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MATERIALI NELL’ IMPIANTISTICA CHIMICA

Diversità delle sostanze chimiche che vengono lavorate,


 Vasta gamma di temperature impiegate,
Alte pressioni che a volte sono richieste durante le lavorazioni

Impongono la scelta di materiali in grado di adattarsi e resistere alle più diverse


condizioni operative.

La scelta dei materiali da impiegare deve essere operata valutando attentamente:

le caratteristiche
il costo
i fenomeni di corrosione
1
MATERIALI USATI PIÙ FREQUENTEMENTE

ferro

ferrosi acciai

MATERIALI ghise rame


alluminio
METALLICI nichel
materiali non ferrosi piombo
stagno
zinco
vetri ceramiche
legnami
MATERIALI materie plastiche
materiali isolanti
NON METALLICI materiali refrattari

I.I.S MINUZIANO" San Severo 2


Proprietà e caratteristiche dei materiali

Si suddividono in:
CARATTERISTICHE PROPRIETÀ PROPRIETÀ
CHIMICO-FISICHE MECCANICHE TECNOLOGICHE

Si riferiscono alla Si riferiscono alla Si riferiscono al


struttura chimica capacità di comportamento
ed al loro aspetto resistenza alle dei materiali
esterno sollecitazioni durante le
statiche e lavorazioni
dinamiche

Alcune proprietà sono comuni a materiali diversi (ad esempio il peso


specifico e i vari tipi di resistenza); altre sono tipiche solo di alcuni materiali
(ad esempio, la fusibilità è tipica dei metalli).
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le caratteristiche chimico-fisiche si riferiscono alla struttura interna dei materiali ed al
loro aspetto esterno. Le più importanti sono:

3/9
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le proprietà meccaniche evidenziano il comportamento dei materiali quando vengono
sottoposti ad una forza che tende a deformarli. Le più importanti proprietà meccaniche
sono:

3/9
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le proprietà tecnologiche si definiscono osservando il comportamento dei
materiali durante la loro lavorazione, quando sono sottoposti ad una forza
esercitata da un utensìle. Sono molto numerose, e le più comuni sono:

3/9
Proprietà chimiche dei materiali
Le proprietà chimiche riguardano l'interazione dei materiali con l’ambiente esterno
per poter agire su di essi per due diverse finalità:

• Trattamento superficiale del materiale per conferirgli caratteristiche diverse da


quelle originarie.
• il decapaggio
• la brunitura
• la fosfatazione
• la cromatura, zincatura, ramatura, nichelatura, ecc
• la carbocementazione, nitrurazione, solfonitrurazione, silicizzazione, ecc

2. Adottare provvedimenti per evitare che venga attaccato da sostanze con le quali
può venire a contatto.
• Soprattutto la corrosione

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Proprietà chimiche dei materiali

il decapaggio: è un'operazione chimica effettuata per eliminare strati


superficiali di un materiale tramite soluzioni di acido o alcali. Nel caso il
trattamento riguardi materiali metallici, il trattamento rimuove lo strato di ossido
superficiale, o di altri contaminanti, allo scopo di rendere la superficie del
metallo adatta ad essere ricoperta da un altro metallo. Dopo il decapaggio, la
superficie trattata diventa porosa e permette all'altro metallo di legarsi
saldamente a quello sottostante.

La superficie viene così ripulita da residui di ruggine formata dai prodotti


siderurgici laminati a caldo, tensioattivi (saponi che aumentano la bagnabilità) e
inibitori di corrosione o altre sostanze chimiche, la calamina, o scaglia di
laminazione.
Proprietà chimiche dei materiali

la brunitura: (talvolta detta anche bronzatura o metallocromia) è la colorazione


superficiale di un metallo praticata con vari metodi ed avente lo scopo di fornire
una protezione contro l'ossidazione oltre che di migliorarne l'aspetto.

• Esecuzione su metalli ferrosi


Generalizzando si può dire che questa si esegue (tranne che per l'acciaio
inossidabile) immergendo il pezzo di ferro o acciaio, ben pulito e sgrassato, in
un bagno d'acqua con acetato di piombo, iposolfito di sodio ed altre
sostanze che possono variare in quantità (così come i tempi del trattamento
stesso) a seconda del metallo da trattare e del colore che questo deve
assumere.
Una brunitura nera e brillante su ferro ed acciaio si può anche ottenere
immergendo il pezzo scaldato fino al colore giallo in olio e, una volta raggiunta
la brunitura, scaldandolo ancora lievemente per poi lasciarlo raffreddare a
temperatura ambiente.
Proprietà chimiche dei materiali

• Esecuzione su metalli non ferrosi


Si può ottenere una brunitura su rame, ottone o bronzo utilizzando una
soluzione di solfuro di potassio (chiamato comunemente "fegato di zolfo"),
semplicemente immergendovi i pezzi anche a freddo (sempre ben sgrassati)
per qualche minuto e sciacquandoli poi in acqua corrente.
Proprietà chimiche dei materiali

Brunitura mediante trattamenti galvanici


Uno dei vari metodi, oggi molto usati, anche a livelli industriali, consiste
nell'immergere il pezzo da trattare in una soluzione acquosa di
solfantimoniato di sodio (o "sale di Schlippe“, Na3SbS4·9H2O), di carbonato di
sodio anidro e praticare poi un'elettrolisi per alcuni minuti alla temperatura
ambiente con una corrente di 0,35 ampere a tensioni comprese tra 2,4 e 4 volt.
Questo metodo è impiegato anche nel trattamento di rame ed ottone.

"sale di Schlippe“, Na3SbS4·9H2O


Proprietà chimiche dei materiali

La fosfatazione è un processo chimico mediante il quale si altera la superficie


di un materiale metallico, creando dei cristalli fosfatici legati chimicamente al
substrato col fine di sfruttare le proprietà di questi composti per migliorare la
resistenza alla corrosione e favorire l'adesione della successiva verniciatura.
La fosfatazione è un procedimento di comune utilizzo
per ferro e leghe ferrose; è il trattamento di preparazione per la verniciatura
della lamiera di acciaio universalmente adottato nell'industria automobilistica,
in quanto indispensabile per conseguire le altissime caratteristiche di resistenza
alla corrosione richieste alle scocche.
Proprietà chimiche dei materiali

Il trattamento di fosfatazione sfrutta soluzioni di fosfato (fosfati di


zinco, ferro, manganese, fosfati di nichel), per ricoprire la superficie con uno
strato cristallino protettivo (spessore 5 - 10 µm) di fosfato che conferisce elevata
resistenza alla corrosione e migliora l'adesione del successivo strato di vernice
grazie all'aumento della microrugosità superficiale.
Lo strato ottenuto deve essere uniforme, compatto e composto da cristalli di
piccole dimensioni. Il processo si effettua in impianti a spruzzo o immersione,
normalmente integrati con quelli di sgrassaggio. Il sistema a immersione
fornisce risultati superiori non solo in quanto è efficace anche in zone poco
accessibili (scatolati, ecc.), ma anche perché lo strato ha caratteristiche diverse
(cristalli rotondeggianti anziché aghiformi).
Proprietà chimiche dei materiali

La carbocementazione è un processo metallurgico utilizzato per aumentare la


resistenza all'usura degli acciai.
L'arricchimento superficiale in carbonio (circa 0,8%), e la conseguente
formazione di carburi, è utile per conferire resistenza all'usura e rafforzamento
in superficie, unite a tenacità interna (per esempio per denti di ingranaggi).
Conviene eseguirlo su acciaio dolce portato oltre la temperatura Ac3 [circa 950
°C], in quanto l'austenite solubilizza meglio il carbonio, che migra oltre la
superficie per diffusione.
Esistono diversi metodi di carbocementazione, in base alla sostanza
cementante, ma si sottolinea che l'ambiente è sempre gassoso, in quanto vi è
sempre la necessità del trasporto operato dall'ossido di carbonio. A fine
trattamento termico si otterrà uno strato superficiale altamente cementato e
duro; inoltre si potrà eseguire un trattamento di tempra per conservare la
tenacità al cuore.

Ac3 = temperatura alla quale, durante un riscaldamento veloce, la lega di acciaio ipoeutettoide termina la
trasformazione in Austenite. Temperatura detta di Austenizzazione.
Allo stato solido si presenta nelle tre seguenti forme allotropiche:
Ferro α: struttura cristallina cubica a corpo centrato (CCC) Ferrite
Ferro γ: struttura cristallina cubica a facce centrate (CFC ) Austenite
Ferro δ: struttura cristallina cubica a corpo centrato (CCC ) la soluzione interstiziale
Fase Fe3C: Cementite.
Proprietà strutturali dei materiali

Le caratteristiche strutturali riguardano soprattutto i metalli e sono relative alla


disposizione nello spazio degli atomi che li formano.
L'esame della disposizione degli atomi ha permesso l'individuazione di 14
diverse possibilità. Queste combinazioni possono essere visualizzate
considerando un piccolo numero di atomi che formano la più piccola unità che
si ripete nelle tre dimensioni nel metallo, detta cella elementare.
Reticoli cristallini semplici o primitivi

Reticoli cristallini derivati


Proprietà meccaniche dei materiali

Riguardano la risposta del materiale alle sollecitazioni esterne. Possono


essere:
• statiche, se le sollecitazioni sono costanti nel tempo e hanno un'unica
direzione di applicazione
• dinamiche, se le sollecitazioni crescono rapidamente nel tempo (urto)
• periodiche, se le sollecitazioni si ripetono costantemente nel tempo con
una frequenza più o meno elevata

SOLLECITAZIONI SEMPLICI
Proprietà meccaniche dei materiali

Nei laboratori specializzati, un 2. TAGLIO


campione di materiale viene 3. TORSIONE
sottoposto alle stesse 4. FLESSIONE
sollecitazioni, fino al punto di
rottura. 1. TRAZIONE

flessione

5. COMPRESSIONE
torsione

trazione
compressione

taglio

Campioni di materiali sottoposti alle varie prove di


resistenza.
Esempio di applicazione pratica.
Proprietà meccaniche dei materiali

Prove meccaniche sui materiali

Le prove che si eseguono sui diversi materiali per caratterizzare le proprietà


meccaniche sono:

• la resistenza a trazione
• la resistenza a compressione
• la resistenza a flessione
• la resistenza a torsione
• la resistenza al taglio
• la resilienza
• la resistenza a fatica
• la durezza
• la resistenza al caldo e al freddo
• l'usura
Proprietà tecnologiche dei materiali

Le proprietà tecnologiche si definiscono osservando il comportamento dei


materiali durante la loro lavorazione, quando sono sottoposti ad una forza
esercitata da un utensìle. Sono molto numerose, e le più comuni sono:

• la fucinabilità
• la fusibilità
• la saldabilità
• la temperabilità
• la plasticità detta anche malleabilità, duttilità, estrudibilità, imbutibilità,
piegabilità e attorcigliabilità .

http://cmapspublic.ihmc.us/rid=1GXBT4C8R-1PFD7BG-RZL/Propriet%C3%A0%20tecnologiche.cmap
Unificazione e tipi di prove

Tutte le caratteristiche dei materiali vengono determinate sottoponendo


campioni a prove di laboratorio. Affinché i risultati ottenuti in luoghi diversi, in
tempi diversi e da operatori diversi siano paragonabili, è necessario che le
prove vengano effettuate sempre nello stesso modo.
Esistono enti che si interessano delle unificazioni delle prove. In Italia l’ UNI,
mentre a livello internazionale l’ ISO.

Le prove possono essere:

•Distruttive se il provino, viene rotto o deformato permanentemente


•Non distruttive vengono esaminati pezzi già finiti senza danneggiarli
La durezza

La durezza di un materiale si definisce la resistenza che un materiale oppone


a una deformazione permanente della sua superficie provocata dalla
penetrazione di un corpo.
La superficie di un materiale di elevata durezza viene difficilmente scalfita.
Per misurare la durezza si usano penetratori di forma opportuna che vengono
spinti sulla superficie del materiale in esame, misurando le deformazioni
conseguenti.
La durezza

Metodo Forma del Penetratore Metodo


Rapporto tra forza applicata e
Brinell (BHN) Sferica superficie dell'impronta
(kgf/mm2)
Piramidale a base quadrata Rapporto tra forza applicata e
Vickers (VHN) di diamante ed angolo al superficie dell'impronta (N
vertice 136° /mm2)

Differenza di profondità della


Rockwell
Conica o sferica impronta dopo l'applicazione di
(RHN)
due carichi (mm)

La durezza determinata col metodo Brinell è consigliata per materiali molto duri
quali le ghise e non per gli acciai temperati. La durezza Rockwell viene
comunemente effettuata sugli acciai temperati.
La determinazione della durezza ha un'importanza notevole poiché i risultati delle
prove secondo i vari metodi possono essere correlati ai carichi di rottura a
trazione.
La resistenza a trazione

La resistenza a trazione è lo sforzo necessario per rompere, per trazione, un


provino di un certo materiale.

La prova si esegue con un'adatta


apparecchiatura che applica alla provetta
una forza di trazione che cresce in maniera
continua nel tempo fino alla rottura del
provino stesso.
La resistenza a trazione

O-P Campo di elasticità proporzionale


PP Carico al limite di proporzionalità
P-E Campo di elasticità non proporzionale
PE Carico al limite di elasticità
E-S Campo di anaelasticità
PS Carico di snervamento
S-R Campo di snervamento e di rottura
PR Carico di rottura
Tenacità o Resilienza

La tenacità è l' attitudine di un materiale metallico a resistere agli urti, alle


sollecitazioni istantanee e ai carichi dinamici ed è espressa dalla sua
resilienza che si determina sperimentalmente rompendo con un sol colpo una
provetta dalle dimensioni unificate, del materiale in esame.

Un materiale con un elevato valore di resilienza è molto tenace, mentre uno


con valore basso è fragile.
I prodotti siderurgici per impiantistica

La siderurgia porta ad ottenere quattro tipi di materiali a base di ferro:

• II ferro, prodotto siderurgico con meno dello 0,02% di carbonio, ha scarse


applicazioni pratiche in generale, ed in particolare, non trova nessun uso
nell'impiantistica chimica
• Le ferroleghe non sono leghe di ferro, ma leghe contenenti ferro come
elemento alligato in percentuali di almeno il 10%. Esse sono costituite ad
esempio - per l'80% di Mn, per il 90% di Si, per il 60% di Cr, ecc. Mai usate
in impiantistica, le ferroleghe si adoperano per correggere composizioni di
ghise e di acciai o in produzione di leghe di metalli diversi dal ferro
• Le ghise
• Gli acciai
GHISE

Le ghise sono leghe ferro-carbonio che contengono carbonio in percentuale


compresa fra l '1,7% e il 6,7 % .

Le ghise grezze, dette


anche di prima fusione, Ghise grigie
costituiscono il prodotto
dell'altoforno e
contengono anche piccole In funzione della
percentuali di silicio, struttura intima
manganese, fosforo e
zolfo che provengono da Ghise bianche
impurezze presenti nei
minerali del ferro.
GHISE

Ghise grigie

ghise grezze

Ghise bianche

Le ghise provenienti dall'altoforno non sono malleabili e duttili e non


possono essere saldate
Ma
possiedono ottime doti di fusibilità e colabilità, per cui sono impiegate per
la produzione di pezzi meccanici fusi.

Il quantitativo maggiore, però, viene destinato alla produzione dell'acciaio.


L’Altoforno
L’Altoforno

L'altoforno è un forno verticale, alto fino a 40 m e largo fino a 15 m.


L'altoforno viene caricato dall'alto con una miscela di coke, minerali di ferro e
calcare. Il calore sviluppato dalla combustione del coke, favorita dall'alta
temperatura (fino a 870° C) di un getto d'aria calda che investe dal basso e
attraversa la carica, innesca una reazione chimica fra il carbonio del coke e
l'ossigeno degli ossidi di ferro che costituiscono i minerali. Il ferro, liberatosi dai
minerali, si lega con una parte di carbonio e forma ghisa fusa, che cola verso il
basso. Periodicamente la ghisa viene estratta dal fondo, mentre un diverso canale
di scolo permette di recuperare le scorie per avviarle a fasi successive del ciclo
siderurgico.
Ghise grigie: La velocità di raffreddamento della colata è lenta.

Nelle ghise grigie il carbonio contenuto si trova libero sotto forma di grafite. Il nome
deriva dalla colorazione grigia assunta dalle facce esposte del metallo sottoposto a
frattura, dovuta alla presenza del carbonio libero,che si presenta scuro.

Le ghise grigie sono molto impiegate per la costruzione di pezzi fusi essendo le
leghe più economiche disponibili per questo scopo e vengono utilizzate per la
costruzione di basamenti di macchine utensili, attrezzi agricoli, radiatori, tubazioni
varie, carcasse di pompe, motori, ingranaggi, flange, alberi di trasmissione non
troppo sollecitati. Le ghise grigie sono resistenti agli acidi e alla corrosione.
Ghise grigie

Le ghise grigie, note anche con il nome di ghise meccaniche, contengono


percentuali alquanto elevate di silicio e hanno caratteristiche meccaniche che
dipendono dalla quantità di carbonio presente, dalla sua distribuzione e dalla
struttura del ferro. Per migliorare le proprietà di questi tipi di ghise spesso le si
sottopone a trattamenti di:

•surriscaldamento
•tempra
•rinvenimento
•inoculazione
.
Ghise grigie

Tempra: Si effettua soprattutto sulle ghise grigie a matrice perlitica con grana
fine. Lo scopo del trattamento é quello di trasformare, nelle ghise grigie con
grafite lamellare, la matrice perlitica in martensitica, ottenendo così una
struttura molto dura con determinate proprietà fisiche e meccaniche. Il ciclo
termico della tempra normale (o diretta) é il seguente:
1. riscaldamento in due tempi, prima a circa 500 °C e poi a 850 - 870 °C in
modo da avere la trasformazione della perlite in austenite
2. permanenza a tale temperatura per un tempo che dipende dallo spessore dei
pezzi (30 minuti per 20 mm di spessore)
3. raffreddamento in acqua, olio o aria soffiata a seconda della struttura che si
vuole ottenere (martensite o bainite).
Poiché l'elevata durezza provoca fragilità, é necessario eseguire dopo la
tempra un rinvenimento.
Ghise grigie

Il rinvenimento, detto anche invecchiamento, è un trattamento termico di


un metallo eseguito al fine di ridurre gli effetti negativi della tempra sul materiale,
nel caso questo presenti eccessiva durezza e quindi fragilità.
Dunque dopo una tempra segue un rinvenimento: questo duplice processo
prende il nome di bonifica. Nel rinvenimento si riscalda a temperatura T <
Ac1 sufficiente a ripristinare la diffusività di un elemento presente in minore
quantità nel metallo, in modo che tale elemento possa separarsi dalla matrice in
forma finemente dispersa.

Inoculazione: aggiunta di particolari sostanze a una lega allo stato di fusione,


poco prima della colata, per provocare modifiche strutturali durante la
solidificazione; per esempio, l'aggiunta di CaSi o altre leghe al bagno metallico in
fusione prima della colata nella produzione di ghisa lamellare.
Ghise bianche: La velocità di raffreddamento della colata è rapida.

Nelle ghise bianche il carbonio contenuto si trova legato al ferro sotto forma di
carburo. Il nome deriva dalla colorazione bianca assunta dalle facce esposte del
metallo sottoposto a frattura, dovuta alla presenza del carburo, che si presenta
chiaro.
Le ghise bianche sono caratterizzate da un'elevata durezza, una spiccata
resistenza all'usura e una modesta resistenza agli urti. Con piccole aggiunte di
nichel e cromo vengono impiegate per costruire sfere per mulini a palle,
mascelle per frantoi, pale per impastatrici, rivestimenti di mulini e parti di pompe
che movimentano sospensioni abrasive. Presentano un'elevata resistenza
agli acidi, alle soluzioni saline e alla corrosione.
Ghise speciali

Le ghise speciali presentano proprietà migliori rispetto alle ghise comuni e


devono le loro caratteristiche essenzialmente alla struttura metallografica della
loro massa. Sono ottenute mediante trattamenti termici delle ghise normali
anche con aggiunta di piccole quantità di elementi che favoriscono i processi
desiderati.
Tipo di ghisa Caratteristiche principali
Così chiamata in quanto il carbonio è presente sotto
forma di piccole sfere la cui formazione è provocata
dall'aggiunta di magnesio.
Ghisa sferoidale Possiedono caratteristiche meccaniche molto simili a
quelle degli acciai, come elevata tenacità, resistenza
all'usura e modulo di elasticità. Vengono utilizzate per
ingranaggi, compressori, ruote ecc.
Così chiamata per la struttura ad aghi che assicura
Ghise aciculari
una grande resistenza agli urti.
Grande resistenza all'ossidazione ed alla corrosione
Ghise all'alluminio
da gas solforosi a caldo.
Ghise speciali

Tipo di ghisa Caratteristiche principali


Ghise al cromo Resiste all'ossidazione a caldo
Grande resistenza agli urti, alla flessione ed agli
Ghise al molibdeno
sbalzi termici.
Presentano maggiore lavorabilità e possono essere
Ghise al nichel saldate. Resistono alle alte temperature ed agli
ambienti corrosivi.
Acciai

Per acciaio si intende una qualsiasi lega ferro-carbonio avente contenuto di


carbonio inferiore al1'1,7%, ma generalmente non è superiore allo 0,9 %.
Attualmente l’acciaio si prepara esclusivamente dalla ghisa, riducendo il tenore
di carbonio ed eliminando gli elementi dannosi quali il fosforo e lo zolfo.

Gli apparecchi impiegati per la trasformazione si chiamano convertitori.


Trattamenti termici degli Acciai

Una delle caratteristiche che rende gli acciai estremamente versatili consiste nel
fatto che è possibile modificare le proprietà meccaniche tramite opportuni
trattamenti termici.
Trattamento Caratteristiche e scopi
Consiste nel riscaldare l'acciaio e mantenere
la temperatura in maniera da ottenere
l'austenite. Quindi si ha un raffreddamento più
o meno rapido in maniera da ottenere,
tempra
almeno in superficie, la martensite. Consente
di ottenere elevata durezza e grande
resistenza meccanica del pezzo, a scapito
della resilienza.
Viene effettuato, per attenuare gli svantaggi
della tempra, riscaldamento a temperature
relativamente basse in maniera da
rinvenimento trasformare la martensite in perlite. Il
trattamento consente di abbassare la fragilità
acquisita dall'acciaio dopo la tempra
(incrudimento).
Trattamenti termici degli Acciai

Trattamento Caratteristiche e scopi


Si effettua riscaldando a temperature
vicine a quelle critiche, mantenendo il
tempo necessario per il completamento
ricottura delle trasformazioni e raffreddando molto
lentamente. Vengono così eliminati gli
effetti di trattamenti precedenti, nonché
le tensioni interne.
L'insieme dei trattamenti di tempra e
bonifica
rinvenimento.

Inoltre, sono possibili anche trattamenti superficiali, come la nitrurazione, che


consentono di raggiungere elevate durezze lasciando inalterata la resistenza
meccanica.
Classificazione degli Acciai

Gli acciai si dividono in due grandi categorie:

•acciai al carbonio:

Il basso costo di produzione, oltre che la loro relativamente facile lavorabilità a


caldo e a freddo, rendono gli acciai al carbonio, nell'industria in genere e
nell'impiantistica chimica in particolare, il tipo di acciaio più usato (tubazioni,
pompe, valvole, colonne di reazione e di lavaggio, caldaie per vapore,
attrezzature di macinazione e di vagliatura e altro ancora).

•acciai legati:

Contengono meno dell'1% di carbonio e altri elementi diversi dal ferro e dal
carbonio. Si dicono debolmente legati se nessun elemento diverso dal ferro
supera il 5%; fortemente legati se almeno un altro elemento è presente per più
del 5% nella composizione.
Acciai al carbonio

Gli acciai al carbonio presentano percentuali bassissime di elementi diversi dal


ferro e dal carbonio, hanno caratteristiche determinate dal contenuto di carbonio
e vengono classificati in base alla durezza.

acciaio contenuto di resistenza a Durezza (N/mm2)


carbonio trazione (N/mm2)

extradolce 0.12% 350-420 1400


dolce 0.15% 400-450 1500
semiduro 0.32% 550-600 1800
duro 0.52% 750-800 2300
extraduro 0.85% 950-1100 2700
Acciai legati

Gli acciai al carbonio presentano percentuali bassissime di elementi diversi dal


ferro e dal carbonio, hanno caratteristiche determinate dal contenuto di carbonio
e vengono classificati in base alla durezza.

elemento Proprietà impartite applicazioni

Elevata resistenza alla corrosione ed Acciai Inox, costruzione di


cromo
alla ossidazione, elevata durezza. perni, cuscinetti …
nichel 0.15% 400-450

manganese 0.32% 550-600

silicio 0.52% 750-800

molibdeno 0.85% 950-1100

vanadio
tungsteno
MATERIALI NELL’ IMPIANTISTICA CHIMICA

Diversità delle sostanze chimiche che vengono lavorate,


 Vasta gamma di temperature impiegate,
Alte pressioni che a volte sono richieste durante le lavorazioni

Impongono la scelta di materiali in grado di adattarsi e resistere alle più diverse


condizioni operative.

La scelta dei materiali da impiegare deve essere operata valutando attentamente:

le caratteristiche
il costo
i fenomeni di corrosione
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MATERIALI USATI PIÙ FREQUENTEMENTE

ferro

ferrosi acciai

MATERIALI ghise rame


alluminio
METALLICI nichel
materiali non ferrosi piombo
stagno
zinco
vetri ceramiche
legnami
MATERIALI materie plastiche
materiali isolanti
NON METALLICI materiali refrattari

I.I.S MINUZIANO" San Severo 2


Proprietà e caratteristiche dei materiali

Si suddividono in:
CARATTERISTICHE PROPRIETÀ PROPRIETÀ
CHIMICO-FISICHE MECCANICHE TECNOLOGICHE

Si riferiscono alla Si riferiscono alla Si riferiscono al


struttura chimica capacità di comportamento
ed al loro aspetto resistenza alle dei materiali
esterno sollecitazioni durante le
statiche e lavorazioni
dinamiche

Alcune proprietà sono comuni a materiali diversi (ad esempio il peso


specifico e i vari tipi di resistenza); altre sono tipiche solo di alcuni materiali
(ad esempio, la fusibilità è tipica dei metalli).
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le caratteristiche chimico-fisiche si riferiscono alla struttura interna dei materiali ed al
loro aspetto esterno. Le più importanti sono:

3/9
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le proprietà meccaniche evidenziano il comportamento dei materiali quando vengono
sottoposti ad una forza che tende a deformarli. Le più importanti proprietà meccaniche
sono:

3/9
Proprietà e caratteristiche dei materiali
Le proprietà tecnologiche si definiscono osservando il comportamento dei
materiali durante la loro lavorazione, quando sono sottoposti ad una forza
esercitata da un utensìle. Sono molto numerose, e le più comuni sono:

3/9
Proprietà chimiche dei materiali
Le proprietà chimiche riguardano l'interazione dei materiali con l’ambiente esterno
per poter agire su di essi per due diverse finalità:

• Trattamento superficiale del materiale per conferirgli caratteristiche diverse da


quelle originarie.
• il decapaggio
• la brunitura
• la fosfatazione
• la cromatura, zincatura, ramatura, nichelatura, ecc
• la carbocementazione, nitrurazione, solfonitrurazione, silicizzazione, ecc

2. Adottare provvedimenti per evitare che venga attaccato da sostanze con le quali
può venire a contatto.
• Soprattutto la corrosione

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Proprietà chimiche dei materiali

il decapaggio: è un'operazione chimica effettuata per eliminare strati


superficiali di un materiale tramite soluzioni di acido o alcali. Nel caso il
trattamento riguardi materiali metallici, il trattamento rimuove lo strato di ossido
superficiale, o di altri contaminanti, allo scopo di rendere la superficie del
metallo adatta ad essere ricoperta da un altro metallo. Dopo il decapaggio, la
superficie trattata diventa porosa e permette all'altro metallo di legarsi
saldamente a quello sottostante.

La superficie viene così ripulita da residui di ruggine formata dai prodotti


siderurgici laminati a caldo, tensioattivi (saponi che aumentano la bagnabilità) e
inibitori di corrosione o altre sostanze chimiche, la calamina, o scaglia di
laminazione.
Proprietà chimiche dei materiali

la brunitura: (talvolta detta anche bronzatura o metallocromia) è la colorazione


superficiale di un metallo praticata con vari metodi ed avente lo scopo di fornire
una protezione contro l'ossidazione oltre che di migliorarne l'aspetto.

• Esecuzione su metalli ferrosi


Generalizzando si può dire che questa si esegue (tranne che per l'acciaio
inossidabile) immergendo il pezzo di ferro o acciaio, ben pulito e sgrassato, in
un bagno d'acqua con acetato di piombo, iposolfito di sodio ed altre
sostanze che possono variare in quantità (così come i tempi del trattamento
stesso) a seconda del metallo da trattare e del colore che questo deve
assumere.
Una brunitura nera e brillante su ferro ed acciaio si può anche ottenere
immergendo il pezzo scaldato fino al colore giallo in olio e, una volta raggiunta
la brunitura, scaldandolo ancora lievemente per poi lasciarlo raffreddare a
temperatura ambiente.
Proprietà chimiche dei materiali

• Esecuzione su metalli non ferrosi


Si può ottenere una brunitura su rame, ottone o bronzo utilizzando una
soluzione di solfuro di potassio (chiamato comunemente "fegato di zolfo"),
semplicemente immergendovi i pezzi anche a freddo (sempre ben sgrassati)
per qualche minuto e sciacquandoli poi in acqua corrente.
Proprietà chimiche dei materiali

Brunitura mediante trattamenti galvanici


Uno dei vari metodi, oggi molto usati, anche a livelli industriali, consiste
nell'immergere il pezzo da trattare in una soluzione acquosa di
solfantimoniato di sodio (o "sale di Schlippe“, Na3SbS4·9H2O), di carbonato di
sodio anidro e praticare poi un'elettrolisi per alcuni minuti alla temperatura
ambiente con una corrente di 0,35 ampere a tensioni comprese tra 2,4 e 4 volt.
Questo metodo è impiegato anche nel trattamento di rame ed ottone.

"sale di Schlippe“, Na3SbS4·9H2O


Proprietà chimiche dei materiali

La fosfatazione è un processo chimico mediante il quale si altera la superficie


di un materiale metallico, creando dei cristalli fosfatici legati chimicamente al
substrato col fine di sfruttare le proprietà di questi composti per migliorare la
resistenza alla corrosione e favorire l'adesione della successiva verniciatura.
La fosfatazione è un procedimento di comune utilizzo
per ferro e leghe ferrose; è il trattamento di preparazione per la verniciatura
della lamiera di acciaio universalmente adottato nell'industria automobilistica,
in quanto indispensabile per conseguire le altissime caratteristiche di resistenza
alla corrosione richieste alle scocche.
Proprietà chimiche dei materiali

Il trattamento di fosfatazione sfrutta soluzioni di fosfato (fosfati di


zinco, ferro, manganese, fosfati di nichel), per ricoprire la superficie con uno
strato cristallino protettivo (spessore 5 - 10 µm) di fosfato che conferisce elevata
resistenza alla corrosione e migliora l'adesione del successivo strato di vernice
grazie all'aumento della microrugosità superficiale.
Lo strato ottenuto deve essere uniforme, compatto e composto da cristalli di
piccole dimensioni. Il processo si effettua in impianti a spruzzo o immersione,
normalmente integrati con quelli di sgrassaggio. Il sistema a immersione
fornisce risultati superiori non solo in quanto è efficace anche in zone poco
accessibili (scatolati, ecc.), ma anche perché lo strato ha caratteristiche diverse
(cristalli rotondeggianti anziché aghiformi).
Proprietà chimiche dei materiali

La carbocementazione è un processo metallurgico utilizzato per aumentare la


resistenza all'usura degli acciai.
L'arricchimento superficiale in carbonio (circa 0,8%), e la conseguente
formazione di carburi, è utile per conferire resistenza all'usura e rafforzamento
in superficie, unite a tenacità interna (per esempio per denti di ingranaggi).
Conviene eseguirlo su acciaio dolce portato oltre la temperatura Ac3 [circa 950
°C], in quanto l'austenite solubilizza meglio il carbonio, che migra oltre la
superficie per diffusione.
Esistono diversi metodi di carbocementazione, in base alla sostanza
cementante, ma si sottolinea che l'ambiente è sempre gassoso, in quanto vi è
sempre la necessità del trasporto operato dall'ossido di carbonio. A fine
trattamento termico si otterrà uno strato superficiale altamente cementato e
duro; inoltre si potrà eseguire un trattamento di tempra per conservare la
tenacità al cuore.

Ac3 = temperatura alla quale, durante un riscaldamento veloce, la lega di acciaio ipoeutettoide termina la
trasformazione in Austenite. Temperatura detta di Austenizzazione.
Allo stato solido si presenta nelle tre seguenti forme allotropiche:
Ferro α: struttura cristallina cubica a corpo centrato (CCC) Ferrite
Ferro γ: struttura cristallina cubica a facce centrate (CFC ) Austenite
Ferro δ: struttura cristallina cubica a corpo centrato (CCC ) la soluzione interstiziale
Fase Fe3C: Cementite.
Proprietà strutturali dei materiali

Le caratteristiche strutturali riguardano soprattutto i metalli e sono relative alla


disposizione nello spazio degli atomi che li formano.
L'esame della disposizione degli atomi ha permesso l'individuazione di 14
diverse possibilità. Queste combinazioni possono essere visualizzate
considerando un piccolo numero di atomi che formano la più piccola unità che
si ripete nelle tre dimensioni nel metallo, detta cella elementare.
Reticoli cristallini semplici o primitivi

Reticoli cristallini derivati


Proprietà meccaniche dei materiali

Riguardano la risposta del materiale alle sollecitazioni esterne. Possono


essere:
• statiche, se le sollecitazioni sono costanti nel tempo e hanno un'unica
direzione di applicazione
• dinamiche, se le sollecitazioni crescono rapidamente nel tempo (urto)
• periodiche, se le sollecitazioni si ripetono costantemente nel tempo con
una frequenza più o meno elevata

SOLLECITAZIONI SEMPLICI
Proprietà meccaniche dei materiali

Nei laboratori specializzati, un 2. TAGLIO


campione di materiale viene 3. TORSIONE
sottoposto alle stesse 4. FLESSIONE
sollecitazioni, fino al punto di
rottura. 1. TRAZIONE

flessione

5. COMPRESSIONE
torsione

trazione
compressione

taglio

Campioni di materiali sottoposti alle varie prove di


resistenza.
Esempio di applicazione pratica.
Proprietà meccaniche dei materiali

Prove meccaniche sui materiali

Le prove che si eseguono sui diversi materiali per caratterizzare le proprietà


meccaniche sono:

• la resistenza a trazione
• la resistenza a compressione
• la resistenza a flessione
• la resistenza a torsione
• la resistenza al taglio
• la resilienza
• la resistenza a fatica
• la durezza
• la resistenza al caldo e al freddo
• l'usura
Proprietà tecnologiche dei materiali

Le proprietà tecnologiche si definiscono osservando il comportamento dei


materiali durante la loro lavorazione, quando sono sottoposti ad una forza
esercitata da un utensìle. Sono molto numerose, e le più comuni sono:

• la fucinabilità
• la fusibilità
• la saldabilità
• la temperabilità
• la plasticità detta anche malleabilità, duttilità, estrudibilità, imbutibilità,
piegabilità e attorcigliabilità .

http://cmapspublic.ihmc.us/rid=1GXBT4C8R-1PFD7BG-RZL/Propriet%C3%A0%20tecnologiche.cmap
Unificazione e tipi di prove

Tutte le caratteristiche dei materiali vengono determinate sottoponendo


campioni a prove di laboratorio. Affinché i risultati ottenuti in luoghi diversi, in
tempi diversi e da operatori diversi siano paragonabili, è necessario che le
prove vengano effettuate sempre nello stesso modo.
Esistono enti che si interessano delle unificazioni delle prove. In Italia l’ UNI,
mentre a livello internazionale l’ ISO.

Le prove possono essere:

•Distruttive se il provino, viene rotto o deformato permanentemente


•Non distruttive vengono esaminati pezzi già finiti senza danneggiarli
La durezza

La durezza di un materiale si definisce la resistenza che un materiale oppone


a una deformazione permanente della sua superficie provocata dalla
penetrazione di un corpo.
La superficie di un materiale di elevata durezza viene difficilmente scalfita.
Per misurare la durezza si usano penetratori di forma opportuna che vengono
spinti sulla superficie del materiale in esame, misurando le deformazioni
conseguenti.
La durezza

Metodo Forma del Penetratore Metodo


Rapporto tra forza applicata e
Brinell (BHN) Sferica superficie dell'impronta
(kgf/mm2)
Piramidale a base quadrata Rapporto tra forza applicata e
Vickers (VHN) di diamante ed angolo al superficie dell'impronta (N
vertice 136° /mm2)

Differenza di profondità della


Rockwell
Conica o sferica impronta dopo l'applicazione di
(RHN)
due carichi (mm)

La durezza determinata col metodo Brinell è consigliata per materiali molto duri
quali le ghise e non per gli acciai temperati. La durezza Rockwell viene
comunemente effettuata sugli acciai temperati.
La determinazione della durezza ha un'importanza notevole poiché i risultati delle
prove secondo i vari metodi possono essere correlati ai carichi di rottura a
trazione.
La resistenza a trazione

La resistenza a trazione è lo sforzo necessario per rompere, per trazione, un


provino di un certo materiale.

La prova si esegue con un'adatta


apparecchiatura che applica alla provetta
una forza di trazione che cresce in maniera
continua nel tempo fino alla rottura del
provino stesso.
La resistenza a trazione

O-P Campo di elasticità proporzionale


PP Carico al limite di proporzionalità
P-E Campo di elasticità non proporzionale
PE Carico al limite di elasticità
E-S Campo di anaelasticità
PS Carico di snervamento
S-R Campo di snervamento e di rottura
PR Carico di rottura
Tenacità o Resilienza

La tenacità è l' attitudine di un materiale metallico a resistere agli urti, alle


sollecitazioni istantanee e ai carichi dinamici ed è espressa dalla sua
resilienza che si determina sperimentalmente rompendo con un sol colpo una
provetta dalle dimensioni unificate, del materiale in esame.

Un materiale con un elevato valore di resilienza è molto tenace, mentre uno


con valore basso è fragile.
I prodotti siderurgici per impiantistica

La siderurgia porta ad ottenere quattro tipi di materiali a base di ferro:

• II ferro, prodotto siderurgico con meno dello 0,02% di carbonio, ha scarse


applicazioni pratiche in generale, ed in particolare, non trova nessun uso
nell'impiantistica chimica
• Le ferroleghe non sono leghe di ferro, ma leghe contenenti ferro come
elemento alligato in percentuali di almeno il 10%. Esse sono costituite ad
esempio - per l'80% di Mn, per il 90% di Si, per il 60% di Cr, ecc. Mai usate
in impiantistica, le ferroleghe si adoperano per correggere composizioni di
ghise e di acciai o in produzione di leghe di metalli diversi dal ferro
• Le ghise
• Gli acciai
GHISE

Le ghise sono leghe ferro-carbonio che contengono carbonio in percentuale


compresa fra l '1,7% e il 6,7 % .

Le ghise grezze, dette


anche di prima fusione, Ghise grigie
costituiscono il prodotto
dell'altoforno e
contengono anche piccole In funzione della
percentuali di silicio, struttura intima
manganese, fosforo e
zolfo che provengono da Ghise bianche
impurezze presenti nei
minerali del ferro.
GHISE

Ghise grigie

ghise grezze

Ghise bianche

Le ghise provenienti dall'altoforno non sono malleabili e duttili e non


possono essere saldate
Ma
possiedono ottime doti di fusibilità e colabilità, per cui sono impiegate per
la produzione di pezzi meccanici fusi.

Il quantitativo maggiore, però, viene destinato alla produzione dell'acciaio.


L’Altoforno
L’Altoforno

L'altoforno è un forno verticale, alto fino a 40 m e largo fino a 15 m.


L'altoforno viene caricato dall'alto con una miscela di coke, minerali di ferro e
calcare. Il calore sviluppato dalla combustione del coke, favorita dall'alta
temperatura (fino a 870° C) di un getto d'aria calda che investe dal basso e
attraversa la carica, innesca una reazione chimica fra il carbonio del coke e
l'ossigeno degli ossidi di ferro che costituiscono i minerali. Il ferro, liberatosi dai
minerali, si lega con una parte di carbonio e forma ghisa fusa, che cola verso il
basso. Periodicamente la ghisa viene estratta dal fondo, mentre un diverso canale
di scolo permette di recuperare le scorie per avviarle a fasi successive del ciclo
siderurgico.
Ghise grigie: La velocità di raffreddamento della colata è lenta.

Nelle ghise grigie il carbonio contenuto si trova libero sotto forma di grafite. Il nome
deriva dalla colorazione grigia assunta dalle facce esposte del metallo sottoposto a
frattura, dovuta alla presenza del carbonio libero,che si presenta scuro.

Le ghise grigie sono molto impiegate per la costruzione di pezzi fusi essendo le
leghe più economiche disponibili per questo scopo e vengono utilizzate per la
costruzione di basamenti di macchine utensili, attrezzi agricoli, radiatori, tubazioni
varie, carcasse di pompe, motori, ingranaggi, flange, alberi di trasmissione non
troppo sollecitati. Le ghise grigie sono resistenti agli acidi e alla corrosione.
Ghise grigie

Le ghise grigie, note anche con il nome di ghise meccaniche, contengono


percentuali alquanto elevate di silicio e hanno caratteristiche meccaniche che
dipendono dalla quantità di carbonio presente, dalla sua distribuzione e dalla
struttura del ferro. Per migliorare le proprietà di questi tipi di ghise spesso le si
sottopone a trattamenti di:

•surriscaldamento
•tempra
•rinvenimento
•inoculazione
.
Ghise grigie

Tempra: Si effettua soprattutto sulle ghise grigie a matrice perlitica con grana
fine. Lo scopo del trattamento é quello di trasformare, nelle ghise grigie con
grafite lamellare, la matrice perlitica in martensitica, ottenendo così una
struttura molto dura con determinate proprietà fisiche e meccaniche. Il ciclo
termico della tempra normale (o diretta) é il seguente:
1. riscaldamento in due tempi, prima a circa 500 °C e poi a 850 - 870 °C in
modo da avere la trasformazione della perlite in austenite
2. permanenza a tale temperatura per un tempo che dipende dallo spessore dei
pezzi (30 minuti per 20 mm di spessore)
3. raffreddamento in acqua, olio o aria soffiata a seconda della struttura che si
vuole ottenere (martensite o bainite).
Poiché l'elevata durezza provoca fragilità, é necessario eseguire dopo la
tempra un rinvenimento.
Ghise grigie

Il rinvenimento, detto anche invecchiamento, è un trattamento termico di


un metallo eseguito al fine di ridurre gli effetti negativi della tempra sul materiale,
nel caso questo presenti eccessiva durezza e quindi fragilità.
Dunque dopo una tempra segue un rinvenimento: questo duplice processo
prende il nome di bonifica. Nel rinvenimento si riscalda a temperatura T <
Ac1 sufficiente a ripristinare la diffusività di un elemento presente in minore
quantità nel metallo, in modo che tale elemento possa separarsi dalla matrice in
forma finemente dispersa.

Inoculazione: aggiunta di particolari sostanze a una lega allo stato di fusione,


poco prima della colata, per provocare modifiche strutturali durante la
solidificazione; per esempio, l'aggiunta di CaSi o altre leghe al bagno metallico in
fusione prima della colata nella produzione di ghisa lamellare.
Ghise bianche: La velocità di raffreddamento della colata è rapida.

Nelle ghise bianche il carbonio contenuto si trova legato al ferro sotto forma di
carburo. Il nome deriva dalla colorazione bianca assunta dalle facce esposte del
metallo sottoposto a frattura, dovuta alla presenza del carburo, che si presenta
chiaro.
Le ghise bianche sono caratterizzate da un'elevata durezza, una spiccata
resistenza all'usura e una modesta resistenza agli urti. Con piccole aggiunte di
nichel e cromo vengono impiegate per costruire sfere per mulini a palle,
mascelle per frantoi, pale per impastatrici, rivestimenti di mulini e parti di pompe
che movimentano sospensioni abrasive. Presentano un'elevata resistenza
agli acidi, alle soluzioni saline e alla corrosione.
Ghise speciali

Le ghise speciali presentano proprietà migliori rispetto alle ghise comuni e


devono le loro caratteristiche essenzialmente alla struttura metallografica della
loro massa. Sono ottenute mediante trattamenti termici delle ghise normali
anche con aggiunta di piccole quantità di elementi che favoriscono i processi
desiderati.
Tipo di ghisa Caratteristiche principali
Così chiamata in quanto il carbonio è presente sotto
forma di piccole sfere la cui formazione è provocata
dall'aggiunta di magnesio.
Ghisa sferoidale Possiedono caratteristiche meccaniche molto simili a
quelle degli acciai, come elevata tenacità, resistenza
all'usura e modulo di elasticità. Vengono utilizzate per
ingranaggi, compressori, ruote ecc.
Così chiamata per la struttura ad aghi che assicura
Ghise aciculari
una grande resistenza agli urti.
Grande resistenza all'ossidazione ed alla corrosione
Ghise all'alluminio
da gas solforosi a caldo.
Ghise speciali

Tipo di ghisa Caratteristiche principali


Ghise al cromo Resiste all'ossidazione a caldo
Grande resistenza agli urti, alla flessione ed agli
Ghise al molibdeno
sbalzi termici.
Presentano maggiore lavorabilità e possono essere
Ghise al nichel saldate. Resistono alle alte temperature ed agli
ambienti corrosivi.
Acciai

Per acciaio si intende una qualsiasi lega ferro-carbonio avente contenuto di


carbonio inferiore al1'1,7%, ma generalmente non è superiore allo 0,9 %.
Attualmente l’acciaio si prepara esclusivamente dalla ghisa, riducendo il tenore
di carbonio ed eliminando gli elementi dannosi quali il fosforo e lo zolfo.

Gli apparecchi impiegati per la trasformazione si chiamano convertitori.


Trattamenti termici degli Acciai

Una delle caratteristiche che rende gli acciai estremamente versatili consiste nel
fatto che è possibile modificare le proprietà meccaniche tramite opportuni
trattamenti termici.
Trattamento Caratteristiche e scopi
Consiste nel riscaldare l'acciaio e mantenere
la temperatura in maniera da ottenere
l'austenite. Quindi si ha un raffreddamento più
o meno rapido in maniera da ottenere,
tempra
almeno in superficie, la martensite. Consente
di ottenere elevata durezza e grande
resistenza meccanica del pezzo, a scapito
della resilienza.
Viene effettuato, per attenuare gli svantaggi
della tempra, riscaldamento a temperature
relativamente basse in maniera da
rinvenimento trasformare la martensite in perlite. Il
trattamento consente di abbassare la fragilità
acquisita dall'acciaio dopo la tempra
(incrudimento).
Trattamenti termici degli Acciai

Trattamento Caratteristiche e scopi


Si effettua riscaldando a temperature
vicine a quelle critiche, mantenendo il
tempo necessario per il completamento
ricottura delle trasformazioni e raffreddando molto
lentamente. Vengono così eliminati gli
effetti di trattamenti precedenti, nonché
le tensioni interne.
L'insieme dei trattamenti di tempra e
bonifica
rinvenimento.

Inoltre, sono possibili anche trattamenti superficiali, come la nitrurazione, che


consentono di raggiungere elevate durezze lasciando inalterata la resistenza
meccanica.
Classificazione degli Acciai

Gli acciai si dividono in due grandi categorie:

•acciai al carbonio:

Il basso costo di produzione, oltre che la loro relativamente facile lavorabilità a


caldo e a freddo, rendono gli acciai al carbonio, nell'industria in genere e
nell'impiantistica chimica in particolare, il tipo di acciaio più usato (tubazioni,
pompe, valvole, colonne di reazione e di lavaggio, caldaie per vapore,
attrezzature di macinazione e di vagliatura e altro ancora).

•acciai legati:

Contengono meno dell'1% di carbonio e altri elementi diversi dal ferro e dal
carbonio. Si dicono debolmente legati se nessun elemento diverso dal ferro
supera il 5%; fortemente legati se almeno un altro elemento è presente per più
del 5% nella composizione.
Acciai al carbonio

Gli acciai al carbonio presentano percentuali bassissime di elementi diversi dal


ferro e dal carbonio, hanno caratteristiche determinate dal contenuto di carbonio
e vengono classificati in base alla durezza.

acciaio contenuto di resistenza a Durezza (N/mm2)


carbonio trazione (N/mm2)

extradolce 0.12% 350-420 1400


dolce 0.15% 400-450 1500
semiduro 0.32% 550-600 1800
duro 0.52% 750-800 2300
extraduro 0.85% 950-1100 2700
Acciai legati

Gli acciai al carbonio presentano percentuali bassissime di elementi diversi dal


ferro e dal carbonio, hanno caratteristiche determinate dal contenuto di carbonio
e vengono classificati in base alla durezza.

elemento Proprietà impartite applicazioni

Elevata resistenza alla corrosione ed Acciai Inox, costruzione di


cromo
alla ossidazione, elevata durezza. perni, cuscinetti …
nichel 0.15% 400-450

manganese 0.32% 550-600

silicio 0.52% 750-800

molibdeno 0.85% 950-1100

vanadio
tungsteno
La chimica industriale è quella branca della chimica che si occupa delle
trasformazioni su scala industriale delle materie prime per la
produzione di sostanze chimiche, miscele e materiali di varia natura, dei
processi e degli impianti chimici utilizzati e dei loro impatti economici
sull'industria e sul costo dei prodotti finiti.
.
La chimica industriale pone particolare attenzione agli impianti pilota
(modelli in scala ridotta) e alle operazioni unitarie di laboratorio. Con
questi può impostare modelli predittivi di tutte le variabili in gioco nel
processo chimico e fisico, svolgere il dimensionamento finale e la scelta
di materiali ed attrezzature per quello che sarà l'impianto industriale.
In questo ambito entrano in gioco modelli di trasferimento di massa e di
calore e la realizzazione di sistemi di controllo, che sono trattati
nell'ambito delle discipline dell'ingegneria chimica.

Anche se passando dalla scala di laboratorio alla scala industriale


cambiano le quantità in gioco, le operazioni unitarie sono le stesse,
indipendentemente dalla natura specifica del materiale in lavorazione.
Esempi di tali operazioni unitarie sono:
• macinazione materie prime,
• trasporto di fluidi,
• distillazione di miscele liquide,
• filtrazione,
• sedimentazione,
• cristallizzazione.
La storia dell'industria chimica, in ogni sua fase, dimostra la
complessità dell'interazione fra conoscenza e produzione
materiale.

I risultati ottenuti dal chimico nell'attività sperimentale, o nella


riflessione teorica, richiesero (e richiedono) un'intricata, spesso
imprevedibile, mediazione fra il bancone di laboratorio e la
realtà industriale.
L'industria chimica inizialmente si è appoggiata alle conoscenze
che erano proprie del chimico di laboratorio,

ma la successiva industrializzazione dei processi chimici più


disparati, mossa dalle continue esigenze del mercato, che
richiedevano un quantitativo sempre maggiore di prodotti,

ha fatto sì che la figura del chimico si sia successivamente


affiancata a quella dell'ingegnere, dell'agronomo, del medico,
con un campo di intervento sterminato, che nel corso di due
secoli è giunto a pervadere interamente la civiltà industriale, sia
negli aspetti produttivi, sia in quelli del vivere quotidiano.
industrializzazione dei
processi chimici

INIZIO ORA
Conoscenze del affiancamento di un
chimico di ingegnere, un agronomo,
laboratorio un medico, con un campo di
intervento sterminato
La chimica è per definizione la scienza della trasformazione
delle sostanze.

La flessibilità dell'industria chimica


• pur mantenendo il limite costante della mole degli investimenti
immobilizzata negli impianti,
• è andata crescendo con lo sviluppo stesso delle conoscenze,
e si è pienamente dispiegata durante i conflitti economici e
militari del XX secolo.
La storia del rapporto fra scienza, chimica, e industria,
dimostra che è possibile ottenere i prodotti più disparati a partire
da una certa base di materie prime, e che al tempo stesso è
possibile giungere agli stessi prodotti utilizzando differenti materie
prime;

bisogna quindi operare delle scelte sulla tipologia del processo


industriale da seguire per ottenere un determinato prodotto,
basate su (e non solo)
• fattore economico,
• fattore della sicurezza,
• il fattore ambientale.
materia prima

Poche materie
prime materia prima

materia prima
Inoltre, l'industria chimica può fornire ad altri settori produttivi, o
al consumatore finale, prodotti intrinsecamente "diversi",
capaci però di svolgere lo stesso "ruolo":
• chimico (solventi, detergenti),
• meccanico (leghe, fibre, colle),
• energetico (combustibili),
• estetico (coloranti, cosmetici)
• fisiologico (medicinali).
La crescente pervasività dei prodotti chimici nella civiltà industriale
ha differenziato la produzione in numerosi settori, caratterizzati da
una propria "storia", con stadi di sviluppo e di maturità distanziati
nel tempo.
Si possono tracciare alcune linee distintive nella storia
dell'industria chimica:
1. la grande industria chimica inorganica, nata dalla rivoluzione
industriale;
2. l'industria chimica organica dei prodotti "fini" (fine chemicals),
fiorita fra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento;
3. il rinnovamento delle tecnologie di sintesi, con la ricerca di
condizioni di reazione estreme (nei primi decenni del XX
secolo);
4. l'affermarsi dell'industria organica pesante dei nostri giorni;
5. il moderno affermarsi di tecniche sintetiche legate
alle biotecnologie.
Settori dell'industria chimica

In genere la chimica industriale è divisa in chimica primaria ed


in chimica secondaria, a seconda del grado di trasformazione
della materia prima.

chimica
industriale

chimica chimica
primaria secondaria
Chimica primaria
È il settore industriale di base che si occupa della produzione, a
partire da materie prime (petrolio, gas naturale, minerali…) di
composti chimici relativamente semplici (come ad
esempio benzene, fenolo e propilene) usati successivamente
dalla chimica secondaria come punto di partenza per ulteriori
trasformazioni.

chimica
secondaria
Composti
semplici
Materie
prime
La chimica primaria è strettamente legata all'industria
dell'estrazione mineraria (zolfo, pirite) e all'industria del petrolio,
anche se normalmente la petrolchimica, per la sua complessità e
specificità, viene considerata un settore a parte. Caratteristica
dell'industria chimica primaria è quella di operare su grande
scala (grandi quantità di materiali e grandi dimensioni degli
impianti).
Chimica secondaria
La chimica secondaria produce molecole più complesse (come
i coloranti, i fitofarmaci eccetera).

L'economia di scala di questo comparto, con il suo superiore


valore aggiunto, e la maggior sofisticazione degli impianti,
rende più limitate - nelle dimensioni e nelle quantità prodotte - le
relative aziende.
A sua volta la chimica secondaria può essere divisa in chimica
fine e chimica delle specialità

chimica
secondaria

chimica
chimica delle
fine specialità
Chimica fine
Produzione di intermedi, materie prime, principi attivi, additivi,
ausiliari, coadiuvanti tecnologici, enzimi e catalizzatori per diverse
industrie manifatturiere, parachimica e chimica di trasformazione
(chimica specialistica: tensioattivi, vernici, dolcificanti, additivi
alimentari, adesivi, farmaci, cosmetici, eccetera).

La chimica fine si differenzia dalla chimica specialistica per il fatto


che i suoi prodotti non vengono immessi direttamente sul
mercato, ma sono utilizzati da altri settori industriali, e che non
sono nella maggiore parte dei casi dei formulati, come lo sono
invece tutti quelli della specialistica
Chimica specialistica

La Chimica specialistica è la chimica che è collocata a valle della


chimica fine e che offre i suoi prodotti al consumatore finale e/o
a molti settori industriali esterni alla chimica, prodotti che sono
costituiti da formulati, ossia da una miscela di ingredienti che in
genere vengono comprati da altre aziende e che vengono
utilizzati con operazioni fisiche di miscelazione e anche con
qualche trattamento chimico
Il processo unitario è una parte del processo industriale dove avviene
un'unitaria reazione di tipo esclusivamente chimico.

Da non confondersi con il termine

operazione unitaria, che corrisponde a una parte del processo


industriale dove avviene una trasformazione unitaria di tipo
esclusivamente fisico.
Produzione Industriale

 Definizione di Processo Industriale e sua Classificazione

 Metodi di Ottimizzazione della Produzione Industriale


Un sistema di produzione può essere definito come un
insieme di uomini, macchine, attrezzature ed
organizzazione legati da un flusso comune di materiali e
di informazioni finalizzato alla trasformazione di materiale
grezzo in prodotti finiti.

Nell'analisi di un sistema produttivo si identificano quattro


parametri principali di produzione:
•Costo
•Tempo
Tetraedro della Produzione.
•Qualità
•Flessibilità
sistema di produzione
uomini

macchine

attrezzature

organizzazione
Sistemi Produttivi
Lo schema di classificazione composita di Brandolese, Brugger,
Garetti, Misul (1985) considera una suddivisione secondo tre assi
cartesiani.
Sistemi Produttivi
Sull'asse del mercato, si classificano secondo le modalità di
vendita:

•su commesse singole o su commesse ripetitive; in questo caso si


dice che si costruiscono prodotti già venduti

•produzione per il magazzino, in base alle previsioni di vendita (si


costruiscono i prodotti, e la vendita avviene in un secondo
momento); in questo caso si dice che si vendono prodotti già
costruiti
Produzione:

costruiscono
commesse prodotti già
venduti

vendono
prodotti
magazzino
già
costruiti
Sistemi Produttivi
Sull'asse tecnologico, si classificano secondo le modalità di
realizzazione del prodotto in:
•impianti di processo (ove la produzione riguarda profonde
trasformazioni chimico-fisiche e non è possibile ritornare
facilmente ai componenti iniziali partendo dal prodotto finale)
•impianti di fabbricazione, che a loro volta si suddividono in:
impianti di produzione
impianti di assemblaggio

Non va confuso un impianto di fabbricazione con un


impianto di processo: ad esempio la produzione
della carta è fatta in un impianto di processo, mentre la
produzione di pezzi tramite tornitura è fatta in impianti
di fabbricazione.
Sistemi Produttivi

Sull'asse gestionale, si classificano secondo le modalità di


realizzazione del volume da produrre:
produzioni unitarie
a lotti
continue

Ovviamente alcuni incroci non sono fattibili (ad


esempio un impianto continuo difficilmente potrà
produrre per ordini singoli come l’imbottigliamento
delle acque).
Sistemi Produttivi

Altre classificazioni possibili riguardano la natura delle


trasformazioni, la categoria dei prodotti, le dimensioni, il
rapporto energia/lavoro manuale, completezza del ciclo produttivo
(ovvero se nell'impianto si parte da materie prime o da altri
semilavorati).
I sistemi di produzione possono essere divisi in base al tipo
di processo di produzione industriale utilizzato. Avremo impianti di
fabbricazione e impianti di montaggio, a seconda che producano i
pezzi tramite lavorazioni chimiche, meccaniche, fisiche etc., o se si
limiti all'assemblaggio di componenti già pronti.
Sistemi Produttivi
Le tipologie di processo produttivo che possono essere realizzate
sono le seguenti:
flow-shop, dove i semilavorati passano da una stazione di
produzione all'altra attraverso una sequenza standard e
predeterminata, indipendente dal lotto di produzione. È il caso
tipico delle catene di montaggio, ove le macchine sono disposte
secondo le fasi di lavorazione del prodotto;
Job-shop, in cui la sequenza delle operazioni che dovranno essere
svolte è definita a priori, ma può radicalmente cambiare da lotto
a lotto (ad esempio il caso di una officina di riparazione);
per celle (Group technology), in cui la produzione di prodotti di
una stessa famiglia avviene in un'area definita dell'impianto dove
sono presenti tutte e sole le macchine necessarie;
Sistemi Produttivi
Invece dal punto di vista del layout, gli impianti possono dividersi
in:
•a postazioni fisse, in cui è il prodotto da costruire a rimanere
fermo. (costruzioni di ingegneria civile, quali dighe ed edifici);

•per reparti, in cui le macchine tecnologicamente simili vengono


localizzate in aree contigue dell'impianto;

•per linee, in cui la disposizione dei macchinari segue fedelmente


la sequenza operativa delle fasi di lavorazione;

•ad isole, in cui le unità produttive vengono raggruppate in


maniera tale che ogni gruppo sia in grado di processare prodotti il
cui ciclo di lavoro è similare.
Sistemi Produttivi
Sebbene le classificazioni suddette possano sembrare in
corrispondenza biunivoca
come il
prodotto deve
primo elenco essere
trasformato
dagli impianti

la collocazione dei
macchinari al fine di
secondo elenco
minimizzare alcuni costi
imputabili al layout.

È intuitivo tuttavia che alcuni accoppiamenti layout-processo


siano generalmente economicamente più convenienti.
Job Shop

 Un pezzo o un lotto viene lavorato da Reparti di


lavorazione spostandosi (tramite un sistema di
trasporto o pallet) in accordo ad un preciso ciclo
tecnologico (routing).
 Ciacun Reparto aggrega macchine omogenee per tipo
di lavorazione. Dunque esso offre una determinata
“capacità tecnologica”
 Il Job Shop è un sistema produttivo che mette a
disposizione “capacità tecnologiche”
 la capacità produttiva dell’impianto si realizza
quando viene specificato il routing
Manufacturing Systems
(Fabbricazioni di tipo Job Shop)

Lotto i A1 A2 A3 A4
1 3 4 2

Lotto i 1
Mj1 Mj2
3

Mj4 Mj3
4 2

Reparto Aj
Fabbricazioni per Linee di Prodotto

 La fabbricazione per linea di prodotto è una sistema


produttivo costituito da un insieme di macchine
progettate per realizzare rigidamente una sequenza
fissata di lavorazioni.
 Tutti i pezzi o lotti subiscono la stessa sequenza di
processamento
 La fabbricazione per linea di prodotto è un sistema
produttivo che mette a disposizione una “capacità
produttiva”
 La capacità tecnologica è incorporata nell’impianto e
mirata alla produzione di un solo prodotto.
Manufacturing Systems
(Fabbricazioni per Line di Prodotto)

Lotto i
M1 M2 M3 M4
L'acronimo WIP, che sta per Work In Process (ossia, tradotto
dall'inglese, materiale in corso di lavorazione), è un termine tecnico
usato per indicare il numero di pezzi (o di lotti) che vengono lavorati
contemporaneamente all'interno di un sistema produttivo.
Si tratta del materiale in uscita da una fase del processo di
lavorazione in attesa di essere trattato da quella successiva.
Rappresenta un costo per l'azienda legato a
immobilizzo di capitale,
spazio occupato
movimentazione dei materiali.
Questo parametro può essere utilizzato come indicatore per valutare
le prestazioni del sistema: a parità di lotti prodotti, si preferisce la
soluzione che corrisponde al più basso livello di WIP; l'azienda in
questo modo può ridurre i costi dovuti all'immobilizzazione
delle giacenze di materie prime e di semilavorati.
Confronto tra le Soluzioni Estreme della
Fabbricazione
Job Shop Vantaggi Svantaggi
Alta Flessibilità Elevati Tempi di Produzione
Elevata Elasticità (e.g.Guasti) Elevato Work In Process
Scarsa Obsolescenza Scarso Sfruttamento delle Risorse
Rapido Avvio di Nuove Produzioni Scarsa Prevedibilità dei Tempi di Consegna
Difficoltà della Gestione (vedi lucido seguente)

Linea di Produzione Vantaggi Svantaggi


Ridotti Tempi di Produzione Notevole Rigidità
Ridotto WIP Investimenti Elevati
Elevato Sfruttamento delle Risorse Rischi di Obsolescenza
Buona Prevedibilità dei Tempi di Consegna Vulnerabilità ai Guasti

Elevato Tempo di Avvio di Nuove Produzioni

Difficoltà della Progettazione (vedi lucido seguente)


Difficoltà della Gestione della Produzione del
Job Shop

M11 M12 M21 M22 M31


Lotto 1

Lotto 2

M14 M13 M24 M23 M33 M32

Lotto 2 Lotto 1
Difficoltà della Gestione della Produzione del
Job Shop
 Problemi Principali:
 Scelta tra più Risorse (Macchine) disponibili per la
lavorazione dei Lotti
 Loading: Scelta dei lotti da inoltrare nell’impianto e scelta
della sequenze di inoltro dei lotti nell’impianto
 Dispatching/Sequencing: Scelta della sequenza di
Lavorazione dei Lotti sulle Singole Macchine
 Minimizzazione di diversi parametri prestazionali quali il
tempo di trasferimento e i tempi di Set-Up delle Macchine
 Soluzioni:
 Esperienza Umana
 Soluzioni Algoritmiche (informatizzazione) per
l’Ottimizzazione della Produttività
Difficoltà della Progettazione della Linea di
Fabbricazione
Lotto i
M1 M2 M3 M4

T1 T2 T3 T4

 Tempo di Lavorazione = T1+T2+T3+T4


 Problemi Principali nella Progettazione:
 Bilanciamento del Carico di Lavoro
 Elevata Disponibilità delle Risorse (Meccanismi di
Tolleranza ai Guasti)
 Analisi dei rischi di mercato ai quali si va incontro
dotandosi di una certa capacità produttiva per uno
specifico prodotto.
Gestione della Produzione Industriale
Tre Fasi in Successione:
• Progettazione e Realizzazione del Sistema Produttivo
• Messa a Punto dei cicli di lavorazione, delle attrezzature,
delle procedure di collaudo e di controllo della qualità, etc.
• Programmazione della produzione: formulazione e gestione
dei piani di produzione, ovvero utilizzo delle risorse del
sistema produttivo predisposte nelle fasi precedenti per la
realizzazione dei prodotti desiderati.
La Programmazione della Produzione si articola in tre periodi:
Programmazione di Lungo Periodo
Programmazione Aggregata
Programmazione di Breve Periodo
Esempi di Risultati Forniti
dalla Programmazione di Breve Periodo

M1 2 1 3

M2 3 2 1

M3 3 1 2

Routing Tecnologico:
Lotto 1= (M1, M3, M2)
Lotto 2= (M1, M2, M3)
Lotto 3= (M2, M3, M1)
Tempi di Produzione:
Lotto 1 = (M1(2), M3(1), M2(2))
Lotto 2 = (M1(2), M2(1), M3(2))
Lotto 3 = (M2(1), M3(3), M1(3))
Unità 8 controllo dei processi chimici
industriali
Fluidodinamica

In tutte le industrie chimiche vi è sempre la necessità di trasferire liquidi in tubazioni e questo per due motivi:

• il primo è che la quasi totalità delle reazioni chimiche avviene in un mezzo liquido allo scopo di favorire il contatto
fra le sostanze, per cui, anche quando i reagenti sono solidi, essi sono prima disciolti in un adatto solvente e poi sono
fatti reagire;
• il secondo è che risulta più semplice trasferire da un punto all'altro degli impianti una sostanza liquida in una
tubazione chiusa, piuttosto che un solido, per cui, quando bisogna spostarne uno, se possibile, si preferisce prima
scioglierlo in un solvente.
Fluidodinamica

Numero di Reynolds
Quando un liquido si muove in una tubazione chiusa, si possono verificare due tipi di moto chiamati moto laminare e
moto turbolento. Ai due moti si può anche dare rispettivamente il nome di viscoso e vorticoso.

Per spiegarne la differenza, è necessario rifarsi


all'esperimento che Reynolds condusse nel 1883.
Fluidodinamica

Numero di Reynolds
Fluidodinamica

Numero di Reynolds
Nel caso della presenza dei filetti fluidi colorati nella corrente, si è in presenza di un moto laminare, nell'altro caso di un
moto turbolento.
Cambiando il tipo di liquido nella riserva, Reynolds constatò che, per ognuno di essi, esisteva una velocità critica, data
dalla velocità alla quale il moto passava da laminare a turbolento.

la velocità critica dipende da diversi parametri:


• il diametro del tubo (d)
• la densità del liquido (ρ)
• la viscosità del liquido (η)
Fluidodinamica

Numero di Reynolds
• il diametro del tubo (d)
• la densità del liquido (ρ) [rho]
• la viscosità del liquido (η) [eta]

Questi parametri sono in relazione nell’espressione di Reynolds:

velocità critica =

In questa espressione compare il fattore (numero di Reynolds):

= numero puro (adimensionale)


Fluidodinamica

Numero di Reynolds
˂ 2000 laminare

˃4000 turbolento

Per valori intermedi si è in presenza di un moto di transizione non meglio definito, per il quale non può essere predetto
teoricamente il comportamento del liquido in movimento nelle condutture.
Fluidodinamica

Legge della continuità


Se si misura la velocità di un liquido che si sposta in un tubo, in diversi punti di una stessa sezione, si riscontrano valori
differenti, in quanto gli strati adiacenti alle pareti sono rallentati dall'attrito contro le pareti stesse, mentre gli strati
centrali risentono meno di tale attrito.

due diversi
profili
Fluidodinamica

Legge della continuità


Quando si fa riferimento alla velocità in una sezione del tubo è necessario riferirsi sempre alla velocità media calcolata
per quella sezione.
Fluidodinamica

Legge della continuità


Il volume di liquido che passa attraverso una sezione trasversale della corrente, nell'unità di tempo, viene definito come
portata e la sua espressione è:
A sezione del tubo
v velocità media
= = =
V volume
t tempo
Fluidodinamica

Legge della continuità


Si consideri ora un condotto che presenta una variazione di sezione
! legge della continuità:
la quantità di liquido che passa
attraverso le due sezioni A1 e A2, deve
essere uguale

Intuitivamente, la quantità di liquido che passa attraverso le due sezioni A1 e A2, deve essere uguale.
Questa affermazione rappresenta la formulazione della legge della continuità per i liquidi in moto.
Per cui si può affermare che la portata nelle due sezioni considerate deve essere uguale
Fluidodinamica

Legge della continuità


Se ciò non fosse vero, nel tratto di tubo considerato si avrebbe o un accumulo di liquido, se in A1 ne passasse più che in
A2, oppure lo svuotamento dello stesso, se in A2 ne passasse più che in A1.
Fluidodinamica

Legge della continuità


Da queste considerazioni si ricava:
= =
Cioè:
=

Equazione di continuità
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Molto spesso, per la risoluzione di problemi di ordine quantitativo, si ricorre al principio di conservazione dell'energia
una delle teorie più valide e più frequentemente usate in chimica industriale.
Quando tale principio viene applicato a un liquido in movimento, si è in presenza del teorema di Bernoulli.
Questo teorema può presentarsi sotto forma di una espressione matematica alquanto complessa perché, teoricamente,
ogni specie di energia può essere coinvolta in un sistema in cui vi è un liquido in movimento.
Il trattamento più semplice:
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Si consideri una tubazione posta in un campo gravitazionale
e avente un andamento come riportato in figura

Si supponga che fra le due sezioni il liquido


non scambi energia con l'esterno.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli

principio della conservazione dell'energia


Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Nelle due sezioni

• le velocità sono rispettivamente v1 e v2;


• le pressioni p1 e p2;
• le altezze, h1 e h2.

rispetto a un piano di riferimento considerato a quota 0


Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Se si prende in esame una certa quantità in peso di liquido (P), nelle condizioni ipotizzate, le diverse energie che
possiede sono:
• energia potenziale, dovuta alla sua altezza rispetto al piano di riferimento; corrisponde al lavoro necessario per
vincere la gravità fino alla quota h e cioè:
= ℎ (= ℎ)
• energia potenziale, data dalla pressione posseduta, misurata dal lavoro necessario per portare il liquido, di peso
specifico assoluto #$ , a un’altezza corrispondente all’altezza piezometrica:
%
=
#$
• energia cinetica, dovuta alla sua velocità, misurata dalla formula
=
2
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Considerando l’unità di peso (1N) il termine P può essere trascurato e dimensionalmente le tre componenti energetiche
diventano dimensionalmente delle altezze.
L’espressione della conservazione dell’energia (per unità di peso) per le due sezioni diventa:

% %
ℎ + + =ℎ + +
# 2 # 2

Si dice che un fluido si muove in regime di moto stazionario

!
Teorema di Bernoulli per moto
quando tutte le molecole del fluido che attraversano una
sezione qualsiasi del condotto hanno la stessa velocità in tutti i stazionario di un fluido perfetto
successivi istanti (la portata non varia nel tempo). Inoltre, nel omgeneo e incomprimibile immerso ni
regime stazionario le molecole del fluido si muovono con la un campo puramente gravitazionale
stessa velocità in qualsiasi punto della sezione,
indipendentemente dalla distanza dalle pareti.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Lo stesso risultato si può ottenere considerando qualsiasi peso diverso dall’unitario in quanto il termine P compare in
tutti i membri dell’equazione e può essere quindi semplificato

% %
ℎ + + = ℎ + +
# 2 # 2

L’equazione di Bernoulli può anche essere scritta:


%
ℎ+ + = ()
# 2

In altre parole, per la tubazione in oggetto, la somma delle tre energie possedute dal liquido è costante per qualsiasi
sezione della conduttura.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
I tre termini dell'espressione, in accordo con le loro dimensioni formali, vengono chiamati rispettivamente altezza
geodetica, altezza piezometrica e altezza cinetica.
%
ℎ+ + = ()
# 2

geodetica cinetica

piezometrica
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Alcune considerazioni supponendo di volta in volta costante uno dei termini dell'espressione di Bernoulli.

• Si consideri costante l'altezza delle due sezioni l’equazione si modifica in:


%
+ = ()
# 2
La nuova relazione mostra come in un tubo orizzontale, la pressione diminuisce con l'aumentare del quadrato della
velocità.

Un esempio analogo è quello dell’ala di un aereo. La forma dell’ala è


progettata in modo che, quando il velivolo è in volo, l’aria si muova più
velocemente sulla superficie superiore che non su quella inferiore. Si
crea una differenza di pressione e quindi una forza risultante verticale
che spinge l’ala verso l’alto.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
• Si consideri costante l'altezza delle due sezioni l’equazione si modifica in:

Un altro esempio è l’effetto Venturi.


Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli

Si consideri costante la velocità l’equazione si modifica in:


%
ℎ+ = ()
#
Quest'ultima espressione è la stessa già considerata nell'unità dedicata all'idrostatica e afferma che, in un liquido fermo
la pressione idrostatica diminuisce con l'aumentare dell'altezza.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli

• Si consideri costante la pressione l’equazione si modifica in:


ℎ+ = ()
2
La nuova relazione mostra come la velocità aumenta al diminuire dell'altezza geodetica.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
Come precedentemente accennato, l'espressione del teorema di Bernoulli può essere estremamente complessa in
quanto nelle tubazioni, fra le due sezioni considerate, il fluido può subire una variazione di peso specifico e si possono
verificare perdite o acquisti di energie dovuti ai più svariati motivi:
• perdite di carico;
• apparecchiature operatrici idrauliche;
• scambi termici;
• reazioni chimiche.
Fluidodinamica

Teorema di Bernoulli
La spiegazione del termine "perdite di carico" verrà affrontata dopo la spiegazione sulle tubature. L’equazione di
Bernoulli, quindi, può presentare altri termini a seconda delle energie che di volta in volta vengono considerate nel
sistema e riveste una grande importanza dal punto di vista pratico in quanto permette di calcolare:
• le perdite di carico presenti in una tubazione;
• la portata di un liquido;
• l'energia necessaria per muovere un liquido nelle tubazioni.
Il controllo di processo
Introduzione al controllo di processo

Un impianto chimico è costituito da un insieme ordinato e


strutturato di singole apparecchiature ove avvengono
reazioni ed operazioni unitarie.

All’interno di tali apparecchiature (reattori, scambiatori di


calore, colonne di distillazione, assorbitori, evaporatori,
flash, stripper, compressori, turbine, soffianti, pompe,
miscelatori, …) la materia prima viene trasformata in
prodotto finale passando in genere attraverso una serie di
prodotti intermedi.

Flussi di materia e di energia caratterizzano il


funzionamento delle apparecchiature di impianto.
Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano
Introduzione al controllo di processo

Il funzionamento dell’impianto è condizionato da una serie di


fenomeni, grandezze, parametri e variabili (sia esterne che
interne al processo) che cambiano nel tempo.

Per un’adeguata conduzione dell’impianto occorre controllare


il suo funzionamento ed esercirlo secondo le condizioni
operative di progetto (condizioni nominali) o viceversa
condurlo ad operare secondo regimi alternativi dettati da
opportune e specifiche esigenze processistiche.

La conduzione del processo è dettata in genere da linee


guida basate su specifiche ed aspetti tecnici, economici,
sociali e di legge.
Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano
Esigenze di controllo

Sicurezza: la sicurezza degli operatori di campo e di sala


controllo nonché di tutti gli addetti (dipendenti e non) e della
popolazione limitrofa all’impianto sono l’obiettivo primario del
controllo di processo.

• Sicurezza nell’esercizio abituale dell’impianto (controllo e


riduzione delle emissioni, e.g., liquide, solide, gassose, odori,
rumore)
• Sicurezza per prevenire malfunzionamenti, anomalie, incidenti
• Sicurezza nella gestione dell’evento incidentale (e.g.,emissione,
dispersione, incendio, esplosione)

Specifiche di produzione: in termine di quantità e qualità del


prodotto finale (ma anche, ove possibile, dei sottoprodotti e degli
intermedi di processamento)
Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano
Obiettivi del sistema di controllo

Il sistema di controllo deve soddisfare le seguenti tre


specifiche/necessità:
• Soppressione dei disturbi esterni sul processo
• Assicurazione della stabilità operativa del processo
• Ottimizzazione delle prestazioni del processo

Nell’ultimo punto ricade anche il conseguimento dei set-


point di processo che guidano la conduzione e
l’ottenimento del prodotto finale secondo la quantità e
qualità dettate dalle esigenze di mercato

Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano


Classificazione delle variabili di processo

Variabile controllata  Grandezza che si vuole tenere sotto controllo

Variabile misurata Valore restituito dall'elemento di misura

Disturbo  Causa che genera l'alterazione della variabile


controllata

Elemento di misura Apparecchiatura che esegue la misura

Set point Valore di riferimento

Errore  Differenza tra variabile misurata e set point

Controllore  Componente che esegue il confronto e che


determina il tipo di azione

Elemento finale di controllo Elemento su cui agisce l’azione inviata dal


controllore

Variabile manipolata  Grandezza controllante, ovvero che tiene sotto


controllo la variabile controllata
Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano
Cenni alla struttura hardware

• Ogni struttura di controllo è caratterizzata dai seguenti elementi hardware:

• Il processo chimico/industriale
• Singola apparecchiatura
• Sottosezione di impianto
• Impianto completo

• Strumenti di misura per quantificare il valore delle variabili controllate,


delle variabili misurate e dei disturbi. Rappresentano il collegamento del
sistema di controllo con la realtà
• termocoppie, misuratori di livello, flussimetri, gascromatografi, …

• Trasduttori per trasformare la misura fisica in segnale elettrico adatto al


trasferimento verso la sala controllo

• Linee di trasmissione per portare il segnale dallo strumento di misura al


sistema di controllo. Possono comprendere la presenza di amplificatori di
segnale intermedi.

Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano


Cenni alla struttura hardware

• Controllore: contiene la logica di controllo ed opera calcoli volti a determinare


il valore delle variabili manipolate sulla base delle misure ricevute dal campo

• Attuatore: è l’elemento fisico che realizza sul campo le scelte del controllore
(es. valvole, interruttori, …). Spesso le valvole sono pneumatiche, ove lo stelo
che regola il flusso è mosso da un diaframma modificato dalla pressione
dell’aria

• Sistemi di memorizzazione dei dati misurati in campo

Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano


Controllo in Retroazione (feedback) – Anello (loop) di regolazione

Set
Controllore
Point

Disturbi

I loop di controllo vengono spesso


rappresentati con i seguenti
acronimi:
• FC = flow control
• PC = pressure control
• LC = level control
• TC = temperature control
• CC = composition control
Davide Manca – Strumentazione e Controllo di Impianti Chimici – Politecnico di Milano
Valvole pneumatiche
Valvole pneumatiche
Il modello più comune è il controllore di tipo
pneumatico.
Le parti caratteristiche della valvola di regolazione
pneumatica sono:
• il corpo valvola;
• l'attuatore;
• il posizìonatore.
Il corpo della valvola determina il tipo di flusso,
lineare o a squadra.
Inoltre, l'otturatore della valvola può essere a
sede doppia, in modo tale da equilibrare le forze
agenti sull'otturatore quando questo si muove.
L'attuatore è costituito da un diaframma elastico,
posto all'interno di un contenitore, su cui agisce
aria compressa .
L'azione dell'aria compressa determina una
deformazione elastica del diaframma, che
trasmette il movimento, tramite uno stelo,
all'otturatore della valvola.
Una molla, connessa al diaframma, consente il
ritorno nella posizione originaria al cessare
dell'azione dell'aria compressa.
Il posizionatore ha il compito di inviare la giusta
pressione di aria sul diaframma.
Valvole pneumatiche – Il by pass
Le valvole automatiche vengono generalmente by-passate per poter agire
manualmente sul circuito, qualora venga meno il controllo automatico per
mancanza di aria compressa.
Il by-pass è una soluzione impiantistica molto sfruttata.

Sostanzialmente si tratta di un circuito paralleloa quello nel quale è


inserita un’apparecchiatura, che permette, connettendo la parte a monte
con con quella a valle dell’apparecchiatura, di far passare un flusso di
materia a fianco della conduttura senza attraversarla.

Prima e dopo le valvole automatiche vengono poste due valvole manuali


per poter isolare il tratto di conduttura in cui sono inserite, per una loro
eventuale sostituzione.
REGOLAZIONE DEL LIVELLO DI UN LIQUIDO
REGOLAZIONE della PORTATA di un LIQUIDO
REGOLAZIONE della TEMPERATURA e dell PRESSIONE
Misuratori di temperatura

Termometri a bulboSfruttano il dilatarsi del fluido che contengono il quale


può essere libero di espandersi, come avviene nel termometro a colonna di
vetro, o può essere confinato in una sede a volume costante.Il liquido
termometrico più usato è il mercurio (-30 °C ÷+280 °C), utilizzando altri
fluidi l’intervallo si può espandere (-200 °C ÷+750 °C).

Termometri a lamina metallica


Basano il loro funzionamento sulla
differente dilatazione termica di due metalli
diversi. Una delle estremità del nastro è
fissa, mentre l’altra è libera di muoversi ed
è solidale con un indice che rileva la
deformazione della spirale o dell’elica
elvariare della temperatura.
Misuratori di temperatura

Le termocoppie
Funzionano in base al fenomeno conosciuto come effetto Seebeck.
Sono formate da due filamenti diversi uniti tra di loro. Se il punto di saldatura fra
i due fili si trova a una temperatura diversa da quella alla quale si trovano le due
estremità libere dei filamenti, fra le due estremità dei due fili si genera una
differenza di potenziale proporzionale alla differenza di temperatura esistente
fra la saldatura e i capi liberi. Mantenendo i due capi a temperatura costante e
collegando questi a un rilevatore di differenza di potenziale tarato, è possibile
misurare la temperatura del corpo a contatto con la giunzione saldata. Le
termocoppie vengono usate per misurare temperature comprese tra 70 e 1800

La polarizzazione e
l’intensità di questa forza
elettromotrice
dipende unicamente dalla
tipologia dei due metalli e
dalla temperatura cui sono
sottoposte le due giunzioni.
Misuratori di temperatura

Le termocoppie

COPPIE METALLI RANGE (°C)


ferro/costantana
100÷750
chromel/alumel 0÷1000
chromel/costantana 150÷500
rame/costantana 200÷300

Costantana: è una lega


binaria composta di rame
(60%) e di nichel (40%
chromel : lega di cromo e
nichel
alumel : lega di alluminio e
nichel
Misuratori di temperatura

TERMOMETRI A RESISTENZA ELETTRICA

Si basano sulla variazione della resistenza elettrica nei conduttori metallici al


variare della temperatura.
Il filo di metallo (nickel, platino o rame) viene posto al contatto con il
corpo del quale si vuole conoscere la temperatura e viene collegato
ad un circuito elettrico in cui la corrente varia a seconda della
resistenza del conduttore usato come elemento di misura il quale, a
sua volta, varia al variare della temperatura del corpo. Essi vengono
utilizzati da 50 a 1100 °K.
Sensori di velocità e di portata

I sensori di portata, comunemente detti anche flussometri, possono essere


suddivisi in diversi gruppi.
Ci sono i cosiddetti dispositivi a strozzamento, cioè dischi forati, boccagli e
venturimetri, e il gruppo dei misuratori a sezione variabile.
Ci sono ulteriori tipi di sensori, di più recente concezione, che effettuano
la misura secondo altri principi sfruttando gli sviluppi della
microelettronica (alcuni introducono instabilità nel moto del fluido e poi ne
misurano la frequenza, correlata con la portata; altri misurano effetti
elettromagnetici ecc.).
Sensori di velocità e di portata

Dischi forati o venturimetri


Impongono una contrazione
nella sezione di passaggio
provocando l’aumento della
velocità del fluido in un tratto di
tubazione. Un aumento della
velocità comporta una caduta di
pressione, che viene misurata
valutando la differenza tra la
pressione a monte del dispositivo
e quella in corrispondenza,
approssimativamente, della vena
contratta; dalla caduta di
pressione si può risalire alla
portata usando l’equazione di
Bernoulli
Sensori di velocità e di portata

I CONTATORI A TURBINA

I contatori a turbina prevedono


una turbina posta parallelamente
al flusso del fluido. La turbina è
posta in movimento dal liquido e
la sua velocità è tanto maggiore
quanto maggiore è la portata.
Nell’interno della turbina vi è un
magnete che, girando, genera
una forza elettromotrice in un
circuito posto all’esterno del tubo:
dalla frequenza della f.e.m. si
risale alla portata.
Misuratori di pressione

Manometro a spirale
Detto anche Manometro di
Bourdon, permette la
determinazione della pressione
mediante la deformazione di una
molla tubolare, costituita da un
tubo pieghettato. Per mezzo di un
opportuno meccanismo la
deformazione della molla viene
trasformata nel moto rotatorio di
un indice che scorre su una scala
tarata in unità di pressione.
Misuratori di pressione

MANOMETRO A MEMBRANA

I manometri a membrana
misurano la pressione che si
esercita su una membrana
solidale con un meccanismo in
grado di spostare un indice su
una scala.
Misuratori di LIVELLO

Misuratori a galleggiante

Misuratori a spinta idrostatica


Misuratori di LIVELLO

INDICATORE MAGNETICO DI
Indicatore di livello ad
LIVELLO BY PASS
ultrasuoni

Adatti per il controllo di Montaggio laterale esterno o


livello senza contatto di verticale interno al serbatoio.
fluidi e prodotti solidi a Può essere completato con
granulometria grossa. contatti finecorsa per controllo
remoto e comando di pompe,
valvole, sistemi di allarme. Un
accoppiamento magnetico tra il
galleggiante che si trova
all’interno al tubo di misura ed
un particolare indicatore
agganciato all’esterno
permetterà di ottenere
un’affidabile indicazione
continua del livello di liquido
contenuto nel serbatoio.
La chimica industriale è quella branca della chimica che si occupa delle
trasformazioni su scala industriale delle materie prime per la
produzione di sostanze chimiche, miscele e materiali di varia natura, dei
processi e degli impianti chimici utilizzati e dei loro impatti economici
sull'industria e sul costo dei prodotti finiti.
.
La chimica industriale pone particolare attenzione agli impianti pilota
(modelli in scala ridotta) e alle operazioni unitarie di laboratorio. Con
questi può impostare modelli predittivi di tutte le variabili in gioco nel
processo chimico e fisico, svolgere il dimensionamento finale e la scelta
di materiali ed attrezzature per quello che sarà l'impianto industriale.
In questo ambito entrano in gioco modelli di trasferimento di massa e di
calore e la realizzazione di sistemi di controllo, che sono trattati
nell'ambito delle discipline dell'ingegneria chimica.

Anche se passando dalla scala di laboratorio alla scala industriale


cambiano le quantità in gioco, le operazioni unitarie sono le stesse,
indipendentemente dalla natura specifica del materiale in lavorazione.
Esempi di tali operazioni unitarie sono:
• macinazione materie prime,
• trasporto di fluidi,
• distillazione di miscele liquide,
• filtrazione,
• sedimentazione,
• cristallizzazione.
La storia dell'industria chimica, in ogni sua fase, dimostra la
complessità dell'interazione fra conoscenza e produzione
materiale.

I risultati ottenuti dal chimico nell'attività sperimentale, o nella


riflessione teorica, richiesero (e richiedono) un'intricata, spesso
imprevedibile, mediazione fra il bancone di laboratorio e la
realtà industriale.
L'industria chimica inizialmente si è appoggiata alle conoscenze
che erano proprie del chimico di laboratorio,

ma la successiva industrializzazione dei processi chimici più


disparati, mossa dalle continue esigenze del mercato, che
richiedevano un quantitativo sempre maggiore di prodotti,

ha fatto sì che la figura del chimico si sia successivamente


affiancata a quella dell'ingegnere, dell'agronomo, del medico,
con un campo di intervento sterminato, che nel corso di due
secoli è giunto a pervadere interamente la civiltà industriale, sia
negli aspetti produttivi, sia in quelli del vivere quotidiano.
industrializzazione dei
processi chimici

INIZIO ORA
Conoscenze del affiancamento di un
chimico di ingegnere, un agronomo,
laboratorio un medico, con un campo di
intervento sterminato
La chimica è per definizione la scienza della trasformazione
delle sostanze.

La flessibilità dell'industria chimica


• pur mantenendo il limite costante della mole degli investimenti
immobilizzata negli impianti,
• è andata crescendo con lo sviluppo stesso delle conoscenze,
e si è pienamente dispiegata durante i conflitti economici e
militari del XX secolo.
La storia del rapporto fra scienza, chimica, e industria,
dimostra che è possibile ottenere i prodotti più disparati a partire
da una certa base di materie prime, e che al tempo stesso è
possibile giungere agli stessi prodotti utilizzando differenti materie
prime;

bisogna quindi operare delle scelte sulla tipologia del processo


industriale da seguire per ottenere un determinato prodotto,
basate su (e non solo)
• fattore economico,
• fattore della sicurezza,
• il fattore ambientale.
materia prima

Poche materie
prime materia prima

materia prima
Inoltre, l'industria chimica può fornire ad altri settori produttivi, o
al consumatore finale, prodotti intrinsecamente "diversi",
capaci però di svolgere lo stesso "ruolo":
• chimico (solventi, detergenti),
• meccanico (leghe, fibre, colle),
• energetico (combustibili),
• estetico (coloranti, cosmetici)
• fisiologico (medicinali).
La crescente pervasività dei prodotti chimici nella civiltà industriale
ha differenziato la produzione in numerosi settori, caratterizzati da
una propria "storia", con stadi di sviluppo e di maturità distanziati
nel tempo.
Si possono tracciare alcune linee distintive nella storia
dell'industria chimica:
1. la grande industria chimica inorganica, nata dalla rivoluzione
industriale;
2. l'industria chimica organica dei prodotti "fini" (fine chemicals),
fiorita fra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento;
3. il rinnovamento delle tecnologie di sintesi, con la ricerca di
condizioni di reazione estreme (nei primi decenni del XX
secolo);
4. l'affermarsi dell'industria organica pesante dei nostri giorni;
5. il moderno affermarsi di tecniche sintetiche legate
alle biotecnologie.
Settori dell'industria chimica

In genere la chimica industriale è divisa in chimica primaria ed


in chimica secondaria, a seconda del grado di trasformazione
della materia prima.

chimica
industriale

chimica chimica
primaria secondaria
Chimica primaria
È il settore industriale di base che si occupa della produzione, a
partire da materie prime (petrolio, gas naturale, minerali…) di
composti chimici relativamente semplici (come ad
esempio benzene, fenolo e propilene) usati successivamente
dalla chimica secondaria come punto di partenza per ulteriori
trasformazioni.

chimica
secondaria
Composti
semplici
Materie
prime
La chimica primaria è strettamente legata all'industria
dell'estrazione mineraria (zolfo, pirite) e all'industria del petrolio,
anche se normalmente la petrolchimica, per la sua complessità e
specificità, viene considerata un settore a parte. Caratteristica
dell'industria chimica primaria è quella di operare su grande
scala (grandi quantità di materiali e grandi dimensioni degli
impianti).
Chimica secondaria
La chimica secondaria produce molecole più complesse (come
i coloranti, i fitofarmaci eccetera).

L'economia di scala di questo comparto, con il suo superiore


valore aggiunto, e la maggior sofisticazione degli impianti,
rende più limitate - nelle dimensioni e nelle quantità prodotte - le
relative aziende.
A sua volta la chimica secondaria può essere divisa in chimica
fine e chimica delle specialità

chimica
secondaria

chimica
chimica delle
fine specialità
Chimica fine
Produzione di intermedi, materie prime, principi attivi, additivi,
ausiliari, coadiuvanti tecnologici, enzimi e catalizzatori per diverse
industrie manifatturiere, parachimica e chimica di trasformazione
(chimica specialistica: tensioattivi, vernici, dolcificanti, additivi
alimentari, adesivi, farmaci, cosmetici, eccetera).

La chimica fine si differenzia dalla chimica specialistica per il fatto


che i suoi prodotti non vengono immessi direttamente sul
mercato, ma sono utilizzati da altri settori industriali, e che non
sono nella maggiore parte dei casi dei formulati, come lo sono
invece tutti quelli della specialistica
Chimica specialistica

La Chimica specialistica è la chimica che è collocata a valle della


chimica fine e che offre i suoi prodotti al consumatore finale e/o
a molti settori industriali esterni alla chimica, prodotti che sono
costituiti da formulati, ossia da una miscela di ingredienti che in
genere vengono comprati da altre aziende e che vengono
utilizzati con operazioni fisiche di miscelazione e anche con
qualche trattamento chimico
Il processo unitario è una parte del processo industriale dove avviene
un'unitaria reazione di tipo esclusivamente chimico.

Da non confondersi con il termine

operazione unitaria, che corrisponde a una parte del processo


industriale dove avviene una trasformazione unitaria di tipo
esclusivamente fisico.
Produzione Industriale

 Definizione di Processo Industriale e sua Classificazione

 Metodi di Ottimizzazione della Produzione Industriale


Un sistema di produzione può essere definito come un
insieme di uomini, macchine, attrezzature ed
organizzazione legati da un flusso comune di materiali e
di informazioni finalizzato alla trasformazione di materiale
grezzo in prodotti finiti.

Nell'analisi di un sistema produttivo si identificano quattro


parametri principali di produzione:
•Costo
•Tempo
Tetraedro della Produzione.
•Qualità
•Flessibilità
sistema di produzione
uomini

macchine

attrezzature

organizzazione
Sistemi Produttivi
Lo schema di classificazione composita di Brandolese, Brugger,
Garetti, Misul (1985) considera una suddivisione secondo tre assi
cartesiani.
Sistemi Produttivi
Sull'asse del mercato, si classificano secondo le modalità di
vendita:

•su commesse singole o su commesse ripetitive; in questo caso si


dice che si costruiscono prodotti già venduti

•produzione per il magazzino, in base alle previsioni di vendita (si


costruiscono i prodotti, e la vendita avviene in un secondo
momento); in questo caso si dice che si vendono prodotti già
costruiti
Produzione:

costruiscono
commesse prodotti già
venduti

vendono
prodotti
magazzino
già
costruiti
Sistemi Produttivi
Sull'asse tecnologico, si classificano secondo le modalità di
realizzazione del prodotto in:
•impianti di processo (ove la produzione riguarda profonde
trasformazioni chimico-fisiche e non è possibile ritornare
facilmente ai componenti iniziali partendo dal prodotto finale)
•impianti di fabbricazione, che a loro volta si suddividono in:
impianti di produzione
impianti di assemblaggio

Non va confuso un impianto di fabbricazione con un


impianto di processo: ad esempio la produzione
della carta è fatta in un impianto di processo, mentre la
produzione di pezzi tramite tornitura è fatta in impianti
di fabbricazione.
Sistemi Produttivi

Sull'asse gestionale, si classificano secondo le modalità di


realizzazione del volume da produrre:
produzioni unitarie
a lotti
continue

Ovviamente alcuni incroci non sono fattibili (ad


esempio un impianto continuo difficilmente potrà
produrre per ordini singoli come l’imbottigliamento
delle acque).
Sistemi Produttivi

Altre classificazioni possibili riguardano la natura delle


trasformazioni, la categoria dei prodotti, le dimensioni, il
rapporto energia/lavoro manuale, completezza del ciclo produttivo
(ovvero se nell'impianto si parte da materie prime o da altri
semilavorati).
I sistemi di produzione possono essere divisi in base al tipo
di processo di produzione industriale utilizzato. Avremo impianti di
fabbricazione e impianti di montaggio, a seconda che producano i
pezzi tramite lavorazioni chimiche, meccaniche, fisiche etc., o se si
limiti all'assemblaggio di componenti già pronti.
Sistemi Produttivi
Le tipologie di processo produttivo che possono essere realizzate
sono le seguenti:
flow-shop, dove i semilavorati passano da una stazione di
produzione all'altra attraverso una sequenza standard e
predeterminata, indipendente dal lotto di produzione. È il caso
tipico delle catene di montaggio, ove le macchine sono disposte
secondo le fasi di lavorazione del prodotto;
Job-shop, in cui la sequenza delle operazioni che dovranno essere
svolte è definita a priori, ma può radicalmente cambiare da lotto
a lotto (ad esempio il caso di una officina di riparazione);
per celle (Group technology), in cui la produzione di prodotti di
una stessa famiglia avviene in un'area definita dell'impianto dove
sono presenti tutte e sole le macchine necessarie;
Sistemi Produttivi
Invece dal punto di vista del layout, gli impianti possono dividersi
in:
•a postazioni fisse, in cui è il prodotto da costruire a rimanere
fermo. (costruzioni di ingegneria civile, quali dighe ed edifici);

•per reparti, in cui le macchine tecnologicamente simili vengono


localizzate in aree contigue dell'impianto;

•per linee, in cui la disposizione dei macchinari segue fedelmente


la sequenza operativa delle fasi di lavorazione;

•ad isole, in cui le unità produttive vengono raggruppate in


maniera tale che ogni gruppo sia in grado di processare prodotti il
cui ciclo di lavoro è similare.
Sistemi Produttivi
Sebbene le classificazioni suddette possano sembrare in
corrispondenza biunivoca
come il
prodotto deve
primo elenco essere
trasformato
dagli impianti

la collocazione dei
macchinari al fine di
secondo elenco
minimizzare alcuni costi
imputabili al layout.

È intuitivo tuttavia che alcuni accoppiamenti layout-processo


siano generalmente economicamente più convenienti.
Job Shop

 Un pezzo o un lotto viene lavorato da Reparti di


lavorazione spostandosi (tramite un sistema di
trasporto o pallet) in accordo ad un preciso ciclo
tecnologico (routing).
 Ciacun Reparto aggrega macchine omogenee per tipo
di lavorazione. Dunque esso offre una determinata
“capacità tecnologica”
 Il Job Shop è un sistema produttivo che mette a
disposizione “capacità tecnologiche”
 la capacità produttiva dell’impianto si realizza
quando viene specificato il routing
Manufacturing Systems
(Fabbricazioni di tipo Job Shop)

Lotto i A1 A2 A3 A4
1 3 4 2

Lotto i 1
Mj1 Mj2
3

Mj4 Mj3
4 2

Reparto Aj
Fabbricazioni per Linee di Prodotto

 La fabbricazione per linea di prodotto è una sistema


produttivo costituito da un insieme di macchine
progettate per realizzare rigidamente una sequenza
fissata di lavorazioni.
 Tutti i pezzi o lotti subiscono la stessa sequenza di
processamento
 La fabbricazione per linea di prodotto è un sistema
produttivo che mette a disposizione una “capacità
produttiva”
 La capacità tecnologica è incorporata nell’impianto e
mirata alla produzione di un solo prodotto.
Manufacturing Systems
(Fabbricazioni per Line di Prodotto)

Lotto i
M1 M2 M3 M4
L'acronimo WIP, che sta per Work In Process (ossia, tradotto
dall'inglese, materiale in corso di lavorazione), è un termine tecnico
usato per indicare il numero di pezzi (o di lotti) che vengono lavorati
contemporaneamente all'interno di un sistema produttivo.
Si tratta del materiale in uscita da una fase del processo di
lavorazione in attesa di essere trattato da quella successiva.
Rappresenta un costo per l'azienda legato a
immobilizzo di capitale,
spazio occupato
movimentazione dei materiali.
Questo parametro può essere utilizzato come indicatore per valutare
le prestazioni del sistema: a parità di lotti prodotti, si preferisce la
soluzione che corrisponde al più basso livello di WIP; l'azienda in
questo modo può ridurre i costi dovuti all'immobilizzazione
delle giacenze di materie prime e di semilavorati.
Confronto tra le Soluzioni Estreme della
Fabbricazione
Job Shop Vantaggi Svantaggi
Alta Flessibilità Elevati Tempi di Produzione
Elevata Elasticità (e.g.Guasti) Elevato Work In Process
Scarsa Obsolescenza Scarso Sfruttamento delle Risorse
Rapido Avvio di Nuove Produzioni Scarsa Prevedibilità dei Tempi di Consegna
Difficoltà della Gestione (vedi lucido seguente)

Linea di Produzione Vantaggi Svantaggi


Ridotti Tempi di Produzione Notevole Rigidità
Ridotto WIP Investimenti Elevati
Elevato Sfruttamento delle Risorse Rischi di Obsolescenza
Buona Prevedibilità dei Tempi di Consegna Vulnerabilità ai Guasti

Elevato Tempo di Avvio di Nuove Produzioni

Difficoltà della Progettazione (vedi lucido seguente)


Difficoltà della Gestione della Produzione del
Job Shop

M11 M12 M21 M22 M31


Lotto 1

Lotto 2

M14 M13 M24 M23 M33 M32

Lotto 2 Lotto 1
Difficoltà della Gestione della Produzione del
Job Shop
 Problemi Principali:
 Scelta tra più Risorse (Macchine) disponibili per la
lavorazione dei Lotti
 Loading: Scelta dei lotti da inoltrare nell’impianto e scelta
della sequenze di inoltro dei lotti nell’impianto
 Dispatching/Sequencing: Scelta della sequenza di
Lavorazione dei Lotti sulle Singole Macchine
 Minimizzazione di diversi parametri prestazionali quali il
tempo di trasferimento e i tempi di Set-Up delle Macchine
 Soluzioni:
 Esperienza Umana
 Soluzioni Algoritmiche (informatizzazione) per
l’Ottimizzazione della Produttività
Difficoltà della Progettazione della Linea di
Fabbricazione
Lotto i
M1 M2 M3 M4

T1 T2 T3 T4

 Tempo di Lavorazione = T1+T2+T3+T4


 Problemi Principali nella Progettazione:
 Bilanciamento del Carico di Lavoro
 Elevata Disponibilità delle Risorse (Meccanismi di
Tolleranza ai Guasti)
 Analisi dei rischi di mercato ai quali si va incontro
dotandosi di una certa capacità produttiva per uno
specifico prodotto.
Gestione della Produzione Industriale
Tre Fasi in Successione:
• Progettazione e Realizzazione del Sistema Produttivo
• Messa a Punto dei cicli di lavorazione, delle attrezzature,
delle procedure di collaudo e di controllo della qualità, etc.
• Programmazione della produzione: formulazione e gestione
dei piani di produzione, ovvero utilizzo delle risorse del
sistema produttivo predisposte nelle fasi precedenti per la
realizzazione dei prodotti desiderati.
La Programmazione della Produzione si articola in tre periodi:
Programmazione di Lungo Periodo
Programmazione Aggregata
Programmazione di Breve Periodo
Esempi di Risultati Forniti
dalla Programmazione di Breve Periodo

M1 2 1 3

M2 3 2 1

M3 3 1 2

Routing Tecnologico:
Lotto 1= (M1, M3, M2)
Lotto 2= (M1, M2, M3)
Lotto 3= (M2, M3, M1)
Tempi di Produzione:
Lotto 1 = (M1(2), M3(1), M2(2))
Lotto 2 = (M1(2), M2(1), M3(2))
Lotto 3 = (M2(1), M3(3), M1(3))
Unità 8 controllo dei processi chimici
industriali
Fluidostatica
Densità e peso specifico

• La densità assoluta è il rapporto fra la massa e il volume:

• =

• Il peso specifico assoluto indica il rapporto fra il peso e il volume occupato di una qualsiasi sostanza. In formula:

• =

Bisogna ricordare che la massa è una delle grandezze fondamentali del SI, mentre il peso è la forza con la quale un corpo
è attratto dalla Terra (P = m · g)
Fluidostatica Il coefficiente di comprimibilità cubica non
va confuso con il fattore di comprimibilità,
che è un parametro utilizzato nello sviluppo
delle equazioni di stato.

Comprimibilità
Nella definizione di liquido data sopra, si è parlato di volume ben determinato, perché i liquidi sono considerati
incomprimibili anche quando sono sottoposti a elevate pressioni. In realtà non è così in quanto una certa comprimibilità
è caratteristica per ciascun liquido ed è misurata dal coefficiente di comprimibilità cubica.
Questo parametro indica la variazione di volume, a temperatura costante, dell'unità di volume di un liquido sottoposto a
una pressione unitaria e si indica con la lettera greca α (alfa):


• = =
Fluidostatica per ridurre di appena un millesimo un
volume di acqua occorre una pressione di
circa 2,2 MPa

Comprimibilità

Per l'acqua, alla temperatura di 283,15 K, α = 5,12 × 10-10 Pa-1. Questo significa che se si applica una pressione di un
pascal a un metro cubo d’acqua, si ha una diminuzione di volume pari a 5,12 × 10-10 m3, valore che corrisponde a 0,512
mm3.

La comprimibilità del petrolio è circa 1,7 volte quella dell'acqua (8,66 × 10-10 Pa-1), quella della glicerina circa la metà
(2,55 × 10-10 Pa-1).

Poiché i valori relativi a questo parametro sono così bassi, nella maggior parte dei problemi riguardanti i liquidi, questi
ultimi possono essere considerati incomprimibili senza che questa approssimazione generi scostamenti fra i risultati
ottenuti e la realtà fisica.
Fluidostatica
Viscosità

I liquidi, come da definizione sopra enunciata, si adattano alla forma


del recipiente nel quale sono versati e questo perché le particelle che li
compongono scorrono l'una sull'altra, essendo minimi gli attriti fra Confronto tra il
comportamento di due
loro. sostanze aventi
La resistenza che contrasta lo spostamento di particelle vicine differente viscosità (in
rappresenta la viscosità o attrito interno del liquido ed è una delle alto: sostanza a
caratteristiche tipiche dei liquidi al pari della densità, della viscosità minore; in
basso: sostanza a
comprimibilità ecc. viscosità maggiore).
La viscosità è una grandezza fisica che indica la resistenza di un fluido
allo scorrimento. La viscosità viene solitamente indicata con la lettera
greca μ o più raramente con la lettera η per richiamare il collegamento
con il coefficiente di attrito della meccanica classica.
Viene detta spesso viscosità dinamica per distinguerla dalla viscosità
cinematica, che è una grandezza simile alla viscosità dinamica, ma
dimensionalmente differente.
Fluidostatica
Viscosità

Prove effettuate hanno dimostrato che la viscosità varia al variare della temperatura alla quale si trova il liquido, in
maniera inversamente proporzionale. Esistono due modi per esprimere i valori di viscosità, ossia si distingue una viscosità
dinamica e una viscosità cinematica.
La descrizione della viscosità risulta semplice nel caso di moto laminare (si pensi allo scorrimento delle carte da gioco in
un mazzo).
Fluidostatica
Viscosità

Si consideri (vedere la figura) una piattaforma di area A galleggiante su uno spessore h di fluido e trainata con velocità
costante v0. Il fluido a contatto con la piattaforma si muove con la stessa velocità v0 della piattaforma mentre il fluido a
contatto con il fondo, alla profondità h, è fermo.
Fluidostatica
Viscosità

In regime laminare i vari strati di fluido scorrono gli uni rispetto agli altri ed hanno velocità crescenti dal fondo (v=0) fino
in superficie (v = v0). Per mantenere la piattaforma in moto uniforme con velocità v bisogna applicare alla piattaforma
una forza costante F la cui intensità è data da
v0
• =

= coefficiente di viscosità dinamica .


Nel SI si ha [ ] = kg m−1 s−1 = Pa · s
Questa espressione non ha un nome, mentre la corri-
pondente unità di misura nel sistema CGS (g cm-1 s-1)
si chiama poise (P).
Fluidostatica
Viscosità

Introdotta la densità del fluido , si definisce coefficiente di viscosità cinematica la quantità collegata a dalla
relazione

• =
Fluidostatica
Viscosità

Per alcuni liquidi il valore della viscosità dinamica rimane costante anche se varia l'intensità della forza applicata e il
tempo per il quale essa viene applicata. Questi liquidi sono detti liquidi Newtoniani e per essi il valore della viscosità è in
v0
accordo con la formula =

Altri liquidi, invece, variano il valore della viscosità al variare della forza applicata o al protrarsi del tempo di applicazione
della stessa. Essi si dicono, con termine generale, non Newtoniani e si dividono in diverse categorie.
Fluidostatica
Viscosità

Liquidi non Newtoniani:

• liquidi plastici sono quelli che possono sopportare una certa forza prima di cominciare a muoversi;
• liquidi dilatanti in essi la viscosità aumenta al crescere della forza applicata;
• liquidi pseudoplastici in essi la viscosità diminuisce al crescere della forza applicata;
• liquidi tissotropici in essi la viscosità diminuisce al crescere del tempo di applicazione della forza;
• liquidi reopectici in essi la viscosità aumenta al crescere del tempo di applicazione della forza.

• https://www.youtube.com/watch?v=FQtrxuECbu4
Fluidostatica
Viscosità
Fluidostatica
Viscosità

Per quel che riguarda la dipendenza dal gradiente di velocità tra i fluidi non newtoniani distinguiamo tra fluidi

pseudo plastici: il valore cala con l’aumentare del gradiente di velocità

dilantanti: il valore aumenta con l’aumentare del gradiente di velocità

Per poter trattare matematicamente problemi con tali fluidi in movimento è necessario determinare sperimentalmente la
relazione che lega sforzo tangenziale e gradiente di velocità; quella che ha dato i risultati migliori è la legge di potenza.
Fluidostatica
Viscosità

I fluidi tixotropici presentano una struttura che si disgrega gradualmente per effetto di uno sforzo tangenziale, quindi
presentano una diminuzione di nel tempo; quindi tali sostanze sottoposte a sforzi di taglio aumentano la loro fluidità
passando da uno stato pastoso allo stato liquido; tale comportamento è reversibile e la struttura si ricostruisce
gradualmente in condizioni di riposo, dando luogo tuttavia a una curva reologica caratterizzata da isteresi.

Nei fluidi reopectici al contrario si verifica la graduale formazione di una struttura sotto l’azione di uno sforzo tangenziale,
non eccessivamente rapido, quindi un aumento di ; anche in questo caso si ha isteresi.

L'isteresi è un fenomeno per cui il valore assunto da una grandezza dipendente da altre è
determinato, oltre che dai valori istantanei di queste ultime, anche dai valori che avevano assunto
in precedenza[1]; ovvero, in altre parole, l'isteresi è la caratteristica di un sistema di reagire in
ritardo alle sollecitazioni applicate e in dipendenza dello stato precedente.
Fluidostatica
Comprimibilità Viscosità

A conclusione del paragrafo è opportuno ricordare che tutti i liquidi reali presentano un valore finito di comprimibilità e
uno di viscosità. Molto spesso, nelle spiegazioni teoriche o nei calcoli, si fa riferimento a un liquido ideale o perfetto che
presenta la caratteristica di essere incomprimibile e privo di viscosità. Questa idealizzazione è possibile solo fino a quando
il trascurare la comprimibilità e la viscosità non comporta errori sostanziali nella realtà della situazione considerata.
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

La pressione assoluta che incide su ciascun punto di una superficie isobara, interna a un liquido contenuto in un
recipiente aperto, si può calcolare con la formula:
paS = p0 + hS
la quale indica che sulla superficie generica S incide sia la pressione atmosferica p0 sia la pressione data dal prodotto del
peso specifico assoluto del liquido per la distanza verticale della superficie dal pelo libero del liquido in quiete hS
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa (effettiva)

Non si deve confondere la pressione assoluta con la pressione relativa, detta anche pressione manometrica o pressione
effettiva che rappresenta invece la sola pressione dovuta al peso del liquido. In formula la pressione relativa è data da:

peS = hS
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

Per quanto riguarda l'unità di misura usata per la pressione, usando il SI essa viene misurata in pascal (Pa) che
corrisponde a N/m2 (newton al metro quadrato).
Nella pratica impiantistica, però, è molto diffuso l'impiego dell'atmosfera tecnica (indicata con il simbolo at), che
corrisponde a 98 000 Pa o anche a 1 kgf/cm2.
Si ricorda che l'atmosfera fisica (indicata con il simbolo atm) corrisponde a 101 256 Pa o anche a 1,033 227 kgf /cm2
La simbologia usata prevede che, quando la pressione è espressa in atmosfere tecniche, la pressione assoluta sia indicata
con il simbolo ata, mentre quella relativa con la notazione ate.
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

Prendendo in esame due superfici generiche S1 e S2, interne al liquido, distanti h1 e h2 dal pelo libero, le pressioni
assolute che incidono su ogni loro punto sono date da:
paS1 = p0 + hS1
paS2 = p0 + hS2
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

La differenza di pressione fra le due superfici è data da:

paS1 - paS2 = (p0 + hS1) - (p0 + hS2) = hS1 - hS2


Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

Questo significa che la differenza di pressione tra due punti in un liquido in quiete è indipendente sia dalla forma sia
dalla sezione del recipiente, ma dipende solo dal peso specifico assoluto del liquido e dalla distanza verticale fra i due
punti. Questa formulazione corrisponde alla legge di Stevino.

pressione sulle pareti


peS = hT
Fluidostatica
Pressione assoluta e relativa

peso
forma
specifico
differenza
di pressione

distanza
sezione
verticale
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica

Si consideri ora un recipiente, avente altezza hT, contenente un liquido con peso specifico e si consideri una generica
superficie X interna alla massa liquida distante h dalla superficie e h1 dal fondo

La pressione relativa su quella superficie è, come visto


precedentemente:
peX = h h

Sul fondo del recipiente la pressione idrostatica totale è:

peT = hT h1
Poiché il pelo libero del recipiente e il fondo sono
superfici isobare e la superficie X è anch'essa isobara, è
così intuitivo che si può anche scrivere:
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica

Poiché il pelo libero del recipiente e il fondo sono superfici isobare e la superficie X è anch'essa isobara, è così intuitivo
che si può anche scrivere:
peT = h + h1
I valori di h e h1 possono variare a piacere, per cui, qualunque essi siano, si verifica sempre:

h + h1 = cost

Il valore della costante coincide con la pressione idrostatica sul fondo del recipiente.
equazione fondamentale
dell'idrostatica
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica
h + h1 = peT

Per poterne capire a fondo il significato è necessario formularla diversamente, dividendo ogni membro per il peso
specifico del liquido:
ℎ ℎ !"#
+ =

e ricordando che h γ = PeX si ottiene l'espressione nella forma usata generalmente:

!"$ !"#
+ℎ =

È molto importante a questo proposito rilevare come le dimensioni dei tre termini presenti siano le stesse e
corrispondano a [L].
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica
pX
Il termine è detto altezza piezometrica e rappresenta l'altezza di una colonna di liquido, con peso specifico assoluto
'
, in grado di produrre una pressione relativa peX

!"$ !"#
+ ℎ =

altezza piezometrica altezza geodetica


Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica
Per capire meglio il concetto di altezza piezometrica, si consideri una tubazione percorsa da un liquido che presenta una
pressione relativa pe. Se sulla tubazione si innesta un tubo verticale aperto in alto, il liquido sale nel tubo fino a una
altezza h, cioè fino al punto in cui il peso del liquido riesce a contrastare la pressione della tubazione:

!" = ℎ

altezza piezometrica

)"
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica
Il termine h1, è detto altezza geodetica e rappresenta la distanza in verticale della superficie presa in esame dal fondo del
recipiente.

h1

)"
h1
Fluidostatica
Equazione fondamentale dell'idrostatica
L'equazione fondamentale dell'idrostatica (nella forma più conosciuta) può anche essere enunciata nel seguente modo:

per una qualsiasi superficie in una massa di liquido in quiete è sempre costante la somma dell'altezza piezometrica e
dell'altezza geodetica e, di conseguenza, aumentando l'una diminuisce l'altra e viceversa. Si ricorda ancora una volta che
il valore della costante coincide numericamente con l'altezza del recipiente in esame.
Fluidostatica
Misura della pressione
Nella pratica esistono strumenti in grado di misurare la pressione presente in un determinato punto di una massa
d'acqua. Tali strumenti si chiamano manometri e si possono classificare in due categorie: quelli a colonna di liquido e
quelli metallici.
Sostanzialmente, un manometro a colonna di liquido è un semplice tubo a U nel quale vi è un liquido non miscibile con il
liquido del quale si vuole conoscere la pressione. Uno dei due rami di questo tubo viene posto in contatto con l'ambiente
di cui si vuole conoscere la pressione, l'altro può essere chiuso o aperto.
Fluidostatica
Misura della pressione
Poiché nel manometro a tubo aperto il liquido manometrico è sottoposto a due pressioni diverse nei due rami - quella
del liquido nel serbatoio e quella atmosferica dall'altra parte - esso si innalza dalla parte a pressione inferiore. La fig. 4.10
riporta la situazione tipo in cui ci si trova se si vuole misurare la pressione in un liquido. Ricordando che le superfici
orizzontali sono tutte isobare, sul piano A della figura si deve verificare che:

! = !* + ℎ
Fluidostatica
Misura della pressione
! = !* + ℎ
nella quale

! è la pressione assoluta sulla superficie A


ℎ è la differenza di altezza del liquido nei due rami del manometro
è il peso specifico assoluto del liquido manometrico.
Fluidostatica
Misura della pressione
Se il serbatoio è a pressione ambiente, la pressione, misurata con questo tipo di manometro, rappresenta la pressione
idrostatica, perché la pressione ) corrisponde alla somma della pressione atmosferica più quella relativa dovuta al
liquido:

! = !* + !"
e sostituendo:
!* + !" = !* + ℎ
e quindi:
+,- = ./
Fluidostatica
Misura della pressione
Con questo tipo di manometro si possono misurare pressioni superiori o inferiori a quella atmosferica. Il campo di
funzionamento è limitato dalla lunghezza dei rami, per cui, di solito, viene impiegato per pressioni relativamente
prossime a quella atmosferica.
Fluidostatica
Misura della pressione
Per misurare pressioni più elevate si impiega il manometro a tubo chiuso ad aria compressa, costituito di un tubo a U
molto resistente, di solito contenente mercurio (fig. 4.11). Quando il manometro non è connesso ad alcun recipiente,
l'aria nella parte chiusa è a pressione atmosferica e presenta un volume noto. Se viene collegato a un ambiente con
pressione maggiore di quella atmosferica, il mercurio si innalza nel ramo chiuso diminuendo il volume dell'aria che
contiene.
Fluidostatica
Misura della pressione
Considerando come di consueto la superficie isobara A, per i due rami del manometro deve valere l'eguaglianza:
!* + ℎ = ! + ℎ

La pressione nel ramo chiuso si calcola con la legge di Boyle


! 0 = !* 0*

nella quale:

! è la pressione a manometro collegato;


0 il volume dell'aria a manometro collegato;
!* la pressione atmosferica (101.325 Pa)
0* il volume dell'aria a manometro non collegato.
Fluidostatica
Misura della pressione
Il manometro a tubo chiuso misura la pressione assoluta, in quanto tiene conto anche della pressione presente sul
liquido.
Per misurare pressioni molto elevate, che possono arrivare fino a 10 MPa, si ricorre a un tipo di manometro costruito in
modo da sfruttare il principio del torchio idraulico (che verrà esaminato nel paragrafo successivo), oppure si impiegano i
manometri metallici che basano il loro funzionamento sulla deformazione di elementi elastici, ma sono meno precisi di
quelli a colonna di liquido.
Fluidostatica
Misura della pressione
Per misurare, invece, pressioni inferiori a quella atmosferica, si usano, oltre ai manometri a tubo aperto, particolari tipi di
apparecchi chiamati vacuometri. Il tipo più semplice è rappresentato da un manometro a tubo chiuso nel quale il liquido
manometrico, quasi sempre il mercurio, riempie tutto il ramo chiuso.
Fluidostatica
Misura della pressione
Quando il ramo aperto viene collegato al recipiente di cui si vuole conoscere la pressione, il liquido scende nel ramo
chiuso e dal dislivello del liquido manometrico è possibile calcolare la pressione assoluta presente nel serbatoio. Nella
parte chiusa del manometro vi è il vuoto.

Quando il recipiente collegato allo strumento è a pressione


atmosferica, l'altezza della colonna di mercurio nel ramo chiuso
ha un dislivello di 0,76 m rispetto al ramo collegato.
vuoto Diminuendo la pressione nel recipiente, il dislivello del
mercurio diminuisce fino ad arrivare al valore 0 se nel
recipiente è fatto il vuoto assoluto.
Fluidostatica
Principio di Pascal
L'enunciato del principio è il seguente: La pressione esercitata in un punto qualsiasi di
un fluido si trasmette in ogni altro punto del fluido con la stessa intensità,
indipendentemente dalla direzione (sempre perpendicolare alla superficie del fluido).
Fluidostatica
Principio di Pascal

Nell'esperimento, Pascal inserì un tubo verticale lungo 10 m


in una botte piena d'acqua. A quel punto Pascal iniziò a
versare l'acqua nel tubo verticale fino a riempire il
medesimo tubo e osservò un aumento della pressione, che
raggiunse una intensità tale da rompere la botte.
La formula è derivata a partire dalla legge di Stevino
applicata al sistema botte-tubo. In questo caso la pressione
introdotta nella botte è data da:
pa = p0 + hS
Fluidostatica
Torchio idraulico
La più nota applicazione del principio di Pascal è il torchio idraulico, detto anche pressa idraulica, formato di due cilindri
di diverso diametro, riempiti d'acqua e comunicanti fra loro.
Fluidostatica
Torchio idraulico
Se mediante un pistone si applica una forza sul cilindro più piccolo, il liquido è sottoposto a una pressione p, data dalla
forza diviso la superficie del cilindro:
p=
1

La forza risultante sullo stantuffo del cilindro grande è data da:

2 = !12

Essendo, per il principio di Pascal, il valore della pressione p lo stesso, si può anche scrivere:

12 322
2 = =
1 32

A = 53 2
Fluidostatica
Torchio idraulico
Il che equivale a dire che il rapporto fra le forze è uguale al rapporto dei quadrati dei raggi o dei diametri.
Per esempio, se il diametro del cilindro grande è 5 volte quello del piccolo, si ha A2/A1 = 25 e quindi la forza utilizzata
dallo stantuffo maggiore risulterà 25 volte maggiore di quella esercitata sul cilindro piccolo.
Fluidostatica
Torchio idraulico
Anche i freni servoassistiti delle autovetture si basano sul principio di Pascal.
L'espressione servo riferita a organi meccanici vuol proprio dire aumento di forza dovuto all'applicazione del principio di
Pascal: si hanno così i servofreni, i servosterzi ecc.
Fluidostatica deriva dalla legge di Stevino
(p dipende solo dall’altezza)

Principio dei vasi comunicanti


Poiché si è visto che un qualsiasi piano orizzontale di un liquido in quiete è una superficie sulla quale incide la stessa
pressione in tutti i punti, se si pone un liquido in diversi recipienti comunicanti fra loro e aperti, in maniera che sul pelo
libero incida solo la pressione atmosferica, il liquido si dispone in modo che il pelo libero sia alla stessa altezza in ogni
recipiente.

pozzo artesiano
Fluidostatica
Principio dei vasi comunicanti
Se nei diversi recipienti si pongono liquidi con diverso peso specifico, essi raggiungeranno altezze inversamente
proporzionali al proprio peso specifico.
Fluidostatica
Principio dei vasi comunicanti
Questo perché, considerando un unico piano di riferimento orizzontale, la pressione incidente su di esso deve essere
uguale per tutti i contenitori. (superfici orizzontali sono isobare, ! = ℎ)
Fluidostatica
Principio di Archimede
L'enunciato del principio è il seguente:

un corpo immerso in un liquido subisce una spinta, dovuta alla pressione del liquido, su tutte le superfici e la risultante
delle pressioni è una forza verticale, diretta verso l'alto, di intensità uguale al peso del liquido spostato.

In formula:
= 0
Fluidostatica
Principio di Archimede
Un corpo immerso in un liquido affonda se il suo peso è maggiore della spinta che riceve, galleggia se il suo peso è
inferiore. Nel caso di un corpo che galleggia, esso presenta una parte sopra e una sotto il pelo libero del liquido.

La parte sommersa,
detta pescaggio, sposta
un volume di acqua il
cui peso è pari al peso
di tutto il corpo.
Fluidostatica
Principio di Archimede
Il principio di Archimede può servire anche a determinare la densità di un corpo. Un corpo con un volume V immerso
completamente in un liquido riceve una spinta verticale pari al peso del liquido spostato:

= 0

Ricordando che il peso specifico è uguale al peso (mg) relativo al volume unitario (V1 = 1), si può anche esprimere la
spinta in altro modo:

= = 70 dove è la densità del liquido


6

Il peso del corpo immerso (Pc) è, invece, dato dalla formula:

89 70
) = 89 7 = = 9 70
09
Fluidostatica
Principio di Archimede
È possibile sostituire nell'ultima espressione il volume ricavato dalla formula che indica la spinta di Archimede,

9
0= → )= 97 =
7 7

e quindi:
)
9 =

Il peso del corpo in aria (P) lo si misura con un dinamometro, la densità del liquido ( ) è conosciuta sapendo di quale
liquido si tratta, la spinta di Archimede (F) è data dalla differenza fra il peso del corpo in aria e quello misurato, sempre
con un dinamometro, quando il corpo è immerso nel liquido. Essendo tutti i termini a destra dell'espressione noti, è
possibile risalire alla densità del corpo immerso nel liquido.

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