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VOLUME NON VENDIBILE - riproduzione vietata in base all’art. 171 della Legge n.

633 del 22/04/1941

Studi (e testi) italiani


Semestrale del Dipartimento di Studi
Greco-Latini, Italiani, Scenico-Musicali

35 (2015)
VOLUME NON VENDIBILE - riproduzione vietata in base all’art. 171 della Legge n. 633 del 22/04/1941

LA BIBBIA IN POESIA
Volgarizzamenti dei Salmi
e poesia religiosa in età moderna

a cura di
Rosanna Alhaique Pettinelli, Rosanna Morace,
Pietro Petteruti Pellegrino, Ugo Vignuzzi

Bulzoni Editore
VOLUME NON VENDIBILE - riproduzione vietata in base all’art. 171 della Legge n. 633 del 22/04/1941

In copertina:
Domenico Zampieri detto il Domenichino,
David che suona l’arpa, Versailles,
Musée National du Château (particolare)

TUTTI I DIRITTI RISERVATI


È vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica,
la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
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della Legge n. 633 del 22/04/1941

ISSN 1724-3653

© 2015 by Bulzoni Editore S.r.l.


00185 Roma, via dei Liburni, 14
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e-mail: bulzoni@bulzoni.it
ROSANNA MORACE

I Salmi tra Riforma e Controriforma*


VOLUME NON VENDIBILE - riproduzione vietata in base all’art. 171 della Legge n. 633 del 22/04/1941

1. I salmi nel contesto riformato

All’interno del più ampio genere della poesia religiosa e spirituale del
Cinquecento, le traduzioni, le esposizioni e le riscritture poetiche dei Salmi ri-
vestono un ruolo paradigmatico.
Il dato quantitativo è di per sé eloquente: prendendo in considerazione i
soli adattamenti poetici del Salterio, si hanno ottantacinque edizioni, tra prin-
cipes e ristampe, nell’arco del secolo, di cui ben sessantacinque si collocano
tra il 1560 e il 1595 1. Una concentrazione significativa, ancor più interessante
se posta in relazione a due fattori: nel 1559 viene promulgato l’indice di Paolo
IV, che vieta la parafrasi e la traduzione del testo sacro, e dunque l’aumento
esponenziale dei volgarizzamenti salmici viene a combaciare con il formale
inasprimento delle misure censorie. Tale discrasia si spiega solo in parte con
l’approvazione, nel 1561, della Moderatio indicis librorum prohibitorum; e,
nel 1564, del secondo indice universale (il cosiddetto indice tridentino), che
elimina sia «gran parte delle proibizioni contenute nell’indice e nell’Instructio
del 1559», sia «la lunga lista delle traduzioni bibliche condannate», sia «il di-
vieto di stampa di versioni della Sacra Scrittura nelle lingue vernacole»2. Una
“tregua” che, però, si estingue in meno di un decennio, in quanto nel 1571
viene creata la Congregazione dell’Indice, la quale ‒ oltre a riunire la funzione
espurgatoria e proibitoria – provvede, già dal 1572, ad esautorare la IV regola

* Un ringraziamento particolare al prof. Ugo Vignuzzi.


1
Mi avvalgo della ricerca bibliografica − integrata con nuovi minimi apporti − effettuata da
A. QUONDAM, Saggio di bibliografia della poesia religiosa, pp. 213-228, in appendice a ID.,
Note sulla tradizione della poesia spirituale e religiosa (parte prima), in «Studi (e testi) ita-
liani», XVI, 2005, Tradizioni e paradigmi, a cura del medesimo, pp. 127-211.
2
G. FRAGNITO, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Sacra
Scrittura (1471-1605), Bologna, Il Mulino, 1997, p. 99.

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Rosanna Morace

dell’indice tridentino (che consentiva la lettura e il possesso delle traduzioni


bibliche previa autorizzazione del vescovo o dell’inquisitore) per ribadire con
maggiore determinazione il divieto al volgarizzamento biblico, riprendendo
quasi letteralmente il testo di Paolo IV 3.
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Secondo fattore è che i Salmi furono il testo capitale delle liturgie rifor-
mate; e costituiranno infatti «uno dei principali veicoli delle dottrine etero-
dosse»4, come già «osservava in quegli stessi anni Antonio Possevino»5. Lu-
tero si dedicò personalmente alla traduzione del Salterio dal 1517 e al 1530 6, e
proprio il commento ai Sette salmi penitenziali del 1517 costituisce il suo
primo scritto in lingua tedesca, con una scelta che significò abbandonare defi-
nitivamente sia il latino sia il metodo esegetico scolastico, per concentrarsi
esclusivamente sulla lettera del testo e su un’interpretazione delle Scritture ri-
volta ai semplici fedeli, alla comunità, non ai dotti. Che, poi, proprio sui Salmi
si concentrasse la sua attenzione è dovuto al fatto che egli riteneva che
l’essenza del cristianesimo fosse racchiusa nella semplicità della poesia davi-
dica. Scriveva, infatti:

Il Salterio potrebbe a ragione chiamarsi una piccola Bibbia in cui è presente nella maniera
più bella e più concisa tutto quello che si trova nell’intera Bibbia, confezionato e preparato
come un elegante Enchiridion o manuale. Perciò mi sembra che lo Spirito Santo abbia vo-
luto prendere su di sé il compito gravoso di comporre una Bibbia breve […] in modo che
chi non potesse leggere la Bibbia intera, avesse qui quasi una summa completa [della me-
desima], redatta in un libriccino 7.

E fu proprio dopo aver ascoltato a Basilea, nel 1535, la liturgia protestante


cantata e musicata8, e i salmi tradotti in tedesco da Lutero che Calvino si diede

3
Ivi, pp. 115-120.
4
Ivi, p. 302.
5
Ibid. Il riferimento è ad Antonii Posseuini Mantuanii, Societatis Iesu Bibliotheca selecta
de ratione studiorum, ad disciplinas, & ad salutem omnium gentium procurandam. Recognita
nouissime ab eodem, et aucta, & in duos tomos distributa. Triplex additus index. Alter librorum,
alter capitum vniuscuiusq. libri, vt vniuersa ipsorum materia statim incurrat in oculos. Tertius
verborum, & rerum, II, Venetiis, apud Altobellum Salicatium, 1603, c. 73.
6
Tra il 1517 e il 1525 vennero pubblicate nove edizioni dei Salmi ad opera di Lutero, con
leggere varianti nella traduzione. Il «Bel Confitemini», ovvero il commento al Salmo CXVII, è
del 1530: cfr. M. LUTERO, I sette salmi penitenziali. Il «Bel confitemini», introduzione, tradu-
zione e note di F. Buzzi, testo tedesco a fronte, Milano, Rizzoli, 1996, pp. 6-14.
7
M. LUTERO, Prefazioni alla Bibbia, a cura di M. Vannini, Genova, Marietti, 1987, pp. 20-21.
8
Il ruolo che il luteranesimo conferisce alla musica è notevole, sia dal punto di vista del
culto che da quello dell’istruzione, tanto che proprio a Lutero (musicista egli stesso) si deve
l’introduzione nella liturgia del canto corale dell’intera comunità dei fedeli; nella tradizione cat-

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I Salmi tra Riforma e Controriforma

alla versificazione del Salterio, nella convinzione ‒ poi espressa nella Institutio
christianae religionis, del 1536 ‒ dell’importanza del canto comunitario (sep-
pur con notevoli differenze rispetto alla teoria e alla prassi luterana) 9. Così,
dopo aver parafrasato egli stesso sei salmi nel 1539, affidò il compito
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dell’intera riduzione metrica a Clemént Marot e a Teodoro di Beza, che com-


pletarono il cosiddetto “Salterio ginevrino” nel 1562 10.
Ma la Riforma italiana ebbe caratteri suoi propri, e non direttamente ri-
conducibili a quella d’oltralpe, in quanto si situò per lungo tempo su un crinale
sottilissimo, ma all’interno delle possibilità della Chiesa pretridentina (e lo te-
stimonia l’alto numero di cardinali valdesiani e spirituali 11). Quel che si auspi-
cava, infatti, era il ritorno alla lettera del messaggio evangelico, agostiniano e
paolino, associato al rifiuto della tradizione dogmatica cattolica; e la riforma
morale e dei costumi della Chiesa, da attuarsi mediante il ritorno alla fede e
alla pratica (non esente da una componente ascetica) dell’età evangelico-apo-
stolica 12. D’altronde, tanto il valdesianesimo che l’evangelismo furono ampia-
mente caldeggiati da larga parte dell’élite intellettuale (e non), erede della
«vecchia insofferenza umanistica degli abusi ecclesiastici» 13, che non di rado
venne poi collocata nelle posizioni altolocate dei ranghi ecclesiastici, capovol-
gendo nuovamente il rapporto tra «chierici e laici»14.
In tale contesto di fermento morale e religioso, il carattere di universalità e
insieme di personale e diretto contatto con Dio, di cui il Salterio era espressione,
affascinò gli spirituali italiani tanto quanto i riformatori europei. In primis Juan
de Valdés, il quale compì sia la traduzione in castigliano sia il commento del

tolica tardo-medievale, invece, il canto gregoriano era eseguito da monaci o cantori, e non dal
popolo: vd. A. BASSO, Frau Musika. La vita e le opere di J. S. Bach, I, Torino, EDT Musica,
1985, pp. 122-135.
9
Calvino distingueva nettamente musica liturgica ed extraliturgica, escludendo dalla prima
sia inni e cantici spirituali (e dunque limitando al solo Salterio il canto durante il culto) sia la
musica strumentale e polifonica, nella convinzione che solo la simplicitas e la simplex modulatio
della musica vocale potessero esprimere l’unione con Dio: ivi, pp. 135-138.
10
Il Salterio ginevrino (o ugonotto) ebbe varie edizioni parziali (1539, 1542, 1543, 1551) e
solo nell’ultima, del 1562, raggiunse la forma definitiva con un corpus di 150 salmi (49 versifi-
cati da Clément Marot e 101 da Teodoro di Beza, il quale sostituisce il poeta francese deceduto)
e di 124 melodie (alcune musicano due salmi).
11
Limitandoci solo ai nomi più noti, che furono ordinati cardinali durante il pontificato di
Paolo III, ricordiamo: Gasparo Contarini, Iacopo Sadoleto, Federico Fregoso, Giovanni Gero-
lamo Morone, Giulio Della Rovere, Ercole Gonzaga, Reginald Pole (che risultò addirittura tra i
papabili nel Conclave 1549-1550) e Pietro Bembo.
12
Vd. almeno D. CANTIMORI, Il circolo di Juan de Valdés e gli altri gruppi evangelici, in
ID., Umanesimo e religione nel Rinascimento, Torino, Einaudi, 1975.
13
C. DIONISOTTI, Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1971, p. 234.
14
Ivi, pp. 85-87.

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Rosanna Morace

Salterio15, con un’attenzione alla lettera del testo biblico corroborata poi dal suo
più importante seguace, Marcantonio Flaminio, che si diede dapprima alla para-
frasi in prosa di trentadue salmi 16, poi al commento dell’intero libro17 e infine
alla versificazione di altri trenta salmi 18, tutti in latino. Una fedeltà letterale che
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caratterizza anche il volgarizzamento poetico, ancora inedito, di ben di 61 salmi


ad opera di Benedetto Varchi19, anch’egli seguace del Valdés20.

2. Girolamo Benivieni

A ritroso, e prima del manifestarsi della Riforma, anche l’inquieta religio-


sità di Pico della Mirandola si era soffermata sul Salterio, dando vita, a partire
dal 1488, a sparse esposizioni sui Salmi con particolare attenzione al com-
mento letterale ed a quello morale 21; mentre, negli stessi anni, Girolamo Savo-

15
J. DE VALDÉS, El Salterio traduzido del hebreo en romance castellano por Juan de Valdés:
ahora por primera vez impreso, Bonn, imprenta de Carlos Georgi, 1880; ID., Comentario a los
salmos escrito por Juan de Valdés en el siglo XVI y ahora impreso por primera vez, ed. M.
Carrasco in collaboration with E. Boehmer, Madrid, s.e., 1885.
16
M. Antonii Flaminii Paraphrasis in duos et triginta psalmos, Venetiis, in officina Ioannis
Patauini, 1538.
17
M. Antonii Flaminii In librum Psalmorum breuis explanatio ad Alexandrum Farnesium,
cardinalem amplissimum, Venetiis, apud Aldi filios, 1545.
18
M. Antonii Flaminii Paraphrasis in triginta psalmos versibus scripta ad Alexandrum
Farnesium cardinalem amplissimum, Venetijs, ex officina Erasmiana, apud Vincentium Valgri-
sium, 1546.
19
De’ salmi de Davitte Profeta tradotti in versi da Benedetto Varchi, preceduti da una de-
dica al Lenzi. Il codice Rinuccini 15.81 è composto da carte sciolte autografe e da una copia cal-
ligrafica con ulteriori correzioni autografe; esso contiene il volgarizzamento, in metri vari, di
sessantuno salmi: 1-43, 47, 51, 54, 57, 64, 94-95, 101-102, 110, 113, 117, 127, 130, 140, 142,
148, 150. Sempre alla BNCF è conservato il cod. II IX 41, contenente, nelle prime 36 cc., «copia
di altra mano di trenta salmi tradotti»: vd. M. FIRPO, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo.
Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino, Einaudi, 1997, p. 243 e A. SIEKIERA,
Benedetto Varchi, in Autografi dei letterati italiani, Il Cinquecento, I, a cura di M. Motolese, P.
Procaccioli, E. Russo, Roma, Salerno Editrice, 2009, pp. 337-357.
20
Oltre ad aver celebrato il Valdés nel sonetto [DVI], Donna che come chiaro a ciascun
mostra, dedicato a Caterina Cybo (anch’essa di religiosità riconducibile all’evangelismo), con
accenni alquanto chiari («il buon Valdesio, a cui | fu sì conta la via ch’al ciel conduce»), il Var-
chi trascrisse interi brani del Beneficio di Cristo nel Sermone fatto alla croce e recitando il ve-
nerdì santo nella compagnia di San Domenico l’anno 1549: vd. P. SIMONCELLI, Evangelismo
italiano del Cinquecento: questione religiosa e nicodemismo politico, Roma, Istituto storico ita-
liano per l’età moderna e contemporanea, 1979, in cui si trova il raffronto tra i sermoni del Var-
chi e il Beneficio di Cristo. Vd., poi, FIRPO, Gli affreschi di Pontormo cit., pp. 218-274; e ID.,
Riforma religiosa e lingua volgare nell’Italia del ’500, in «Belfagor», LVII, 2002, pp. 524-526.
21
G. PICO DELLA MIRANDOLA, Expositiones in Psalmos, a cura di A. Raspanti, Firenze, Ol-
schki, 1997.

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I Salmi tra Riforma e Controriforma

narola traduceva e commentava in volgare alcuni salmi in vista delle predi-


che 22. Questi due antecedenti non furono certamente privi di influenza nella
genesi dei Salmi penitentiali di Girolamo Benivieni 23, intimo amico del Conte
e fervente seguace del frate domenicano 24. Il testo, pubblicato nel 1505, è il
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volgarizzamento in terzine dantesche dei salmi 6, 31, 37, 50, 101, 129 e 142
(ma, nelle Opere del 1516, versificherà anche i Ps 73, 65 e 99) 25, corredato da
un ampio commento, anch’esso in volgare, che insiste sul significato tropolo-
gico e cristologico ma è anche puntellato da osservazioni miranti ad una ri-
forma morale della Chiesa26.
Viceversa, la traduzione poetica è pressoché letterale e mira a conservare
la semplicità e la linearità del testo davidico, nonostante le minime amplifica-
zioni che la trasposizione poetica richiede, per il rispetto delle rime e la conca-
tenazione delle terzine. Tra l’altro non è da escludere che il Benivieni abbia
utilizzato, soprattutto per i salmi più tardi, la Bibbia greca ed ebraica accanto
alla Vulgata, data la conoscenza che il poeta aveva di entrambe le lingue 27.
Certo è che il testo di riferimento è quello latino, come dimostra l’impiego di
preziosismi lessicali attestati solo nella Vulgata, quale il latinismo «cremio» 28
(per il quale si veda poco oltre), derivante dal «cremium» di Ps 101, 4, tradotto
invece come «tizzone» nella Bibbia di Brucioli, Rustici e Diodati; «carboni»
nei Salmi penitentiali del Gonzaga (V 15-16) e del Turchi (V 9-10); «secco le-
gno» in quelli dell’Orsilago (V 8-9) 29, mentre nella Bibbia d’agosto del Ma-

22
Le Prediche sopra i Salmi di Girolamo Savonarola furono composte tra il 1493 e il 1495,
ma pubblicate solo nel 1515: Prediche di frate Hieronymo da Ferrara, Impresse nella citta di
Bologna, in la casa de Benedetto di Hector libraro, 1515. Si possono leggere in moderna edi-
zione a cura di V. Romano, Roma, Belardetti, 2 voll., 1969-1974.
23
Psalmi penitentiali di Dauid tradocti in lingua fiorentina et commentati per Hieronymo
Beniuieni, Impresso in Fiorenza, per ser Antonio Tubini fiorentino & Andrea Ghyrlandi da Pi-
stoia, adi XXIX di maggio 1505.
24
Benivieni, poeta che gravitava nella corte medicea di Lorenzo il Magnifico, conobbe Pico
della Mirandola intorno al 1479. La salda amicizia tra i due fu determinante per l’evolversi
dell’orientamento poetico e spirituale del Benivieni, che prese ben presto le distanze dalla prece-
dente esperienza cortigiana, ancor più dopo essere divenuto seguace del Savonarola.
25
Vd. S. DI BENEDETTO, L’edizione giuntina delle «Opere» di Girolamo Benivieni, in
«ACME. Annali della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli studi di Milano», LXIII,
1, 2010, pp. 187-189.
26
Per un’analisi del commento, cfr. O. ZORZI PUGLIESE, Il commento di Girolamo Benivieni
ai «Salmi penitenziali», in «Vivens Homo», 5, 1994, pp. 475-493.
27
C. RE, Girolamo Benivieni fiorentino, Città di Castello, S. Lapi, 1906, p. 291.
28
Il lemma non è attestato nemmeno nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici
della Crusca, In Venezia, appresso Giouanni Alberti, 1612.
29
I Salmi penitenziali di Gonzaga, Orsilago e Turchi sono contenuti nella Giolitina Salmi
penitentiali di diversi eccellenti autori del 1568, per la quale vd. oltre. Nella medesima antologia

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Rosanna Morace

lerbi la comparazione viene cassata e risolta in «Ho fricte l’ossa et arse


sono»30. D’altronde, quale sia il grado di aderenza al testo della Vulgata è fa-
cilmente verificabile comparando i due testi, di cui si propone un breve speci-
men relativo proprio al salmo 101 (il quinto dei penitenziali), in cui appunto
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compare la parola «cremio»:


2
Exaudisci, Signor, la mia orazione, Domine, exaudi orationem meam,
salga la voce ad te del mio clamore, et clamor meus ad te veniat.
intendi quel che ’l miser cor ti expone.

3
Non mi tor la tua faccia in tutte l’ore, Non avertas faciem tuam a me:
in tutti e giorni ch’io son tribulato in quacumque die tribulor,
inclina ad me gli orecchi tuoi Signore; inclina ad me aurem tuam;
in quacumque die invocavero te,
e sempre che da me sarai invocato velociter exaudi me.
accelera, exaudisci el mio lamento,
le mie prece, ed extirpa el mio peccato.

4
Con ciò sia ch’e miei dì qual fumo al vento Quia defecerunt sicut fumus dies mei,
fuggiti e l’ossa mia qual cremio sieno et ossa mea sicut cremium aruerunt 31.
de secche al fuoco sol del mio tormento.

Se, dunque, è vero, come afferma Zorzi Pugliese, che nel contesto dell’ese-
gesi biblica il commento del Benivieni si distingue dalle correnti storico-filolo-
giche allora diffuse, per riallacciarsi invece alla tradizione allegorica che risale a
sant’Agostino e a san Gregorio Magno 32, per la parte in poesia può dirsi esatta-
mente il contrario, ovvero che egli è pieno erede di quella restauratio filologica
umanistica del testo sacro che, di lì a un decennio, condurrà Erasmo all’edizione

sono contenuti i salmi di Alamanni, che però sono una versificazione piuttosto libera; e quelli di
Minturno e Battiferri (anche per questi, vd. oltre), che traducono rispettivamente: «Ritruovo cia-
scun osso | e asciutto, qual cosa che si strugge | al fuoco, ch’ogni umor consuma e fugge» (V 12-
14); e «Son qual fumo spariti, e gli ossi rei | consunti, come cosa posta in foco» (V 11-12).
30
È stato consultato l’esemplare conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, Inc. I,
105, c. 35r, visibile anche online all’URL http://digi.vatlib.it/view/Inc.I.105.
31
BENIVIENI, Psalmi penitentiali, V, 1-12 e Ps CI, 2-4. Si è provveduto (qui come nei succes-
sivi testi cinquecenteschi) ad un cauto ammodernamento: si sono distinte u e v, eliminate le h eti-
mologiche e si è normalizzata la congiunzione et in e, ed; il nesso -ti + vocale in -z, -zi + vocale; il
plurale -ij in i; la punteggiatura e i segni paragrafematici sono stati adeguati all’uso moderno.
32
ZORZI PUGLIESE, Il commento cit., p. 475-493.

60
I Salmi tra Riforma e Controriforma

del Nuovo Testamento (1516)33, il Manuzio a dare alle stampe la Bibbia dei Set-
tanta in greco (1518) 34, Bomberg la Bibbia rabbinica in ebraico (Mikraot Gedo-
lot, 1517-1518) 35, e il savonaroliano Sante Pagnini a tradurre in latino l’intera
Bibbia dall’ebraico (1528) 36, sulla linea della progressiva perdita di autorità
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della Vulgata37 e della sempre più sentita esigenza di un volgarizzamento


biblico che poggiasse su presupposti filologico-esegetici ben diversi da quelli
malerbiani 38. In tale clima, il monaco camaldolese Paolo Giustiniani, dopo aver
auspicato una riforma della Chiesa nel celebre Libellus ad Leonem X (1513) 39,
proponeva proprio al Benivieni di volgarizzare il testo sacro40, sia per la sua
confidenza col greco e con l’ebraico e la già compiuta versificazione dei

33
Nouum testamentum omne, diligenter ab Erasmo Roterodamo recognitum & emendatum,
non solum ad graecam ueritatem, uerumetiam ad multorum utriusque linguae codicum, Apud
inclytam Germaniae Basilaeam, Basileae, in aedibus Ioannis Frobenij Hammelburgensis, Mense
Februario, 1516.
34
Panta ta kat’exochen kaloumena biblia theias delade graphes palaiaste, kai neas. Sacrae
scripturae veteris, novaeque omnia, Venetiis, in aedib. Aldi et Andreae soceri, 1518 mense Fe-
bruario.
35
Arba’ah ve-’esrim: Ḥumash ’im Targum Onkelos ve-’im Perush Rash, Venetia, Daniel
Bomberg, 1517.
36
Biblia. Habes in hoc libro prudens lector utriusque instrumenti novam tranlationem aedi-
tam a reverendo sacre theologie doctore Sancte Pagnino lucensi concionatore apostolico Prae-
dicatorij ordinis, necnon & librum de interpretamentis Hebraicorum, arameorum, graecorum-
que nominum … & erratorum castigationes quas qiusque exacte conscipiens corrigat librum,
dua Ioannis Francisci Picimirandulae domini Egregias Epistola ad eundem Epistola translatio-
nis al Clementem septimum, Lugduni, per Antonium du Ry, Imprensis Francisci Turchi, & Ia-
cobi de Giuntis, 1528.
37
V. COLETTI, Parole dal pulpito. Chiesa e movimenti religiosi tra latino e volgare, Casale
Monferrato, Marietti, 1983, p. 171.
38
Com’è noto, la Biblia vulgarizzata, stampata nell’agosto del 1471 a Venezia da Vindelino
Spira, con il testo volgare fissato dall’abate camaldolese Nicolò Malerbi (o Malermi o Ma-
nermi), aveva carattere spiccatamente composito. Vd. E. BARBIERI, Le Bibbie italiane del Quat-
trocento e del Cinquecento. Storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal
1471 al 1600, 2 voll., Milano, Editrice bibliografica, 1992; e ID., La fortuna della Biblia vulgari-
zata di Nicolò Malerbi, in «Aevum», 63, 1989, pp. 419-500; I. PACCAGNELLA, Lingua e reli-
gione: traduzioni della Bibbia nel Cinquecento, in Filologia antica e moderna. Due giornate di
studio su Tradizione e critica dei testi (Arcavacata, 16-17 novembre 1995), a cura di A. Roselli,
Soveria Mannelli, Rubettino, 1997, pp. 129-143.
39
Il Libellus ad Leone X, redatto da Giustiniani insieme al confratello Pietro Querini, rappre-
senta un vero e proprio «progetto di riforma della Chiesa in cui erano denunciate le maggiori ca-
renze e debolezze della pastorale, e veniva tracciato un piano d’intervento per porvi rimedio»
(FRAGNITO, La Bibbia al rogo cit., p. 27). Tra i mali denunciati, oltre il nepotismo e il malcostume,
spiccava l’ignoranza del latino di non solo quasi tutti i fedeli, ma anche del basso clero, per cui si
auspicava la traduzione della Bibbia in volgare e la sua lettura negli idiomi materni.
40
O. ZORZI PUGLIESE, Girolamo Benivieni: umanista e riformatore (dalla corrispondenza
inedita), in «La Bibliofilia», 72, 1970, pp. 253-288: 276-277.

61
Rosanna Morace

penitenziali, sia, probabilmente, perché analoga era nei due amici l’esigenza di
una profonda rigenerazione morale e spirituale del cristiano.
La religiosità che emerge dai Salmi del Benivieni, infatti, si fonda sul rap-
porto intimo e diretto con Dio, sulla contemplazione mistica, silenziosa, inte-
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riore con la parola sacra. Zorzi Pugliese colloca il fiorentino nell’entourage


ideologico di Erasmo 41, e la notazione coglie nel segno soprattutto se messa in
rapporto ad altri aspetti, quali la vocazione irenica; la denuncia del malco-
stume del clero, della vanità dei beni, delle opere e dei culti esteriori; il ri-
chiamo a una povertà di tipo francescano ed evangelico, l’imitatio Christi. Ma,
se alcuni di questi tratti potrebbero far pensare a punti di tangenza con la Ri-
forma protestante, è invece bene sottolineare come Benivieni ebbe parole dure
nei confronti di Lutero, soprattutto per quel che riguardava la dottrina del li-
bero arbitrio, nonostante l’auspicio al rinnovamento della Chiesa lo collocasse
«nel variegato mondo degli intellettuali cattolici riformisti»42. Eppure, proprio
queste consonanze col fermento d’oltralpe sono interessanti per meglio com-
prendere il complesso e multiforme fenomeno italiano che si è soliti definire
“evangelismo”, il quale ‒ pur alimentato dal pensiero riformatore spagnolo
(soprattutto per il tramite del Valdés) più che dal platonismo fiorentino o dalla
Riforma luterana e calvinista 43 ‒ ebbe comunque radici nell’eredità filologica
lasciata dall’Umanesimo e nello stratificato tessuto savonaroliano ed era-
smiano diffusosi in vari luoghi della penisola (ed in particolare tra gli intellet-
tuali): ma per una riforma da attuarsi, come si è detto, in seno alla Chiesa,
nell’esigenza di rinnovarla moralmente e spiritualmente, su presupposti ispirati
al Vangelo, alla predicazione paolina e all’agostinianesimo.

3. Luigi Alamanni

La Bibbia del Brucioli44 fu il punto di arrivo di tale renovatio filologica, lin-


guistica e spirituale, e non è casuale sia stata opera di un fiorentino appartenente

41
Ivi, p. 257.
42
DI BENEDETTO, L’edizione giuntina cit., p. 199.
43
Vd. su questo gli studi di M. FIRPO, e in particolare Tra alumbrados e «spirituali». Studi su
Juan de Valdés e il valdesianesimo nella crisi religiosa del ’500 italiano, Firenze, Olschki, 1990.
44
Sul volgarizzamento del Brucioli (sul quale non è possibile soffermarsi in questa sede)
vd. G. SPINI, Tra Rinascimento e Riforma. Antonio Brucioli, Firenze, La Nuova Italia, 1940; C.
DIONISOTTI, La testimonianza del Brucioli [1979], in ID., Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980,
pp. 193-226; I. PACCAGNELLA, La «Bibbia Brucioli». Note linguistiche sulla traduzione del
«Nuovo testamento» del 1530, in Omaggio a Gianfranco Folena, Padova, Editoriale Pro-
gramma, 1993, 1075-87; BARBIERI, Antonio Brucioli traduttore della Bibbia, in ID., Le Bibbie
italiane cit., pp. 107-127; FRAGNITO, La Bibbia al rogo cit., pp. 29-39, 61-65.

62
I Salmi tra Riforma e Controriforma

agli Orti Oricellari, formatosi quindi nella stessa cultura neoplatonica e repub-
blicana del Benivieni. Ma appartenente agli Orti Oricellari era anche Luigi Ala-
manni, col quale il Brucioli poté incontrarsi nuovamente a Lione dopo la con-
giura che attentò alla vita del Cardinale Giulio de’ Medici e che costò l’esilio a
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entrambi. Inoltre, proprio ai soggiorni lionesi (1522 e 1526) si deve l’adesione


del Brucioli alle dottrine riformate e il primo proposito di volgarizzamento del
testo sacro, a seguito del suo incontro con Sante Pagnini e con gli «studi biblici
che fervevano intorno ad un altro esule, il genovese Federico Fregoso»45.
Brucioli diede alla stampe il volgarizzamento del Nuovo Testamento nel
1530 46, del solo libro dei Salmi nel 1531 47 e infine l’intera Bibbia nel 1532 48.
Nello stesso 1532 veniva pubblicata a Lione la princeps delle Opere toscane
di Luigi Alamanni 49, in cui, accanto a sonetti, canzoni, madrigali, egloghe, fa-
vole e satire (tra le quali spicca, per quel che ci riguarda, quella al Brucioli)50,
sono contenute anche una sezione di Salmi e una di Elegie sacre 51. Come ha
notato Franco Tomasi, la raccolta dell’Alamanni si situa proprio sulle orme del
Benivieni, sia dal punto di vista metrico (nelle Opere del 1519 Benivieni
aveva inserito, oltre alla riduzione metrica dei tre salmi sopra ricordati, eglo-
ghe, capitoli morali e consolatorie in terza rima, laudi, rime spirituali, frottole,
canzoni, sonetti e un madrigale)52, sia da quello ideologico-morale:

45
Ivi, p. 30.
46
Il Nuouo Testamento, di greco nuouamente tradotto in lingua toscana per Antonio Brucioli,
Impresso in Vinegia, nelle case di Lucantonio Giunti fiorentino, nel mese di maggio 1530.
47
Psalmi di Dauid nuouamente dalla hebraica uerita, tradotti in lingua toscana per Anto-
nio Brucioli, Impressi in Uinegia, nelle case di Luc’antonio giunti Fiorentino. Nel 1531.
48
La Biblia quale contiene i sacri libri del Vecchio Testamento, tradotti nuouamente de la
hebraica verita in lingua toscana per Antonio Brucioli. Co diuini libri del nuouo testamento di
Christo Giesu signore & saluatore nostro. Tradotti di greco in lingua toscana pel medesimo,
impresso in Vinegia ne le case di Lucantonio Giunti fiorentino, nel 1532.
49
L. ALAMANNI, Opere toscane, Lugduni, apud Gryphium, 1532-1533.
50
Per la satira Al Brucioli vd. F. TOMASI, Appunti sulla tradizione delle Satire di Luigi Ala-
manni, in «Italique», IV, 2001, pp. 45-46.
51
I Salmi sono collocati al termine del vol. I delle Opere toscane cit., pp. 419-435; le Elegie
sacre, invece, sono contenute nel IV libro del vol. I, pp. 86-107, e celebrano i momenti che dalla
Natività conducono alla Risurrezione di Cristo. Nonostante i diversi contributi critici sulle varie
sezioni delle Opere toscane (per la bibliografia dei quali vd. F. TOMASI, «L’amata patria», «i
dolci occhi» e il «gran gallico Re»: la lirica di Luigi Alamanni nelle Opere toscane, in Chemins
de l’exil, havres de paix: migrations d’hommes et d’idées au 16. Siècle, Actes du Colloque de
Tours 8-9 novembre 2007, sous la direction de J. Balsamo et C. Lastraioli, Paris, Champion,
2010, p. 357 nota 8), mancano studi sulla produzione sacra dell’Alamanni.
52
Vd. DI BENEDETTO, L’edizione giuntina cit., pp. 165-203.

63
Rosanna Morace

Quella di Benivieni finiva per essere quindi una prima proposta di un classicismo volgare de-
clinato in senso fiorentino, al cui clima culturale andrà ascritta anche la venatura moraleg-
giante e religiosa non disgiunta dalla vis polemica presente poi in alcuni testi alamanniani 53.
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Tale istanza era fortemente in sintonia con il rinnovamento linguistico e sti-


listico, politico e morale, avanzato dall’ambiente degli Orti Oricellari, per il
quale il Benivieni fu dunque un antecedente illustre. I Salmi dell’Alamanni si
pongono infatti sulla medesima linea, a partire dal metro utilizzato (terzine dan-
tesche, incatenate da rima o assonanza), nonostante la parafrasi sia tutt’altro che
letterale e inscriva nei versi ciò che Benivieni aveva demandato al commento.
Notevoli, poi, evidenti calchi e tessere della Commedia (anch’esse riconducibili
al magistero beniveniano) 54, funzionali non solo a ridimensionare la portata del
modello petrarchesco ma anche a creare quell’«ideale autobiografia nei panni
danteschi» che dall’imitatio stili si rifrangeva nell’imitatio vitae, e che segnava
un continuum tra l’esilio dell’Alighieri e quello dei profughi antimedicei e re-
pubblicani. Così, se nella Satira XII ‒ che costituisce un vero e proprio pamphlet
sulla situazione politica contemporanea ‒ l’incipit del XXVI canto dell’Inferno
era valso a denunciare il malcostume delle corti, di Firenze e della Chiesa, nel
Primo Salmo penitenziale il richiamo ad un diverso luogo del medesimo canto
connota il peccato del salmista/Alamanni come superbia e brama di conoscenza
terrena, con ovvio riferimento all’Ulisse dantesco:

Perdona il mio peccar, verace Iddio,


ch’io veggio or ben con che già folle ardire
quel ch’era di te sol, chiamato ho mio.
Quanto ho bramato, ahi, van nostro desire!,
superbamente già d’alzarmi a volo,
u’ scende più chi più crede alto gire;
come già di tua grazia, ignudo e solo,
il mio falso veder, che nulla vede,
pregiato ho molto intra ’l vulgare stuolo 55.

L’allusione al peccato di superbia è del tutto assente nella Bibbia: il volga-


rizzamento dell’Alamanni, infatti, è svincolato dalla lettera della Vulgata e si

53
TOMASI, Appunti sulla tradizione delle Satire cit. p. 35.
54
Si ricordi che Benivieni era un importante dantista: sua è, infatti, l’edizione della Comme-
dia del 1506 (cfr. R. LEPORATTI, Canzone e sonetti di Girolamo Benivieni fiorentino. Edizione
critica, in «Interpres», XXVII, 2008, pp. 144-298).
55
ALAMANNI, Salmi, I 10-18. Si cita dall’ed. Salmi penitentiali di diuersi eccellenti autori
(per la quale vd. oltre), ammodernata secondo quanto specificato nella nota 26.

64
I Salmi tra Riforma e Controriforma

distingue per l’aggiunta di nuovi temi, la soppressione di altri e la libera riela-


borazione di molti 56. Basti osservare come, in questo stesso primo salmo, sia
del tutto assente il motivo dell’infermità fisica ‒ centrale invece in Ps 6 ‒ e
come, fin dall’incipit, scompaiano il furore e l’ira divina della fonte (2Domine,
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ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me), per trasformarsi
nella richiesta della «santa pace» ad un «Padre» pietoso:

Padre del ciel, cui nulla ascoso giace,


ma tutto dentro e fuor si mostra aperto,
dammi oggi, prego, la tua santa pace 57.

È, innanzi tutto, da segnalare che l’appellativo «Padre» è una interessante


variante sostanziale che si registra tra la princeps del 1532 e l’anteriore tradi-
zione manoscritta dei Salmi penitenziali58, in cui la lezione «Signore» 59 era
portatrice di una maggiore aderenza al Domine della Vulgata. È da ricordare
che la doppia invocazione, Signore/Padre, ha un suo precedente illustre nelle
Rime del Bembo, e in particolare nel gruppo di liriche 133-138 60 databile ante
marzo 1511 61.

56
Non è un caso che nella giolitina Salmi penitentiali di diversi eccellenti autori (per la
quale vd. oltre) quelli dell’Alamanni siano gli unici a non avere a margine i versetti biblici.
57
ALAMANNI, Salmi, I 1-3
58
Sulla tradizione manoscritta delle rime di Alamanni, oltre gli studi di Tomasi sopracitati,
vd. la tesi di dottorato, consultabile online (http://eprints-phd.biblio.unitn.it/987/), di A. DE
ANGELIS, I sonetti delle Opere toscane di Luigi Alamanni. Edizione critica, Università degli studi
di Trento, Dip. di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, Tutor prof. A. Comboni.
59
Il confronto è stato svolto direttamente sul Ms. 1680 della Biblioteca Angelica di Roma,
che riproduce con ottima fedeltà uno dei più preziosi manoscritti della tradizione alamanniana,
finito di allestire ad Avignone nel 1528: il Magliabechiano VII 676 (per il quale vd. TOMASI,
Appunti sulla tradizione delle Satire cit., p. 37, e ID. «L’amata patria» cit., p. 368). Ho poi veri-
ficato la variante in altri tre codici della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, ma limita-
tamente al v. 1: attraverso Manus online, nei codd. Ashburnham, 438, c. 45r e Redi 84, c. 86r
della BNCF, che recano entrambi la lezione: «Signor del ciel cui null’ascoso giace»; e nel Ms.
Strozzi 170 attraverso la descrizione contenuta in A. M. BANDINI, Bibliotheca Leopoldina Lau-
rentiana, seu Catalogus manuscriptorum qui iussu Petri Leopoldi Arch. Austr. Magni Etr. Ducis
in Laurentianam translati sunt. Quae in singulis codicibus continentur accuratissime describu-
ntur, edita supplentur et emendantur, Florentiae, Typis Caesareis, 1791-1793, vol. II, pp. 570-
571. Il catalogo dà notizia dei sette Salmi penitenziali di Alamanni preceduti dalla lettera del 1
gennaio 1526 a Bernardo Altovito (che costituirà la dedica al libro dei Salmi nell’edizione a
stampa, e che è presente anche nei più importanti testimoni manoscritti) all’interno del codice
miscellaneo intitolato Dantis Aligh. Guid. Cavalcan. Aloys. Alamanni, et alior. Carmina italica,
che riunisce vari autori della tradizione fiorentina. È citato il v. 1 del Salmo I: «Signore del ciel,
cui nulla ascoso giace», e si dà notizia della variante a stampa, «Padre».
60
Faccio riferimento alla numerazione dell’ed. critica P. BEMBO, Rime, a cura di A. Don-

65
Rosanna Morace

La lezione «Padre» era, comunque, già stata utilizzata nei salmi II, III e VI
dell’Alamanni 62 fin dalle prime redazioni (si riscontra, infatti, nella tradizione
manoscritta), ma la volontà di porla in posizione incipitaria, facendone la
prima parola della raccolta sembra indicativo della volontà di attenuare il ca-
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rattere dello Iavè veterotestamentario e di sottolineare il messaggio pietoso e


pacificatore della figura cristologica:
Deh!, quell’alta pietà, quel sommo amore
Che ’ndusse a morir lui, ritorni in vita
L’alma smarrita, che peccando muore 63;

Quel che perdona più cui più l’offende


I miei preghi e sospir pietoso accoglie,
Già nel divoto cor sua grazia ascende 64.

Sia nel precedente che in quest’ultimo caso, Alamanni introduce dei motivi
evangelici che (ovviamente) non hanno riscontro alcuno nella fonte salmica,
ovvero l’allusione alla morte in croce, e il precetto di porgere l’altra guancia,
amare i nemici e fare del bene senza sperare nulla in cambio65. Tali richiami
sono tanto più interessanti in quanto sottolineano la necessità di una purifica-
zione che passi attraverso l’Imitatio Christi, con la ripresa quindi di uno dei con-
cetti fondamentali che già improntavano in senso cristologico il commento ai
Salmi del Benivieni, ma altresì in analogia con un punto cardinale dell’evangeli-
smo e con le connesse polemiche contro il malcostume della Chiesa, certamente
condivise da Alamanni.
Tra le varie amplificazioni del testo sacro degne di nota, ve ne sono poi
altre due estremamente significative: il quinto versetto del sesto salmo, Con-
vertere, Domine, et eripe animam meam; salvum me fac propter misericor-
diam tuam, diviene in Alamanni:

Trami, Signor, di questo aspro deserto


de le rie colpe, e tua somma pietate

nini, 2 voll., Roma, Salerno Editrice, 2008. L’appellativo «Signore» è nei sonetti 133, 135, 137,
«Padre» in 134 e 136, mentre nella ballata 138, Signor, quella pietà che ti constrinse, sono alter-
nate le due forme: vd. ivi, vol. I, pp. 332-335
61
Le liriche 133-138 sono presenti nel testimone manoscritto VM5, allestito tra la fine del
1510 e la fine del febbraio 1511 (cfr., ivi, vol. II, pp. 760-772).
62
ALAMANNI, Salmi, II 23; III 1; VI 2; VI 43.
63
Ivi, I 28-30.
64
Ivi, I 37-39.
65
Lc 6, 27-35.

66
I Salmi tra Riforma e Controriforma

se stessa guardi in ciò, non quel ch’io merto 66.

La «somma pietate» traduce il misericordiam tuam del Salterio, ma la preci-


sazione che il perdono non dipende da «quel ch’io merto», dunque dalle opere e
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dagli atti esteriori, ma appunto dalla pietà divina, è degna di nota perché anche
su questo si demarcherà la questione dottrinaria della giustificazione per fede
durante il Concilio di Trento. I Salmi dell’Alamanni, però, furono composti in-
torno alla fine del 1525, e a quel tempo la portata di una simile affermazione non
aveva il valore che acquisirà un ventennio dopo. È, infine, necessario segnalare
che nei successivi salmi, e due volte in questo primo, si insiste esplicitamente
sulla necessità della «grazia»67 di Dio per giungere alla salvezza: un concetto,
agostiniano, prima che luterano, e già presente in Benivieni.
Gli elementi fin qui emersi attraverso l’analisi del primo salmo peniten-
ziale sono spie forti di una religiosità non convenzionale dell’esule fiorentino,
che è comunque più ragionevole ascrivere alla polemica antimedicea e alle
istanze moralizzatrici dell’autore che ad una sua presunta religiosità riformata,
tanto più che dal 1523 era papa Clemente VII, ovvero quel Giulio de’ Medici
contro il quale gli Orti Oricellari avevano ordito la congiura, per cui i due mo-
tivi potevano divenire complanari. A ciò si aggiunga, però, che Lione fu uno
dei maggiori centri di diffusione della Riforma, anche in ragione della fervente
attività editoriale; che i Salmi vennero composti tra l’ottobre e il dicembre del
1525 (secondo quanto si legge nella Lettera a Bernardo Altoviti, che funge da
dedica al ciclo dei penitenziali), dopo una lunga malattia alla quale seguì una
«crisi religiosa»68; e infine che Alamanni strinse a Roma, tra il 1539 e il 1540,
rapporti con Vittoria Colonna e con alcuni dei più illustri esponenti del gruppo
valesiano: Pier Paolo Vergerio, Gasparo Contarini e Federico Fregoso, già pe-
raltro conosciuto a Lione.

4. Bernardo Tasso

Come ben si sa, le Opere toscane, con il loro sperimentalismo metrico e


strutturale, mirarono a complicare il modello petrarchesco dell’autobiografia in-
dividuale e spirituale, per allargare lo spazio del poetabile grazie alle suggestioni
della poesia greca e latina, secondo un principio di pluralità dei modelli, dei ge-
neri, dei contenuti.

66
ALAMANNI, Salmi, I 4-6.
67
Si vedano i contesti citati del salmo I, v. 16 e v. 39, ma anche II, 43; III, 8, 27 e 57; V, 7;
VII, 51.
68
R. WEISS, Alamanni, Luigi, in DBI [= Dizionario biografico degli Italiani], I, 1960, online.

67
Rosanna Morace

Tale percorso fu intrapreso anche da Bernardo Tasso, dapprima con I libri


degli Amori, tra il 1531 e il 1537, e poi, tra il 1555 e il 1560, con le Rime 69, i
cui due ultimi libri sono Salmi e Inni et ode. Per entrambi i poeti (e per molti
altri che a loro seguiranno: dal Varchi70, alla Battiferri 71 ‒ che del Varchi fu
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amica −, a Gabriele Fiamma 72, ad Angelo Grillo) 73 la traduzione «in versi, con
soluzioni metriche volta a volta differenti, dimostra l’attenzione di molti autori
al confronto diretto col modello davidico»74, nel quale si ravvisava sia un rin-
novato orizzonte tematico della lirica, sia la possibilità di soluzioni espressive
e metriche altre rispetto al codice petrarchesco, in particolare perché la natura
melica della poesia davidica permetteva un inedito connubio tra gravitas e
dulcedo. Non a caso Paolo Zaja parla dei salmi come di un «reagente fonda-
mentale per il rinnovamento del classicismo volgare» 75, in particolare dopo la
«svolta degli anni Sessanta» 76, segnalando come a quest’altezza cronologica i
volgarizzamenti e le composizioni originali ispirate ai Salmi si svincolino pro-
gressivamente dal segno del petrarchismo bembesco.
Prova ne sia la gran varietà di metri utilizzati per i volgarizzamenti 77: terzine
dantesche per i fiorentini Benivieni, Alamanni, Orsilago78 e per il veneziano

69
Rime di messer Bernardo Tasso diuise in cinque libri nuouamente stampate. Con la sua
tauola per ordine di alfabetto, In Vinegia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1560
70
Vd., sopra, nota 19.
71
Vd. poco oltre.
72
Rime spirituali del r.d. Gabriel Fiamma, canonico regolare lateranense; esposte da lui
medesimo, in Venetia, appresso Francesco de’ Franceschi, 1570; C. UBALDINI, I salmi di Ga-
briele Fiamma ritrovati nella Biblioteca Vaticana (R. I. IV. 447), Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, 2012. Sui Salmi del Fiamma, oltre l’ampia introduzione di C. Ubaldini
all’ed. sopracitata, vd. C. LERI, «Gli accenni soavi e ’l dolce canto». I Salmi nelle Rime spirituali
di Gabriele Fiamma, in EAD., «La voce dello spiro». Salmi in Italia tra Cinque e Settecento,
Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2011, pp. 11-39.
73
Vd., in questo volume, lo studio di Francesco Ferretti.
74
P. ZAJA, Salmi e lirica volgare nel Cinquecento, in La Bibbia nella letteratura italiana,
vol. V. Dal Medioevo al Rinascimento, a cura di G. Melli e M. Sipione, Brescia, Morcelliana,
2013, p. 563.
75
P. ZAJA, Francesco Turchi e i Salmi penitentiali, di Diversi eccellenti autori (Venezia,
1568), in «Quaderni veneti», 3, 2014, 1-2, p. 70.
76
ZAJA, Salmi e lirica volgare cit., p. 560.
77
Il minimo regesto che qui di seguito fornisco non ha pretesa di esaustività (dato il gran nu-
mero di volgarizzamenti editi nel secolo XVI), ma mira solo a mettere in luce la ricchezza metrica
delle versificazioni volgari del Salterio. Mi sono, quindi, limitata a far riferimento agli autori citati
nel presente studio, e a quelli le cui edizioni sono presenti nel sito www.bibbiaepoesia.it, da me
curato, e di cui ho potuto verificare la composizione metrica.
78
Per i Salmi di Orsilago vd. oltre. Analogamente per i testi di cui non si fornisce qui
indicazione bibliografica.

68
I Salmi tra Riforma e Controriforma

Agostino Agostini 79, mentre Bernardo Tasso, Laura Battiferri e Bonaventura


Gonzaga sperimentarono l’ode oraziana: strofe di 5 o, più raramente, 6 versi,
con alternanza di endecasillabi e settenari e uso di rime equivoche e assonanze,
per il primo; strofe di 4, 6 e 7 versi per la Battiferri, che alterna settenario ed en-
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decasillabo ma indulge maggiormente al codice petrarchista di quanto non fac-


cia il Tasso. Optarono invece per la canzone Antonio Minturno e Germano Vec-
chi80; per il sonetto Angelo Grillo81; e per i versi sciolti Francesco Turchi e Do-
menico Buelli 82. In metri vari sono poi composti i Salmi di Benedetto Varchi83,
di Gabriele Fiamma 84 e del calvinista Giovanni Diodati 85.
I Salmi del Tasso costituiscono il primo esempio di lirica sacra trasposta nel
metro dell’ode e, pur profondamente ispirati al Salterio, non ne sono parafrasi,
ma una libera elaborazione dei principali temi, tra cui domina l’accalorata pre-
ghiera al Padre e al Figlio affinché rinsaldino la fede e gli diano la forza di resi-
stere alle insidie del peccato. Le odi sacre sono, quindi, anche una forma di
reinterpretazione della propria esperienza di poeta profano, sulla scorta del mo-
dello petrarchesco: e in questa logica si può forse leggere lo spostamento della
platonica Canzone a l’anima dal Libro terzo de gli Amori (del ʼ37) al libro dei
Salmi 86.
Le citazioni bibliche, numerose, sono spesso mediate attraverso la fonte
della Parafrasis in triginta psalmos flaminiana, ma non sono assenti nemmeno

79
I sette salmi penitentiali imitati in Rime dall’Eccellentiss. dott. Agostino Agostini et i sette
salmi della Misericordia, latini, raccolti dal Salmista del Sig. Girolamo Fagiolo co ’l lor Vol-
gare di Mons. R. Vesc. Panigarola, ornati di figure in rime, in Anversa, secundo l’exemplare di
Venetia, appresso Girolamo Porro, 1595.
80
Lagrime penitentiali composte in sette canzoni a imitazione de’ sette salmi penitentiali di
David profeta, in Venetia, appresso Giacomo Simbeni, 1574.
81
Dopo la parziale stampa, senza il pieno consenso dell’autore, delle Lagrime nelle Rime
del 1589, la prima edizione è Lagrime del penitente ad imitatione de’ sette salmi penitentiali di
Dauide del m.r. sig. don Angelo Grillo, In Bergamo, per Comin Ventura, 1593, priva però dei
versetti biblici di cui ciascun sonetto è amplificazione, ripristinati solo nell’ed. Napoli, Stigliola,
1594: vd. il contributo di Ferretti nel presente volume.
82
I sette salmi penitentiali tradotti et esposti per il R.P.F. Domenico Buelli, dell’ordine de
Predicatori, In Nouara, appresso Francesco Sesalli, 1572.
83
Inediti, per i quali vd. sopra, nota 15.
84
Vd. sopra, nota 62.
85
La sacra Bibbia, tradotta in lingua italiana, e commentata da Giouanni Diodati, di na-
tion lucchese, Seconda editione, migliorata, ed accresciuta. Con l’aggiunta de' sacri Salmi, messi
in rima per lo medesimo, Geneua, per Pietro Chouët, 1641.
86
La prima redazione della Canzone a l’anima è, dunque, ante 1537. L’unica variante
sostanziale tra la prima edizione e l’ultima è il primo verso del congedo, v. 131: «Canzone, ar-
dente e calda» [1537] → «Canzone, dimessa e calda» [1560].

69
Rosanna Morace

richiami, in particolare di ordine strutturale e tematico, ai De rebus divinis car-


mina 87. Il Tasso, però, guardò anche alle Rime spirituali di Vittoria Colonna,
come testimonia il codice oliveriano 1399, autografo di Bernardo Tasso e data-
bile, per le carte che ci competono, tra il 1554 e il 1558, ovvero al periodo di
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composizione dei Salmi: le cc. 143r-145r contengono, infatti, citazioni tratte


dalle Rime spirituali della Marchesa, tra cui non poche insistono sul «divino
lume» della guida di Cristo e sulla salvezza concessa dal suo sacrificio, sulla
contrapposizione tra carne e spirito, sulla necessità di sollevarsi dai mondani de-
sideri e dalle vane speranze verso più alte e vere mete 88. Tali temi sono presenti
anche nei salmi del Tasso, e soprattutto nell’ultimo, il XXX, che all’incipit cen-
trato su un breve accenno alla vacuità delle parole, delle opere e dei sensi, fa se-
guire un richiamo esplicito al tema della grazia, che Cristo concede all’uomo
non per i suoi meriti ma per la sua infinita pietà, nonché l’auspicio conclusivo ad
essere anch’egli tra gli «eletti» che godono del piacere divino:

Padre pietoso e liberal


[...]
non per mio merto, ma per l’infinita
pietà ch’ a patir morte
per dare a me la vita
ti spinse, apri le porte
de la tua grazia a questa
alma un tempo sviata, ora sì presta

a seguir l’orme tue, come agnelletta


dietro la pecorella
che ’l latte ancora alletta
de l’amata mammella,
sì ch’un giorno io pur gusti
quant’è ’l piacer di quelli eletti e giusti 89.

87
M. Antonii Flaminii De rebus diuinis carmina ad Margaritam Henrici Gallorum regis
sororem, Antuerpiae, ex Officina Christophori Plantini, 1558, ora in ID., Carmina, a cura di M.
Scorsone, Torino, Res, 1993.
88
Sulla religiosità di Vittoria Colonna, cfr. almeno C. RANIERI, Premesse umanistiche alla
religiosità di Vittoria Colonna, in «Rivista di storia e letteratura religiosa», 32, 1996, pp. 531-
548; S. PAGANO - C. RANIERI, Nuovi documenti su Vittoria Colonna e Reginald Pole, Città del
Vaticano, Archivio Vaticano, 1989.
89
B. TASSO, Salmi, XXX 25 e 31-42 (cito da ID., Rime, a cura di V. Martignone, Torino,
Res, 1995; corsivi miei).

70
I Salmi tra Riforma e Controriforma

I versi 31-36 («non per mio merto»… «a questa | alma»), se richiamano il


De paenitentia di Sant’Ambrogio 90, sono poi in rapporto quasi letterale con il
volgarizzamento del Varchi, che parafrasa Ps 25 6 (Reminiscere miserationum
tuarum, Domine, et misericordiarum tuarum quae a seculo sunt) in: «di me
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secondo l’alta tua pietate | ricordati Signore, | non già per merto mio, ma tua
bontate»91. I medesimi versi, poi, esprimono anche lo stesso concetto dell’ul-
timo paragrafo del Capitolo 3 del Beneficio di Cristo, il celebre libello scritto da
Benedetto da Mantova e rivisto dal Flaminio che, come si sa, fu il maggiore
strumento di propagazione della Riforma italiana. Il Tasso mostra (sia pure
attraverso un processo di rielaborazione anche ‘mimetica’) di richiamarlo nel
luogo cardinale in cui si chiarisce quale sia il «misterio della fede cristiana» e in
cosa consista il beneficio, e dunque la grazia, di Cristo:

Abbracciamo, fratelli dilettissimi, la giustizia del nostro Iesù Cristo, facciamola nostra per
mezzo della fede, teniamo per fermo di esser giusti, non per le opere nostre, ma per i meriti
di Cristo, e viviamo allegri e sicuri che la giustizia di Cristo annichila tutte le nostre ingiu-
stizie e ci fa buoni e giusti e santi nel conspetto di Dio 92.

Tale interpretazione si rinsalda se si considera che ai «buoni e giusti e


santi» del Beneficio si sostituisce, al v. 42 tassiano, l’endiadi «eletti e giusti»,
con un riferimento esplicito al tema dell’elezione che il passo riformato in
nuce contiene: come nella dottrina luterana e calvinista, infatti, anche nel pen-
siero valdesiano la giustificazione per fede è posta in stretta connessione
all’«elezione d’amore che Dio compie nei confronti dell’umanità»93.
Il salmo XXX è l’ultima ode sacra della raccolta tassiana, e, come tale, as-
sume valore emblematico assieme alle liriche conclusive: una canzone ed un
sonetto A l’anima e due sonetti A Cristo, che sembrano celebrare, anche strut-
turalmente, il matrimonio tra l’anima e Cristo: concetto-cardine della teologia
valdesiana, a cui è dedicato l’intero Capitolo 4 del Beneficio di Cristo, che si
intitola appunto «degli effetti della viva fede e della unione dell’anima con
Cristo». Se a ciò si aggiunge l’eclissi della figura di Maria, dei santi e dei
pontefici, il fatto che il testo è dedicato a Margherita di Valois e l’insistita in-

90
AMBROGIO, De paenitentia, II 73: «in sacerdoti manet non virtute sua, sed Christi gratia».
91
BNCF, Rinucc. 15.81, c. 29r (corsivo mio). Qui come altrove, le citazioni dei Salmi var-
chiani sono tratte da FIRPO, Gli affreschi di Pontormo cit., p. 244.
92
B. DA MANTOVA - M. A. FLAMINIO, Il beneficio di Cristo, Torino, Claudiana, 2009, pp.
41-42.
93
J. DE VALDÉS Le cento e dieci divine considerazioni, testo comparato, introduzione e note
a cura di T. Fanlo y Cortés, Prefazione di P. Ricca, Considerazione preliminare di J. Nieto, Ge-
nova-Milano, Marietti, 2004, p. 83 e p. 227.

71
Rosanna Morace

trospezione della propria esperienza di fede, non aliena da una corda ascetica,
l’ipotesi, già avanzata da Cerboni Baiardi e da Petrocchi 94, di un’adesione del
Tasso padre alla spiritualità valdesiana sembra prendere sempre più corpo 95.
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5. Laura Battiferri

Ma la stessa attenzione verso la dottrina della grazia e il tema della pietà


divina sono presenti nei Salmi penitenziali di Laura Battiferri, che, dapprima
interpretati come rigorosamente tridentini, sono stati oggi, da Enrico Maria
Guidi 96, ricondotti nell’alveo del valdesianesimo. E basterà leggere la quarta
strofa del Primo Salmo penitenziale 97:

A me volgiti, e togli
l’alma di tanti scogli,
almo Signore, e me per tua bontade
salva per grazia tua, per tua pietade 98.

Se in Alamanni il misericordiam tuam della Vulgata veniva tradotto con


«somma pietate», qui alla «pietade» è aggiunto esplicitamente il termine «gra-
zia», in piena analogia con la il volgarizzamento varchiano («dammi | per pietà
la tua grazia e salvo fammi») 99 e con la traduzione e il commento di Lutero al
medesimo salmo, laddove ancora il Brucioli manteneva la traduzione letterale
«misericordia».

94
G. CERBONI BAIARDI, La lirica di Bernardo Tasso, Urbino, Argalìa 1966, pp. 94-101.
94
G. PETROCCHI, Saggi sul Rinascimento italiano, Firenze, Le Monnier, 1990, pp. 17-27.
95
Ho qui ripreso, per minimi accenni, la tesi più ampiamente documentata nel mio Ber-
nardo Tasso Bernardo Tasso e il gruppo valdesiano. Per una lettura “spirituale” dei Salmi, in
«Quaderno di italianistica dell’Università di Losanna», 9, 2014, pp. 51-85. Mi permetto poi di
rimandare, per uno studio metrico dei Salmi di Bernardo Tasso, a R. MORACE, Del «rinovelare»
la lingua toscana. I «Salmi» di Bernardo Tasso, in I Cantieri dell’italianistica. Ricerca, didat-
tica e organizzazione agli inizi del XXI secolo, Atti del XVII Congresso dell’ADI – Associa-
zione degli Italianisti (Roma Sapienza, 18-21 settembre 2013), a cura di B. Alfonzetti, G. Bal-
dassarri e F. Tomasi, Roma, ADI Editore, pp. 1-12, online.
96
E. M. GUIDI, I salmi penitenziali di David nella traduzione di Laura Battiferri, in «Atti e
studi» dell’Accademia Raffaello, 1, 2004, pp. 83-92; ID., Introduzione a L. BATTIFERRI DEGLI
AMMANNATI, I sette Salmi penitenziali di David con alcuni sonetti spirituali, a cura di E. M.
Guidi, Urbino, Accademia Raffaello, 2005.
97
Per altri rilievi cfr. l’ed. sopracitata.
98
BATTIFERRI, I sette Salmi penitenziali cit., I 13-16.
99
BNCF Rinucc. 15.81, c. 6r.

72
I Salmi tra Riforma e Controriforma

Per tua bontà


Non per la dignità dei miei meriti, ma per la tua bontà, affinché proprio questa sia esaltata,
amata e lodata, poiché tu permetti che essa venga in soccorso degli indegni 100.
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Lutero approfondisce tale interpretazione nel commento al secondo Salmo


penitenziale, che pose alla base della sua interpretazione della salvezza per gra-
zia, asserendo che la pietà divina non cancella il peccato dell’uomo ma lo copre.
In questione è la traduzione del verbo ebraico kasah, reso come tectere nella
Vulgata 101. La Battiferri opta, nel Salmo secondo, per una endiadi del verbo che,
in un isolato settenario, abbina alla traduzione più ortodossa, ‘cancellare’, il ‘co-
prire’ luterano; mentre con un’amplificatio introduce nuovamente la necessità
della grazia divina affinché l’anima si salvi dall’errore:
1
O felici e beati, Beati quorum remissæ sunt iniquitates,
quegli a cui son rimesse dal Signore et quorum tecta sunt peccata.
le loro iniquitadi: e’ lor peccati

dalla sua grazia immensa a tutte l’ore,


coperti e cancellati;
onde son fuor di tema e fuor d’errore 102.

I Salmi dell’urbinate propendono quindi per una traduzione poetica che,


attraverso minimi inserti, veicola un’interpretazione alternativa rispetto a
quella più canonica, o quantomeno una doppia interpretazione.

6. La giolitina Salmi penitentiali di diversi eccellenti autori

I volgarizzamenti della Battiferri e quelli di Alamanni vennero inseriti


all’interno dell’antologia ‒ pubblicata dal Giolito nel 1568, riemessa nel 1569,
e pubblicata in una nuova edizione nel 1572 103 ‒ dei Salmi | penitentiali, | di

100
LUTERO, I salmi penitenziali cit., p. 59. La traduzione dei salmi di Lutero circolava in
Italia nella versione latina: Psalterium translationis ueteris, correctum, Vuittembergae, 1529
(Excusum Wittember, apud Johannem Lufft, 1529). Vd. anche S. SEIDEL MENCHI, Le traduzioni
italiane di Lutero nella prima meta del Cinquecento, in «Rinascimento», 17, 1977, p. 31-108.
101
LUTERO, I salmi penitenziali cit. p. 75; GUIDI, Introduzione cit., p. 11, nota 13 (ma vd.
l’intera Introduzione per ulteriori approfondimenti, e il già citato studio di Guidi). Nella Bibbia
del Brucioli il verbo utilizzato è «ascondere», mentre in quella di Pagnini l’aderenza alla Vulgata
è totale: «tectum est». Nessuna di queste due può essere stata quindi fonte per la Battiferri.
102
BATTIFERRI, Salmi penitenziali cit., II, 1-6.
103
Per gli interventi editoriali (spostamenti, giunte e soppressioni) e le varianti che intercor-
rono tra le due edizioni, e tra queste e la settecentesca Salmi penitenziali tradotti da diversi ec-

73
Rosanna Morace

diversi | eccellenti | avtori. | Con alcune rime | spirituali, | di diversi Illvst.


Cardinali; | di Reuerendissimi Vescoui, & d’altre | persone Ecclesiastiche. |
Scelti dal reverendo | P. Francesco da Triuigi carmelitano | alla illvstre si-
gnora Lavra | Pola de’ bresciani.
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Fin dal titolo, vengono ad arte messe in luce le due caratteristiche peculiari
della raccolta, con un modus operandi già consolidato dal Giolito e dagli stam-
patori veneziani per le raccolte di rime e lettere: come queste erano corredate di
apparati testuali funzionali ad attirare l’attenzione dei lettori e a facilitarne la
consultazione, analogamente, nella giolitina di Salmi, risulta chiaro fin dal fron-
tespizio che l’antologia intende porsi come archetipo della lirica sacra: essa, in-
fatti, riunisce insieme volgarizzamenti del Salterio e rime spirituali, ovvero i due
sottogeneri di maggior fortuna nell’ambito della poesia religiosa, che oltretutto ‒
a partire dalla raccolta del Minturno104 e in particolare sul finire del secolo ‒ sarà
prassi abbinare in un unico prodotto editoriale. Ma la lungimiranza editoriale del
Giolito non si limita a questo: in un momento in cui le fortunatissime raccolte di
lettere degli anni Quaranta e Cinquanta stavano perdendo l’attenzione del pub-
blico e si stavano muovendo verso una specializzazione tematica 105, e molte di
quelle di rime erano state colpite dall’Indice paolino del 1559, l’editore propo-
neva una nuova antologia a carattere spirituale, che rivendicava fin dal paratesto
la legittimità del binomio (per nulla pacifico, in quegli anni) lirica-sacro. E si
sottolineava perciò (tanto nel frontespizio quanto, con maggior enfasi, nell’Indi-
ce) come gli «eccellenti autori» fossero «persone ecclesiastiche» dei ranghi più
elevati, capaci di produrre poesia di alto livello e contemporaneamente di glo-
riare Dio, vanificando così

l’opinione d’alcuni, che si danno a credere non potersi scrivere poeticamente bene i con-
cetti pii e cristiani. La onde, e gli uomini e le donne spirituali, con tutte quelle persone mo-
deste che si dilettano di leggere libri di poesie, potranno ora (senza aver nelle mani libri che

cellenti autori, con alcune rime spirituali A sua eccellensa la signora Canziana Soranzo Cor-
naro podestaressa e vice capitania di Verona, in Verona, per Dionigi Ramanzini, 1749, mi per-
metto di rimandare al mio studio, di prossima pubblicazione, La giolitina Salmi penitentiali tra
ristampe e riedizioni.
104
Del S. Antonio Sebastiano Minturno Vescovo d’Ugento, Canzoni sopra i Salmi, in Na-
poli, Appresso Gio. Maria Scotto, 1561, che contiene anche Del S. Antonio Sebastiano Minturno
Vescovo d’Ugento, Sonetti tolti dalla Scrittura, e da' detti de santi padri.
105
L. BRAIDA, Libri di lettere. Le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini reli-
giose e “buon volgare”, Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 183-244.

74
I Salmi tra Riforma e Controriforma

soglion dare ad alcuni scrupulosi qualche sospetto d’immodestia) leggendo questo libro in-
sieme insieme [sic] dilettare il senso e lodare Iddio 106.

Non sembra peregrino affermare che in questo brano ‒ che costituisce


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l’explicit della dedica alla conterranea Laura Pola de’ Bresciani107 ‒ Turchi
faccia preciso riferimento al vigente indice tridentino e, ancor più, a quello
paolino del 1559: entrambi, infatti, avevano abbattuto la scure su gran parte
dei maggiori testi della letteratura italiana, con un particolare accanimento sul
fronte della poesia, e avevano proibito il possesso della Bibbia in volgare
senza la licenza scritta dell’inquisitore (l’indice paolino ne vietava addirittura
la stampa) 108. Solo in tal modo si spiega il riferimento, nell’inciso tra
parentesi, alla possibilità di leggere testi sacri e spirituali senza la necessità di
tenere libri proibiti; e altresì l’accenno all’opinione che concetti pii non
potessero essere espressi in poesia.
D’altronde, tutte le numerose opere a carattere spirituale che Francesco
Turchi cura per il Giolito e altri editori, spesso veneziani, vennero pubblicate
durante quella breve “tregua”, tra il 1564 e il 1571-1572, in cui il pontificato
di Pio IV permise una minima apertura, prima della recrudescenza imposta
da Pio V: che, infatti, fece bandire un gran numero di parafrasi davidiche in
prosa e poesia, tra cui quelle di Girolamo Benivieni, Pietro Aretino, Ludo-
vico Pittorio, Innocenzo Ringhieri, Bartolomeo Marescotti, Flaminio de’ No-
bili, Gasparo Ancarano, Francesco Bembo, Pietro Orsilago 109. Ma, se questi
titoli erano problematici in primis in quanto volgarizzamento del testo sacro,
per alcuni salmi si può effettivamente «avanzare con qualche fondatezza l’ipo-
tesi che ci si trovi di fronte a versioni eterodosse o, comunque, a testi so-
spetti»110: è il caso, nota Gigliola Fragnito, sia dei Penitenziali della Battiferri,
sia della giolitina, che «conteneva anche un Pater noster in terzine di Federico
Fregoso, il quale figurava già nell’indice del 1559»111, oltre a varie liriche spi-

106
Salmi penitentiali cit., Alla Illustre Signora Laura Pola de’ Bresciani, F. Francesco da
Trivigi Carmelitano, del 20 giugno 1568, c. *vjr.
107
Laura da Pola ‒ appartenne alla nobile famiglia di origine istriana, che si trasferì esule a
Treviso intorno alla fine del 1300 − sposò Febo Bettignoli da Brescia. I coniugi sono oggi spesso
ricordati per i due ritratti che Lorenzo Lotto fece loro tra il 1543 e il 1544.
108
FRAGNITO, La Bibbia al rogo cit., pp. 84-85, 99-100 e 105-106.
109
Ivi, p. 306.
110
Ivi, p. 304.
111
Ibid.

75
Rosanna Morace

rituali di Giovanni Guidiccioni, lucchese vicino a Bernardino Ochino e all’am-


biente religioso riformatore 112.
L’inclusione di un tale testo da parte del Turchi è già di per sé significativa,
e non poteva non esserne consapevole, dato che il cardinale fu uno degli espo-
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nenti di punta dell’evangelismo italiano, dichiarato «suspectus de fide»


dall’Inquisizione 113. Ma altre scelte editoriali sembrano singolari, come emerge
dall’indice della sezione dedicata ai Penitenziali, in cui spiccano innanzi tutto i
nomi di Alamanni e Battiferri, ascrivibili in diverso modo alla zona del dis-
senso (prova ne sia che le opere del fiorentino e i Salmi dell’urbinate vennero
messi all’indice nel 1574)114:

Antonio Minturno, Vesc. già d’Ugento or di Crotona I


F. Bonauentura da Reggio 17
Laura Battiferra de gli Ammanati. 34
Luigi Alamanni 53
Pietro Orsilago 68
Fra’ Francesco da Triuigi Carmelitano 82

Ai Salmi ‒ introdotti da un Discorso dell’umiltà dei Salmi di Basilio Ma-


gno (ovvero la premessa alle Omelie sui Salmi)115 e dagli argomenti in prosa,
probabilmente non redatti da Pietro Orsilago 116 –, segue una sezione non
indicizzata: fatto, questo, abbastanza atipico per la fine degli anni Sessanta,
data la specializzazione nell’allestimento degli apparati paratestuali ormai rag-
giunta dalle coeve raccolte liriche ed epistolari, che proponevano indici non

112
Sulla lirica spirituale del Guidiccioni vd. G. MASI, La lirica e i trattati d’amore, in Storia
della letteratura italiana, diretta da E. Malato, Roma, Salerno, vol. IV, cap. VIII, pp. 629-630.
Ma sul Guidiccioni poligrafo vd. anche, nello stesso volume, il cap. IX di R. BRAGANTINI, «Po-
ligrafi» e umanisti volgari, pp. 713-714.
113
Vd. G. BRUNELLI, Fregoso, Federico, in DBI, 50, 1998, online.
114
FRAGNITO, La Bibbia al rogo cit., p. 141 nota 74 e p. 305 nota 92 (anche se, per i Salmi
della Battiferri, così come per tutti gli altri volgarizzamenti poetici, la ragione sembra principal-
mente il loro essere in versi).
115
BASILIO DI CESAREA, Omelie sui Salmi, versione, introduzione e note a cura di A. Re-
galdo Raccone, Alba, ed. Paoline, 1978.
116
Le edd. della giolitina 1568 e 1569 attribuiscono gli argomenti all’Orsilago, ma nell’ed.
1572 risultano anonimi. D’altronde, se C. RICOTTINI MARSILI-LIBELLI, Anton Francesco Doni
scrittore e stampatore: bibliografia delle opere e della critica e annali tipografici, Firenze, San-
soni, 1960, p. 346, segnala una prima stampa dei Salmi dell’Orsilago nel 1546, uscita per i tipi
del Doni, l’unica oggi superstite è quella segnalata in EDIT16, I sette salmi penitenziali tradotti
in volgare dall’eccellente sig. Pietro Orsilago, In Venetia, appresso Ricciardo Amadino, 1595,
che consta di sole 6 cc. e non può dunque contenere anche gli argomenti in prosa.

76
I Salmi tra Riforma e Controriforma

solo per autori ma anche tematici, e spesso corredati di un breve sommario117.


I Salmi del Turchi terminano a p. 102, e a p. 103 inizia una seconda sezione
che contiene le Litaniae sanctorum, prima in volgare e poi nell’originale la-
tino, cui segue la parte dedicate alle liriche spirituali 118.
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Le Litanie sono un’antichissima preghiera, che si fa risalire a papa Gregorio


Magno e che venne poi trasposta in musica nel canto gregoriano; confermata
nella liturgia pasquale del messale tridentino, prevedeva un’esecuzione alternata
tra il parroco, che recitava il primo verso, e la comunità dei fedeli che rispon-
deva. Nella liturgia doveva, naturalmente, pronunciarsi in latino, e forse per tale
ragione questa piccola sezione non venne inclusa nell’indice della giolitina. A
quanto mi risulta, è infatti questa la prima edizione in cui le Litanie appaiono in
traduzione, la seconda essendo di ben dieci anni più tarda119 e coeva alla diffu-
sione cantata che la preghiera in volgare conobbe sul finir del secolo. Viceversa,
la prassi di accostare la recitazione dei Salmi e delle Litanie era piuttosto antica,
poiché entrambi facevano parte del rituale della Quaresima, pronunciati dopo
l’ufficio delle lodi; ed entrambi si ritrovano accorpati insieme in almeno un co-
dice del XV sec.120, oltre che nel repertorio musicale ecclesiastico (come ben si
sa, anche i Salmi facevano parte dei canti gregoriani). Se, dunque, è verosimile
ipotizzare che il Turchi si sia limitato a registrare un accostamento usuale 121
nella prassi devozionale del tempo, la presenza delle Litanie e delle Orazioni
contro i sette peccati capitali può ritenersi un’importante spia della volontà di
realizzare un’antologia spirituale che andasse ben oltre la mera raccolta poetica,
rispondendo al preciso disegno editoriale del Giolito – già dall’inaugurazione

117
BRAIDA, Libri di lettere cit., p. 23 e pp. 183-187.
118
Le Rime spirituali si aprono con quelle del Minturno (come già i Penitentiali) e si chiu-
dono con le stanze di Puccio Cardinale, ovvero quarantadue ottave delle Lagrime di San Pietro
di Tansillo, già edite con tale falsa attribuzione a Venezia nel 1560 da Rampazetto (da dove, evi-
dentemente, il Turchi le trae). Per questa sezione, rimando però al mio studio, di prossima pub-
blicazione, La giolitina Salmi penitentiali tra ristampe e riedizioni.
119
Il secondo libro delle gratie, & priuilegij, dalli sommi pontefici, concesse alli centurati
della Beata Vergine di Consolatione, & del glorioso padre Santo Agostino, & Santa Monica.
Con li capitoli, & ordinationi delli signori, della compagnia, & del seminario, con quelli delli
battuti […], [In Bologna, appresso Fausto Bonardo, 1578], c. A1r, Litanie della Beata Vergine e
de tutti i Santi.
120
Augsburg Staats-und stadbibliothek, 8 Cod. 15, cart., 1481, mano tedesca; il codice,
appartenuto al monastero benedettino dei Santi Ulrich e Afra ad Augsburg, è una miscellanea di
preghiere che contiene litanie, preghiere e salmi, cfr., A. SOTTILI, Codici petrarcheschi nella
Germania occidentale, «IMU» X, 1967, pp. 411-91, p. 428. Ringrazio Lorenzo Geri per la se-
gnalazione.
121
È interessante che a Parigi, nel 1563, fosse stato pubblicato un volume (in latino) che
riuniva appunto i Salmi, le Litanie, e altri «canti ecclesiastici» (Psalterium dauidicum, cum ali-
quot canticis ecclesiasticis. Litanie. Hymni ecclesiastici).

77
Rosanna Morace

della Ghirlanda spirituale, nel 1567 – di divenire l’editore di maggiore impor-


tanza per la letteratura spirituale e devozionale.
Ritornando ora alla sezione dei Salmi penitentiali, bisogna sottolineare
che, mentre quelli di Antonio Minturno e del curatore rientrano pienamente
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nell’orizzonte cattolico, e quelli di Alamanni e della Battiferri nella zona del


dissenso e dell’evangelismo, anche per i Penitenziali dell’Orsilago nasce qual-
che sospetto, non tanto perché furono esplicitamente banditi (la ragione, si è
detto, potrebbe essere che si tratti di traduzione in versi), quanto per la cerchia
di cui il medico pisano faceva parte: amico di Benedetto Varchi, fu membro
dell’Accademia Fiorentina, della quale fu eletto console il 19 agosto 1549 122.
Le istanze “spirituali” sottese alla parafrasi e alla versificazione dei Salmi e gli
orientamenti religiosi dell’Accademia, soprattutto dopo che Varchi ne divenne
il motore, sono stati chiaramente messi in luce da Massimo Firpo 123, che ac-
cenna più volte all’Orsilago ipotizzando che non fosse del tutto estraneo a tale
clima religioso e politico124. E infatti, la sua versificazione dei Salmi, pur
abbastanza fedele alla lettera sacra (cosa che, del resto, caratterizza anche
molte parafrasi «spirituali» e riformate, in primis quella luterana), si dimostra
non solo sensibile ai temi della grazia e di una bontà divina di stampo
evangelico, ma è in forte analogia con quella del Varchi125.

Deh!, Somma Essenzia, nel tuo gran furore Non mi riprender Signor mio nel tuo
Non mi riprender, né d’isdegno al tuono furor, né gastigar mie colpe, quando
Castigar vogli me, vil peccatore. l’ira tua gran pietade ha posto in bando
[…] […]
Depon l’ira e da l’unghie de la morte, Volgiti a me Signor benigno, e togli
Libera quella, Redentor eterno, l’anima mia da tanti mali e dammi
E per tua grazia fammi salvo e forte 126. per pietà la tua grazia e salvo fammi 127.

122
Vd. in proposito F. PIGNATTI, Grazzini, Antonfrancesco (detto il Lasca), in DBI, 59,
2002, online.
123
FIRPO, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo cit., pp. 155-290; e pp. 242-245 per quel
che riguarda la parafrasi dei Salmi.
124
Ivi, pp. 244 e 271.
125
Per i Salmi del Varchi, ancora inediti e poco studiati, non è stata proposta una datazione,
e d’altronde non è del tutto chiaro quando venne pubblicata la princeps di quelli dell’Orsilago
(vd. FRAGNITO, La Bibbia al rogo cit., p. 307; ZAJA, Francesco Turchi cit., p. 67), per cui, allo
stato attuale, risulta piuttosto difficile stabilire quale volgarizzamento si richiami all’altro.
126
ORSILAGO, Salmi, I, 1-3; 9-12. Si cita dall’ed. Salmi penitentiali cit., ammodernata se-
condo quanto già specificato.
127
Ms. Rinucc. 15.81, cc. 5v-6r. Si cita da FIRPO, Gli affreschi di Pontormo cit., p. 144.

78
I Salmi tra Riforma e Controriforma

Nei Salmi dell’Orsilago sono poi presenti istanze ascetiche e ireniche, e si


registra l’insolito uso di un linguaggio tendente al filosofico, come dimostrano le
apostrofi a Dio «Somma essenzia» e «Primo Motore» (ma anche degna di nota è
l’invocazione «Monarca eterno»). È poi evidente come il volgarizzamento si
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inscriva pienamente nella tradizione culturale e letteraria fiorentina, a partire dal


metro scelto: terzine incatenate sul modello di Benivieni e Alamanni.
Ancora più interessanti i Salmi penitenziali di Bonaventura Gonzaga 128,
che sceglie il metro dell’ode tetrastica di endecasillabi e settenari a rima ba-
ciata o alternata, sul modello dei salmi I e V della Battiferri, con i quali sem-
brano avere in comune anche la doppia traduzione/interpretazione di passi bi-
blici. Si veda l’incipit del primo Salmo penitenziale:
2
Sovrano, alto Signore, Domine,ne in furore tuo arguas me,
mentre sì grande e sì giusto furore neque in ira tua corripias me.
t’induce ’l cor a far vendetta fiera,
fa’, dolce Signor mio, fa’ ch’io non pera 129.

Il «Signore» sovrano e irraggiungibile del v. 1, il Dio-giustiziere


dell’incipit del Salmo VI, si trasforma, nel breve giro della strofa, nel «dolce
Signor mio», con un umanizzazione di carattere pietoso ed evangelico (poi ri-
badita nella quarta strofa): si crea così un effetto di correlazione-opposizione
tra il v. 1 e il v. 4, amplificato dalle anafore del «sì» al v. 2 e del «fa’» al v. 4,
relate nel significante ma in opposizione nel significato: «mentre sì grande e sì
giusto furore», «fa’, dolce Signor mio, fa’ ch’io non pera».
3
Miserere, ohimè lasso!, Miserere mei, Domine, quoniam infirmus
di questo servo tuo, d’ogni ben casso, [sum;
e ch’a tal passo mal ridotto tanto sana me, Domine, quoniam conturbata
si sente ch’egli si distilla in pianto 130. [sunt ossa mea

128
I Salmi del Gonzaga erano stati pubblicati due anni prima proprio dal Giolito, e da que-
sta edizione verosimilmente sono stati tratti dal Turchi: Ragionamenti del reuerendo padre frate
Bonauentura Gonzaghi da Reggio sopra i sette peccati mortali, & sopra i sette salmi penitentiali
del rè Dauid ridotti in sette canzoni, & parafrasticati dal medesimo, In Vinegia, appresso Ga-
briel Giolito de’ Ferrari, 1566: cfr. ZAJA, Francesco Turchi cit., p. 67.
129
B. GONZAGA, Salmi, I, 1-4. Si cita dall’ed. Salmi penitentiali cit., ammodernata secondo
quanto specificato in nota 26. Ciascuna strofa parafrasa un singolo versetto della Vulgata. Si ripor-
tano quindi i corrispettivi versetti del VI salmo, che nella giolitina sono posti a margine della strofa.
130
È assente dal volgarizzamento l’ultima parte del versetto 3 [sana me, Domine, quoniam
conturbata sunt ossa mea].

79
Rosanna Morace

E l’anima sì forte
4
suspira e langue per sua dura sorte Et anima mea turbata est valde;
che brama morte, ma tu quando mai sed tu, Domine, usquequo?
di tanti affanni al fin ne la trarai 131?
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La seconda e la terza quartina, caratterizzate da forti rime interne tra il 1o e


o
il 3 verso, anticipano il motivo del pianto e lo drammatizzano ulteriormente,
introducendo un tema del tutto sconosciuto alla fonte: il bramare la morte, con
una accentuata corda ascetica presente anche in Tasso e Flaminio, oltre che
nelle Rime spirituali della Colonna:
5
Piegati, e questo fiato, Convertere, Domine, et eripe animam meam;
Padre, in ciel guida ov’egli sia beato; salvum me fac propter misericordiam tuam 133.
e se ’l peccato mio forse il divieta
fal per te solo, o incomprensibil pieta 132.

Ritorna poi, nella quarta strofa, l’invocazione a Dio, che con una sorta di
climax ascendente ne ribadisce la dimensione umana, propensa alla misericor-
dia, all’ascolto, all’avvicinamento alle proprie creature: Dio, infatti, è ora «Pa-
dre», e il verso si apre con il forte imperativo «piegati», paradigmatico perché
mostra con chiarezza il tentativo di mutare la giustizia inflessibile di un Dio
lontano, nella pietà di un Padre che si piega verso il peccatore. Nella quarta
strofa, poi, il poeta introduce un concetto estraneo al Salmo e non privo si
portata teologica: quello della gratuità e della pietà del perdono di Dio, che
non agisce in risposta ai meriti umani ma secondo un’insondabile, «incom-
prensibile pieta».
Bonaventura Gonzaga fu un frate minorita francescano, e dunque risulta
più economico pensare stia qui facendo riferimento ad un concetto di grazia di
tipo agostiniano, più che riformato, nonostante le piccole amplificazioni fin
qui evidenziate, lascino quantomeno aperto il dubbio. Un dubbio che, a dire il
vero, si rinsalda nel leggere l’explicit dei Penitenziali, dato che, com’è noto,
proprio nel pensiero riformato la grazia è dono divino; e che il secondo emisti-
chio di VII, 55 e l’intero v. 56 sono ancora aggiunta del Gonzaga sconosciuta
alla fonte:

131
GONZAGA, Salmi cit., I, 5-12. I vv. 9-12 amplificano quindi il versetto
132
Ivi, I, 13-16.
133
Nella giolitina quest’ultima parte del versetto è assente, ma abbiamo creduto utile met-
tere a confronto la versione completa.

80
I Salmi tra Riforma e Controriforma

Di dolor trarai l’alma inferma e vinta, educes de tribulatione animam meam


12
e per tua gran pietate, et in misericordia tua disperdes inimicos meos,
sperdendo gli osti, in parti alme e beate
n’andrà del fral suo scinta.
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E sperderai chi più la preme e insulta, et perdes omnes qui tribulant animam meam
perché, Signor, io sono quoniam ego servus tuus sum.
tuo servo indegno, e quel che viva e sculta
ha in sé grazia: il tuo dono 134.

È abbastanza noto, in particolare dopo gli studi di Simoncelli e Braida135,


quanto le raccolte epistolari del Cinquecento ‒ a partire da quella promossa da
Paolo Manuzio nel 1542 ‒ si posizionassero sul limine «tra inquietudini reli-
giose e modelli di “buon volgare”»136, fino a divenire un vero e proprio mezzo
di propaganda per gli «spirituali». La giolitina di Salmi sembra condividere al-
cune caratteristiche con le raccolte di lettere, soprattutto con quelle degli anni
Cinquanta: dal porsi come modello letterario sia di genere che tematico, al bi-
lanciare prudentemente autori dissidenti e non, noti e meno noti, fino al crite-
rio organizzativo e all’allestimento dell’apparato paratestuale.
Nonostante ciò, va segnalato quanto il progetto culturale ed editoriale della
raccolta di Salmi fosse ben diverso da quello propugnato negli anni ’40-’50,
sia perché gli autori delle antologie di lettere erano – nella grande maggioranza
dei casi – esponenti di spicco del valdesianesimo 137, di contro a quanto av-
viene nella giolitina sacra (e fatto salvo il caso del Fregoso); sia perché la
chiusura del Concilio di Trento e il mutato clima storico, politico e religioso
aveva oramai reciso ogni possibilità di dialogo interno alla Chiesa, qualsiasi
speranza irenica, qualsivoglia auspicio di ‘addolcimento’: non solo, ovvia-
mente, nei confronti dell’evangelismo, ma soprattutto verso quella generale
inquietudine e ansia di riforma che era stato il motore del pieno Rinascimento
italiano.

134
GONZAGA, Salmi cit., VII, 48-56. Non viene volgarizzata la prima parte del versetto 11
(Propter nomen tuum, Domine, vivificabis me: | in requitate tua).
135
SIMONCELLI, Evangelismo e «lettere volgari» cit., pp. 282-329; BRAIDA, Libri di lettere cit.
136
È il sottotitolo del volume di BRAIDA, Libri di lettere cit.
137
Tra gli altri: Flaminio, Vergerio, Contarini, Fregoso, Bonfadio, Vittoria Colonna; mentre
uomini come il Carnesecchi e il Priuli comparivano tra i destinatari (cfr. BRAIDA, Libri di lettere
cit., pp. 66-67).

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