Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
2
TERZA CONFERENZA
Non c’è alcun dubbio che con la catastrofe della guerra mon-
diale e con ciò che in maniera spaventosa si collega ad essa, la
questione sociale ha assunto un nuovo volto per l’umanità del
presente. Naturalmente certi ambienti, anche abbastanza ampi,
non vedono affatto di buon occhio questo cambiamento di a-
spetto della questione sociale. Ma il cambiamento c’è, e si farà
valere sempre più.
Quegli uomini che sino ai giorni nostri hanno fatto parte delle
cerchie dominanti e dirigenti si vedranno costretti dalla forza
dei fatti a non rimanere più fermi, nei confronti della questione
sociale, allo sviluppo di singoli pensieri o provvedimenti in ri-
sposta a ciò che accade in questo o quel campo aziendale, o
all’interno dell’una o dell’altra cerchia di proletariato. Questi
gruppi dirigenti saranno costretti a rivolgere ampiamente i loro
pensieri e gli orientamenti del loro volere alla questione sociale
come alla questione più importante nella vita dell’uomo con-
temporaneo e nella vita del prossimo futuro. Se, da una parte,
le classi che finora sono state quelle dirigenti capiranno il loro
tempo soltanto quando, nel senso prima accennato, saranno in
grado di accogliere in tutto il loro pensare, sentire e volere il
nuovo aspetto della questione sociale, dall’altra parte sarà però
3
necessario che anche le ampie masse del proletariato attuino un
cambiamento sostanziale della loro posizione nei confronti del-
la questione sociale.
4
corso degli ultimi tre o quattro secoli non abbiano sviluppato
idee che potessero o abbiano potuto essere decisive per ciò che
l’umanità sperimentava nella sfera economica, e anche in quel-
la sociale. Accadeva la stranezza per cui chi aveva il potere di
agire, di operare nel mondo dei fatti, si era ritrovato a lasciare
che i fatti si svolgessero come da sé. Le idee, i pensieri erano
divenuti troppo astratti per potere comprendere in sé anche i
fatti. I fatti della vita avevano sovrastato gli uomini. Questo si
mostrò in modo del tutto particolare in lunghi periodi nella vita
economica, dove la competizione nel cosiddetto “libero merca-
to” aveva lasciato come unico incentivo per la regolamentazio-
ne dell’economia il “profitto” e cose simili, dove non agivano
idee che conformassero la vita economica solo e unicamente a
questioni riguardanti la produzione, la circolazione e l’uso dei
beni, ma dove agiva ciò che, sotto la spinta arbitraria del libero
mercato, poteva portare a continue crisi. E chi voglia veramen-
te comprendere, può comprendere ora come infine, per il fatto
che la realtà della vita sociale come cieco susseguirsi di meri
fatti non governati da un pensiero a monte si era diffusa nei
grandi imperi statali, gli affari stessi di questi grandi imperi si
erano messi in movimento senza che gli uomini fossero in gra-
do, attraverso le loro idee, di dominare in qualche modo i fatti
che ne scaturivano, o di fare qualcosa per imprimere loro un
qualche orientamento.
5
come ad esempio la questione sociale in maniera diversa da
come attualmente accade. È proprio un fatto tangibile che i
pensieri siano diventati troppo inadeguati a comprendere i fatti
correnti. Ma gli uomini non vogliono vedere certe cose. Si sono
abituati nel corso degli ultimi tre o quattro secoli a prendere la
routine commerciale e quella pubblica come “prassi di vita”. Si
sono abituati a considerare come un utopista o un idealista non
pratico chiunque guardi dall’esterno qualcosa e possa giudicar-
la sulla base di una prospettiva più ampia. Per illustrare un po’
quanto ho appena detto posso prendere le mosse da una nota
apparentemente personale. Ma questa nota personale non è in-
tesa in senso personale, perché oggi che il destino del singolo è
intessuto tanto strettamente con il destino generale
dell’umanità, soltanto fatti intesi onestamente, che siano real-
mente osservati, possono agire in maniera sufficientemente in-
dicativa per ciò che sono gli impulsi e le forze propulsive nella
vita pubblica.
6
lattia sociale, una sorta di formazione cancerosa sociale. E ciò
che è una malattia così strisciante all’interno della nostra vita
economica, e anche all’interno della nostra vita sociale, dovrà
esprimersi nell’immediato futuro in una terribile catastrofe.
Ora, come era considerato qualcuno che agli inizi del 1914 par-
lava di una imminente catastrofe a partire da eventi che si veri-
ficavano in una certa misura sotto la superficie delle cose? Era
considerato “un idealista privo di senso pratico” - quando la
gente non ti diceva addirittura che eri un pazzo. Ciò che dissi
allora contrastava sopratutto con ciò che a quel tempo e addirit-
tura ancora più tardi dicevano i cosiddetti “pratici”, quei pratici
responsabili che erano uomini di routine, anziché essere dei ve-
ri pratici, che però guardavano con supponenza chiunque cer-
cava di comprendere la storia contemporanea sulla base di una
qualche conoscenza ideale. Cosa dicevano quei pratici signori
sul tempo presente? Uno di quei pratici[2] che era addirittura
Ministro degli Esteri di uno stato mitteleuropeo annunciava po-
co dopo agli illuminati rappresentanti del suo popolo che la di-
stensione generale della situazione politica faceva bei progres-
si, tanto che nell’immediato futuro ci si doveva aspettare una
condizione di pace fra i popoli europei. E aggiunse: I nostri
rapporti di buon vicinato con San Pietroburgo sono ai massimi
livelli perché, grazie gli sforzi dei governi, il gabinetto di San
Pietroburgo non si preoccupa delle dichiarazioni dei giornalisti,
e le nostre relazioni amichevoli con San Pietroburgo continue-
ranno ad essere come sono sempre state fino ad ora. E speria-
mo di concludere le nostre trattative con l’Inghilterra cosicché
siano presenti anche con questo paese nell’immediato futuro le
7
migliori relazioni possibili.- Chi diceva ciò era una persona
“pratica”, mentre era “grigia teoria” ciò che diceva un altro!
8
rigenti fin’ora al potere hanno la prassi, ma che manchino loro
però le idee e i pensieri necessari, efficaci, e di vita pratica per
sostanziare questa prassi. E di fronte a queste cerchie dirigenti
si trova la grande massa del proletariato che per più di mezzo
secolo si è formato, si può dire, alla scuola di un intransigente
pensiero marxista. Oggi, però, non va bene guardarsi attorno
fra le masse del proletariato per informarsi su come la pensino.
É relativamente facile, addirittura talvolta sin troppo facile con-
futare adeguatamente ciò che le masse proletarie e le loro guide
pensano delle faccende economiche. Però non è questo il pun-
to. La questione fondamentale qui è che è un fatto storico che
attraverso le anime, attraverso i cuori delle masse proletarie so-
no partite le ripercussioni di quanto si è formato da pensieri che
agivano intensivamente, si potrebbe già dire, come una teoria
proletaria. Ma questa teoria che ora, dopo che il vecchio era
collassato, avrebbe potuto dimostrarsi vera ancor più di quanto
non si fosse già affermata nella prassi di vita, questa teoria ri-
vela una caratteristica del tutto particolare che è comprensibile.
Perché per come le cose si sono formate nello sviluppo sociale
dell’umanità attraverso l’influenza dell’ordinamento economi-
co capitalistico e della recente tecnica nel corso degli ultimi tre
o quattro secoli, e in particolar modo del secolo diciannovesi-
mo, il proletariato venne sempre più imprigionato unicamente
nella vita economica; ma imprigionato a tal punto che ogni sin-
golo proletario doveva fare un lavoro molto strettamente limi-
tato. E questo lavoro strettamente limitato era in fin dei conti
tutto ciò che il proletario vedeva come reale di una vita econo-
mica che diventava sempre più ampia. Non c’è dunque da me-
ravigliarsi che il proletariato sperimentasse fin nel destino del
9
suo corpo e della sua anima come la nuova vita economica si
sviluppasse sotto l’influsso della tecnica e del capitale privato,
ma che esso non potesse vedere chiaramente i veri motori pro-
pulsori che agivano in questa vita economica! Egli era colui
che mandava avanti, per così dire, questa vita economica, ma
gli era precluso, per la sua posizione sociale, di guardare ade-
guatamente all’interno dell’ordinamento di questa vita econo-
mica, e di penetrare il modo in cui questa vita economica veni-
va amministrata. Ed è solo fin troppo comprensibile che attra-
verso tali fatti si formasse qualcosa i cui frutti sono ancora pre-
senti. Si formò come da subconsci ed istintivi impulsi e bisogni
del proletariato un’ampia teoria proletaria socialistica che però,
in fin dei conti, è lontanissima sia dai fatti economici che da al-
tri fatti sociali, perché appunto il proletariato non poteva com-
prendere a fondo i veri motori propulsori dei fatti economici e
sociali, e pertanto dovette accogliere ciò che gli venne portato
in maniera unilaterale dal marxismo. E così troviamo che nel
corso di decenni penetrarono profondamente nell’animo del
proletario delle cose, cose che, in fondo, nella loro essenza, so-
no più che legittime, ma che però non incidono assolutamente
sui fatti.
10
stente e che scappa di bocca quando lo si esamina con senso
pratico e reale comprensione dei rapporti economici. Perché
per la prassi ciò che importa è come si fanno le cose! Per la
prassi non significa nulla avanzare soltanto la richiesta che si
deve produrre solo per consumare. Questo è qualcosa che ri-
chiama di fronte all’anima la rappresentazione di quanto po-
trebbe essere bella la vita economica se non dominasse più il
profitto, ma solo e unicamente la previsione del consumo. Ma
in questa frase non si trova nulla che accenni in qualche modo
a come debba venire configurata la struttura della vita econo-
mica affinché il sentimento che si esprime in queste parole pos-
sa davvero diffondersi. E così succede con molti dei motti – ne
toccheremo ancora qualcuno – che provengono da profonde ve-
rità, che però sono divenuti slogan agitatori e di partito del pro-
letariato. Sono diventati astrazioni e si presentano come indica-
zioni utopistiche per un futuro incerto. Chi ha intenzioni serie
nei riguardi del proletariato deve dire a se stesso: questo povero
proletariato che oggi avanza le sue legittime richieste vive
dunque in concezioni tali di cui si deve dire che sono certamen-
te strutturate in una teoria, ma che si trovano lontano dai fatti
della vita – perché il proletariato è stato strappato via da questi
fatti, ed è stato relegato in un luogo separato, dal quale egli
scorge sempre soltanto un singolo angolo della vita.
11
sua delle idee, ma si trova con queste idee, in quanto idee del
tutto astratte, lontano dai fatti, estraneo di fronte ai fatti.
12
do vengono espresse? Non vi è nulla di più ingenuo nel presen-
te di quando da parte proletaria risuona la dottrina del plusvalo-
re e poi un qualsivoglia sindaco o direttore di una società per
azioni dice l’ovvio affermando che il plusvalore calcolato sulle
banconote e così via è così basso che se si volesse suddividerlo
il singolo non ne ricaverebbe nulla. E’ la cosa più ingenua in
assoluto comportarsi in questo modo, per esempio nei confronti
della teoria del plusvalore. Perché il “calcolo” che fanno quei
signori è del tutto ovvio, su di esso non vi è nulla da obiettare.
Ma non è di ciò che si tratta in realtà, perché pretendere di
“confutare” quanto viene detto in modo diretto nelle parole del-
le teorie proletarie, è proprio come voler cercare di fare alzare
la temperatura di un termometro usando una piccola fiamma,
quando il termometro segna una temperatura che a noi sembri
troppo bassa. Per il fatto che ci si occupa di correggere il ter-
mometro non ci si occupa in realtà di ciò che sta alla base come
causa della temperatura che esso ci mostra. E’ ingenuo prende-
re alla lettera e confutare ciò che oggi è teoria proletaria. Per-
ché le teorie proletarie non sono altro che - volendo parlare in
maniera erudita direi così - un rappresentante di qualcosa che si
trova molto più a fondo rispetto al posto in cui ora si cerca.
Proprio come il termometro indica la temperatura di una stan-
za, ma non la crea esso stesso, così le teorie proletarie sono
qualcosa per riconoscere, attraverso uno strumento o un segno,
ciò che vive in tal modo nella questione sociale nel presente e
nel prossimo futuro. Ma riguardo a ciò si tende in genere a
considerare le cose in modo troppo semplicistico. Si osserva in-
fatti la questione sociale come una mera questione economica
perché ci è venuta incontro anzitutto come una questione eco-
13
nomica sulla base delle richieste del proletariato, imprigionato
nella vita economica nell’epoca del capitalismo privato e della
tecnica. E non si è visto cosa vi sia in realtà dietro tutte le con-
cezioni che nelle teorie proletarie si riferiscono a capitale, lavo-
ro,e merce. Il proletariato vive l’intero ambito della vita umana
nel campo della sfera economica. Per questo motivo la questio-
ne sociale gli si presenta interamente in una prospettiva eco-
nomica.
14
Scuola di formazione per lavoratori[3] fondata da Wilhelm
Liebknecht, dal vecchio Liebknecht, sa qualcosa di più di que-
sta questione cui ho appena accennato, ne sa più a partire dalla
prassi di vita, di quanto non ne sappiano i leader sindacali e an-
che altri – come posso dirlo senza ferire qualcuno? -, altri per i
quali si è detto a ragione che ci sono stati “vincitori di guerra”
e, dopo la guerra, “vincitori di rivoluzioni”, ma a me è sempre
parso che ci siano invece stati “chiacchieroni di guerra” e, dopo
la guerra, “chiacchieroni rivoluzionari”! Ma ciò che si intende-
va con plusvalore era questo: il proletario lavora attivamente,
produce questo o quel prodotto, mentre l’imprenditore porta
questi prodotti sul mercato e dà al lavoratore solo quanto è ne-
cessario affinché il lavoratore si mantenga in vita, altrimenti
non potrebbe più lavorare per l’imprenditore; il resto è plusva-
lore. Certamente verso questo plusvalore ci si comporta proprio
nel modo in cui ne parla Walther Rathenau[4] – non voglio dire
assolutamente nulla di quest’uomo molto calunniato -, ma ri-
spetto alla questione sociale egli si trova nel più grave errore.
E’ assolutamente vero che se si dividesse il plusvalore esso non
porterebbe alcun miglioramento alle larghe masse proletarie,
ma con operazioni di calcolo campate in aria non si viene a ca-
po delle cose. Sarebbe davvero così poco questo plusvalore
come risulta dai “giusti” calcoli del Rathenau? No! Perché allo-
ra non ci sarebbero a Berlino teatri, scuole superiori, ginnasi e
nulla di ciò che si chiama vita culturale, vita spirituale. Tutto
questo scaturisce in realtà in massima parte dal cosiddetto plu-
svalore. Ma non si tratta affatto di come questo plusvalore vie-
ne spinto in superficie sotto forma di merce e di circolazione
monetaria, bensì del fatto che in ciò di cui si parla con il mero
15
slogan del plusvalore si esprime l’intera relazione della moder-
na vita spirituale con la grande massa del popolo che non può
prendere parte direttamente a questa vita spirituale.
16
si possono capire solo se provengono da gruppi di persone con
le quali si condivide lo stesso terreno sociale, in modo tale da
poter condividere con loro gli stessi sentimenti e le stesse sen-
sazioni sociali -, non se c’è una spaccatura tra coloro che devo-
no godere di questa cultura e coloro che possono godere davve-
ro di questa cultura. Qui si percepiva una profonda menzogna
culturale. E oggi davvero non si può diffondere bonariamente
oscurità su queste cose, ma esse devono venir viste chiaramen-
te. Qui si percepiva questa profonda menzogna culturale che
consisteva nel fatto di costruire ogni sorta di università popola-
re o di scuola di formazione per dare alle persone una forma-
zione che però non poteva edificare nessun ponte per arrivare a
loro. Il proletario si trovava dunque dall’altra parte dell’abisso,
guardava in alto a ciò che veniva prodotto come arte, costume,
religione, scienza dalle classi dominanti al potere, non lo capi-
va, e lo riteneva qualcosa che riguardasse –come un lusso – e-
sclusivamente queste classi dominanti. E allora il proletariato
vedeva l’utilizzo, la realizzazione del plusvalore mentre ne
pronunciava la parola, e a tale proposito sentiva qualcosa di to-
talmente diverso da quello che veniva detto sul plusvalore at-
traverso la metafora del termometro. Il proletariato sentiva
questo: qui c’è una vita culturale che viene creata dal nostro la-
voro, dal nostro produrre; la produciamo noi, ma ne siamo e-
sclusi!
17
spirituale della questione sociale. Vediamo come nel medesimo
periodo in cui negli ultimi tre o quattro secoli emersero tecnica
e scienza moderne e contemporaneamente modello economico
capitalistico, è emersa anche una vita spirituale che diventa
sempre più solo quello che deve vivere nelle anime di quegli
uomini che sono separati da una profonda frattura dalle grandi,
larghe masse alla cui formazione essi provvedono in maniera
insufficiente, e dalla cui formazione si separano. Pertanto ci si
sente morire dal dolore quando si viene a sapere con quanta
buona volontà e buone intenzioni le classi dominanti al potere
discutano nelle loro stanze ben riscaldate su come essere fra-
terni con tutti gli uomini, su come si debbano amare tutti gli
uomini, su tutte le virtù cristiane – al calore di una stufa ali-
mentata da quel carbone che veniva estratto dalle miniere in cui
venivano mandati a lavorare bambini di nove, undici, tredici
anni che letteralmente – alla metà del diciannovesimo secolo
era letteralmente così, e più tardi non andò meglio grazie ad un
qualche merito delle classi dirigenti, ma soltanto grazie alle ri-
vendicazioni del proletariato - dovevano scendere nelle miniere
prima del sorgere del sole e ne potevano riemergere soltanto
dopo il tramonto, cosicché questi poveri bambini non vedevano
mai la luce del sole per l’intera settimana.
Oggi si crede che queste cose vengano dette per sobillare. No!
Devono venire dette per indicare quanto la vita spirituale degli
ultimi tre o quattro secoli si sia distaccata dalla vita reale
dell’uomo. Si è potuto parlare astrattamente di morale, di virtù,
di religione, senza che la vera vita pratica attiva venisse in
qualche modo toccata da questi discorsi su fraternità, amore per
18
il prossimo, Cristianesimo e così via. Questo è dunque ciò che
ci pone dinnanzi come un aspetto a parte della questione socia-
le, la questione spirituale. E allora gettiamo uno sguardo
all’intero ambito della vita spirituale, in particolare alla vita
spirituale in relazione all’uomo del presente e del prossimo fu-
turo che si svolge nel campo dell’educazione e dell’istruzione
scolastica. E’ successo che nel corso degli ultimi tre o quattro
secoli per il modo in cui i singoli principati si sono trasformati
in stati nazionali con un’economia unitaria, la vita spirituale è
stata regolata dallo Stato nelle sue parti pubbliche e più rilevan-
ti. E oggi si è fieri del fatto che la scienza e la vita spirituale
stessa abbiano strappato l’istruzione educativa e scolastica –
certamente a ragione – all’appannaggio che ne ebbero la reli-
gione e la teologia durante il medioevo. Se ne è giustamente
fieri e si è sempre ripetuto: nel medioevo succedeva che la vita
spirituale e la vita scientifica reggevano lo strascico alla teolo-
gia, alla chiesa. Certamente non si deve guardare con nostalgia
a questi tempi; vogliamo andare avanti, non indietro. Ma oggi
ci troviamo già in un’altra epoca. Oggi non si può indicare con
superbia come nel medioevo la vita spirituale aveva retto lo
strascico alla chiesa. Oggi si deve accennare a qualcos’altro.
Prendiamo, per illustrare questo, un esempio che non si trova
molto lontano da noi.
19
to. Il signore allora disse in un discorso bene argomentato: i so-
ci di questa illustre Accademia considerano per sé un onore del
tutto speciale essere le truppe scientifiche difensive degli Ho-
henzollern. Questo è solo uno di centinaia, di migliaia o di de-
cine di migliaia di esempi che si potrebbero fare, e che ci por-
tano a domandarci: chi ha sostituito oggi la chiesa alla quale la
vita spirituale reggeva lo strascico in tempi antichi? A chi oggi
la vita spirituale regge lo strascico? La cosa non era neanche
così grave nel più recente passato di come dovrebbe diventare
se veramente comparissero ordinanze statali in base alle quali
potrebbe presentarsi anche qui da noi quel dominio statale sulla
cultura scolastica che è stato imposto nell’Europa dell’Est e
che ci dimostra a sufficienza che porterebbe alla morte di tutta
la cultura. Non dovete guardare solo al passato, bensì sopratut-
to al futuro, e dovete dire: è arrivato il tempo in cui la vita spi-
rituale dovrà presentarsi come un arto indipendente
dell’organismo sociale, e dovrà amministrarsi da sé.
20
La cerchia di persone che per prime mi hanno dimostrato ami-
cizia quando si trattava di incarnare l’impulso alla tripartizione
nel presente, è quella cerchia da cui sta sorgendo ora a Stoccar-
da anche la prima vera, libera scuola unitaria[6]. Alla fabbrica
Waldorf.-Astoria dovrà essere annessa dapprima una scuola u-
nitaria-modello che dovrà operare sulla base di una pedagogia,
una didattica e una teoria educativa che non scaturisce da
nient’altro che da un’autentica e reale conoscenza dell’esser
umano in divenire, e fra il settimo ed il quindicesimo anno di
vita il bambino non è niente altro che un essere umano in dive-
nire, a prescindere dalla classe o dalla posizione sociale alla
quale appartenga. Ma bisogna prima imparare a conoscerlo, se
lo si vuole istruire ed educare.
21
operare nel vivo dell’istruzione pubblica, di chi creava a partire
dallo spirito. Oggi non si ha un piccolo piano di studio – oggi si
hanno libri spessi nei quali non solo si trova prescritto ciò che
si deve studiare in questo o quell’anno scolastico, ma anche
come le cose debbano venire trattate. Ciò che dovrebbe essere
oggetto del libero insegnamento deve divenire oggetto, ed è già
divenuto oggetto, della “Gazzetta ufficiale”. Fintanto che non
si avrà un sentimento chiaro, sufficiente di ciò che di asociale
si nasconde in queste cose, non si sarà maturi per collaborare al
reale risanamento dell’umanità. Nella realizzazione di una libe-
ra vita spirituale indipendente dallo Stato si trova pertanto il
primo punto essenziale della questione sociale. Questo è il pri-
mo dei tre arti indipendenti dell’organismo sociale tripartito da
edificare. Quando oggi si presentano queste cose, se si accenna
a come potrà essere possibile che in futuro nessuno all’interno
dell’arto spirituale dell’organismo sociale amministrerà come
colui che prende anche parte attiva alla vita spirituale, allora, in
relazione alla lezione scolastica, questa avrà molto poco a che
fare con la lezione per come si svolge nell’odierna scuola dello
Stato unitario. La vita intera esisterà come in una repubblica
esemplare. Tutti insegneranno non solo secondo le pretese di
un ordinamento, bensì creeranno dallo spirito ciò che giova
all’insegnamento e all’educazione. Non ci si dovrà solo do-
mandare quali siano i diritti dell’uomo per il socialismo nel
tredicesimo o nel diciassettesimo anno, ma anche: cos’è che ha
un fondamento autonomo nell’essere stesso dell’uomo, e che
possa venire tratto fuori dall’uomo in divenire, cosicché egli,
quando queste forze vengono liberate dalle profondità del suo
essere, non si ritrovi ad essere un uomo finito, senza forza di
22
volontà, come accade a tanti oggi, bensì un individuo
all’altezza del suo destino e capace di lavorare a quelli che so-
no i suoi compiti nella vita. Questo indica il primo arto nella
tripartizione dell’organismo sociale.
23
E come la vita spirituale, l’istruzione e l’educazione scolastica
devono essere rese indipendenti, allo stesso modo deve essere
resa indipendente la vita economica. E’ molto strano come in
tempi recenti dalle profondità della natura umana siano nate
due esigenze: l’esigenza di democrazia ed l’esigenza di sociali-
smo. Queste due realtà - democrazia e socialismo - si contrad-
dicono però a vicenda. Prima della catastrofe della Guerra
Mondiale si è voluto fondere assieme questi due impulsi con-
traddittori e persino fondare un partito che li portasse entrambi
nel suo nome: il partito socialdemocratico. E’ più o meno come
dire che il ferro è legno. Queste due realtà, democrazia e socia-
lismo, si contraddicono a vicenda, ma sono entrambe autenti-
che e legittime esigenze dei tempi recenti. Ora la catastrofe del-
la Guerra Mondiale si è abbattuta su di noi, ha prodotto i suoi
effetti, ed ora sentiamo come emerga l’esigenza socialista e
come non le interessi affatto un parlamento democratico. Il
modo in cui ora l’esigenza socialista, a sua volta in modo teori-
co, senza avere idea di come stiano veramente le cose, compare
sulla scena con i suoi slogan del tutto astratti quali ad esempio
“la conquista del potere politico”, “la dittatura del proletariato”
e cose simili, è qualcosa che comunque ha origine dal fondo
del sentire socialista, ma dimostra che ormai si è capito che an-
che il sentire socialista si contrappone al sentire democratico. Il
futuro, che deve tener conto della realtà della vita e non degli
slogan, dovrà riconoscere come colui che ha una sensibilità so-
cialista ha ragione quando percepisce, per così dire, qualcosa di
inquietante nella “democrazia”, e come colui che ha una sensi-
bilità democratica ha a sua volta ragione quando percepisce
24
qualcosa di assolutamente terribile nelle parole “dittatura del
proletariato”.
25
nato sugli uomini. Ha promulgato leggi in conformità alle quali
devono comportarsi - nelle attività economiche come anche al
di fuori di queste - quegli stessi uomini che si trovano inseriti
nella vita economica. Dunque una stessa istanza statale ha am-
ministrato la vita economica e ha fatto le leggi per regolare il
comportamento degli uomini che si trovano all’interno della vi-
ta economica. In futuro la cosa dovrà essere diversa.
26
maggiorenne. Perché cosa c’è nell’esigenza di democrazia? C’è
che l’umanità presente diverrà storicamente matura per ammi-
nistrare in base alla legge sul terreno di un libero Stato, di un
libero diritto, gli ambiti nei quali ogni uomo è uguale all’altro,
gli ambiti sui quali dunque ogni uomo che sia diventato mag-
giorenne può esercitare il suo diritto di scelta accanto ad ogni
altro suo simile, in modo indiretto, attraverso qualcuno che lo
rappresenti, o diretto, attraverso un qualche referendum. Per-
tanto in futuro dovremo avere un campo giuridico indipendente
che sarà il proseguimento dell’antico Stato basato sul potere e
sulla forza, e che sarà il vero primo Stato di diritto. Un vero
Stato di diritto non nascerà in altro modo se non quando in esso
si regolino attraverso leggi soltanto le questioni sulle quali ogni
uomo divenuto maggiorenne è capace di emettere giudizio, e a
simili questioni appartiene a sua volta qualcosa di cui il prole-
tariato ha molto parlato, una questione sulla quale però le sue
parole devono tornare ad essere considerate come un termome-
tro sociale. Perché nell’animo del proletariato si è impresso
profondamente un altro motto di Karl Marx: l’esistenza non è
degna dell’essere umano, quando il lavoratore deve vendere sul
mercato del lavoro la sua forza lavoro come fosse una mer-
ce[9]. Perché come si paga una merce con il prezzo delle merci,
così si paga la forza lavoro come se fosse del pari valore della
merce attraverso il salario, attraverso il prezzo per la forza-
lavoro mercificata!
Questo era un motto che non era tanto importante nello svilup-
po della presente umanità per il suo contenuto materiale, quan-
to per il modo fulmineo in cui ha colpito il proletariato,
27
un’impressione fulminea di cui le cerchie dirigenti non hanno
la minima idea. E da dove ha origine tutto ciò? Ha origine dal
fatto che nel ciclo economico, cioè nella produzione, nella cir-
colazione e nel consumo delle merci che appartengono unica-
mente al suddetto ciclo economico, è posta in maniera inorga-
nica e caotica anche la regolazione del lavoro secondo misura,
tempo, carattere etc. etc. E non vi sarà risanamento in questo
campo fintanto che carattere, misura e tempo del lavoro umano
non saranno tolti dal ciclo economico, sia che si tratti di lavoro
spirituale che di lavoro fisico. Perché la regolamentazione della
forza lavoro non appartiene alla vita economica, dove chi è e-
conomicamente più forte ha anche il potere di imporre il modo
di lavorare a chi è economicamente più debole. La regolamen-
tazione del lavoro fra uomo e uomo, quanto un uomo lavora
per un altro, deve essere dettata dal campo del diritto, dove o-
gni uomo divenuto maggiorenne si trova di fronte al suo simile
da pari a pari. Non possono essere dei presupposti economici a
determinare quanto io debba lavorare per un altro, bensì solo e
unicamente ciò che si svilupperà nello Stato futuro, che sarà il
vero Stato di diritto rispetto all’attuale Stato di potere.
28
ramo aziendale si mettessero assieme e prendessero il registro
clienti-fornitori dell’anno 1918 e dicessero: qui abbiamo pro-
dotto così e così tanto, dobbiamo anche quest’anno ottenere al-
trettanto. Adesso è settembre, quindi per raggiungere questo
obiettivo abbiamo bisogno ancora di tanti giorni di pioggia e
tanti di sole, e così via. - Non si può prescrivere alle leggi di
natura di conformarsi ai prezzi, ma sono i prezzi che devono
conformarsi alle leggi di natura. Da una parte la vita economica
confinerà con le leggi di natura, dall’altra con lo Stato di dirit-
to, nel quale anche il lavoro verrà regolato. Dovrà allora essere
fissato su fondamenti puramente democratici quanto a lungo gli
uomini debbano lavorare, e in seguito si determineranno i prez-
zi - cioè secondo le leggi di natura così come oggi i prezzi in
agricoltura vengono determinati secondo le leggi di natura.
Non si tratta di pensare al miglioramento di piccoli meccani-
smi, ma di cambiare totalmente il modo di pensare, di cambiare
totalmente il sistema. Solo se si giudica riguardo alla forza-
lavoro su un terreno indipendente e democratico, dove un uo-
mo sta di fronte all’altro in quanto persona maggiorenne, come
pari davanti a pari, e se l’uomo come uomo libero porta questo
lavoro all’interno dell’autonoma vita economica dove vengono
stipulati non contratti di lavoro, bensì contratti sulla produzio-
ne, solo allora dalla vita economica si allontanerà ciò che oggi
sta creando inquietudine. Questo deve essere compreso.
29
configura il terzo arto, la vita economica, nell’organismo socia-
le tripartito, e come in futuro vi si dovrà elevare
.
In questa vita economica, non possono, come sinora, esservi:
amministrazione del capitale, amministrazione del suolo, ge-
stione dei mezzi di produzione - il che, del resto, è sempre
amministrazione del capitale – e amministrazione del lavoro,
bensì soltanto amministrazione della produzione delle merci,
della circolazione delle merci, e del consumo delle merci. E al
contempo la cellula primaria di questa vita economica, che si
deve fondare solo sulla competenza e sulla capacità tecnica,
cioè la formazione del prezzo, come si deve realizzare? Non at-
traverso il caso del cosiddetto libero mercato, come è avvenuto
fino ad ora in economia politica e nell’economia mondiale! Si
dovrà realizzare in modo tale che nell’ambito di associazioni
che nascono adeguatamente fra singoli rami produttivi e con-
sorzi di consumatori, attraverso persone competenti e specia-
lizzate che provengono da questi consorzi, venga raggiunto in
modo organico e ragionevole ciò che oggi viene raggiunto in
modo traumatico attraverso l’azione cieca del libero mercato.
In futuro, quando la determinazione del modo e del carattere
della forza-lavoro umana sarà pertinenza dello Stato di diritto,
all’interno della vita economica avverrà all’incirca che l’uomo,
per qualunque cosa che egli porta a termine con il suo lavoro,
riceverà tanto in valore di scambio da poter soddisfare i suoi
bisogni fintanto che non avrà costruito di nuovo un prodotto
uguale.
30
Per dirla grossolanamente, dilettantisticamente e superficial-
mente, ciò che è stato appena detto si potrebbe spiegare attra-
verso il seguente esempio, ma questa spiegazione per oggi ba-
sterà: se produco un paio di stivali, dovrò essere in grado – per
mezzo del loro valore fissato con accordi presi in comune con
altri -, attraverso la fabbricazione di questo paio di stivali, di
scambiare tante merci quante ne devo per soddisfare i miei bi-
sogni fintanto che non avrò prodotto di nuovo un altro paio di
stivali. E dovranno esserci istituzioni che all’interno della so-
cietà devono regolare i bisogni per quanto riguarda vedove, or-
fani, invalidi e malati, per l’educazione e cose simili. Ma che
una tale regolamentazione nella formazione dei prezzi, cosa
che sarà solo ed unicamente questione di socializzazione eco-
nomica, abbia luogo, dipenderà dal fatto che si formino corpo-
razioni – siano esse elette o anche designate da associazioni dei
rami di produzione in unione con le cooperative di consumatori
- che saranno chiamate a trasmettere nella vita concreta i giusti
prezzi.
31
lavoratori saranno licenziati e andranno sistemati mandandoli a
lavorare in altre fabbriche. Quando si dice questo la gente lo
giudica come una cosa difficile. Chi però rifiuta questa cosa
come difficile per rimanere fermo a piccoli miglioramenti delle
condizioni sociali, deve anche sapere che, con ciò, rimarrà an-
che fermo alle condizioni sociali attuali. La cosa vi mostra co-
me attraverso associazioni che sono formate solo ed esclusiva-
mente da forze economiche, la vita economica debba venire
posta su se stessa, e come la vita economica, che attualmente lo
Stato ha preso sotto le proprie ali, in effetti debba venire am-
ministrata soltanto da quelle stesse forze economiche, ossia in
modo tale che all’interno di questa amministrazione della vita
economica sia garantita al massimo l’iniziativa del singolo.
Questo non può accadere attraverso un’economia pianificata,
non può accadere attraverso l’organizzazione di una gestione
comune dei mezzi di produzione, bensì solo e unicamente at-
traverso associazioni di rami produttivi indipendenti, e attra-
verso l’accordo di queste associazioni con consorzi di consu-
matori.
32
ciò che collega una realtà economica chiusa con una realtà e-
conomica esterna. Tuttavia, c’è una cosa che sembrerà anche
del tutto diversa, per esempio, qualcosa a cui posso accennare
con un’allegoria. La teoria socialista pretende l’abolizione della
proprietà privata, come si usa dire – con parole di cui un uomo
competente non capisce nulla –, e la trasformazione della pro-
prietà privata in proprietà collettiva. Detta così non significa
proprio nulla. Cosa possa significare ve lo posso dire con
un’immagine nel seguente modo. Per esempio, oggi gli uomini
sono molto fieri dei loro filosofi. Su una cosa però gli uomini
pensano in modo abbastanza giusto, perlomeno quando si tratta
di produzioni spirituali; mentre nel campo del materiale non ar-
rivano a pensare in modo altrettanto sano. Perché cosa si pensa
a proposito della proprietà spirituale? Si pensa che si debba es-
sere presenti riguardo a ciò che si acquisisce spiritualmente.
Non ha senso dire: ciò che produco come proprietà spirituale
deve essere prodotto tramite un’economia comune oppure tra-
mite gestioni consorziali, ma dovrà certamente essere lasciato
alla creatività del singolo, perché verrà prodotto nel modo mi-
gliore se il singolo potrà lavorarvi con le sue facoltà e i suoi ta-
lenti, e non se ne viene separato. Ma si pensa invece in modo
sociale se quello che si produce spiritualmente non apparterrà
più agli eredi, passati trent’anni dalla morte di colui che lo ha
creato, bensì a chi saprà rendere questo patrimonio accessibile
al meglio alla comunità – e i tempi potrebbero anche venire ac-
corciati di molto – . Si trova la cosa ovvia perché oggi gli uo-
mini non apprezzano particolarmente ciò che sentono come
spirituale. Gli uomini, però, non si sforzano minimamente di
capire quando si parla del fatto che anche la proprietà privata
33
materiale dovrebbe essere trattata allo stesso modo, che do-
vrebbe rimanere in mani private solo fintanto che si è presenti
con le proprie capacità, e che poi però dovrebbe essere trasferi-
ta – certamente in questo caso non ad una collettività anonima,
il che provocherebbe corruzione e problemi della peggior spe-
cie, ma, anche qui, a chi dimostri di avere le migliori facoltà e
sarebbe in grado di porre la cosa al servizio della collettività.
34
ne della proprietà privata l’ho esposto nel mio scritto “I punti
essenziali della questione sociale”, dove ho mostrato come
l’organismo sociale debba venire articolato nei suoi tre arti au-
tonomi, e come tali fra loro cooperanti: nell’organizzazione
spirituale con amministrazione autonoma a partire dai fonda-
menti di una libera vita spirituale, nell’organizzazione statale-
politico-giuridica con amministrazione democratica, fondata
sul giudizio di ogni individuo divenuto maggiorenne, e in una
vita economica, che deve essere fondata esclusivamente sul
giudizio di singole persone e corporazioni competenti e tecni-
camente capaci, e delle loro associazioni.
35
La metà delle grandi verità venne espressa più di cento anni fa
in Europa occidentale con parole che allora risuonarono come
una mezza verità: libertà, uguaglianza, fraternità, tre ideali che
si potrebbero scrivere veramente in profondità nei cuori e nelle
anime degli uomini. Ma non erano certo uomini stolti e pazzi
quelli che nel corso del diciannovesimo secolo hanno spiegato
che questi tre ideali in realtà si contraddicono: che la libertà
non può esistere dove domina l’assoluta uguaglianza; che an-
che la fraternità non può esserci laddove debba esservi
l’assoluta uguaglianza. Queste obiezioni erano giuste, ma solo
perché sono comparse in un tempo dove si era ipnotizzati dal
cosiddetto Stato unitario. Nel momento in cui non si sarà più
ipnotizzati da questo, in cui si capirà la necessità di una tripar-
tizione dell’organismo sociale, si parlerà in maniera diversa.
36
in questo caso gli uomini vivono delle esperienze che si presen-
tano come gli insegnamenti che Faust dà alla bambina Gre-
tchen, che sono adatti alla sedicenne Gretchen, e che di solito
vengono visti dai filosofi come qualcosa di altamente filosofi-
co. Faust dice[11]: “Colui che tutto abbraccia, Colui che tutto
regge non abbraccia e non regge te, me, se stesso?” Anche ri-
guardo allo Stato unitario accade quasi che gli uomini siano
come ipnotizzati da questa immagine idolatrata di unitarietà, e
non possano riconoscere come questa immagine unitaria dovrà
divenire tripartita in futuro per il bene dell’umanità. E qualche
industriale parlerà ai suoi operai molto volentieri riferendosi al-
lo Stato come Faust fece con Gretchen, dicendo appunto: lo
Stato, Colui che tutto abbraccia, Colui che tutto regge, non ab-
braccia e non regge sé, te, me stesso?” - ma dovrebbe allora
portarsi velocemente la mano davanti alla bocca e non dire
troppo ad alta voce il “me stesso”!
37
ali in tal modo all’organismo sociale tripartito, non si contrad-
diranno più vicendevolmente.
Spero che verrà un tempo in cui si potrà dire: noi nella Mitte-
leuropa guardiamo veramente con dolore a ciò che è accaduto
attraverso il trattato di Versailles. Lo vediamo solo come un
punto di partenza, e vediamo il grande bisogno e la grande po-
vertà e la sofferenza che ci stanno di fronte. Spero che un gior-
no si potrà dire: potete prenderci ciò che è esteriore, perché si
può togliere all’uomo ciò che è esteriore. Ma se saremo in gra-
do di attingere agli anni in cui abbiamo rinnegato il nostro pas-
sato, al goetheanismo del tempo a cavallo tra il diciottesimo e il
diciannovesimo secolo, quando Lessing, Herder, Schiller, Goe-
the e così via operavano per un altro tipo di società – se saremo
in grado di attingere, nella nostra miseria, a partire dalla nostra
interiorità, ai grandi tesori mitteleuropei, allora nel travaglio di
questo tempo, a partire da questa Mitteleuropa, nella quale un
secolo fa risuonava la mezza verità del motto “libertà, egua-
glianza, fraternità”, sentiremo risuonare l’altra parte mancante
di questa verità; allora, forse in una dipendenza esteriore ma
pur sempre in libertà ed indipendenza interiore, dalla Mitteleu-
ropa potrebbero risuonare nel mondo le parole:
38
In queste parole si può riassumere come in una sigla ciò che
oggi si deve dire, sentire e pensare nel senso di un’ampia com-
prensione della questione sociale nella sua interezza. Possano
afferrarlo e capirlo giustamente quante più persone possibile; e
allora potrà diventare pratica di vita ciò che oggi è solo una
questione teorica!
Note:
39
generale della fabbrica di sigarette Waldorf-Astoria a Stoccar-
da.
40
QUARTA CONFERENZA
41
cambiamento radicale ci si debba spingere sempre più
rovinosamente in fondo alla brutta china, tuttavia anche tra
questi pochi uomini si trova ancora scarsa comprensione per
ciò che è necessario, a partire dall'aspirazione ad una nuova
metamorfosi dello spirito umano, per portare ad un
risanamento, ad una guarigione di quella malattia che si
estrinseca proprio nella brutta china imboccata dalla nostra vita
culturale.
42
libera attività del più intimo essere dell'uomo, del pensiero
umano. Molti uomini sperimentano rassegnati la loro vita di
pensiero come una costrizione che deriva da vecchie
consolidate abitudini, o anche dalle nuove condizioni
economiche. Si trovano inibiti nella libera manifestazione del
loro pensiero dalle confessioni religiose vigenti, oppure dalla
costrizione derivante dalla vita economica. Ciò che realmente
vive nelle anime rimane in gran parte inconscio; ciò che però
affiora alla coscienza si esprime nel fatto di non poter essere
soddisfatti di qualcosa; nel fatto che c'è qualcosa che gli uomini
non ammettono di fronte a se stessi in maniera chiara e libera:
posso condurre un'esistenza degna di un essere umano. E così
nascono i programmi più svariati che contengono cose molto
belle, ma che non raggiungono il fondo dell'anima per scrutare
cosa lì realmente viva. Se si cerca ciò che lì vive questo è
quanto si trova: la nostalgia per la più libera attività della parte
più intima dell'essere umano, la nostalgia per ciò che si
potrebbe riassumere con l'espressione che risuona nella
presente esigenza di libertà di pensiero. E basta solo
pronunciare l'espressione “forze sociali” per sentire come con
ciò si faccia notare che le moderne condizioni spirituali,
giuridiche, politiche ed economiche abbiano portato ad un
periodo in cui le forze produttive della vita agiscono in maniera
complicata, e come noi non siamo in grado, a partire da ciò che
vogliamo conquistare spiritualmente, a partire da ciò che
vogliamo elaborare programmaticamente, di organizzare queste
forze sociali, nelle quali gli uomini sono intessuti, in modo tale
che all'interno di questa organizzazione il singolo uomo che è
giunto alla coscienza della sua umanità possa rispondere in
43
modo soddisfacente alla domanda: conduco io un'esistenza
degna dell'essere umano?
44
pensare che domina tutta la nostra vita e che ha trovato la sua
più importante espressione nel modo di rappresentare il mondo
delle più recenti scienze naturali. Prego di non fraintendermi su
questo punto. Non voglio risvegliare la convinzione che io
assuma che solo gli uomini che hanno percorso una
qualsivoglia formazione scientifico-naturalistica siano
impregnati di questo modo di pensare. Le cose non stanno così,
ma invece uomini appartenenti alle più ampie cerchie,
compresi quelli con cultura e formazione del tutto primitive,
che oggi vogliano avere una spiegazione sull'essere dell'uomo,
sull'essenza della vita sociale, sull'essere dell'universo, pensano
e si formano rappresentazioni secondo la direzione che è
venuta ad espressione soprattutto attraverso le scienze naturali.
E non c'è da meravigliarsi che sia così, perché tutta la vita che
ci circonda e nella quale siamo intessuti per tutto il giorno è in
fin dei conti un risultato di questo modo di pensare delle
scienze naturali.
45
consuetudini di vita, e che si traduce poi anche, per esempio,
nei nostri metodi di cura, quindi in quelle conoscenze che
devono essere di aiuto, sotto un certo aspetto, alla vita degli
uomini. Chi però riconosce senza pregiudizi quanto imponenti
siano i progressi del modo di rappresentarsi il mondo delle
scienze naturali in campi quali la biologia, la fisica e la
chimica, e chi sa apprezzare la portata di ciò che ha prodotto la
rigorosa metodica scientifica in questi campi, potrà allo stesso
tempo anche prendere pienamente in considerazione i limiti di
questo metodo scientifico-naturale di rappresentazione della
realtà. L'ho detto innumerevoli volte e desidero riassumerlo ora
in queste parole: chi si inoltra più profondamente in ciò che
oggi chiamiamo autentica scienza naturale troverà che questa
scienza dà delle spiegazioni eccellenti sulla natura inanimata e
su quegli aspetti del vivente che, vorrei dire, consistono di
inclusioni in questa natura inanimata. Ma c'è una cosa di fronte
alla quale dobbiamo fermarci proprio quando consideriamo i
limiti conoscitivi del modo scientifico-naturale di rappresentare
la realtà: dobbiamo fermarci di fronte il reale essere dell'uomo.
Non vi è alcuna possibilità, a meno di non volersi illudere, di
credere che queste concezioni che ci hanno condotto tanto
profondamente nella conoscenza di ciò che è inanimato, che ci
hanno “portato così meravigliosamente lontano” nelle nostre
realizzazioni tecniche, - che queste concezioni possano dare un
chiarimento sull'essere dell'uomo. Ad un chiarimento
sull'essere dell'uomo può arrivare solo chi non si aggrappa a
quella “fable convenue” che non è affatto storia, ma che viene
chiamata storia -, una tale conoscenza dell'uomo era qualcosa
di istintivo per l'uomo fino ad un'epoca che risale a circa tre-
46
quattro secoli fa. Fino ad allora nell'essere umano viveva una
certa conoscenza dell'essere dell'uomo che proveniva da un
originario istinto elementare dell'umanità. Solo che proprio
come il singolo essere umano percorre un'evoluzione, così
avviene anche per l'intera umanità. E l'umanità – per quanto ci
si possa illudere di poterla pensare diversamente - nella sua
evoluzione è giunta al punto in cui non può più formulare
giudizi sull'essere umano partendo dal solo istinto, è giunta al
punto in cui è necessario che l'uomo penetri coscientemente
nell'essere stesso dell'uomo, come dai tempi di Copernico e di
Galilei deve penetrare coscientemente nei fenomeni della
natura esteriore. Quando si giunge al punto cruciale in cui le
scienze naturali devono tacere di fronte all'introspezione nella
natura umana, non vi è altro da fare che rivolgersi a ciò che già
più volte ho chiamato la modestia intellettuale necessaria
all'uomo, che sola può fornire il fondamento per l'aspirazione
ad una reale evoluzione umana.
47
così oggi si deve anche poter dire: per il modo in cui l'uomo
viene inserito nell'esistenza attraverso la natura, esso si trova di
fronte alla vita umana come un bambino di cinque anni di
fronte ad un libro di poesie di Goethe quando non ha la volontà
di condurre la sua evoluzione oltre a quelli che oggi vengono
ritenuti gli unici metodi possibili. Si deve prendere in mano la
propria evoluzione. Poi però si vede che in questa entità umana
vi sono forze occulte, sconosciute, che possono venire
risvegliate e che danno una conoscenza scientifica altrettanto
rigorosa, come la possono dare soltanto le scienze naturali, e
che però vanno oltre la conoscenza del mondo esteriore, del
mondo dei sensi, e conducono nel mondo sovrasensibile, e solo
una volta giunte lì conducono ad afferrare realmente l'essere
dell'uomo. Si deve poter confessare a se stessi: con le forze
abituali che sono sufficienti per la conoscenza della natura non
possiamo accostarci all'essere dell'uomo. Possiamo farlo
soltanto estraendo dalle profondità dell'anima umana forze
conoscitive che di solito dormono in noi, come le forze
razionali dormono nel bambino di cinque anni.
48
ma vuole essere qualcosa che costruisce così rigorosamente su
ciò per cui l'uomo è davvero capace di evoluzione, come il
matematico si fonda sullo sviluppo di quelle facoltà che a loro
volta vengono attinte interamente dall'interiorità dell'uomo.
Questa Scienza dello Spirito vuole essere così rigorosamente
logica come qualsiasi altro ramo della scienza, ma vuole
applicare questa logica soltanto a quanto emerge come
contemplazione spirituale, quando ciò che dorme
nell'interiorità umana viene naturalmente risvegliato. Ho
accennato nel mio libro “Come si conseguono conoscenze dei
mondi superiori” che ci sono assolutamente metodi interiori,
animico-spirituali, attraverso i quali viene prodotta questa
evoluzione di forze interiori animico-spirituali nell'uomo , e di
come, attraverso ciò, in lui si schiudano, per dirla con le parole
di Goethe[2], un occhio spirituale, un orecchio animico, un
orecchio spirituale, affinché possa vedere e sentire lo spirituale,
l'animico, cose per le quali oggi in fin dei conti abbiamo solo
parole. In quel libro si richiama l'attenzione su quanto sia
importante coltivare ripetutamente un certo rafforzamento della
vita di pensiero. Lì ho indicato come sia necessaria una certa
autoeducazione, il prendere-in-mano la propria evoluzione,
anziché lasciarsi andare semplicemente allo scorrere della vita,
affinché sorgano l'occhio e l'orecchio spirituali.
49
sociali spuntano ovunque come funghi, dominino gli impulsi
più antisociali. Da dove provengono questi impulsi?
Provengono dal fatto che gli uomini passano gli uni accanto
agli altri senza conoscersi veramente, e che non si
comprendono gli uni gli altri. E perché non si comprendono?
Perché ciò che chiamano conoscenza, ciò che chiamano sapere,
non afferra l'uomo intero, perché rimane nella testa e si limita
al solo intelletto. La peculiarità della Scienza dello Spirito qui
intesa sta appunto nel fatto che le conoscenze che fornisce
attraverso lo sviluppo di determinate forze interiori, afferrano
tutto l'uomo, non parlano solo all'intelletto, non solo alla testa,
ma impregnano sentimento e volontà, e riversano nel sentire
comprensione umana, comprensione per tutto ciò che vive e
intesse accanto e al di fuori di noi, fanno pulsare nel volere
etica, moralità, e un senso sociale che agisce al contempo nella
vita strettamente pratica.
50
Scusatemi se in quest'occasione cito qualcosa di personale. Ma
ciò che è personale in questo caso è proprio di aiuto per poter
chiarificare qualcosa di oggettivo. Alla Scienza dello Spirito, di
cui qui si parla, eretto sulla collina di Dornach, situata nel
nord-ovest della Svizzera, in un tratto della catena dello Jura,
deve servire il Goetheanum, che è pensato come un'università
per la Scienza dello Spirito. Quando ci si accinse a fondare
questa università per la Scienza dello Spirito e a dedicarle un
edificio esteriore non si poté certo andare da un qualsiasi
architetto che avrebbe costruito, sulla base di antiche
concezioni architettoniche o artistiche, un edificio in cui poi si
entrasse per coltivare questa Scienza dello Spirito. No, si
dovette ricorrere ad un altro tipo di architettura. Sin dall'inizio
questa Scienza dello Spirito è stata pensata come qualcosa di
così fecondo da poter incidere su tutta la vita culturale
esteriore, da poter fecondare davvero a nuovo ciò che è
divenuto vecchio nella nostra arte, nella nostra architettura,
nella nostra vita e nel nostro lavoro. E allora non si poteva
assegnare semplicemente a qualcuno il compito: costruiscimi
un edificio in stile greco, romano, gotico o altro. Al contrario,
da questa Scienza dello Spirito, come era accaduto per altri
ambiti della vita, con impulsi in altri campi della vita,
provennero anche i giusti pensieri architettonici[3] che
indicarono come quell'edificio doveva essere costruito fino nel
dettaglio di ogni linea, di ogni singola forma. E così è stata
intrapresa la costruzione dell'edificio in modo tale che in effetti
sarà in ogni singola forma, anche nella più piccola, la
51
cristallizzazione esteriore di ciò che sta alla base di questa
Scienza dello Spirito come modo di rappresentare la realtà e
come modo di sentirla.
52
fare un preventivo sui costi. Il prezzo era enorme. A quel punto
facemmo noi stessi nel nostro atelier artistico un modello di
sedia collaborando con un artigiano straordinariamente capace.
Quando il modello fu pronto – la sedia ora costerà solo due
quinti di quel che sarebbe costata sulla base del precedente
preventivo -, non si poteva dire, anche in questo caso, dove
finisse il lavoro spirituale e dove iniziasse quello manuale.
53
Da dove proviene il fatto che oggi, in fin dei conti, vi sia un
profondo abisso fra ciò che si trova nella nostra arte, nella
nostra scienza, in breve nella nostra vita spirituale, e anche
nella direzione spirituale della nostra vita sociale, e ciò che si
trova nel lavoro esteriore, di cui si occupa oggi principalmente
il movimento proletario? Questo abisso si è creato per il fatto
che dal nostro modo di pensare è scivolato via ciò che concerne
l'uomo intero. Un risanamento di ciò si trova solo nella Scienza
dello Spirito, non in una mistica o in una teosofia
unilateralmente ingarbugliate, che gente oziosa desideri
coltivare nel chiuso della propria cameretta senza che sia
presente una forza dirompente. L'elemento risanante in questa
Scienza dello Spirito risiede nel fatto che attraverso essa ci si
rivolge all'uomo intero. E ho detto questo proprio ora per
allacciarvi la seguente osservazione: so che le conoscenze che
rappresento in piena responsabilità di fronte al mondo non mi
sarebbero giunte se avessi lavorato solo con la testa, se non
avessi anche dovuto fare per tutta la mia vita qualcosa che
comunemente viene chiamato lavoro manuale; perché questa
cosa ha proprio un certo effetto sull'uomo. Ciò che è solamente
il cosiddetto lavoro di testa, ciò che ricorre solo all'intelletto
non basta per pervenire allo spirito. E vorrei citare qui qualcosa
che oggi apparirà del tutto paradossale a molti uomini. Oggi si
dice: fuori, nella vita pratica c'è il lavoro manuale, la prassi;
dentro, a partire dall'intelletto, c'è il lavoro spirituale. Eh no! Le
cose non stanno affatto come queste parole vorrebbero far
credere! Abbiamo la separazione fra l'esteriore prassi di vita e
54
la cosiddetta vita spirituale perché da entrambe lo spirito si è
ritirato, perché oggi ci troviamo incastrati nell'ingranaggio
della tecnica, perché il lavoratore si trova a lavorare con una
macchina e a dover compiere solo delle operazioni meccaniche
guidato dall'intelletto, e perché dall'altra parte coloro che
vengono educati ad una vita intellettuale vengono impiegati
troppo poco nei lavori veramente pratici. Così come la nostra
prassi è priva di spirito, altrettanto priva di spirito è la nostra
vita spirituale intellettualistica. Solo quando dall'intera attività
dell'uomo nel mondo fluisce di nuovo anche verso il nostro
capo, anche al nostro pensare, ciò che da questo essere umano
intero può provenire in armonica interazione con tutto ciò che
fa parte dell'uomo, solo se non ci limitiamo soltanto a pensare
con il capo, bensì pensiamo come si pensa quando si è formato
qualcosa con la mano e si è percepito come ciò irradi di
rimando nel capo, solo allora il pensiero verrà ricolmato così
pienamente di realtà che in esso vi sarà spirito. Ciò che è solo
pensato è altrettanto privo di spirito quanto è privo di spirito
ciò che viene prodotto con una macchina.
55
credono di coltivare una scienza naturale libera da pregiudizi.
Ma questa scienza naturale libera da pregiudizi da dove si è
originata in realtà? Dal fatto che per lunghi secoli tutto ciò che
gli uomini anelavano a sapere su anima e spirito, su ciò che va
oltre oltre nascita e morte, riguardo a tutto questo gli uomini
dipendevano – attraverso le relazioni sociali - da ciò che era
monopolio delle singole confessioni religiose. Quando emerse
lo spirito delle nuove scienze naturali quale era in realtà la
situazione a livello di vita sociale? Tutto ciò che l'uomo poteva
sapere su anima e spirito veniva monopolizzato nei dogmi delle
confessioni religiose. Non si aveva il permesso di pensare
autonomamente su anima e spirito, lo si poteva fare solo sul
mondo esteriore dei sensi. E gli uomini che hanno praticato le
scienze naturali si sono adattati a questo schema. Si sono
abituati a pensare e a ricercare solo sul mondo esteriore dei
sensi, perché per secoli fu proibito ricercare autonomamente su
anima e spirito. Hanno tradotto la cosa in determinate
rappresentazioni, hanno praticato solo una scienza esteriore
basata sui sensi. La cosa si è poi trasformata, per effetto di un
grandioso autoinganno, nella convinzione che la scienza esatta
possa dire qualcosa solo sull'esteriore mondo dei sensi, e che la
ricerca su anima e spirito si trovi al di là dei confini della
conoscenza. Questa convinzione è radicata anche nella vita
animica dell'uomo moderno e compenetra tutta la vita. Con una
tale concezione si possono acquisire pensieri fecondi sulla
natura, ma non appena ci si voglia spingere ad indagare la vita
sociale questo modo di pensare non basta più. Per fondare una
reale scienza popolare, una reale scienza sociale che possa
davvero afferrare la vita, è necessario che ci compenetriamo di
56
una concezione che abbracci l'uomo intero. E questa
concezione ci manca, perché le influenze che ho appena
caratterizzato ne impedirono lo sviluppo.
57
portatore della Scienza dello Spirito è che l'intelletto umano
non abbia abbastanza forza d'urto, anche laddove esso si
esprima nell'attuale vita sociale, per immergersi nella vita reale
e che quest'ultima debba pervenire sempre più nel caos se non
verranno vivificati gli impulsi che si spingono fin dentro al
sentire e al volere, che possono porre gli esseri umani in
relazione tra loro in modo tale che le forze sociali possano
venire organizzate. Prendete quello che volete dei metodi delle
scienze naturali, di quelle esatte scienze naturali che nel nostro
tempo hanno raggiunto il culmine, con esse non potrete fondare
nessuna scienza sociale. Nei confronti delle scienze sociali le
rappresentazioni che si conseguono senza la Scienza dello
Spirito si comportano come si comporta un colore che si vuole
stendere su di una superficie oleata. Come la superficie oleata
respinge il colore, così la vita respinge ciò che domina tra noi
come mera scienza intellettuale.
58
proprio di mancare di senso pratico -, so bene che la gente dice:
abbiamo il nostro lavoro, non possiamo dedicarci a questa
Scienza dello Spirito che è comunque così ampia e articolata.
Ma non dovrebbe farsi strada nei cuori e nelle anime degli
uomini anche l'altro pensiero: l'attuale china rovinosa sulla
quale ci troviamo non ci indica forse – per quanto intensamente
possiamo essere impegnati nel nostro lavoro -, che stiamo
collaborando a creare la via che conduce nel caos? E dunque
non dovremmo forse ritenere necessario dedicare ogni ora che
ci avanza a coltivare delle concezioni che finalmente affrontino
in maniera veramente radicale la questione del risanamento?
59
paesi esteri neutrali durante la guerra, in maniera diversa da
come faccio ora, mentre invece lui dappertutto veniva adorato,
posso continuare a parlare di lui come ho sempre fatto. Nel suo
scritto “La nuova libertà”[5] si trovano parecchi punti in cui
egli indica come un risanamento della situazione sociale – e si
riferisce soprattutto a quella americana - si possa ottenere solo
se si tiene davvero conto dell'aspirazione umana alla libertà.
Ma che cos'è per Woodrow Wilson la libertà umana?
60
continuare a muoversi in esse, in modo tale da inserirsi con le
sue forze in ciò che scorre all'esterno senza venirne ostacolato.
61
impulso alla libertà in modo diverso da come attualmente
avviene. Tentai di mostrare il modo sbagliato in cui ci si è
interrogati riguardo alla libertà umana. Ci si domanda: l'uomo è
o non è libero? E' l'uomo un essere libero che può prendere
decisioni con vera responsabilità a partire dalla propria anima,
oppure è inserito come un essere della natura in una necessità
naturale o spirituale? Ci si è posti tali domande, vorrei dire, per
millenni, e ci si interroga ancora così. Ma già porre la domanda
in questo modo è un grande errore.
62
libertà è dunque figlia del pensiero che viene afferrato nella
chiaroveggenza spirituale – non per costrizione esterna -, così
come è figlia del vero amore ricolmo di dedizione, dell'amore
verso l'oggetto dell'agire. A noi spetta sviluppare ulteriormente
nel presente ciò a cui aspirava la vita spirituale tedesca in
Schiller quando egli si contrapponeva a Kant e intuiva qualcosa
di un tale concetto di libertà. Ma a questo punto mi si rivelò
che si può solo parlare di ciò che sta alla base delle azioni
morali – che, seppure rimanga a livello inconscio nell'uomo,
comunque è presente -, e che questa cosa si deve chiamare
intuizione. E così parlai nella mia “Filosofia della libertà” di
una intuizione morale.
Ma con ciò fu anche dato il punto di partenza per tutto ciò che
in seguito tentai di compiere nel campo della Scienza dello
spirito. Non crediate che oggi io pensi a queste cose in modo
presuntuoso. So molto bene che questa “Filosofia della libertà”
che ho concepito più di trent'anni fa da giovane ha in una certa
misura tutte le malattie infantili di quella vita di pensiero che si
è preparata nel corso del diciannovesimo secolo. Ma so anche
che a partire da questa vita spirituale è germogliato ciò che può
condurre la vita di pensiero verso l'alto, verso ciò che è
realmente spirituale. Pertanto posso dire a me stesso: quando
l'uomo si eleva nell'intuizione morale verso gli impulsi morali e
rappresenta un essere davvero libero, allora è già, se posso
usare questa parola scomoda, “chiaroveggente” in relazione
alle sue intuizioni morali. In quello che va oltre tutto ciò che è
legato ai sensi si trovano gli impulsi di tutto ciò che è morale.
63
In fondo i precetti veramente morali sono risultati di
chiaroveggenza umana. Perciò vi è stata una via diretta che
portava da quella “Filosofia della libertà” a quella che oggi
intendo quale Scienza dello Spirito. La libertà germoglia
nell'uomo solo se l'uomo si evolve. Ma l'uomo si può evolvere
ulteriormente in modo tale da far sì che ciò che già sta alla base
della sua libertà gli permetta anche di diventare indipendente
da tutta la sfera sensibile e di elevarsi libero nei territori dello
spirito.
64
scienze naturali, bensì a ciò che si può raggiungere soltanto
attraverso la contemplazione spirituale.
65
materiale. Ma se approfondite ciò che ho illustrato nei miei
“Punti essenziali della questione sociale” e nelle conferenze
sulla tripartizione, troverete che esiste la possibilità di creare
per la vita nella sua totalità basi simili a quelle che sono state
create a Dornach nell'edificio che deve esistere come
rappresentante per il nostro movimento scientifico-spirituale.
Solo che è un peccato che questo edificio oggi non possa
venire visitato da molte persone, perché purtroppo abbiamo
fatto in modo che attraversare i confini del nostro paese sia
divenuta una cosa addirittura impossibile.
66
Non si cerca una mistica astratta bensì fatti della vita attraverso
i quali l'uomo si trova immerso nella realtà. E se si arriva a
conoscere l'uomo si trova allo stesso tempo attraverso la
Scienza dello Spirito ciò che può portare le forze sociali nella
corrispondente organizzazione, in modo tale che gli uomini che
vivono in questa organizzazione possano rispondere in maniera
soddisfacente alla domanda: la vita umana è degna dell'uomo?
67
nei mondi spirituali, nell'esistenza sovrasensibile nel modo che
ho descritto nel mio libro “Come si conseguono conoscenze dei
mondi superiori” e nella seconda parte della mia “Scienza
Occulta”; chiunque lo può fare in qualsiasi momento, ma
avanzare nella direzione di quelle questioni che trattano le
entità dei mondi sovrasensibili nel senso più profondo è
comunque legato a determinate esperienze per le quali non tutti
sono ancora idonei. Chi vuole scrutare nel mondo spirituale,
chi vuole diventare ricercatore spirituale nel senso più vero,
deve affrontare molte prove di superamento di se stesso. Basti
pensare che nel momento in cui si entra in un conoscere libero
dai sensi, in una conoscenza che non fa più uso del corpo fisico
materiale, nel momento in cui non è più presente il mondo
esteriore abituale, nel momento in cui si è in un mondo che ci
presenta ogni sorta di cose insolite, tutte le cose sulle quali ci
appoggiamo, la nostra sicurezza nell'esperienza esteriore,
l'intelletto abituale, devono lasciare il posto ad altre forze
stabilizzatrici interiori. Si è come sull'orlo di un abisso e ci si
deve tener saldi aggrappandosi al fulcro del proprio essere.
Molta gente ne ha una paura inconscia e subconscia che poi
riveste di logica nell'osteggiare la Scienza dello Spirito.
Sentirete argomentare con i più bei motivi, in realtà essi sono
solo paura di ciò che è sconosciuto.
68
non si è sviluppata nessuna abitudine di vita. Ciò provoca,
penetrandovi sempre più in profondità, delle esperienze
terribilmente dolorose che devono venire superate attraverso
una vera conoscenza spirituale. Poi, una volta superate queste,
seguono dal più profondo del nostro essere quelle conoscenze
che danno accesso a ciò che è eterno nella natura umana,
all'essenza spirituale che sta alla base del mondo. Non tutti
possono percorrere questo cammino fino in fondo, ma non ho
mai smesso di ripetere che non è necessario percorrere questa
via, ma che l'essenziale è comunque sviluppare un sano umano
discernimento. Perché questo sana capacità di comprensione
umana, se solo non viene deviata dai pregiudizi delle
osservazioni esteriori, può discernere se chi si presenta come
ricercatore spirituale per parlare a tutta prima di mondi
sconosciuti, ne parli in modo logico, o come uno spiritista o
chissà come. Se si possiede la logica si può giudicare se la
persona in questione parla logicamente, se parla in maniera tale
che dal suo stesso modo di parlare si evinca o meno se le
esperienze che racconta siano state fatte in salute spirituale.
69
conoscenze. Allora queste conoscenze avranno per la nostra
vita tanto valore quanto ne hanno per l'anima dello stesso
ricercatore spirituale. Dai fatti esteriori si valuta il ricercatore
nella scienza esteriore; dal modo in cui parla, da come vengono
espresse le conoscenze si valuta ciò che il ricercatore dello
spirito ha da dire. Egli può venire valutato per mezzo del sano
intelletto umano.
70
stabilizzatrice per la vita a venire, che le forze sociali venissero
dispiegate in maniera feconda a partire dall'uomo, non a partire
da un sapere apatico, insufficiente, come quello che spesso
domina il pensiero sociale della nostra epoca. Vorremmo
sviluppare un vero pensiero sociale, che si basi sulla fiducia
umana, su fondamenta sicure poste nell'anima umana. E se
vediamo in ogni bambino che è nella nostra scuola un uomo in
divenire, se tentiamo di aiutarlo ad evolversi attraverso
conoscenze che possano vivificare le basi della pedagogia,
vediamo qualcosa che è necessario, come vediamo qualcosa di
necessario in tutto ciò che tentiamo di estrapolare da questa
Scienza dello Spirito.
71
lo statista austriaco Czernin[6] ha scritto nel suo libro più
recente meritano di essere prese a cuore, a prescindere da come
ci si ponga rispetto ad esse: “La guerra continua, anche se in
forma mutata. Credo che le generazioni future non
chiameranno affatto Guerra Mondiale il grande dramma che
domina il mondo da cinque anni, ma la chiameranno
rivoluzione mondiale, e sapranno che la Guerra Mondiale è
stata solo l'inizio di questa rivoluzione mondiale. Né la pace di
Versailles, né quella di Saint-Germain creeranno una pace
duratura. In questa pace si trova il germe disgregante della
morte. Le battaglie che scuotono l'Europa non accennano
ancora a diminuire. Come in un violento terremoto continua il
brontolio sotterraneo. La terra tornerà sempre a spaccarsi, ora
in un punto, ora in un altro, e scaglierà fuoco contro il cielo.
Eventi di una violenza elementare irromperanno continuamente
in modo devastante sui vari paesi finché sarà spazzato via tutto
ciò che ricorda la follia di questa guerra. Lentamente, con
sacrifici indicibili nascerà un mondo nuovo. Le generazioni
future guarderanno al nostro tempo come ad un lungo brutto
sogno. Ma anche alla notte più buia segue sempre il giorno.
Generazioni sono cadute nella fossa, uccise, affamate,
abbattute dalla malattia. Milioni sono morti nello sforzo di
annientare, distruggere, con odio e morte nel cuore. Ma
nasceranno altre generazioni e con loro uno spirito nuovo.
Costruiranno ciò che guerra e rivoluzione hanno distrutto. Ad
ogni inverno segue la primavera. Anche questa è una legge
eterna nel ciclo della vita, che alla morte segua la risurrezione.
Benedetti coloro che saranno chiamati come soldati del lavoro
a cooperare alla costruzione di un mondo nuovo.”
72
Ora, anche qui si parla di un nuovo spirito, ma io so che se si
parlasse a questo Czernin del nuovo spirito, indietreggerebbe
inorridito, lo considererebbe una fantasticheria. La gente parla
in astratto del nuovo spirito, sa che deve venire, ma se la dà a
gambe di fronte allo spirito concreto. Osservare la via concreta
di questo nuovo spirito è però una questione seria. Vi sono
molte persone, per esempio, che oggi attaccano la Scienza
dello Spirito sulla base del loro presunto Cristianesimo, e che
non vogliono affatto riconoscere come questa Scienza dello
Spirito fornisca le basi più vitali proprio per una rivivificazione
del Cristianesimo, come il Cristianesimo nel futuro vivrà
proprio per il fatto che la Scienza dello Spirito parlerà di nuovo
del Cristo vivente e dell'evento del Golgota come di fatti storici
a partire dalla ricerca scientifico-spirituale. Una gran parte dei
teologi si è spinta fino al punto da non parlare più del Cristo
come del vero senso della terra, bensì da ridurlo al “semplice
uomo di Nazareth”. L'essenza spirituale del cristianesimo verrà
fondata di nuovo attraverso la Scienza dello Spirito. Però a
coloro che oggi hanno paura sulla base della loro confessione
cristiana si dovrebbe dire: il Cristianesimo è stato posto su
fondamenta talmente salde che nei suoi riguardi non si ha nulla
da temere dalla Scienza dello Spirito, proprio come per esso
non può essere una minaccia la scoperta della pompa
pneumatica e di altre cose simili – e così anche la dottrina delle
ripetute vite terrene o del destino, nel modo in cui le porta la
Scienza dello Spirito. Il Cristianesimo è così forte che può
accogliere tutto ciò che viene dalla Scienza dello Spirito. Se
73
poi anche gli attuali portatori delle confessioni cristiane siano
così forti è un'altra questione, e anche una questione seria.
74
rovina della stessa Cina, mentre la nostra politica sarà la
liberazione finale della Cina. In Cina e nei nostri territori del
Pacifico dobbiamo essere pienamente armati per poterci
difendere a sufficienza. Se volessimo fidarci di un'unione di
stati creata dagli anglosassoni, se volessimo credere ad una
giustizia che è presente in modo latente o addirittura che già
regna nella civiltà cristiana, questa sarebbe da parte nostra una
dimostrazione di debolezza spirituale, e anche la dimostrazione
che avremmo meritato il nostro destino di rovina nazionale, che
incomberebbe inesorabile da parte delle potenze occidentali”.
75
verificare autonomamente le tesi affermate in quei campi, ma
le verità teosofiche non potrò verificarle se non sono
chiaroveggente.” Quindi lui sta dicendo che gli storici, i fisici e
i chimici affermano le loro varie verità, e se uno vuole
verificarle dovrà diventare storico, fisico o chimico. Io dico: se
si vogliono verificare le verità affermate dalla Scienza dello
Spirito si deve diventare scienziati dello spirito. Cosa dice
questo signore? “Dovrò appunto diventare, a seconda dei casi,
storico, fisico, chimico per poter verificare autonomamente le
tesi affermate in quei campi, ma le verità teosofiche non potrò
verificarle se non sono chiaroveggente.” Ovvio! E' chiaro che
non posso verificare i risultati della ricerca chimica se non
divento chimico! Però si può sempre scegliere di diventare un
chimico; ricercatore di Scienza dello Spirito, invece, non si
vuole diventarlo. E dunque si dice qualcosa di proprio strano:
devo poter dimostrare, ma poter dimostrare senza entrare in
qualche modo nello specifico dei metodi di verifica. Per questo
signore la questione è, come dice lui stesso, e come sentirete
subito, non se si possa decidere, una volta fatti propri i motivi
per la decisione, ma invece: “La questione è se queste verità
siano state da me verificate o se possano venire verificate, e, a
prescindere dalla formale critica logica, io lo devo negare.” Ora
che egli debba negare questo, glielo concedo volentieri. Ma
come ammetto che uno deve diventare chimico per poter
dimostrare i risultati della ricerca chimica, così chiunque voglia
verificare le verità della Scienza dello Spirito dovrà porsi sulla
via della ricerca spirituale. Ma quel signore rifiuta ciò. L'intero
suo scritto è improntato a questa logica. E da questa logica è
prodotto molto di ciò che si scaglia contro la Scienza dello
76
Spirito travisandola. E allora si ha veramente di meglio da fare
che preoccuparsi di simili obiezioni.
77
con mere parole? Chi oggi si limita a citare Goethe, non lo
capisce; solo chi lo sviluppa ulteriormente in sé lo capisce. Chi
si limita a citare Johann Gottlieb Fichte[10] fa qualcosa senza
senso se non lo sviluppa ulteriormente nella sua vita spirituale.
Avete sentito come il mondo parla della vita spirituale europea.
Nel mondo si deve imparare a riconoscere che i tedeschi hanno
di nuovo la volontà di guardare a ciò che sono le autentiche
pietre miliari per il progresso del loro popolo. In questo mondo
si sono spesso chiamati i nostri antenati, i grandi portatori della
vita spirituale tedesca, dei sognatori. Li si è misconosciuti nello
stesso modo in cui oggi si rappresenta come fantasticheria o
cose simili ciò che parla dallo spirito. Ma ci sono sempre state
persone che sapevano come ciò a cui si tende nella ricerca dello
spirito si basasse sulla realtà. E in un momento importante
Johann Gottlieb Fichte disse al popolo: Quello che gli altri
dicono, che le idee non possono intervenire direttamente nella
vita pratica, lo sappiamo bene anche noi idealisti, e forse
meglio degli altri; ma che la vita debba venire orientata
secondo queste idee lo sappiamo da prima. - Allora si riferì alla
prassi di vita e disse: Coloro che non riconoscono ciò,
appartengono a quelli di cui non si tiene conto nel piano di
evoluzione del mondo. Possano dunque venir concessi loro a
tempo debito sole, pioggia e una buona digestione e, se è
possibile, anche qualche buon pensiero.
78
astratto. Se i posteri di questi antenati tedeschi avranno un
senso per la reale prassi spirituale, allora gli uomini che ci
hanno preceduti in questa prassi spirituale non saranno stati dei
sognatori. Se però perdiamo l'opportunità di penetrare nelle
realtà della prassi spirituale, allora sì che essi diventeranno dei
sognatori, ma non a causa loro, bensì a causa nostra o a causa
dei nostri posteri che non vorranno sapere nulla del vero spirito
tedesco. Il popolo tedesco si guardi bene dal far sì che i propri
grandi antenati, di cui il mondo così spesso ha parlato come di
meri sognatori, diventino veramente dei sognatori a causa della
colpa che scaturisce dal non avere alcun senso per lo spirito
che è stato invocato ed evocato nella vita spirituale tedesca!
Possa questo spirito avere dei successori! Questa è l'ultima
cosa che vorrei dirvi sulla base delle mie considerazioni
odierne.
79
Note:
80
[5] "La nuova libertà", 1913
81
benevola voglia regnare, e voglia loro concedere a tempo
debito sole e pioggia, nutrimento salutare, un ciclo indisturbato
di umori, e anche – pensieri intelligenti!” Da “Vorbericht” in
“Einige Vorlesungen über die Bestimmung der Gelehrten”,
1794.
82