lotte rituali o ancora, nel caso di Djoser, vere e proprie nen-nesut come l’essere che si è dato forma…Io sono il dio grande che
rappresentazioni del dio nel suo regno (camera celeste). Il legame con ha dato generazione a se stesso e all’acqua e al Nu padre degli dei…
il dio Atum-Rē è espresso dalla mastaba, dalla barca solare ed in ultimo Chi è questo?E’ Rē creatore delle proprie membra che divengono gli
dalla rappresentazione del re con Horus sul serek. I contesti archeologici dei al seguito di Rē …Chi è questo? È Osiride…Chi è lui? Io sono
delle sepolture inerenti le prime due dinastie sono evidenti in tal senso. questo grande bennu che è in Iwnw ..chi è questo? Il bennu è Osiride in
Il contesto funerario è associato esclusivamente ad Osiride. Dopo questa Iwnw. L’inventario di ciò che è e di ciò che sarà è il suo corpo…(in una
breve disamina dei dati archeologici inerenti i contesti tombali del pre e variante) è l’eternità e la perpetuità. L’eternità è il giorno, la perpetuità è
protodinastico, soffermiamoci sui testi religiosi di epoca dinastica. Come la notte…Cosa è questo? Osiride entra in Djedu e ivi ha trovato l’anima
si evince da alcuni fra i tanti versi dei Testi delle Piramidi riportati di di Rē: le due anime si abbracciano reciprocamente divenendo le anime
seguito, durante la V e la VI dinastia, il culto del sole e quello delle stelle gemelle…sono le anime che si trovano in Djedu”.
coesistevano ed erano espressione di un unico culto: E’ chiaro che lo stesso Djedu rappresenta le due divinità che formano una
“Ho camminato sui tuoi raggi come su una rampa di luce per ascendere sola anima. D’altronde, spesso lo Djed viene rappresentato con il sole al
al cospetto di Rē …il cielo ha reso solidi i raggi del sole affinché possa suo vertice36; tale rappresentazione non fa altro che confermare l’ipotesi
elevarmi sino agli occhi di.. Rē.. hanno costruito una scala verso il cielo di lavoro di chi scrive. Giova ricordare, qualora ce ne fosse bisogno,
affinché io possa raggiungere il cielo per suo mezzo”(Pt). che l’amuleto della vita Ankh deposto nella mummia del defunto, nel
“O re tu sei questa grande stella, il compagno di Orione.. il cielo ti ha papiro Ani37 viene rappresentato mentre sorge dal Djed e le braccia che
ridato vita con Orione” (pt882-883) “Guardate egli è diventato come sporgono da esso sostengono il disco solare. Questa rappresentazione è
Orione, guardate Osiride è diventato come Orione .la tua terza è sothis”. l’archetipo del culto di Rē -Osiride. Infatti, lo Djed è Osiride, cioè il
(pt 820-822). “O re, tu sei questa Grande Stella, il compagno di Orione, pilastro che, secondo la tradizione, si erige di notte, ed è necessario
che attraversa il cielo con Orione, che naviga il Duat con Osiride..” (pt per la resurrezione del defunto; l’Ankh è il simbolo della vita, cioè la
882). rinascita, il sole sostenuto dalle braccia è Rē. Nei Testi delle Piramidi
“Questa piramide del re è Osiride, questa sua costruzione è Osiride”(pt versi 1416-17, si dice che Osiride è il seme ben ben, in versi successivi
600). 1469 e 152, si afferma che Osiride sia una stella ed uno spirito imperituro.
Elemento determinante per il culto era l’uccello sacro Bennu, ossia Ora, Osiride, nei Testi delle Piramidi ma anche nei testi successivi, libro
la fenice. Esso incarna Rē-Osiride nel lungo viaggio fra est-ovest e per uscire al giorno, testi dei sarcofagi ecc, viene associato ad Orione
ma, soprattutto, viene riconosciuto come Sahu, cioè l’anima di Orione
35 Le rappresentazione di barche sui vasi o su oggetti funerari si riscontra sia nell’Alto
quanto nel Basso Egitto. Si veda: Rice M., 2000. Riguardo alle rappresentazioni delle 36 Libro per uscire al giorno, si veda a proposito: de Rachewiltz B. 1986.
barche ad Helwan, alcuni esempi in: Rice M., 2000, fig. 68. 37 Seconda edizione, illustrazione 2.
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che, come termine filologico, rappresenta anche la mummificazione. Di
fatto, è chiaro che Atum-Rē e Osiride sono legati come anime gemelle
attraverso l’uccello Bennu, simbolo del doppio culto, attraverso una serie
di riti facenti capo a due culti che esprimevano il concetto di dualità, vita/
morte-rigenerazione, rappresentati inoltre sia dal Djed quanto dal luogo
in cui veniva eretto lo Djed, cioè Djedu, che era il luogo fisico dove
veniva eretto il pilastro. Ora, nei testi si parla dell’erezione del Djed in
Djedu quasi che fosse legato ad un rituale fisico che non riguardi solo
il pilastro ma una serie di operazioni che possono essere anche viste
in senso di movimenti di determinate stelle o di legami astronomici
collegati a Djedu. Sappiamo che il concetto di akh e degli Akhu (spiriti
trasfigurati, ossia le stelle circumpolari) è antichissimo, lo ritroviamo
nelle iscrizioni della I dinastia, e i pozzi delle tombe del Regno Antico
sono rivolte a settentrione onde poter raggiungere i venerabili compagni
del polo celeste38. Di fatto, studi recenti hanno dimostrato che i condotti
all’interno della piramide di Khufu, definiti un tempo di “areazione”,
altro non sono che le uscite per il viaggio del faraone che raggiungeva
le stelle circumpolari, ma più precisamente la Costellazione di Orione
e la stella Sirio. Sappiamo, inoltre, che il processo di mummificazione
era identificato come Sahu (cioè l’anima di Osiride-Orione), che esso
è connesso a Osiride ed è necessario per la sua resurrezione39. Niente
di più facile che, a Djedu, il rito presupponesse, oltre all’erezione dello
Djed, anche il rituale della mummificazione, che, per essere completo,
necessitava di 70 giorni, i quali erano, a loro volta, i 70 giorni necessari
alla levata eliaca della stella presa in considerazione, che rappresentava
il rito legato al percorso astrale del re-Orione, il quale, sotto le spoglie di
Osiride, con il rituale dell’apertura della bocca e seguenti, si rigenerava.
30 31
Osservazioni sull’evoluzione del
culto di Osiride e sulla concezione
divina della regalità fra la Va
dinastia ed il Nuovo Regno*
Fig. 1.
Saqqara. Piramide di Pepi I: passaggio fra l’anticamera e la camera funeraria decorato
con i Testi delle Piramidi(da J. Leclant, À la piramide de Pépi I, la paroi nord du passage
A-F, in RdE, 27 (1975), p. 138, fig. 1).
34 35
Fig. 3
Valle delle Regine. Tomba
della regina Nefertari: Ra
e Osiride uniti in un’unica
figura mummiforme dalla
testa di ariete. Ai lati Iside
e Nefti( da C. Leblanc
– A. Siliotti, Nefertari
e la Valle delle Regine,
Firenze, 1997, p. 135).
Fig. 4
Pianta dell’Osireion di Abido (da E. Naville, Le grand réservoir d’Abydos et la tombe
d’Osiris in ZAS, 52 (1914), tav. IX).
36 37
Fig. 6
Valle dei Re. Tomba di TutankhAmon: il faraone TutankhAmon accompagnato dal Ka
abbraccia Osiride.
Fig. 5
Osireion di Abido: Horus offre il segno ankh a Osiride (da M.A. Murray, The Osireion
at Abydos, London, 1904, tav. IX.
38 39
In più passi l’opera di Horus risulta indispensabile per il completamento
É a Ra, infatti, che sono riferite od indirizzate molte delle formule, nella del rituale di “resurrezione”7 e, per quanto vogliamo evidenziare, per la
sua forma di Atum, capo dell’Enneade, dio creatore e sole notturno: “protezione” che egli fornisce ad Osiride.
La formula con la quale “il re diviene uno spirito” può illuminarci sul
“…O mio padre nell’oscurità! O mio padre Atum nell’oscurità! Portami parallelismo che l’atto magico vuole instaurare:
al tuo fianco, così che possa accendere una fiamma per te e possa
proteggerti, come Nu ha protetto queste quattro dee nel giorno che esse “…Il figlio ha protetto suo padre, Horus ha protetto Osiride, Horus ha
protessero il trono: Isis, Nephthys, Neith e Selket-hetu” (pyr. 362). protetto questo [re] dai suoi nemici. Possa tu sorgere, o [re], protetto
e fornito come un dio, equipaggiato con la forma di Osiride sul trono
Il re defunto è a volte identificato direttamente con Osiride; in altri casi, del Primo degli Occidentali… possa tuo figlio succedere sul tuo trono
appare seguire il cammino del dio sino a giungere a salire sul suo trono: equipaggiato con la tua forma…”(pyr. 758-760).
“O [re], tu non sei partito morto, tu sei partito vivo; siedi sul trono di Il testo si conclude con:
Osiris, il tuo scettro nella tua mano, possa tu dare ordini ai vivi; il tuo
scettro a bocciolo di loto nella tua mano, possa tu dare ordini a quelli le “possa il tuo nome vivere sulla terra, possa il tuo nome durare sulla
cui sedi sono nascoste…” (pyr. 213) 5. terra, perché tu non perirai, ne sarai distrutto per l’eternità” (pyr. 764).
Che Osiride sia, esso stesso, un re defunto o, piuttosto, la personificazione Può forse apparire una forzatura collegare la parte finale di questa lunga
della “dead kingship”6 è un argomento che non ci interessa affrontare formula al concetto della “successione regale”, ma, di fatto, quest’ultimo
in questa sede. Quello che ci preme, invece, sottolineare è il molteplice è inserito all’interno di una sequenza che si apre con la salita del re defunto
rapporto che unisce la figura di questo dio a quella del dio Horus. Le al cielo, dove troverà ad attenderlo Ra che lo guiderà, collocandolo, poi,
due divinità appaiono strettamente connesse, sia per quanto concerne le sul trono di Osiride. Ciò che accade al re in Cielo ha la sua conclusione
vicende del mito osiriaco, in particolare la lotta fra Horus e Seth, sia in sulla Terra, dove il nome del re continua a vivere. In questo processo sta,
relazione alle cerimonie svolte all’interno del rituale funebre. secondo questa parte del rituale, l’azione di Horus, che succede al suo
predecessore.
La prima parte dei Testi delle Piramidi contiene il “rituale dell’apertura Va ricordato che il ruolo del faraone non terminava con la sua morte, ma
della bocca”, secondo una formulazione che rimarrà pressoché immutata che egli continuava a contribuire all’ordine ed al conseguente benessere
nei secoli, nel quale, per magia simpatica, l’atto compiuto da Horus, del paese anche dall’Oltretomba. Tutte le complesse pratiche funerarie,
impersonato nel rito dal re successore, è ripetuto sul sovrano defunto: comprendenti la procedura d’imbalsamazione, avevano lo scopo sia di
garantire la sopravvivenza del defunto, sia di renderne incorruttibile il
“O [re], io sono venuto in cerca di te, perché io sono Horus; io ho colpito corpo fisico e di assicurare una sorta di “punto di contatto” con il mondo
la tua bocca per te, perché io sono il tuo amato figlio; io ho dischiuso la terreno.
tua bocca per te…” (pyr. 11). Accanto alla tomba piramidale, si sviluppa, infatti, un insieme di strutture,
non meno importanti della stessa piramide da questo punto di vista, che
5 Per la traduzione del testo si fa riferimento all’edizione del Faulkner: Faulkner R.
O., 1969. 7 Si vedano, ad esempio, la formula della “presentazione dei sandali” (pyr. 69-71) o il
6 Griffiths J. G, op. cit., p. 4. “saluto al sacro unguento” (pyr. 742).
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ha il suo esempio più significativo nel complesso della piramide di Zoser Periodo Intermedio. Una delle formule, ritrovata su alcuni sarcofagi di
a Saqqara. Gli elementi associati alla piramide di Zoser comprendono un El-Bersha ed intitolata “Tutti gli uomini furono creati uguali”11, può
tempio funerario, le costruzioni, più o meno, direttamente collegate allo essere ricordata per il suo breve ma significativo contenuto che manifesta
svolgimento della festa sed e quelle connesse alla celebrazione del culto l’affermarsi di queste concezioni democratiche e l’impegno speculativo
solare. nella ricerca di una ragione agli eventi caotici di quest’epoca che
Con l’avvento della IV dinastia, i complessi piramidali vengono ad sembrano minare l’ordine divino.
articolarsi in una struttura più semplificata, composta dalla piramide con Osiride diviene il dio dei morti per eccellenza durante il Medio
adiacente tempio funerario, dalla via cerimoniale e dal tempio a valle. Regno. A partire dalla XII dinastia, il suo nome compare regolarmente
Le cerimonie officiate all’interno del tempio funerario erano in parte all’interno del tempio di Abido, importante luogo di sepoltura sin dall’età
riservate al culto giornaliero del sovrano defunto, ma consistevano anche protodinastica, finendo per assimilare il culto reso a Khentiamentiu,
nella celebrazione di rituali del calendario liturgico8. Ciò ripropone l’idea divinità funeraria locale.
dell’ininterrotto rapporto del morto con il mondo dei vivi. L’importanza L’evoluzione del culto di Osiride coincide, o meglio ha come conseguenza,
della successione regale è insita nella stessa teologia eliopolitana ed il mito la trasformazione di Abido nel principale centro religioso-popolare del
di Osiride, nella parte relativa alla lotta fra Horus e Seth9, può essere letto paese. Il luogo diviene, infatti, meta di pellegrinaggi, in particolare in
come una restaurazione dell’ordine terreno dopo l’evento “disturbante” occasione dell’annuale celebrazione dei “misteri di Osiride”, e località
dell’uccisione del re-dio. Il “significato” della vicenda, quindi, non va dove, idealmente, tutti gli egiziani aspirano ad essere presenti dopo la
ricercato solo nell’atto dell’uccisione e della resurrezione di Osiride, morte, sepolti o ricordati da un piccolo cenotafio od una stele.
ma nell’insieme che vede come capitolo conclusivo il ristabilimento Il testo funebre che accompagna il defunto a partire dal Nuovo Regno,
dell’ordine nel paese di cui il faraone regnante è il garante. Chiaramente, il cosiddetto Libro dei Morti12, trae origine dai precedenti formulari ma
con l’avvento del Primo Periodo Intermedio e con l’estendersi della si arricchisce di nuove ed importanti implicazioni morali. Nei Testi dei
pratica del rituale funebre ad un numero sempre più vasto di soggetti, della Sarcofagi si affermava il concetto dell’esistenza di un giudizio divino
vicenda osiriaca finisce per prevalere ai nostri occhi l’aspetto legato alla dopo la morte. Questo giudizio, che era stato solamente ventilato
sopravvivenza dopo la morte. Si ha la “democratizzazione dell’aldilà”, all’interno dei Testi delle Piramidi13, è destinato ora ad assumere un peso
com’è stata da alcuni definita10, cioè il destino dopo la morte diviene determinante per la sopravvivenza dell’individuo nell’aldilà. La scena
gradualmente un fatto privato. La resurrezione di Osiride, come lo era della pesatura del cuore (fig. 2), nota anche come psicostasia, costituisce,
stato per il solo faraone, assurge a evento fondante di una sopravvivenza infatti, uno dei momenti fondamentali del percorso del defunto, il quale,
raggiungibile attraverso la valenza magica dei riti funerari. di fronte ad Osiride e di fronte al tribunale composto dai 42 giudici,
Che ciò sia il riflesso della complessa trasformazione sociale, che vede declama la sua innocenza, o meglio la sua “non colpevolezza”.
l’indebolimento dell’autorità centrale a favore del fiorire di singole
autonomie locali, è ben conosciuto. Di questo cambiamento si trovano 11 Ibidem, p. 60.
chiare prove nei Testi dei Sarcofagi redatti, appunto, a partire dal Primo 12 Il titolo egiziano della raccolta era “Formule per uscire al giorno”, espressione
completata da alcuni testi della XVIII dinastia in: “per uscire al giorno e fare ritorno
alla tomba di notte”. Mentre di notte il defunto riceveva la luce da Ra che attraversava
8 Verner M., 2002, p. 60. il mondo dei morti, di giorno egli, per evitare di rimanere nel buio del sepolcro, poteva,
9 Seth non sempre è identificato come uccisore di Osiride all’interno dei Testi delle grazie all’aiuto del formulario, uscire e godere della luce del mondo terrestre. Questa
Piramidi, il suo ruolo è più complesso. In alcune formule il dio appare cooperare per il “uscita al giorno” equivale per il morto ad una rinascita quotidiana ad immagine del
bene del re defunto o dello stesso Osiride. Sole. Barguet P., 1967, p. 14 e nota 26.
10 Donadoni S., op. cit., pp. 190-191; Bresciani E., op. cit., p. 59. 13 Pyr. 317.
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Come è stato giustamente notato, la sopravvivenza è determinata non più Ne sono testimonianza le composizioni del Nuovo Regno che illustrano
dal puro e semplice agire delle formule, ma da un rivestimento mitologico il viaggio notturno del Sole e decorano le pareti delle tombe regali
di una esigenza morale di virtù e di giustizia14. E’ il comportamento della Valle dei Re. Lo stesso Libro dei Morti, nel suo titolo originale19,
tenuto dall’uomo durante l’esistenza, in conformità al concetto di Maat, sottolinea il rapporto fra il defunto, l’Osiride, ed il Sole. Conosciuto
a determinare la sua salvezza o la sua distruzione. Osiride, da “re dei soprattutto attraverso copie su papiro provenienti da tombe di privati, il
morti”, assume, quindi, anche il ruolo di giudice15. Che questo giudizio formulario contiene alcune parti che troviamo incise anche all’interno di
possa interessare anche il faraone defunto, lui stesso un dio, è cosa che tombe regali20.
può essere intuita da qualche velato accenno presente già nei Testi delle Fra queste, il capitolo 17, che apre la sezione del testo dedicata alla
Piramidi16. In queste allusioni, sembra esservi una sorta di imbarazzo nel rigenerazione del defunto. Il capitolo presenta vari punti interessanti
trattare un tema che può in qualche modo sminuire od oscurare la figura fra i quali, in primo luogo, la descrizione dell’unione dell’anima (ba) di
del re. In realtà, questa riluttanza trova un fondamento magico che ha Osiride con quella di Ra:
come obiettivo la protezione del defunto. Un esempio eclatante di questo
apparente “pudore” può essere riscontrato nella stessa celebrazione dei “Io sono Colui di cui le Due Anime risiedono nei suoi Due Pulcini. Chi è
“Misteri di Osiride”, così come riportato nella celebre stele di Ikhernofret, egli? E’ Osiride quando entra a Mendes, ha trovato l’anima di Ra ; allora
risalente al regno di Sesostri III. l’uno abbraccia l’altro, e così ne risulta Colui dalle Due Anime…”.
Durante questa festività, si svolgeva una processione che vedeva la statua
di Osiride trasportata sulla barca Neshemet. La barca era simbolicamente Questa concezione è chiaramente illustrata da un rilievo della tomba di
attaccata dai nemici di Osiride che, contrariamente a quanto riportato Nefertari (fig. 3) in cui è raffigurata una mummia con testa di ariete21
nel mito, venivano sconfitti. Del dio, quindi, non era rappresentata che le didascalie identificano con “Ra quando riposa in Osiride e Osiride
l’uccisione, ma la parte successiva della celebrazione, illogicamente, quando riposa in Ra”.
proseguiva con il trasporto di Osiride alla sua tomba17. L’unione fra i due avviene ogni giorno, quando il sole, discendendo nel
L’uccisione di Osiride è un evento “caotico” che non può essere riproposto, regno dei morti, si unisce ad Osiride. Così, allo stesso modo, il defunto,
perché le cerimonie hanno una valenza magica, il cui obiettivo è sostenere appellato “l’Osiride”, auspica la sua unione con il Sole. Il destino che
il ricorrente ed ordinato ciclo solare, con le tutte sue implicazioni sul
piano terreno18. 19 Vedi nota 12.
La speculazione religiosa, infatti, affida progressivamente un 20 Fra le tombe di regine e di principi, la più nota è quella della regina Nefertari che
reca incisi brani dei capitoli 17, 94, 144, 146 e 148. Nelle tombe dei re, brani tratti dal
importantissimo ruolo alla figura osiriaca in rapporto al ciclo solare. Libro dei Morti dovevano, inizialmente, ornare solo oggetti del corredo funebre. Alla
fine della XVIII dinastia, Aje fu il primo che fece incidere sulle pareti della tomba
14 Donadoni S., op. cit., p. 259. alcuni testi e motivi tratti da questo formulario. Con Ramesse II il Libro dei Morti entra
a far parte dei temi decorativi delle tombe reali più ampiamente. Compare la scena
15 La formula con cui si apre la dichiarazione di innocenza contenuta nel capitolo
del giudizio ed il testo del capitolo 125, poi ripreso nelle tombe successive. Hornung
125, cita “il giorno della valutazione delle qualità alla presenza di Onnofri” (traduzione
E., 2004, pp. 102-103. I temi decorativi, accompagnati dai testi seguono una precisa
secondo Bresciani E., op. cit., p. 225.), espressione ripresa dalla formula 45 dei Testi
disposizione che collega l’architettura della tomba al “viaggio” rituale del defunto verso
dei Sarcofagi(CT I, 192). Faulkner R. O., 1973, I, p. 38; Donadoni S., op. cit., p. 206.
la sua trasfigurazione e successiva unione con Ra. Leblanc Ch., 1989, pp. 245-247.
16 Vedi nota 13.
21 Piankoff A.,1954, I, pp. 34-35 ; Hornung E., 1992, p. 85. A riguardo si può citare
17 Hart G.,1994, p. 57. anche un’altra composizione, la Litania di Ra, dove l’unione fra Ra e Osiride è, invece,
18 Per Frankfort la processione rifletterebbe il funerale di un re e non la passione di un rappresentata da una figura mummiforme indossante la corona dell’Alto Egitto. Piankoff
dio, la cui morte non viene mai menzionata. Frankfort H., 1955, pp. 204-205. A., 1964, p. 11 e fig. B.
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attende l’astro è però diverso da quello dei mortali. Ra diventa Osiride, regalità terrestre e regalità celeste27. Perché quest’effettivo passaggio di
il sole notturno, e, dopo aver attraversato le varie divisioni della notte, potere divino si compia sulla terra è necessario che siano compiuti gli
abbandona il suo corpo mummificato per rinascere all’orizzonte22. adeguati riti. Il re, infatti, è destinato al governo ma non è divino dalla
Sezioni del capitolo 17 e di altri capitoli del Libro dei Morti sono presenti nascita; acquisisce la sua divinità attraverso i rituali della salita al trono28.
anche sulle pareti dell’Osireion di Abido (fig. 4). Sul muro occidentale Nel complesso cerimoniale che si sviluppa già dal tempo dei Testi delle
della grande sala che precede la simbolica tomba di Osiride troviamo Piramidi, il faraone è incoronato con le corone Bianca e Rossa ed assume
un rilievo con scena di “vivificazione”23. Horus offre il segno ankh ad le insegne del potere29. In questa parte dei riti egli è proclamato “figlio di
Osiride assiso in trono (fig. 5); ai lati della scena parte del capitolo 173 Atum”:
che, nella versione completa, si conclude con:
“O Atum, innalza questo (re) a te, circondalo all’interno del tuo abbraccio,
“Formula per far discendere nella Duat lo šnw, il primo giorno della (ri-) perché egli è tuo figlio del tuo corpo per sempre.” (pyr. 213).
nascita di Horus…”24.
Come già ricordato, l’incoronazione del nuovo re era preceduta dalle
Il primo giorno della nascita o rinascita, va inteso come il primo giorno dei cerimonie funebri per il sovrano defunto30. In questo caso si ripete la
funerali del sovrano defunto, i quali sono accompagnati dalla celebrazione scena dell’abbraccio ma ad “abbracciarsi” sono Osiride ed Horus (fig. 6).
dell’incoronazione del successore, il nuovo Horus. Ritorniamo al tema Questo gesto implica una mistica comunione che consente il trasferimento
che si era sottolineato all’inizio, vale a dire quello della relazione fra del potere regale31. Così, come espresso nei Testi dei Sarcofagi32 e poi dal
Osiride e Horus. cap. 17 del Libro dei Morti: “ Ieri è Osiride, domani è Ra”. Horus è così
Il brano del capitolo 173 è preceduto, sulla stessa parete, da una figlio di Ra-Atum e figlio di Osiride, tutti e due parte di un continuum in
sezione dedicata al “conoscere i nomi di Osiride” (capitolo 142) e da cui Horus assume il ruolo di “elemento di giunzione”.
una scena di offerta da parte del faraone MerenPtah. Le didascalie che
accompagnano quest’ultimo rilievo qualificano il sovrano come “figlio
di Osiride” e descrivono la scena come “offrire incenso a tutti i padri, gli
dei.”25. I passaggi dell’Osireion, inoltre, sono decorati con alcune delle
più importanti composizioni del Nuovo Regno illustranti il viaggio del
Sole nell’Oltretomba: il Libro delle Porte, l’Am-Duat ed il Libro delle
Caverne. E’ stato proposto che questi testi, aldilà delle loro implicazioni
27 Barguet P., op. cit., p. 35.
cosmologiche, siano in relazione con il rituale funebre del sovrano e con
28 Hornung E., op. cit., p. 125.
la trasmissione del potere regale al suo successore26. Il Libro delle Porte,
29 pyr. 194-213.
in particolare, rappresenterebbe “l’interregno della morte”, dove prende
30 Frankfort H., op. cit., pp. 101-104.
forma l’Horus-Ra che riunisce in sé i due rappresentanti della regalità,
31 Nella cerimonia l’abbraccio era simbolicamente effettuato attraverso l’utilizzo di
22 Jequier G., 1894, pp. 133-134 ; Hornung E., op. cit., p. 86. un feticcio che il nuovo sovrano agitava sul petto e sulla schiena. Frankfort H.,op. cit.,
p. 133. A differenza di quanto avviene fra Ra ed Osiride nell’oltretomba, dove è il
23 Murray M.A., 1904, p. 10 e tav. VIII.
loro Ba ad unirsi, fra il sovrano ed il suo successore ad “agire” è il Ka. Una immagine
24 Barguet P., op. cit., p. 259. significativa a riguardo può essere quella che decora la sala del sarcofago della tomba
25 Murray M.A., op. cit., p. 20 e tav. X. di TutankhAmon (vedi fig. 6).
26 Barguet P., 1972, pp. 7-11 ; 1975, pp. 30-36. 32 Cfr. CT IV 192-193.
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Italia Meridionale antica ed Egitto:
una storia di “idee”
Fulvio De Salvia- Egittologo
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1. Periodo dell’ “Idea Semitica” (X - IV sec. a.C.) “ionica”, che raggiungeva il terrritorio della Sibaritide pre-greca. L’uno
e l’altro percorso vennero prodotti dalla biforcazione, all’altezza dello
Il periodo più antico, iniziato prima della colonizzazione greca e terminato Stretto di Messina, del grande canale commerciale semitico includente
con l’avvio della conquista del Sud da parte dei Romani, fu caratterizzato pure tali amuleti (“Via mediterranea degli Aegyptiaca”) che partiva da
da un’importazione culturale di matrice nilotica filtrata dall’ “Idea Menfi. La costa siciliana meridionale era toccata da un terzo itinerario
Semitica” (interpretatio phœnicia) della civiltà faraonica. Essa si espresse diretto all’Occidente maghrebino (Cartagine) ed iberico.
attraverso i piccoli manufatti di tipo egizio che in notevole quantità Con l’inizio della colonizzazione greca, nella prima metà del sec.
naviganti-mercanti fenici, ciprioti e cartaginesi diffondevano lungo le VIII a.C., si ampliò la presenza degli Aegyptiaca. Gli importatori
coste meridionali. Tali oggetti, o Aegyptiaca, includevano sia prodotti fenici di tali oggetti, grazie al ruolo divulgatore delle loro donne
autentici egizi sia imitazioni egittizzanti realizzate in botteghe semitiche che li accompagnavano, godenti fama di esperte maghe (Euripide,
(Asia Anteriore, Cipro, Rodi, Cartagine etc.). Si trattò prevalentemente ‘Andromaca’, 159 s., 205 s.), potevano diffonderne la conoscenza fra
di scarabei e di statuine-amuleto effigianti importanti divinità del quelle indigene e greche dell’Italia Meridionale. Come a Pithekoussai
pantheon egizio, antropomorfe come la Sacra Famiglia di Menfi (Ptah- (Ischia), ove sin dall’inizio era presente una piccola comunità mercantile
Pateco, Sekhmet e Nefertum), Anubi, Bes e così via, o zoomorfe, quale ed artigianale semitica. In tutto il mondo ellenico, tuttavia, i tabù anti-
il Falco-Horo. Tali oggetti esprimevano una cultura medico-magico- barbari dovevano circoscrivere l’uso di questi esotici amuleti magici
religiosa popolare del Delta (Bubastis, Tanis etc.) ed in particolare di alla superstizione privata della popolazione femminile ed infantile,
Menfi, frequentata ed abitata dai Fenici sin dal Nuovo Regno. Le donne consentendone la donazione votiva nei templi ai soli ospiti semitici delle
di questi ultimi avevano ricevuto da quelle egizie tale “scienza” degli poleis. Allorquando, verso la fine del VI secolo, il conflitto greco-persiano
amuleti, destinati in prevalenza alla protezione della fecondità femminile e quello siceliota-cartaginese compromisero la presenza di questi ultimi
e della salute infantile. Lo conferma il rinvenimento di siffatti oggetti, (nutrenti ovvie simpatie filoachemenidi e filopuniche), insieme con
fuori dell’Egitto, sempre in tombe di donne e bambini, nonché in santuari essi scomparvero da tutta l’area ellenica ed indigena ellenizzata, Italia
di divinità curotrofe. Già nell’Egeo pre-greco (‘Odissea’, IV, 231 s.), Meridionale inclusa, pure gli Aegyptiaca. Al contrario, i centri fenicio-
quanto in Asia (‘Viaggio di Unamon’, 2.30 ss.), era ben nota e richiesta punici della Sicilia occidentale (Lilibeo, Palermo etc.), a differenza di
la sapienza terapeutica faraonica, di natura religiosa e magica, implicante quelli ellenici dell’Est dell’isola, conservarono l’uso degli amuleti di tipo
pure l’invio di sacerdoti-medici e di statue guaritrici fuori dell’Egitto. egizio sino alla conquista romana.
Inevitabilmente, però, gli amuleti egizi si adattarono alla cultura ed alle In merito alle genti indigene (Osci, Lucani, Bruzii, Siculi, Elimi etc.),
esigenze pragmatiche dei loro acquirenti semitici (Ptah-Pateco = Pateco le loro donne forse dovevano adoperare gli Aegyptiaca senza tabù
fenicio; Sekhmet = Astarte; Bes = Melqart etc.). culturali, provvedendo anche a dedicarli nei templi locali come sostituti
La diffusione di manufatti magici egizi ed egittizzanti nella regione sud- magici della propria persona presso la divinità (Athenaion di Sibari,
italiana seguì le strade del commercio e della colonizzazione fenicia, Persephoneion di Locri etc.). Le antiche Dee-Madri locali assunsero
anticipante quella ellenica, con una prima presenza, nel sec. X a.C., nella l’identità delle dèe venerate dai colonizzatori sia semitici sia greci;
necropoli indigena di Torre Galli (Vibo Valentia). La grande “Via tirrenica come al santuario elimo di Erice, ove alla dea indigena si sovrapposero
degli Aegyptiaca” coincideva con il percorso marittimo fenicio e cipriota l’Astarte fenicia, l’Afrodite cipriota ed infine l’Iside semitica. Agli occhi
diretto all’acquisizione dei metalli dell’Etruria, toccante pure altri siti delle genti indigene le tipologie di alcuni di questi manufatti di tipo egizio
costieri quali Pontecagnano, Cuma pre-ellenica, Capua, Tarquinia. avevano un carattere familiare, in quanto corrispondenti a preesistenti
Parallela ad essa, anche se aperta almeno un secolo dopo, era la via figure protettive locali. È il caso dello scarabeo-amuleto, alla cui fortuna
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contribuirono credenze preistoriche sui coleotteri siciliani, come quella anch’esso frequentato da Italici e Greci dell’Italia Meridionale (da
relativa al grande scarabeo dell’Etna (Aristofane, ‘La Pace’, 73); nonché Cuma, Napoli, Elea, Metaponto, Taranto, Petelia, Siracusa), permise la
della Ciprea-amuleto, adoperata insieme con Cipree naturali nel sito osco conversione di parte di questi ultimi alla religione egizio-alessandrina.
di S. Maria delle Grazie (Castellammare di Stabia; 600-550 a.C.). Ne conseguì il suo arrivo a Puteoli, al più tardi agli inizi del sec. II a.C.,
come attesta il rinvenimento locale della Lex parieti faciendo (105 a.C.)
prescrivente l’allargamento del Serapeo. Non molto dopo (ca. 150 a.C.)
2. Periodo dell’ “Idea Greca” (sec. III - 30 a.C.) sorse in Pompei l’Iseo, addirittura nel centro stesso della città per la
pronta disponibilità mostrata dalle autorità locali.
A partire dal sec. III a.C. cominciò una nuova fase dell’influenza egizia I culti di Serapide e di Iside avevano offerto all’Uomo Greco, in crisi
nell’Italia meridionale che sarebbe durata sino al 30 a.C. A differenza della d’identità per la perdita della libertà, una religione salvifica e personalizzata
precedente, tale importazione espresse valori di livello non solo popolare, che lo difendeva dalle minacce del Destino imperscrutabile (Eimarmene)
ma anche colto. Essa fu caratterizzata dall’ “Idea Greca” (interpretatio e della Sorte cieca (Tyche). Iside alessandrina, in particolare, costituiva
graeca) della civiltà faraonica che si formò nella ricca e raffinata città di la Sorte preveggente e benevola (I.-Agathe Tyche; divenuta in Italia I.-
Alessandria, grazie all’opera culturale avviata da Tolomeo I Sotere (304- Fortuna). Ella veniva effigiata in forme ellenizzate quale giovane ed
284 a.C.), fondatore della dinastia. elegante donna stante, nell’atto di reggere, con la sinistra, la cornucopia
Dalla fine del sec. III a.C., l’intero Meridione d’Italia costituiva parte dell’Abbondanza e, con la destra, il timone; quest’ultimo, emblema sia
dello Stato romano e quindi esso favorì le relazioni mercantili e culturali del suo patrocinio sulla navigazione (I. Faria / Pelagia / Euploia) sia del
di quest’ultimo con l’Egitto grazie ai porti commerciali di Puteoli/ suo controllo sul Destino. Analogamente, in Italia si rivolgevano alla dea
Pozzuoli e di Siracusa, la quale godeva di stretti legami con Alessandria (la Madre, il cui ruolo provvidenziale sarebbe stato ereditato da Maria)
(si considerino le presenze di Archimede e Teocrito nella metropoli quanti risentivano degli effetti rovinosi della crisi politica, sociale ed
nilotica). economica d’età tardo-repubblicana.
Tolomeo I e suo figlio, Tolomeo II Filadelfo, riutilizzarono, a livello Qui la figura di Iside, fuori Puteoli, sin dall’inizio prevalse su quella di
religioso ed artistico, aspetti importanti della cultura faraonica per Serapide, giovandosi del prestigio goduto dalle Dee-Madri locali alle
facilitare la coabitazione fra dominatori greci e sudditi egizi. A tal quali ella venne assimilata (I.-Venere a Pompei, I.-Giunone a Locri etc.).
fine, essi promossero un’iniziativa di sincretismo religioso, cioè la A ciò contribuirono le donne, sensibili alle rivendicazioni femministe
religione egizio-alessandrina, invero rifiutata dai secondi, ma accolta della dea egizia che proclamava, nel solco della tradizione faraonica,
entusiasticamente dai primi. Importanti divinità nilotiche vennero la parità dei sessi (‘Papiro d’Ossirinco 1380’, X, 215). Un particolare
adattate al gusto artistico ed alla mentalità dei Greci: Iside (la Madre), successo nella superstizione privata riscosse Arpocrate quale benefico
Horo/Arpocrate (il Figlio), Anubi (la Guida); quanto ad Osiride (Sposo genietto domestico (Ercolano, Pompei, Solunto etc.), accostante
e Padre), accostato al dio-toro Api di Menfi (ipostasi di Ptah), venne all’identità “alessandrina” quella “egea”; quest’ultima prodotta da un
trasformato in Serapide. Quest’ultimo (Serapide-Agathos Daimon-Shaï), antico sincretismo fra Horo ed Apollo (Erodoto, II, 144, 2 etc.), attestato,
insieme con Iside (I.-Agathe Tyche-Thermuthis), divenne protettore in ambito popolare, già a Delo.
di Alessandria e, con la sposa divina, esercitò un potere protettivo e L’irradiamento dei culti egizio-alessandrini nell’Italia Meridionale,
salvifico sui suoi commercianti e naviganti che ne diffusero il culto in promosso dal ceto mercantile, dové privilegiare le aree economicamente
tutto il Mediterraneo. più floride ed aperte agli scambi con l’esterno, quali, appunto, la
La presenza di tali mercanti nel grande emporio internazionale di Delo, Campania (Puteoli), la Puglia (Brindisi) e la Sicilia orientale (Siracusa).
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Quanto all’area occidentale di quest’ultima, la religione di Serapide e di Egittofobia della classe dirigente romana cedé il posto, da Caligola in
Iside sembra aver avuto scarsa fortuna; ciò può essere attribuito non solo poi, ad una diffusa Egittofilia sconfinante nell’Egittomania. All’Uomo
alla stagnazione economica di tale zona, ma anche alla tenace persistenza Romano, ormai suddito d’un potere dispotico ed in cerca di evasione,
della tradizione culturale fenicio-punica locale, fedele all’interpretatio l’Egitto, terra di misteriosa ed antica civiltà, offriva rifugio spirituale e
phœnicia della religione egizia. Nel sacrario rupestre neo-punico di stabilità di valori. Ne conseguì una moda “faraonizzante”, estesa alla
Grotta Regina (Palermo) i marinai veneravano un’Iside Semitica, patrona sfera politica, religiosa e culturale, che in Italia coinvolse anche i culti di
della navigazione; prerogativa, questa, assunta dalla dea faraonica (ed Iside e di Serapide, alterandone l’originaria fisionomia ellenizzata. I loro
ereditata dall’Iside Alessandrina) grazie al sincretismo con l’asiatica templi ospitarono antichi manufatti faraonici, fatti sottrarre in Egitto ai
Astarte, Signora del porto fluviale di Menfi (Peru-nefer) raggiunto dalle santuari locali dagli stessi sacerdoti isiaci per conferire un’atmosfera di
navi commerciali fenicie. remota antichità e di mistero ai riti.
Ai piedi della scala conducente al naos dell’Iseo pompeiano era stata
esposta ai fedeli un’ampia stele con geroglifici (inizi età macedone),
3. Periodo dell’ “Idea Romana” (dal 30 a.C. in poi). che doveva essere collocata nel tempio del dio criocefalo Harsaphes,
ubicato ad Herakleopolis Magna (Medio Egitto): essa riportava la
Con la conquista romana dell’Egitto ad opera di Ottaviano, nel 30 a.C., romanzata biografia d’un sapiente medico egizio, Samtoue-tefnakhte,
seguita alla sconfitta di Cleopatra VII e di Marco Antonio, prese l’avvio al servizio dell’ultimo re persiano, ossia Dario III. Dalla tomba
una nuova fase di rapporti fra l’Italia e la Valle del Nilo. Fino a Traiano, dell’Asasîf dell’importante funzionario tebano Petamenofi (sec. VII a.C.)
un ampio flusso di uomini, animali e merci di provenienza nilotica provenivano due statue che lo rappresentano nelle vesti di scriba: l’una fu
privilegiò il porto di Puteoli, ospitante una potente comunità di mercanti portata a Siracusa e l’altra a Sorrento, con collocazione in ambito sacrale
alessandrini (ve n’era una anche in Napoli) che venerava le proprie isiaco. Inoltre, una statua di stile egizio effigiante Domiziano-faraone,
divinità pure nelle sue botteghe del Macellum, da una delle quali proviene collocata nell’Iseo di Benevento, evidenzia l’adozione da parte del potere
una pregevole statua assisa di Serapide col kalathos sul capo e Cerbero imperiale del dogma faraonico del re-dio, che aveva già sedotto i Tolomei.
tricefalo alla destra. Qui (Strabone, XVII, I, 7; Stazio, ‘Selve’, III, 2, 22) L’esotismo che avvolse la venerazione degli dèi egizio-alessandrini è
attraccavano le grandi navi alessandrine cariche di preziose mercanzie ravvisabile in una nota pittura di Ercolano, forse dall’Iseo, che effigia
(come il grano destinato a sfamare la plebe dell’Urbe); e, al loro arrivo una suggestiva cerimonia di culto (cfr. Apuleio, ‘Metam.’, XI, 9 ss.): il
(Seneca, ‘Epistole’, 77, 1-3), la popolazione accorreva in massa al porto tempio circondato da palme, due sfingi egizie all’ingresso della cella,
per ammirarle. Provenienti da Alessandria, considerata l’Atene del tempo, preti di pelle scura, gli ibis sacri etc.
vi sbarcavano professionisti di valore (medici, filosofi, artisti etc.); sui Alla mediazione d’un sacerdote isiaco potrebbe riferirsi la presenza a
moli del porto erano posti in vendita schiavi nilotici di varia etnia (greco- Crotone [come dallo scrivente per primo segnalato in uno scritto del
alessandrini, egizi, negri) e di consumata abilità (Stazio, ‘Selve’, II, 1, 73 1988], in contesto non accertato (domestico o sacrale) d’età imperiale,
ss.; V, 5, 66 ss.). La metropoli nilotica trasmetteva all’Italia romana pure d’una rara steletta apotropaica di “Horo sui coccodrilli” d’epoca tardo-
raffinati modelli artistici; attestati a Pompei, ad esempio, tanto dal I Stile faraonica, effigiante Horo/Arpocrate che domina gli animali nocivi
parietale quanto dalle pitture e dai mosaici “nilotici”. (serpenti, scorpioni, coccodrilli etc.). Un analogo manufatto magico,
Tale fase fu contraddistinta dall’ “Idea Romana” (interpretatio romana) presumibilmente introdotto in Pompei, dové influenzare l’opera d’un
dell’Egitto, che, a differenza di quella “Greca”, mirò ad un più diretto locale pittore parietale. Questi, in un affresco di caupona, rielaborò in
ed appassionato confronto con la civiltà faraonica. La tradizionale modi naturalistici “pompeiani”, accanto ad Iside-Fortuna, l’iconografia
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del giovane dio egizio; il quale, a causa d’una estranea e fuorviante
maledizione (CACATOR / CAVE MALV(M)) scribacchiata in un
Un’analisi comparativa della
secondo momento sul dipinto, è stato erroneamente [come sostenuto, nel
1997 e nel 1999, dal medesimo] ed a lungo identificato con l’incivile
simbolica dell’acqua nell’universo
destinatario dell’iscrizione.
funerario del Meridione italiano e
della Città dei Morti del Cairo.
Introduzione
1. Usi e funzioni dell’acqua durante il rituale funebre nell’Italia
meridionale e nella Città dei Morti cairota.
2. Analisi del simbolismo dell’acqua nell’universo funerario con
riferimenti all’Egitto e alla Grecia nell’antichità.
Introduzione
Tale studio rappresenta un’ipotesi di lettura comparativa tra l’universo
funerario del Meridione d’Italia e quello di Al Qarafa, la Città dei Morti
cairota, con riferimento all’Egitto faraonico e alla Grecia classica. In tale
contesto, si tenta una decostruzione dell’apparato simbolico dell’acqua e
della sua operatività nei rituali funebri. Alla base di tale lavoro vi è una
pluriennale ricerca sul campo nel cimitero musulmano egiziano1 e lo
studio di un’ampia bibliografia sulla civiltà del sud dell’Italia, nonché,
essendo d’origine napoletana, il vissuto personale e familiare.
1 I risultati della ricerca sul campo sono confluiti in due monografie: Tozzi Di Marco
A. 2008; Tozzi Di Marco A. 2010.
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Sebbene i mondi citati appartengano a culture diverse sviluppatesi in evidente è la loro corrispondenza nel mondo antico euro-mediterraneo
età storiche molto distanti tra loro, essi presentano un’ibridazione che ha fatto presupporre un’origine comune ed una loro diffusione nel
culturale di cui alcuni studiosi in passato hanno sottolineato, in un’ottica Mediterraneo, “il grande lago” come lo denominavano gli antichi.
eurocentrica, la matrice mediterranea arcaica. Tra la fine del XIX secolo Un esempio di uno degli elementi maggiormente rilevanti, ricorrente
e quello successivo molti demologi hanno svolto studi comparativi tra il nel cerimoniale funebre degli ambiti culturali succitati, è senza dubbio
patrimonio folclorico regionale italiano e quello dell’area mediterranea, l’istituto delle prefiche. Le reputatrici in dialetto siculo-calabrese e
ricollegandolo all’ambito indoeuropeo. Invece studiosi contemporanei, naddabeh in lingua arabo-egiziana, erano donne prezzolate dalla famiglia
più recentemente, in un’ottica ribaltata, cd. afrocentrista, hanno teorizzato del defunto che attraverso le lamentazioni, le scene di disordine, il
una matrice originaria delle culture umane in Africa. Sia gli uni che gli parossismo psico-fisico, stereotipie modulate secondo canoni trasmessi
altri hanno così essenzializzato una determinata civiltà, relazionandola dalla tradizione orale, ne rappresentavano il dolore della perdita. Lo
esclusivamente con alcuni mondi culturali ed escludendone altri, storico delle religioni Ernesto de Martino ha magistralmente analizzato
ponendola in tal modo come una realtà essente. Personalmente utilizzo nella civiltà contadina meridionale l’intero complesso, rintracciandone
l’approccio comparativo come metodologia di lettura per sottolineare i le radici nel mondo mediterraneo antico. Interessa qui però analizzare
processi d’interrelazione e plasmazione culturale tra tali mondi, piuttosto soltanto l’aspetto riguardante la simbolica dell’acqua. Tale elemento
che ricercarne la loro origine primigenia. In questa circostanza, mi liquido, quale risorsa naturale indispensabile al dispiegarsi della vita, ha
limiterò ad evidenziare solo l’ambito equoreo del rito funebre del mondo sempre avuto una finalità sacralizzante, universale nelle culture umane,
antico egizio, indicandone la successiva stratificazione storica in quello non solo riguardo al mondo funebre bensì a tutta la sfera magico-religiosa
greco, e in ultimo le ibridazioni attuate dalle due religioni monoteistiche, e cosmogonica. In particolare, il suo differente uso e le sue funzioni
il Cristianesimo e l’Islam. Nel considerare l’attuale configurazione durante il rituale funerario svelano il quadro di riferimento ideologico
tralascio temporaneamente l’esistenza di altri apporti culturali, remoti sottostante ma afferiscono anche alla più generale rappresentazione del
e contemporanei, poiché non inerenti alla specifica tematica in oggetto mondo. Nella decostruzione dei riti funebri l’acqua interviene nei tre
del convegno. differenti stadi pertinenti, schematizzati dall’antropologo Arnold Van
Sia il Meridione italiano che la Città dei Morti cairota sono stati presi Gennep: fase di separazione, di liminalità, e di incorporazione. Una
in considerazione soprattutto come apparivano fino a qualche decennio loro descrizione riguardo l’uso di tale sostanza, servirà da struttura
fa, prima del processo di disgregazione del tessuto sociale tradizionale base per evidenziarne i processi simbolici comuni ai due culti specifici
in territorio nostrano e prima del forte impulso all’irregimentazione nella posti in relazione all’eredità culturale faraonica e greca antica. Inoltre in
società egiziana, specie in contesto urbano. Denominatore comune ad uno sforzo speculativo conclusivo si evidenzierà attraverso il processo
entrambi è il riferimento all’universo agro-pastorale per ciò che pertiene di simbolizzazione, come l’acqua per la sua multidimensionalità
all’ideologia della morte propria di tale mondo ed in generale delle ambivalente, operi da categoria universalizzante nelle svariate culture,
classi subalterne, in contrapposizione dialettica ad una cultura egemone, seppure manifestando una semeiotica particolare e diversa di volta in
intreccio tra potere politico e religione ufficiale. Lo scenario funerario volta, con somiglianze e differenze che palesano nel corso della storia
del meridione italiano, ben scandagliato dall’antropologia culturale connessioni, deconnessioni e riconnessioni tra loro.
italiana degli anni ‘60-’80, nonostante le varianti locali, mostra alcune
costanti mitico-rituali sedimentatesi nel tempo, rinvenibili in una realtà
assai differente per habitat, civiltà, religione e storia, come quella della
necropoli musulmana della capitale egiziana. Inoltre ciò che risulta
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1. Usi e funzioni dell’acqua durante il rituale funebre nell’Italia moribondo riuscisse a liberarsi più velocemente del corpo, a “scasari”. A
meridionale e nella Città dei morti cairota. Bovalino, riferiscono gli studiosi Piero Leone e Carmelita Audino, se ne
introduceva un cucchiaio nella bocca dell’agonizzante5. Gettare l’acqua
Durante la fase di separazione del defunto dal mondo dei vivi che significava anche “allontanare la corruzione e il pericolo di umori
si conclude con la sepoltura, l’acqua veniva utilizzata con diverse pestilenziali”6, separando i vivi dai morti ed agendo sulla memoria e
finalità. quindi sul senso d’appartenenza storica del defunto.
Nelle zone periferiche del Sud Italia, fino a qualche decennio Un’altra credenza, pressoché generale, è il leitmotiv della sete dei morti.
fa, dopo aver lavato e vestito il cadavere, si ponevano del pane e Infatti, durante le visite ai deceduti, una brocca d’acqua era posta vicino
un boccale d’acqua vicino al letto del morto affinché potesse la bara, allo scopo di dissetarli. L’antropologo Francesco Faeta annota
intraprendere il viaggio nell’aldilà. l’usanza, a San Giovanni in Fiore, di possederne sempre in casa almeno
un orcio “perché i morti che potevano tornare per dissetarsi, se non ne
Il mondo ultraterreno, nell’immaginario popolare della civiltà contadina avessero trovata, sarebbero restati nella casa, infestandola”7.
meridionale, era percepito come speculare a quello terreno, e l’anima Nello stesso contesto culturale, l’antropologa Barbara Madia registra
come un’entità materiale e corporea, con le stesse esigenze che da il seguente frammento di racconto: “…più avanti ti trovi davanti ad
vivente. Il folclorista Vincenzo Dorsa riferisce, per la regione calabrese, una fontana di acqua ed una voce ti dice per tre volte ‘bevi acqua’,
l’usanza di collocare nella bara del pane e una borraccia d’acqua2. Una e tu dimentichi tutto, ti dimentichi della famiglia……quindi dopo aver
consuetudine, peraltro, attestata anche in Basilicata3, perché si credeva bevuto quell’acqua trovi il Signore”8. Con uguale finalità, il demologo
che i defunti nell’Oltretomba continuassero la loro vita con le stesse Giuseppe Pitrè riporta la costumanza siculo-albanese, nel giorno
abitudini. dell’evento luttuoso, di dare da bere ai poveri, considerati vicari dei
L’acqua assurgeva anche ad un’altra funzione, quella di mediatrice morti per analogicità di condizione9. Un ulteriore esempio, informa un
dell’anima. Il De Gubernatis, trattando degli usi funebri in Italia, altro demologo, Giovanni Bronzini, si riscontra in Basilicata, a Tricarico,
argomenta “…l’acqua funebre deve servire come di bagno all’anima, dove si sistemava un piatto colmo d’acqua con delle molliche di pane
attraversando quell’acqua l’anima arriva più presto al regno dei beati”4. dentro per verificare dai segni lasciati, ossia acqua mossa e moscerini, la
Si pensava, infatti, che l’anima vi albergasse. visita al defunto10.
A tal proposito, in Lucania, de Martino riporta la tradizione di gettare Un addizionale ruolo dell’elemento liquido è suffragato dal concetto,
per strada l’ “acqua morta”, ovvero quella contagiata in casa al momento diffuso in tutto il Meridione italiano, del “rifresco” per il morto. A
dell’evento. Al contrario, in Calabria, a Castrovillari, si riteneva che lo Belmonte Calabro, nella stanza del decesso, si collocava, oltre al bacile
spirito rimanesse imbrigliato nei recipienti pieni, sicché si svuotavano
affinché l’anima potesse partire subito per l’Aldilà. L’acqua era impiegata 5 Saggio su usi e costumi del bovalinese ed in genere dei paesi della Locride di P.
perfino durante l’agonia, come rimedio popolare perché lo spirito del Leone e C. Audino “Il ciclo della vita” .
6 De Gubernatis A., op.cit. pag. 48.
2 Dorsa V., “La tradizione greco-latina negli usi e e nelle credenze popolari della 7 Faeta F. “Questioni italiane” pag. 225.
Calabria citeriore” pp. 92-93. 8 Madia, B., S. Inglese “Ideologia della morte, tecniche rituali e immaginario collettivo
3 Tradizione riportata da G.B.Bronzini a Tursi in “Vita tradizionale in Basilicata” a San Giovanni in Fiore: un’osservazione sul campo” Daedalus gennaio-giugno 1989
Matera Montemurro 1964 pag. 231. pag. 120.
4 De Gubernatis A. ,“Storia comparata degli usi funebri in Italia e presso gli altri 9 Pitrè G. “Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano” vol. II pag. 229.
popoli indoeuropei” pag. 53. 10 Bronzini G.B., op.cit. pag. 232.
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d’acqua, del sapone ed un asciugamano perché si pensava che l’anima Sempre sul piano simbolico, un nesso alquanto significativo concerne
del trapassato dovesse lavarsi e rinfrescarsi11. Nel cimitero napoletano la relazione tra morti ed acqua piovana che, in quanto unione tra cielo e
delle Fontanelle il cranio delle “anime pezzentelle” adottate si rifresca terra, ha potere fecondante.
durante le visite periodiche12. Durante il corteo funebre, a Sambuca, in Sicilia, riferisce il Pitrè, se
All’acqua è connesso anche l’atto rituale del piangere il morto. Nelle pioveva si credeva dovesse continuare per altri nove giorni17. Anche
lacrime copiose versate sul cadavere si può intravedere un’estensione nella Città dei Morti, la valenza magico-religiosa dell’acqua piovana,
del suo simbolismo funerario. Durante la veglia e il corteo funebre, il in connessione con i defunti, era testimoniata dalle performance rituali
pianto affettato, u’ riepitu, delle prefiche agiva da orizzonte risolutorio operate per la sua invocazione dallo sheikh. Nei periodi di siccità, si
di fronte al possibile pianto convulsivo autolesionistico, in linguaggio andava a pregare nel cimitero affinché piovesse o per supplicare la piena
demartiniano il “planctus irrelativo”, dei familiari che traduceva la crisi del Nilo. Constateremo successivamente come nell’Egitto antico la
dell’individuo con rischio di smarrimento del sé (“perdita della presenza pioggia fosse considerata inondazione dal cielo in connessione con la
storica in comportamenti alienati”). Il lamento funebre, documentato piena del fiume ed entrambi con il mondo sovrannaturale.
in tutto il folclore euro-mediterraneo, “attenua nella destorificazione L’antropologa Anita Seppilli accenna ad un rito simile nella Roma antica
del simbolo il gesto dannoso o addirittura il suicidio” e al tempo stesso riguardo la processione dell’aquaelicium, destinata appunto ad ottenere
l’anabasi e la ripresa, cioè “la reintegrazione e il ridischiudersi verso la pioggia18. In tempi moderni invece riferisce Francesco Faeta, a San
il mondo dei valori”13. Sicché le lacrime dei vivi versate per la morte Giovanni in Fiore quando la siccità incombe s’invoca il santo paesano,
arrecavano, per contrasto, la vita ai defunti che potevano così lavarsi, San Giovanni, portandolo in processione nel punto più alto del paese. Al
bere e rinfrescarsi. L’antropologo Alberto Maria Cirese, nel suo saggio suo termine il santo accaldato ed assetato è così spronato a provocare la
sulle nenie funebri del mondo classico, cita, in una nota, tra i quattro pioggia19.
costumi pagani considerati ineliminabili da Maometto, il pianto funebre, Trasferendoci nell’Egitto contemporaneo, il cerimoniale funebre islamico
sebbene negli ahadith14 se ne proibiscano le esternazioni eccessive15. segue la prassi liturgica, sebbene riveli un sincretismo con credenze
Altro impiego dell’acqua è rappresentato dalle lustrazioni accompagnate arcaiche del mondo arabo ed egiziano pre-islamico, e forti analogie con
da scongiuri che in Sicilia si facevano prima che il feretro fosse calato il culto copto. Nella prima fase di separazione, l’acqua viene utilizzata
nel sepolcro, come riporta il folclorista Salomone Marino a fine secolo a scopo soprattutto purificatorio. La lavanda totale del cadavere, tra i
XIX16. Le lustrazioni servivano ad allontanare definitivamente il deceduto diritti del defunto musulmano, viene molto enfatizzata attraverso precise
dal mondo dei vivi, quindi a scagionare un suo ritorno non protetto e norme prescrittive.
controllato, “irrelativo”. In generale, nella sfera del sacro di segno islamico, le abluzioni rituali
rappresentano un regola costante ed obbligatoria. Alla lavanda segue
11 Lombardi Satriani L., Meligrana M.,“Il ponte di San Giacomo” pag. 240.
12 Culto delle anime del Purgatorio in S.De Matteis, M.Niola “Antropologia delle
17 Pitrè G., op.cit., vol.II, pag. 225. Anche il Dorsa documenta per la Calabria la
anime in pena” pag. 19.
stessa credenza op.cit. pag. 69.
13 de Martino E., op.cit. pag. 186, pag. 84.
18 Seppilli A., “La sacralità dell’acqua e sacrilegio dei ponti”. Nella calura estiva i
14 Raccolta di detti e fatti riguardanti il profeta Maometto. pontifices invocavano Jupiter Pluvius a mandare la pioggia. I manalis di lapis, pietre
15 Cirese A.M., “Nenie e prefiche del mondo antico” in Lares XVII 1951 pag. 39 nota cilindriche, venivano fatte rotolare dal tempio di Marte nel Campo Martius attraverso
60. Porta Capena al Capitolium. I magistrates camminavano in processione senza le loro
16 Salomone Marino “Le reputatici in Sicilia” Palermo 1886 rist. Il Vespro 1979 insignia e le matrone seguivano a piedi nudi.
pag. 21. 19 Faeta F., op.cit. pag. 216.
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l’aspersione della salma con acqua addizionata di acqua di rose, un Modica, osserva Pitrè, veniva anche lasciato un posto a tavola per il
tempo invece aromatizzata alla canfora o con foglie di loto. Dopo la trapassato e il cibo veniva poi dato ad un povero23. Il mendicante era
si avvolge in un sudario che, quando disponibile, viene spruzzato, a ritenuto latore di doni e messaggi ai defunti, asserisce il Dorsa24. In realtà,
scopo benedittorio, con acqua proveniente dal pozzo di Zem Zem, considera de Martino, “il bere o mangiare il morto, come designazione
ritenuta ad alta valenza sacra20. Durante il corteo funebre, riporta lo del banchetto funebre…, rappresenta la reintegrazione culturale”25.
storico Edward William Lane, anche gli astanti venivano spruzzati con In ambito islamico, il 40° giorno dopo il decesso chiude il periodo di
acqua di rosa, contenuta in un recipiente di argento o bronzo, portato da lutto. Si visita l’estinto trascorrendo al cimitero l’intera giornata ed
uno degli accoliti21. Chiusa la tomba, prima di uscire dal cimitero, gli operando una simbolica seconda sepoltura. Nel cimitero cairota, in
uomini fanno (attualmente non sempre) le abluzioni per liberarsi dalle tale occorrenza, ho verificato la consuetudine d’innaffiare il terreno di
impurità. Conclusa la fase del distacco dal mondo terreno, inizia quella copertura della sepoltura, senza un nesso tangibile reale, poiché il cortile
di transizione, o liminalità, tra il vecchio e il nuovo status, sia del defunto funerario è prevalentemente desertico.
che dei condolenti. Nell’ultimo stadio di reincorporazione, in cui il defunto entra a far
La condizione liminale è rappresentata dalla durata del lutto in cui sia il parte della famiglia degli antenati e i condolenti vengono reintegrati
morto che i parenti sono sospesi tra i due mondi e termina con la “seconda nella collettività, le commemorazioni ufficiali e gli anniversari privati
sepoltura”, di tipo simbolico o realistico. Il lutto, con la sospensione assumono particolare importanza, come strategie della memoria a
dalle attività vitali quotidiane, rappresenta una morte metaforica per i supporto dell’identità individuale e comunitaria, e ripristino del rapporto
superstiti che si rendono simili al deceduto, anche a scopo apotropaico. interrotto dalla morte. Il 2 novembre, festa di rievocazione dei defunti,
In tale frangente, l’acqua, in quanto simbolo di vita, viene respinta in molti paesi meridionali, si usava porre fuori la finestra acqua e cibo
totalmente. L’usanza di non lavarsi costituisce, appunto, una negazione per gli avi, di cui avrebbero usufruito i poveri. L’immagine della schiera
della vita. In alcune zone calabresi, anche gli uomini non si lavavano per notturna dei morti che uscivano dai sepolcri per andare in processione
trenta giorni, oltre a non radersi e cambiarsi di vestito, come segno di a trovare i propri parenti ed amici, era credenza diffusa in tutta l’area
cordoglio22. euromediterranea26.
Un’altra tradizione attestata universalmente è il banchetto funebre, il
‘cunsulu’ o ‘riconsuolo’ in dialetto, denominato anche come “bere il
morto”, oltre a “mangiare il morto”, ottemperato tuttoggi. Alcune teorie “A mezzanotte - scrive, per la Basilicata, il Bronzini - bisognava trovarsi
antropologiche lo fanno risalire alla necrofagia rituale. Approntato dai alla finestra con un bacile d’acqua e tre anelli dentro…guardando fisso
vicini o dai familiari più lontani per i condolenti, il pasto era consumato nell’acqua… avrebbe veduto sfilare la schiera mesta, silenziosa e rigida
in onore del defunto con esplicita funzione consolatoria. In Sicilia, a dei morti…”27. Nel Messinese, invece, Pitrè ci informa che “le mamme
consigliano ai bambini di lasciare un bicchiere d’acqua sul tavolino
perché i morti hanno sete, l’indomani se il bicchiere è vuoto vuol dire
20 Il pozzo risale alla storia di Abramo, la sua schiava Agar e il loro figlio Ismaele
presente nell’Antico Testamento. Il racconto ripreso dalla tradizione musulmana, narra
che i morti sono venuti e hanno lasciato i regali per i bambini che devono
del vagabondaggio dei due, che in seguito alla cacciata di Abramo, nei pressi della
23 Pitrè G., op.cit. vol.II pag. 230.
Mecca scoprono una fonte d’acqua ristoratrice, la fonte di Zem Zem, già luogo di un
culto preislamico. 24 Dorsa V., op.cit. pag. 96.
21 Lane E.W., “An account of Manners and Customs of the Modern Egyptians” pag. 25 de Martino E., op.cit. pag. 206.
519. 26 Frazer J.G., “Il Ramo d’oro” pp. 357-62.
22 Dorsa V., op.cit. pag. 88. 27 Bronzini G.B., op.cit. pag. 244.
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cercare dove li hanno nascosti. Se il bicchiere è pieno i bambini sono alcuni tratti rituali rimandano al culto della dea greca Hera, il cui
stati irrequieti e disobbedienti ”28. simulacro veniva immerso nel fiume per il bagno rituale annuale30.
In questa prospettiva finale reintegrativa, nella necropoli musulmana
cairota, durante le visite periodiche, l’acqua è una componente del pasto Al Cairo, nell’area sepolcrale di Sayyeda Nafisa31, nei dintorni della
funebre, consumato sulla tomba, con la funzione di dissetare i morti, moschea dove questa è sepolta, di sabato, giorno fissato dalla tradizione
documentata ed interpretata anche dall’etnologo egiziano Mohammed per la venerazione, una vecchietta si aggira con una ghirba colma d’acqua
Galal29. A sostegno di tale tradizione vi è l’idea che nel mondo ultraterreno ed una singolare tazza in ottone. Dietro un modesto compenso, ne offre
musulmano si soffra soprattutto la sete, in special modo nell’Inferno, un sorso ai devoti. L’acqua riceve potere taumaturgico dai versi coranici,
luogo di fiamme ed intenso calore. incisi all’interno della tazza32 e dalla vicinanza del santo sepolcro. Tale
Non sarà un caso se la topografia di Al Qarafa prevede grandi giare singolare personaggio lo si rincontra di martedì all’uscita della moschea
d’acqua, liberamente fruibili per dissetarsi ai passanti e visitatori, e dov’è sepolto Abu Seoud33, rinomato per i suoi poteri miracolosi riguardo
fontane come opere di carità, in onore dei defunti. Nonostante, quindi, l’infertilità femminile. La vecchietta attinge l’acqua da un pozzo
la sua ampia disponibilità, emblematica è ancora oggi la figura tipica annesso al luogo di culto, che così consacrata dispensa la benedizione.
del venditore ambulante d’acqua leggermente aromatizzata, il sakkà, che La connessione tra vecchiaia, defunti, funzione generativa della donna
si aggira tra i sepolcri durante i festival religiosi o nei giorni di visita e sacralità dell’acqua viene chiarita dal processo di nascita, morte e
al camposanto. Ai poveri viene distribuita gratuitamente come atto rinascita relativo al regno naturale di cui l’essere umano è parte. Per il
caritatevole. Anche il Pitrè annota un simile personaggio in ambiente mondo occidentale, tale nesso è ben illustrato, a titolo esemplificativo,
siciliano durante le feste religiose con analoghe funzioni. dalla Seppilli a proposito del rito propiziatorio degli Argei nell’antica
Un’ulteriore peculiarità riscontrata sul campo al Cairo, è l’usanza di Roma34. Sulla stessa tematica, Lombardi Satriani riporta: “L’acqua
porre dei contenitori con acqua sulle tombe per abbeverare gli uccelli, costituisce la dimora di una personificazione folklorica della morte, la
corroborata, probabilmente, dall’idea che i volatili incarnino l’anima ‘proneta’, che assumendo le sembianze di una vecchia o di una giovinetta,
dei defunti. Un simbolismo che va approfondito, anche in funzione del attira i vivi nel mondo dei morti”35. Tali consuetudini testimoniano la
regime di comunicazione attraverso i vari elementi di mediazione tra i bidimensionalità semantica dell’acqua nella sua ambivalenza. Di fatti,
due mondi nel culto funerario. diffusa era la convinzione che, attorno alle sorgenti e alle fontane fuori
paese, si radunassero i deceduti, in special modo gli spiriti inquieti, ossia
42 de Martino E., op.cit. pag. 263. d’appartenenza e tra gli stessi individui.49
43 Diana Delia, “The refreshing water of Osiris”, Journal of ARCE 1992 pp. 181-2.
44 Diana Delia, art. cit. pag.183. Si veda anche l’articolo di M.Costanza Centrone,
pp. 356-57 in Atti del I Convegno Internazionale dei Giovani Egittologi “L’acqua
46 Erodoto narra nelle sue “Storie” che piangenti furibonde correvano per le vie
nell’Antico Egitto” 2003.
della città con le vesti succinte e il petto scoperto, seguite dai parenti, mentre gli uomini
45 Il momento critico del raccolto poneva l’uomo contadino del mondo antico, apparivano lamentarsi separati dalle donne. Citazione di A.M.Cinese, op.cit. pag. 33.
procuratore di morte della pianta coltivata, di fronte ad un vuoto vegetale stagionale.
47 Bronzini G.B., op.cit. pag. 233-4.
L’incertezza del ritorno del bene soppresso, dovuto a forze naturali avverse
incontrollabili, esigeva oltre la riparazione all’offesa arrecata al nume tramite tecniche 48 Il setaccio come simbolo catartico è anche presente nel rito sardo terapeutico della
riparatorie come il sacrificio inizialmente umano poi animale, anche la propiziazione “s’imbrusciadura”, analizzato dall’antropologa Clara Gallini.
del bene alimentare. Tale esperienza di morte della religiosità agraria, dischiusa alla 49 Tozzi Di Marco A., “Funeral rituals in Cairo’s City of the Dead: the sacred and
possibilità di ripresa, rappresenta l’orizzonte mitico-rituale di riferimento per la morte the profane, considerations from the field”. Cairo Papers in Social Science vol.31 n.1.
umana. E. de Martino, op.cit. cap.VI. American University of Cairo Press 2012.
70 71
L’acqua, quindi, nella sua funzione mitopoietica, presente universalmente culti e feste solenni, eredita i caratteri delle acque primordiali.
in tutte le creazioni cosmiche delle antiche civiltà, rappresentata nelle In tal modo, l’acqua, oltre a fondare l’universo, agendo da sfondo
sue configurazioni marine, lacustri, fluviali e sorgive, deriva da un lato mitologico, è presente nella rappresentazione popolare topografica
dal divino e dall’altro è il divino a dipendere da essa. Nelle cosmogonie dell’Aldilà di entrambi i contesti d’indagine osservati.
è solitamente associata all’oceano primordiale, il caos da cui prendono Nella tradizione greco-latina, il regno dell’Oltretomba era costituito
forma tutte le cose. da fiumi, paludi e laghi pieni di pericoli che l’anima doveva superare
Nell’antico Egitto, le acque primigenie erano rappresentate dal dio per raggiungere i Campi Elisi o il Tartaro. Sul fiume-limite Acheronte,
Nun, padre di tutti gli dei, a cui si faceva risalire anche il Nilo50. La che circondava l’Ade, Caronte (successivamente San Pietro nel
divinità poteva riaffiorare dal Duat sulla Terra sotto forma d’inondazione Cristianesimo) con la sua barca traghettava le anime dei trapassati.
periodica del Nilo, fertilizzando i campi e quindi concedendo la vita, ma Nell’antico Egitto il traghettatore trasportava solo i giusti nel mondo
anche attraverso la pioggia, che gli Egizi denominavano “inondazione soprannaturale, permeato dalle acque, percorse dal defunto sulla barca
dal cielo”. Parimenti, i morti nel mondo sotterraneo per il contatto con solare. L’Inferno nel Libro dei Morti è raffigurato come un lago infuocato.
Nun, le acque delle origini e quindi pure per eccellenza, ricevevano la Ugualmente, nella religione islamica, la geografia infera è caratterizzata
rigenerazione. Sia nei testi delle Piramidi che in quelli dei Sarcofagi51 sia da acqua bollente che da uno specchio d’acqua che lo divide dal
il dio Nun viene spesso menzionato in relazione al nutrimento dei Paradiso, connotato al contrario da fresche acque di ruscelli55.
defunti.52 In una scena dei graffiti dipinti nella tomba di Thutmosi III In tale scenario trascendentale s’inserisce il tema della sete
è rappresentata la decima ora del Duat, in cui Horo, davanti all’oceano dei morti, cui rimandano molte pratiche funebri succitate, ampiamente
primordiale, in cui vi sono dodici defunti, attraverso parole magiche diffuso nell’immaginario folclorico delle varie culture.
dona loro la vita53. Nel mondo greco, il Lete era il fiume dell’oblio: chi beveva o vi si
Nun era anche rappresentato dal lago sacro presente nei templi, usato immergeva, perdeva la memoria della sua vita passata. “Abbeverarsi
dai preti per le abluzioni rituali.54 L’immagine orizzontale e convessa del all’acqua del fiume è un compito ineludibile per i morti - cita lo storico
cosmo, in cui l’elemento liquido era situato attorno alla Terra, si trasmise Paolo Fedeli - perché siano integrati nella loro nuova condizione;
alla civiltà minoico-micenea-greca, combinandosi in modo sincretico altrimenti patirebbero un tormento incredibile”56. In un’altra versione,
con apporti locali, nella raffigurazione verticale in cui era percepita il Lete era sostituito da due fontane, quella dell’Oblio e quella della
invece sotto terra. Memoria, fonte d’immortalità. Mnemosine era addirittura una dea. Una
Sicchè, nella Grecia classica, il dio delle acque sorgive, Poseidon, laminetta orfica57, rinvenuta in una tomba della Calabria magnogreca,
corrispondente al dio romano del mare, Nettuno, a cui erano tributati riporta la seguente iscrizione:
50 Il Nilo terrestre era il prototipo di quello celeste nel mondo sovrannaturale. “Di Mnemosine è questa tomba.( Per l’iniziato ) quando sarà sul punto
51 Testi della letteratura funeraria egizia. di morire. Andrai alle case ben salde di Ade; vi è a destra una fonte;
52 Holger Rotsch, “The primeval ocean Nun and the terminology of water in Ancient
Egypt”, pag. 230 in Atti del I Convegno Internazionale dei Giovani Egittologi “L’acqua 55 Corano sura 55.
nell’Antico Egitto”, Italia 2003. 56 Fedele P., “Acanthis e la sete dei morti”, in “Rappresentazioni della morte”, a
53 Tomba di Thutmosi III nella Valle dei re (KV34). Fornari A., Tosi M., “Nella Sede cura di Renato Raffaelli.
della Verità”, pag. 84. 57 Laminetta d’oro che fungeva da passaporto per l’Aldilà, posta nelle mani del
54 Laborinho M. , “Nun, the primeval water according to the Coffin Texts” pag. 226 defunto, iniziato al culto orfico, al fine d’ istruirlo nel suo viaggio nell’altro mondo per
in Atti cit. sottrarsi al ciclo vita/morte ed accedere così all’immortaltà.
72 73
presso di essa si erge un bianco cipresso. Là discendono le anime dei naturale da parte delle varie culture, fattore che le distingue l’una
morti e trovano refrigerio. A questa fonte non avvicinarti affatto. Più dall’altra, l’acqua, da elemento naturale, viene trasmutato in strumento
avanti troverai la fresca acqua che scorre dal lago di Menmosine; vi culturale, instaurando, nell’universo funerario, il regime della vita.
stanno dinanzi custodi che ti chiederanno con mente saggia che cosa Inoltre, fungendo quindi da medium simbolico in tale opposizione -
tu vada cercando attraverso la tenebra di Ade caliginoso. Di’: “Sono vita/morte - altrimenti inconciliabile, essa ribadisce come, nell’eterno
figlio della Terra e del Cielo Stellato, sono arso di sete e muoio; ma moto circolare dell’esistenza cosmica, la morte finisca per coincidere
datemi presto da bere la fresca acqua che scorre dal lago di Mnemosine. con la vita. E, in tal modo, l’essere umano, biologicamente determinato,
Ed essi lo riferiranno al re di sotterra, e ti daranno da bere dal lago di attraverso l’elaborazione culturale, nella fattispecie nella simbolizzazione
Mnemosine. E tu, dopo aver bevuto, andrai sulla sacra via che anche del rituale funebre, riesce a superare l’angoscia dell’evento naturale della
altri iniziati e consacrati percorrono gloriosi”58. sua ineluttabile finitudine.
Tale tematica appare anche nella letteratura funeraria egizia.
Nel Libro dei Morti59, la dea del Sicomoro versa “l’acqua della necropoli”
affinché il defunto possa dissetarsi60. In ogni caso, sia le procedure di
lustrazione per immersione nel Nilo, sia le libagioni d’acqua, sia gli atti
di rigenerazione continuarono per tutto il periodo tolemaico, greco e
romano.
Riassumo, infine, questo volo comparativo tra gli ambienti culturali
analizzati, con le parole dello storico delle religioni Mircea Eliade: “l’uso
funebre dell’acqua si spiega con lo stesso complesso che rende valida
la sua funzione cosmogonica, magica e terapeutica; le acque placano
la sete del morto…lo rendono solidale con le semenze;…nei diversi
concetti della morte il defunto non muore definitivamente… In attesa del
ritorno nel circuito cosmico o della liberazione definitiva, l’anima del
morto soffre e questa sofferenza per solito è espressa dalla sete”61.
In conclusione, la complessa simbologia dell’acqua soggiacente
a tutto il cerimoniale funebre, interviene in qualità di potente
metafora d’immortalità, rafforzando il potere della vita nei confronti
dell’annientamento biologico dell’individuo, con l’intento di
trascenderlo. Nel processo di differente culturalizzazione del mondo
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