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Scrivo in nome, per conto e nell’interesse dell’associazione archeosofica in persona del suo legale rappresentante
pro tempore ai sensi dell’art. 8 della legge n. 47 del 1948 per richiedere la rettifica dell’articolo apparso l’ 1.2.2019
sul quotidiano “Il Corriere di Taranto” ed online al seguente link https://www.corriereditaranto.it/2019/01/30/nella-
setta-inchiesta-sulla-archeosofia/.
Rilevo un intento strumentale e persecutorio del titolo e dell’articolo nei confronti dell’associazione che
rappresento. Con il titolo si ingenera inequivocabilmente nel lettore l’idea che il libro sia interamente dedicato
all’archeosofia, ovvero una “inchiesta” sull’associazione archeosofica.
Ciò non è vero: su 365 pagine il libro dedica una breve trattazione dell’associazione archeosofica di 12 pagine. E’
dunque evidente l’intento fuorviante. E perché ci chiederemo? Perché si ritiene che l’archeosofia sia uno scoop, una
scoperta effettuata dai giornalisti. Niente di tutto ciò però. L’associazione archeosofica è stata costituita con atto
pubblico notarile nel 1973 e da allora svolge pacificamente la propria attività. E’ inserita in varie trattazioni da parte
di autorevoli scrittori già dagli anni 1990 e nella “Storia d’Italia” della Einaudi – Annali 25 pagg. 677-678.
Nessuno dei suoi membri ad oggi ha mai ricevuto condanne da parte dell’autorità giudiziaria.
L’accostamento ad essa a pretesi abusi, pedinamenti, pedofilia è davvero grave ed infondato. Respingiamo ai
mittenti tali infanganti accuse. Se sussistono delle indagini sull’associazione, queste faranno il loro corso. Noi
confidiamo e rispettiamo la giustizia. Sarebbe bene, però, che le accuse provenissero dagli organi dello stato, così
come le sentenze, e non da privati (giornalisti) che dovrebbero osservare i propri doveri deontologici.
Il libro è stato recensito da un esperto di fama mondiale al seguente link https://cesnur.net/wp-
content/uploads/2019/01/tjoc_3_1_5_reviews.pdf
Per onestà intellettuale sarebbe un bene citare anche le recensioni negative e non solo quelle auto celebrative da
reclame. Giova ricordare ciò che ha osservato Michele Partipilo, Consigliere nazionale e già Presidente della
Commissione ricorsi del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti: “ogni volta che c’è un particolare omesso,
un concetto distorto, una notizia nascosta, si verifica un piccolo grande tradimento, si viene meno cioè a quel
tacito patto che i cittadini sono in qualche modo obbligati a stringere con i giornalisti, confidando nella loro
preparazione professionale. E’ ciò che comunemente si indica con il termine credibilità”.
Rientra nei doveri del giornalista evitare una propalazione di notizie potenzialmente lesiva dell’onore e del decoro
di chi non è stato ancora condannato dagli organi giurisdizionali. I soci dell’associazione, cittadini normali, padri e
madri di famiglia, stanno subendo una operazione di etichettatura mediatica che li lede nei confronti di terzi, dei
loro vicini, dei loro colleghi. A questo punto una domanda sorge spontanea attorno alla diffusione di tali notizie:
“cui prodest”? A chi giova?
Avv. Francesco Cresti

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