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RIVISTA MULTIDISCIPLINARE
DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”
MESSINA – Italy
61
Anno 23 - 2015/3
Indice
Editoriale
Cassaro Giuseppe Carlo, La misericordia: potenza che trasforma il mondo . . 11
Laboratorio di Bioetica
Suaudeau Jacques, Cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs). Prima parte . . . 85
Miscellanea
Conte Nunzio, «Scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1b).
Abilità e qualità dell’omileta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
Mursia Antonio, «Ad effectum costruendi conventum cappuccinorum».
Alcune note sulla fondazione del convento dell’Immacolata Concezione
di Adrano (1608-1668) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
Discussioni
Gensabella Furnari Marianna, La bellezza che salva.
A proposito di un recente saggio di Nunziella Scopelliti . . . . . . . . . . . 155
Biblioteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
Cineteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
Libri pervenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
Collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Sezione Monografica
Antonino Raspanti*
Il Convegno si svolge ogni cinque anni ed è occasione di verifica del tema che
la Chiesa italiana sceglie per ciascun decennio negli orientamenti pastorali; attual-
mente siamo sul tema educativo disegnato dal testo Educare alla vita buona del Van-
gelo.2 Con la verifica si rilancia per il quinquennio successivo cercando di sviluppare
la tematica educativa nei risvolti che essa ha entro l’ampia società civile. Il tema di
Firenze, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, fu scelto dall’Assemblea Generale dei
Vescovi, mentre il Consiglio Episcopale Permanente elesse tra i componenti dell’in-
tero corpo episcopale, il presidente del Comitato preparatorio e tre vicepresidenti,
rispettivamente uno per il nord Italia, uno per il centro e uno per il sud, a cui si è
aggiunto per ragioni di ufficio il Segretario Generale della CEI. Questi cinque Vesco-
vi, hanno creato un gruppo di ventidue esperti (sacerdoti, religiosi e laici) chiamato
Giunta e determinato i criteri per la creazione del Comitato.
La Giunta, con funzione esecutiva rispetto all’intero Comitato, si è radunata
circa sei volte all’anno, a differenza del Comitato che è un organismo molto più
complesso (circa centoventi membri), dove confluiscono non soltanto la Giunta, ma
anche i rappresentanti delle sedici regioni ecclesiastiche italiane, eletti dalle rispetti-
ve Conferenze Episcopali Regionali, e delle maggiori componenti ecclesiali nazio-
*
Vescovo di Acireale e Vice presidente per il sud del Comitato preparatorio di Firenze 2015.
1
Cfr. Conferenza Episcopale Italiana (=CEI) – Comitato preparatorio del 5° Convegno Eccle-
siale Nazionale, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno
Ecclesiale Nazionale, 9 novembre 2014, Paoline, Milano 2014. Il testo è scaricabile gratuitamente da:
www.chiesacattolica.it oppure www.firenze2015.it (= Traccia).
2
Cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano
per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 44
(2010) 243-302.
22 Antonino RASPANTI
nali. Il Comitato, si è riunito tre volte all’anno, ha elaborato idee, contenuti e metodi.
Frutto di questo lavoro sinodale è la Lettera di invito del settembre 2013, con la
quale si è voluto dare una overture-idea generale del tema, con l’annuncio e l’invito
ad avviare i lavori del Convegno e delle maggiori componenti ecclesiali nazionali.3
L’Invito ha permesso di delineare un metodo: tenendo sempre in primo piano
il vissuto ecclesiale, procedere cercando di raccogliere le istanze e le esperienze pro-
venienti dalle Diocesi. Un’iniziale domanda s’è imposta alla riflessione della Giunta:
partire dall’alto o dal basso? Metodo induttivo o deduttivo? Dall’Invito emerge che
la scelta è caduta su un metodo integrato, prevalentemente. Si è, infatti, chiesto a
ogni Chiesa locale di rispondere all’Invito con una scheda che raccontasse una o
due esperienze di vita (solitamente buone pratiche), che ricevono significato dalla
luce della fede in Gesù. Sono state raccolte più di duecento schede contenenti alcune
esperienze “straordinarie”, come case della carità o di accoglienza educativa, e altre
di “vita ordinaria” di catechesi e di vita parrocchiale in genere.
La scelta metodologica è stata dettata dalla volontà di far evolvere la stagione
convegnistica avvicinandola alla prassi pastorale reale. Molti lamentano, infatti, che
la celebrazione di convegni non dia i frutti sperati, in quanto poco incisiva sulla vita
quotidiana delle comunità ecclesiali. Ecco, dunque, la scelta di guardare e di far
guardare alle pratiche, alle prassi ed esperienze, con la consapevolezza che il Conve-
gno può essere sempre una grande delusione se si carica di un’attesa non commisu-
rata. Esso è un luogo celebrativo dove si mettono a fuoco alcune linee operative in un
momento di visibile unità. È necessario, però, che nelle singole Diocesi s’inneschino
delle dinamiche e che non si arrestino ad esso. Si tratta di intercettare processi inter-
ni, già in atto (ecco perché il racconto delle esperienze!), vagliandone sia la bontà sia
le maggiori criticità nel campo dell’annuncio e dell’educazione
L’iter descritto ha avuto un’accelerazione con la pubblicazione dell’Evangelii
Gaudium, dove papa Francesco invita a non rimanere sul piano delle idee astratte,
ma a sforzarsi di incidere nella realtà.4 Concetto ribadito ai Vescovi italiani duran-
te l’Assemblea generale del 2014: «Il discernimento comunitario sia l’anima del
percorso di preparazione al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel prossimo
anno: aiuti per favore, a non fermarsi sul piano – pur nobile – delle idee, ma inforchi
occhiali capaci di cogliere e comprendere la realtà e, quindi, strade per governarla,
mirando a rendere più giusta e fraterna la comunità degli uomini».5 Parole dirette:
non bisogna fermarsi al piano delle idee ma bisogna servirsi di occhiali capaci di
cogliere e comprendere la realtà.
La via esperienziale, dunque, è la vera via di Firenze 2015 “per incidere nella
realtà”. È la strada che ha inteso percorrere la Traccia: non un “grande contenitore”
3
Cfr. CEI – Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, Invito al Convegno,
11 ottobre 2013, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 47 (2013) 236-248.
4
Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo
attuale, 24 novembre 2013, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, n. 233.
5
Francesco, Discorso alla 66a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 19
maggio 2014, in: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/may/documents/papa-fran-
cesco_20140519_conferenza-episcopale-italiana.html (26.10.2015).
In Gesù Cristo il nuovo umanesimo 23
dove deve esserci tutto, né un documento pastorale come quello del decennio, ma un
testo agile per aiutare la riflessione personale e comunitaria in vista del Convegno.
Accanto al testo scritto, si è dato spazio ai nuovi strumenti di comunicazione per cre-
are un’osmosi continua tra centro e periferia, tra base e vertice: il sito web (www.fi-
renze2015.it), i profili Facebook (www.facebook.com/firenze2015) e Twitter (www.
twitter.com/firenze_2015, @Firenze_2015). Sul sito, ad esempio, sono confluiti i
materiali provenienti dalle Diocesi: alcuni pii esercizi (Via Crucis, Santo Rosario)
che qualche diocesi ha preparato seguendo lo spunto dalla Traccia; documenti di
convegni diocesani; materiali elaborati dall’Università Cattolica, dalle Facoltà teolo-
giche, da gruppi ecclesiali, dall’Azione Cattolica… I lavori assembleari del Conve-
gno potranno essere seguiti in diretta streaming, per cui non saranno solo i duemila e
quattrocento delegati a partecipare, ma tutti coloro che vorranno essere virtualmente
a Firenze tramite i media. Ciò permetterà a ciascuno di sentirsi vero protagonista di
questo grande evento ecclesiale.
Nella prima parte della Traccia è confluito il materiale proveniente dalle dio-
cesi. È opportuno ricordare che in questi ultimi tre anni la nostra Nazione è preda di
una crisi angosciosa che in Sicilia, ad esempio, morde con la ripresa delle migrazioni
(nel 2014 centomila persone, soprattutto dei giovani, sono andati via dalla Sicilia;
la disoccupazione giovanile che tocca il 75% dei giovani sotto i trent’anni). Ma la
crisi economica, così come ha detto il Santo Padre ai Vescovi italiani, è crisi morale,
culturale, delle relazioni umane e in particolare della famiglia. Nonostante questa
depressione, le diocesi hanno risposto con entusiasmo, sottolineando quel “di più” di
cui si accorge uno sguardo cristiano.
Dalle risposte appare un tessuto italiano e cattolico vivace, con la voglia di ac-
cettare le sfide, di non rimanere compressi e depressi dalla crisi, con la voglia di resi-
stere attraverso tante organizzazioni e soprattutto con la consapevolezza e il senso di
responsabilità nei riguardi della coesione sociale. Si riconosce, infatti, che i legami
sociali sono fortemente logorati, corrosi e tendono a sfilacciarsi e frammentarsi. Con
legami sociali non s’intendono solo i macrolegami, quali i legami lavorativi, quelli
ampi delle città, dentro le istituzioni, dentro gli enti, i corpi intermedi, le associazio-
ni di volontariato, gli enti pubblici e quelli privati, ma anche i microlegami, cioè la
piccola unità, i legami interni alla famiglia, la parentela, il quartiere, la parrocchia, la
periferia di una città, di un paese. I legami sociali sono generalmente corrosi perché
è venuta meno la fiducia, cioè quel capitale sociale che unisce le persone in un’unità
organica. I fatti di cronaca lo evidenziano: alcuni decenni addietro il nemico rima-
neva “fuori” dal proprio nucleo familiare; oggi lo si ritrova all’interno dello stesso,
come dimostrano i continui figlicidi, matricidi e incesti. Il nemico, quindi, è a casa e
non si sa quando colpisce; è nella porta accanto del condominio, divenuto estraneo
e potenzialmente ostile. La corrosione della fiducia e della solidarietà apre alla sfida
di un nuovo umanesimo.
24 Antonino RASPANTI
8
E. M. C ioran , La tentazione di esistere, Adelphi, Milano 1984.
9
Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes. Costituzione dogmatica sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, 7 dicembre 1965 (= GS), 46, in: EV, 1, 1466.
In Gesù Cristo il nuovo umanesimo 25
10
Cfr. M. Naro, In Cristo Gesù un umanesimo sempre nuovo. Una riflessione sull’orizzonte tema-
tico del V Convegno ecclesiale nazionale, in: “Aisthema” 2 (2015) 225-258.
26 Antonino RASPANTI
Qual è dunque la differenza tra queste due visioni? La prima taglia fuori tutto
ciò che non sia l’uomo, l’altra vede la realtà in riferimento a qualcuno, ed in ultima
analisi, a Dio. Notiamo come siano due modi opposti di leggere la realtà.
11
Cfr. GS, 22, in: EV, 1, 1385.
12
Cfr. Mt 16,13-15.
13
Cfr. Gv 14,8-9.
14
Cfr. Gv 1,38.
15
Cfr. Mc 1,15.
In Gesù Cristo il nuovo umanesimo 27
Gesù – compio le opere che il Padre mi ha dato di compiere, da me non dico nulla,
dico quello che il Padre mi ha detto di dire.16 Egli è rivolto verso il seno del Padre ed
è il rivelatore del Padre, non compie nulla da se stesso: il Padre gli ha messo nelle
mani il giudizio, perché è Figlio dell’Uomo, perciò ha accettato di incarnarsi e si è
fatto uomo. È quanto si dice in Col 1,15 (immagine del Dio invisibile) riprendendo
Gen 1,26 (l’uomo creato ad immagine di Dio).
In queste due “definizioni”, cogliamo l’essere proprio dell’uomo ad imaginem
che dice a sua volta una dinamica referenziale, è cioè riferito a ad un altro. L’identità
di Gesù è nella “relazione” così come gli uomini sono riferiti e relazionati a Gesù
e con Gesù al Padre. Gesù diventa, dunque, la via. In questo senso, l’icona biblica
scelta per Firenze è illuminante.
La giornata a Cafarnao del Vangelo di Marco, infatti, racconta delle azioni di
Gesù: il miracolo, gli annunci, l’incontro e la guarigione della suocera di Pietro e poi il
ritirarsi sul monte a pregare tutto solo. Da quest’icona è possibile cogliere due grandi
direttive nell’agire di Gesù: il curare, prendersi cura, guarire, e il contemplare, pregare
ritirandosi col Padre. La relazione terrena con gli altri uomini è di cura nel doppio
senso del guarire ciò che è malato, ma anche del farsi carico dell’altro. La relazione
verticale è riferita al Padre, dove l’umanità di Gesù vive la figliolanza. Gesù vive nella
carne umana l’essere Figlio. L’io unico di Gesù ha vissuto nell’intelligenza umana,
nella psiche umana, nei sentimenti umani il suo esser Figlio, il riferirsi a un Padre che
gli ha rivelato il suo compiacimento (cfr. Battesimo, Trasfigurazione e Getsemani).
Il cammino del Gesù terreno è anche quello di noi discepoli che percorriamo
la strada nella fede e nel silenzio, nell’abbandono e nel prenderci cura, nell’esser
guariti e nel curare noi stessi e gli altri, radicati sempre nella fede al Padre. L’uomo
nuovo è l’uomo che, dopo essere nato facendo strada verso Cristo, rinasce in Lui.
16
Cfr. Gv 5,19-30.
17
Traccia, 42.
28 Antonino RASPANTI
della Chiesa. Questa è la capacità della Chiesa di stare accanto a ciascuno e, con cia-
scuno, scoprire che Gesù è Via, Verità e Vita per tutti, che dà senso al nostro vivere,
che conferisce verità alle nostre azioni e scelte. È necessario, dunque, operare scelte
di campo, precise e concrete, come chiede papa Francesco, fuggendo le chiacchiere
astratte. Essendo segno di verità, i discepoli diverranno anche segno di contraddizio-
ne e di rottura, là dove questa verità non si vuole fare; là dove, come ricorda Gesù
a Nicodemo, le tenebre aborriscono la luce perché le loro opere erano malvagie sì
che gli uomini preferissero le tenebre alla luce perché le loro opere erano malvagie.18
Cioè le tenebre non hanno voluto la luce e si scopre la malvagità delle loro opere.
18
Cfr. Gv 3, 1-21.
19
Cfr. Traccia, 47.
20
Ibidem, 48.
In Gesù Cristo il nuovo umanesimo 29
ma indicare con parole e gesti. Ci vogliono le parole, perché i gesti possono rimanere
ambigui, ma le parole senza i gesti mancano di rischio e di sacrificio. L’annuncio è,
dunque, esser presenti con parole e gesti che indirizzino e ricordino. L’annuncio è
concreto e si deve occupare pienamente delle realtà terrene. La Traccia pone la que-
stione in questi termini: «Le comunità cristiane stanno rivedendo la loro forma per
essere comunità di annuncio del Vangelo? Sono capaci di annunciare e motivare le
scelte di vita, rendendole luogo in cui la luce dell’umano si manifesta al mondo?».21
Allora, occorrerà chiedersi se il discepolo, uomo o donna, trasmette qualcosa che
viene dalla luce di Dio. Questa luce, infatti, è venuta a lui e l’ha illuminato; è egli in
grado di generare un desiderio, di edificare e confessare, esprimendo con umiltà, ma
anche con fermezza, la propria fede nello spazio pubblico degli enti locali, dei me-
dia, della politica, dei sindacati, dell’opinione pubblica? Si è in grado di generare un
desiderio di edificare e confessare, non di imporre e nemmeno di limitarsi a semplici
proposte? In altri termini, la presenza dei discepoli è generativa?
Abitare è un altro verbo del Papa: abitare la città, vivere la città. Non basta sa-
perne di religione o di economia, di diritto o di architettura e urbanistica: è un mondo
che si apre e non c’è una soluzione facile che i cattolici possiedono. La soluzione è
nel mettersi a ricercare soluzioni buone insieme a tutti gli altri. In questo senso, Fi-
renze sarebbe una grande delusione se ci si aspettassero le ricette sull’abitare questi
luoghi!
Educare è il verbo del decennio della Chiesa italiana. In quasi tutte le diocesi
italiane si è riflettuto su questo tema, non solo nel mondo della scuola o in quello
della famiglia, ma nei grandi passaggi culturali, nella consegna dei valori da una ge-
nerazione all’altra, che fa la vera ricchezza. La questione dell’educare è la capacità
di prendersi in carico un valore, e ciò comporta processi lunghi, ma non eludibili.
Entrare nella mentalità corrente e costruire progetti educativi in vari campi (non
solo quelli naturalmente di educare alla fede e nella fede) significa generare creando
sinergie profonde con tutti coloro che hanno a cuore il futuro e i giovani. Limitarsi
a trasmettere palazzi, soldi, pratiche, vecchie tradizioni, musei, processioni, oggetti,
rischia la chiusura in un ghetto vecchio e sorpassato.
Trasfigurare è il verbo meno immediato. Naturalmente si tratta del culto; non
soltanto della liturgia ma anche della capacità di offrire a Dio il mondo, di ridare
tramite Cristo il mondo al Padre: il lavoro, le fatiche, i sentimenti, gli affetti. Sap-
piamo che per i sacramenti, questo mondo già per noi è trasfigurato, il lavoro non è
schiavitù, ma ha una sua dignità, potenzia l’uomo, lo nobilita, e non lo rende schia-
vo. Noi siamo consacrati per il Battesimo, e quindi siamo in Cristo e vediamo che il
mondo è in Lui, e il mondo è nelle nostre mani e noi, attraverso il lavoro quotidiano,
riusciamo a trasfigurare, cioè a condurre la figura, l’immagine del mondo e di come
ci appare oggi in Lui. Il culto è la vita, la liturgia è la vita, la vita nella bellezza e nel-
la Trasfigurazione! La vita che, con tutta la creatività dell’arte, dei suoni, dei canti,
della manifattura, delle architetture e dei colori sappiamo significare, simboleggiare
e offrire, perché la gente, nonostante il periodo di grande povertà, è sempre attratta
21
Ibidem.
30 Antonino RASPANTI
dal bello. Ecco perché si è sempre pronti a fare delle raccolte per abbellire le chiese,
i parati, le suppellettili, in quanto il bello attrae sempre anche se si è nella miseria,
come insegna Dostoevskij (la bellezza salva il mondo), perché esso dà speranza e,
quindi, futuro.
Conclusione
22
G. Ravasi, Società, cultura e fede, in: A. Raspanti (ed.), Cultura della legalità e società multire-
ligiosa, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2013, 20.
23
Traccia, 57.
ITINERARIUM
RIVISTA MULTIDISCIPLINARE
DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”
MESSINA – Italy
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Anno 23 - 2015/3
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Abilità e qualità dell’omileta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
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Alcune note sulla fondazione del convento dell’Immacolata Concezione
di Adrano (1608-1668) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
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A proposito di un recente saggio di Nunziella Scopelliti . . . . . . . . . . . 155
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Sezione Monografica
Introduzione
Da quale concezione di uomo partire? È la domanda che nasce dinanzi al tema del
5° Convegno Ecclesiale Nazionale, In Cristo Gesù il nuovo umanesimo. I rischi verso
cui ci si può imbattere sono diversi: quello di dover rifondare un’antropologia ex novo,
di ricalcare visioni di uomo del passato, oppure di produrre un’analisi anacronistica della
realtà attuale e distaccata dalla contemporaneità. Piuttosto, se proprio di “ritorno” occor-
re parlare, sarebbe forse più ragionevole riferirsi a un ritorno al fondamento originario
dell’umano attraverso la trasformazione concreta della vita interiore nella sua totalità.1
La sfida del nuovo umanesimo è quella di volgere lo sguardo al dispiegarsi
della concretezza della vita degli uomini. Un umanesimo dal di dentro della storia,2
incarnato, con un di più da rilevare: cogliere il valore umanizzante dell’annuncio
e abitare l’umano per renderlo nuovo a partire da Gesù.3 Per questo motivo, si può
considerare la secolarizzazione come principio ermeneutico,4 non in senso ridutti-
vo, bensì una vera e propria interpretazione di quel dato alla luce della novità che
comporta il Cristianesimo per gli uomini e le donne di oggi. D’altronde, sostiene il
teologo Carmelo Dotolo: «il cristianesimo, nell’inserire la secolarizzazione come
indicatore di un progetto umanizzante, porta la trascendenza a confrontarsi con le
domande concrete della vita. Cioè fa sì che la trascendenza, lo spazio di un’alterità
che ci precede e che ci viene incontro, ci chiama innanzitutto a una responsabilità
della concretezza storica».5 Lo spazio del quotidiano diviene allora “laboratorio”
nel quale auto-comprendersi, in una disposizione di ricerca non verso una qualche
*
Dottore in Filosofia, Insegnante di Religione Cattolica, Docente di Teologia nella Scuola Teolo-
gica di Base “San Luca Evangelista” di Palermo.
1
Cfr. M. B uber , Umanesimo ebraico, Il Melangolo, Genova 2015, 84.
2
Cfr. Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo
attuale, 24 novembre 2013, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013 (=EG), 40.154.233.
3
Cfr. Relazione di mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI dal titolo «Evangelii
gaudium»: il Vangelo per l’esistenza umana al Convegno nazionale dei direttori degli Uffici Catechi-
stici Diocesani «La gloria di Dio è l’uomo vivente». Essere annunciatori e catechisti in Italia, oggi
(Salerno, 24 giugno 2015), in: www.firenze2015.it/wp-content/uploads/2015/06/SALERNO2-Conve-
gnoUCN-24-Giugno-2014.pdf (29.10.2015).
4
Cfr. G. V attimo – C. D otolo , Dio: la possibilità buona. Un colloquio sulla soglia tra filosofia
e teologia, a cura di G. G iorgio , Rubbettino, Soveria Mannelli 2009, 29.
5
Ibidem, 30.
32 Gaspare Ivan PITARRESI
6
Cfr. Ibidem.
7
Cfr. N. G alantino , Dire Uomo Oggi. Nuove vie nell’antropologia filosofica, Paoline, Cinisello
Balsamo 1993, 52.
8
Cfr. R. G uardini , Persona e personalità, Morcelliana, Brescia 2006, 36.
9
Cfr. K. J aspers , La Fede Filosofica, Raffaello Cortina, Milano 2015, 116.
10
Ibidem, 122.
11
Cfr. N. G alantino , Dire Uomo Oggi, 9.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 33
io».12 Parlare dell’uomo è pertanto possibile attraverso il rapporto umano all’altro uomo:
«il soggetto (ego, persona) trova nell’incontro con altri non soltanto la evidente certez-
za di sé come soggetto originario, ma anche un tratto fondamentale dell’essere umano.
L’essere con gli altri e per gli altri appartiene al nucleo stesso dell’esistenza umana: la
relazione con altri soggetti è costitutiva e fa parte della definizione dell’uomo».13
12
M. N icoletti , Introduzione, in: R. G uardini , Persona e personalità, 13.
13
J. G evaert , Il problema dell’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica, Elledici, Leumann
2010³, 33.
14
Per una ricostruzione delle filosofie del novecento, e nello specifico dei vari umanesimi, si riman-
da: G. F ornero – S. T assinari , Le filosofie del Novecento, Bruno Mondadori, Milano 2002.
15
Cfr. N. G alantino , Dire Uomo Oggi, 38.
16
Per un approfondimento si veda la parola “antiumanesimo” in: N. A bbagnano , Dizionario di
filosofia, UTET, Torino 2011, 63-65.
17
M. R ecalcati , Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Universale
Economica Feltrinelli, Milano ³2015, 45-46.
18
C. C altagirone , Ritessere le relazioni dell’umano. La relazionalità come promozione di uma-
nità, in: “Ho Theológos” 28 (2010) 12.
34 Gaspare Ivan PITARRESI
di rinegoziare la persona nella sua caratterizzazione sociale, come modo di esserci nel
mondo, fulcro di relazioni, aperta all’altro da sé, al Volto dell’altro uomo, al Trascen-
dente.
Ciò che si (im-)pone come sfida per il nuovo umanesimo, è senza dubbio
la crisi dell’uomo contemporaneo che, potrebbe essere resa attraverso l’immagine
dell’urlo dell’uomo solo che cerca una risposta di senso. Così scriveva Martin Buber:
«L’uomo che da qualche parte nella notte, nel silenzio della sua stanza, emette un urlo
dalla sua miseria, e forse nemmeno rivolto a Dio. Forse la parola dio gli è odiosa,
cosicché egli può portarla alla bocca meno di chiunque altro, e il suo urlo s’innalza in
lui inconsapevolmente e rivolto a chi, se non a chi è il Tu? Quest’urlo dalle estreme
profondità della necessità, anche se quest’uomo non lo sa, è già, di fatto, un rivolgersi,
e come un rivolgersi viene accolto».19
21
Traccia, 13.
22
C. C anullo , L’immagine irrappresentabile: l’uomo, in: Fenomenologia e Umanesimo. L’uomo
immagine irrappresentabile, Aracne, Roma 2015, 18.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 35
Quello che abitiamo è sovente definito “tempo di Crisi”, “epoca delle passioni
tristi”,23 “epoca del disincanto”, “dei soggetti depressi”, “dell’assenza di senso”. Evi-
dentemente occorre cogliere la verità di tali definizioni: siamo nell’era in cui le rela-
zioni, più che mai, possono definirsi “fragili”.24 L’uomo contemporaneo vive come
in una situazione di “solitudine senza tregua” provocata dall’inquietudine che viene
da fuori, e perciò inghiottito nel sistema sociale-culturale in cui vive. È l’inquietudi-
ne dell’incertezza che getta l’uomo di oggi in uno stato di confusione:
«la crisi mostra le viscere della vita umana, l’abbandono dell’uomo che è rimasto
senz’appiglio, senza un riferimento, il riferimento di una vita che non ha alcuna meta
e non trova alcuna giustificazione. In mezzo a tanta sventura allora, noi che viviamo in
crisi, abbiamo forse il privilegio di poter vedere chiaramente la vita umana, la nostra
vita, come se fosse allo scoperto grazie a se stessa e non per merito nostro, perché si è
rivelata e non perché si è scoperta. Questa è l’esperienza peculiare della crisi […] La
vita umana sembra infatti essere il territorio della possibilità, delle più ampie possibilità,
e la storia il processo che le va purificando, fino all’estremo e fino alla sua radice».25
23
Cfr. M. B enasayag – G. S chimt , L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano 2004.
24
Cfr. Z. B auman , Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Bari 2006.
25
M. Z ambrano , Verso un sapere dell’anima, Raffaello Cortina, Milano 1996, 81-82.
26
Traccia, 25.
27
G. D eleuze – F. G uattari , Rizoma, Pratiche, Parma-Lucca, 1977, 33.
28
Cfr. C. S cilironi , Il volto del prossimo. Alla radice della fondazione etica, Dehoniane, Bologna
1991, 158.
36 Gaspare Ivan PITARRESI
29
Cfr. Ibidem, 159.
30
Cfr. R. G uardini , Le età della vita, Vita e Pensiero, Milano ³2011, IX.
31
Cfr. M. R ecalcati , Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cor-
tina, Milano 2011, 16.
32
Z. B auman , Vita liquida, Laterza, Bari 2012, 135.
33
I dem , Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Erickson,
Trento 2007, 16.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 37
morte sociale giacché ti lascia distante dal branco. Bauman coglie la causa nel passaggio
dallo spazio pubblico della civitas ai grandi centri commerciali, definiti “non luoghi”.
Ciò che sembra contraddistinguere l’uomo di oggi è indubbiamente il fatto di
essere un consumatore incallito e far parte di una società dei consumi. L’unica sua
certezza ferma è la dimensione finita dell’esistenza, dal momento che non si configu-
ra alcuna prospettiva escatologica, né tantomeno kairologica. Una ossessiva “mania
del nuovo” che è preludio di un uomo continuamente in movimento, che gira e rigira
insoddisfatto, e che si trova sempre davanti un “nuovo inizio”. Tutto ciò si ripercuo-
te, a sua volta nei legami affettivi, così scrive lo stesso Bauman:
«Si innesca in tal modo un altro circolo vizioso: quanto meglio riescono a “materializ-
zare” le proprie relazioni affettive […], tanto minori le opportunità che rimarranno per
quella comprensione vicendevole, necessaria per non lasciarsi intrappolare dagli am-
bigui risvolti di potere e di cura, insiti nell’amore. I componenti di una stessa famiglia
sono quindi tentati di evitare di confrontarsi apertamente, e di mettersi al riparo […]
dai conflitti domestici; d’altro canto, l’impulso a “materializzare” l’amore e i rapporti
affettivi si fa tanto più impetuoso, quanto le alternative […] si fanno sempre meno per-
corribili, proprio laddove sarebbero rese ancora più necessarie a causa dei sembri nuovi
dissidi, dei rancori da placare, dei dissensi che richiederebbero di essere risolti».34
Una società simile assume più la dimensione di uno “sciame”35 che di una “co-
munità”. La rielaborazione di rapporti nuovi tra l’uomo e la sua comunità, tra spazio
pubblico e privato, appare come sfida d’emergenza per recuperare narrazioni uma-
nizzanti dei luoghi in cui abitiamo. Nella società consumistica lo sciame sostituisce il
gruppo o la squadra e la sua articolazione gerarchica, fatta di leader e ordine. In uno
sciame non c’è scambio, né cooperazione, né complementarietà, ma solo una gene-
rale direzione di movimento.36 Ciò può essere spiegato dal fatto che, a differenza dei
gruppi, lo sciame, essendo attinente all’attività consumistica, è un’attività solitaria. Lo
sciame rivela, dunque, la disgregazione del gruppo. Nella società consumistica viene
meno la dimensione della progettualità, giacché ogni legame durevole è rifiutato.
Bauman parla, infine, di un’economia dell’inganno, che porta verso quell’in-
soddisfazione permanente che è specchio dell’infelicità dell’uomo contemporaneo.
34
Ibidem, 33-34.
35
Lo sciame è un non-luogo disgregativo, chi ne fa parte sa che permarrà solo per un breve momento.
36
Cfr. Z. B auman , Homo consumens, 49.
37
Per l’approfondimento si rimanda a: M. R ecalcati , Cosa resta del padre?; I dem , Jacques La-
can. Desiderio, godimento e soggettivazione, Raffaello Cortina, Milano 2012; I dem , Il complesso di
Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli, Milano ³2015.
38
Cfr. C. S oler , L’epoca dei traumi, Biblink, Roma 2004.
38 Gaspare Ivan PITARRESI
sganciata di senso”. Quest’assenza del senso è legata alla crisi dell’autorità resa con
una formula già utilizzata da Lacan, “evaporazione del padre”. Tale evaporazione dei
padri, tuttavia, non provoca solo il venir meno dell’esercizio dell’autorità da parte
del padre, ma anche il venir meno della funzione orientativa dell’Ideale nella vita sia
individuale sia collettiva,39 toccando così anche il modello di famiglia tradizionale.
Cosa resta del padre oggi, nella società segnata dalla crisi dell’educazione, dell’au-
torità, dalla messa in discussione di tutto ciò che è mappato come tradizionale? Che ne è
delle figure tradizionali? Pare che i papà di oggi non sappiano prendere più la parola, non
sappiano sostenere il peso simbolico della loro “funzione pubblica”, anzi, anche loro ap-
paiono smarriti, evaporati.40 Mentre, fino a qualche tempo fa, attorno alla figura del padre
ruotavano parole come “fondamento”, “garanzia”, “unicità”, “stabilità”. Pensare oggi la
paternità nei termini dell’evaporazione, del dissolvimento, vuol dire far decadere questa
impalcatura che trovava nell’autorità e nella Legge un fondamento stabile.
Scrive Recalcati:
«In altre parole, se la Legge simbolica della castrazione sembra non poter vantare più
alcuna credibilità di fronte a un sistema sociale che sponsorizza il godimento imme-
diato come unica forma di “dovere”, se questa Legge non è più sostenuta con efficacia
dalle istituzioni ideologicamente forti, quello che resta del padre è la dimensione in-
carnata della testimonianza».41
39
Cfr. M. R ecalcati , Il complesso di Telemaco, 20.
40
Cfr. Ibidem, 23.
41
I dem , Cosa resta del padre?, 83-84.
42
Cfr. Ibidem, 85.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 39
sperazioni di uno sfogo ateistico del ‘900. L’eclissi di Dio ha reso l’uomo libero, sen-
za nessun vincolo con il passato, anzi, egli diventa l’arbitro della propria vita e del
senso della sua esistenza. Dietro il proclama della morte di Dio si attualizza il crollo
delle certezze create dal cristianesimo; l’uomo nuovo, senza Dio, non ha, infatti,
punti di riferimento sicuri, diventando l’unico autore della propria vita.43 L’annuncio
nietzschiano “Dio è morto” raccoglie il grido liberatorio dell’uomo contemporaneo.
Tuttavia, afferma il filosofo italiano Sergio Quinzio:
«La solitudine dell’uomo è il tema della filosofia e dell’arte ai nostri giorni. Il rifiu-
to, che ieri era un atto di padronanza e di libertà, torna oggi all’uomo sotto forma di
peso, di limitazione, di chiusura, e l’uomo si sente solo perché gli manca quel che ha
rifiutato».44
43
Cfr. G. B ucaro , Filosofia della religione. Forme e figure, Città Nuova, Roma 1986, 108.
44
S. Q uinzio , Religione e futuro, Adelphi, Milano 2001, 25.
45
Cfr. G. S avagnone , Il Vangelo nelle periferie. Comunicare la fede nella società-liquida, Deho-
niane, Bologna 2014, 85.
46
Cfr. M. R uggenini , Il Dio assente. La filosofia e l’esperienza del divino, Bruno Mondadori,
Milano 1997, 93.
47
H. D e L ubac , Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia ¹³2013, 41.
40 Gaspare Ivan PITARRESI
terità che e-voca l’uomo nel suo essere: l’esperienza che lo chiama a esistere e a
pensare».48 Pertanto rimane emblematico il problema se sia morto davvero Dio o se
non sia morto l’uomo (almeno in senso spirituale).
2.5. Fuori-di-luogo
48
M. Ruggenini, Il Dio assente, 102.
49
Cfr. G. Vattimo, Prefazione, in: F. La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Laterza, Bari 2005, IX-X.
50
Ibidem, IV.
51
Ibidem, 16.
52
Ibidem, 111.
53
Ibidem, 33.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 41
54
Traccia, 25.
55
Identità, relazionalità, storicità.
56
M. R ecalcati , Il complesso di Telemaco, 33.
57
Cfr. C. Risè, Il padre, l’assente inaccettabile, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2003, 70.106-107.
58
Cfr. M. R ecalcati Cosa resta del padre?, 94.
42 Gaspare Ivan PITARRESI
61
S. C urrò , Il soggetto, le relazioni e l’iniziativa di Dio. Il nodo antropologico della pastorale, in:
“Ho Theológos” 28 (2010) 29-30.
62
EG, 127.
63
Ibidem, 87.
64
Ibidem, 67.
Dire l’uomo nell’epoca della ‘crisi’ 43
C’è una dinamica testimoniale che viene prima di ogni bel discorso che pos-
siamo fare sul Vangelo. Il dialogo “personale”, “familiare” – narrativo - precede ogni
catechesi. Sottolinea, difatti che dall’impoverimento e dalla frammentazione delle
relazioni sorge la domanda sul modo con cui può avvenire oggi la trasmissione della
fede.65 Se è vero che occorrono nuovi modelli antropologici, questo è già affermare
che occorrono anche nuovi modelli di pastorale e di catechesi.
65
Cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano
per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 44
(2010) 243-302.
66
M. R ecalcati , L’ora di lezione. L’ora dell’insegnamento, Einaudi, Torino 2014, 11.
44 Gaspare Ivan PITARRESI
67
Cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 31, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale
Italiana” 44 (2010) 273-274.
68
Traccia, 19.
69
E. H illesum , Diario 1941-1943, a cura di J.G. G aarlandt , Adelphi, Milano 1996, 48.
70
Ibidem, 49.
71
EG, 47.
ITINERARIUM
RIVISTA MULTIDISCIPLINARE
DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”
MESSINA – Italy
61
Anno 23 - 2015/3
Indice
Editoriale
Cassaro Giuseppe Carlo, La misericordia: potenza che trasforma il mondo . . 11
Laboratorio di Bioetica
Suaudeau Jacques, Cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs). Prima parte . . . 85
Miscellanea
Conte Nunzio, «Scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1b).
Abilità e qualità dell’omileta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
Mursia Antonio, «Ad effectum costruendi conventum cappuccinorum».
Alcune note sulla fondazione del convento dell’Immacolata Concezione
di Adrano (1608-1668) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
Discussioni
Gensabella Furnari Marianna, La bellezza che salva.
A proposito di un recente saggio di Nunziella Scopelliti . . . . . . . . . . . 155
Biblioteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
Cineteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
Libri pervenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
Collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Sezione Monografica
Carmelo Sciuto*
*
Docente di Catechetica presso lo Studio Teologico “S. Paolo” di Catania.
1
Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo
attuale, 24 novembre 2013, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, 1.
46 Carmelo SCIUTO
Tutto ciò sfida i meccanismi abituali della trasmissione della fede. Spesso si parla
di eclissi di Dio, indifferenza religiosa, fede bricolage… La “crisi”, quindi, è reale
e non va sottovalutata; interpella la Chiesa a recuperare uno sguardo di fede: anche
questo tempo, è tempo di grazia, di iniziativa gratuita di Dio; un tempo da “abitare”
con tutto il nostro essere uomini e donne di oggi.2 Dio ci precede “in Galilea”, nella
Galilea delle genti, dove la vita avviene (cfr. Mt 28,7). Dio non ha disertato il mondo
e continua a pronunciare una parola di bene anche su questo mondo, per gli uomini
e le donne di questo nostro tempo.3 La “crisi”, allora, può essere feconda perché,
come ogni “crisi”, può ricondurre all’essenziale. A quell’essenziale della Chiesa che
è la missione di annunciare il Vangelo, la “buona notizia” della prossimità di Dio per
l’uomo.4
2
Cfr. Conferenza Episcopale Italiana (=CEI) – Comitato preparatorio del 5° Convegno Eccle-
siale Nazionale, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno
Ecclesiale Nazionale, 9 novembre 2014, Paoline, Milano 2014 (= Traccia), 49-51.
3
Cfr. Traccia, 32-36.
4
Cfr. Ibidem, 48.
5
U. Lorenzi, L’ispirazione catecumenale dell’IC dei ragazzi per una ripresa sostenibile, in: M. R.
Attanasio (ed.), Iniziazione cristiana per i nativi digitali. Orientamenti socio-pedagogici e catechistici,
Paoline, Milano 2012, 29.
6
Cfr. G. Alcamo, La famiglia e la Chiesa nell’attuale sfida educativa, in: “Itinerarium” 19 (2011)
88-89.
7
Oggi la realtà familiare italiana appare alquanto complessa e problematica. Dal punto di vista
religioso sono compresenti “lontananza” teorica o pratica più o meno consapevole, pratiche religiose
tradizionali, accanto ad autentiche riappropriazione della vita di fede riscoperta dopo anni di “lonta-
nanza”. A tutto ciò si aggiungono: il fenomeno migratorio che vede le famiglie non cristiane chiedere i
sacramenti per i figli a motivo della loro “piena integrazione”; l’aggregazione alla comunità cristiana; la
richiesta di Battesimo da parte di genitori adottivi o affidatari; l’aumento di genitori che non battezzano
i figli in nome di una “libertà di scelta”. Cfr. A. Castegnaro, Risorse e limiti della famiglia in ordine
all’educazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, in: “Notiziario Ufficio Catechistico Nazionale” 34
(2005) 22-43; R. Bonetti, Catechisti e catechesi per la famiglia: nuovi percorsi e nuove competenze
per una rinnovata prassi familiare, in: “Itinerarium” 23 (2015) 81-94.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 47
infatti, parlano di famiglia come “Chiesa domestica” nel cui interno i genitori sono i
primi educatori nella fede dei figli:8 si tratta di far loro la proposta di fede esplicita,
perché possano aiutare i figli a vivere il loro cammino in un sistema di “alleanze
educative”.
Gli orientamenti decennali sull’educazione della Chiesa italiana, a questo pro-
posito, affermano:
«La famiglia va […] amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non
solo per i figli, ma per l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una mi-
nisterialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e chiama l’uomo e la donna
a essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio».9
«pensare ai genitori cristiani, qualunque situazione essi vivano, come i primi educatori
nella fede: essi, salvo espliciti rifiuti, con il dono della vita desiderano per i propri figli
anche il bene della fede. Proprio per questo, la comunità cristiana deve alla famiglia
una collaborazione leale ed esplicita, considerandola la prima alleata di ogni proposta
catechistica offerta ai piccoli ed alle nuove generazioni. In tal senso va valorizzato
ogni autentico sforzo educativo in senso cristiano compiuto da parte dei genitori».10
In effetti, «la realtà familiare e l’amore dei genitori verso i figli sono l’ambito
naturale e primordiale nel quale la proposta di fede è chiamata a manifestare il suo
carattere di promessa, di speranza e fiducia nell’affrontare la vita».11
Gesù nel vangelo interviene spesso con i genitori e i figli, a partire da “moti-
vazioni umane”.
Il celebre brano di Mt 19,13-15 racconta dell’incontro di Gesù con i genitori
che gli presentano i loro bambini in base a una domanda religiosa: «Allora gli furo-
no portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li
rimproverarono. Gesù però disse: “Lasciateli, non impedite che i bambini vengano
a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli”. E, dopo avere imposto
loro le mani, andò via di là».
Il rimprovero del Maestro non è rivolto ai bambini ma a coloro che li portano
da Gesù, ai genitori che cercano in Gesù un gesto di attenzione simile a quello che
veniva richiesto ai rabbì del tempo. Lo “zelo” dei discepoli vorrebbe far capire a
quegli adulti che Gesù non è un rabbì come gli altri e, che quindi, vanno “verificate”
le motivazioni di fede.
8
Cfr. Concilio Vaticano II, Lumen Gentium. Costituzione dogmatica sulla Chiesa, 21 novembre
1964, 11, in: EV, 1, 314; Giovanni Paolo II, Familiaris consortio. Esortazione apostolica circa i com-
piti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 novembre 1981, 49, in: EV, 7, 1678; A. Bollin, La
famiglia, “Chiesa domestica” per la catechesi, in: “Catechesi” 84 (2014-2015) 3, 27-40.
9
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il de-
cennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, 38, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 44 (2010) 280.
10
CEI, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29 giugno 2014, 28,
in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 48 (2014) 228.
11
Ibidem, 69, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 48 (2014) 265.
48 Carmelo SCIUTO
12
Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes. Costituzione dogmatica sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, 7 dicembre 1965, 22, in: EV, 1, 1385.
13
Cfr. Traccia, 32-34.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 49
che significa «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (Mc 5, 41), è la prospettiva della risurre-
zione che Gesù indica, perché solo essa rende piena la vita.14
Le maggiori esperienze rinnovate di IC italiane vedono una costante parteci-
pazione dei genitori nei cammini iniziatici dei figli, spostando di fatto e gradualmen-
te il centro gravitazionale dai piccoli (puerocentrismo) agli adulti. Ciò non per smi-
nuire l’itinerario dei ragazzi, ma per passare «significativamente a un vero processo
di catechesi di adulti, nella convinzione poi che questa è la premessa migliore per
garantire allo stesso tempo la riuscita dell’azione pastorale con i figli».15
Questo coinvolgimento nasce dalla consapevolezza che «la sensibilizzazio-
ne delle comunità cristiane e una considerazione non superficiale dei ragazzi stessi
servirebbe a poco se i genitori non comprendessero l’opportunità di contribuire alla
realizzazione di un’iniziazione più efficace».16 Una delle lacune dell’attuale prassi
catechistica, infatti, è la tendenziale carenza di dialogo tra famiglie e comunità cri-
stiana, evidenziata dalla sostanziale estraneità della prima fase della vita del bambi-
no che va dal Battesimo all’iscrizione al catechismo a 7/8 anni.
Riteniamo, invece, essenziale il coinvolgimento delle famiglie e in modo par-
ticolare dei genitori, nell’IC cristiana dei figli almeno per un duplice motivo: la loro
responsabilità originaria nella trasmissione della fede ai figli; l’opportunità offerta
dalla comunità per essere re-iniziati alla fede.17
14
Cfr. Traccia, 35-36.
15
S. Giusti, La via italiana alla catechesi familiare, Paoline, Milano 2008, 32.
16
P. Sartor, I soggetti in cammino. III. I genitori, in: Idem – A. Ciucci (edd.), Nella logica del
catecumenato. Pratica dell’iniziazione cristiana con i ragazzi, Dehoniane, Bologna 2010, 63.
17
Cfr. P. Sirianni, La famiglia “punto nodale della nuova evangelizzazione”, in: “Catechesi” 84
(2014-2015) 5, 53-64.
18
P. Del Core, Quale famiglia? Le coordinate psico-sociologiche di una situazione in cambiamen-
to, in: “Rivista di Scienze dell’Educazione” 47 (2009) 266.
19
Cfr. J. Vallabaraj, Formazione della famiglia per la comunicazione della fede, in: “Catechesi”
80 (2010-2011) 5, 64.
50 Carmelo SCIUTO
«perché sta all’origine della stessa civilizzazione in quanto luogo che garantisce il
processo generativo da un punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale.
Dalla sua tenuta dipende in larga misura la salute della società. Quando infatti la
famiglia non funziona su larga scala la società si trova di fronte a problemi sociali
irrisolvibili (criminalità diffusa, malattia psichica, droga, ecc.). Essa è poi una forma
sociale primaria perché assolve ad alcune funzioni fondamentali senza le quali la so-
cietà stessa non potrebbe vivere».20
20
E. Scabini – R. Iafrate, Psicologia dei legami familiari, Il Mulino, Bologna 2003, 19.
21
G. Alcamo, La famiglia e la Chiesa nell’attuale sfida educativa, 83.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 51
22
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, 2204-
2006.
23
Cfr. U. Lorenzi, Fateli crescere nella disciplina del Signore (Ef 6,4). L’educazione cristiana dei
figli, in: “La Scuola Cattolica” 140 (2012) 157-171.
24
Sul rapporto tra educazione e generazione, e sull’opportunità d’intraprendere la strada della pa-
storale generativa, cfr. R. Carelli, Evangelizzazione e educazione. Verso una pastorale in chiave gene-
rativa, in: “La Rivista del Clero Italiano” 93 (2012) 111-133.
25
CEI, Il rinnovamento della catechesi. Documento pastorale dell’Episcopato italiano, 2 febbraio
1970, 152, in: ECEI, 1, 2829.
26
Cfr. Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 35, 41, in: EV, 1, 376-377, 394; Idem, Gaudium et
Spes, 47-52, in: EV, 1, 1468-1491.
27
Idem, Lumen Gentium, 11, in: EV, 1, 314.
52 Carmelo SCIUTO
cata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione
completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola
di virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società».28
28
Idem, Gravissimum educationis. Dichiarazione sull’educazione cristiana, 28 ottobre 1965, 3, in: EV, 1, 826.
29
Congregazione per il clero, Direttorio generale per la catechesi, 15 agosto 1997, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, 255.
30
M. Tuggia, Educazione e trasmissione della fede in famiglia. «Col viso volto a oriente», in: “Ca-
techesi” 79 (2009-2010) 2, 10-11.
31
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 52, in: EV, 7, 1689.
32
Cfr. Ufficio Catechistico Nazionale (=UCN), Il catechismo per l’Iniziazione Cristiana dei fan-
ciulli e dei ragazzi. Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo della CEI, 15 giugno 1991,
6/c, 8/b, in: ECEI, 5, 258, 261; Consiglio Episcopale Permanente, L’Iniziazione Cristiana 2. Orien-
tamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni. Nota pastorale, 23 maggio 1999
(=IC/2), 29, in: ECEI, 6, 2085.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 53
Educare alla vita buona del Vangelo, infine, riprendendo proprio Familia-
ris consortio, riafferma che «la famiglia resta la prima e indispensabile comuni-
tà educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso
alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di
altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né
surrogato».35
Non è compito facile, ricordano gli orientamenti: è esposto alla fragilità della
famiglia e ai condizionamenti esterni. Tale primato tuttavia permane e riguarda an-
che l’educazione alla fede.
«Nonostante questi aspetti, l’istituzione familiare mantiene la sua missione e la re-
sponsabilità primaria per la trasmissione dei valori e della fede. Se è vero che la fa-
miglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti,
dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che
rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo
di educatori, promuovendone la competenza mediante corsi di formazione, incontri,
gruppi di confronto e di mutuo sostegno».36
33
CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota pastorale dell’episco-
pato italiano, 30 maggio 2004, 7, in: ECEI, 7, 1452.
34
UCN, La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 4 giugno
2006, 9, in: ECEI, 8, 461.
35
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 36, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italia-
na” 44 (2010) 278.
36
Ibidem, 36, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana”, 44 (2010) 279.
54 Carmelo SCIUTO
La casa,37 quindi, diventa la prima visione del mondo che circonda lo sguar-
do di un bimbo, il luogo dove si prende confidenza con il mondo, dove s’impara a
camminare sorretti da mani attendibili: «Nel dare da mangiare ai figli, troviamo la
prima esperienza, per un bimbo, del bisogno dell’altro, la prima educazione contro
l’onnipotenza dell’io. Non sarà difficile avere la possibilità di mostrare ai genitori il
legame di queste grammatiche di vita con ciò che Dio fa per noi, con la lingua della
fede e degli itinerari che la comunità cristiana propone».38
In questo senso, nel quadro di una educazione integrale della persona, è necessario
«che i genitori si interroghino sul loro compito educativo in ordine alla fede: “come vivia-
mo la fede in famiglia?”; “quale esperienza cristiana sperimentano i nostri figli?”; “come
li educhiamo alla preghiera?”. Esemplare punto di riferimento resta la famiglia di Nazaret,
dove Gesù “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52)».39
Ci sembra, infine, che la Scrittura indichi la via per questa educazione alla
fede esortando a privilegiare la dimensione narrativa: “ripeterai, parlerai, insegnerai
parlando…” sono i verbi più usati. Occorrerà, quindi, che i genitori, sostenuti anche
dalla figura non secondaria dei nonni, riprendano anche oggi a “raccontare” ai loro
figli il proprio cammino di fede, con tutte le sue difficoltà, crisi, momenti di crescita,
e che diano ragione delle loro scelte.40
37
Non dimentichiamo che l’Eucaristia si spezzava nelle Domus, pertanto, anche la casa, la tavola,
l’ambiente familiare si rivela l’essenziale capace di rendere più familiari le relazioni e a ritessere le
relazioni comunitarie. Le comunità oggi non possono tradire il dato originario: la chiesa nasce in am-
biente domestico (domus ecclesiae) per celebrare l’Eucaristia.
38
B. Padovani – S. Pozzoli, Per l’IC i genitori vanno sempre coinvolti, in: “Settimana” 47 (2012) 13.
39
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 37, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italia-
na” 44 (2010) 279.
40
Cfr. S. Giusti, La via italiana alla catechesi familiare, 18-20.
41
Il valore e lo slancio missionario prenda forma dalla celebrazione domenicale dell’Eucaristia;
si riaffermi allora la centralità della cura pastorale verso tutte le fasi di vita che attraversa la famiglia:
percorsi pre-matrimoniali, preparazioni battesimali, catechesi pastorale della famiglia, anziani, ecc...
42
B. Padovani – S. Pozzoli, Per l’IC i genitori vanno sempre coinvolti, 13.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 55
si preoccupa di fare crescere i figli dentro una relazione di amore, imparando dai picco-
li la docilità dell’essere e l’abbandono fiducioso alla vita. Potremmo dire che «gli adulti,
generando alla vita, si rigenerano al valore della vita donata; sentono la bellezza di essere
creature. Vivono, in comune con i loro figli un fondamentale senso di fiducia, alimentato e
inverato nell’esperienza della paternità e della maternità, modello di ogni identità dell’esse-
re. Si tratta di una grande opportunità per “ri-cominciare” a vivere diversamente».43
La stessa cosa avviene per quanto riguarda la fede: gli adulti che generano i bam-
bini alla vita si possono “ri-svegliare” a una vita che va verso “l’oltre”, che può far emer-
gere interrogativi esistenziali che sono sopiti. Lo stesso iniziare all’esperienza cristiana
attraverso l’insegnare ai bambini a pregare, permette agli adulti di stare semplicemente
davanti a Dio come figli, a sentirlo Padre per ciascuno, a rendersi conto che tutto ciò che
stanno vivendo è frutto della sua grazia. Durante la crescita, poi, i bambini con le loro
semplici domande, ma allo stesso tempo profonde, senza rendersene conto, riescono a
dar voce a quelle sopite dei loro genitori, offrendo loro l’occasione per ricercare insieme
le risposte giuste: mentre, cioè, i genitori aiutano i figli a credere, essi stessi compiono in
loro compagnia un tratto di strada della fede e ricominciano a credere.44
Le esperienze di “secondo annuncio”, per dirla con il catecheta Enzo Biemmi,
fanno proprio leva sulla genitorialità in occasione dei sacramenti dei figli. Se, infatti,
per i ragazzi il tempo dell’IC è propizio per imprimervi i punti di riferimento, i va-
lori, la grammatica della fede e gli atteggiamenti positivi nei riguardi della comunità
ecclesiale - elementi tutti che offrono al ragazzo il “materiale” per le future decisioni
di fede cristiana45 - per i loro genitori, invece, se acconsentono, può diventare l’oc-
casione propizia per una loro re-iniziazione alla fede.
43
E. Biemmi, Generare alla fede. Dalla catechesi all’itinerario di iniziazione cristiana, in: Diocesi
diRimini – Ufficio Pastorale, Famiglia e iniziazione cristiana, Il Ponte, Rimini 2010, 57.
44
Cfr. F. Feliziani Kannheiser, Quando i bambini domandano, in: “Evangelizzare” 42 (2012) 58-59.
45
È il concetto di “IC a carattere catecumenale in senso analogico”, in quanto il ragazzo normal-
mente non può compiere pienamente un atto di libera decisione e di conversione di vita a Cristo Gesù.
Atteggiamenti propri di un adulto o di un giovane adulto.
46
Cfr. G. Alcamo, La famiglia e la chiesa nell’attuale sfida educativa, 86-89.
56 Carmelo SCIUTO
Appare evidente che la richiesta dei sacramenti per i figli costituisce ancora oggi
una grande opportunità pastorale da accogliere e valorizzare. Se da un lato, infatti, occorre
“educare” la domanda del sacramento per trasformarla in richiesta di aiuto per una crescita
47
La famiglia può assumersi l’impegno di seguire il “processo” dell’iniziazione cristiana che la
chiesa celebra attraverso la duplice scansione: rottura e trasformazione. Chi meglio delle famiglie che
vivono già l’esperienza di fede comunitaria può accompagnare a questa rottura col passato e alla tra-
sformazione della vita passata in vita nuova “in” Cristo? (vita di grazia, sacramentale).
48
Cfr. A. Romano, Genitori e iniziazione cristiana dei figli. Dal contributo esterno alla correspon-
sabilità piena nella comunità, in: “Catechesi” 83 (2013-2014) 2, 13-28.
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 57
cristiana dei figli, dall’altro è fondamentale considerare i genitori persone destinatarie del
Vangelo, educando la domanda del cammino per i figli fino a farla diventare domanda
di aiuto per un loro cammino di fede personale e familiare, e di esperienza cristiana. Ciò
comporta la creazione da parte della comunità cristiana di relazioni vere e profonde con
i genitori fin dai primi momenti (evitando di porre delle condizioni che possano apparire
come ricatti), trattandoli da adulti, offrendo loro esperienze di vita e chiedendo/offrendo
collaborazione fin dal principio: stabilendo così un vero e proprio “patto educativo”.
A tale scopo sembra necessario accostare i genitori là dove essi vivono e sta-
bilire con loro un rapporto di amicizia e di fiducia; ridestare in loro il senso religioso
e la necessità di percorrere un cammino di fede; far riscoprire il Primo annuncio
della fede e il suo significato vitale;49 invitarli a fare esperienze significative di vita
cristiana comunitaria in parrocchia; aiutarli a riscoprire il vangelo del matrimonio e
della famiglia; illuminare il loro compito educativo di primi educatori della fede dei
figli; metterli a conoscenza degli itinerari d’IC dei figli.50
Il n. 7 del volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia invita ad un
coinvolgimento effettivo della famiglia, capace di valorizzarne le potenzialità, le risorse
e le aspettative. Si tratta, quindi, di superare il rischio di un “coinvolgimento” che diventi
obbligante (i genitori accettano di partecipare per timore di vedersi rifiutato il sacramento
per il figlio); avvilente (gli operatori propongono agli adulti iniziative dal sapore generi-
co o infantile); esagerato (con ritmi non sostenibili dall’effettiva vita familiare); tardivo
(quando i figli hanno 10-12 anni) e formale (con proposte “pre-confezionate”, senza un
effettiva interazione sulla specifica situazione personale o familiare).51
Nel panorama delle esperienze presenti in Italia si delineano almeno quattro
tipologie di coinvolgimento delle famiglie negli itinerari iniziatici dei figli: la cate-
chesi alle famiglie, nelle famiglie, con le famiglie e familiare.52
La catechesi alle famiglie è la forma più diffusa delle proposte attualmente pre-
senti nelle parrocchie: sono incontri ai genitori dei ragazzi della catechesi su varie tema-
tiche. Questa esperienza assume almeno due modalità: una serie di incontri annuali (2-3)
che servono a informare i genitori sul percorso catechistico proposto ai figli e la propo-
sta di incontri formativi ai genitori, sia su problematiche educative, sia su aspetti della
fede. Nella prima modalità, gli incontri mirano ad un coinvolgimento minimale, avendo
a cuore di stabilire rapporti positivi con le famiglie, e in particolare con le mamme; nella
seconda, il percorso formativo offerto ai genitori è non di rado in parallelo con quello
dei figli quanto ai temi e con una periodicità mensile. Naturalmente, «questa tipologia, ri-
spetto alla prima, aggiunge una preoccupazione di riavviare i genitori ad una riscoperta
della fede, di cui è occasione il percorso sacramentale dei figli»,53 nella consapevolezza
che senza la presenza di genitori credenti, l’IC dei ragazzi rischia il fallimento.
La catechesi nelle famiglie consiste nel farla vivere, in alcuni momenti
dell’anno, o per tutto l’intero itinerario, nell’ambiente domestico come “luogo fa-
49
Non va data per scontata la conoscenza del Vangelo.
50
Cfr. CEI-UCN, La catechesi con la famiglia. Orientamenti, Elledici, Leumann 1994, 63-64.
51
Cfr. P. Sartor, I soggetti in cammino. III. I genitori, 64-65.
52
Cfr. CEI-UCN, La catechesi con la famiglia, 9-14, 51-76; E. Biemmi, Generare alla fede, 60-65.
53
E. Biemmi, Generare alla fede, 61
58 Carmelo SCIUTO
vorevole” per il germogliare e il crescere della fede cristiana come centro d’irradia-
zione del vangelo54 e come punto di accoglienza (la “casa”) per tutti.55 Includiamo
in questa modalità: gli incontri pre e post-battesimali; le forme “miste” di catechesi
parrocchiale e catechesi familiare; i centri di ascolto quaresimali per i ragazzi nelle
famiglie. Queste modalità, oltre che riavviare nei genitori la riscoperta della fede,
assumono i tratti propri dell’esperienza famigliare: la relazione, la quotidianità, la
ritualità, la gestualità e la concretezza della vita, pur mantenendo un contatto siste-
matico con la comunità parrocchiale sia da parte dei ragazzi che dei loro genitori.
La catechesi con le famiglie comprende tutte quelle esperienze che le propongono
come soggetto attivo del cammino di fede. In questa modalità inseriamo la domenica insie-
me, o “feste delle famiglie”, che fa vivere a tutta la famiglia, durante il giorno del Signore
(o il sabato pomeriggio), momenti di relazione, di riflessione su temi inerenti il percorso
catechistico dei figli, di convivialità con il consumo del pasto insieme, di celebrazione con
la preparazione e la partecipazione di tutti all’Eucaristia della comunità. Questa modalità
punta a far vivere esperienze forti di comunità cristiana nel giorno del Signore.
La quarta tipologia, la catechesi familiare, è la più esigente perché prevede un
percorso nel quale il genitore, aiutato dalla comunità, diventa progressivamente il cate-
chista del figlio: «È l’assunzione in proprio della responsabilità di esercitare il magiste-
ro della parola e della vita […] da parte dei coniugi e genitori nei confronti dei figli, sia
nel ritmo ordinario della vita familiare, sia nelle occasioni che maggiormente incido-
no sullo sviluppo della fede, come i sacramenti, l’educazione morale, la preghiera».56
Questa modalità, che si fonda sul principio di catechesi intergenerazionale, tende a
coinvolgere tutti i soggetti della famiglia e un nucleo di comunità di cui fanno parte an-
che i catechisti familiari, saggi accompagnatori dei genitori, restituendo così il compito
della catechesi ad un gruppo più che ad uno solo catechista:57 «Essa segna in qualche
modo il passaggio graduale dall’itinerario tradizionale fondamentalmente puerocentri-
co, al coinvolgimento della famiglia, all’attivazione della comunità ecclesiale».58
Una nota finale la diciamo sui nonni ritornando a quanto abbiamo affermato in
precedenza sul concetto di famiglia generazionale. Una novità dell’attuale contesto
socio-culturale è la ri-valutazione del ruolo educativo dei nonni anche in ordine alla
trasmissione della fede cristiana alle nuove generazioni.59
54
Cfr. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi. Esortazione apostolica sull’evangelizzazione nel mondo
contemporaneo, 8 dicembre 1975, 71, in: EV, 5, 1688.
55
Cfr. CEI-UCN, La catechesi con la famiglia, 11.
56
Ibidem, 12.
57
Cfr. J. Vallabaraj, Primo annuncio nell’ambito della famiglia, in: “Catechesi” 79 (2009-2010)
4, 33-43; Idem, Catechesi familiare come apprendimento catechetico intergenerazionale, in: “Cateche-
si” 79 (2009-2010) 5, 31-43.
58
E. Biemmi, Generare alla fede, 62.
59
La relazione nonne/i-nipoti per la nostra società è relativamente nuova: per molti secoli, infatti,
i bambini non hanno conosciuto i nonni e soltanto negli ultimi decenni è divenuto normale per loro
La famiglia: culla di un nuovo umanesimo 59
La figura del nonno, infatti, oggi rappresenta una delle presenze più importanti
del mondo relazionale dei bambini, in quanto è colui che, trasformando in fiaba la
storia della famiglia, custodisce e trasmette il senso di appartenenza, cioè la possibi-
lità di sentirsi parte di una storia. I nonni, inoltre, sono coloro che “hanno il tempo”
di poter stare con i nipoti, riuscendo a vivere con loro non solo momenti ludici ma
anche e soprattutto educativi: sono tenuti, cioè, ad un’opera educativa di sostegno a
quella dei genitori, non di sostituzione o contrapposizione.60
Di fronte a quella che Armando Matteo chiama la prima generazione incredu-
la con il risultato della fuga delle quarantenni dalla Chiesa rinunciando anche al loro
compito materno di trasmettere la fede,61 i nonni assumono questo ruolo educativo
della fede dei piccoli: «trascorrendo molto tempo con i nipoti, possono introdurli alla
fede in Cristo Gesù e al vivere cristiano, tramite la catechesi occasionale della vita
quotidiana».62 Questa prende spunto da occasioni particolari (una festa, il passaggio
davanti a una chiesa, un funerale, un racconto, la malattia, un compleanno, la nascita
di un cuginetto…) che vengono interpretate in senso religioso e cristiano.
L’occasione ha un grande valore educativo, in quanto momento della vita del
soggetto in cui è totalmente attivo, recettivo e presente. In questo caso l’elemento
specifico è la testimonianza dell’adulto: la sua parola non è solo la spiegazione, ma
anche la sua convinzione e il suo impegno pratico.
Ci sembra, dunque, che il compito educativo dei nonni sia diventato importante:
sia quando per diverse ragioni i genitori non sono in grado di assicurare un’adeguata
educazione alla fede; sia per «promuovere l’educazione reciproca della fede come ri-
sposta alle sfide attuali; una educazione capace di coinvolgere tutte le generazioni per
far fronte alla loro diversità nel modo di rapportarsi alla fede, cercando di creare una
partecipazione incrociata tra le generazioni stesse presenti nella famiglia cristiana».63
Conclusione
non solo conoscerli, grazie all’allungamento della vita media, ma anche avere con loro un rapporto di
intimità, ben diverso dal “timore reverenziale” di qualche generazione fa. Cfr. A. Bollin, Nonne/i e
catechesi delle nuove generazioni, in: “Catechesi” 79 (2009-2010) 5, 45.
60
Cfr. G. Gillini – M. Zattoni, Nonni, che fortuna!, àncora, Milano 2012.
61
Cfr. A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede,
Rubbettino, Soveria Mannelli 2010; Idem, La fuga delle quarantenni. Il difficile rapporto delle donne
con la Chiesa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012.
62
Bollin, Nonne/i e catechesi delle nuove generazioni, 46.
63
Vallabaraj, Formazione della famiglia per la comunicazione della fede, 72.
60 Carmelo SCIUTO
rispettare, onorare e amare ogni famiglia, qualunque sia la sua situazione umana,
sociale e, oserei dire, morale. Accogliere realmente significa essere disponibili all’a-
scolto attento ed empatico; essere affabili e cordiali; venire incontro alle esigenze
delle singole famiglie; evitare toni di requisitoria e/o di ricatto; offrire, proporre e
non imporre; essere attenti alle famiglie così come sono, prendendo in considera-
zione il loro diverso vissuto di fede, le precedenti esperienze di fede e di incontro
(o, forse di scontro!) con la realtà ecclesiale; creare un clima relazionale favorevole
perché si accetti la possibilità del cambiamento e si compiano i passi per attuarlo.
L’accoglienza conduce naturalmente a partire dalla vita delle persone e dai loro
ruoli: al centro ci sono i genitori con i loro progetti, le loro speranze e paure, il loro ruo-
lo parentale sperimentato a volte come difficile e faticoso; queste attenzioni potrebbero
essere tenute presenti anche nella individuazione dei contenuti per il primo approccio
come l’educazione dei figli e la propria esperienza familiare possono essere dei temi di
aggancio molto significativi e fecondi. La cura delle motivazioni: l’adulto ha bisogno di
percepire l’utilità di ciò che sta facendo. La partecipazione ai percorsi proposti dalle par-
rocchie ai genitori è spesso contrassegnata da motivazioni “povere”, per questo è neces-
sario accompagnarli in un approfondimento delle motivazioni più consapevoli e mature.
Non bisogna dare per scontato che i genitori sono adulti e come tali devono essere
trattati. In questo senso, appare necessario che si impari a “lasciare spazio” ai genitori,
instaurando relazioni interpersonali aperte e sincere. Come sottolineato più volte da In-
contriamo Gesù, questo coinvolgimento/accompagnamento della famiglia deve iniziare
con la richiesta del battesimo e, là dove è possibile, già dall’attesa del figlio. Più ampia-
mente, l’attenzione pastorale verso i genitori dev’essere considerata parte della pastorale
familiare e, perciò dovrebbe essere pensata e progettata insieme alle coppie guida degli
itinerari di formazione al matrimonio e dei gruppi famiglia esistenti in parrocchia.64
Iniziare, sostenere, accompagnare, infine, si rivelano verbi-chiave per disegna-
re e designare ancora una volta la centralità della famiglia nella vita cristiana dei figli,
anche se i genitori di oggi condividono ansie e preoccupazioni, soprattutto in un tempo
di profonda alterazione dei processi di filiazione simbolica delle generazioni. Scrive a
tal proposito Massimo Recalcati: «i genitori di oggi sono, infatti, assai preoccupati, ma
questa preoccupazione non è spesso in grado di offrire sostegno alla formazione dei loro
figli».65 Pertanto questi verbi offrono anche una chiave immediata alla progettazione di
metodiche di annuncio a partire dalle relazioni umanizzanti che per natura sono congeni-
te alla funzione genitoriale (maternità, paternità, fraternità). Il gesto del portare alla luce,
del cullare, dell’accompagnare, del guidare, rimanda al gesto testimoniale per i figli e le
figlie di oggi che vivono nel disagio della “Legge della Parola”.66 Gesti che rimandano a
relazioni, relazioni che reinventano i nuovi modi dell’annuncio. Ri-centrare l’annuncio
“in” e “con” la famiglia, significa allora farla divenire la culla di un “nuovo” umanesimo.
64
Cfr. A. Fontana, La pastorale battesimale: un’opportunità per accogliere ed evangelizzare le
famiglie/1, in: “Catechesi” 83 (2013-2014) 1, 25-37; Idem, La pastorale battesimale: un’opportunità
per accogliere ed evangelizzare le famiglie/2, in: “Catechesi” 83 (2013-2014) 2, 3-12.
65
M. Recalcati, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Universale
Economica Feltrinelli, Milano ³2015, 76.
66
Cfr. Ibidem, 59.
ITINERARIUM
RIVISTA MULTIDISCIPLINARE
DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”
MESSINA – Italy
61
Anno 23 - 2015/3
Indice
Editoriale
Cassaro Giuseppe Carlo, La misericordia: potenza che trasforma il mondo . . 11
Laboratorio di Bioetica
Suaudeau Jacques, Cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs). Prima parte . . . 85
Miscellanea
Conte Nunzio, «Scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1b).
Abilità e qualità dell’omileta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
Mursia Antonio, «Ad effectum costruendi conventum cappuccinorum».
Alcune note sulla fondazione del convento dell’Immacolata Concezione
di Adrano (1608-1668) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
Discussioni
Gensabella Furnari Marianna, La bellezza che salva.
A proposito di un recente saggio di Nunziella Scopelliti . . . . . . . . . . . 155
Biblioteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
Cineteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
Libri pervenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
Collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Sezione Monografica
Ernesto Diaco*
*
Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università della CEI.
1
Conferenza Episcopale Italiana (=CEI), Comunicato finale del Consiglio Episcopale Perma-
nente (Roma, 23-26 gennaio 2012), in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 46 (2012) 22.
2
CEI – Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, Invito al Convegno, 11
ottobre 2013, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 47 (2013) 239.
62 Ernesto DIACO
Il confluire di vescovi, presbiteri, religiosi e laici dalle oltre duecento diocesi del
Paese manifesta poi in modo del tutto speciale la comunione pastorale fra le Chiese in
Italia. Non si tratta certo dell’unico strumento che ne evidenzi l’unità di pensiero e di
azione, basti pensare all’assunzione di “orientamenti pastorali” comuni su scala decennale
da ormai cinquant’anni a questa parte. Le stesse assemblee generali dell’episcopato che
si tengono ogni anno esprimono la varietà e insieme la coesione del cattolicesimo italiano
e il suo stretto rapporto con il Papa. Nei convegni ecclesiali nazionali, però, la presenza
numerosa e prolungata di rappresentanti di tutte le componenti del popolo di Dio, il loro
pregare e riflettere insieme, ascoltare e discutere, è un segno ancora più efficace e pubbli-
camente rilevante di tale unità e corresponsabilità. A Firenze si vedrà ancora una volta il
volto della Chiesa nella sua interezza e pluralità di vocazioni, soggettività ed esperienze.
Se la trasmissione nelle Chiese particolari dei risultati dell’evento è necessa-
riamente mediata dai mezzi di comunicazione, dai testi prodotti e dai racconti dei
partecipanti, per coloro che lo vivono direttamente il convegno ecclesiale nazionale
è un’occasione importante di confronto ricca di stimoli da riportare nelle realtà di
appartenenza, preziosa forse più per gli incontri fatti e l’atmosfera respirata che per
l’elaborazione intellettuale o le conclusioni ufficiali.
Appuntamenti come questi, infatti, possono aiutare a non sentirsi soffocare dalle
difficoltà che si incontrano quotidianamente nel lavoro pastorale e dalle diffuse tenta-
zioni segnalate da papa Francesco nell’esortazione Evangelii Gaudium, come «il grigio
pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa», il «pessimismo sterile», la «guerra tra
di noi».3Un contesto così ampio e articolato è favorevole per intercettare anche le do-
mande più scomode, tutt’altro che assenti nel cammino di preparazione al convegno di
Firenze. «Come mai – chiede ad esempio la Traccia – nonostante un’insistenza così pro-
lungata sulla missione, le nostre comunità faticano a uscire da loro stesse e ad aprirsi?».4
3
Francesco, Evangelii Gaudium. Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo
attuale, 24 novembre 2013, 83-84, 98.
4
CEI – Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, In Gesù Cristo il nuovo
umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, 9 novembre 2014,
in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 48 (2014) 418.
La Chiesa italiana a Firenze: l’umanesimo della prossimità 63
5
CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato
italiano per il primo decennio del Duemila, 29 giugno 2001, in: “Notiziario della Conferenza Episco-
pale Italiana” 35 (2011) 125-178.
6
Cfr. CEI – Comitato preparatorio del IV Convegno Nazionale Ecclesiale, Testimoni di Gesù
Risorto, speranza del mondo. Traccia di riflessione del IV Convegno Ecclesiale Nazionale (Verona,
16–20 ottobre 2006), 29 aprile 2005, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 39 (2005)
277-310.
64 Ernesto DIACO
Nella sua opera di discernimento, la comunità cristiana non si astrae dal conte-
sto sociale, come se lo guardasse dall’esterno per individuarne i limiti e le contraddi-
zioni. La Chiesa sa bene di essere anche figlia del suo tempo e di quanto il momento
storico influisca sulla sua vita. In ognuno degli appuntamenti ecclesiali decennali si
è sempre riflesso quanto andava emergendo nel Paese: i fermenti e la domanda di
partecipazione degli anni Settanta, così come il desiderio di riconciliazione e di una
nuova cultura nel periodo successivo. La stessa scelta della città di Palermo per il
terzo convegno ecclesiale fu motivata dagli avvenimenti drammatici che avevano
scosso i primi anni Novanta, fra cui il terrorismo mafioso, e dai segni di risveglio
spirituale e civile che si riscontravano nel capoluogo siciliano. Nel corso dei lavori,
poi, non ci si nascose di dover fare i conti con l’inedito panorama politico, segnato
dalla fine del partito di ispirazione cattolica e delle altre compagini nate dopo il se-
condo conflitto mondiale e messe in crisi dal crollo delle ideologie novecentesche.
Non sbaglierebbe, infine, chi vedesse nella decisione di celebrare il quinto con-
vegno nella culla del Rinascimento, anche un diffuso bisogno di fiducia nell’uomo e di
bellezza, intesa non come mera proporzione delle forme, ma come necessità di riguada-
gnare un’idea alta di umanità, in armonia con la sua dignità trascendente, con il mondo
divenuto villaggio globale, con le promesse della tecnologia e la potenza ferita del creato.
7
CEI, Evangelizzazione e Sacramenti. Documento pastorale dell’Episcopato italiano, 12 luglio
1973, 59, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 7 (1973) 92.
8
Ibidem.
9
Ibidem, 104.
10
Ibidem, 105-106.
La Chiesa italiana a Firenze: l’umanesimo della prossimità 65
la scansione in decenni del cammino pastorale e la serie dei convegni ecclesiali nazio-
nali, sotto il segno del rinnovamento conciliare e del primato dell’evangelizzazione.
Nell’autunno del 1976, Roma accoglie i 1500 delegati indicati dalle diocesi
italiane per l’atteso appuntamento nazionale. Paolo VI celebra l’Eucaristia nella mat-
tina del secondo giorno. Durante l’omelia, prendendo spunto dal tema del convegno,
invita la Chiesa italiana
«ad un ripensamento della sua missione nel mondo contemporaneo, ad una coscienza
religiosa autentica e nuova, ad un confronto col vertiginoso mondo moderno, anzi ad
un dialogo di salvezza per chi assume la non facile missione di aprirlo, e per chi abbia
la felice sorte di accoglierlo».11
Dai lavori emerge una forte istanza di partecipazione e una spiccata attenzione
ai fenomeni sociali e culturali che interessano il Paese, compresa la crisi religiosa che si
va delineando. L’impegno storico del credente viene accentuato, anche alla luce di una
riscontrata carenza da parte dei cattolici dell’uso degli strumenti della comunicazione
sociale e più in generale nel campo della cultura. Di contro, si rilevano i passi fatti sulla
via dell’aggiornamento liturgico e catechetico. «Una Chiesa in ricerca, servizio, crescita»
è la formula usata da padre Bartolomeo Sorge nel suo intervento di sintesi dei lavori.
«La celebrazione del Concilio e l’approfondimento dell’ecclesiologia da esso operato
– riconosce il gesuita – da una parte hanno messo in crisi precedenti sintesi ed orien-
tamenti, dall’altra hanno aperto nuovi orizzonti all’impegno della Chiesa nel mondo,
hanno offerto gli strumenti dottrinali e operativi per il necessario rinnovamento e per
una risposta adeguata alla nuova domanda culturale».
11
Omelia di Papa Paolo VI, 31 ottobre 1976, in: CEI, Evangelizzazione e promozione umana. Atti
del convegno ecclesiale (Roma, 30 ottobre – 4 novembre 1976), Ave, Roma 1977, 27.
12
CEI, Comunione e comunità. Documento dell’episcopato italiano, 1° ottobre 1981, 1, in: “Noti-
ziario della Conferenza Episcopale Italiana” 15 (1981) 126.
66 Ernesto DIACO
13
Allocuzione del Santo Padre, in: CEI, Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini. Atti del
2° Convegno ecclesiale (Loreto, 9-13 aprile 1985), AVE, Roma 1985, 55.
14
Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II all’assemblea del convegno, in: CEI, Il Vangelo
della carità per una nuova società in Italia. Atti del III Convegno ecclesiale (Palermo, 20-24 novembre
1995), AVE, Roma 1997, 56.
15
Ibidem, 62-63.
La Chiesa italiana a Firenze: l’umanesimo della prossimità 67
16
Discorso del Santo Padre Benedetto XVI all’assemblea del Convegno, in: CEI, Testimoni di
Gesù risorto, speranza del mondo. Atti del 4° Convegno Ecclesiale Nazionale (Verona, 16-20 ottobre
2006), Dehoniane, Bologna 2008, 56-57.
17
Cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano
per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 44
(2010) 241-302.
68 Ernesto DIACO
3.2. Parole e azioni del Papa “venuto dalla fine del mondo”
Quando la fumata bianca annuncia l’elezione del cardinale Jorge Mario Ber-
goglio al soglio di Pietro, il 13 marzo 2013, l’iter verso il convegno di Firenze è già
CEI – Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, Invito al Convegno, 247.
18
Idem, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno
19
impostato a grandi linee. Ciò non impedisce di accogliere fin dalle prime fasi lo stile
e il linguaggio del nuovo papa. Da parte sua, Francesco approfitta degli incontri con
l’episcopato italiano per invitare al coraggio e alla concretezza. Intervenendo all’As-
semblea generale della CEI, il 19 maggio 2014, condensa in poche battute le sue attese.
«Il discernimento comunitario – chiede il pontefice – sia l’anima del percorso di pre-
parazione al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel prossimo anno: aiuti, per
favore, a non fermarsi sul piano – pur nobile – delle idee, ma inforchi occhiali capaci
di cogliere e comprendere la realtà e, quindi, strade per governarla, mirando a rendere
più giusta e fraterna la comunità degli uomini».21
Poco prima Francesco aveva accennato alla difficile situazione del mondo con-
temporaneo, elencando fra i punti problematici tutti i principali temi del suo magistero
sociale: la lotta all’esclusione, un modello di sviluppo attento al creato, l’ingiusta di-
vinizzazione del profitto, il bisogno di speranza e di misericordia che sale dal pianeta.
Il linguaggio e lo stile di papa Francesco sono entrati a pieno titolo nel vo-
cabolario del convegno: lo dimostrano, tra l’altro, le cinque azioni scelte come im-
pianto attorno a cui articolare la riflessione previa e gli stessi lavori di gruppo a
Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Si tratta di verbi ampia-
mente presenti nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, che immediatamente
rimandano all’insistenza del papa sull’estroversione ecclesiale e l’immersione nelle
problematiche del nostro tempo, in amorevole vicinanza alle persone.
21
Discorso del Santo Padre Francesco alla 66ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale
Italiana (Roma, 19-22 maggio 2014), in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 48 (2014) 154.
70 Ernesto DIACO
Così, nel maggio 2013, il Comunicato finale dell’assemblea generale dei vescovi
italiani riassumeva la scelta del “nuovo umanesimo” cristiano come prospettiva tematica
del convegno ecclesiale di metà decennio. Con parole simili, il Consiglio permanente
della CEI, qualche mese prima, aveva raccomandato «che venga evidenziata la natura
cristiana dell’umanesimo, a dire quanto il Cristianesimo sia indispensabile per la storia,
la cultura e l’attualità del Paese, e come l’erosione di tali radici comprometta la base su
cui è fondata la comunità nazionale».23 L’attenzione per l’uomo e la sua progettualità
sociale e culturale – proseguiva la sintesi dei lavori – trova giustificazione «nella consa-
pevolezza di essere, come credenti, portatori di una parola decisiva circa l’umano, quindi
la libertà, la responsabilità e le relazioni, vissute in chiave trinitaria: con l’Apostolo, i
Vescovi annunciano che “se uno è in Cristo, è una nuova creatura” (2Cor 5,17)».24
22
CEI, Comunicato finale della 65ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana
(Roma, 20-24 maggio 2013), in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 47 (2013) 134.
23
CEI, Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 24-27 settembre 2012),
in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 46 (2012) 214.
24
Ibidem.
La Chiesa italiana a Firenze: l’umanesimo della prossimità 71
25
Cfr. A. Fabris – C. Giaccardi – S. Morandini – F. Scarsato, Le beatitudini. Vangelo del nuovo
umanesimo, Messaggero, Padova 2015.
26
Cfr. P. Gentili, Il giardino del principio. Cinque vie per un nuovo umanesimo in famiglia, Città
Nuova, Roma 2015.
27
Cfr. A. Scola, Un nuovo umanesimo. Per Milano e le terre ambrosiane, Centro Ambrosiano, Milano 2014.
28
Cfr. V. Bertolone, I care humanum. Passare la fiaccola della nuova umanità, Rubbettino, Sove-
ria Mannelli 2014.
29
Ibidem, 20.
30
G. Savagnone, Quel che resta dell’uomo. È davvero possibile un nuovo umanesimo?, Cittadella,
Assisi 2015.
31
Ibidem, 175.
72 Ernesto DIACO
Ecco perché il convegno ecclesiale di Firenze, che si celebra tra la fine del
Sinodo sulla famiglia e l’inizio del Giubileo straordinario, può trovare nell’anno
santo della misericordia il primo banco di prova del “nuovo umanesimo” invocato
e un’occasione per costruire ponti, vie di comunicazione, inediti terreni di incontro.
32
Paolo VI, Omelia nella 9ª sessione pubblica, 7 dicembre 1965, in: EV, 1, 303.
33
Ibidem.
34
K. Appel, Apprezzare la morte. Cristianesimo e nuovo umanesimo, Dehoniane, Bologna 2015, 9.
ITINERARIUM
RIVISTA MULTIDISCIPLINARE
DELL’ISTITUTO TEOLOGICO “SAN TOMMASO”
MESSINA – Italy
61
Anno 23 - 2015/3
Indice
Editoriale
Cassaro Giuseppe Carlo, La misericordia: potenza che trasforma il mondo . . 11
Laboratorio di Bioetica
Suaudeau Jacques, Cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs). Prima parte . . . 85
Miscellanea
Conte Nunzio, «Scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1b).
Abilità e qualità dell’omileta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
Mursia Antonio, «Ad effectum costruendi conventum cappuccinorum».
Alcune note sulla fondazione del convento dell’Immacolata Concezione
di Adrano (1608-1668) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
Discussioni
Gensabella Furnari Marianna, La bellezza che salva.
A proposito di un recente saggio di Nunziella Scopelliti . . . . . . . . . . . 155
Biblioteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
Cineteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
Libri pervenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
Collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Sezione Monografica
Ogni uomo può sentire l’amore di Dio nei suoi riguardi e può intravedere la
Sua presenza negli altri e nella realtà circostante. Tutta la bellezza che ci circonda
rispecchia quella divina ma a volte siamo anche sgomenti davanti al Mistero che ci
presenta la vita. Ecco cosa accade quando nella vita siamo visitati dalla disabilità:
il senso di impotenza ci attanaglia e non si vede la luce per uscire dalla situazione.
La Chiesa, fin dalle sue origini, ha invece cercato di leggere questa realtà come un
segno di Amore senza misura, dove adorare il Mistero che apre quella corale liturgia
di quella bellezza, che sola, salverà il mondo.1
In tale logica, s’inserisce l’intervento dei Vescovi nell’Instrumentum laboris
per il Sinodo sulla famiglia:
«Uno sguardo speciale occorre rivolgere alle famiglie delle persone con disabilità, in
cui l’handicap, che irrompe improvvisamente nella vita, genera una sfida, profonda e
inattesa, e sconvolge gli equilibri, i desideri, le aspettative. Ciò determina emozioni
contrastanti da gestire ed elaborare, mentre impone compiti, urgenze e bisogni nuo-
vi, ruoli e responsabilità differenti. L’immagine familiare e l’intero suo ciclo vitale
vengono profondamente turbati. Tuttavia, la famiglia potrà scoprire, insieme alla co-
munità cristiana a cui appartiene, diverse abilità, competenze impreviste, nuovi gesti
e linguaggi, forme di comprensione e di identità, nel lungo e difficile cammino di ac-
coglienza e cura del mistero della fragilità. Tale processo, di per sé straordinariamente
complesso, diventa ancor più faticoso in quelle società in cui sopravvivono forme im-
pietose di stigma e di pregiudizio, che impediscono l’incontro fecondo con la disabilita
e l’emergere della solidarietà e dell’accompagnamento comunitario. Un incontro che
in realtà può costituire, per ciascuno e per la comunità intera, un’occasione preziosa
di crescita nella giustizia, nell’amore e nella difesa del valore di ogni vita umana, a
partire dal riconoscimento di un profondo senso di comunanza nella vulnerabilità. È
da augurarsi che, in una comunità ecclesiale che viva la sua dimensione di Noi, la fa-
miglia e la persona con bisogni speciali non si sentano sole e scartate, ma sia dato loro
di trovare sollievo e sostegno, specialmente quando le energie e le risorse familiari
vengono meno. A questo proposito, va considerata la sfida cosiddetta del “dopo di
noi”: pensiamo alle situazioni familiari di povertà e solitudine, o al recente fenomeno
per cui, nelle società economicamente più avanzate, l’allungarsi dell’aspettativa di
*
Responsabile del Settore “Catechesi delle persone disabili” dell’Ufficio Catechistico Nazionale.
1
Cfr. A.M. C anopi , La liturgia della Bellezza, Messaggero, Padova 2009.
74 Veronica Amata DONATELLO
vita consentirà alle persone con disabilita di sopravvivere, con alta probabilità, ai loro
genitori. Se la famiglia riesce ad accettare con occhi di fede la presenza nel suo seno
di persone con disabilita, essa potrà anche aiutarli a non vivere il proprio handicap
soltanto come un limite e a riconoscere il proprio differente e originale valore. Potrà
così essere garantita, difesa e valorizzata la qualità possibile di ogni vita, individuale
e familiare, con i suoi bisogni, con il suo diritto a pari dignità e opportunità, a servizi e
cure, a compagnia ed affettivi, a spiritualità, bellezza e pienezza di senso, in ogni fase
della vita, dal concepimento all’invecchiamento e alla fine naturale».2
Nel linguaggio della gente comune, per strada, sui mezzi pubblici, in parroc-
chia, sovente sentiamo espressioni di questo tipo: oggi è arrivato in classe un ragaz-
zo autistico… a Maria è nato un figlio down e meno male che non è successo a noi…
quest’anno si sono iscritti tre ragazzi disabili. Spesso la persona disabile e la sua
famiglia vengono stigmatizzati con i termini della loro disabilità come, ad esempio,
“down”, “spastico”, “handicappato”, “muto” o “ritardato”. L’accento per identificare
la persona, viene posto sull’aspetto deficitario e sulle categorie a cui appartiene, evi-
denziando il limite che si trasforma in realtà ghettizzante. Ciò porta subito a pensare
queste persone in modo pietistico e assistenziale per le loro problematiche di autono-
mia e spingono la comunità ad attivare soluzioni “ai problemi” perché turbata da una
certa idea di “normalità”. In tal modo, però ci si dimentica che il disabile è invece, e
innanzitutto, una persona e come tale va riconosciuto ed accolto.
Il concetto di persona con disabilità in Incontriamo Gesù,3 in linea con l’ap-
proccio scientifico e pedagogico,4 vuole evidenziare non i deficit e gli handicap che
rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto
inserito in un continuum multidimensionale. Infatti, chiunque potrebbe imbattersi in
un contesto ambientale precario che gli possa causare qualche disabilità. Pensiamo
ad una persona che abbia qualche difficoltà: ha poca importanza se la causa del suo
disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale; ciò che è necessario è cambiare il
contesto sociale in cui vive intervenendo con la costruzione di reti di aiuto significa-
tive che riducano le difficoltà.
La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psi-
chico, ma è una condizione di vita che va oltre la limitazione, che supera le barriere
mentali ed architettoniche. La disabilità, potremmo affermare, è una condizione uni-
versale di vita in cui tutti siamo chiamati a vivere temporaneamente. È fondamentale
2
Sinodo dei Vescovi, La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo con-
temporaneo. Instrumentum laboris della XIV Assemblea generale ordinaria, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2015, 21-23.
3
Cfr. Conferenza Episcopale Italiana (=CEI), Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e
la catechesi in Italia, 29 giugno 2014, 17. 41. 54. 56. 67. 71-72. 88. 93, in: “Notiziario della Conferenza
Episcopale Italiana” 48 (2014) 216-218. 239-240. 251-254. 264. 267-268. 278-280. 282.
4
Organizzazione Mondiale della Sanità - International Classification of Functioning, Disability
and Health.
Guardando all’altro mi scopro onni-debole anch’io… 75
valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui perché il contesto sociale
e lavorativo, unitamente alla famiglia, potrebbe influenzare lo stato di salute, dimi-
nuire le capacità di svolgere le mansioni che vengono richieste e porre di conseguen-
za la persona in una situazione di difficoltà.
L’importanza dell’utilizzo di uno strumento, come ICF_CY, che rivisita la
terminologia “persona disabile”, è basilare, in quanto aiuta a impostare progettazio-
ni nuove in tal senso.5 Anche per la comunità cristiana il temine “persona” è assai
familiare perché rimanda a guardare l’altro come fratello e ricorda l’origine comune
dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio.6
Nel Vangelo, l’idea di normalità è lo stile di Cristo che diventa pluralità di dif-
ferenze, non uniformità fissa definita attraverso standard, medie e misurazioni stati-
stiche. È evidente in tutto l’annuncio evangelico che l’inclusione implica un radicale
insieme di cambiamenti che spingono a trasformare la struttura educativa delle rela-
zioni e avviano percorsi di “buone prassi”. Pensiamo all’episodio del cieco di Gerico
che, a differenza dei Farisei, da “cieco”, passa da un’ignoranza sulla condizione di
Gesù alla Sua piena conoscenza. Questo è il paradosso: il cieco diventa discepolo.
Gesù lo proietta verso un futuro luminoso e sempre in compagnia, sottraendolo così
alla schiavitù dell’isolamento e inviandolo alla comunità.
Pertanto, oggi è più che mai urgente il bisogno di rivedere e superare dentro
gli ambienti educativi e pastorali, le attuali prospettive epistemologiche, le teorie e i
linguaggi che si basano sulle abilità e che leggono le persone in termini di deficit, di
mancanze, di bisogno. Occorre un’azione pastorale con una vera attenzione alla per-
sona in cui la proposta inclusiva è quella di applicare questo metodo, valido non solo
in ambito scolastico, poiché la categoria dell’inclusione si rivolge a tutti, fondandosi
sull’epistemologia delle differenze.7
Infatti, una società, una comunità ecclesiale, un ambiente inclusivo, richiede
continuamente di riflettere su un nuovo modo di pensare per imparare a vivere con
l’altro avendo delle relazioni significative e di pensare e avere modi di porsi alternativi
rispetto al modello prevalentemente acquisito. È un invito a ragionare per differenze
e non significa negare la realtà della disabilità ma sollecitare a comprendere che la
persona ha bisogno di essere sempre riconosciuta e sostenuta anche nella sua disabilità
e deve poter trovare ambienti inclusivi che sappiano promuovere le sue capabilities.
Negli anni passati, per i disabili, si è corso il rischio di creare ambienti protetti
e non inclusivi chiamandoli “speciali” per le difficoltà che insorgevano a causa del
deficit. Quest’attenzione esclusiva e non inclusiva ha imprigionato la persona disa-
5
Si utilizza ICF-CY proprio perché ben si collega con il costrutto dell’inclusione in particolare
nella fascia d’età 0-16 anni, assumendo un significato che va oltre la scuola e che «invade tutte le sfere
vitali e sociali, i luoghi concettuali e quelli spaziali, per diventare processo culturale e mentale e non
solo un intervento organizzativo»: R.C. P upulin , Introduzione alla Pedagogia Speciale, Cleup, Pado-
va 2001, 128.
6
Cfr. CEI, Incontriamo Gesù, 10, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” 48 (2014)
211-212.
7
Cfr. C. G iorgini , Integrare i disabili nel mondo del lavoro. Problemi culturali, fonti giuridiche,
ostacoli sociali, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2010, 68.
76 Veronica Amata DONATELLO
bile, l’ha categorizzata, spogliandola del suo essere “altro”. In realtà, frequentare
classi speciali e gruppi di catechesi speciali non aiuta nessuno nell’autostima perché
la persona si sente inferiore. Piuttosto partecipare ad un incontro insieme agli altri,
aiuta nel processo di compensazione. È ormai noto che la disabilità è un fenomeno
sociale, storico e culturale che deve tener conto da un lato dello sviluppo sociale,
dall’altro dell’inclusione e del processo di compensazione che mette in atto un ra-
gazzo disabile in un contesto normale. In questo campo, la pedagogia speciale, le
scienze dell’educazione e l’apporto delle scienze inclusive, possono essere di aiuto
e sostegno, «tendendo a costruire dei ponti, concepire l’educazione prima di tutto
come un modo di pensare altro e se stessi, e promuovere una teoria della cosiddetta
“umanitudine” con la mediazione del sapere».8
Attorno alla persona disabile vi sono vari volti, il volto dei familiari, il volto
dell’educatore, del terapista. L’educatore, l’accompagnatore, il catechista deve sem-
pre ricordare che, come ha affermato il filosofo ebreo Martin Buber, «per poter an-
dare verso l’altro occorre essere consapevoli di un punto di partenza. Occorre essere
stati, essere, presso di sé».9
Sappiamo bene che l’educazione prende corpo nel volto dell’educatore, che
svolge il servizio prioritario di aiutare a costruire relazioni stabili, di formare all’o-
blatività, di aiutare nella conoscenza delle proprie potenzialità, e nella formazione
di una sana autonomia. Ma per far questo è necessario che l’educatore, proprio per
accogliere profondamente l’altro, abbia un’identità soggettiva e personale ben strut-
turata, sappia vivere una relazione asimmetrica per generare l’altro alla vita adulta.
L’io e il tu si appartengono ma non si fondono, è importante avere una propen-
sione comunicativa, un atteggiamento empatico, essere in-formazione, saper gestire
la tonalità affettiva della relazione, in quanto lo scarso equilibrio psicologico dell’e-
ducatore rischia di mettere in seria discussione il cammino dell’educando. Un edu-
catore è chiamato ad educarsi mentre educa, ad essere testimone credibile ed umile
dei valori, delle idee, delle esperienze che tessono il senso dello stare nel mondo; un
educatore che abita se stesso, è capace di guardare l’altro cogliendone l’unicità, la
singolarità, con uno sguardo che è relazione, interesse, cura, che va oltre l’approccio
fenomenologico e sa cogliere lo sviluppo possibile partendo dalla realtà. Occorre
abitare presso di sé, avere un’identità certa per evitare il burn-out, l’assistenzialismo,
il pietismo per evitare condizionamenti all’interno di un processo formativo e soprat-
tutto rischia di non permettere alla persona disabile di vivere in comunità da adulto,
ma di avere una relazione duale solo con l’educatore.
Il volto è un nuovo modo di guardare l’uomo che sconvolge gli abituali riferimenti
di senso, costringe ad uscire da sé, produce un’etica diversa, una pedagogia in cui si ap-
8
C. G ardou , Diversità, vulnerabilità e handicap. Per una nuova cultura della disabilità, Erickson,
Trento 2005, 170.
9
M. B uber , Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Bose 2000, 199.
Guardando all’altro mi scopro onni-debole anch’io… 77
prende e si insegna a guardare il volto. Oggi nella nostra società soggettiva questa è una
cultura nuova, che ci invita a formare persone che siano in grado di guardarsi.
Nel suo saggio “Io e Tu” Buber riconosce come fatto fondamentale dell’esi-
stenza che l’uomo è “l’uomo-con–l’uomo”: è infatti questa relazione che fa dell’uo-
mo un uomo.10 L’Io soggetto deve riconoscere nell’altro se stesso – l’Uomo – e apri-
re una breccia verso l’altro perché l’incontro possa essere motivo di trasformazione.
L’esistenza autentica si costruisce attraverso il dialogo, che per Buber è il fulcro su
cui si fonda l’incontro ed è la base di tutte le dinamiche della relazione educativa.
È una critica al soggettivismo, in quanto non si può riconoscere la propria esistenza
senza l’altro.
Educazione è accogliere il mondo dell’interiorità dell’uomo in un’esperienza
di reciprocità. Educare è un modo di accogliere un desiderio dell’altro che non sia
né possesso, né strumentalizzazione. Il compito educativo è formare gente che nei
nostri contesti, sappia accogliere e accettare l’invito che si presenta all’uomo nel
volto di un’altra creatura.
Secondo Paul Ricoeur, vi è un’etica della reciprocità che passa attraverso tre
momenti, la stima di sé, la cura dell’altro e il desiderio di vivere insieme situazioni
giuste. Per questo è importante nella dinamica educativa educare a raccontare e a
raccontarsi, mettendo in atto le modalità dell’ascolto empatico, che rappresenta una
condizione privilegiata da offrire ad ogni persona, per potersi conoscere e compren-
dere, dato che «l’io è percepibile attraverso l’interpretazione delle tracce che lascia
nel mondo».11 Ricoeur parla di «uomo parlante, uomo agente, uomo narratore e,
infine, uomo responsabile».12
Questi quattro aspetti rappresentano le quattro dimensioni della persona, o
meglio i quattro modi attraverso i quali riesce ad esprimersi e a divenire: parlare,
agire, narrare e farsi responsabile. Tutto il processo educativo, d’altronde, è incen-
trato in queste quattro dimensioni: suscitare il parlare, sollecitare e spronare l’agire,
sviluppare e assecondare il raccontare – attraverso la rappresentazione di sentimenti
e pensieri – e, a completamento del divenire persone adulte, incoraggiare l’attivazio-
ne dei vari modi del farsi responsabili rispetto alla propria vita e a quella degli altri.
Ci si costituisce persona, attraverso la relazionalità. Educare al senso dell’al-
tro pertanto, rappresenta la maggiore opportunità per la piena attuazione della per-
sona. In tale prospettiva la sollecitudine verso l’altro ed il senso della reciprocità
rappresentano le due modalità privilegiate per attivare un’autentica relazione con
l’altro. Si tratta di trasformare l’altro che ci sta davanti senza volto in un possibile
«ciascuno» da incontrare e con cui poter attivare una relazione autentica ancor più
10
Idem, Io e tu, in: Idem, Il principio dialogico e altri saggi, Edizioni di Comunità, Milano 1983,
9-10, 57-58.
11
P. Ricoeur, Tempo e racconto. Volume 3. Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano 1998, 379.
12
Idem, La Persona, Morcelliana, Brescia 1998, 39.
78 Veronica Amata DONATELLO
13
Cfr. C. R. R ogers , Un modo di essere. I più recenti pensieri dell’autore su una concezione di
vita centrata - sulla - persona, Giunti, Firenze 2001.
14
S. Curci, Pedagogia del volto. Educare dopo Lévinas, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2002, 109.
Guardando all’altro mi scopro onni-debole anch’io… 79
interdipendenza con altri sistemi sociali più ampi, non può accontentarsi di inter-
venti mirati unicamente in ambito terapeutico, ma deve cercare un nuovo approccio:
empowerment psicologico, la self-advocacy, lo sviluppo di iniziative di mutualità.15
Ogni vita è inserita, con la sua venuta nel mondo, nella storia della sua fami-
glia, in un certo contesto socio culturale ed economico. La famiglia che ha un figlio
con disabilità è una “famiglia disabile”. La nascita di un bambino disabile comporta
un terremoto all’interno del nucleo familiare, sia nelle relazioni tra i coniugi sia in
quelle tra i genitori e gli altri figli, ove ne siano. Cambia lo stile di vita della fami-
glia, della coppia, delle relazioni con la società, con la famiglia allargata. Anche dal
punto di vista economico, un figlio disabile spesso condiziona attività, tempo, pre-
occupazioni quotidiane e porta stress e tensione ai familiari. La famiglia vive un’ac-
celerazione della vita nell’aspetto comunicativo, in quanto il bambino richiede delle
decisioni da prendere in breve. Alcune famiglie riescono a salvaguardare il nucleo
familiare vivendo serenamente la situazione ma con il rischio di negare la sofferenza
e la rabbia. Un passaggio avviene quando i genitori riescono ad attribuire valori sani
all’accaduto, realizzando un’integrazione nella società e una cooperazione. Infatti
pur rimanendo la famiglia come sorgente della significazione per il ragazzo, anche le
alleanze esterne sono importanti.
È importante il rapporto tra la famiglia e la comunità, intesa come paren-
ti, amici, operatori sociali, assistenti, educatori, professori, coetanei. Queste buone
alleanze sono utili per l’equilibrio della coppia. Infatti un tipo di sostegno ritenuto
necessario nei primi anni di vita del bambino disabile è il parent training, percorso
che «ha lo scopo di stimolare cambiamenti nella funzione educativa […] tramite
strumenti quali l’informazione e la formazione. In particolare si tende a trasmettere
ai genitori una cultura educativa di base».16
È importante tutto ciò per evitare, come spesso accade, che le famiglie del-
le persone disabili corrano il rischio di un isolamento. I genitori, condividendo la
quotidianità con i disabili, pur non possedendo un sapere scientifico, sono i primi
protagonisti dell’educazione dei loro figli, dotati di un “sapere genitoriale” ed espe-
rienziale insostituibile. Occorre dunque sostenerli e soprattutto valutarli all’interno
di un cammino progettuale del quale dovranno far parte anche fratelli o sorelle della
persona disabile. Infatti sebbene non possiamo paragonare lo stesso dolore di un ge-
nitore con quello dei fratelli, è altrettanto vero che quest’ultimo non può non essere
considerato.
L’arrivo della persona disabile e della sua famiglia in parrocchia può essere
riconosciuto come una vera e propria “visita”, al pari di quella dell’Angelo a Na-
zareth: è un’irruzione nella storia della comunità che chiede accoglienza e ascolto,
esortando a prendersi cura dell’altro e scardina ogni progetto precostituito.
E giacché la Chiesa è chiamata a fare da supporto alla famiglia innanzitutto
con l’accoglienza, la cura e il sostegno continuo, sarebbe auspicabile - all’interno dei
15
Cfr. D. I anes , Progetto di vita e famiglia alla luce dell’ICF/OMS, in: M. Pavone (ed.), Famiglia
e progetto di vita. Crescere un figlio disabile dalla nascita alla vita adulta, Erickson, Trento 2009, 166.
16
M. M anetti – M. Z anobini – M.C. U sai , La famiglia di fronte alla disabilità. Stress, risorse
e sostegni, Erickson, Trento 2002, 160.
80 Veronica Amata DONATELLO
17
Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo
attuale, 24 novembre 2013, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, 209.
18
Cfr. A. C anevaro – C. B alzaretti – G. R igon , Pedagogia speciale dell’integrazione. Handi-
cap: conoscere e accompagnare, La Nuova Italia, Firenze 1997.
Guardando all’altro mi scopro onni-debole anch’io… 81
aspetti della vita e l’abbondanza delle sue forme».19 Questa è l’unica via per non con-
tinuare a stigmatizzare le persone disabili, alimentando pietismo e senso di inferiori-
tà, affinché la loro presenza conferisca una nuova pienezza alla società e all’altro. Se
alla persona disabile non è permesso di riconoscersi come persona senza etichetta,
come potrà progettare la sua vita? Il progetto avviene all’interno della comunità. Se
i progetti nella società, avviati per e con loro, appaiono illusori è perché la realtà è
amputante. Ci arriva conferma di ciò dalle persone disabili che hanno progettato la
loro vita e hanno aiutato la società: Beethoven era sordo, Braille cieco, Roosevelt
paraplegico etc. Si ritiene che quando la disabilità non è grave, ognuno deve essere
in grado di poter scegliere il suo progetto di vita e in questo tutti sono partecipi. I
compagni di viaggio non hanno rapporti up-down, ma insieme decidono e insieme
vivono l’esperienza. Per gli educatori cui è richiesto di lavorare in un ambito speci-
fico è più facile progettare, scegliendo degli obiettivi orientati alla vita adulta e usare
delle modalità adulte per far apprendere gli obiettivi.
Secondo quanto ci ricorda la prospettiva dell’ICF, la persona è il risultato di
varie realtà. Non ci sono scuse, ma solo il coraggio di osare. Questo sarà possibi-
le se ci sarà un’azione collettiva tra soggetto, famiglia, compagni di classe/lavoro,
amici, vicinato, associazioni e gruppi e operatori sociali: «Un progetto di vita non
può essere dunque il prodotto di un’ottica individualistica (ce la posso fare da solo)
[…] è invece un’impresa collettiva, con a capo proprio il soggetto con disabilità, nel
contesto della sua famiglia».20
19
C. G ardou , Diversità, vulnerabilità e handicap, 22.
20
D. I anes , Progetto di vita e famiglia alla luce dell’ICF/OMS, 187.
21
Cfr. F. D ovigo , Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica degli alunni con bisogni
educativi speciali, Erickson, Trento 2007, 7-42.
22
M. P avone , Dall’esclusione all’inclusione. Lo sguardo della pedagogia speciale, Mondadori
Università, Milano 2010, 142.
82 Veronica Amata DONATELLO
in particolare ICF-CY, l’obiettivo prefissato è stato quello di fornire delle linee me-
todologiche ed organizzative che possano mettere in dialogo le diverse realtà che si
muovono intorno alla persona disabile, spostando il focus dall’assistenzialismo e da
una visione esclusiva e speciale alla disabilità. Per favorire l’inclusione – oltre, chia-
ramente, alla necessità di occuparsi dello stato di salute della persona - occorre tener
conto dell’interazione tra la persona disabile e il contesto di vita (famiglia, scuola, la-
voro, parrocchia, oratorio, tempo libero) anche attraverso la rimozione delle barriere
e la promozione di facilitatori: un insieme di attenzioni, dunque, che rappresentano
la premessa ad un cambiamento culturale e che, al tempo stesso, sottolinea i bisogni
reali e le attese che dovranno entrare a far parte di un progetto di vita alla cui pro-
grammazione dovrà prendere parte in prima persona lo stesso disabile. Allontanato
lo sguardo miope, fermo cioè sui limiti del ragazzo, questa nuova visione aiuta inve-
ce a porsi domande, a elaborare e modificare l’ambiente intorno, e a porre in risalto
le potenzialità dell’inclusione, realizzabile attraverso strategie educative, utilizzando
il CL, progettando il parent training nelle realtà locali, ricorrendo alle nuove tecno-
logie, lavorando in rete, creando sussidi pedagogici di sostegno e lasciandosi provo-
care dalle inaspettate risorse del disabile.
Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes. Costituzione dogmatica sulla Chiesa nel mondo contem-
23
coinvolti nella sua umanità, significa arrivare al Golgota e scorgere raggi luminosi
anche là dove tutto parla di arresa, stanchezza, fallimento. «Uno sguardo grato vede
diversamente, vede anche l’invisibile, perché potenziato dall’amore».24
Conclusione
24
CEI – Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, In Gesù Cristo il nuovo
umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, 9 novembre 2014,
Paoline, Milano 2014, Presentazione.
25
Cfr. CEI, Incontriamo Gesù, 17. 26. 46. 73, in: “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana”
48 (2014) 216-218. 225-226. 242-243. 268-269.
26
R. G uardini , La figura di Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, Morcelliana, Brescia 2000, 118.