Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di idee
liberali. Compie i primi studi presso Antonio Abate, patriota entusiasta che gli trasmette la sua passione per i romanzi storico- patriottici e per la narrativa d'appendice. Col passare degli anni Verga decise di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Così abbandona gli studi in legge (1869) e si trasferisce a Firenze, allora capitale del regno. Tre anni dopo si stabilisce a Milano, vero centro della cultura nazionale e dell'industria editoriale. Fu uno scrittore e senatore italiano, considerato il maggior esponente del verismo che nelle sue opere rappresenta scene umili tratte da storie quotidiane. L’ideologia che sta alla base della sua letteratura è una personale ripresa impersonale e positiva dei naturalisti. Si dedicò sia alla letteratura, che alla politica. Nel campo letterario scrisse tante opere e novelle, tra cui: I malavoglia (una delle sue opere), e la roba (una delle sue novelle). La roba è una delle novelle più famosa di Verga, è stata pubblicata per la prima volta nella rivista “La Rassegna Settimanale” nel 1808, poi in seguito nella raccolta Novella Rusticane. A Francofonte, un bracciante, Mazzarò, grazie alla sua intelligenza riesce ad appropriarsi delle terre del padrone lasciando a quest'ultimo solo il proprio stemma. Mazzarò diventa ricco ma avaro, e il suo unico scopo è possedere tanta terra da eguagliare quella del re. Divenuto vecchio uccide tutti gli animali delle sue proprietà gridando: "Roba mia, vientene con me!". Nella novella troviamo diverse tecniche narrative che Verga usava, tra cui quella dello straniamento che serviva per narrare un avvenimento o un personaggio utilizzando un punto di vita estraneo. Cosi si creava al lettore un senso di disorientamento. Il narratore in questa novella non dimostra mai riprovazione nei confronti del personaggio principale, Mazzarò, e dei sistemi che ha usato per divenire ricco, mai riprovazione per la sua avarizia, per la sua aridità sentimentale, per la sua brutalità nei confronti dei lavoranti, per la disumanità verso i fittavoli rovinati dalla sua avarizia di usuraio. Il personaggio appare eroico.