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Tutta le chiesa è al buio, una sola persona con l’editto tra le

mani, vestito come allora legge: ( una sola luce concentrata


su di lui)

LA NOTTE SANTA

Vogliamo che tutte le nazioni che sono sotto il nostro dominio


procedano senza indugio alcuno a farsi registrare nel paese di
origine, uomini, donne e bambini, dovranno essere iscritti affinché il
grande imperatore del mondo, il magnifico Cesare Augusto,
conosca nome per nome, uno ad uno, tutti i suoi sudditi….

Entrano Maria Giuseppe e l’asino piano piano percorrendo


tutta la navata circondati da luce? Giungono all’altare dove
salgono e si sistemano non prima del 12 rintocco!!

(voce che LEGGE DALL’AMBONE)

- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!


Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca
lentamente le sei.

- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?


Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca
lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?


Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.

Il campanile scocca
lentamente le otto.

- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno


avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.

Il campanile scocca
lentamente le nove.

- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!


Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...

Il campanile scocca
lentamente le dieci.

- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?


Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.

Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?


- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

CANTO: Mentre il silenzio


(Dietro scorre il filmato dei posti desertici.)
E mentre cantiamo tutti i bambini escono dalla sacrestia e con le
candele accese arrivano, chi da davanti, chi dal fondo chi in
processione tutti sull’altare, sistemano le candele e prendono
un posto da statuina del presepe.
Si accende la luce

Cari bambini, cari genitori ,

Oggi , quasi a un passo dal Natale, siamo qui per voler meditare insieme su questo
mistero che come ogni anni si ripropone nella nostra vita.

Un giorno di tanti e tanti anni fa, Maria e il suo sposo Giuseppe affrontarono un
lungo viaggio. L’editto di Cesare Augusto, li vede protagonisti di questo esodo verso
l’ignoto, lei incinta, ormai prossima al parto, un lungo viaggio di fronte a loro, dubbi,
incertezze ma la partenza non può essere rimandata.

Come avete sentito dalla poesia, eco forse per i più grandi di ricordi lontani, nessuno
al loro passaggio è disposto ad accoglierli.

Ieri come oggi.

Sono le parole di Papa Francesco che ci danno una “scossa”:

Nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area
del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e
le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo
l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto. Sempre più spesso
le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine,
subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il
sogno di un futuro migliore.

L’amore di Dio, infatti, intende raggiungere tutti e ciascuno, trasformando


coloro che accolgono l’abbraccio del Padre in altrettante braccia che si aprono
e si stringono perché chiunque sappia di essere amato come figlio e si senta
“a casa” nell’unica famiglia umana. Dio fa come il pastore con il gregge, è
particolarmente sensibile alle necessità della pecora ferita, stanca o malata.
Egli si china sull’uomo piagato dalla miseria fisica o morale e, quanto più si
aggravano le sue condizioni, tanto più si rivela l’efficacia della divina
misericordia.

E noi dove siamo in questo momento?

L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando


assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti,
violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre
tragedie quando si perde anche una sola vita umana.

I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore
lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta
distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero
essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di
migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e
legittimo benessere da condividere con i propri cari?

Ogni volta che chiudiamo la nostra porta è come se l’avessimo chiusa a


Maria e Giuseppe.

Se riuscissimo veramente a capire cosa vuole dire Padre Nostro ogni


qualvolta lo recitiamo, la nostra vita cambierebbe.
Padre Nostro vuol dire essere fratelli dei bambini abbandonati, di chi
muore di fame, di chi è violentato, ma anche di chi si buca, di chi ha
le malattie più ripugnanti, di chi uccide. Vuole dire desiderare di
amare ognuno di loro, riconoscerci un Padre in comune. Padre Nostro
ci dà la misura della sproporzione tra quello che potremmo essere e
quello che siamo. Padre Nostro è così scomodo che ci chiede di
essere cristiani 24 ore su 24, come il Padre è nostro 24 ore su 24. E il
primo modo per esserlo è condividere con i fratelli tutto ciò che
abbiamo ricevuto dal Padre: il nostro tempo, le risorse, le capacità. Il
meglio di noi al servizio del bene comune e dei più poveri. La nostra
Fraternità si chiama “restituzione”.

CANTO SE LA GENTE USASSE IL CUORE


Se la gente usasse il cuore
Per decidere con semplicità
Cosa è giusto e cosa no
Ci sarebbe tra noi
Molta più felicità
Se la gente usasse il cuore
Si aprirebbe un orizzonte migliore
Troppa indifferenza c'è
Prova a vincerla tu
Che puoi farcela se vuoi
E cerca di esser tu
Il primo che ci sta
A rinunciare un po'
Per dare a chi non ha ( per aiutare chi non ha)
Basta poco a te ( non devi più aspettare)
Ma forse non lo sai ( perché anche poco può bastare)
Che quello che tu dai ( che quello che tu dai)
è quello che tu avrai

Se la gente usasse il cuore ( non devi più aspettare)


Anche l'aria prenderebbe colore ( puoi farcela se vuoi)
Cresca la speranza in noi ( in noi)
E in futuro vedrà ( vedrà)
Cieli di serenità
E non ti pentirai ( ascolta cuore, Dio)
Se adesso ti aprirai ( e non restare indifferente)
A chi non ce la fa ( a tutta quanta quella gente)
Che soffre accanto a te ( che sta soffrendo accanto a te)
Forse non lo sai ( non devi più aspettare)
Ma basta poco a te ( perché anche poco può bastare)
Per somigliare a un re
E il cuore vincerà

Musica di sottofondo per la poesia

Cogli occhi spenti, con le guancie cave,


Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.

E ognun sul petto trepido si serra


Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.

Salgono in lunga fila, umili e muti,


E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.

Ammonticchiati là come giumenti


Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.

Traditi da un mercante menzognero,


Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.

Vanno, ignari di tutto, ove li porta


La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.

Vanno coi figli come un gran tesoro


Celando in petto una moneta d’oro,
Frutto segreto d’infiniti stenti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.

Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora


Il suol che li rifiuta amano ancora;
L’amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.

Addio, fratelli! Addio, turba dolente!


Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente,
V’allieti il sole il misero viaggio;
Addio, povera gente,
Datevi pace e fatevi coraggio.

Stringete il nodo dei fraterni affetti.


Riparate dal freddo i fanciulletti ,
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane,
Sfidate uniti e stretti
L’imperversar de le sciagure umane.

E Iddio vi faccia rivarcar quei mari,


E tornare ai villaggi umili e cari,
E ritrovare ancor de le deserte
Case sui limitari
I vostri vecchi con le braccia aperte.

MANI
(Fabrizio Colombo)
Vorrei che le parole mutassero in preghiera
e rivederti, o Padre, che dipingevi il cielo.
Sapessi quante volte,
guardando questo mondo,
vorrei che tu tornassi a ritoccarne il cuore.
Vorrei che le mie mani avessero la forza
per sostenere chi non può camminare.
Vorrei che questo cuore
che esplode in sentimenti
diventasse culla per chi non ha più madre.
Mani, prendi queste mie mani,
fanne vita, fanne amore,
braccia aperte per ricevere chi è solo.
Cuore, prendi questo mio cuore,
fà. che si spalanchi al mondo,
germogliando per quegli occhi che non sanno piangere più.

Sei tu lo spazio che desidero da sempre,


so che mi stringerai e mi terrai la mano.
Fà che le mie strade si perdano nel buio
e io cammini dove cammineresti tu.
Tu soffio della vita prendi la mia giovinezza
con le contraddizioni e le falsità,
strumento fa' che sia per annunciare il regno
a chi per questa via tu chiami beati.

Mani, prendi queste mie mani,


fanne vita, fanne amore,
braccia aperte per ricevere chi è solo.
Cuore, prendi questo mio cuore,
fà. che si spalanchi al mondo,
germogliando per quegli occhi che non sanno piangere più.
Con le parole di Padre Giudici missionario in Kenya concludiamo la nostra
meditazione.

Carissimi tutti,

è il giorno prima della Viglia di Natale e non posso lasciar


passare questi giorni senza farmi vivo e condividere con voi
il mio e nostro cammino e l’attesa che ormai è al suo apice.
Vi penso, soprattutto in questi giorni, e vi immagino
indaffarati come sempre negli ultimi giorni prima di ogni
festa. Di certo non sarò io a venirvi a dire che state
sbagliando, che da voi (in Italia e in Europa) è tutto finto,
che il Natale vero si è perso... onestamente, detto tra noi,
non ci credo. Ho passato Natali bellissimi in Polonia (e
quanto mi manca quell’atmosfera!) e anche se, sì, c’era la
corsa nei negozi, c’era però anche moltissimo di intimità
familiare, di desiderio di riconciliazione, di gusto di
ritrovarsi insieme godendo dell’essere insieme e, almeno
per quel giorno, per quelle feste, provare a vivere in modo
diverso. Poi tutto torna alla normalità, com’è giusto che
sia. E come è inevitabile. Quindi la prima cosa che voglio
dirvi, anzi augurarvi, è di non lasciarvi prendere da
nessun pessimismo, né tanto meno da inutili e nocivi
sensi di colpa:
vivete questi giorni nella festa, nella gioia,
ringraziando Dio per quello che vi dà. E se la gioia di
questa festa sarà lo stimolo per fare qualcosa di
bello durante tutto l’anno prossimo, tanto meglio!

Buon Natale.

Cantiamo tutti l’Adeste in Latino

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