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STRAGE DI GERUSALEMME fu preceduta da un’altra meno conosciuta: quella della popolazione di

Antiochia. I crociati entrarono nella città siriana la notte tra il 2 e il 3 giugno 1098 grazie a un traditore. Una
volta dentro, la loro furia non si fermò neppure di fronte ai bam-bini e alle donne, indipendentemente dal
loro credo religioso: massacrarono sia i musulmani sia i cristiani, dato che come molti occidentali non erano
in grado di distinguere gli uni dagli altri. Nell’inver-no dello stesso anno, durante l’assedio di Maarat, tra i
crociati tormentati dalla fame si verificarono alcuni episodi di can-nibalismo: «l nostri uomini cucinavano
pagani adulti in pentola, infilzavano bam-bini sugli spiedi e li mangiavano arrosti-ti», racconta lo storico
francese Raoul de Caen, che prese parte alla Prima crociata.IL MASSACRO DI ANTIOCHIA. LITOGRAFIA DI
GUSTAVE DORÉ PER LA STORIA DELLE CROCIATE, DI J.-F. MICHAUD, 18

ERUSALEMMEPRIMADELLACROCIATArima dell’arrivo dei crociati, Gerusa-lemme non era stata certo un’oasi
di pace. Alla fine del X secolo la città (che i musulmani chiamano al-Quds, “la santa”) era in mano ai califfi
fatimidi d’Egitto, di confessione sci-ita. Nel 996 salì al trono del califfato al-Hakim, un personaggio spesso in
preda ad attacchi di rabbia, crudeltà e fanatismo. Nel 1009 questi ordinò la distruzione dei santuari cristiani
a Gerusalemme, compresa la chiesa del Santo Sepolcro. Anche la sinagoga della città santa sarebbe stata
profana-ta. In seguito il califfo si dichiarò un’incarnazione di Dio e prese provvedimenti contro i musulmani
che non lo riconoscevano come tale. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1021, Gerusalemme attra-versò un
breve periodo di pace, a cui seguirono le rivolte dei beduini e un forte terremoto che nel 1033 distrusse la
moschea al-Aqsa. L’imperatore Costantino IX elargì dei fondi per la ricostruzione della chiesa del Santo
Sepolcro e raggiunse un accordo con il governatore fatimide, che stava riparando le mura della città:
Costantino avrebbe pagato una parte dei lavori a condizione che solo i cristiani vivessero nella zona
corrispondente e po-tessero formare una propria comunità. I cristiani armeni acquisirono una chiesa sul
monte Sion e si riunirono anch’essi in un loro quartiere. Nel 1071 i turchi selgiuchidi, di fede sunnita,
sottrassero la Terra Santa al dominio egiziano e nel 1073 occu-parono Gerusalemme. Mantennero
un’attitudine conciliante: non saccheggiarono la città e misero delle guardie a protezione dei templi delle
diffe-renti confessioni. Ma quando nel 1077 i sosteni-tori dei fatimidi si ribellarono, i turchi misero da parte
ogni compassione e sterminarono tremila abitanti. I fatimidi riconquistarono Gerusalemme nell’agosto del
1098, dopo un assedio durato sei mesi. Solo dieci mesi più tardi i crociati compar-vero davanti alle mura
della cittàe il conte Raimondo IV di Tolosa, capo delle truppe della Provenza. La marcia dei crociati fu
estenuante, ai limiti della tortura, a causa della mancanza di viveri e di acqua, e del calo-re insopportabile
che le armature dei soldati aumentavano a dismisura. Per dare un’idea delle difficoltà del tragitto, va
ricordato che dei 60mila crociati (circa settemila cavalieri e il resto fanti) partiti da Costantinopoli solo
15mila arrivarono a Gerusalemme due anni e mezzo più tardi. Le diserzioni, le morti in combattimento, la
fame (non mancarono gli episodi di cannibalismo), la sete e le malattie indebolirono sempre più le truppe
cristiane, che per di più erano testimoni delle rivalità tra i loro principi.La perseveranza dei crociati può
essere spiegata solo dall’aura leggendaria che il cri-stianesimo aveva co-struito attorno a Geru-salemme:
partecipare alla conquista della “città san-ta” era considerata la più grande impresa materiale e spirituale a
cui un cristiano potesse aspirare. Le sofferen-ze e gli ostacoli incontrati lungo il percorso erano delle
occasioni per mettere alla prova la propria fede e la propria forza spirituale, delle difficoltà che potevano
essere superate grazie all’aiuto di Dio. La durezza delle esperienze vissute contribuì probabilmente a
inocula-re nei crociati un fanatismo religioso cieco.L’avanzata cristianaLa marcia dei crociati verso
Gerusalemme non può essere spiegata senza tenere conto della crisi che stava attraversando in quel
periodo il sultanato fatimide, il cui centro di potere era Il Cairo. I guerrieri cristiani si muovevano in un
territorio oggetto delle mire espansionistiche dei selgiuchidi. Per difendersi da questi ultimi, i fatimidi chie-
sero spesso aiuto ai crociati, offrendosi di ricompensare ogni eventuale collaborazio-ne con favori e
ricchezze. Ma ormai quei pellegrini bellicosi e fanatici non erano più disposti ad alcun compromesso. Così
dai governanti locali e i rifornimenti delle navi cristiane. A quel punto le truppe cro-ciate girarono verso
l’interno, entrarono a Betlemme accolte dalle acclamazioni della popolazione cristiana e arrivarono alle
porte della città santa. Era il 7 giugno del 1099. Molti soldati non riuscirono a contenere le loro emozioni e
scoppiarono in lacrime.

L’assedioLe mura di Gerusalemme erano solide e cir-condate da ampi fossati che in alcuni tratti
raggiungevano i diciassette metri di larghezza e i quattro di profondità. I difensori avevano avvelenato gran
parte dei pozzi esterni, portato via il bestia-me, distrutto le coltivazioni e abbattuto gli alberi circostanti. Se
non volevano morire di fame e di sete i crociati avrebbero dovu-to conquistare la città rapidamen-te. Per
quanto ben riforniti armi e provviste, i musulmani, probabilmen-te tra i tremila e i quattromila, sebbene
non si conoscano le cifre esatte (le fonti musulmane parlano di un migliaio di soldati, quelle cri-stiane di
oltre 30mila), non erano in numero sufficiente per coprire delle mura così lun-ghe. Consapevole della
superiorità militare dei crociati, il governatore di Gerusalemme Iftikhar al-Dawla fece espellere dalla città
quasi tutti i cristiani per evitare che si solle-vassero a sostegno degli aggressori.Quando vennero a sapere
che i musulmani rifiutavano di arrendersi, le truppe crociate si suddivisero in due schieramenti principali,
uno a nord e uno a sud della città santa, e si prepararono all’assalto. La penuria di scorte idriche e
alimentari spingeva il fronte cristia-no ad anticipare i tempi. Un primo attacco lanciato il 13 giugno venne
respinto abbastan-za clamorosamente dai difensori.L’impresa sembrava condannata al falli-mento, ma
quattro giorni dopo la dramma-tica situazione volse improvvisamente a loro favore: nel vicino porto di
Giaffa arrivarono alcune navi italiane cariche di viveri e guidate dal condottiero genovese Guglielmo
Embria-co. Gli assedianti capirono che l’unico modo di conquistare Gerusalemme era ricorrerealle
macchine da guerra. Procedettero quin-di a smantellare le navi su cui erano giunte le scorte alimentari e
con il legno ricavato costruirono vari strumenti d’assalto: sca-le, arieti e soprattutto due grandi torri. Per
mantenere alto il morale delle truppe cristia-ne, alcuni dei prelati che accompagnavano la spedizione, come
Pietro l’Eremita e Arnolfo di Roeux, si dedicarono a una frenetica at-tività religiosa. Il sacerdote Pietro
Deside-rio dichiarò di aver avuto una visione: se le truppe avessero digiunato per tre giorni e poi marciato a
piedi nudi intorno alle mura, la città sarebbe caduta in nove giorni. L’8 luglio i crociati realizzarono la
processione, che si concluse sul monte degli Ulivi e fu seguita da vari sermoni. Nel frattempo fu completata
la costruzione delle macchine d’assedio. Restava da risolvere il dif-ficile problema dei fossa-ti che
impedivano di tra-sportare le torri fin sotto le mura. Notte dopo notte un gruppo di crociati si dedicò a
riempirli di terra, pietre, macerie, legno e qualsiasi altro materiale reperibile nelle vi-cinanze, mentre alcuni
compagni li protegge-vano da eventuali sortite dei difensori.Dall’alto dei bastioni i musulmani scaglia-vano
di tutto (frecce, liquidi infiammabili, pa-glia infuocata, sabbia incandescente...) nel tentativo d’interrompere
le operazioni. Ma non servì a nulla. La sera del 13 luglio i cristia-ni erano pronti per l’assalto. All’alba del 14
la guarnigione fatimide osservò con sgomento quegli ignoti mostri di legno, alti diversi piani e montati su
ruote, approssimarsi alle mura in modo lento e inesorabile sotto la spinta degli assedianti. L’attacco finale
stava per iniziare.La conquistaLe torri si avvicinavano da nord e da sud. Era-no state rivestite di pelli intrise
di urina (l’ac-qua era praticamente finita) per evitare che i difensori potessero bruciarle. L’altezza di quelle
macchine avrebbe permesso agli attac-canti di saltare direttamente sulle passerelle superiori delle mura.
Contemporaneamen-te i crociati posizionarono delle scale lungo altri tratti della cinta, una manovra divers

CROCIATISACCHEGGIANOGERUSALEMME

o sterminio degli abitanti della città santa da par-te dei crociati fu pressoché totale e caratterizzato da una
violenza inusitata. Raimondo di Aguilers, che aveva partecipato agli eventi, scrisse: «Alcuni pagani furono
misericordiosamente decapitati, altri furono trafitti da frecce o gettati dalle torri, altri ancora furono
torturatia lungo e infine bruciati in terribili roghi. Nelle case e per le strade si accumulavano mucchi di teste,
mani e piedi, e i cavalieri correvano da una parte all’altra calpestando i cadaveri». Per quanto i dati siano
stati esagerati o mi-nimizzati dalla propaganda delle varie parti, secondo le stime più plausibili ci furono
quasi 30mila morti, per lo più musulmani, oltre a circa duemila ebrei e ai cristiani di fede ortodossa, siriana
o armena che non avevano abbandona-to la città. Le fonti cristiane riconoscono l’enormità della carneficina
e riportano che i pochi sopravvissuti furono costretti a raccogliere i corpi che imputridivano al suolo e ad
ammucchiarli su pire funerarie poste fuori dalla città: «I morti furono bruciati su roghi alti come piramidi e
solo Dio sa quanti fossero», si legge in una cronaca dell’epoca intitolata Gesta francorum. Per molti crociati
si trattò di una giustificata pulizia etnica e religiosa che annunciava l’avvento di una nuova era. Ma questa
esplosione di vio-lenza accrebbe l’odio verso i cristiani tra i musulmani e gli ebrei. I primi avrebbero
ripagato le brutalità subite in forme altrettanto crudeli con la guerra santa. La città tornò alla vita solo con
l’arrivo dei nuovi coloni dopo la conquista. va che mirava a tenere lontani i difensori dai veri punti di
attacco. All’alba del 15 giugno la torre nord, sotto il controllo di Goffredo di Buglione, fece calare il ponte
levatoio sulle merlature nemiche. Un manipolo di uomini si sparpagliò lungo le mura facendo strage di av-
versari e poi aprì le porte della città per i propri correligionari. La torre sud, di competenza di Raimondo IV
di Tolosa, rimase incastrata nel fossato, ma servì a distrarre un’ampia parte della guarnigione musulmana.Il
massacroLa violenta irruzione dei crociati costrinse i difensori a ritirarsi nell’area della cupola del-la Roccia.
Ma quell’orda inferocita in cui si mescolavano cavalieri, pellegrini e cristiani espulsi in precedenza dalla
città, si riversò per le strade di Gerusalemme massacrando la popolazione. L’aria era satura del fumo degli
incendi e del cupo risuonare delle impreca-zioni e delle urla di terrore. Alcuni musulmani tentarono di
rifugiarsi nella moschea al-Aq-sa, ma nessuno fu risparmiato, nemmeno le donne, i bambini o gli anziani.
Secondo alcune testimonianze cristiane, all’interno del santuario il sangue arrivava alle caviglie. Tutto
questo avveniva con la Benedizione dei sacerdoti e dei comandanti crociati. Analogamente, gli ebrei che
cerca-rono riparo nella sinagoga furono arsi vivi tra le grida di esultanza, le preghiere e i canti religiosi dei
loro carnefici.Al calare della notte ogni resistenza era ces-sata, ma per due giorni ancora i crociati im-
perversarono casa per casa, violentando, sac-cheggiando e uccidendo. Solo il governatore Iftikhar al-Dawla
riuscì a salvarsi, rifugian-dosi nella torre di Davide con le sue guardie e trattando la resa in cambio di tutte le
sue ricchezze. Alcuni sopravvissero nasconden-dosi tra la folla, altri furono risparmiati solo per essere
ridotti in schiavitù. Al termine del-la carneficina, i vincitori marciarono in pro-cessione verso la chiesa del
Santo Sepolcro in segno di ringraziamento. Meno di un secolo più tardi Saladino avrebbe posto fine al
sogno di una Gerusalemme cristiana

NI, ORTO

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