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A #UmbertoEco l’omaggio dei social: ma per

lui davano spazio a degli «imbecilli»


di Marco lo Conte20 febbraio 2016

Foto Ansa

Pochi minuti dopo la diffusione della notizia della sua scomparsa, l’hashtah #UmbertoEco si è
posizionato in testa ai trend topic su Twitter e da lì non si è più mosso. Paradossale, forse,
l’interesse dei social media, per il filosofo scrittore che aveva fustigato i social media solo pochi
mesi fa: «Danno diritto di parola a legioni di imbecilli», erano state le taglienti parole di Eco nel
ricevere all'Università di Torino la laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media.

«Il social media promuove lo scemo del villaggio a detentore della verità - aveva detto -. Prima le
persone parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano
subito messi a tacere mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione
degli imbecilli», aveva aggiunto. E tale disamore era stato prontamente ricambiato su Facebook,
Twitter e sugli altri social, attraverso una pletora di commenti livorosi che prendevano di mira
l’autore de «Il nome della Rosa» e di «Diario minimo».

Lo scontro Eco-troll
Ma sarebbe sbagliato rubricare questo scontro come quello tra la modernità fluida e condivisa
dell’economia digitale e lo studioso di Medioevo e altre cose passate, ormai spiazzato dalle
innovazioni. Umberto Eco ha incarnato, dalla sua militanza nella neoavanguardia del Gruppo ’63,
poi con libri come «Opera aperta» e «Come si fa una tesi di laurea», con la rivista Alfabeta e con i
suoi romanzi, un’idea di cultura proiettata che non aveva timore di essere utilizzata e consumata, in
cui partecipare attivamente, esaltando il protagonismo del singolo capace di superare le gabbie
culturali dell’ortodossia.

Basti pensare all’opposizione che le gerarchie accademiche hanno riservato al filosofo-scrittore


negli anni 70 e 80: perchè se è vero che era all’epoca maggioritaria una cultura “di sinistra”,
abbeverata allo strutturalismo e alle discipline massmediatiche, di cui Eco è stato protagonista
assoluto, a governare le Università vi erano le baronìe democristiane, le cui mosse di coraggio più
recenti era stato l’aver abbracciato le critiche di Croce a Gentile.
Per questo lo scontro Eco-troll sarebbe da rubricare come quello tra chi ha sempre proposto un
approccio di studio e di approfondimento alla comunicazione e chi invece subisce il flusso
informativo delle timeline, che trasforma tutto e il contrario di tutto in una marmellata umorale di
parole e immagini, contrappuntate dai nostri “mi piace”.

L’abbraccio social del mondo della cultura


Eppure proprio sui social il “fenomeno Eco” si è diffuso inarrestabile e silenzioso. Alla notizia della
sua morte i cinguettii sono partiti da tutta Italia e dal mondo, postati da politici, intellettuali, collegi
e amici. In particolare dai molti lettori che lo hanno amato leggendo le pagine dei suoi libri, a
cominciare da «Il nome della Rosa», tradotto in tutto il mondo e con milioni di copie vendute. Nel
mare di tweet saltano agli occhi quelli di Bompiani («Lutto per la cultura, ci lascia Umberto Eco.
Siamo addolorati»), del sindaco di Milano Giuliano Pisapia («Addio maestro e amico, genio del
sapere innamorato di Milano. La nostra città senza di te è più triste e più povera»). Poi quelli di
Ezio Mauro («Ciao Umberto, la cultura come passione»), Gad Lerner («Rimpianto e tristezza per la
scomparsa del grande Umberto Eco»), Roberto Saviano («Nomina nuda tenemus. Addio
professore»), Gene Gnocchi («È morto Umberto Eco. Gran dispiacere»). E ancora: Gianni Cuperlo
(«Renzi reciterà un suo passo per ricordare Umberto Eco: «Solita notte da lupi nel Bronx nel locale
stan suonando un blues degli Stones»), Ivan Scalfarotto («È mancato un grande italiano»), Stefano
Bonaccini («Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa... “Il nome della
rosa”. Ciao»). Poi quello della cantante Noemi («Umberto Eco una parte della nostra cultura e
letteratura. Ora tocca a noi») e tanti altri ancora che citano le sue tante massime, diventate buone
abitudine per generazioni di italiani: «Il bene di un libro sta nell'essere letto», «Chi legge avrà
vissuto 5.000 anni. La letteratura è un'immortalità all'indietro», «I libri si rispettano usandoli, non
lasciandoli stare».

Le ultime polemiche
Nella sua ultima intervista spiegava l'addio a quella che chiamava “Mondazzoli” (la Rcs Libri
acquisita da Mondadori) per prendere “La nave di Teseo” varata da Elisabetta Sgarbi; nel suo
ultimo tweet, datato lo scorso novembre, Umberto Eco scriveva «c'è un ritorno al cartaceo, il
giornale non sparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere». E proprio i social,
nonostante la tarda ora in cui è giunta notizia della sua morte, celebrano il grande intellettuale.
Sintetico il comunicato di Bompiani: «Lutto per la cultura, ci lascia Umberto Eco: Siamo
addolorati». Giovanna Melandri aggiunge:«Che tristezza la notizia della morte di Umberto Eco. Un
grandissimo intellettuale e scrittore, una persona unica e speciale. Mancherà tanto».

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