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INTELLIGENCE &
e relazioni internazionali
La prima rivista italiana di intelligence
Intelligence & Storia Top Secret Direttore responsabile
Vittorio Di Cesare
in redazione
Chiarastella Cirielli
Redazione
Centro Studi John Nicholas Harris
Via Lidice, 18
40139 Bologna
051 450889
intelligence2004@libero.it
INDICE
EDITORIALE DOSSIER STORIA
13
La pietra dello scandalo DOSSIER MEDIA
a cura di Chiarastella CIRIELLI
17
Master in Intelligence 123
Syriana
37 Giancarlo BOVE
Modelli informativi e decisionali
55 E. DUPUY H. WEILL
Libertà, eguaglianza… trasparen-
za
61 L. RAJOLA PESCARINI
Se l’intelligence fa CRASH
DOSSIER SECURITY
a cura di L. Rajola PESCARINI
69
L’Executive Protection Program
83
Intelligence dalle fondamenta
Editoriale 9
EDITORIALE
Torniamo a vedere la luce in un’epoca di ombre che si addensano in attesa
di essere fugate dal buon senso e dall’intelligenza
Vittorio Di Cesare
L
a vita continua. Rinnovati in format e contenuti, ma sempre
più che mai indipendenti nella pluralità delle collaborazioni,
«Intelligence & Storia Top Secret» esce nuovamente alla luce.
Da ogni esperienza precedente abbiamo imparato a trovare nuove for-
me di comunicazione più adatta alle esigenze del nostro pubblico che
ormai ci segue da quattro anni, da quando ebbi l’idea di iniziare questo
viaggio nell’attualità e nella storia per capire gli avvenimenti con gli
strumenti dell’intelligence, della criminologia, dell’analisi. Un lavoro
difficile, specie se si considera la “laicità” di «Intelligence & Storia Top
Secret», un palinsesto che vive senza spinte e pressioni di nessun tipo,
guidato soltanto dalla serenità di giudizio e dalla moderazione, median-
do tra informazione giornalistica, accademica e istituzionale. È grazie
ai consigli dei nostri lettori che rinnoviamo anche il format, più piccolo,
con più pagine, più agevole da leggere e conservare.
Dunque edizione nuova vita nuova. Abbiamo internazionalizzato
di più i contenuti spaziando su temi che coinvolgono l’intelligence,
la criminologia, la security. Argomenti ogni giorno portati alla ribalta
dalla cronaca, da quando si convive con il terrorismo, la violenza. La
quotidianità del “male” è nei fondamentalismi religiosi e politici, nel-
l’attività della criminalità organizzata che si fa imprenditrice, acquista
immobili ed interi quartieri, si allea alle mafie internazionali, traffica
in uomini e droga con la disinvoltura di chi non ha niente da temere
dalla legge. L’attacco alla società che crede nei valori della democrazia
arriva da più fronti. «Nella corruzione democratica - ha scritto Bernard
Lewis - si fanno soldi nei mercati e si usano per comprare il potere;
nella corruzione mediorientale ci si impadronisce del potere e lo si usa
per fare soldi.»1
Non accorgersi di questa realtà e misconoscere, invece, il lavoro di
quei Servizi di Stato che ogni giorno combattono questa guerra sco-
nosciuta diventa a sua volta un crimine, si diviene sostenitori indiretti
dell’illegalità tollerando chi delinque piuttosto che cercare di capire
l’attività di chi cerca di arginare la delinquenza. Il nostro mensile torne-
rà a parlare di come si svolge questa guerra condotta per destabilizzare,
dissociare, colpire il sistema. Parleremo naturalmente anche della Storia
vista dalla parte delle azioni segrete che l’hanno determinata, per capire
gli errori commessi o le vittorie della ragione e dell’intelligenza sulla
10 Intelligence & Storia Top Secret
brutalità della guerra e della violenza. Al quinto anno dalla sua fonda-
zione questa rivista prosegue dunque nel suo lavoro di osservatorio de-
gli eventi più salienti dell’attualità e della storia, attraverso la dettagliata
analisi di fatti, documenti e testimonianze. Il mensile si avvale di quali-
ficati collaboratori italiani e stranieri esperti nel settore dell’intelligen-
ce e della sicurezza, ed ha il fine di riportare i fatti nella loro essenza,
senza abbracciare ideologie, o schierarsi politicamente. Una voce libera
che si propone di far conoscere ai lettori argomenti poco trattati dalla
pubblicistica generica. Attraverso lo studio di documenti declassificati,
la testata cercherà di interpretare nella maniera più corretta ed esaustiva
l’attualità e la storia che si svolge dietro alle quinte.
«Intelligence & storia top secret» è un prodotto editoriale che oggi
si rivolge ad un pubblico interessato e maturo che, al di là delle proprie
convinzioni politiche, o religiose, non si accontenta delle sole notizie
d’agenzia, ma desidera comprendere i meccanismi che muovono i con-
trasti politici, religiosi ed economici che da sempre caratterizzano il
divenire della Storia.
1
B. LEWIS, La rivoluzione democratica contro il terrorismo, Monda-
tori, Milano 2005, p. 33.
DOSSIER ATTUALITA'
Dal mondo 13
DOSSIER ATTUALITA'
Dai tempi della guerra fredda non si parlava più di spie e spionaggio
occidentale nel cuore del Cremlino. Qualcosa sta cambiando. E spuntano
pietre con le “orecchie”
I
l Cremlino lancia una pietra
al governo del Regno Uni-
to. L’FSB, i servizi del con-
trospionaggio russo, hanno accu-
sato quattro diplomatici britannici
e una ONG (un’organizzazione non
governativa di Mosca che difende
i diritti dell’uomo) di aver organiz-
zato una rete di spionaggio in vero
stile James Bond. È quanto emerge
da un articolo del “Financial Ti-
mes” riprendendo una notizia data
da un’emittente televisiva mosco-
vita in cui si accusano i diploma-
tici britannici di aver utilizzato un
trasmettitore radio, dissimulato in
una finta pietra posta in un prato di
Mosca. La notizia riapre il clima
da guerra fredda. Il ministero del
Foreign Office si è detto sorpreso,
infatti, e preoccupato da questa
vicenda sulla quale il primo mi-
nistro Tony Blair ha preferito non
esprimersi.
Tutto ha avuto inizio con la
diffusione di un cortometraggio
girato dal servizio stampa dell’FSB,
mandato in onda domenica 22
gennaio dalla televisione russa. Il
giornale moscovita “Kommersant”
DOSSIER ATTUALITA'
miliare” del raffreddamento delle relazioni tra Mosca e l’Occidente.
Il controllo della maggior parte del flusso energetico instradato verso
l’Europa e gl’indiscutibili aiuti all’industria atomica dell’Iran hanno
posto la Russia al centro delle preoccupazioni dei governi europei, che
a questa grande nazione sono legati con veri e propri cordoni ombelicali
energetici.
Il flusso di gas prodotto dalla Gazprom, la più grande società russa
produttrice di gas nel mondo, ha chiuso più volte le forniture durante
il braccio di ferro commerciale con l’Ucraina sul prezzo del combusti-
bile.
Dietro questa manovra economica, qualcuno vede la mano del
Cremlino, teso a primeggiare nel confronto con l’Occidente per il con-
trollo delle risorse energetiche strategiche. Naturalmente il premier rus-
so Putin ha smentito più volte l’esistenza di questi piani, sostenendo che
la potenza della nuova Russia starebbe, ancora una volta, nelle sue armi
balistiche a lunga gittata, missili intercontinentali di nuova tecnologia
che neppure gli Usa posseggono.
Tranne il presidente francese Jacques Chirac, nessun altro politico
occidentale, ha sostenuto Putin, avrebbe mai visto queste superpotenti
armi di distruzione di massa sulle quali si baserebbe la nuova strategia
degli equilibri dell’ex “orso” sovietico.
Sempre una rete televisiva russa ha mandato in onda un altro servi-
zio nel quale si dice chiaramente che il governo sta aiutando l’Iran nella
sua corsa alla produzione nucleare, mettendo un’altra pulce nell’orec-
chio dell’Occidente.
La questione della “pietra elettronica” mostra un altro cambiamento.
L’FSB (successore del KGB), nel denunciare l’operazione di reclutamen-
to effettuato da agenti segreti stranieri per finanziare le ONG russe, fa
scoprire l’esistenza di enti che non sarebbero certo esistiti ai tempi del
regime comunista, ma che oggi sono comunque avversati con la ca-
lunnia. Il Cremlino ha appena varato una legge che scredita le attività
delle associazioni che ricevono fondi stranieri. Segno della volontà di
16 Intelligence & Storia Top Secret
MASTER IN INTELLIGENCE
DOSSIER ATTUALITA'
All’Università di L’Aquila è in programma per l’anno accademico in corso
un Master di I Livello in Intelligence
L’
Università degli Studi di L’Aquila istituisce ed attiva, su pro-
posta della Facoltà di Scienze della Formazione un Master
di I livello in “Intelligence”, nell’anno accademico 2005/
2006. Il Master ha una durata annuale e consente il conseguimento di
60 crediti formativi universitari. L’intelligence è stata considerata, fra
l’altro, come un’ azione finalizzata al reperimento delle informazioni
necessarie per il processo decisionale. L’intelligence è considerata
un’attività nella quale sono preponderanti le attività di pura informa-
zione e talvolta di controinformazione, di natura offensiva, difensiva. Il
sistema occidentale aveva strutturato un modello binario di intelligence,
nel senso che l’attività rivolta all’esterno era diversa di quella rivolta
all’interno degli Stati; mentre il sistema sovietico aveva organizzato
l’intelligence sul modello unitario nel senso della coincidenza tra
azione interna ed esterna. Dopo il crollo delle Twin Towers, gli schemi
di intelligence che erano figli della Guerra Fredda sono radicalmente
cambiati. Il Master si propone di offrire competenze e informazioni di
carattere generale su aspetti diversi della sicurezza, nella prospettiva di
fornire una qualificazione nel mercato del lavoro che potrà essere ap-
prezzata da varie strutture pubbliche e private. I neolaureati troveranno
occasione per conoscere problemi, situazioni, prospettive che ignorava-
no, e potranno precisare la propria vocazione professionale sulla base
di un’informazione più vasta. L’attività didattica si articola in moduli,
alla fine di ognuno dei quali viene accertata la preparazione dei parte-
cipanti. Si prevedono momenti espositivi e di discussione in merito ai
contenuti affrontati, lavori di gruppo e testimonianze di esperti. Sarà
attivato un sistema di tutorato svolto dalla direzione scientifica del Ma-
ster, dai componenti del gruppo tecnico di progetto, da alcuni docenti
e dai professionisti delle sedi di stage. È previsto inoltre un sistema di
tutorato anche durante le attività in aula, volto a garantire la massima
continuità tra il percorso di apprendimento dei partecipanti e gli inter-
venti dei vari esperti.
Art. 2 Destinatari
Al Master sono ammesse al massimo 50 persone. Il Master non ver-
rà attivato se il numero di iscritti non sarà di almeno 20 unità. Qualora
il numero delle richieste di iscrizioni risulti essere inferiore a 20, l’Am-
ministrazione si riserva la facoltà di non attivare il Master.
Per l’iscrizione è richiesto il possesso di uno dei seguenti titoli:
18 I n tellig e nc e & S t o r i a T o p S e c r e t
LA NUOVA DELPHI
DOSSIER INTELLIGENCE
Una super-intelligence antiterrorismo a salvaguardia della sicurezza in
Europa creerebbe un problema di conflitto d’interessi. Un esempio di
risoluzione dalla Grecia classica
Vittorio Di Cesare
D
i recente il ministro degli Interni Pisanu, intervenuto al-
l’inaugurazione dell’anno accademico del SISDe, i Servizi
Informativi del Ministero dell’Interno, ha espresso per
l’ennesima volta la necessità di riformare SISDe e SISMi (i Servizi In-
formativi militari) accorpandoli in un unico grande organismo del
sistema dell’intelligence nostrana, la cui attuale organizzazione risale
al 1977. In tempi di minaccia terroristica globale, ha osservato Pisanu,
«la configurazione unitaria degli apparati di informazione e sicurezza è
un imperativo cui non possiamo sottrarci, se davvero vogliamo metterli
22 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER INTELLIGENCE
que una strada da intraprendere prima o poi. L’evolversi del terrorismo
e la sua globalizzazione sta creando serie difficoltà alle singole forze di
intelligence che devono prevenire e combattere il fenomeno eversivo,
rendendo necessario un’alleanza concreta tra le comunità d’intelligen-
ce per fronteggiare un nemico invisibile ma agguerritissimo. Si deve
affrontare un avversario subdolo addestrato da operativi dalla provata
esperienza, usciti dalle scuole dei vari servizi segreti durante la passata
guerra fredda o dalle palestre del terrorismo mediorientale. Si dovrebbe
pensare ad una “Superintelligence antiterrorismo” senza limitazioni
operative, dovute al campanilismo che caratterizza ancora l’Unione
Europea con atteggiamenti da “ancient régime”.
Ci si chiede allora quando sarà il momento per dar vita a questo
centro nel quale i Servizi Informativi dei paesi europei dovrebbero la-
vorare congiuntamente, mettendo in comune team di analisti ed agenti
operativi. L’esempio di un modello di intelligence che fu capace di
gestire una lega di città-stato tramite la previsione (definita all’epoca
“oracolare”) è esistito nell’antica Grecia fin dall’VIII secolo a.C., e si
chiamava Delfi (Delphi). È studiando questo straordinario precursore
che si può capire come superare il conflitto d’interessi che nascerebbe
da una ipotetica intelligence europea col potere di reperire autonoma-
mente informazioni.
tato col tempo uno dei luoghi più sacri alla religione greca ed elemento
unificatore della Grecia classica.
L’epoca in cui l’oracolo ebbe grande influenza sulla vita religiosa
e sociale ellenica era quella dell’espandersi delle pòleis, le città-stato.
L’intervento di Delfi fu spesso richiesto su questioni politiche, oltre che
a quelle relative ai nuovi culti o alla fondazione delle colonie greche.
Delfi divenne un centro supernazionale capace di regolare i rapporti
giuridici e politici fra le varie città, tra le quali Atene e la bellicosa
Sparta. In questo santuario vivevano sacerdoti che facevano capo ad un
oracolo, detta Pizia (Puthia), il cui compito era dare responsi a chiun-
que li chiedesse, dall’uomo della strada al tiranno.
Si pensava che gli oracoli fossero emessi dalla stessa voce del dio
Apollo. In realtà erano il frutto di accurate ricerche registrate e con-
servate in un grande archivio (oggi perduto), del quale ci sono giunti
elementi che fanno scoprire alcune singolarità sull’organizzazione in-
formativa del santuario.
Delfi divenne un antesignano centro di raccolta informazioni e di
spionaggio internazionale, il cui sguardo abbracciava tutta l’area geo-
politica del Mediterraneo.
Non si conosce esattamente in che modo fosse possibile ai sacerdoti
di Delfi conoscere problemi che andavano ben oltre lo spazio geogra-
fico sotto la loro influenza. Resta il fatto che Delfi divenne un punto di
riferimento al quale guardavano con rispetto anche civiltà come quella
egizia e fenicia. Si è immaginato che il sistema informativo fosse basato
su un meccanismo molto semplice. Chi andava a chiedere lumi, finiva
per diventare l’attore di una gigantesca quanto accurata raccolta di no-
tizie. La cosa funzionava così: chi poneva all’oracolo il quesito (oggi
lo chiameremmo need nel gergo dell’intelligence) doveva fare offerte
e sacrifici prima di essere ricevuto dall’oracolo, attesa che poteva pro-
trarsi per diverso tempo, anche tre mesi, passati per forza di cose nella
città sacra. Si viveva tra le taverne e gli alberghi di Delfi, ingannando
la noia tra spettacoli teatrali o in compagnia delle etere, prostitute con
funzioni da “Mata Hari”, capaci cioè di spillare soldi e informazioni ai
loro clienti. Mescolati ad arte nella poliglotta popolazione che affollava
Delfi, c’era una pletora di informatori che riferivano ai sacerdoti tutto
ciò che era possibile recuperare dai pellegrini su fatti di terre lontane,
su situazioni e problemi che componevano il mosaico complesso della
politica internazionale del momento.
I sacerdoti, come moderni analisti, dovevano estrarre da questa ma-
rea di dati gli elementi informativi che avrebbero permesso alla Pizia di
rispondere alle domande poste dall’occasionale visitatore o delegazio-
ne. Naturalmente un po’ di scena e qualche risposta banale data a chi
aveva semplici problemi personali, contribuivano a dare all’oracolo di
Delfi una reputazione religiosa incredibile. In questo modo il centro riu-
Il mondo delle Informazioni 25
scì a tenere per secoli unite le varie città elleniche, restando fedele agli
DOSSIER INTELLIGENCE
ideali patriarcali della Grecia, dando consigli ad ogni livello di politica
internazionale, mescolando questa attività a funzioni sacre dedicate al
dio Apollo. Il sistema era perfetto. Delfi rappresentò l’identità religiosa
dei popoli dell’Ellade, diversi politicamente e culturalmente, facendo
da barra di fissione alle bellicose città-stato spesso in guerra tra loro.
Un responso forzato
DOSSIER INTELLIGENCE
ateniese con nuove trireme di piccole dimensioni munite di un doppio
rostro, le navi greche erano insufficienti a fronteggiare quelle persiane.
Gli Ateniesi si demoralizzarono non sentendosela di attaccare la grande
flotta nemica in mare aperto.
Temistocle avrebbe voluto egualmente tentare di spingere la flotta
persiana nello stretto di Salamina, dove le trireme di Serse, molto più
grandi, non avrebbero manovrato velocemente. Le nuove trireme ate-
niesi più piccole avrebbero chiuso il passaggio costringendo la flotta
asiatica a presentare ai greci una linea di navi per volta. Per uscire dal-
l’empasse gli ateniesi domandarono all’oracolo di Delfi che fare.
La città sacra era stata risparmiata una volta, durante una precedente
invasione dei persiani. I sacerdoti di Delfi pensarono quindi che conve-
niva allearsi a Serse piuttosto che esserne nemici. Prima o poi la cultura
greca avrebbe ellenizzato i barbari persiani.
Pur temendo le ripercussioni che la loro analisi avrebbe esercitato
sul morale dei greci, i sacerdoti comunicarono alla Pizia di turno, di
nome Aristonice, quanto avrebbe dovuto dire agli Ateniesi: fuggire.
La verifica di Delfi
controllare che le azioni politiche prese da ogni singola città non creas-
DOSSIER INTELLIGENCE
sero uno squilibrio nelle diverse realtà geopolitiche dell’Ellade.
I sacerdoti-analisti di Delfi furono davvero all’avanguardia nel
superare e far superare quelle barriere che limitavano la visione alle
varie autonomie tribali. L’Egitto, l’Asia Minore, guardavano a Delfi
come riferimento a un “Dio che dice sempre il vero”, affermazione che
dimostra come i servigi resi dal centro sacro avevano clienti che non si
muovevano da distanze all’epoca incredibili per il solo sfizio di sotto-
porre alla divinità quesiti stupidi, sebbene anche queste interrogazioni
popolari non mancassero.
La ricchezza dei “per grazia ricevuta” delle varie città e leghe elleni-
che, consistenti in veri e propri tesori depositati dentro piccoli tempietti,
dimostra che la città sacra al dio Apollo intrecciò rapporti che andavano
al di là del Mar Ionio e delle Colonne d’Ercole.
É questa internazionalità di un centro estremamente piccolo di fron-
te al mondo mediterraneo che fa immaginare Delfi come un importante
indipendente e neutrale precursore dei tempi nel mediare le politiche
locali.
Anche il suo ruolo nell’ascesa delle tirannie, uno dei problemi
maggiori nella comprensione dell’operato di questo oracolo, fa pensare
sempre più a Delfi come a una vera e propria intelligence. In molte città
greche tra settimo e sesto secolo, alcuni individui o famiglie guadagna-
rono posizioni di dominio attraverso la combinazione dell’appoggio
Preferisco le persone sicure di sé, in fase con la realtà. La lotta contro il terrori-
smo come attualmente è condotta non ha niente di rassicurante, e lo sappiamo.
Dal mio punto di vista, la sola risposta al problema del terrorismo sono
l’informazione e il controllo preventivo permanente, un tipo di cultura della
vigilanza in seno stesso della società civile. Un continente come l’Europa, e
più localmente un paese come la Francia dovrebbe stimolare la sorveglianza
dei suoi territori sviluppando insieme delle reti di informazioni degne di questo
nome, un’agenzia centrale dell’informazione, amministrata dal ministero del-
l’Interno, in relazione con l’esercito.
DOSSIER INTELLIGENCE
di città-stato sotto la bandiera di un culto religioso che, al momento
giusto, riuscì a far porre in secondo piano l’interesse delle singole realtà
per sposare una causa comune, quale fronteggiare l’invasione persiana
che avrebbe cambiato radicalmente l’assetto geopolitico del Mediter-
raneo trasformandolo in un mare asiatico. Oggi l’Europa sta facendo i
Il sistema Delphi fu utilizzato per la prima volta negli stati Uniti nel
1952, durante la Guerra Fredda, dalla Rand Corporation, un istituto di
studi legato al governo e al Pentagono, per prevedere quali sarebbero
stati gli obiettivi industriali di un eventuale attacco nucleare sovietico.
Si dovevano raccogliere, in modo economico, le riflessioni dei mi-
gliori scienziati e tecnici del tempo domandando loro una previsione
sull’entità di un attacco e quali sarebbero state le conseguenze.
Si trattava, insomma, di giungere, partendo da un patrimonio di sa-
pere diffuso tra più esperti, alla formulazione di precise inferenze su un
futuro possibile. La natura della conoscenza prodotta dai primi sistemi
Il mondo delle Informazioni 33
DOSSIER INTELLIGENCE
TROPPE CASSANDRE DA ACCORDARE
L’Unione Europea possiede già strutture d’intelligence centralizzate dipendenti
però da quelle nazionali
U
no degli obiettivi primari dell’Unione Europea, come stabilito dal
Trattato di Maastricht del 1992, riguarda la voce “Giustizia e affari
interni” settore al quale il Consiglio europeo straordinario tenuto a
Tampere, in Finlandia, il 15 e il 16 ottobre del 1999, compete il sistema di controllo
per gestire le informazioni necessarie alle strategie del Parlamento europeo.
L’Unione Europea ha attualmente un suo sistema di cooperazione e scambio
d’informazioni basato su alcuni enti di analisi d’intelligence ed investigativa.
Il sistema Schengen, ad esempio, è una banca dati (SIS - Schengen Informa-
tion System), con terminali in ogni paese aderente all’UE. Il dipartimento SATCEN,
stanziato a Torrejon de Ardoz, nei pressi di Madrid, in Spagna, è invece un centro
satellitare multinazionale che raccoglie ed effettua analisi satellitari di immagini
top secret, o non classificate, per il responsabile dell’Unione Europea della Difesa
e della Sicurezza.
L’intelligence europea conta anche su un’organizzazione comunitaria basata
sul centro satellitare dell’Unione europea (EUSC), con il satellite Helios condiviso
tra Francia, Italia e Spagna, sul centro situazione (SITCEN) che opera raccogliendo
ed analizzando fonti aperte (OSINT) ed infine la divisione intelligence dello Euro-
pean Military Staff; e l’Europol, istituita nel 1989, una struttura di polizia europea
destinata a combattere la criminalità organizzata e il terrorismo. Il suo compito è
quello di formulare valutazioni d’intelligence sui fenomeni criminali. La Divisione
d’Intelligence dello Stato Maggiore Europeo (EMS) è a sua volta un’intelligence
tecnico-militare, col compito di fondere le informazioni operative necessarie al-
l’impiego delle sue unità.
Chi crede nella capacità dell’Unione di unificare l’intelligence non riesce a na-
scondere scetticismo. La Divisione Intelligence dell’EMS, che dovrebbe diventare il
database centrale di tutte le informazioni militari rilevanti per le aree di crisi in cui
l’Europa è impegnata, è stata definita “una buca delle lettere per scambi volontari”
di informazioni. Questo sistema dell’UE ha dei punti deboli. Ad esempio, gli analisti
dell'EUSC ricevono i prodotti del satellite dalle nazioni che ne sono proprietarie così
come la divisione intelligence militare può contare esclusivamente sul materiale
concesso dalle agenzie dei singoli paesi. Le varie intelligence locali hanno poi un
atteggiamento conservativo il che, unito ad un pesante iter burocratico, non aiuta
a semplificare il lavoro di scambio delle informazioni antiterrorismo, antimafia.
C’è poi il dubbio che una comunione di intelligence supernazionale favorisca la
fuga d’informazioni riservate. Dati, fonti e metodi restano naturalmente delle varie
intelligence nazionali, ma gli analisti sanno che se un giorno si potrà creare l’equi-
valente europeo del JIC (Joint Intelligence Committee) britannico si combatterebbe
il terrorismo con più vigore e determinazione.
34 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER INTELLIGENCE
IL CERCHIO DELLA PAURA
La Central Intelligence Agency prevede come sarà il mondo nel 2020: asiatico!
«I
l mondo globale ha un
volto asiatico, non più
americano». Sono le
profetiche parole del rapporto Mapping
the global future, la mappa del futuro
globale, redatto dagli esperti del National
Intelligence Council, il centro studi della
Cia. L’intelligence statunitense, dopo le
purghe e i cambiamenti di gestione ef-
fettuati dall’amministrazione Bush, torna
al lavoro di analisi, ricostruendo le tendenze di un prossimo futuro, il 2020, con
quattro possibili esiti. Il primo di questi vede il mercato globale far uscire dalla
povertà miliardi di esseri umani. Una seconda ipotesi vede un pianeta meno ric-
co in cui gli Stati Uniti e l’Europa garantiscono la stabilità, fermo restando gli
Usa una superpotenza solitaria. Nel terzo caso si ipotizza l’unità della comunità
musulmana, in una grande nazione, ripercorrendo le orme del grande califfato
islamico frantumato dopo la prima guerra mondiale, al cui interno però, ci saran-
no due realtà, quella del terrorismo, e dei giovani più laici presi dal consumismo
occidentale. Governare miliardi di cittadini musulmani di etnia, lingua e costumi
diversi sarà un problema difficilissimo per il nuovo califfo che dovrebbe guida-
re questa improbabile alleanza. L’Iran, l’Iraq, la Siria continueranno a causare
problemi al mondo intero fino al 2020 quando, dice la Cia, una serie di attentati
nucleari deciderà gli stati occidentali a prendere misure drastiche di ritorsione
nei loro confronti.
Nei prossimi 15 anni le madrasse, le scuole islamiche, e le «hawalas», il
sistema di mutuo soccorso religioso diffuso tra i musulmani, utilizzeranno sem-
pre più mezzi come Internet per la jihad sostituendo Al Qaeda ad un universo di
organizzazioni terroristiche collegate in rete, formata cioè da individui che non
conosceranno neppure di persona ma opereranno via computer e con telefoni
satellitari tramando per instaurare regimi autoritari.
In questo scenario apocalittico si rinnoverà la tecnologia e i mercati creeran-
no «un’economia capace di crescere in modo straordinario: nel 2020 potrebbe
essere l’80% più grande di quanto non fosse nel 2000 e il reddito pro capite
potrebbe crescere del 50%». Il prodotto interno lordo della Cina (un miliardo e
400 milioni di abitanti) porrà questo paese sullo stesso piano economico di quel-
lo americano, oscurando l’economia europea nella quale l’Italia avrà un ruolo
estremamente ridotto indietro nella classifica persino al Brasile e alla Francia. È
il caso di dire “crepi l’astrologo”.
36 I n tellig e nc e & S t o r i a T o p S e c r e t
DOSSIER INTELLIGENCE
Lavorare con le informazioni richiede logiche e metodi moderni non tanto
di acquisizione quanto di gestione e analisi
Giancarlo Bove
G
li esperti studiano da
I
anni il concetto di in- ntelligence non significa spio-
formazione e le conclu- naggio o organismo di repres-
sioni alle quali giungono risultano sione al servizio esclusivo di
spesso condizionate dalle loro privati, di un governo oppure di una
esperienze e formazioni culturali. coalizione di potere. L’intelligence è
Ad esempio, scienziati e tecnologi una disciplina al confine tra scienza e
intendono per informazione una arte che assorbe un elevato livello di
grandezza fisica e se ne occupano risorse umane in qualità di specialisti
in termini di codice, trasmissione e generalisti nei diversi campi del
e ricezione. Sociologi e psicologi sapere. Questa non è una concezione
individuano nell’informazione una utopica o ideale, ma è la principale
forma di comunicazione, e studia- esigenza che impone la dinamica del
no quindi la cognizione, l’inter- mondo attuale.
pretazione e il significato palese e
occulto in essa contenuto. I politici
tendono a collegare l’informazione con il soggetto o l’organizzazione
che la distribuisce ed eventualmente la manipola per esercitare il potere.
L’analista dell’intelligence, invece, vede nell’informazione una risorsa
preziosa con la quale lavorare per produrre situazioni e descrivere even-
ti. Oggigiorno lavorare con le informazioni richiede logiche e metodi
moderni, non tanto di acquisizione delle medesime, bensì di gestione
e analisi. Tali logiche e metodi devono essere sviluppati con l’ausilio
di un apposito modello informativo, che comprende all’interno di
specifiche funzioni varie componenti: sociale e organica; linguistica e
psicologica; logistica e industriale; politica ed economica; geografica
e antropologica; militare e diplomatica e così via. In questo contesto,
il modello informativo è paragonabile a un catalizzatore di discipline
diverse le cui interrelazioni hanno molta più importanza dell’impatto
specifico di ciascuna di esse. Accanto al modello informativo è colloca-
to quello decisionale concepito per adottare specifiche soluzioni desti-
nate alla corretta gestione degli eventi sul piano diplomatico e militare.
Mentre l’analista utilizza il modello informativo, il decisore, in qualità
di responsabile politico o militare, sfrutta invece quello decisionale. In
questo articolo esaminiamo la struttura e le caratteristiche di entrambi i
modelli in relazione alle loro funzioni.
38 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER INTELLIGENCE
conoscenza, previsione e controllo consentono all’analista non solo di
esprimere pareri al decisore politico, diplomatico e militare, ma di par-
tecipare almeno indirettamente al processo decisionale che si conclude
con le scelte strategiche che guideranno le future azioni.
Inoltre, è bene ricordare, come afferma Maurizio Navarra, ufficiale
della Guardia di Finanza ed esperto d’intelligence, che la figura del
moderno decisore rispetto al passato è profondamente cambiata, poiché
la stessa tecnologia che permette all’analista di svolgere il suo lavoro
è utilizzata direttamente o indirettamente anche dal decisore che se ne
serve quotidianamente attraverso i suoi consulenti e collaboratori.
Funzione Conoscenza
Figura 2. I sistemi esperti sono adat-
La funzione conoscenza è le- ti per svolgere processi decisionali
gata al bisogno di sapere che co- che comportano analisi combinato-
mincia dalle informazioni. Queste rie complesse. Questi sistemi non
ultime, organizzate in strutture ap- sono concepiti per sostituirsi agli
propriate e comprensibili, prendo- esseri umani nel processo decisio-
no il nome di concetti. Elementi di nale stesso, ma per facilitare e sem-
una qualche utilità sono quindi co- plificare il loro lavoro, aumentando
stituiti da informazioni concettua- così le probabilità che la decisione
lizzate. A sua volta l’elaborazione presa sia davvero quella giusta
delle informazioni concettualiz-
zate incontra difficoltà connesse
ai limiti della mente umana. Tali difficoltà sono superate ricorrendo
alle logiche e ai metodi dell’intelligenza artificiale e dei sistemi esperti.
(Fig. 2)
40 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER INTELLIGENCE
mosaico ultimato la situazione che si presenta agli occhi dell’analista è
chiara e senza equivoci a livello di interpretazione e verità.
DOSSIER INTELLIGENCE
Accanto ai programmi sopra citati operano quelli per la gestione
delle informazioni. Quest’ultima è articolata in un certo numero di fasi
di seguito schematizzate:
DOSSIER INTELLIGENCE
nate specifiche, come quelle emanate dal Department of Defense (DoD)
statunitense, meglio note come MIL. Queste ultime, costitituiscono uno
dei primi importanti corpus normativi esistenti al mondo.
Funzione Previsione
notizie false al nemico; per Sun Tzu sono perdibili in quanto è pro-
DOSSIER INTELLIGENCE
babile che il nemico li uccida quando scopre che le loro informazioni
sono false. Agenti vivi per Sun Tzu sono i nostri agenti di penetrazione
che si infiltrano dietro le linee nemiche. Essi effettuano la ricognizione
territoriale su una certa area, si procurano le informazioni e fanno in
modo di rientrare vivi alla base. A Sun Tzu spetta il merito non solo di
questa prima notevole analisi delle varie forme di spionaggio, ma anche
dei primi consigli scritti. Egli afferma che il capo di un servizio segreto
deve impiegare contemporaneamente tutti e cinque i tipi di agenti, e
chiama questo sistema la “divina matassa”, alludendo a un attrezzo da
pesca formato da molti fili facenti capo a un’unica corda.
Ma il contributo di Sun Tzu non si limita a questo. Egli fa delle
osservazioni sul controspionaggio, sulla guerra psicologica, sulla sicu-
rezza e sulla falsificazione delle informazioni per trarre in inganno il
nemico.
In tempi più recenti la funzione previsione del modello informativo
è stata oggetto di un particolare approfondimento a livello esoterico
anche da parte dell’intelligence occidentale. Significative sono le con-
siderazioni del generale statunitense Albert Stubblebine contenute nel
libro Gli uomini che fissavano le capre di Jon Ronson, diventato un
bestseller.
Nel 1983 il generale Albert Stubblebine era a capo dell’intelligen-
ce degli Stati Uniti, comandava 16.000 uomini, controllava i sistemi
di spionaggio elettronico e fotografico. Ma allora l’unica guerra era
quella fredda e quindi tutto era un po’ sotto tono. Il generale, veterano
del Vietnam, aveva una passione per gli studi esoterici e trascendentali.
Della sua passione nessuno sospettava nulla, fino a quando egli si recò
a Fort Bragg nel Carolina del Nord per convincere il centro di comando
delle forze speciali a addestrare un’unità che potesse sviluppare poteri
paranormali.
Nel 2001 un giornalista britannico, Jon Ronson, si mette sulle sue
tracce e lo trova a New York. Il generale conferma tutto e rivela inoltre
che il suo progetto di creare un gruppo di soldati monaci in grado di
leggere nel pensiero era in realtà stato preso molto sul serio dall’intel-
ligence. I soldati si addestravano in gran segreto a Fort Bragg: oltre a
esercizi di arti marziali e meditazione, dovevano applicare le conoscen-
ze del paranormale e dell’occulto per eliminare gli avversari e scoprire
le prigioni dei militari statunitensi catturati dai nordvietnamiti.
Niente di strano a livello di occultismo se pensiamo che per scoprire
la prigione di Moro, come testimoniano gli atti giudiziari, si prese in
considerazione il responso di una seduta spiritica in cui erano presenti
Romano Prodi e alcune autorità accademiche.
Oltre alla pista occulta venne seguita quella scientifica. In una inter-
vista di Piergiorgio Odifreddi a Francesco Cossiga, l’ex presidente della
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lati da un gruppo di analisti, all’analogia storica, al metodo Montecarlo
e Delphi, alle tecniche reticolari come il PERT, alla ricerca operativa,
fino ai più complicati ed esoterici come i filtri di avvenimenti critici,
all’utilità di più attributi e le proiezioni di maggiori cause alternative
di intervento nazionale. Quest’ultimo metodo è codificato dall’intelli-
gence statunitense con la sigla ORD/ASC, Problem Solving Techniques for
Intelligence Analysis–Intelligence Research Methodology, sviluppato
nel 1975 con il contributo di J.K. Clauser e S.M. Weir presso la Defense
Intelligence School (Washington D.C.).
Tuttavia è necessario tenere presente che la maggior parte degli
autori che lavorano alla formulazione dei metodi d’analisi sembra ren-
dersi conto dei limiti di validità dei medesimi, confermando così l’opi-
nione di Eschilo: «Il futuro lo conoscerai quando è già avvenuto, prima
di allora, dimenticalo». Inoltre, esiste una certa riluttanza ad accettare
come guida per decisioni e azioni le indicazioni fornite dall’intelligence
sulla base delle sue cognizioni.
Molti, specie in Inghilterra, sono dell’opinione che non valga la pena
di sforzarsi di prevedere quello che succederà, per esempio nell’arco di
dieci anni, perché ogni previsione verrà immancabilmente invalidata
dall’imprevisto. Nonostante questo, l’intelligence non può ignorare
la possibilità di prevedere con ogni mezzo gli eventi futuri attraverso
l’analisi delle situazioni attuali e passate. Ricordiamo che dal punto di
vista concettuale situazioni ed eventi presentano significati differenti
per l’analista. Infatti se è impossibile prevedere un evento futuro, sarà
invece possibile prevenire l’evento stesso attraverso il controllo della
situazione che lo ha generato.
Tutto dipende dall’abilità dell’analista che è spesso sommerso da
una valanga di dati, e non dimentichiamo che se si vuole tentare di fare
una previsione, il materiale disponibile su un determinato argomento
deve essere riunito e sintetizzato da un solo cervello. È chiaro che que-
sto cervello non deve fare tutto da solo; nulla vieta che per riassumere
i rapporti e fare una prima cernita l’analista si faccia aiutare da alcuni
collaboratori, come è chiaro che le sue deduzioni finali vanno a loro
volta esaminate dai suoi superiori. Ma, sotto molti aspetti, quel lega-
me essenziale tra i vari avvenimenti che esce fuori dal prodotto finito
dell’informazione è opera di una sola mente, di un solo individuo che
“legge, pensa e scrive”. Certo, i progressi fatti dalla tecnologia dell’ela-
borazione dei dati possono essere di grande aiuto nel trattare l’enorme
mole di materiale che perviene alle organizzazioni d’intelligence, ma
nessun computer può sostituire la capacità di giudizio di colui che ha
il compito di valutare i dati ai fini della previsione. I criteri con i quali
l’analista giudica in funzione della priorità e importanza appartengono
infatti a quel magazzino di esperienze accumulate in lunghi anni di la-
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Funzione Controllo
DOSSIER INTELLIGENCE
ciale diretto, quali operatori sociali, insegnanti e consulenti, nell’identi-
ficazione di individui sospetti. Un’altra iniziativa statunitense, sempre
finalizzata al controllo sociale, è nota come American Neighborhood
Watch, e consiste nell’istruire le persone a riconoscere le caratteristi-
che salienti dei terroristi. Queste iniziative dimostrano che la funzione
controllo sociale contiene sempre qualcosa di ambiguo, confermando
quindi l’affermazione di Foucault secondo la quale le persone produ-
cono il controllo di loro stesse. Un controllo che presenta vantaggi
reali e giustificazioni logicamente plausibili non meno che svantaggi
tangibili. La funzione controllo territoriale serve infine a individuare
attività contrarie alla sicurezza nazionale per mezzo della ricognizione
terrestre, aerea e satellitare. In Italia, per esempio, lo Stato Maggiore
della Difesa ricorre al Sistema Interforze di Sorveglianza e Comando
(JSCS) che risponde in modo flessibile ed efficace alle esigenze imposte
soprattutto in materia di controllo e sicurezza di vaste aree geografiche,
come evidenzia in modo chiaro lo schema sotto raffigurato:
DOSSIER INTELLIGENCE
sfida complessa e sofisticata che può essere affrontata solo con il buon
funzionamento della diplomazia e dell’intelligence.
Questa affermazione, storicamente, è contenuta anche nelle opere di
scrittori come Wicquefort, De Callières e Jean Hotman. In particolare
Wicquefort evidenziava la duplice funzione dell’ambasciatore, definito
contemporaneamente messaggero di pace e onorevole spia. De Cal-
lières notò inoltre che l’intelligence aveva importanza fondamentale nei
negoziati più di qualsiasi altra organizzazione, poiché solo essa poteva
tenere informato un ambasciatore su tutto quello che accadeva nella na-
zione straniera presso la quale era accreditato. Le considerazioni di De
Callières trovano tuttora conferma, se pensiamo che in Italia la Seconda
Divisione del SISMi, conosciuta ancora con il vecchio nome di Ufficio
Ricerche, dispone di agenti presso le ambasciate all’estero che operano
con la copertura di addetti culturali. Un anonimo diplomatico spagnolo
alla fine del XVII secolo forniva una guida dettagliata attualmente vali-
da per i diplomatici e i funzionari dell’intelligence:
L’agente deve trascorrere il suo tempo libero nella lettura di storie o cro-
nache, deve approfondire la conoscenza delle sue leggi, dei privilegi delle sue
provincie, del carattere della popolazione locale, del loro temperamento e delle
loro inclinazioni; e qualora volesse servire nella sua carica con la buona volontà
propria e quella di un popolo straniero, deve cercare di avvicinare se stesso al
carattere dei nativi, anche a costo di far violenza al proprio, deve ascoltarli, par-
lare loro e anche adularli. Perché l’adulazione è la calamita che attira dovunque
la simpatia […]. Chiunque ascolti molte persone e si intrattenga con loro, qual-
che volta può incontrare qualcuno che non sa tenere un segreto e che addirittura
spesso si confida con il primo che incontra per dimostrare di essere un uomo
importante […]. Se gli mancassero amici e la capacità di scoprire la verità e di
verificare i propri sospetti, il denaro potrà aiutarlo, perché esso è sempre stato
ed è ancora la chiave che apre anche gli archivi custoditi.
Conclusioni
Per molto tempo l’ostacolo più grande alla comprensione dei mo-
delli informativi e decisionali per l’intelligence e dei relativi processi
e metodi d’analisi era rappresentato dall’insufficiente conoscenza dei
processi mentali umani attivati per la soluzione dei problemi. A questo
si aggiungeva l’impiego di tecniche interpretative semplificate con ipo-
tesi estreme di perfetta razionalità. Secondo H.A. Simon le decisioni
possono essere distinte tra programmate e non programmate in base ad
un differente grado di strutturazione, chiarezza e ripetitività secondo
cui i problemi ed i conseguenti criteri di decisione si presentano.
Sono decisioni programmate quelle ripetitive e di routine per le
quali si dispone di una procedura o di un programma specifico. Ove
questa procedura o programma non esista, o non sia convenientemente
utilizzabile, entriamo nel campo delle decisioni non programmate; tale
situazione si verifica quando il problema è nuovo, oppure la natura del
medesimo è particolarmente complessa, o infine è di rilevanza tale da
necessitare di uno schema di analisi e decisione elaborato appositamen-
te. Nel caso delle decisioni programmate si dispone di un programma
specifico, cioè di indicazioni o strategie che definiscono la sequenza
delle risposte a fronte della situazione complessa. Nel caso invece di
decisioni non programmate si possono utilizzare, con opportuni adat-
tamenti, programmi specifici impiegati per altre situazioni, oppure
programmi general purpose, così chiamati in quanto possono essere
di supporto a una grande e generica quantità di situazioni ed eventi.
In ogni caso l’analista e il decisore dispongono sempre di strumenti
rispettivamente per l’analisi informativa e le decisioni che permettono
l’approccio voluto a fronte di specifici problemi, come dimostra la ta-
bella sotto rappresentata.
Il mondo delle Informazioni 55
DOSSIER INTELLIGENCE
Cosa pensa la Francia dei propri Servizi Segreti? Tra sentimenti
contrastanti si chiede da loro chiarezza e più apertura al cittadino
I
l processo ai Servizi di Informazione, soprattutto a quelli americani
e inglesi, si è aperto il 12 settembre 2001 e la ferita resta aperta da
allora. L’incapacità di prevedere il dramma dell’11 settembre, di im-
pedire la strage dell’11 marzo a Madrid, la manipolazione dell’opinione
pubblica riguardo alla guerra in Iraq e alle supposte armi di distruzione
di massa sono solo i casi più clamorosi che mostrano un nuovo para-
digma dei Servizi di Informazione, decisamente più portati per l’ombra
che per la luce.
Diciotto anni fa con l’esplosione del Rainbow Warrior nella Baia di
Auckland si prefigurava una posizione insolita per i Servizi informativi
delle democrazie occidentali: la sovraesposizione mediatica, l’unico
modo con cui gli “uomini dell’ombra” hanno imparato a gestire una
situazione di crisi della comunicazione.
I Servizi di Informazione sono diventati prodotti mediatici come gli
altri, dove la discrezione ha ceduto il passo alla mediatizzazione, che è
sicuramente una maggiore fonte di guadagno. Molti saranno felici di
tanta trasparenza ma allo stesso tempo ci si accorgerà del fatto che la
complessità del mondo rende necessario qualche velo. Come nel caso
del linciaggio in piena regola che certi media hanno abbondantemente
usato in diverse occasioni trasformando irreprensibili funzionari di
Stato in avventurieri, nel migliore dei casi, oppure in canaglie, di cui
bisognava giustificare la presenza, o nascondere l’esistenza; senza chia-
mare in causa i politici che in queste situazioni eludevano le propria
responsabilità.
Episodi recenti, come il fallimento delle operazioni per la liberazione
di Ingrid Bettancourt, ex-candidata dei verdi alle elezioni presidenziali
colombiane, detenuta dalle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane
(FARC), o anche il tentativo fallito di un’evoluzione istituzionale, che
imponeva di razionalizzare i Servizi di Informazione interni ed esteri,
si inscrivono in questa logica implacabile che mette l’uomo del Servizio
di Informazione nella posizione ingiusta e scomoda di accusato e unico
responsabile.
Si sa che l’assenza di risultati visibili non significa sempre falli-
mento. L’episodio dell’estate 2003, che vide la messa in discussione
non del principio stesso della mobilitazione di uno Stato per una sua
cittadina, ma il fatto che ciò sia stato fatto sotto la copertura dei suoi
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delle mentalità: non si può cercare di comprendere il fondamentalismo
islamico mantenendo il proprio chiuso sguardo occidentale. Questa
prima constatazione si schiera nel cuore di un’analisi storica che ha
il suo punto di riferimento nel 1989. Dalla caduta del muro di Berlino
ci si è troppo spesso concentrati sulla minaccia globale, che invece è
piuttosto disorganizzata, in quanto appoggia su gruppi relativamente
divisi, da cui deriva direttamente la difficoltà dei Servizi a penetrarli.
Oggi è più corretto parlare di asimmetria delle minacce. Ci sono infatti
fattori maggiori da constatare: in primo luogo, la relativa scomparsa
della minaccia militare esterna ha lasciato il posto alla minaccia interna
molto più insidiosa, dato lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e l’in-
terconnessione delle reti.
La comunità di informazione è stata così obbligata a tentare una
rivoluzione culturale. Ha cercato, per necessità, di essere reattiva,
pronta ad adattarsi all’evoluzione dello spettro delle minacce, capace
di rispondere alle regole del gioco fissate dall’avversario in un quadro
giuridicamente e amministrativamente adatto. È così che ha privilegia-
to l’informazione tecnologica rispetto a quella umana. Ma il crudele
insegnamento che ne è stato tratto, soprattutto dagli americani, è che
l’informazione, come una mosca, non si fa catturare da piante carnivore
come Echelon, incapaci di digerire l’informazione raccolta e di gerar-
chizzarla.
Bisogna capire che la natura della minaccia complica l’accesso al-
l’informazione. Per questa ragione bisogna essere in grado di adattarsi,
di rimettersi in questione e di definire una nuova architettura della
dimensione del “segreto”, di proporre una nuova politica francese di
informazione coerente con un vasto cantiere da condurre, in vista della
creazione di un’agenzia europea di informazione sulla base dell’em-
brione costituito nel quadro della Forza d’Azione Rapida europea.
Il primo asse poggia sulla creazione indispensabile di una coordina-
zione interministeriale e la riattivazione del Comitato Interministeriale
dell’Informazione (Comité Interministériel du Renseignement, CIR), a
capo del quale sarebbe designato un coordinatore, su modello america-
no. Un’altra soluzione consisterebbe nell’affidare questa coordinazione
a una struttura nata dalla fusione del CIR e della SGDN. L’obiettivo è isti-
tuire un organismo che disponga finalmente di mezzi finanziari, umani
e costituzionali, che gli permettano di agire come un comitato per la
sicurezza nazionale. A questo proposito, la riforma che permetteva di
fondere la Direzione centrale delle Informazioni Generali e la Direzio-
ne della Sorveglianza del Territorio (DST) in un’unica Direzione Gene-
rale per la Sicurezza Interna, era un’ottima idea, spesso infatti le due
istituzioni lavorano verso lo stesso obiettivo. Questa ambiziosa riforma
è stata però scartata troppo in fretta, mentre avrebbe permesso non solo
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mento sbagliato. A negare sistematicamente il bisogno di trasparenza
in materia di sicurezza si rischia di ancorare nello spirito dei francesi il
sentimento, spesso ingiusto, di inazione e persino di impotenza. Il Par-
lamento non riesce a controllare correttamente l’uso dei fondi pubblici,
l’episodio politico-mediatico intorno all’uso indiretto dei fondi segreti,
indispensabile al funzionamento dei Servizi, ce l’ha provato.
Tuttavia, i rappresentanti del popolo restano muti e ciechi. Il bilancio
è insoddisfacente. Il governo non è mai sembrato sorpreso da queste
incongruità. Il dibattito tra pubblico e “segreto”, tra subordinazione e
autonomia, deve essere aperto e largamente discusso.
L’ultimo punto che bisognerebbe correggere riguarda il reclutamen-
to dei nostri agenti. Intanto, bisognerebbe tenere in maggiore conside-
razione il percorso universitario degli analisti, e ricercare ad esempio
linguisti e specialisti in lingue rare. Gli agenti di informazione devono
anche saper usare l’approccio comparativo delle analisi geopolitiche,
di cui la qualità è decisamente migliorata grazie alla moltiplicazione di
centri di ricerca e di gruppi di studio.
Infine è necessario attirare verso i Servizi i numerosi ingegneri spe-
cializzati nei campi di nuove competenze, che devono essere trattate
dall’informazione (proliferazione abc, elettronica di difesa, reti infor-
matiche, criminologia…).
Questa serie di misure ambiziose dovrebbe avere per obiettivo di
motivare e attirare nuovi talenti, futuri “uomini e donne dell’ombra”,
garantiti della loro sicurezza e segretezza da custodire gelosamente,
e esperti riconosciuti di cui le qualità professionali dovrebbero essere
valorizzate e gestite come in una qualunque impresa competitiva. Il
mondo dell’ombra non potrebbe così definitivamente sfuggire alle re-
gole del management. Ne va della capacità delle democrazie di fare dei
suoi Servizi di Informazione degli indicatori affidabili dei rischi corsi
dalla popolazione.
Per questo, non c’è frontiera o interesse che non possa essere supe-
rata di fronte all’emergenza di rischi ormai equamente divisi dal piane-
ta intero, come si è potuto vedere con l’ondata ininterrotta di attentati
commessi contro gli interessi stranieri e i cittadini residenti all’estero
in Iraq, Giordania, Turchia, Marocco e più recentemente in Spagna, con
una violenza che non ha eguale finora in Europa.
SE L’INTELLIGENCE FA CRASH
DOSSIER INTELLIGENCE
A seguito di uno scarso controllo il Dipartimento di Polizia di Los Angeles
si è visto obbligato a sciogliere le unità speciali CRASH che aveva creato per
svolgere attività di intelligence sulle gang locali
I
l fenomeno del disagio giovanile e delle bande delinquenziali di
teen-ager negli USA non è recente. Ma negli anni Settanta e Ot-
tanta il paese fu oggetto di una proliferazione estremamente con-
sistente delle gang giovanili. Gli episodi di violenza dovuti alle bande di
adolescenti che si contendevano il controllo del territorio, in particolare
degli slums delle grandi città, per lo spaccio di droga e le estorsioni,
avevano assunto dimensioni tali da far sembrare il film Guerrieri della
notte un cartone animato per bambini.
Per fronteggiare la situazione il Dipartimento di Polizia di Los An-
geles (LAPD) decise di creare una unità di élite composta da specialisti
nell’attività anti-gang in modo da porre un freno alle bande che domi-
navano incontrastate in diverse zone della città, in particolare la zona
ovest di Los Angeles. L’unità, cui fu dato il cinematografico nome di
CRASH (Community Resources Against Street Hoodlums — risorse della
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DOSSIER INTELLIGENCE
zioni necessarie;
— con l’apprendimento dei codici e dei gerghi. Il sistema più
semplice per acquisire informazioni sulla spartizione del territorio e
sull’andamento della lotta tra bande era per esempio costituito dall’in-
terpretazione dei graffiti. Oltre a indicare chi era l’attuale proprietario
del territorio, i graffiti fornivano anche altre informazioni sugli avver-
sari eliminati o in procinto di essere eliminati dalla gang (nome sbarra-
to), su chi prevaleva al momento (la banda vincente cancellava i graffiti
dell’altra) ecc.
L’attività della CRASH sembrava funzionare. Se agli inizi degli anni
Novanta il tasso di omicidi della Divisione Rampart di Los Angeles era
attorno ai 150 l’anno, nel 1997 era sceso attorno a 33.
Il personale però cominciò a diventare preda della “sindrome del
cowboy”. Sebbene l’unità più che speciale (composta da personale con
addestramento di élite) fosse specializzata (composta di personale con
addestramento comune ma con conoscenze specifiche), cominciò a
dotarsi di propri segni distintivi. In particolare adottò come simbolo un
teschio con il cappello da cowboy affiancato da quattro carte da gioco
raffiguranti assi e otto (a poker la mano del morto, così definita perché
era quella che aveva in mano il famoso pistolero Wild Bill Hickock
quando fu assassinato con una fucilata alle spalle al tavolo verde) che il
personale si cuciva sui giubbotti o si faceva addirittura tatuare.
Il fatto poi che per motivi di spazio fosse stato assegnato alla CRASH
un edificio separato non facilitava certo il controllo da parte delle
autorità centrali. Il reparto cominciò a comportarsi esattamente come
una gang sulla base del proprio
motto creato per l’occasione “We
intimidate those who intimidate”
(mettiamo paura a chi fa paura).
Il personale iniziò a fare uso
delle drop guns, pistole recuperate
nelle strade ma non attribuibili a
nessuno e non denunciate.
La prassi avrebbe voluto che
fossero consegnate all’ufficio cor-
pi di reato ma i membri del CRASH
cominciarono a conservarle per
metterle addosso ai gangsta che
intendevano arrestare. Lo stesso
cominciarono a fare con la droga.
Qualche membro cominciò a la-
sciare l’unità per disaccordo con
il sistema.
64 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER INTELLIGENCE
l’agente aveva chiesto all’ufficio corpi di reato quantitativi di cocaina
che aveva poi sostituito con dolcificante prima di procedere alla ricon-
segna.
Nel settembre del 1999 la fabbrica di dolcificanti perde probabil-
mente un buon cliente ma la giustizia forse ci guadagna. L’agente di
fronte all’evidenza decide di patteggiare una riduzione della pena in
cambio di rivelazioni sull’attività illegale della CRASH. Ottiene la garan-
zia di una condanna a soli cinque anni di prigione e l’immunità da ogni
altra accusa eccetto eventuali omicidi.
Il primo caso confessato porta alla scarcerazione di un membro di
una gang a cui gli agenti CRASH avevano sparato al momento dell’arre-
sto colpendolo alla spina dorsale e paralizzandolo alle gambe. L’agente
confesserà che, contrariamente a quanto risulta dichiarato nel verbale,
il gangsta era disarmato e l’arma attribuitagli era una drop gun. Inizia
una serie di oltre 50 incontri con gli investigatori e una raccolta di oltre
4000 pagine di testimonianza giurata.
Alla fine risulteranno coinvolti oltre settanta agenti con accuse che
variano dall’uso illegittimo delle armi all’arresto illegale. L’agente
66 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER SECURITY
Come proteggere i quadri manageriali, il personale e le informazioni di
un’azienda operativa in area a rischio?
P
er definire nel dettaglio
L’
i requisiti minimi di un Executive protection
programma di executi- è la procedura che
ve protection è bene prendere in un’azienda intraprende
considerazione quattro argomenti dal punto di vista fisico, procedu-
ricorrenti e controversi che emer- rale o tecnologico per prevenire il
gono parlando di questo tema, rapimento, l’omicidio, o comunque
uno dei quali è l’assicurazione sui la morte o le molestie verso i suoi
rapimenti. executives (quadri manageriali). Tra
Molte corporation, vista la di- le risorse di un’azienda, infatti, rien-
mensione delle somme pagate per tra chiaramente anche il patrimonio
eventuali riscatti, stipulano, infatti, umano, al cui interno alcuni indivi-
contratti con compagnie di assicu- dui meritano una particolare tutela.
razioni in materia di rapimento/ Si tratta di coloro che hanno una
riscatto (ad es. i Lloyd’s). A questo posizione decisionale tale che un im-
proposito è necessario fare due pedimento doloso nello svolgimento
considerazioni: della loro attività, o la possibilità
per estranei, di estorcere loro con
a) bisogna valutare il premio la violenza informazioni sensibili
richiesto dalla compagnia di as- costituirebbe un danno grave per la
sicurazioni in questa materia con corporate.
l’eventuale somma che potrebbe
essere richiesta in caso di rapimen-
to. Si è visto come alcune corporation USA hanno pagato per i propri
executives riscatti nell’ordine delle decine di milioni di dollari, in que-
sto caso la stipula è sicuramente conveniente; lo stesso sembra abbiano
fatto alcune ONG in recenti eclatanti episodi avvenuti in Iraq;
b) se tale politica viene adottata, è importante che si mantenga uno
stretto riserbo per evitare che l’executive diventi un obiettivo ancora
più appetibile, data la possibile maggiore disponibilità dell’azienda a
pagare il riscatto. In tal caso, è meglio se soltanto l’Alta Direzione sia a
conoscenza della polizza rapimento/riscatto.
— le autovetture blindate
Sicuramente quello delle autovetture blindate è un mercato conve-
niente per chi le fabbrica. Chi le acquista le vede come una security
blanket che copre tutti i problemi di sicurezza. In realtà non è così. Si-
70 Intelligence & Storia Top Secret
— la scorta armata
Purtroppo spesso le scorte armate sono viste come una sorta di sta-
tus symbol, oppure come semplici tuttofare, sia da chi se ne serve, sia
da se stesse. Perciò quando il livello di pericolosità è basso, tendono ad
essere disattente.
Inoltre spesso non hanno quell’addestramento alla dignitary protec-
tion che potrebbe consentire loro di rilevare segni sospetti: autovetture
o pacchi che sono dove non dovrebbero essere, dipendenti di ditte di
riparazione che non riparano niente, ecc.
Le statistiche mostrano come in pochissimi casi di rapimenti e/o
omicidi le scorte armate sono state di qualche utilità.
Se da una parte abbiamo il caso della guardia del corpo di uno dei
candidati alla presidenza di Panama sotto il regime Noriega, che morì
al posto del suo protetto prendendosi una pallottola nella schiena. Dal-
l’altra ci sono infiniti esempi in cui le scorte armate si sono rivelate
inefficaci.
Si tratta di uno strumento costoso e in un paese straniero anche
normativamente pericoloso, il suo utilizzo è pertanto consigliato solo
quando le minacce contro l’executive presentano un’altissima probabi-
lità di realizzazione.
— le armi da fuoco
Un executive armato che fronteggia un criminale o un terrorista è
prossimo al disastro. A meno che la situazione locale non sia talmen-
te compromessa che non ci siano alternative, far girare un executive
(anche se addestrato) con un’arma è estremamente imprudente. È una
soluzione che non presenta garanzie sotto il profilo della security e che
rischia, in caso di aggressione, di elevare il livello del danno subito dal-
l’executive o dai suoi prossimi.
Il mondo della Sicurezza 71
DOSSIER SECURITY
Rispetto a quanto sopra possono essere utili alcuni dati di massima:
— studi effettuati su alcuni rapimenti avvenuti in America Latina e
in Europa Occidentale hanno dimostrato che l’utilizzo delle scorte ar-
mate si è raramente rivelato un deterrente efficace sia verso i rapimenti
sia verso gli atti di terrorismo in genere;
DOSSIER SECURITY
ambientali. Un bambino, ad esempio, può riuscire a notare un’autovet-
tura sospetta, e riportando l’informazione contribuisce ad allertare la
famiglia su possibili tentativi di aggressione.
I bambini, infatti, sono particolarmente adatti a questo tipo di atti-
vità per via della loro naturale curiosità. La loro attitudine può essere
indirizzata positivamente per proteggere se stessi e la loro famiglia,
diventando degli specialisti di quella che in termini militari si definisce
sicurezza operativa, o di indicatori e warning nel gergo dell’intelligen-
ce.
La sorveglianza statica
La sorveglianza dinamica
DOSSIER SECURITY
cammina è utile variare la velocità: chiunque affretti il passo quando
l’executive accelera, o si fermi a guardare le vetrine quando questi ral-
lenta, risulterà sospetto.
Allo stesso modo sarà sospetto chi si è notato all’inizio del tragitto e
anche al suo termine. È raro poi che i membri del gruppo di sorveglian-
za che non siano professionisti del mestiere, resistano alla tentazione di
scambiare due chiacchiere mentre aspettano che l’obiettivo esca dal-
l’edificio, pertanto è bene prendere nota di chi si raggruppa e si divide
al proprio apparire.
Se l’executive scopre il gruppo di sorveglianza deve fare arrivare il
messaggio di scoperta al gruppo stesso evitando però ogni confronto e
rifugiandosi in uno dei rifugi sicuri, safe haven, predisposti o reperibili
al momento.
Anche la sorveglianza automontata si muove con l’obiettivo. Gene-
ralmente nel veicolo usato si trova più di una persona in modo da poter
stabilire quando necessario una sorveglianza a piedi. Se si dovessero
usare più veicoli è probabile che un veicolo segua l’obiettivo mentre gli
altri si stabiliscano davanti o in posizione parallela.
Un sistema per verificare se si è sottoposti a sorveglianza automon-
tata è quello di prendere nota di tipo, colore e targa delle autovetture
all’inizio del tragitto e di verificare se si rilevano ancora alla sua fine. È
un buon sistema per tenere a mente i mezzi e se si viene visti all’opera
dai probabili rapitori costituisce un ulteriore elemento di dissuasione
che mette fuori gioco i loro mezzi.
Anche in questo caso un ulteriore metodo di dissuasione consiste,
come nel pedinamento a piedi, nel variare le velocità durante il tragitto.
Prima di iniziare il tragitto è bene poi verificare i tentativi di rendere
l’autovettura facilmente identificabile (rottura di un fanale posteriore,
applicazione di nastro autoadesivo sul retro, ecc.).
La protezione di squadra
L’intelligence gathering
On site survey
L’on site survey viene condotto insieme alla fase di raccolta di intel-
ligence. I membri della squadra destinati all’avanscoperta si recano sul
posto con largo anticipo rispetto all’executive per condurre i necessari
sopralluoghi. Durante questa fase i membri della squadra conducono
ispezioni fisiche e raccolgono ulteriori informazioni sui siti in cui dovrà
recarsi l’executive; sono necessarie grande flessibilità e buone capacità
di comunicazione sia con le persone chiave dei siti che con i membri
della squadra di protezione ravvicinata.
L’on site survey se ben condotto può facilitare i movimenti dell’exe-
cutive da e verso il luogo da visitare, contribuendo a mantenere il suo
basso profilo in quanto diminuirà di molto imprevisti e confusione. In
Il mondo della Sicurezza 77
DOSSIER SECURITY
e con l’on site survey si potrà determinare il livello degli skill reattivi
necessari. Ma questi saranno necessari ed efficaci solo quando il tenta-
tivo di aggressione si sarà già palesato. Sicuramente non va trascurata
la cura dei reactive skills (armi da fuoco, guida difensiva, ecc.) ma fo-
calizzarsi solo su questi trascurando la complessa attività di intelligence
preventiva non contribuisce a diminuire la possibilità di aggressione ai
danni dell’executive che si tutela.
DOSSIER SECURITY
acquista delle caratteristiche peculiari rispetto a quella condotta in
madrepatria.
Le informazioni di base
Pre departure
DOSSIER SECURITY
— istruzioni sul riconoscimento di ordigni esplosivi improvvisati
(pacchi, lettere, ecc.)
— istruzioni su come trattare lo street crime
— consigli sulla protezione dei bambini all’estero
— descrizione delle procedure aziendali in materia di rapimento
— istruzioni sull’Hostage Survival
— istruzioni sulla sicurezza residenziale
— acquisizione di materiale medico indispensabile (occhiali da
vista di riserva, medicine prescritte di riserva, ecc.).
Office Security
Vehicular Security
Residential Security
Personal Security
DOSSIER SECURITY
Case e uffici sicuri. Il futuro prossimo è sempre più legato alla necessità di
proteggere persone, cose e documenti fin dalla costruzione delle strutture
che le ospiteranno
I
problemi di sicurezza nascono già al momento di impiantare i
siti da tutelare, che siano caserme, palazzine, uffici o siti produt-
tivi. Assieme alle effettive fondamenta vanno considerate anche
le fondamenta di una security policy la quale sarà utile quando il sito di-
venterà operativo. Per questo è necessario iniziare l’attività d’intelligen-
ce sin dal background screening dei dipendenti della ditta costruttrice.
Supervisionare la costruzione di un sito è un lavoro molto impegna-
tivo sotto il profilo della security e i cantieri sono obiettivi facili per i
malintenzionati.
Il continuo turnover del personale rende difficile il controllo degli
eventi sotto il profilo della sicurezza e l’alto valore degli impianti ed
equipaggiamenti possono procurare un veloce e notevole profitto per i
malfattori che colpiscono con successo. I problemi iniziano già quando
si aprono i cantieri. Materiali e progetti possono essere resi di mira da
diversi attori potenziali che potrebbero essere persone esterne, dipen-
denti o ex dipendenti che possono agire nel cantiere, durante il trasporto
dei materiali e nei depositi dove il materiale è immagazzinato. I furti
84 Intelligence & Storia Top Secret
1) Misure organizzative:
DOSSIER SECURITY
in materia di persecuzione dell’attività criminosa e abbia familiarità con
le procedure di security
— sensibilizzazione del personale affinché riporti ogni incidente
sospetto con la garanzia che ogni segnalazione sarà trattata in confiden-
za
2) Misure tecniche:
a) Misure di sorveglianza
— valutazione dei luoghi in cui un intruso potrebbe nascondersi e
loro eliminazione o controllo cadenzato
— valutazione di eventuali luoghi in cui potrebbe essere nascosto
del materiale durante l’attesa di un suo recupero successivo e loro eli-
minazione o controllo permanente
— miglioramento della sorveglianza visiva diurna tramite la di-
sposizione dei materiali in linee di vista sgombre da ostacoli
— miglioramento della sorveglianza notturna con illuminazione a
motion detection (attivata da sensori di movimento)
DOSSIER SECURITY
— stoccaggio dell’equipaggiamento in locali chiusi, dotati di ser-
ratura e sistema d’allarme. I container per il trasporto possono servire
allo scopo
— valutazione della convenienza di un contratto con società di vi-
gilanza per le ore notturne se l’area è ritenuta ad alta densità criminale
— recinzione delle aree di stoccaggio con controllo e manutenzio-
ne periodica del perimetro
— restrizione dell’accesso alle aree di deposito solo a dipendenti
autorizzati, dotati di chiavi di apertura non duplicate
— tenuta delle aree di stoccaggio e immediatamente prospicienti
in condizione di buona illuminazione e libere da opportunità di nascon-
diglio
a. perimetrali
— perimetrali passivi
Esercitano un’azione deterrente nei confronti del tentativo di intru-
sione tramite l’impedimento o il rallentamento dell’attività intrusiva.
Generalmente si articolano in:
• muri perimetrali
• reti di recinzione, generalmente costituite da reti d’acciaio zincato
che devono ovviamente offrire resistenza adeguata ad attacchi di sfon-
damento e/o abbattimento
• sistemi di antiscavalcamento, generalmente filo spinato o rostri di
varie misure, volti appunto ad evitare che le recinzioni ed i muri peri-
metrali vengano scavalcati
— perimetrali attivi.
Vengono sempre o quasi associati ai sistemi passivi con lo scopo di
inviare tempestivamente un segnale alla centralina di governo in caso di
tentativo di intrusione in corso. Generalmente si articolano in:
• cavi microfonici interrati: cavi che rilevano onde di pressione a
bassa frequenza trasmesse attraverso il terreno
• cavi sensori inerziali: cavi che rilevano le vibrazioni prodotte sulla
recinzione dai tentativi di sfondamento e taglio
• fili tesi: costituiscono una vera e propria recinzione che trasmette
automaticamente ogni tentativo di allargamento o di taglio dei propri
elementi
• GPS (Ground Pression Sensor): sensori di pressione di tipo idraulico
che rilevano la pressione tramite un sistema pneumatico
• sistemi a fibra ottica o elettrici intelaiati: si tratta di sistemi inte-
laiati nella rete di recinzione che generano allarme di rottura o taglio
a seguito della conseguente interruzione del flusso di corrente o del
flusso di luce
• campo elettrostatico: costituito da una serie di fili elettrici tesi che
generano un campo elettrostatico e inviano segnalazioni di allarme a
seguito della sua variazione
• barriera ad infrarossi: barriera costituita da elementi che rilevano
l’interruzione del fascio di infrarossi da parte di un corpo opaco;
• barriera a microonde: barriera costituita da elementi che rilevano le
variazioni del segnale tra trasmettitore e ricevente;
• cavo interrato a radiofrequenza: sistema costituito da due cavi in-
Il mondo della Sicurezza 89
DOSSIER SECURITY
trazione di un intruso all’interno del campo generato tra cavo emettitore
e cavo recettore
b. periferici
c. volumetrici
• la generazione di un cam-
po di energia che satura lo stesso;
• le rilevazioni di ogni variazio-
ne interveniente sulla saturazione
effettuata
I più utilizzati sono generatori
di: Figura 3. Monitoraggio stabili
• infrarossi: che rilevano la pre-
90 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER SECURITY
re)
3. Presidio
DOSSIER STORIA
Churchill voleva far giustiziare senza processo i gerarchi nazisti per evitare
che se la cavassero con l’ergastolo. Il Reichsführer delle SS Himmler fu il
primo della lista?
I
l 30 aprile del 1945 mentre Berlino bruciava insieme alle vesti-
gia del Reich, i cadaveri di Hitler, della sua amante Eva Braun,
di Goebbels e della sua famiglia, morti suicidi poche ore prime
dell’arrivo dei soldati Alleati, giacevano nel bunker segreto in cui ave-
vano vissuto fino all’ultima ora della loro vita nell’immane tragedia di
quella guerra.
Altri collaboratori dell’entourage di Hitler saranno catturati qualche
giorno dopo nonostante si fossero nascosti e, in alcuni casi, travestiti
in vario modo. Il Reichsführer delle SS Heinrich Himmler e due suoi
aiutanti saranno arrestati nella città di Bremervörde il 21 maggio del
1945 e identificati due giorni dopo il loro arrivo al campo prigionieri
nazisti di Westertimke.
Il gerarca si era messo una benda nera su di un occhio cercando di
sfuggire ai controlli, poi quando ritenne persa ogni speranza di sfuggire
Figura 3
N
el pomeriggio dell’11 novembre del 2005, lo
storico britannico David Irving (nella foto),
sostenitore, come Martin Allen, della tesi del
complotto che uccise Himmler, già criticato per aver più
volte negato l’Olocausto, è stato arrestato in Austria ad
Hartberg, in Stiria, rendendo esecutivo un mandato spic-
cato nei suoi confronti dal tribunale di Vienna nel novem-
bre 1989 per il reato di apologia del nazismo. L’arresto è
stato compiuto per la sospetta violazione del paragrafo 3 della legge austria-
ca contro il “revivalismo” nazista. Al momento dell’arresto Irving si stava
recando ad un raduno dell’associazione studentesca nazionalista di destra
“Olympia”. Nato ad Essex nel 1938, dagli anni Sessanta lo scrittore è attivo
nella pubblicistica storica con lavori come La strada di Hitler verso la guerra e
La guerra di Hitler. Ha sostenuto che il Führer non avrebbe saputo nulla sulla
sorte degli ebrei. Irving ha negato anche l’esistenza delle camere a gas nei
Documenti segreti 97
DOSSIER STORIA
militari del partito nazional-socia-
Figura 4 lista, guidate da Ernst Röhm. Le SS
assunsero sempre più importanza
nella politica nazionalsocialista
tedesca, finché, il 30 giugno del
1934, in quella che fu chiamata la
“Notte dei lunghi coltelli”, le SA di
Röhm, per ordine di Hitler, furono
massacrate durante una sanguino-
sa azione notturna. Le SS diven-
nero ben presto note per la loro
crudeltà e le agghiaccianti rappre-
saglie commesse nel corso del loro
operato. Queste azioni sono state
definite dagli storici una lucida
follia, una delirante esaltazione
che partorì pagine di grande orrore
DOSSIER STORIA
con gli Alleati. Nell’estate del Heinrich Himmler
1943, Himmler fece i suoi primi
cauti passi nel mondo delle nego-
ziazioni segrete. Dapprima inviò
il suo avvocato, Karl Langbehn
dall’Ambasciatore britannico in
Svezia, Victor Mallet. La riunione
fu condotta sotto la protezione del
banchiere svedese Marcus Wallen-
berg. Mallet, in seguito, relazionò
debitamente Londra sulla riunione
avuta con Langbehn durante la
quale era emerso che Himmler
avrebbe voluto negoziare una pace
separata.
Nonostante la sua fama di
H
uomo crudele e spietato, era einrich Himmler
probabilmente anche un illuso. (Monaco di Baviera
Incoscientemente sperava in una 1900−Lüneburg 1945).
immunità che nel dopoguerra gli Uomo di fiducia di Hitler, nel 1923
avrebbe permesso di intraprendere partecipò al putsch di Monaco e fin
la carriera di statista nella Germa- dal 1924 si impegnò a organizzare le
nia che lui stesso aveva contribuito SS. Nominato nel 1933 comandante
ad affogare nel sangue. Per realiz- della polizia politica della Baviera,
zare questo sogno assurdo, era di- l’anno dopo ebbe il titolo di capo
sposto a correre il rischio di tradire della polizia del Reich. Riordinò
il suo Führer. la Gestapo e nel 1934 diresse con
Doveva dimostrare di essere ca- Göring e con Heydrich l’uccisione
pace di sostenere un colpo di Stato del capo delle SA Röhm, e da allora
dunque. Himmler tenne segreta ebbe praticamente il controllo su
questa intenzione, limitandola ad ogni attività statale e di partito.
un suo confidente del quale aveva Nell’agosto 1943 fu nominato
fiducia e che deteneva il comando ministro degli Interni, poi dal luglio
del servizio di controspionaggio del 1944 comandò l’esercito della
dell’SD (l’Intelligence delle SS), riserva; in questo periodo estese al-
l’SS-Brigadeführer Walter Schel- l’intera Europa occupata il regime,
lenberg. Durante la seconda parte già attuato in Germania, di stermi-
della primavera, all’inizio del- nio contro ebrei e oppositori politi-
l’estate del 1944, mentre gli Allea- ci. Nella seconda metà dell’aprile
ti sbarcavano sulle spiagge della 1945 tentò d’avviare trattative con
Normandia dando avvio al D-Day, gli anglo-americani. Catturato da-
l’intelligence britannica appoggiò gli inglesi, morì suicida.
clandestinamente il Kreisau Cir-
100 Intelligence & Storia Top Secret
Figura 6. Un messaggio top secret datato 1941 inviato ai servizi segreti britannici
dalla Germania. Fino dai primi anni della guerra furono organizzate in Svizzera
gruppi di agenti segreti britannici e statunitensi il cui compito era quello di gestire
la rete informativa all’interno della Germani nazista. In questo caso la lista tracciava
vari profili di uomini e ufficiali dell’esercito e della polizia tedesca
Documenti segreti 101
cle, una società segreta in Germania il cui fine era quello di rovesciare il
DOSSIER STORIA
regime nazista. Una persona chiave all’interno del Kreisau Circkle era
il colonnello Claus Von Stauffenberg. Sistemerà una bomba nel quartier
generale di Hitler a Rastenberg, in Prussia, il 20 luglio del 1944.
Posta in una borsa messa sotto un tavolo attorno al quale alcuni
ufficiali erano in riunione con Hitler, la bomba esplose facendo feriti
e morti. Hitler scampò miracolosamente all’attentato. Sembra che un
ufficiale, infastidito da quella borsa, la spostò con un calcio un po’ più
lontano dalla posizione in cui stava Hitler. Il pesante ripiano del tavolo
protesse ulteriormente dall’esplosione il capo del nazismo che se la
cavò con alcuni graffi e un po’ di frastonatura. Himmler destinò all’ine-
vitabile fallimento questo primo tentativo di eliminare Hitler.
Quando la sera del 20 luglio, gli uomini del colonnello dell’esercito
Von Stauffenberg, a Berlino, tentarono di prendere il comando del-
l’esercito, fallirono miseramente perché non riuscirono a prendere il
controllo dei reggimenti stanziati attorno a Berlino, ma soprattutto per
l’inerzia di Himmler, senza la cui ribellione non ottennero l’appoggio
dell’Alto Comando.
Quella stessa notte, il Colonnello Stauffenberg ed i suoi sostenitori
più vicini furono messi al muro. Himmler non fece assolutamente nien-
te per dodici ore, aspettando di vedere gli sviluppi della rivolta Gli era
mancato il coraggio di togliere il potere al Führer. E 500 uomini e donne
implicate in quella congiura furono arrestate e giustiziate.
Himmler l’aveva detto chiaro e tondo che lui non sarebbe stato ca-
pace di attivare personalmente un colpo di stato delle SS, per togliere di
mano il potere a Hitler. Tuttalpiù era disposto a sostenere clandestina-
mente un terzo tentativo di golpe. Nei primi giorni di maggio del 1945,
Himmler si era dunque recato in Germania, a Flensberg, sul confine
tedesco-danese.
A ridosso dei primi giorni della pace decise di tentare di attraversa-
re la zona britannica occupata per arrivare alla zona americana, dove
avrebbe voluto contattare Allan Dulles, a capo dell’OSS (l’Office Of
Strategic Service, l’Intelligence americana) in Svizzera. Himmler prese
questa decisione perché negli ultimi mesi della guerra Dulles era stato
vicino ad un altro suo fedelissimo, Karl Wolff , generale delle SS che
aveva negoziato la resa di tutte le forze tedesche in Italia settentriona-
le.
Contattare gli americani era un importante passo avanti di Himmler,
deciso ormai ad arrendersi per negoziare un suo futuro politico nella
Germania del dopoguerra. Gli era chiaro che non c’era nessuna possibi-
lità di ereditare il governo della Germania.
Trascurato da Hitler che stava subodorando il suo tradimento e persa
la speranza di sfuggire alla cattura, l’ex comandante degli uomini che
amava definire i suoi “guerrieri eletti”, pensò che non gli restasse altro
102 Intelligence & Storia Top Secret
DOSSIER STORIA
RUDOLPH HESS: UN COSTOSISSIMO PRIGIONIERO
N
on è un mistero che una certa parte della nobiltà britannica
aveva simpatie per i nazisti, almeno all’inizio della sua ascesa
al potere in Germania. In questo contesto si può inserire il goffo
tentativo di Rudolph Hess, (Fig. 7) il “delfino di Hitler”, colui che gli sarebbe
dovuto succedere, di volare in Scozia per offrire a Churchill un’alleanza pas-
sando attraverso l’high-society scozzese.
Il 10 maggio del 1941 Hess, partiva dall’aeroporto di Augusta col suo
Bf110, un bimotore a due posti, lanciandosi col paracadute sulla cittadina
di Eaglesham, in Scozia, a 20 Km da Dungaved House. Catturato, fin dai
primi momenti della sua prigionia, chiederà di parlare con Churchill, il
quale, avvisato della novità reagirà con disinteresse citando una frase che
diverrà storica: “Il verme è nella mela”. Hess proponeva la pace con la Gran
Bretagna, ma non accennò all’attacco che la Germania preparava contro la
Russia. Probabilmente a Churchill non apprezzò il fatto che Rudolph Hess
proponeva oltre all’alleanza, lo scioglimento del suo “Gabinetto di Guerra”
per sostituirlo con un “nuovo governo”.
Il rifiuto di Churchill di vedere Hess è comunque spiegabile se conside-
riamo che dar retta a quell’aviatore un po’ allucinato significava accettare di
patteggiare con un altro folle come Hitler, incapace di mantenere fede ad un
qualsiasi patto. Anche la morte di Hess avverrà non senza misteri! Impri-
gionato a vita nella fortezza di Spandau, morirà il 26 aprile 1986 nell’ospe-
dale militare britannico di Berlino Ovest. Un frettoloso comunicato ufficiale
sosterrà che il decesso era avvenuto suicidandosi con un cavo elettrico. Era
il terzo tentativo riuscito dopo altri due sventati miracolosamente. Il primo
era avvenuto gettandosi da una tromba delle scale. Una seconda volta si era
accoltellato sebbene non gravemente con una posata di cucina.
Era stato il detenuto più costoso ereditato dalla seconda guerra mondia-
le. Rinchiuso in diverse prigioni
prima di quella di Spandau, costò
un miliardo di lire all’anno per
il suo mantenimento, sebbene a
carico del governo tedesco.
DOSSIER STORIA
Sovietica. Pare che in allegato a quel documento figurasse anche l’or-
dine di far uccidere Benito Mussolini, in una operazione gestita dal SOE
(lo Special Operations Executive, il servizio britannico incaricato delle
attività clandestine in territorio nemico istituito il 20 luglio 1946), e dai
partigiani italiani. In effetti, il Duce fu fucilato nei pressi di Dongo negli
ultimi giorni di guerra mentre cercava di riparare in Svizzera. La richie-
sta di Himmler dì avere un colloquio con il Maresciallo Montgomery,
mostrano la sua intenzione di trattare con chi riteneva un suo pari. Il suo
“suicidio” era stato dunque preordinato?
Prima che Himmler fosse catturato, il governo britannico si era
chiesto più volte cosa avrebbe dovuto fare con prigionieri del calibro
di Himmler, Rudolph Hess, già prigioniero degli inglesi dal 1941, o
di Goebbels. L’ammiraglio Andrew Cunningham ebbe diversi colloqui
con Churchill a proposito dell’eventuale cattura di Himmler. In uno
di questi incontri, avvenuto il 13 aprile 1945, fece notare al “grande
vecchio” che se Himmler fosse arrivato ad un processo, avrebbe potuto
diffondere pericolose idee quali: «tentare di mostrare che in fondo non
era così cattivo come lo dipingevano».
Per questo Cunningham consigliò di trasferire Himmler su di un’iso-
la remota, una specie di Sant’Elena, dove il prigioniero avrebbe potuto
essere interrogato in sicurezza senza dargli la possibilità di diffondere
i suoi “veleni”. La morte del gerarca nazista, appena catturato, toglieva
quindi ogni preoccupazione a chi avrebbe dovuto gestire una detenzio-
ne che si sarebbe rivelata una patata bollente nelle mani degli Alleati.
Per questo gli storici oggi dubitano sulla versione di un Himmler
suicidatosi ingerendo cianuro dopo aver compreso che il gioco era fi-
nito.
La ricerca condotta negli archivi evidenzierebbe, scrive Martin Al-
len, molte stranezze e discordanze sulle circostanze di questa morte.
L’autopsia compiuta sul cadavere non evidenziò le cause della morte.
Inoltre non figura nessuna comunicazione sull’episodio negli archivi
del reggimento che catturò il generale nazista e lo tenne prigioniero.
Né figura una qualsiasi comunicazione al maresciallo Montgomery.
I documenti del Public Record Office (un gruppo di fascicoli catalogati
alla voce FO 800 dell’archivio 868), sembrano, invece, contenere prove
su di un’altra versione dei fatti.
In un documento in particolare, datato 10 maggio 1945, una lettera
Top Secret alla Cancelleria del Foreign Office scritta da Sir John Horse
indirizzata a sir Robert Bruce-Lockhart, del British Political Intelligen-
ce si diceva:
In seguito alla nostra riunione di ieri mattina, sto pensando seriamente alla
situazione di H. Non possiamo permettere a Himmler di formulare un’even-
106 Intelligence & Storia Top Secret
tuale accusa, o permettere che sia interrogato dagli americani. Passi dovranno
essere fatti perciò per eliminarlo appena lui sarà caduto nelle nostre mani. Per
favore dia alla questione massima priorità.
DOSSIER STORIA
Monaco 1972: undici atleti israeliani sono assassinati dagli uomini di
Settembre Nero. Il Mossad perseguiterà mandanti e sostenitori del
massacro con un’operazione che non si fermerà nel tempo
Eva Brugnettini
A
gosto 1972, il mondo intero sta aspettando con impazienza
l’apertura dei Giochi Olimpici di Monaco, dove sarà pre-
sente una delegazione di atleti israeliani. Tutta la stampa è
concentrata sulla squadra di questo piccolo Paese in guerra dalla sua
stessa nascita. Per quanto riguarda la sicurezza, le autorità austriache e
tedesche, rifiutano di integrare nei loro effettivi i migliori specialisti di
anti-terrorismo venuti da Tel-Aviv. Secondo loro la sicurezza è già ga-
rantita. Uno dei responsabili tedeschi afferma: “Berlino non è Beirut”.
L’organizzazione della sicurezza si dispone sui propri assi tradizionali:
la tranquillità dei partecipanti e la sicurezza della gente.
All’inizio degli anni Settanta, il terrorismo non è ancora una forte
preoccupazione per le polizie d’Europa, infatti, sebbene ci siano dei
gruppi in azione, non rappresentano ancora il problema che divente-
ranno negli anni successivi. Gli israeliani, invece, sono alle prese con il
terrorismo già da venticinque anni e hanno condotto molte operazioni
con successo. Le Olimpiadi cominciano e tutto procede tranquillamente
fino all’inizio di settembre. Il 5 di quel mese la situazione precipita:
un commando palestinese, otto elementi travestiti da atleti, riesce a
Figura 1, Figura 2 e Figura 3. Momenti del sequestro degli atleti israeliani da parte
degli uomini di Settembre Nero
108 Intelligence & Storia Top Secret
S
ettembre Nero è un’or- atleti israeliani e ne hanno catturati
ganizzazione terroristi- nove. L’operazione è stata battez-
ca internazionale che zata dai terroristi "Ikrit e Biram",
si è staccata dall’OLP di Arafat nel a memoria di due villaggi rasi al
’74, localizzata in Libano, Sudan, suolo nella Galilea Settentrionale.
Siria, Medio Oriente, Asia e Eu- La polizia austriaca e tedesca
ropa. Conosciuta anche come Abu è del tutto presa alla sprovvista,
Nidal Organization, dal nome del completamente sovrastata dalla
leader Sabri al-Banna, alias Abu situazione. E in effetti poliziotti
Nidal. Il nome “Settembre nero” non preparati, non sensibilizzati
venne scelto per commemorare e soprattutto completamente al-
una rivolta in cui furono uccisi l’oscuro delle capacità di questo
migliaia di palestinesi, decimati gruppo di terroristi non potevano
da re Hussein di Giordania quando fermare dei palestinesi ben adde-
l’OLP minacciava di diventare uno strati, determinati e persino appog-
stato autonomo. Tra gli obiettivi giati da agenti della STASI infiltrati
principali ci sono gli Stati Uniti, la sul posto (STASI è la designazione
Gran Bretagna, la Francia, Israele che sta per MfS — Ministerium für
e anche la stessa OLP, ritenuta una Staatssicherheit, Ministero della
fazione troppo moderata, di cui Sicurezza di Stato — si tratta del
vanta l’uccisione dello stesso Abu Servizio di Sicurezza tedesco).
Jihad. Già nelle ore successive i terro-
risti hanno il controllo dell’opera-
zione, fanno le loro richieste e per
dimostrare la loro determinazione gettano in strada il corpo di una delle
vittime israeliane. Richiedono il rilascio immediato di 234 prigionieri
politici palestinesi e tedeschi detenuti in Israele e in Germania. Golda
Meir, primo ministro israeliano, dichiara subito di non avere alcuna in-
tenzione di trattare con i terroristi: «Se cedessimo, nessun israeliano si
sentirebbe più sicuro in nessuna parte del mondo». Da questo momento
l’incompetenza della polizia si fa evidente: nessuno sa cosa fare, né
che manovre tentare. Le autorità tedesche rifiutano di interrompere le
Olimpiadi.
Ancora una volta gli israeliani propongono di mettere a disposizione
dei poliziotti locali uno specialista di operazioni di anti-terrorismo, ma
questi rifiutano; è diventata ormai una questione di orgoglio. Lo specia-
lista in questione era il capo del Mossad Zwi Zamir, arrivato immedia-
tamente a Monaco.
Il primo giorno passa nella confusione più totale. Il secondo i terro-
risti chiedono un elicottero che possa portarli all’aeroporto, dove un ae-
reo di linea avrebbe dovuto aspettarli. Le autorità locali fanno il primo
Documenti segreti 109
DOSSIER STORIA
Il piano consiste nel tendere un’imboscata ai terroristi mentre scen-
dono dall’elicottero, servendosi di tiratori scelti. Ma i tiratori in questio-
ne non sono dei veri e propri professionisti e non sono addestrati per ef-
fettuare un tiro sincronizzato efficace. I terroristi arrivano all’aeroporto
con gli ostaggi rimasti. Ovviamente non è stata fatta alcuna valutazione
psicologica e in queste misere condizioni i poliziotti stanno per agire.
Una volta ancora, i Servizi israeliani propongono di far intervenire il
proprio specialista, che d’altronde è già sul posto. La risposta è di nuovo
un “no”, definitivo. Nel frattempo l’ufficiale israeliano trasmette a Tel-
Aviv delle informazioni allarmanti su ciò che ha visto dei preparativi
in aeroporto. La sua analisi è precisa e drammatica, secondo l’ufficiale
ciò che è stato predisposto può dare al massimo un 10% di probabilità
di sopravvivenza agli atleti: poliziotti nervosi, autorità incompetenti, ri-
fiuto di riconoscere un fallimento lampante, uomini non preparati, armi
non adatte. Il rapporto sconvolge Tel-Aviv, che si prepara al peggio.
Uno specialista afferma: «I tiratori non sono più che dei cacciatori della
domenica, e sono stati disposti senza il minimo buon senso». L’ufficia-
le di Tel-Aviv, spettatore di un disastro annunciato, afferma un’ultima
volta che sta per svolgersi un dramma in diretta, e sfortunatamente avrà
ragione.
L’elicottero è sulla pista di atterraggio a motore acceso, i terroristi
cominciano a scendere. All’improvviso partono i primi colpi da parte
dei poliziotti tedeschi, che però non raggiungono il bersaglio: è l’inizio
della sparatoria.
I palestinesi rispondono al fuoco. Il primo scontro dura più di un’ora,
finché i terroristi palestinesi lanciano una bomba dentro l’elicottero che
conteneva 5 atleti israeliani e uccidono i 4 rimasti nel secondo elicotte-
ro. Nella sparatoria che segue morirono 5 membri di Settembre Nero,
mentre 3 saranno catturati. Golda Meir criticò duramente l’operato
Figura 2
110 Intelligence & Storia Top Secret
delle autorità della Germania federale, che a loro volta ritennero troppo
intransigente l’atteggiamento del governo israeliano nel rifiuto di trat-
tare.
Oltretutto i terroristi sopravvissuti non saranno mai processati: il 29
ottobre dello stesso anno, il gruppo FPLP (Fronte Popolare per la Libera-
zione della Palestina, una derivazione estremista dell’OLP — Organizza-
zione per la Liberazione della Palestina) dirotta un aereo di linea della
Lufthansa pieno di passeggeri.
I terroristi chiedono il rilascio dei loro compagni del commando di
Monaco, oppure uccideranno tutti i passeggeri del volo. La Germania
cede subito all’ultimatum, dichiarando che «l’opinione pubblica del
loro paese non sopporterebbe un massacro in un aereo Lufthansa».
Quindi libera i tre membri di Settembre Nero e li porta sotto scorta
verso un aeroporto dove li aspetta un aereo privato.
La lista Golda
DOSSIER STORIA
— Abu Yussuf, alias Mahmoud Yussuf Najjer: ufficiale di alto
livello dell’OLP e di Settembre Nero, fu ucciso a Beirut nell’aprile del
1973;
— Kamal Nasser: portavoce ufficiale dell’OLP, fu ucciso a Beirut
nell’aprile del 1973;
— Mohammed Boudia: collegava l’OLP con gruppi terroristici in
Europa, fu ucciso a Parigi nel giugno del 1973;
— Ali Hassan Salameh: diresse ed eseguì il massacro di Monaco,
il Mossad lo chiamava “il Principe Rosso”, fu ucciso nel gennaio del
1979 a Beirut;
— Abu Jihad: principale capo dell’OLP, fu ucciso a Tunisi nel-
l’aprile del 1988; nativo di Jaffa, classe 1933, venne ignorato dagli
israeliani e fatto fuori probabilmente dall’organizzazione rivale Abu
Nidal.
Ali Hassan Salameh la mente che stava dietro alla cattura degli
ostaggi sarà ucciso per ultimo, al termine di sette lunghi anni di caccia
all’uomo. Una caccia condotta da diversi gruppi di agenti israeliani,
mai confermata né smentita da Israele.
Salameh era il primo della “Lista Golda” e come tutti i terroristi
direttamente responsabili del massacro, appartenenti all’organizzazione
terrorista Settembre Nero, non è riuscito a sfuggire alla vendetta del
Mossad.
Se verranno trovati tutti i nomi della lista, la missione sarà un successo incre-
dibile. Se saranno cinque o sei, sarà chiaro il messaggio che non è conveniente
spargere sangue ebraico, che non siederemo inattivi come il mondo faceva du-
Figura 3
112 Intelligence & Storia Top Secret
rante l’Olocausto. Anche se si trova solamente uno o due nomi, non sarà stato
invano. Ma di fronte alla scelta se uccidere, insieme ad uno sull’elenco, anche un
innocente oppure rinunciare alla missione, le istruzioni sono di non fare niente.
Con queste parole l’agente del Mossad, Harari, darà il via all’opera-
zione “Vendetta di Dio”.
Il gruppo di Avner si stabilisce a Ginevra con il primo compito di
reperire informazioni su tutti gli elementi della lista e stabilire quali
siano i bersagli “facili”, quelli che conducevano una vita abitudinaria
soggetta a prevedibili routine, e quali “difficili”, quei soggetti che adot-
tavano misure di sicurezza e guardie del corpo.
Le prime missioni furono piuttosto veloci, segnate da diversi colpi di
fortuna per il gruppo di Avner, come l’operazione che portò all’uccisio-
ne simultanea di tre bersagli che si dovevano imprudentemente incon-
trare a Beirut: Kemal Adwan, Abu Yussuf e Kamal Nasser; operazione
definita in seguito come esemplare.
Wael Zwaiter, 38 anni, era residente in Italia da 16 anni, lavorava
all’ambasciata libica, era un cultore di lettere, aveva pubblicato una
traduzione in italiano di Le mille e una notte.
I palestinesi sostengono che Zwaiter fosse un poeta, un letterato,
e che non avesse alcun legame con l’organizzazione dell’attentato. Il
Mossad lo riteneva invece compli-
ce nella fase organizzativa della
strage. Lui è il primo obiettivo
della vendetta. La sera del 16 ot-
tobre, Zwaiter si ferma nell’atrio
di ingresso in un condominio di
piazza Annibaliano, a Roma.
Il gruppo di Avner aveva
già scoperto che il suo telefono
personale era stato staccato per
inadempienza dei pagamenti, e lo
stava aspettando. Dopo la breve
telefonata, Zwaiter fa due passi
verso l’appartamento e i due killer
gli sparano quattordici colpi, poi
si dileguano, con un’auto che li
aspettava all’esterno. Non furono
mai individuati.
La squadra si sposta in Francia,
DOSSIER STORIA
moud Hamshari, rappresentante La Falange
dell’OLP in Francia, ritenuto il
L
capo locale di Settembre nero. La a Falange è il partito
squadra di Avner entra in contatto che rappresenta gli
con una struttura autonoma di interessi cristiani in Li-
spionaggio francese aperta a ogni bano, fondato da Amin Gemayel. Il
committente che avesse bisogno di figlio, Bashir Gemayel, fu il primo
armi o informazioni, Le Group. a cercare contatti con Israele per
È così che gli agenti del Mos- difendere la propria comunità dal
sad ottengono notizie utili per mondo musulmano circostante,
incastrare Hamshari ed è uno dei dalla Siria soprattutto. L’olp già
suoi uomini che si finge giornali- dal ’68 usava i campi profughi del
sta italiano e riesce a contattarlo Libano meridionale come base per
telefonicamente. Si decide allora attaccare Israele. Si era creato uno
di piazzare un ordigno esplosivo stato nello stato, che aveva portato
dentro al telefono di Hamshari, alla disintegrazione della società
azionabile con un dispositivo a libanese e a continue lotte interne
distanza. tra cristiani libanesi e palestinesi. È
L’8 dicembre 1972 il palesti- a metà degli anni ’70 che si conso-
nese sta aspettando la telefonata lida una vera e propria alleanza tra
del giornalista italiano, e quando Israele e la Falange, con lo scoppio
risponde la bomba fu fatta esplo- della guerra civile in Libano.
dere. Fu un altro successo per la
squadra di Avner. Gli uomini del
Mossad si spostano a Nicosia, a Cipro, nel gennaio 1973. L’obiettivo
è Hussein Abad al-Chir, 36 anni, dirigente di al-Fatah è uno dei primi
gruppi terroristici per la liberazione della Palestina, a lungo diretto da
Arafat, legato all’OLP, si è reso capace di atti di grande violenza sebbene
oggi sia considerata un’organizzazione moderata ha buoni legami col
KGB sovietico. Lavorava nella sua camera all’Olympic Hotel, dove di-
versi agenti si registrano e uno di loro piazza un potente esplosivo sotto
il suo letto: nella tarda serata del 24 gennaio 1973, al-Chir salta in aria.
Il 6 aprile dello stesso anno, Basil al-Kubaisi viene fatto fuori in
Boulevard de la Madeleine, a Parigi. Nel marzo del 1973 Harari contat-
ta l’unità Avner per comunicare alcune novità: tre personaggi della lista
stanno per incontrarsi a Beirut: Mahmoud Yussuf Najjer, Kemal Adwan
e Kamal Nasser.
All’operazione “Vendetta di Dio” gli israeliani affiancano l’unità
“Primavera della giovinezza”, che viene affidata alle forze speciali
dell’esercito.
Nell’aprile 1973, l’unità effettuò la più grande azione di rappresa-
glia dove uccise i tre leader nelle loro stesse abitazioni nel centro di
Beirut; morirono però anche due innocenti. Israele ammise la propria
114 Intelligence & Storia Top Secret
L’uccisione di Salameh
Rizek, famosa in tutto il Libano per essere stata Miss Mondo nel 1970.
DOSSIER STORIA
Grazie alla sua mediazione, Salameh entra in contatto con Solange
Gemayel, moglie di Bashir Gemayel, capo del partito libanese cristia-
no (la Falange), e le chiede di proporre a suo marito di avviare delle
negoziazioni tese a calmare le sanguinose tensioni che ancora regnano
tra cristiani e palestinesi. All’incontro con Bashir Gemayel, Salameh
gli fa la seguente proposta: avrebbe fatto cessare i combattimenti, se i
Falangisti in cambio gli avessero lasciato installare dei depositi d’armi
sotterranei e postazioni lanciarazzi nei pressi di Ad Damur, da cui at-
taccare Israele.
Bashir Gemayel si finge interessato e come prova della sua buona
volontà confida a Salameh che degli agenti israeliani stanno facendo
domande sul suo conto. Quello che Salameh però non sa è che gli agenti
informativi cristiani stanno letteralmente coprendo il Mossad di infor-
mazioni su Salameh.
Verso la fine del 1978, Salameh sembra diventare meno prudente.
Soggiorna sempre più spesso nel suo appartamento in Rue de Verdun:
Georgina aspetta un bambino, Salameh è al settimo cielo. Nel frattempo
già dal 1977, una ragazza tedesca è stata inviata dal Mossad in Germa-
nia, per crearsi una copertura: è titolare di un passaporto tedesco e si ar-
ruola in diverse organizzazioni caritatevoli che le danno un’apparenza
molto rispettabile. In breve tempo riesce a farsi molti amici, tutti pronti
Figura 5
DOSSIER STORIA
grandissima precisione. I Servizi israeliani vogliono essere assoluta-
mente sicuri di uccidere il bersaglio al primo colpo. Lasciarlo ferito
equivarrebbe a farne un eroe, un martire vivente per l’OLP.
Si decide di mettere delle barriere di segnalazione di lavori in corso
all’altezza della Volkswagen: il restringimento della carreggiata ob-
bligherà la Chevrolet di Salameh a passare molto vicino alla bomba,
garantendo il successo dell’operazione.
Nel frattempo il capo dei Servizi informativi di Bashir Gemayel ha
un appuntamento con due agenti del Mossad, i quali gli dicono che sa-
rebbe utile se telefonasse a Salameh il giorno dopo, intorno alle 15.
Il 22 gennaio 1979, Ali Hassan Salameh torna a casa per pranzo, di
buon umore e sempre scortato dalle sue guardie del corpo. Il giorno
prima, l’agente del Mossad sul posto, Inge, ha ricevuto la visita di Peter
che le ha dato un telecomando. Alle 15.15 Salameh riceve la telefonata
di un ufficiale dei Servizi informativi di Gemayel che gli comunica
di essere appena entrato in possesso di alcune informazioni molto im-
portanti provenienti dal Mossad. Per sicurezza, Gemayel e il capo dei
Servizi informativi si rendono irraggiungibili. Alle 15.30 Salameh sale
sulla sua Chevrolet, con due guardie del corpo e l’autista, dietro di lui
l’altra scorta nella Land Rover aspetta, a motore acceso. Il convoglio
ha un aspetto singolare: due macchine stipate di uomini con diversi
Kalashnikov che escono dai finestrini: decisamente poco professionale.
Conclusioni e analisi
In questo caso, come del resto succede di solito, è stata una succes-
sione di errori dello stesso Salameh a condurlo alla morte. Se si ana-
lizza l’attentato di cui fu vittima, ci si rende conto che evidentemente
anche lui ha ceduto alle debolezze che avevano fatto delle sue vittime
dei bersagli facili. Il primo errore è stato rimanere in una città dove gli
assassini lo stavano cercando. Anche se viveva in una zona che contava
solo di amici, doveva sapere che i quartieri non sono compartimenti
stagni: un uomo correttamente preparato e che sappia adottare compor-
tamenti adeguati a seconda del quartiere, può benissimo attraversare la
città e rimanere illeso. Per Salameh la migliore soluzione sarebbe stata
espatriare verso un paese amico, dove sarebbe stato molto più difficile
politicamente e tecnicamente attentare alla sua vita, cosa che altri can-
didati della lista Golda avevano già capito molto bene.
Il secondo errore è stato abituarsi alla presenza di una straniera nelle
sue vicinanze. Tenuto conto della qualità degli agenti lanciati al suo
inseguimento, i responsabili della sicurezza non si sarebbero dovuti
accontentare di una perquisizione del suo appartamento. Se Inge fosse
stata discretamente sorvegliata 24 ore su 24, si sarebbero accorti della
Documenti segreti 119
DOSSIER STORIA
durante la perquisizione, se avessero lavorato correttamente e rispettato
le regole base per la sicurezza, gli agenti di Salameh si sarebbero accor-
ti che una delle finestre dava direttamente sulla via del bersaglio, cosa
che avrebbe accentuato la diffidenza e eventualmente richiesto l’inter-
rogatorio di Inge. Bisogna ricordare poi che tutto succede a Beirut negli
anni tra il 1978 e il 1979: era un ambiente tale che avrebbero potuto
benissimo uccidere la ragazza senza essere disturbati.
Un altro errore che gli agenti del Mossad aspettavano pazientemente
è che Salameh finisse per rilassarsi: arrivare a pranzare tutti i giorni
alla stessa ora e nello stesso posto della Rue de Verdun è stato da parte
sua davvero sconsiderato, non solo perché è lo stesso errore in cui erano
cadute le sue stesse vittime, ma perché sapeva di essere braccato.
Per una squadra di assassini, un bersaglio che diventa abitudinario
è considerato imprudente. Si associa spesso la ripresa di ritmi regolari
al fatto che la coscienza del rischio scompare. Tecnicamente si parla
di “bersagli amici” o “bersagli deboli” quando questi partecipano alla
propria uccisione facilitando il lavoro degli assassini.
Al contrario si parla di “bersagli nemici” o “bersagli duri” quando le
vittime si comportano in modo tale da non permettere di predire dove si
troveranno in un determinato momento, complicando il compito degli
FILM-VHS-DVD
Una storia raccontata da un agente CIA in un film di Stephen Gaghan
F
ilm verità, film documento, film denuncia. Sono diverse le
definizioni che si possono dare a questa pellicola diretta da
Stephen Gaghan, in cui l’attore George Clooney interpreta un
agente della CIA in un film ispirato da un libro di Robert Baer, davvero
ex analista dell’Agency statunitense, La disfatta della Cia pubblicato
da Piemme nel 2003. La trama è un classico dei thriller politici. Ricchi
petrolieri sauditi e texani, colossi petroliferi statunitensi e apparati di
Stato, dal Pentagono alla CIA, dal Dipartimento della Giustizia alla Casa
Bianca, formano un intreccio avvolgente che lascia senza fiato parlando
di argomenti apparentemente lontani anni luce dall’uomo della strada.
La situation è lì sotto i nostri occhi, prende avvio dalle mosse del
giovane principe Nasir, erede al trono di un paese del Golfo produttore
di petrolio, (immaginiamo quale) che sta cercando di modificare le
relazioni commerciali da lungo tempo favorevoli agli uomini d’affari
degli Stati Uniti. Nasir, infatti, cede vantaggiosamente ai cinesi i diritti
di sfruttamento del gas, in precedenza detenuti dalla Connex, un gigan-
te texano, (il cui nome ricorda da vicino veri marchi di multinazionali
che controllano i rubinetti dell’oro nero negli States), danneggiando gli
interessi americani. Jimmy Pope, proprietario della Killen, una piccola
compagnia petrolifera, ha da poco ottenuto i diritti di trivellazione nei
124 Intelligence & Storia Top Secret
V. DI CESARE - S. PROVVISIONATO
IN LIBRERIA
Vaticano rosso sangue
Dalle trame dell’Agente G al rapi-
mento di Emanuela Orlandi. Cento
anni di casi irrisolti all’ombra di
San Pietro
Editoriale Olimpia Sesto Fiorentino (Fi)
di Radio Città Futura, inizia la sua carriera all’Ansa, dove lavora come
inviato di cronaca (mafia e terrorismo) e poi come capo della redazio-
ne politico-parlamentare. Dal settembre del 2000 è autore di «Terra!»,
settimanale del Tg5. Direttore del sito www.misteriditalia.it, ha scritto
numerosi libri. Con Vittorio Di Cesare ha pubblicato Servizi segreti e
misteri italiani (2004).
P. MASTROLILLI - M. MOLINARI
L’Italia vista dalla Cia
1948-2004
Editori Laterza Bari 2005
pagg. 365 Euro 18,00