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INTERVISTA CON EDUARDO DE LA SERNA

Padre Eduardo de la Serna, parroco di Jesús el Buen Pastor a San Francisco Solano, nella diocesi di
Quilmes, e professore di Bibbia nel corso di Teologia all'Istituto “Don Bosco” di Buenos Aires, fa
parte del segretariato dei Preti nell'opzione per i poveri, un gruppo che riunisce circa 200 presbiteri
di tutto il paese e raccoglie l'eredità del Movimento dei sacerdoti per il Terzo Mondo, in cui si
organizzò dal 1968 al 1973 l'ala progressista del clero argentino.
Che possiamo attenderci da Papa Francesco?
Credo ci si possa prima di tutto aspettare – e non è poco! – segni e gesti austeri, semplici e popolari.
Abituati a un Papa distante, a cerimoniali regali e sfarzosi, vedremo atteggiamenti più normali,
come peraltro sarebbe ovvio che fosse. Non è strano che faccia colpo sentir dire al Papa: “Buona
notte”? O vederlo senza oro addosso? Possiamo aspettarci che egli esiga lo stesso dalla Curia, che
certo non si è distinta per trasparenza e sobrietà. Possiamo aspettarci una Chiesa che "esca" dai
propri palazzi, si rivolga con forza ai poveri e non abbia paura di sporcarsi le mani. Possiamo
aspettarci una Chiesa compassionevole, vicina alle persone e che non alzi il dito per condannare.
Sarebbe ingenuo aspettarsi una Chiesa profetica, liberatrice, che riscatti i suoi martiri per la
giustizia, che difenda i diritti umani. Mi vengono in mente le parole di dom Helder Camara:
“Quando affermavo: 'Bisogna aiutare i poveri', mi dicevano: 'Padre, lei è un santo'. Ma quando ho
iniziato a chiedere: 'Perché sono poveri?', mi hanno chiamato 'comunista'”. Ecco, penso che ci
possiamo aspettare una Chiesa che stia in mezzo ai poveri e li accompagni, ma non una Chiesa che
si domandi quali sono le cause della povertà e le affronti. Infine, dato che non ha mai convocato un
Sinodo nella sua arcidiocesi, non sembra che indirà un nuovo Concilio, come molti di noi
speravano; forse lo farà quando vedrà che le sue forze cominciano a declinare.
Come influirà il nuovo Papa sulla Chiesa latinoamericana?
Credo che la situazione della Chiesa latinoamericana migliorerà rispetto agli ultimi anni. Penso non
si ripeteranno conflitti come quello avvenuto nel vicariato apostolico di Sucumbios, in Ecuador, a
causa della sostituzione di un vescovo molto aperto, mons. Gonzalo López Marañón, con p. Rafael
Ibarguren, membro degli ultraconservatori Araldi del Vangelo. L'orientamento che Francesco vorrà
imprimere alla Chiesa latinoamericana si vedrà dalle nomine episcopali. E, se prendiamo a esempio
gli ausiliari che si è scelto a Buenos Aires e gli ordinari che ha suggerito per le diocesi vicine, c'è da
attendersi che nomini vescovi senza troppi titoli accademici, amati dalla gente e dal clero, con senso
pastorale, non particolarmente attaccati al potere e normalmente “ortodossi” (nel senso che non
saranno originali in questioni controverse). Essendo la V Conferenza generale dell'episcopato
latinoamericano, svoltasi nel 2007 ad Aparecida ancora recente, dubito ne convochi un'altra, ma
non è impossibile.
Quali prospettive apre l'elezione di Papa Bergoglio per la teologia latinoamericana?
Bisognerà vedere se nominerà Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede una persona
che vorrà stimolare la riflessione teologica o, al contrario, apparire come "custode" della sana
dottrina. Questo permetterà di capire se si manterrà il clima di "censura" degli ultimi decenni o
prevarrà il rispetto per il pluralismo. Per ora, vista la grande importanza per la teologia
latinoamericana della "ecclesiologia del popolo di Dio", tacitata dagli ultimi Papi (soprattutto a
partire dal Sinodo straordinario del 1985 sul Vaticano II), risulta evidente che la categoria "popolo"
non è estranea a Francesco. Nella prima settimana del suo pontificato ha fatto più volte riferimento
alla "Chiesa, popolo santo di Dio". In questo senso - e senza dire che benedirà la teologia della
liberazione, cosa che non farà! - sembra che soffierà un'aria nuova. Allora noi che rispettiamo,
valorizziamo e amiamo la religiosità popolare ci troveremo a nostro agio.

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