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DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI
L’IMPIANTO PRODUTTIVO COME ELEMENTO DI SISTEMA
(a cura di F. Costantino, G. Di Gravio, M.Tronci)
Contesto di riferimento
La complessità dell’ambiente competitivo in cui le aziende si trovano a operare è in costante e rapida crescita.
Tale evoluzione è condizionata in maniera decisiva da diversi fattori di natura essenzialmente
macroeconomica, come una costante spinta verso l’internazionalizzazione, con tutti i conseguenti rischi e
opportunità derivanti da confini e barriere sempre meno limitate. A questo si possono aggiungere due
elementi fondamentali, favoriti dalla crescita del commercio globale e dalla riduzione delle restrizioni sui
traffici attuata da molti governi in tutto il mondo:
• l’espansione dei mercati in ingresso, che genera benefici collegati con la possibilità di avere a
disposizione un parco fornitori non più limitato entro i confini nazionali ma allargato a mercati di
approvvigionamento con categorie di prezzo e livelli di prestazione differenti;
• l’aumento della competizione, notevolmente incrementata dal lato cliente, con l’ulteriore sviluppo
di atteggiamenti aggressivi che fanno delle prestazioni offerte la chiave per mantenere e aumentare
le vendite, anche stressando i rapporti di forza tra organizzazioni.
• la sempre maggiore diffusione dell’information technology, delle soluzioni digitali che permettono
l’acquisizione di dati, il trasferimento, l’elaborazione, nonché l’attuazione di attività e processi in
maniera automatica.
La trasformazione dei comportamenti di consumo che si orientano verso la ricerca di prodotti e servizi
altamente personalizzati e l’evoluzione della tecnologia a disposizione sia delle aziende, sia dei consumatori,
hanno inoltre modificato la natura del mercato. L’affermarsi di “modelli individuali” e la drastica riduzione
del time to market di prodotto, l’innovazione tecnologica e le filosofie produttive just in time portano le
aziende a operare in uno scenario in cui la velocità e la qualità dei servizi offerti sono requisiti fondamentali.
L’estrema differenziazione dei prodotti spinge verso configurazioni sempre più personalizzate e i produttori
tendono a segmentazioni di mercato sempre più spinte, dove il singolo consumatore rappresenta un
obiettivo specifico. Inoltre, prodotti che prima potevano essere considerati come generici, per esempio i
personal computer, sono a oggi assemblati sulla base di richieste dettagliate fino alla selezione di ogni singolo
componente. L’aumento della varietà aggiunge incertezza ai sistemi, concretizzandosi nella difficoltà di
raggiungere livelli accettabili di domanda, in aumenti dei costi e nella riduzione della reattività.
In aggiunta, il ciclo di vita dei prodotti stessi tende a contrarsi, portandosi all’ordine di grandezza dei mesi
per prodotti sia di nicchia sia di massa, rendendo sempre più critica la capacità di raggiungere obiettivi
strategici attraverso la riconfigurazione degli impianti e del sistema distributivo. Un ciclo di vita ridotto, come
nel caso del comparto high‐tech, aumenta l’incertezza e restringe contemporaneamente la finestra delle
opportunità commerciali, determinando un’ulteriore pressione sul bisogno di coordinamento tra
organizzazioni e sulla capacità di filtrare la domanda con l’offerta.
I clienti, d’altro canto, richiedono costanti miglioramenti delle prestazioni aziendali, soprattutto con
riferimento ai tempi di attesa, ai costi e alla qualità del prodotto, a fronte di una sempre maggiore pluralità
di offerta. Molte organizzazioni che erano solite applicare incrementi di prezzo standardizzati e periodici, non
legati a un reale aumento di domanda, rischiano di veder compromesso il loro status. Al giorno d’oggi, ogni
modifica di prezzo rischia di trasformarsi in una perdita di quote di mercato, costringendo a concentrare gli
sforzi e gli investimenti sul semplice mantenimento della posizione raggiunta.
Nella struttura attuale dei mercati, solo le imprese che riescono a fornire un effettivo valore aggiunto ai
clienti, in termini di prodotti e di servizi associati, possono aspirare a essere premiate con l’aumento dei
propri livelli di profitto. In quest’ottica si inserisce il concetto di strategia, strumento primario per guidare le
decisioni manageriali al raggiungimento di risultati di eccellenza mediante la ricerca di un vantaggio
competitivo; essa è contemporaneamente un veicolo di comunicazione e un elemento di coordinamento
all’interno dell’organizzazione.
Inoltre, gli interventi realizzati in termini gestionali e operativi hanno registrato il diffondersi di fenomeni di
deverticalizzazione e di esternalizzazione dei processi di business, con la conseguente nascita dell’idea di
impresa estesa: un macrosistema composto da diverse entità, fornitori, produttori e agenti di servizio,
autonomi o semi‐autonomi, ma mutuamente legati da un flusso comune di materiali e informazioni che, nel
suo insieme, permette di consegnare il prodotto al cliente. La riduzione del livello di integrazione verticale,
per sfruttare le competenze distintive di fornitori e partner in attività non strategiche, rende la gestione della
così detta supply chain sempre più complessa. Il problema del coordinamento si amplifica, a fronte di
politiche e obiettivi spesso contrastanti che tendono a ridurre la redditività del sistema complessivo.
In questo contesto, il punto di partenza è la consapevolezza della necessità di un cambiamento delle modalità
di conduzione delle imprese, da attuarsi facendo leva sulla soddisfazione del cliente, sulla razionalizzazione
dell’uso delle risorse e sul miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza organizzativa.
Le nuove logiche devono quindi risultare efficienti all’interno, efficaci verso l’esterno, flessibili, reattive e
capaci di condividere obiettivi, processi e risultati nell’ambito di una struttura organizzativa allargata.
L’impresa non è più da considerare, ai fini della gestione, un’entità indipendente, ma un sistema operante in
una rete di relazioni extra‐aziendali (o group‐wide, come affermavano i giapponesi con riferimento al quality
management).
Va sottolineato che il prezzo di dispositivi “smart” è sempre più basso ed essi sono alla portata di un numero
maggiore di imprese. Essi grazie all’innovazione digitale riescono a misurare grandezze, posizioni, forze,
parametri, comportamenti, per poi eseguire delle elaborazioni sugli stessi, potenzialmente inviandoli in un
sistema connesso (ad esempio un cloud aziendale). Alcuni di tali dispositivi possono intervenire sui processi
aziendali, attuando azioni in maniera molto più dinamica rispetto a quanto consentito fino a pochi anni fa:
sistemi “intelligenti” possono riconoscere in rapido prodotti differenti, materiali diversi, contesti mutevoli, e
attivare le migliori fasi produttive in funzione di quello che hanno rilevato.
Tale contesto evidenzia dunque la spinta verso la necessità di gestire complessità e competizione sempre più
elevate. Allo stesso tempo, la presenza di nuove sfide per le organizzazioni fanno sì che esse siano
costantemente spinte verso nuove opportunità di crescita, aumento dell’efficacia e dell’efficienza, che
altrimenti potrebbero essere non perseguite.
Considerando i processi di creazione del valore che tipicamente ricadono all’interno delle teorie proprie
dell’operations management, non è possibile più limitare l’attenzione alla analisi esclusiva di quanto
progettato e realizzato all’interno della singola fabbrica, ma è necessario sconfinare a monte della stessa,
andando a studiare le dinamiche di approvvigionamento dai fornitori, e a valle dell’azienda verso le strategie
di distribuzione, talvolta fino ad arrivare ai processi realizzati nei punti vendita o nell’assistenza successiva
alla vendita del bene realizzato.
È possibile dunque ragionare su due orizzonti: il primo orizzonte è circoscritto alla singola azienda, il secondo
orizzonte comprende l’intera supply chain, ovvero filiera produttiva, in cui tale azienda è inserita.
L’orizzonte aziendale
All’interno dell’orizzonte aziendale è utile rifarsi alle tipiche aree funzionali presenti nelle organizzazioni
produttive per identificare i principali ambiti di progettazione, definizione e gestione dei processi aziendali.
In particolare, se si considera la tipica organizzazione aziendale è possibile considerare le seguenti funzioni:
marketing, produzione, vendita, logistica, approvvigionamento, ricerca e sviluppo, personale, finanza,
contabilità e bilancio, controllo di gestione. Tra di esse, le aree principalmente interessate dalle scelte proprie
dell’operations management sono la funzione produzione, la funzione approvvigionamenti, la funzione
logistica.
È bene rimarcare come le scelte compiute all’interno di ciascuna di queste funzioni vada a interessare
processi che sono trasversali nell’organizzazione e che quindi hanno ricadute sulle altre: a titolo di esempio,
si consideri la scelta se operare una pianificazione della produzione su un orizzonte temporale più o meno
lungo, essa trasmetterà i fabbisogni di produzione alla funzione acquisti con una visibilità minore o maggiore
a seconda di tale orizzonte temporale e pertanto ne condiziona le potenziali scelte strategiche di accordo con
i fornitori, le scelte tattiche di dimensionamento degli ordini di acquisto, le scelte tattiche di gestione delle
priorità.
Tra le principali tematiche proprie dell’operations management più propriamente riconducibili alla funzione
produzione, si annoverano:
‐ Le tecniche di pianificazione della produzione, per verificare di avere la capacità produttiva adeguata
a soddisfare le future richieste del mercato, nonché garantire la massima saturazione delle risorse
presenti in azienda. Il problema è come stabilire i piani di produzione di lungo e breve periodo.
‐ Le tecniche di programmazione della produzione, per dare seguito ai piani di produzione stabiliti,
rispettando le date di consegna, bilanciando il lavoro di persone e risorse. Il problema è la definizione
di un programma di attività operative da realizzare giorno per giorno.
‐ Le tecniche di bilanciamento della produzione, per una organizzazione delle risorse in grado di tener
conto della domanda più o meno variabile proveniente dal mercato, realizzando quella produttività
che era stata considerata nella pianificazione e al tempo stesso minimizzando l’inattività delle risorse
(ovvero i costi produttivi).
‐ La scelta della dimensione dei lotti di produzione, per trovare il giusto compromesso tra
interrompere molte volte la produzione di un bene realizzandone piccole quantità, sempre allineate
alla domanda di mercato, oppure beneficiare di una produzione per maggiore tempo e il
riempimento di magazzini, da cui via via nel tempo si rifornisce il mercato.
‐ L’analisi della quantità di semilavorati presente in produzione, beni non più da considerare materie
prime ma non ancora prodotti finiti, per minimizzarne il livello e al tempo stesso comprenderne la
necessità.
Tra le principali tematiche proprie dell’operations management più propriamente riconducibili alla funzione
approvvigionamento, si annoverano:
‐ La gestione dei materiali direttamente collegabili ai piani di produzione, per limitare l’utilizzo dei
magazzini e dei relativi costi, al tempo stesso garantendo la presenza dei materiali e delle altre risorse
da acquisire, al momento giusto e al posto giusto. Il problema si concretizza nelle scelte di quanto
ordinare, quando ordinarlo, secondo quali regole aziendali.
‐ La gestione dei materiali le cui richieste vanno considerate stocastiche, con tecniche di
approvvigionamento che monitorizzano più il consumo delle risorse e meno il valore puntuale della
loro domanda, anche in questo caso bilanciando la scelta di immagazzinare più beni (sostenendo dei
costi) con il livello di probabilità di soddisfare la richiesta di tali beni; il tutto tenendo conto della
maggiore o minore complessità e costi sostenuti ad ogni ordine di approvvigionamento.
Tra le principali tematiche proprie dell’operations management più propriamente riconducibili alla funzione
logistica, si annoverano:
‐ Le scelte di configurazione della catena di distribuzione dei beni al mercato, da un lato propensa ad
una sempre maggiore capillarità e vicinanza ai clienti, dall’altro lato.
‐ Le tecniche di gestione delle informazioni legate ai flussi di merci dai punti di produzione ai punti di
vendita o consumo.
Trasversalmente a queste funzioni è possibile considerare altre tematiche proprie della gestione dei sistemi
produttivi, quali ad esempio:
‐ La valutazione delle prestazioni aziendali, con quegli approfondimenti necessari a rappresentare i
risultati dell’organizzazione da un punto di vista più propriamente produttivo, ma riconducibili in
modo diretto agli aspetti economico‐finanziari. Come misuro la produttività reale di un sistema
produttivo? Come identifico le aree più carenti della mia produzione e indirizzo i miei sforzi di
miglioramento? Queste ad altre domande trovano risposta tramite la definizione e l’analisi delle
prestazioni dei sistemi produttivi.
‐ La progettazione e realizzazione all’interno dell’organizzazione di modelli gestionali evoluti, in grado
di focalizzare l’impresa sulla piena soddisfazione di tutte le aspettative dei clienti, con la eliminazione
degli sprechi per la massimizzazione del profitto, nonché la capacità di produrre in modo flessibile in
base alla domanda di mercato (Toyota Production System).
L’orizzonte supply chain
Elevando il punto di vista della gestione dei sistemi produttivi da un’ottica locale a una più ampia, si deve
analizzare l'intero processo di creazione del valore, end to end, dalle materie prime fino ai prodotti finiti nelle
mani del cliente. In sintesi, si analizza e si interviene sulla supply chain.
Le moderne tendenze nelle scienze direzionali, insieme a un utilizzo avanzato della tecnologia, mirano al
controllo dell’intera catena, dal fornitore al cliente, e spingono le aziende a stringere rapporti di cooperazione
con partner commerciali, anch’essi efficienti ed efficaci. Solo se coordinati reciprocamente, gli agenti di una
stessa filiera possono operare come una struttura commerciale integrata basata sulla comunità di obiettivi.
Le organizzazioni molto spesso, però, sono restie a sviluppare questo tipo di relazioni con soggetti esterni,
per il timore che questi possano successivamente servire concorrenti o entrare a competere sullo stesso
mercato. Non tutte le aziende sono disposte a condividere il proprio know‐how, i piani di produzione e di
vendita per difendere il proprio potere contrattuale. Ma il vantaggio competitivo deve essere ricercato nel
valore aggiunto delle attività svolte più che nella riservatezza dei dati aziendali in generale, in quanto la
collaborazione consente di ottenere innegabili benefici nell’automazione dei processi operativi attraverso
l’integrazione delle informazioni, superando inefficienze e rigidità operative.
In questo scenario, la configurazione del network logistico e informativo si propone come una leva per
aumentare la competitività, con un’importanza sempre più riconosciuta dalle organizzazioni che su di essa
investono e ottengono margini di crescita. Il contesto in cui le imprese oggi si trovano a operare si presenta
con caratteristiche tali da non permettere più un atteggiamento rivolto meramente alla razionalizzazione e
al miglioramento delle sole problematiche produttive, bensì appare evidente la necessità di ampliare tale
prospettiva. Le opportunità risiedono principalmente in un’accurata gestione dei processi esterni all’azienda,
verso uno sviluppo delle attività non‐core per l’organizzazione, ma alle quali è legato il successo e
l’affermazione sul mercato. Le imprese chiamate alla sfida del domani devono affrontare una mutata
situazione di concorrenza, le cui regole richiedono un miglioramento e un’innovazione a 360 gradi.
Il mercato globalizzato comporta importanti opportunità di sviluppo che, per essere concretizzate,
necessitano di una crescita armonica dell’organizzazione nel suo complesso. Per esempio, gli effetti sulla
logistica distributiva sono traducibili nella necessità di gestire trasferimenti su aree geografiche più estese,
con la dislocazione di depositi o di centri produttivi presso mercati di vendita remoti.
A ciò si aggiunge un mutato rapporto tra il cliente e l’azienda, in cui la forza contrattuale e di mercato ricade
sempre più sul primo; questo si traduce, per l’organizzazione, nella necessità di riuscire a gestire richieste
differenti con la medesima efficacia ed efficienza. Per esempio, una rete distributiva che opera in contesti di
e‐business, è chiamata a gestire un elevato numero di tipologie di prodotti non più standardizzati,
l’ampliamento dei punti di domanda, la frammentazione geografica e temporale degli ordini.
Fronteggiare elementi così complessi, ma al tempo stesso legati a significative opportunità di miglioramento,
richiede la messa a punto di una strategia vincente a livello di rete da attuare attraverso l’implementazione
di azioni di lungo termine e la formazione di manager competenti che possano portare avanti le linee
intraprese.
Non è da sottovalutare, comunque, come tutti gli ostacoli qui presentati rendano sempre più complesso il
raggiungimento degli obiettivi di bilanciamento tra efficacia ed efficienza, ma creino ulteriori e sempre nuove
opportunità di miglioramento e sviluppo per le organizzazioni, che si trovano così nella necessità di far
diventare l’attività di pianificazione strategica il momento fondamentale per la sopravvivenza nel mercato.
Riassumendo, l’opportunità di un approccio al compito gestionale attraverso una visione globale e orientata
ai processi deriva dalla serie di cambiamenti che, negli ultimi anni, hanno sempre di più contribuito a definire
il significato di impresa estesa come concetto di connessione continua e di collaborazione tra partner
commerciali.
Il Supply Chain Management
L’aumento della competitività si rispecchia in una ricerca di prestazioni in termini di efficienza, efficacia,
flessibilità, reattività, proattività e soddisfazione del cliente, quest’ultimo sempre più esigente in termini di
personalizzazioni, puntualità e costi. Sono proprio questi elevati livelli di eccellenza imposti dal mercato che
hanno portato all’affermarsi delle nuove forme organizzative e gestionali proprie del supply chain
management.
In quest’ottica di mercato, in cui il valore per il cliente e la massima redditività possono essere raggiunti
esclusivamente attraverso un approccio di network, nasce e si sviluppa il concetto di Supply Chain
Management.
Il Supply Chain Management può essere definito come the systemic, strategic coordination of the traditional
business functions and the tactics across these business functions within a particular company and across
businesses within the supply chain, for the purposes of improving the long‐term performance of the
individual companies and the supply chain as a whole 1 . In questa filosofia di management, l’approccio parte
dalla visione della supply chain come unità singola piuttosto che come insieme di elementi frammentati,
ognuno con la propria funzione.
In altre parole, si estende il concetto di partnership fino alla costituzione di un sistema organizzativo integrato
capace di gestire il flusso totale di merci e informazioni verso il cliente finale, dove è riconoscibile e
governabile l’impatto diretto e indiretto che ogni membro del network apporta in termini di performance
globali. Le attività si orientano verso una sincronizzazione e una convergenza inter e intra‐aziendale per
costruire le azioni strategiche di una forza di mercato capace, attraverso processi di innovazione, di creare
soluzioni uniche e personalizzate. In tale contesto, identificare e soddisfare i requisiti del cliente è uno
strumento essenziale in una strategia che si sviluppa in maniera programmata lungo tutta la catena.
Per capire come le organizzazioni possano migliorare le prestazioni della supply chain e risolvere le
problematiche di coordinamento in termini di reattività ed efficienza, si può fare riferimento alla
classificazione di Chopra e Meindl2 per identificare i driver di performance (figura 1), ovvero le leve
manageriali su cui agire per guidare i processi operativi:
infrastrutture: definiscono i luoghi della catena dove il prodotto è immagazzinato, assemblato o
fabbricato, ovvero siti produttivi e magazzini;
scorte: identificano tutte le materie prime, work in process e prodotti finiti all’interno della supply
chain. Sono driver critici perché un cambio di politiche relative influisce fortemente sulla reattività e
l’efficienza della rete;
trasporti: includono tutte le attività di trasferimento e movimentazione delle scorte in ogni punto
della filiera;
informazioni: consistono nei dati e nelle analisi relative a infrastrutture, scorte e trasporti oltre che
ai clienti lungo tutta la rete. Potenzialmente, è il driver fondamentale in quanto è capace di
influenzare direttamente le scelte relative agli altri tre e influire sui livelli di performance globali.
1
“Il sistematico coordinamento strategico delle tradizionali funzioni aziendali di business e delle tattiche, attraverso le funzioni di una
particolare organizzazione e attraverso i business lungo la supply chain, con l’obiettivo di migliorare le performance di lungo periodo delle
singole organizzazioni e dell’intera catena” Mentzer J.T. et. al. (2001), Defining Supply Chain Management, Journal of Business Logistics.
2
Chopra S., Meindl P., (2004), Supply Chain Management: strategy, planning, and operations. Pearson Education, Prentice Hall.
Figura 1 – Driver di supply chain (Chopra, Meindl, 2004)
Le infrastrutture
Le infrastrutture e le relative capacità di realizzare le funzioni loro assegnate sono driver chiave per le
performance di rapidità ed efficienza. Ad esempio, le organizzazioni possono raggiungere economie di scala
quando il prodotto è realizzato o stoccato in un singolo sito. In questo caso, la riduzione dei costi tende ad
avvenire a spese della capacità di risposta dato che generalmente i clienti possono non trovarsi nelle
vicinanze dai sistemi produttivi. D’altro canto, è vero anche il contrario, in quanto localizzare strutture
dedicate vicino ai clienti aumenta il numero degli stabilimenti necessari e riduce, di conseguenza, l’efficienza.
Le decisioni riguardo le infrastrutture sono un elemento cruciale della progettazione della supply chain. Di
seguito, se ne possono definire le relative componenti decisionali:
ubicazione: decidere dove un’organizzazione deve localizzare le proprie infrastrutture è uno dei
problemi base della progettazione. Il trade‐off è relativo alle già citate strategie di centralizzazione,
con le associate economie di scala, o di decentralizzazione, per aumentare la risposta al cliente. Un
altro tema da considerare è connesso con le caratteristiche del sito in cui l’impianto può essere
situato, considerando ad esempio fattori macroeconomici, qualità e costo della manodopera e
d’impianto, disponibilità di infrastrutture di servizio complementari, vicinanza ai clienti e al resto
della rete, effetti della tassazione ed eventuali agevolazioni o contributi;
capacità: le organizzazioni definiscono quale è la capacità produttiva e/o di magazzino che devono
installare e mantenere per realizzare la loro missione attuale e futura. Un elevato valore di capacità
permette di essere elastici, flessibili e di rispondere ad ampi picchi di domanda, a fronte di costi di
avvio e funzionamento elevati e una connaturata tendenza a diminuire il proprio rendimento, se
operante lontano dalle condizioni di progetto. Un sistema con bassa elasticità risulta più efficiente
per unità di prodotto, ma si adatta in maniera peggiore alla variabilità della domanda;
strategie di gestione della produzione: le caratteristiche organizzative dei siti produttivi svolgono un
ruolo fondamentale. Ad esempio, una logica per linea, concentrando le risorse su differenti attività
che contribuiscono alla realizzazione di un prodotto singolo, piuttosto che una logica per processo,
in cui un numero ridotto di operazioni sono realizzate su un elevato numero di prodotti, caratterizza
l’impianto con competenze mirate all’oggetto piuttosto che alla tecnologia. Inoltre, le organizzazioni
si trovano davanti a scelte relative ai livelli di flessibilità e specializzazione, di macchine ma anche di
personale, a fronte di risorse dedicate per un portafoglio di attività, stabilendone un obiettivo di
efficienza;
strategie di gestione dei materiali: le decisioni sono relative all’utilizzazione di particolari tecniche di
gestione per materie prime e prodotti finiti, in funzione delle loro caratteristiche di prevedibilità e
regolarità delle forniture (richieste o effettuate). A fronte delle tradizionali tecniche per la gestione
dei materiali approvvigionati, in logica MRP (Materials Requirements Planning) o a ciclo e livello di
riordino (Inventory Management), si posizionano, ad esempio, le scelte di:
- attivazione di un magazzino prodotti finiti tradizionale, dove mantenere l’intera quantità di
uno stesso articolo (SKU storage – Stock Keeping Unit storage);
- di raggruppamento dei prodotti a seconda di operazioni o di specifiche richieste del cliente
(job lot storage);
- di gestione dei materiali a grandi lotti in un centro di distribuzione per poter essere poi
ripartiti ai molteplici clienti.
Le scorte
Le scorte si generano in una supply chain a causa delle differenze che si riscontrano tra domanda e offerta,
sia in senso quantitativo che di allineamento temporale. Il loro importante ruolo è connesso con l’obiettivo
di aumentare il livello di servizio da parte delle organizzazioni, avendo accumulato prodotto finito disponibile
per le richieste puntuali del cliente, e con lo sfruttamento delle economie di scala nelle attività di produzione
e distribuzione. Le principali componenti decisionali risultano essere:
livello di scorta base: è l’ammontare medio utilizzato per soddisfare la domanda nel periodo che
intercorre tra la ricezione e la consegna di un ordine. La sua dimensione è il risultato del processo di
produzione o acquisto di materiale in lotti, dello sfruttamento delle economie di scala sui relativi
processi, delle valutazioni relative ai costi di trasporto e di ordinazione;
livello di scorta di sicurezza: si mantiene per contrastare i fenomeni di incertezza nei casi in cui la
domanda tenda a eccedere in maniera non controllata le aspettative o a generarsi in occasioni non
prevedibili;
livello di scorta stagionale: è costituita per fronteggiare una variabilità ciclica o prevedibile della
domanda. Le organizzazioni accumulano scorte nei periodi di bassa domanda da conservare in vista
dei periodi di maggiore richiesta, quando l’elasticità del sistema risulta altrimenti insufficiente o nel
caso in cui una variazione della produttività d’impianto genera costi troppo elevati;
strategie di approvvigionamento: comprende l’insieme di attività necessarie all’acquisto di beni e
servizi. Per ogni processo di business, i manager devono decidere se sviluppare l’attività all’interno
dell’azienda o ricorrere all’esternalizzazione (make or buy). In questo secondo caso, la decisione si
articola sul numero dei fornitori necessari e sul loro ruolo, identificando un criterio di selezione sulla
base delle loro performance. Successivamente, la strutturazione dei contratti deve garantire un
miglioramento delle prestazioni della catena per minimizzare le distorsioni informative tra i livelli,
semplificando il processo di emissione, realizzazione e consegna degli ordini.
I trasporti
I trasporti trasferiscono i prodotti attraverso i vari livelli della supply chain. Modalità più veloci, sia in termini
di tipologie di mezzi che di ridotti volumi movimentati, garantiscono maggiore reattività a scapito
dell’efficienza, in funzione delle scelte di localizzazione degli impianti e delle politiche di gestione delle scorte.
Il ruolo dei trasporti nella strategia competitiva si configura principalmente in funzione della soddisfazione
del cliente e bilanciando il bisogno di rapidità con le esigenze di prezzo, attraverso le seguenti componenti
decisionali:
mezzi di trasporto: definiscono la maniera in cui un prodotto viene trasferito all’interno della rete, in
particolare per via aerea, su gomma, su ferrovia, via acqua, in tubazioni o secondo canali elettronici.
Ogni tipologia ha differenti caratteristiche in relazione alla velocità, alle possibili dimensioni di carico,
ai costi associati e alla flessibilità;
reti e percorsi: un percorso è il cammino attraverso il quale un prodotto è consegnato mentre la rete
è l’insieme dei luoghi e dei percorsi necessari a raggiungere tutti gli agenti e i clienti del network. Ad
esempio, un’organizzazione può scegliere se effettuare la consegna direttamente al consumatore
oppure utilizzare una serie di livelli di distribuzione;
outsourcing: tradizionalmente, le attività di trasporto rimanevano in carico alle singole
organizzazioni, mentre nei network competitivi l’intero sistema logistico è spesso associato a
fornitori di servizi specializzati, aggiungendo così complessità alla struttura decisionale.
Le informazioni
Le informazioni sono state spesso trascurate come driver di performance, a causa della loro natura non fisica,
ma il loro impatto sulla supply chain è notevole e visibile a ogni livello e per ogni processo. Ad esempio,
svolgono il ruolo di connessione tra i vari stadi, permettendo il coordinamento e portando con loro effetti di
massimizzazione della redditività globale, o regolando e sincronizzando le attività giornaliere all’interno di un
singolo stadio. Di seguito, si possono definire le relative componenti decisionali:
push vs. pull: differenti sistemi di gestione hanno bisogno di differenti tipi di informazione. I sistemi
push richiedono in generale dati deterministici e conformi a standard definiti per creare i piani di
produzione, eseguirli e aggiornarli, creando schede per i fornitori con codici prodotto, quantità e date
di consegna. I sistemi pull richiedono dati sulla domanda attuale con elevate velocità di trasmissione
attraverso la catena così che la produzione e la distribuzione possano allinearsi al suo andamento;
livello di condivisione delle informazioni: il coordinamento avviene quando tutti gli stadi della catena
lavorano verso l’obiettivo di massimizzare la redditività totale piuttosto che quella singola di ogni
agente, sposando politiche comuni. Le organizzazioni devono decidere in quale maniera creare
questo coordinamento e attraverso quali tipi di informazioni che, a ogni livello, devono essere
condivise per raggiungere lo scopo;
previsioni e pianificazione: la previsione è l’attività attraverso cui effettuare proiezioni sul livello di
una variabile futura in funzione delle condizioni al contorno. Le organizzazioni devono stabilire in
quale maniera, con quali supporti effettuare previsioni (ad esempio della domanda di mercato e dei
fabbisogni di risorse) e con che grado di confidenza, sia per programmare la produzione che per
determinare le scelte di localizzazione degli impianti o di entrata in un nuovo mercato.
Successivamente, la previsione deve essere tradotta in un piano definito per trasformare i dati
elaborati in attività che soddisfino i relativi progetti;
gestione dei prezzi e del profitto: il pricing è il processo attraverso il quale un’organizzazione decide
“quanto avere in cambio” per il prodotto o il servizio fornito al cliente, sulla base di informazioni di
domanda ed offerta. Ogni azienda si trova obbligata a comprendere l’impatto del prezzo e della
competizione sulla domanda e il costo associato quando decide di effettuare politiche specifiche in
periodi o segmenti di mercato differenti (revenue management), come ad esempio nei casi di
promozione, considerando anche la disponibilità di asset all’interno della rete. Per un’efficace
gestione del profitto, la rete deve mantenere precise informazioni sulla disponibilità delle risorse,
sulla domanda del cliente e il suo comportamento quando si trova di fronte a prezzi diversi;
tecnologie abilitanti: esistono differenti tecnologie, di tipo informatico, per diffondere e condividere
le informazioni. La scelta degli strumenti più adeguati diventa sempre più importante con l’aumento
delle loro capacità di elaborazione, in particolare:
- Electronic Data Interchange (EDI): questi sistemi permettono alle organizzazioni di emettere
ordini istantanei di acquisto senza utilizzo di carta, consentendo sia un miglioramento
dell’efficienza, sia una riduzione notevole del tempo necessario per consegnare il prodotto
al cliente;
- Internet: fornisce vantaggi fondamentali rispetto ai sistemi EDI, potendo convogliare un
maggior numero di informazioni e garantire maggiore visibilità, utilizzando un’infrastruttura
standard a fronte di adeguati interventi in sicurezza dei dati;
- Enterprise Resource Planning (ERP): abilitano una visibilità globale delle informazioni, in ogni
settore dell’organizzazione e dell’intera supply chain, in tempo reale, garantendo la
tracciabilità delle transazioni e migliorando di fatto la qualità delle decisioni operative;
- Supply Chain Management software: aggiungono un livello superiore ai sistemi ERP,
integrando strumenti di supporto alle decisioni di tipo analitico in aggiunta alla visibilità delle
informazioni.