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1. Le obbligazioni
Marco Fratini
III edizione
CAPITOLO VII BIS
Le modificazioni del rapporto dal lato passivo
1
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 622.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 3
Gli schemi tipici negoziali attraverso i quali si realizza la cessione del debito
sono la delegazione, l’espromissione e l’accollo.
2
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 627.
4 le obbligazioni
5. La delegazione passiva
3
A. Magazzù, Delegazione, in Dig. Priv., 1988.
6 le obbligazioni
4
A. Magazzù, Delegazione, cit.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 7
5
Secondo C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 641, la delega è sempre diretta ad un risultato
8 le obbligazioni
è un negozio unilaterale, come risulta anche dal lessico normativo, che utiliz-
za l’espressione ‘ ordine ‘, in aderenza alla terminologia delle fonti romane.
Nella delegatio promittendi, l’obbligazione delegatoria, ossia l’obbliga-
zione del delegato verso il delegatario, nasce da un atto negoziale di assun-
zione del debito mediante il quale il delegato si obbliga nei confronti del
delegatario per conto del delegante (non nasce quindi dalla delega). Nella
delegazione di debito, la seconda fase dell’operazione si attua con il negozio
tra delegato e delegatario in esecuzione della delega, e per effetto del quale
si costituisce tra loro il rapporto obbligatorio «finale». Con questo negozio,
che si può chiamare «delegatorio», è il solo delegato ad assumere una ob-
bligazione in confronto del delegatario e perciò esso può perfezionarsi non
soltanto con una accettazione espressa da parte del delegatario medesimo,
ma anche nel modo previsto dall’art. 1333 c.c..
ulteriore: quello di assicurarsi che il delegato paghi o si obblighi nei confronti del delega-
tario. Conformemente a questo obiettivo, l’accettazione del delegato non è semplicemente
ricezione di un potere, ma è impegno ad eseguire l’incarico del delegante. L’accettazione del
delegato non è allora un atto di mera conferma degli effetti della delega, ma l’espressione del
consenso ad assumere l’incarico conferito dal delegante.
6
A. Magazzù, Delegazione, cit.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 9
7
A. Magazzù, Delegazione, cit.
8
A. Magazzù, Delegazione, cit.
10 le obbligazioni
9
A. Magazzù, Delegazione, cit.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 11
bile dalle parti, che possono titolare lo schema causale del negozio delega-
torio facendo «espresso riferimento» all’uno o all’altro dei rapporti di base.
Con la delegazione titolata il rapporto delegato-delegatario si fa dipendere
dal titolo su cui è fondato l’uno o l’altro dei rapporti sottostanti, restando così
esposto alle relative eccezioni.
La delegazione titolata, a differenza di quella pura, è caratterizzata dalla
causalità della promessa del delegato, ossia dalla causalità del suo atto di
assunzione del debito nei confronti del delegatario.
La delegazione titolata, precisamente, è la delegazione in cui il delegato
si obbliga nei confronti del delegatario nei limiti di validità ed efficacia dei
sottostanti rapporti di provvista e di valuta. Nella delegazione titolata il de-
legato può pertanto opporre al delegatario le eccezioni relative al rapporto di
provvista e a quello di valuta.
La delegazione è parzialmente titolata se è data rilevanza al solo rapporto
di provvista o al solo rapporto di valuta. La delegazione parzialmente titolata
è un negozio parzialmente astratto, nel senso che essa prescinde da una delle
due cause giustificative dell’impegno del delegante10.
6. L’espromissione: le tipologie
L’art. 1272 c.c. definisce l’espromissione come il contratto con cui un ter-
zo, senza delegazione del debitore, assume il debito di quest’ultimo verso il
creditore. Dalla norma si evince con immediata evidenza ciò che caratterizza
l’espromissione e che la differenzia dalla delegazione: la spontaneità dell’ini-
ziativa dell’espromittente, il quale si obbliga nei confronti del creditore non
come delegato del debitore, ma come autonomo interventore. La mancanza di
delega da parte del debitore non equivale a necessaria mancanza di un incarico
da parte sua: ciò che rileva è che il terzo assuma l’obbligazione senza esternare
al creditore la qualità di incaricato del debitore, in modo tale che l’eventuale
adempimento sia imputabile all’espromittente stesso (e non all’espromesso).
L’espromissione si distingue nettamente anche dall’adempimento del ter-
zo (art. 1180 c.c.), in quanto l’espromittente non esegue un’attività solutoria,
ma assume un’obbligazione.
Con il negozio di espromissione l’espromittente assume verso il credito-
re l’obbligazione del debitore originario (1272, comma 1, c.c.). Nell’espro-
missione, pertanto, l’obbligazione dell’espromittente è determinata dalla sua
promessa e, per quanto non espressamente previsto, essa si conforma al con-
tenuto dell’obbligazione originaria.
10
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 650.
12 le obbligazioni
11
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 667.
12
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 669.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 13
6.1. La struttura
La differenza tra le due tipologie di espromissione (cumulativa e liberatoria)
si ripercuote sulla struttura dell’atto realizzativo. L’espromissione cumulati-
va, infatti, non richiedendo il consenso del creditore, si configura come ne-
gozio giuridico unilaterale e, quindi, come negozio con obbligazioni a carico
del solo proponente (l’espromittente), secondo la rilettura dell’art. 1333 c.c.
in chiave negoziale non contrattuale. L’espromissione liberatoria, invece,
postulando il consenso del creditore e configurandosi la liberazione come
una controprestazione, ha natura di contratto bilaterale.
13
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 668.
14 le obbligazioni
14
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 669.
15
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 669.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 15
16
Con riguardo al rapporto di provvista, la causa dell’accollo può essere costituita, ad es., da
un’operazione di finanziamento che preveda il rilevamento dei debiti del finanziato anziché il
18 le obbligazioni
corrente tra debitore e accollatario. In questo senso può parlarsi anche per
l’accollo di una «doppia causa».
Anche per l’accollo si pone il problema di stabilire se si tratti di un nego-
zio astratto, come la delegazione pura, oppure titolato (ovvero parzialmente
titolato, come l’espromissione).
Per stabilire la natura dell’accollo occorre considerare le norme che disci-
plinano il regime delle eccezioni.
Il codice civile, al riguardo, consente all’accollante di opporre all’ac-
collatario le eccezioni che avrebbe potuto opporre al debitore originario
(1273, comma 4, c.c.): si tratta delle eccezioni relative al rapporto di prov-
vista. All’accollante è dato pertanto eccepire l’invalidità dell’accollo, gio-
varsi dei rimedi contrattuali contro l’inadempimento del debitore origina-
rio, e far valere le clausole del contratto di accollo, nei limiti del quale egli
è obbligato.
L’accollo è quindi un negozio titolato rispetto al rapporto sottostante di
provvista. Si tratta di stabilire se l’accollo sia astratto o titolato rispetto all’al-
tro rapporto sottostante: quello di valuta.
La disciplina dell’istituto non prevede nulla al riguardo. Ma il silenzio
del legislatore deve essere interpretato non nel senso dell’impossibilità di far
valere le eccezioni relative al rapporto tra accollato e accollatario. Dal conte-
nuto dell’accollo si desume il contrario: l’accollante può opporre al creditore
le eccezioni che a quest’ultimo potrebbe o avrebbe potuto opporre il debitore
originario. Ciò è conseguenza implicita e automatica del fatto che l’accollo
è un contratto con il quale una parte assume la posizione debitoria dell’altra
verso il creditore: una più grave posizione debitoria dell’accollante andrebbe
al di là del contenuto del negozio di accollo, che si configura quindi come
titolato.
In applicazione analogica delle norme sull’espromissione (12723 cc),
non sono invece opponibili le eccezioni personali al debitore originario né
quelle relative a fatti successivi all’accollo, né possono essere opposti in
compensazione i crediti del debitore originario verso l’accollatario.
versamento di una somma di danaro. Anche lo spirito di liberalità potrebbe integrare la causa
dell’accollo se l’accollante rileva il debito dell’obbligato originario al fine di fargli consegui-
re un definitivo beneficio economico.
Capitolo VII bis – Le modificazioni del rapporto dal lato passivo 19
L’accollo legale si pone al di fuori del tema dei contratti in quanto de-
signa una vicenda che prescinde dalla volontà negoziale. Le varie ipotesi
di accollo legale possono essere accomunate secondo il loro fondamento, e
ricondotte principalmente a due gruppi.
Al primo gruppo appartengono le ipotesi di accollo legale che hanno a
loro fondamento l’esigenza di responsabilizzare l’acquirente in ordine a de-
biti che sono economicamente inerenti al bene o alla posizione giuridica ac-
quisita, quali costi di esercizio, residui di prezzo, ecc.. È il caso, ad esempio,
dell’acquirente dell’azienda, che risponde dei debiti aziendali risultanti dai
libri contabili (2560, comma 2, c.c.) ed è anche solidalmente tenuto al paga-
mento dei crediti di lavoro risultanti al tempo del trasferimento dell’azienda
(2112, comma 2, c.c.).
Al secondo gruppo appartengono le ipotesi di accollo legale che hanno a
loro fondamento l’esigenza di rendere direttamente responsabile il soggetto
nel cui interesse l’obbligazione è stata contratta. Al riguardo si possono se-
gnalare le obbligazioni contratte da un coniuge nell’interesse della famiglia,
per le quali risponde anche l’altro coniuge e le obbligazioni contratte in nome
proprio dal mandatario (1719 cc) e dal gestore di affari altrui (2031 cc).
8. La surrogazione reale
17
A. Magazzù, Surrogazione reale, in Enc. Dir., XLIII, 1990.
CAPITOLO VIII BIS
Le altre cause di estinzione delle obbligazioni
2. La datio in solutum
Agli artt. 1197 e 1198 c.c. il codice civile disciplina, con il nome di presta-
zione in luogo dell’adempimento, un modo di estinzione dell’obbligazione
che, pur traendo le sue origini dal diritto romano (datio in solutum), non era
previsto nel codice civile del 1865. L’art. 1197, comma 1, c.c. stabilisce che
«il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella
dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta.
In questo caso, l’obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è
eseguita». Questa norma (insieme alla specificazione contenuta nel succes-
sivo art. 1198 c.c.) individua le condizioni necessarie perché la prestazione
dell’aliud pro alio provochi l’estinzione della obbligazione. In sintesi, queste
condizioni possono ricondursi alla volontà del debitore di effettuare la pre-
stazione dell’aliud per estinguere l’obbligazione (e non per altra causa); alla
necessità del consenso del creditore; all’effettiva esecuzione della diversa
prestazione.
Se si muove dalla descrizione dell’istituto offerta dall’art. 1197 c.c., si
possono individuare i tratti essenziali dello schema legale.
In primo luogo, la prestazione che è diretta ad estinguere l’obbligazio-
ne originaria è differente rispetto a quella originariamente dovuta, ancorché
l’obbligazione che si estingue non è nuova. In secondo luogo, è essenziale
l’accordo, cioè che creditore e debitore procedano consensualmente alla mo-
dificazione del rapporto. In terzo luogo, occorre l’adempimento della nuova
prestazione per estinguere l’obbligazione precedente.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 23
1
S. Rodotà, Dazione in pagamento (dir. civ.), in Enc. dir., XI, 1962.
2
La realità è qui da intendersi non in riferimento alla consegna quale requisito di perfezio-
namento del contratto, ma all’esecuzione della prestazione, quale requisito legale dell’effetto
solutorio del contratto.
24 le obbligazioni
3
S. Rodotà, Dazione in pagamento, cit.
4
S. Rodotà, Dazione in pagamento, cit.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 25
3. La compensazione
La compensazione può aver luogo quando due soggetti sono obbligati reci-
procamente, essendo allo stesso tempo creditore e debitore l’uno dell’altro
(art. 1241 c.c.). Essa determina l’elisione di due reciproche posizioni debito-
rie fino al limite della loro concorrenza, lasciando sopravvivere per l’ecce-
denza l’eventuale credito del soggetto titolare del maggior diritto.
26 le obbligazioni
5
G. Ragusa Maggiore, Compensazione (dir. civ.), in Enc. Dir., VIII, 1961.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 27
6
Il carattere della certezza del credito, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente,
difetta con riferimento al credito riconosciuto da una sentenza, o da altro titolo, provviso-
riamente eseguibile. E ciò perché la provvisoria esecutività consente soltanto la temporanea
esigibilità del credito – determinato nel suo ammontare – ma non l’affermazione della sua
irrevocabile certezza. Ciò vuol dire che quando vengono in questione due crediti che risultano
28 le obbligazioni
7
Cass., Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23225.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 31
4. La confusione
8
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 511.
32 le obbligazioni
9
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 516.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 33
Nel vigore del codice del 1865, la novazione era concepita come un istituto
che estingueva un’obbligazione, sostituendola con una nuova, diversa dalla
precedente per l’oggetto o il titolo (novazione oggettiva) o per i soggetti (no-
vazione soggettiva passiva, se muta il debitore, o attiva, se muta il creditore).
L’effetto giuridico novativo, nella prospettiva del codice previgente, con-
sisteva in una complessa vicenda sostitutiva, che incideva su due diversi
rapporti obbligatori, l’uno dei quali (rapporto nuovo) si doveva differenziare
dall’altro (rapporto da novare) per una diversità: a) nell’elemento soggettivo
attivo o passivo (novazione soggettiva attiva o passiva); b) nell’elemento
oggettivo (novazione oggettiva, detta anche reale); c) nell’elemento causale
o titolo (novazione causale).
Il quadro delineato non trova completo riscontro nel codice civile vigen-
te. Nella Relazione al Re, anzi, si chiarisce che «la novazione si è liberata,
nella disciplina del nuovo codice, dalla confusa promiscuità in cui il codice
del 1865 ne aveva posto la doppia configurazione obiettiva e subiettiva».
E, infatti, il codice vigente regola autonomamente solo la novazione og-
gettiva (art. 1230-1234) e non contiene più una particolare disciplina della
novazione soggettiva.
Vero è che l’art. 1235 c.c., l’ultimo della sezione in cui è regolata la no-
vazione, richiama in rubrica la novazione soggettiva. La norma, però, riduce
l’àmbito di questa figura alla sola novazione soggettiva passiva, cioè all’ipo-
tesi (genericamente descritta) in cui «un nuovo debitore è sostituito a quello
originario che viene liberato», e per tale ipotesi dispone che si osservino le
norme concernenti la delegazione, l’espromissione e l’accollo (art. 1268-
1276).
È quindi fondato il dubbio sull’utilità della figura della novazione sogget-
tiva attiva, che il codice del 1865, come si è visto, prevedeva espressamente
nell’art. 1267 n. 3, e per la quale invece il codice vigente non detta alcuna
regola particolare. Il silenzio normativo si giustifica perché la sostituzione
del soggetto nel lato attivo del rapporto obbligatorio si realizza normalmente
in via diretta con lo strumento più idoneo della cessione del credito11 e «per-
ché di solito – aggiunge la Relazione al Re – la novazione per mutamento
10
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 524.
11
A. Magazzù, Novazione (dir. civ.), in Enc. Dir., XXVIII, 1978.
34 le obbligazioni
un contratto con funzione composita, ma con struttura unitaria, che produce sia
l’estinzione del rapporto originario, sia la costituzione di un nuovo rapporto.
La novazione è un contratto solutorio a titolo oneroso. Essa non ha ca-
rattere satisfattivo in quanto non comporta il soddisfacimento dell’interesse
creditorio originario né di un interesse succedaneo, ma la trasformazione del
rapporto obbligatorio in un nuovo rapporto.
Sotto questo riguardo la novazione si distingue pertanto rispetto alla da-
zione in pagamento, dove l’estinzione dell’obbligazione deriva dall’esecu-
zione di una prestazione che il creditore accetta a tacitazione del suo diritto.
Nella novazione, invece, l’effetto estintivo discende direttamente dal muta-
mento contrattuale dell’obbligazione.
Per individuare la funzione specifica del contratto di novazione occorre
stabilire «perché» e «come» le parti operano sul preesistente rapporto ob-
bligatorio, qual è l’interesse che muove la vicenda novativa, qual è il senso
della «novità» che la trasformazione produce nella realtà giuridica.
La causa novandi è rappresentata dall’interesse delle parti alla «sostitu-
zione» del rapporto obbligatorio preesistente con un rapporto nuovo. Occor-
re, però, distinguere la funzione astratta, espressa dal contratto in forma co-
stante, e costituita dalla ‘sostituzione’ del rapporto obbligatorio, realizzabile
attraverso il duplice effetto estintivo e costitutivo, dalla causa in concreto
sottostante alla obbligazione originaria e alla obbligazione nuova. Con la no-
vazione, mutando l’oggetto o il titolo del rapporto, le parti intendono modi-
ficare l’assetto di interessi tra loro preesistente: la causa novandi in concreto,
quindi, è rappresentata dallo «specifico» interesse delle parti al mutamento
oggettivo del preesistente rapporto obbligatorio.
In altri termini, la funzione della fattispecie novativa è diretta a produrre
un mutamento nell’assetto di interessi preesistente tra le parti del rapporto
obbligatorio. Le parti, in sostanza, operano di comune accordo sul rappor-
to con l’intento di modificarlo, più precisamente di modificarne l’oggetto,
mediante uno strumento negoziale, la novazione, che manifesta un nuovo
interesse, diverso da quello originariamente tutelato: è di questo nuovo in-
teresse che, in luogo dell’originario, con il contratto novativo si programma
la realizzazione.
L’utilità pratica di questa operazione è innegabile: essa semplifica l’at-
tività giuridica e soddisfa un elementare principio di economia dei mezzi
giuridici, rispondente a una fondamentale tendenza dell’ordinamento. No-
vando il rapporto con un unico negozio, le parti evitano di porre in essere
due distinte, successive operazioni; evitano cioè di estinguere un rapporto
obbligatorio e di costituirne un altro con più atti separati12.
12
A. Magazzù, Novazione, cit.
36 le obbligazioni
13
Nel paragrafo dedicato alle obbligazioni naturali, si è già negata la possibilità di novare
un’obbligazione naturale in obbligazione civile. Se la novazione consiste nella sostituzione
di un rapporto obbligatorio ad un altro, ciò significa, in sostanza, che essa non può trovare ap-
plicazione nei confronti di un rapporto non giuridico, quale è, per definizione, l’obbligazione
naturale. Si è già evidenziato che, secondo quanto previsto dall’art. 2034 c.c., l’obbligazione
naturale non determina nessun effetto giuridico, salvo la soluti retentio (art. 2033 c.c.) e,
dunque, non può costituire il presupposto di una valida novazione.
14
In relazione al contratto di vendita, si è a lungo discusso se l’impegno del venditore di
eliminare i vizi che rendano il bene inidoneo all’uso cui è destinato (ovvero che ne diminui-
scano in modo apprezzabile il valore economico), configuri una novazione dell’obbligazione
di garanzia prevista dall’art. 1490 c.c. e, quindi, precluda l’esperibilità dei correlati rimedi
(i.e., l’azione di risoluzione del contratto, c.d. actio redibitoria, e di riduzione del prezzo,
c.d. actio quanti minoris o aestimatoria. Secondo le Sezioni Unite, quell’impegno, di per
sé, non dà vita ad una nuova obbligazione estintiva-sostitutiva dell’obbligazione di garanzia
prevista dalla legge. L’impegno assunto dal venditore – sottolinea la Corte – si sostanzia
in un riconoscimento di debito, interruttivo della prescrizione, che consente al compratore
di essere svincolato dai termini di decadenza e dalle condizioni di cui all’art. 1495 c.c. ai
fini dell’esercizio delle azioni edilizie previste dall’art. 1492 c.c.. Perché l’impegno abbia
carattere novativo, occorre un accordo delle parti, espresso o per facta concludentia, con
lo scopo di estinguere l’obbligazione di garanzia prevista dalla legge con una obbligazione
di garanzia convenzionale, nuova per oggetto o per titolo. E l’animus novandi, inteso come
manifestazione non equivoca dell’intento novativo, deve essere comune ai contraenti e deve
essere provato in concreto.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 37
15
Cass., sez. II, 28 febbraio 2006, n. 4455.
38 le obbligazioni
16
C.M. Bianca, Diritto civile, cit., 458.
40 le obbligazioni
17
Cass., 22 febbraio 1995, n. 2021.
18
La remissione del debito, invece, produce un effetto equivalente a quello del pactum de non
petendo in rem, che si sostanzia nella rinuncia ad opera del creditore alla prestazione dell’al-
tra parte, con la conseguente cessazione del rapporto obbligatorio che, a sua volta, determina
l’estinzione oggettiva dell’obbligazione.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 41
19
Si discute se il mancato esercizio di un diritto per un lungo periodo, ingenerando nel sogget-
to obbligato un legittimo affidamento circa l’abdicazione da parte del creditore, si possa con-
figurare come remissione tacita. Alcuni ordinamenti (in specie quello tedesco) hanno accolto
il principio ex bona fide secondo cui, anche prima del decorso del termine prescrizionale, il
mancato esercizio del diritto, protrattosi per un certo lasso di tempo, imputabile al suo titolare
e che abbia fatto sorgere nella controparte un ragionevole ed apprezzabile affidamento sul
definitivo non esercizio del diritto medesimo, porta a configurare come abusivo un eventuale
successivo atto di esercizio del diritto stesso, per violazione della buona fede nell’esecuzione
del rapporto obbligatorio (teoria c.d. Verwirkung). La giurisprudenza, al riguardo, ha sottoli-
neato che, nel nostro ordinamento, la remissione del debito, se non espressa, si può desumere
soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli, in maniera univoca, la sua
volontà di non avvalersi del diritto stesso. L’inerzia o il ritardo nell’esercizio di un diritto,
quindi, non possono reputarsi sufficienti, di per sé soli, a dedurre una volontà abdicativa del
creditore, assumendo rilevanza ai soli fini della prescrizione estintiva (Cass., sez. I, 18 mag-
gio 2006, n. 11749; Cass., sez. III, 27 febbraio 2004, n. 3991).
42 le obbligazioni
20
L. Mosco, Impossibilità sopravvenuta della prestazione, in Enc. Dir., XX, 1970.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 43
quindi, la risoluzione del contratto, con l’effetto della liberazione della con-
troparte dall’obbligo di eseguire la controprestazione.
21
La norma che comprova la necessità del requisito dell’assolutezza dell’impossibilità della
prestazione è quella che disciplina l’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità soprav-
venuta (art. 1467 c.c.). Tale istituto si presenta, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di
vista normativo, come un rimedio apprestato dal legislatore per venire incontro al debitore
proprio in quei casi in cui egli, per adempiere l’obbligazione, sarebbe tenuto ad un gravissimo
sacrificio. L’art. 1467 c.c. fonda su due presupposti rigorosi il funzionamento della risoluzio-
ne: tali presupposti sono il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, ed una
onerosità sopravvenuta talmente eccessiva da superare l’alea normale del contratto. Di questi
due presupposti il primo, che in sostanza si riduce all’imprevedibilità oggettiva dell’evento
causante l’eccessiva onerosità, dimostra che se il debitore poteva con l’ordinaria diligenza
prevedere non può poi dolersi dello squilibrio sopravvenuto, perché egli poteva anche prov-
vedere in tempo per evitare l’aggravamento della sua situazione debitoria. Questo presuppo-
sto consente di instaurare un primo punto di parallelismo con la disciplina della impossibilità
sopravvenuta, in quanto in tutti e due gli istituti l’imprevedibilità è condizione necessaria, ma
non sufficiente, perché si possa provvedere a favore del debitore. L’altro presupposto della
risoluzione per eccessiva onerosità, e cioè il sopraggiungere dell’onerosità eccessiva è l’ele-
mento che contraddistingue i due istituti nel senso che, mentre per l’impossibilità sopravve-
nuta non è fissato un limite di sacrificio economico, per l’eccessiva onerosità sopravvenuta il
limite viene posto con riferimento all’alea normale del contratto. Questo limite poi funziona,
sia pure con diversi criteri di riferimento, non solo per i contratti con prestazioni corrispettive,
ma anche per i contratti con obbligazioni di una sola parte (art. 1468 c.c.). Da queste brevi
considerazioni si può dedurre che il codice civile attribuisce rilevanza solo alle sopravvenien-
ze più gravi che incidono sul rapporto obbligatorio, a seguito delle quali il sacrificio richiesto
al debitore a seguito della sopravvenienza risulterebbe eccessivo. Il debitore deve di regola
adempiere, ponendo in essere lo sforzo di diligenza imposto dall’ordinamento. Come deroga
a questa regola, l’istituto della sopravvenienza introduce un limite all’adempimento solo se
ed in quanto si realizzino i presupposti previsti dalla legge.
44 le obbligazioni
22
Cass., sez. III, 24 luglio 2007, n. 16315.
Capitolo VIII bis – Le altre cause di estinzione delle obbligazioni 45