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Capitolo i

Introduzione
1.1 Il problema
È ben noto come l’utilizzo di processori digitali per il controllo dei più
svariati sistemi fisici si stia diffondendo in maniera massiccia. Le possi
bili applicazioni che possono essere citate in questo contesto sono innu
merevoli; basterà riferirsi ai numerosi servomeccanismi elettromeccanici
esistenti, ai controllori di rotta utilizzati in ambito aeronautico e marino,
alle raffinerie, ecc. Le ragioni di questa diffusione sono principalmente da
ricercarsi nella grande flessibilità dovuta alla programmabilità dei proces
sori digitali, e alle crescenti prestazioni offerte dai continui progressi della
tecnologia dei microprocessori.
Un tipico schema di un sistema di controllo digitale in retroazione è
riportato nella Fig.1.1. Nella stragrande maggioranza dei casi pratici, il
processo da controllare è un sistema a tempo continuo (che assumeremo
d’ora in avanti lineare), la cui uscita a tempo continuo y(t) è la variabile
da controllare. Si richiede che essa insegua un riferimento u(t) dato (può
ovviamente aversi u(t) = O, nel qual caso si parla di regotazione a zero), i
cui campioni u(hT) negli istanti di tempo t = hT, h = 0, 1,... appaiono
in ingresso del sistema di controllo. Si assilmerà ovunque in questo testo
che nel sistema esista un’unica frequenza di campionamento, con periodo
T costante.
Nello schema di fig.1.1, il compito di calcolare l’azione di control
lo viene affidato ad un calcolatore digitale, che per sua natura fornisce
la variabile di controllo m(hT) negli istanti di tempo discreti t = hT,
h = O, i Ne segue che il sistema di controllo nel suo complesso è
un sistema ibrido, in cui coesistono segnali a tempo continuo e a tempo 1.2 Le tecniche di progetto di controllori digitali
discreto. Le interfacce tra i due tipi di segnali sono rispettivamente il con
vertitore anatogico/digitate (A/D) e il suo inverso, ovvero il convertitore
Prima di passare allo studio più approfondito dei sistemi di controllo
digitate/anatogico (D/A).
digitali, può essere utile passare brevemente in rassegna le tecniche di
progetto che verranno studiate nel seguito. Poiché, com’è noto, la sintesi
si basa su una data descrizione analitica del sistema di controllo, è inte
ressante valutare le differenti rappresentazioni e le diverse categorie che
ne conseguono.
Naturalmente, a seconda della natura dei segnali in gioco si utiliz
zeranno descrizioni analitiche differenti. In particolare, possiamo avere
sistemi discreti, sistemi a dati campionati e sistemi digitali.
Nei sistemi discreti tutti i segnali variano soltanto ad istanti discreti,
fig.1.1 Schema generale a blocchi di un sistema a segnali campionati. e per essi la descrizione tramite le equazioni alle differenze è sufficiente
per catturare tutta la dinamica del sistema. Ne segue che tali sistemi
Il convertitore A/D agisce su una variabile fisica (tipicamente un se possono essere compiutamente descritti con la trasformata zeta, ovvero
gnale elettrico) e lo converte in una sequenza di numeri ad opportuni da una funzione di trasferimento discreta.
istanti di tempo. Quindi, oltre a generare un segnale a tempo discreto Nei sistemi a dati campionati, al contrario, coesistono variabili conti
a partire da uno a tempo continuo, esso effettua anche un’operazione di nue e discrete, e la rappresentazione tramite la trasformata zeta non è in
quantizzazione, nel senso che la memorizzazione dell’uscita del converti grado di descrivere completamente il sistema stesso. Possono infatti esi
tore A/D in un dispositivo logico con un numero finito di cifre implica stere delle oscillazioni tra i campioni (“ripple”) della variabile controllata
necessariamente un certo troncamento. Si ottiene pertanto un’accuratez come conseguenza della conversione D/A del segnale da dare in ingres
za che dipende dall’ampiezza dell’intervallo di quantizzazione , nel senso so al processo. Per studiare questi fenomeni, è conveniente utilizzare un
che si avrà accuratezza tanto migliore quanto più l’intervallo si riduce.
approccio a tempo continuo al sistema, ragion per cui è stato introdotto
Si noti che, poiché l’operazione di quantizzazione è nonlineare, nel testo un modello di tipo modulazione ad impulsi per descrivere l’operazione di
verrà assunto ovunque (salvo indicazione contraria) il caso = O, allo
campionamento. Analogamente, si è utilizzata la trasformata di Fourier
scopo di utilizzare i risultati validi per i sistemi lineari. per discutere il problema defl’aliasing ed il Teorema del Campionamento.
Al contrario, il problema principale indotto dall’uso del convertitore I sistemi digitali, infine, sono un caso particolare dei sistemi discreti,
D/A è l’inserimento di un ritardo temporale nel sistema di controllo. visto che viene definito un segnale digitale una variabile che sia discre
Come verrà meglio spiegato nel Capitolo 5, infatti, tale convertitore opera ta e quantizzata. Come accennato precedentemente, in questo testo si
mantenendo costante, per l’intero periodo T, il valore del segnale a tempo farà riferimento ad un’operazione di quantizzazione “ideale”, cioè con
discreto che trova in ingresso, e produce in uscita un segnale continuo a = O. D’altra parte, però, è stato considerato il problema di progettare
tratti. Si può mostrare che questa operazione introduce un ritardo pari un filtro digitale, visto come un particolare sistema a tempo discreto, in
a Tc/2: naturalmente tale ritardo comporta una certa degradazione di modo che l’elaboratore che ne realizza la funzione di trasferimento possa
prestazioni che deve essere resa più piccola possibile. sostituire un dato filtro a tempo continuo. In questo contesto, è sta
to introdotto l’approccio emulativo al progetto (Capitolo 9), consistente
nel determinare l’equivalente digitale di una funzione di trasferimento
continua.
Le tecniche di progetto descritte in questo volume sono in gran parte
r .,..
linea di Il motore è alimentato con una tensione costante, che è collegata al
basate sulla rappresentazione tramite trasformata zeta, e sono in
classifi l’avvolgimento di campo (statore) e produce per induzione una corrente
principio applicabili solo a sistemi discreti. Esse possono essere
cate come metodi di sintesi per tentativi (Capitolo 11) e metodi
diretti costante i. L’avvolgimento di armatura (rotore) è invece connesso ad una
a sorgente a tensione variabile e, che è la tensione di comando del circui
(Capitoli 12 e 13). Si noti tuttavia che nel progetto ripple-free si affront
ni, e per to. La forza controelettromotrice e6 prodotta dallo statore è direttamente
proprio il problema della presenza delle oscillazioni tra i campio
nati. Un che è la derivata della posizione
tanto questa tecnica si riferisce proprio ai sistemi a dati campio proporzionale alla velocità angolare ,
olo angolare t9: w = e’9, ed è legata alla tensione di comando ea secondo lo
discorso particolare va infine riservato ai regolatori industriali (Capit
atica schema di Fig.1.2. La velocità angolare, come nell’esempio precedente
10), i quali, com’è noto, prescindono da qualsiasi descrizione matem
carattere è legata al carico collegato all’albero (coppia resistente), al momento di
del processo e devono la loro enorme diffusione proprio al loro
esclusivamente empirico. inerzia dell’albero, all’attrito e alla coppia motrice, essendo quest’ultima
proporzionale alla corrente di armatura a•
La dinamica che descrive completamente il motore può essere ricavata
1.3 Un esempio
considerando simultaneamente sia le equazioni che descrivono la dinamica
del sistema meccanico costituente il motore stesso, sia le equazioni del
se
Nello studio dei sistemi a dati campionati, è intuitivo pensare che, circuito elettrico associato. L’equazione dinamica del sistema meccanico
si sceglie opportunamente il periodo di campionamento, il sistema finirà è regolata dalla seguente equazione differenziale:
sante
per comportarsi come il corrispondente sistema analogico. E interes
d20(t) d8(t)
verificare, utilizzando un semplice esempio, come si modifichino le presta +F=Cm(t)
zioni complessive del sistema di controllo quando si utilizzi un approccio dt
approssimato del tipo descritto. dove al solito si è indicato con J il momento d’inerzia del motore e con
F il suo coefficiente d’attrito.
1.3.1 Controllo di un motore elettrico Trascurando la dinamica introdotta dalla parte elettrica, si può assu
mere che la coppia motrice c,7, generata dal motore sia proporzionale alla
In molte applicazioni è necessario far sì che la velocità angolare di un al
tensione e associata alla dinamo, legata a sua volta alla velocità angolare
bero di trasmissione si mantenga costante, oppure vari con un andamento
w dalla seguente relazione di proporzionalità:
temporale fissato. L’albero è comandato da un motore elettrico a corrente
continua ed ad eccitazione indipendente, come descritto schematicamente e(t) k6w(t) = k6Ò(t)
in Fig.1.2.
Pertanto si ha:
R L Cm(t) — kmk6ÌJ(t)
+__IV\/’
4 e, dopo trasformazione secondo Laplace delle equazioni che descrivono il
sistema:
e(s) kmk6
statore P(s)=—= (1.1)
E(s) Js(s + 1)
Cm in cui è conveniente assumere, per semplicità kmk6/J = 1.
J,f ,
Fig.1.2 - Motore a corrente continua connesso ad un albero di trasmissione.
1.3.2 Un controllore nell’ipotesi di condizioni iniziali tute nulle. Il controllore digitale può es
r(t), sere ottenuto approssimando, nell’espressione precedente, la quantità ò(t)
Con riferimento ad un problema di asservimento di un riferimento con il corrispondente rapporto incrementale. In questo modo si ottiene:
una possibile legge di controllo per il processo (1.1) è la seguente:
v(h+1) = vh+TC[—av(h)+(a—b)y(h)] (1.3)
b)
M(s) = K [dR(s) 8Y(s)] = K [dR(s)
-
(i_ Y(s)] m(h) = K[dr(h)—y(h)+v(h)] (1.4)
-
(1.2)
y(t) = in cui si è indicato con T il periodo di campionamento, e con il pedice h
in cui si è indicato con Y(s) la trasformata di Laplace dell’uscita il valore della variabile calcolata in t = hT.
Con
(t) del sistema considerato, e con d un parametro del controllore.
siderando tale controllore inserito in un classico schema a retroazione
unitaria, la funzione di trasferimento a ciclo chiuso può essere facilmente
uscitay
determinato considerando che:
=
Y(s) E(s); E(s) = M(s)
s(s + 1)
Quindi, utilizzando l’espressione della legge di controllo, si ottiene:
s(s + 1)Y(s) = K [dR(s) -
(1_ + ) Y(s)]
Y(s) = KdR(s)
t[sJ
s+a
[s(s+ 1)(s+a)+K(s+b)]Y(s) = Kd(s+a)R(s) Fig.1.3 Prestazioni del controllore analogico (tratteggiato) e del
-
corrispondente controllore digitale (tratto continuo) nel caso = 0.2 s.
I parametri a, b, K della (1.2) possono essere determinati assegnando
il polinomio caratteristico a ciclo chiuso: Le prestazioni del controllore analogico (1.2) e del suo corrispondente
digitale (1.3), relativamente ad un riferimento a gradino unitario, sono
1)s2 +(a+K)s+Kb= O riportate in Fig.1.3 nel caso di T = 0.2 s. Si noti come sia presente
un certo deterioramento di prestazioni. Tale peggioramento può essere
mentre il coefficiente d deve essere posto pari ad a/b per garantire che il ulteriormente evidenziato incrementando il periodo di campionamento, o,
guadagno statico della funzione di trasferimento a ciclo chiuso sia pari ad al contrario, minimizzato facendo tendere T a zero. In generale, dunque,
1. Allo scopo di ottenere un controllore implementabile su un calcolatore, il sistema digitale presenterà, anche se in parte, prestazioni deteriorate
è conveniente scrivere la legge di controllo (1.2) come: rispetto al corrispondente analogico. Un approccio simile a quello ora
Y(s) + V(s)] descritto sarà discusso in dettaglio nel Capitolo 9.
ÌvI(s) = K 4R(s) —
avendo posto 1.3.3 Aliasing
= a bY() È molto importante notare come il campionamento in sé possa essere,
V(s) (t) = —av(t) + (a b)y(t)

s+a

per i sistemi a dati campionati, un’ulteriore fonte di deterioramento di
prestazioni, qualora non si osservino delle opportune precauzioni. Per
rendersene conto, si consideri l’esempio precedente nel caso di regolazione
T 2ir/0.451 15 s, in accordo con quanto si può facilmente verificare
a zero, e si assuma che l’uscita sia affetta da un rumore di misura n(t)
=
=
dalla Fig.1.5.
0.1 sin(31t). Le prestazioni ottenute con il controllore analogico (1.2) sono
mostrate in Fig.1.4 dove si è riportato l’uscita corrotta da tale rumore di
1.3.4 Aliasing: componenti armoniche a frequenze supe
misura.
riori
uscita
misurata 03
Se nell’esempio precedente abbiamo mostrato come il campionamento
possa indurre la creazione di componenti armoniche a frequenza infe
m rrrr
riore rispetto a quella del segnale considerato, è evidente dalla (1.5) che
0.0
Uw Rilil llBft ffl Rff
possono anche insorgere componenti a pulsazioni superiori.
J1 u-U LL nJJ 1
uscita
.0. — —

misurata
tisi
Fig.1.4 - Prestazioni del controllore analogico nel caso di rumore additivo in
uscita n(t) 0.lsin3lt. =
Nel caso in cui si utilizzi il controllore digitale (1.3), considerando
ancora un periodo di campionamento pari a T 0.2 s, si ottengono gli
=
andamenti dell’uscita e dell’uscita misurata riportati in Fig.1.5.
La differenza più evidente, tra le due situazioni, consiste nella compo
nente a bassa frequenza, sovrapposta al rumore in alta frequenza, presente
nell’uscita misurata del sistema con il controllore digitale ed assente nel
uscita
:______
caso del controllore analogico. Si direbbe, dunque, che it campionamento
sia in grado di produTre segnati con nuove frequenze. Questo fenomeno,
noto come atiasing, verrà trattato diffusamente nel Capitolo 5. Per i no
stri scopi attuali, basterà ora ricordare che il fatto che il campionamento
di un segnale sinusoidale di pulsazione con una pulsazione di campiona
mento w 2ir/T produce nuove componenti armoniche (dette appunto
=
atias di cD) in corrispondenza di pulsazioni Wa date da:
Wa=flWc± (1.5) 5 10 15 20 25 30
t[sJ
con n intero arbitrario. Fig.1.5 - Prestazioni del controllore digitale (1.3) nel caso di rumore additivo in
uscita n(t) 0.1 sin3lt con 0.2 s.
Nel nostro caso specifico, il segnale di rumore è una sinusoide di
= =
pulsazione 31 rad/s. Poiché essa è stata campionata con una pulsa
Per verificare questa possibilità, si consideri ancora l’esempio pre
zione w 2ir/0.2
= 31.415 rad/s, si avrà la creazione di una nuo
cedente nel caso di inseguimento di un riferimento sinusoidale pari a
va componente sinusoidale di pulsazione 0.415 rad/s, ovvero di periodo
r(t) sin(2ir4.9t), e con un periodo di campionamento pari a T
= 0.1 s. =
L’uscita misurata relativa al caso in oggetto, nel caso in cui si utilizzi approfondito tramite gli studi di (Shannon, 1949) e (Nyquist, 1928). Re
il controllore digitale (1.3), è riportata in Fig.1.6. In base alla (1.5), ci lativamente a questo periodo, i lavori di (Jury e Tsypkin, 1971) e di
aspettiamo una componente armonica di frequenza pari a 5.1 Hz (per (Jury, 1980), autori annoverabili tra i fondatori della teoria dei sistemi a
tanto a frequenza superiore di quella dell’ingresso sollecitante), che però dati campionati, forniscono un completo ed interessante quadro dell’evo
si manifesta nella simulazione come una sinusoide di periodo pari a 10 s, luzione storica. In particolare, i contributi più significativi a tale teoria so
ovvero di frequenza 0.1 Hz. no stati forniti in quel periodo da (Ragazzini e Zadeh, 1952) e (Jury, 1956)
Questa ulteriore manifestazione del fenomeno dell’aliasing, che, come negli Stati Uniti, dagli inglesi (Barker, 1952) e (Lawden, 1951), e dal
già detto, verrà discussa in dettaglio nel Capitolo 5, può essere riassuiìta sovietico (Tsypkin, 1949), (Tsypkin, 19450).
dicendo semplicemente che componenti in bassa frequenza si manifestano Da un punto di vista didattico, sono da segnalare un gran nume
quando il segnale campionato contiene componenti a pulsazioni superiori ro di testi (alcuni dei quali revisionati recentemente). Indichiamo di
alla cosiddetta pulsazione di Nyquist WN, pari alla metà della pulsazio seguito i principali: (Ackermann, 1996), (Kuo, 1980), (franklin ed al.,
ne di campionamento WN = w/2. In generale, per evitare le difficoltà 2002), (Franklin ed al., 1998), (Isermann, 1992), (Bonivento ed al., 1995),
associate all’insorgere dell’aliasing, è essenziale che tutte le componenti (Astrom e Wittenmark, 1997), (Ogata, 1995).
armoniche superiori alla pulsazione di Nyquist vengano rimosse prima del
caxnpionamento, nell’ipotesi che questa operazione non deteriori il segnale
di partenza in modo sostanziale. Il filtraggio discusso si effettua di soli
to tramite opportuni filtri anti-aliasing inseriti nel sistema di controllo.
E utile sottolineare come risulti di fondamentale importanza, in questo
contesto, la scelta del periodo di campionamento.
uscita
misurata
i
t[sJ
Fig.1.6 - Uscita misurata del controllore digitale (1.3) nel caso di riferimento
r(t) sin(2ir4.9t) con T = 0.1 s.
1.4 Riferimenti
L’utilizzo di calcolatori digitali all’interno dei sistemi di controllo inizia
intorno al 1950, periodo in cui il problema del campionamento venne
cj
Capitolo 2
Sistemi e segnali a tempo discreto
2.1 Introduzione
Come è noto, un sistema dinamico è un modello matematico che descri
ve l’interazione di un oggetto fisico con il mondo circostante, per mezzo
di due tipi di variabili: le variabiti di ingTesso o semplicemente ingressi
(causa) e le variabiti di uscita o semplicemente uscite (effetto). Le pri
me rappresentano le grandezze che attraverso la loro azione influenzano
il comportamento del sistema, mentre le seconde sono le grandezze che
descrivono il comportamento di quella parte di sistema che, per qualche
ragione, è di interesse. In altre parole, l’evoluzione delle uscite descrive il
modo in cui il sistema reagisce alle sollecitazioni imposte con gli ingressi.
Un generico sistema 3 è rappresentato nello nello schema a blocchi
seguente:
u
Fig.2.1 - Sistema $ dotato di uscita. y e soggetto all’ingresso zi.
in cui per semplicità sono rappresentate una sola variabile di ingresso (u)
e una sola variabile di uscita (y).
I sistemi a tempo discreto sono sistemi dinamici in cui gli ingressi e le
uscite sono definite in una sequenza di istanti di tempo fissati:
•••t_1<tO<tl<’..<th <...
numero intero
Ad ogni generico istante t si può far corrispondere un
il loro valore
li E Z, per cui si può pensare che le variabili assumano
in istanti discreti di tempo li = •, —1,0, 1 •: esse sono cioè segnati a
allo di tempo
tempo discreto, ovvero sequenze di numeri. Se poi l’interv
= costante Vh, i
fra un istante e il successivo è costante, cioè t11 —t,1_1 =
allora, detta w una qualunque variabile del sistema, si ha: n
Ui 234 h
w(h) W(th) w(hT)
na
I sistemi a tempo discreto si ottengono generalmente dal campio
questa
mento di segnali e sistemi a tempo continuo. Sebbene sia proprio Fig.2.2 -Sequenza delta di Kronecker.
i controllo,
la situazione di maggior interesse per lo studio dei sistem di
sistemi in La sequenza (h) , come ogni altro segnale, può essere traslata nel tempo:
esistono anche sistemi intrinsecamente a tempo discreto, cioè
discreto
cui le variabili di interesse sono per loro stessa natura a tempo dato k E Z, si ha:
(sistemi economici, ad esempio).
sistemi 1 per h=k
Una classe particolare di sistemi a tempo discreto è quella dei
tineari e stazionari a dimensione finita, descritti da equazioni atte
diffe Ì0 per hk
to
renze tineari e a coefficienti costanti. Il Capitolo 4 sarà perciò dedica La funzione S(h) è molto utile, perché, per mezzo di essa si può scrivere
a di un
alla soluzione di tali equazioni alle differenze, in corrispondenz una qualunque sequenza finita w(h). Si consideri ad esempio la sequenza
dato ingresso e con condizioni iniziali assegnate. w(h) riportata in Fig.2.3:
2.2 Segnali canonici a tempo discreto w(h)
Dal momento che in un sistema a tempo discreto le variabili (ingres
ed uscite) sono segnati a tempo discreto, è utile richiamare le definiz
dei segnali a tempo discreto più comunemente utilizzati nel sistemi
controllo.

si
ioni
di r 34 5 h
2.2.1 La sequenza delta di Kronecker
La sequenza delta di Kronecker ò(h) è così definita: Fig.2.3 -Sequenza w(h).
i per hrO Il segnale w(h) può essere così scritto:
(2.1)
1 O per h0
w(h) à(h) + 2c(h — 1) — (h — 2) + 26(h — 3)
I
2.2.2 Il gradino. di ampiezza unitaria 2.2.3 La sequenza geometrica
La sequenza a gradino unitario 61(h) è un segnale costante, di ampiezza La sequenza geometrica, o segnale esponenziale, è così definita:
pari ad uno per Il O, mentre è nullo per li. < O. Cioè:
ah per h 0
w(h) (2.3)
i per h>O O per h<O
(2.2)
/i<O
-
(h){ O per

in cui a E C. Ricordando le considerazioni finali del paragrafo precedente,
si può scrivere: w(h) a’_i(h). L’andamento della serie geometrica è
&1 (h) divergente per al > i, è convergente a zero per lal < i, ed è limitato ma
non tendente a zero per al = i. In Fig.2.5 e in Fig.2.6 sono riportati
i
rispettivamente gli andamenti di
() e di 2h•
Fig.2.4 - Gradino di ampiezza unitaria.
La funzione S_1(h) è utile quando, come avviene di solito, si conside i
rano segnali nulli per h < O. Per indicare infatti che una qualunque
sequenza w(h), è uguale a zero per h < O, basta considerare la sequenza:
w(h)ii(h).
Fig.2.6 Sequenza geometrica: a = 2.
ah -
2.2.4 La rampa unitaria
Il segnale a rampa unitaria è così definito:
f(h) &2(h) f h per h>O
(2.4)
=
O per h < O
cioè: L2(h) h L(h). La sua evoluzione è mostrata in fig.2.7.
oi h
= .
2.2.5 Il polinomio fattoriale di ordine k
Fig.2.5 - Sequenza geometrica: a = La sequenza h(k) con k e Z, k 0, così definita:
fj(O) 6_i(Ii)
h(k)
t h(h — 1) . (li — k + i) per h > k 1 — (2.5)
k>i
— lo per h<k—l
ad esempio: h’ =
è detta polinomio fattoriale di ordine k. Si ha, Nel seguito verrà spesso utilizzato anche come segnale campionato,
1)1(h 1) = (h2 h) 1(h 1).
h_1(h) = 6_2(h), h2 = ovvero come segnale a tempo discreto generato dal campionamento di un



h(k) segnale sinusoidale a tempo continuo (v. Fig.2.8):
riveste un’importanza fondamentale nello stu
La sequenza f(h) = -—
dio dei sistemi di contrl1o a tempo discreto, in quanto
svolge un ruolo
nei sistemi a tempo continuo.
1(h)
{ sin(whT) per
O per
h O
h<O
(2.7)
analogo a quello della funzione f(t) =
2.3 Riferimenti
Un’ampia trattazione dei sistemi e dei segnali a tempo discreto può es
sere trovata in (Cadzov, 1973), (Ruberti e Isidori, 1988), (Astrom e
Wittenmark, 1997).
123 h
Fig.2.7 - Rampa unitaria.
2.2.6 Il segnale sinusoidale
Il segnale:
f(h) —

{ sin(wh) per
O per
h O
h<O
(2.6)
è, come ben noto, il segnale sinusoidale a tempo discreto.
sin(aizT)
hT
—l )
Fig.2.8 - Segnale sinusoidale campionato.
• possibilità di riconoscere facilmente e direttamente caratteristiche e
proprietà del problema e delle soluzioni nel dominio immagine.
Dominio Problema — — — Soluzione
originale
Capitolo 3
Dominio Problema Soluzione
La trasformata zeta immagine immagine
immagine
Fig.3.1 - Metodo delle trasformate: schema di principio.
Introduzione La trasformata zeta consente di godere di entrambi i vantaggi, perché
3.1
nel dominio immagine la soluzione è ricavabile da semplici operazioni
algebriche. Inoltre, nel dominio della trasformata zeta, è facile identificare
le equazioni alle
Come già detto nell’introduzione del capitolo precedente, rapidamente le proprietà del sistema in considerazione.
nel Capitolo
differenze e il procedimento per risolverle saranno illustrati Nei paragrafi che seguono sono riportate la definizione e le proprietà
l’analisi e la sintesi
4. Si può già anticipare, però, che, per semplificare principali della trasformata zeta.
differenze, si può
di sistemi la cui dinamica è governata da equazioni alle
senso svolge
ricorrere al metodo della trasformata zeta, che in questo 3.2 La trasformata zeta
per le equazioni
un ruolo analogo a quello della trasformata di Laplace
trasformate,
differenziali. Come è ben noto, ogni metodo basato sulle
consiste nell’esecuzione dei seguenti passi: Sia dato un segnale a tempo discreto, cioè una sequenza di numeri {f(h)},
della identicamente nulla per istanti di tempo negativi, cioè tale che J(h) = O
• trasformazione del problema originale (ad esempio, calcolo per h = —1, —2, —3 La trasformata zeta di {f(h)} è definita nel
in cor
risposta di un sistema lineare e stazionario a tempo discreto modo seguente:
rispondenza di un certo ingresso) in un problema immagine definito
su un dominio diverso dal tempo; Z[f(h)] = F(z) = f(O) + f(1)z’ + f(2)z2 + f(3)z3 +...
• ricerca della soluzione del problema immagine nel dominio immagi = f(h)z (3.1)
ne;
• trasformazione della soluzione trovata nel dominio immagine nella in cui z è un numero complesso arbitrario: z E C. Dal momento che
corrispondente soluzione nel dominio di partenza. F(z) è una somma di numeri complessi, in generale è essa stessa un nu
mero complesso, cioè: f(z) E C. Attraverso la trasformazione (3.1),
procedi
La situazione è schematizzata in Fig.3.1. La scelta di un tale quindi, una sequenza di numeri è trasformata in una funzione di variabile
vista:
mento ha senso solo se risulta vantaggiosa dai seguenti punti di complessa. La sequenza {f(h)} è detta sequenza generatrice della tra
sformata zeta F(z). Di seguito, per semplicità di notazione, la sequenza
• semplicità di calcolo della soluzione immagine e del passaggio da
essa alla soluzione del problema originale; { f(h)} sarà indicata semplicemente con f(h), mentre la trasformata zeta
di f(h) sarà indicata equivalentemente con Z[f(h)] o con F(z).
L’insieme dei valori di z E C, per i quali l’ampiezza del corrisponden Teorema 3.1 (Criterio del rapporto) Se:
di
te valore di F(z), dato dalla (3.1), ha ampiezza finita, è detto regione
convergenza di F(z). Viceversa, l’insieme dei valori di z E C, per i quali hm —=L
Iioo
l’ampiezza del corrispondente valore di F(z) dato dalla (3.1) ha ampiezza
Zh
infinita, è detto regione di divergenza di F(z). Per valutare la regione allora la serie (3.2) è assointamente convergente se L < 1, mentre è
pro
di convergenza della trasformata zeta è necessario richiamare alcune divergente se L > 1.
prietà delle serie numeriche di numeri complessi, e delle serie di funzioni
di variabile complessa, in particolare delle serie di potenze. Teorema 3.2 (Criterio detta radice) Se:
lim /f=L
3.3 Serie numeriche di numeri complessi h—*oo
allora ta serie (3.2) è assotutamente convergente se L < 1, mentre è
Si indichi con divergente se L > 1.
zO+Z1+z2+’Zh
(3.2)
h=O
Sia nel caso del Teorema 3.1 che in quello del Teorema 3.2, nulla si
può concludere sulla convergenza se L = 1.
una serie di numeri complessi, e con:
k 3.4 Serie di funzioni di variabile complessa: serie di po
= tenze
la somma parziale di tale serie. Si dice che la serie (3.2) converge alla Una serie di funzioni della forma:
somma 5 E C se la somma parziale 5k converge a 5 E C, cioè se:
(3.3) ch(z_zo)h=co+cl(z_zo)+c2(z_zo)2+... (3.4)
lim $k = 5
k—*oo
In caso contrario si dice che la serie (3.2) diverge. in cui z E C è un numero complesso fissato, e c1, li = 0, 1,.’., sono
Si indichi con z,j il modulo del numero complesso zh. La serie (3.2) numeri complessi, è detta serie di potenze positive. La serie:
è detta assolutamente convergente se la serie:
ci(z_zo)_h=co+ci(z_zo)_1+c2(z_zo)_2+... (3.5)
IzhI
h=O
in cui z0 E C è un numero complesso fissato, e eh, h = 0, 1,.’., sono
converge. Si può dimostrare che una serie assolutamente convergente numeri complessi, è detta invece serie di potenze negative.
converge anche nel senso della (3.3). Di seguito si riportano due teoremi La regione del piano complesso nella quale la serie (3.4) converge è
molto importanti sulla convergenza delle serie di numeri complessi, senza detta regione di convergenza. Vale il seguente teorema (v. Fig.3.2):
le relative dimostrazioni: i lettori interessati ad esse possono trovarle, ad Teorema 3.3 Ogni serie di potenze come la (3.4) converge assolutamen
esempio, in (Svesnikov e Tichonov, 1984). te all’interno di un cerchio di raggio R+ centrato in z0, cioè converge as
solutamente V z E C : Iz z0 <
— e diverge all’esterno di tale cerchio,
r
cioè diverge V z e C : zol > R+. Il valore di R+ p essere zero, o

in cui a E C. Confrontando la (3.4) e la (3.11), si deduce che: eh =
un numero positivo, o cc. Se R+ = O, ta serie converge solo in z = z0; a, z0 = 0. Utilizzando la (3.6), si può calcolare quindi il raggio di
se = cc, la serie converge V z E C.
convergenza della secie (3.11):
Il raggio di convergenza R è dato da:
a1’ 1
(3.6) R= lim 1__1=_
R= lim h—.oo a+l la!
Ch+1
o, equivatentemente, da: L’espressione precedente implica che la serie (3.11) converge Vz E C
i 1
jzi<—,edivergeVzeC: Izl>—.
.
1
R= Iim (3.7) laI .
fi—ao
Dimostrazione. Si fissi un valore arbitrario di z, z z1, e si consideri la serie regione di
numerica: divergenza
Zch(z1
— 2)h
= e0 + c;(z1 — z0) + c2(z; — z0)2 + . .. (3.8)
regione di
Convergenza
Applicando il criterio del rapporto del Teorema (3.1), si può concludere che la
la serie (3.8) converge se è verificata la seguente condizione:
Ch+1(Z1 zo)’’
hm
zh+;
=
.
lim

hm
h—ao cfi
lzi — zol < i
h—.oo zh fi—ao Ch(Z; zo)
cioè se:
I c, I
lzi zol < lim I—I = (3.9)
I I

Fig.3.2 - Regione di convergenza di una serie di potenze positive.
Viceversa, se:
Zh±1 Per quanto riguarda la serie di potenze negative (3.5), le sue proprietà
lim
h—.oo Z

.
hm
h—.oo Cfi
Iz; — zol > 1
di convergenza sono inverse rispetto a quelle della serie di potenze positive
cioè se: (3.4), come espresso nel teorema seguente (v. Fig.3.3):
Izi — zof > lim I Cfi
= (3.10)
Ch+1 Teorema 3.4 Ogni serie di potenze come la (3.5,) converge assolutamen
allora la serie (3.8) diverge. Le disuguaglianze (3.9), (3.10) sono state ricavate te all esterno di un cerchio di raggio R centrato in z0, cioè converge as
per un valore qualsiasi di z1 E C, e quindi dimostrano che la serie di potenze solutamente V z E C : z zot > R, e diverge all’interno ditale cerchio,

(3.4) converge Vz C : lz zol < R, e diverge Vz E C : z
— zol > R. —
cioè diverge V z E C : z zoj < R. Il valore di R può essere zero, o

La dimostrazione dell’espressione (3.7) è del tutto analoga: basta considerare il un numero posztivo, o cc. Se R = 0, la serie converge V z E C : z
Teorema 3.2 in luogo del Teorema 3.1.
se = cc la serie diverge V z E C.
Il raggio di convergenza R è dato da:
Come esempio, si consideri la serie di potenze:
lim L±.i. (3.12)
Zahtzh (3.11) hoo c,
________
o, equivatentemente, da: Come esempio, si consideri la serie di potenze:
= lim (3.13)
h—oo
ahz = (3.17)
h=O
Dimostrazione. Si fissi un valore arbitrario di z, z = Zi, e si consideri la seria
numerica: in cui a E C. Confrontando la (3.5) e la (3.17), si deduce che: Ch =
a’, z0 = O. Utilizzando la (3.12), si può calcolare quindi il raggio di
+ ci(zi + c2(zi + .14)
C convergenza della serie (3.17):
— —
ZCh(Z1 —
h=O
ah
Applicando il criterio del rapporto del Teorema 3.1, si può concludere che la la R= lim — =a (3.18)
serie (3.14) converge se è verificata la seguente condizione: h—oo
Zf1 .
hm
Ch+1iZ1
(

—(h+1)
ZO) .
hm
C/
< i L’espressione (3.18) implica che la serie (3.17) converge Vz E C : Izi > lal,
lim — = =
h—.oo
h— Z,, h—.oo Ch(Z1 — zo)”. C — Z9 e diverge Vz E C: zi < a.
cioè se:
I C,,y I 3.5 Regione di convergenza della trasformata zeta
Izi—zol> h_ool
lim I—I=R
Cj
(3.15)
Viceversa, se:
Confrontando le definizioni (3.1) e (3.5), si deduce facilmente che la tra
zyzo< lim —i=R (3 16)
h=ool Ch sformata zeta è una particolare serie di potenze negative, con z0 = O e
allora la serie (3.14) diverge. Le disuguaglianze (3.15), (3.16) sono state ricavate Ch = f(h). Per questo motivo, la sua regione di convergenza, cioè l’insie
per un valore qualsiasi di z1 e C, e quindi dimostrano che la serie di potenze me dei valori di z E C per i quali F(z) ha ampiezza finita, è specificata
(3.5) converge Vz E C : Iz zol > R, e diverge Vz E C :

zol < R. — dalla seguente disuguaglianza (cfr. Teorema 3.4, Fig.3.3 e Fig.3.4):
La dimostrazione dell’espressione (3.13) è del tutto analoga: basta considerare
il Teorema 3.2 in luogo del Teorema 3.1. IzI>R
o
in cui R può assumere i seguenti valori:
• . .
. regidi ::..... 1. R = O: la trasformata zeta f(z) converge ovunque, tranne che in
con’etgerza
O;
z =
2. 0 < R < cxj (R è finito, e diverso da zero): la trasformata zeta F(z)
regione di •.
converge all’esterno di un cerchio di raggio R centrato nell’origine
divergenza del piano z;
1o •

3. R = cx: la trasformata zeta F(z) diverge ovunque.
Fig.3.3 - Regione di convergenza di una serie di potenze negative.
Infatti:
• •:..
•:
f4
f(z) = Z[f(h)] = [aifi(h) + a2f2(h)] z =
regione di
evargenza h=O
a1 [f1(h)J z’ + a2 [J2(h)] Z =
regione di
divergenza
= aiZ[Ji(h)] + a2Z[f2(h)j = a1Fi(z) + a2F2(z)
) Indicando con R1 e R2 i raggi di convergenza rispettivamente di Fi(z)
e di F2(z), il raggio di convergenza R di F(z) è ovviamente dato da:
R =max{Ri, R2}.
Fig.3.4 — Regioii di ouvergenza dlit i.1t ii1iII t( i 3.6.2 Trasformata zeta di una sequenza ritardata (scor
rimento a destra)
Si noti che, in generale, nulla si può dire per i punti del piano z che appar
tengono alla circonferenza di raggio I?, cioè per i punti z tali che zI = R. Data una sequenza f(h), identicamente nulla per /1. < O, si considerino un
Su tale circonferenza, infatti, la funzione F(z) può essere limitata, o intero m> O e la sequenza y(h) definita da:
illimitata, e la convergenza deve essere studiata caso per caso.
y(h)=f(h—m)
Nella regione di convergenza la funzione F(z) può spesso essere cal
colata in forma chiusa, come illustrato negli esempi del paragrafo 3.7.
La sequenza y(h) è cioè uguale a f(h) ritardata di m istanti, come
descritto, a titolo d’esempio, in Fig.3.5, in cui rn = 2:
3.6 Proprietà della trasformata zeta.
f(h) y(h)
3.6.1 Lineari Ui
La trasformata zeta della combinazione lineare di due sequenze è uguale
alla combinazione lineare delle trasformate zeta delle sequenze. Cioè, se: 2 34 h
f(h) = aji(h) + a2f2(h)
Fig.3.5 Esempio di segnale ritardato, con ritardo m = 2.
allora: -
Si può dimostrare che:
Z[f(h)] = F(z) = Z[aifi(h) + a2f2(h)] Y(z) = zf(z)
= aiZ[fi(h)]+a2Z[f2(h)] Infatti:
= aiFi(z)+a2F2(z)
Y(z) = y(h)z = f(k — m)z = f(—m) + f(1 — m)z’ + . +
+f(_1)z_m+l + f(O)zm + f(1)z_m_l + f(2)z_m_2 +
(3.19)
Ricordando che la sequenza f(h) è identicamente nulla per [i <0, si ha: Infatti, dalla definizione di trasformata zeta deriva:
Y(z) = f(0)zm + f(1)z_m_l + f(2)z_m_2 + 3 20
= zm
[f(o) + f(1)z’ + f(2)z2 +]

Y(z) = [9(i)u(h - i)] z = [9(i)u(h - i)z]
h=O i=O i=O h=O
L’espressione fra parentesi quadre è proprio la trasformata zeta di f(h), quindi:
Y(z) zmF(z) per zI > R = 0g(i) [u(h - i)z]
in cui R è il raggio di convergenza di F(z), la trasformata zeta di f(h). Si può
Si ponga t h — i, cioè: h = i + i. L’espressione precedente diviene:
perciò scrivere, in generale:
Z[f(h — m)] = zmf(z) per zI > R Vm 0 (3.21) Y(z) = g(i) [u(oz_’)] = fg(i) [u(t)z_tz]
Si noti che la (3.21) è stata ricavata assumendo che: f(h) = O Vh < 0.
Se tale ipotesi non è verificata, dalle espressioni (3.19) e (3.20) si ottiene: =
m-1
Z[f(h - m)] = zmF(z) + f(i - m)z (3.22) Dal momento che u(t) = O Vt < 0, l’uguaglianza precedente può essere scritta
come segue:
Y(z) = g(i)zu(t)z_t = G(z)U(z)
3.6.3 Trasformata zeta della somma di convoluzione di
due sequenze
Si considerino due sequenze u(h) e g(h) tali che: u(h) = 0, g(h) = O 3.6.4 Trasformata zeta di una sequenza anticipata (scor
Vh < 0. La somma di convoluzione y(h) delle due sequenze u(h) e g(h) è
rimento a sinistra)
definita nel modo seguente: Data una sequen’za f(h), si considerino un intero m > O e la sequenza
li y(h) definita da:
y(h) = g(i)u(h — i) = g(i)u(h i)
h<O

O per
i=O i=D (h)’ h=0,1,2,...
J(h+m) per
L’ultima eguaglianza nell’espressione precedente discende dal fatto che le
sequenze u(h) e g(h) sono identicamente nulle per li <0. Si può verificare La sequenza y(h) è cioè uguale a f(h) anticipata di m istanti, come
facilmente che: rappresentato in fig.3.6.
f(h y(h)
y(h) = Zg(i)n(h - i) = Zg(h - i)u(i)
i=O i=O
Si può dimostrare che:
3? !
Fig.3.6 - Esempio di segnale anticipato, con anticipo m = 1,
Si può dimostrare che: Per verificare la validità dell’uguaglianza (3.24), basta considerare la definizione
di trasformata zeta:
+ + f(2) +
F(z) = f(O) + J(1)z1 + J(2)z2 + f(2)z2 +... f(O)
Considerando il limite per —* cc di entrambi i membri dell’uguaglianza
Infatti: precedente, si ottiene il risultato cercato.
Y(z) = f(h+m)z = f(m)+f(m+1)z’+f(m+2)z2+ 3.6.6 Teorema del valore finale
Può essere utile determinare il comportamento della sequenza f(h) per
Moltiplicando entrambi i membri dell’uguaglianza precedente per Z_m, si ottiene: li —* cc direttamente dalla funzione F(z). Come si vedrà in seguito, se
1)z_m_l 2)z_m_2 F(z) ha almeno un polo all’esterno della circonferenza di raggio unitario
zmY(z) = zmf(m) + f(m + + f(m + +
centrata nell’origine del piano z, J(h) tende all’infinito per h —* cc. Ciò è
m-1 vero anche se F(z) ha almeno un polo di modulo unitario con molteplicità
Si sommi adesso ad entrambi i membri la quantità Zf(k)z’. Si ha: maggiore di uno, cioè un polo sulla suddetta circonferenza di molteplicità
superiore ad uno.
m-1 m-1 In tutti gli altri casi, vale la seguente proprietà:
f(k)Z_h+Z_my(Z) Zf(h)z_h+z_mf(m)+f(m+1)z_ml+f(m+2)zm
lim f(h) = lim(z — 1)F(z) (3.25)
h—*oo z—1
L’espressione precedente può essere riscritta come:
m-1
+ zmY(z) Infatti, si consideri la trasformata zeta della sequenza f(h + 1)
f(h)z F(z)

= =
Z [f(h +1) - f(h)] [f(h +1) - f(h)] z
da cui, moltiplicando entrambi i membri per zm, discende:
h=O
im-i
f(h)zm_h Utilizzando la proprietà (3.23) (trasformata zeta di un segnale anticipato), l’e
Y(z) = zmF(z) —
per Izi > R
spressione precedente diviene:
in cui R è il raggio di convergenza di F(z), la trasformata zeta di J(h).
zF(z)-zf(O)-F(z) = [f(h +1) - f(h)] zh = lim [f(h +1) - f(h)] zh
N—oo
h=O
3.6.5 Teorema del valore iniziale
cioè:
Il valore iniziale f(O) di una sequenza f(h) può essere determinato di
rettamente dalla sua trasformata zeta F(z). Si può infatti dimostrare (z - 1)F(z) - zf(O) = lim [f(h +1) - f(h)z]
che: N-.oc
h=O
(z - 1)F(z) - zJ(O) - f(O) + {f(2) -
f(1)] z +
f(O) = lim F(z) (3.24) + [f(N +1) - f(N)] z}
zHoo
I
Il secondo membro dell’uguaglianza precedente vale, per z
—* 1: 3.7 Trasformata zeta delle funzioni più comuni.
f(1)] + [f(3) f(2)] z2 + +
f(O) + [f(2)
. .
Hm {f(1) -
- -
N-
+1) - f(N) z’} = lim {f(1) - f(O) + f(2) - 1(1) + f(3) -
3.7.1 Trasformata zeta della funzione delta di Kronecker
+f(N +1) f(N)} = Iim J(N) - f(O)
Applicando direttamente la definizione (3.1) alla funzione (2.1), si ottiene:
-
N—+oo
Dalle due precedenti relazioni, si ottiene perciò:
lim(z 1)F(z) f(O) lim f(N) f(O)
Y(O) + S(1)z’ + (2)z2 +

z—1
— —
Z[Y(h)1 = c5(3)z3 +... = i
cioè:
lim(z — 1)F(z) = lim f(N)
z—*1
Il raggio di convergenza in questo caso è R = O, e la trasformata zeta
che coincide con la (3.25). converge Vz C.
3.6.7 Teorema della derivazione della trasformata zeta 3.7.2 Trasformata zeta della sequenza geometrica
funzione
Poiché la trasformata zeta è una serie di potenze, essa è una Applicando direttamente la definizione (3.1) alla funzione (2.3), si ottiene:
analitica nella sua regione di convergenza, e quindi può essere differenziata
dallo
un numero arbitrario di volte. La serie che ne risulta è caratterizzata
definizione
stesso raggio di convergenza. Derivando entrambi i membri della Z[f(h)] = J(h)z = (3.27)
(3.1), si ha:
dF(z)
= —hf(h)z’ per jz > R Il raggio di convergenza di questa serie è pari a I? = al, come risulta dalla (3.18).
Si calcoli ora la somma della serie (3.27). Si consideri la somma parziale F(z),
—z
avendo indicato con R il raggio di convergenza di F(z). Moltiplicando per costituita dai primi n termini:
l’uguaglianza precedente, si ottiene:
:
h=O
hf(h)z = —z
dF(z)
dz
F(z) (az)h = i ÷ az + (azl)2 + ... + (az_1)’
Come è noto dalle proprietà di fattorizzazione dei polinomi, il secondo membro
cioè:
_dF(z) per IzI > R dell’espressione precedente può essere scritto come segue:
Z[hJ(h)1
_fl
La precedente è una formula molto utile, come si vedrà in seguito. Essa può F(z) i + az1 + (az’)2 + .. .+ az
/ —1
)
n—1 = ; —
( az
i — (az’)
essere generalizzata nel modo seguente:
t Si ha dunque:
t d
Z hkf(h) = (-z—) F(z) per > R (3
\ dz) 1 — = i
f(z) = lim F(z) = lim se < i
n— i — (az’) i — (az1)
k
in cui l’espressione (_z) [F(z)] appresenta la ripetizione, effettuatal
z
F(z) = se zj > a (3.28)
k volte, della derivazione di F(z) e della successiva moltiplicazione z—a
risultato per —z. Ciò sarà chiarito con alcuni esempi nel paragrafo 3.7.
F(z)
L’espressione scritta sopra conferma che il raggio di convergenza di Ragionando in modo analogo a quanto fatto per la trasformata zeta della se
= a converge per Izi > a, quenza geometrica f(h) = a, si ottiene:
è R = al, cioè che la trasformata zeta di f(h)
e diverge per zI < a, come si era già visto precedentemente con la (3.18). = 1 — Z
F(z) i + zl + z2 + +
z
1 —
3.7.3 Trasformata zeta di aFif(h).
Si ha dunque:
così
Data una sequenza f(h), si considerino a E C e la sequenza g(h)
i — (z’)’ i
definita:
g(h) = ahf(h)
F(z) = lim F(z) = lim
1 z’ = i — z’ se z’ < 1
cioè:
Si può dimostrare che:
I z
0(z) = F(a’z) perlzl> IaR (3.29) I F(z) = per Izi > 1 (3.30)
in cui R è il raggio di convergenza di F(z). Il raggio di convergenza di f(z) è perciò R = 1, cioè la trasformata zeta
Infatti: di f(h) = 6_1(h) converge per zI > 1, e diverge per zj < 1.
0(z) = Z [ahf(h)] = a5f(h)z = Zf(h) [a’z] Trasformata zeta di hk
3.7.5
a. Si ottiene: La trasformata zeta di hk è data da:
Si ponga a1z , cioè z =
L
d\kr 7
z[hk]_t
0(z) f(h) [a1z] = f(h)-h F() perI > R t —z— ì I per JzI > 1 (3.31)
dz] Cz—i]
in cui R è il raggio di convergenza di F(f.). L’espressione precedente può essere
riscritta nel modo seguente: Infatti, si può applicare direttamente la regola di derivazione (3.26), in cui:
f(h) = 6_1(h) —* F(z) 1? = 1.
G(z) F(a’z) per 1a’zI > R per Izi > laiR —--j,
Di seguito si considereranno alcuni esempi di applicazione della for
mula (3.31).
3.7.4 Trasformata zeta del gradino unitario Esempio 3.1 Trasformata zeta della rampa unitaria
Si può dimostrare che:
Applicando direttamente la definizione (3.1) alla funzione (2.2), si ottiene:
f(z) = Z(Mi(h)1 per zI> 1 (3.32)
=
F(z) Z6_j(h)z = 1 + z + z2 +
Infatti, applicando ta formuta (3.31), con k = 1, alla funzione (2.4), si
la cui somma parziale F(z), costituita dai primi n termini, è: ha
/ dNt z i tdt z -1 z
F(z) -z _z(
F(z) = = i +z’ +z2 + =
[z -i]
=
[ z -i)] = - 1)2 = (z - 1)2
Esempio 3.2 Trasformata zeta della parabola si può scrivere:
Si considerz la sequenza:
i k h(k)
i + 1)Z
h0 (h k)] .
(k []
-
f(h) _3(h) h2_1(h) = + 1)!] = (k +1) (k +1)
=
o per h < O
Utilizzando la proprietà (3.26), con k = i e con F(z) _i)k+1
(visto che si
Si può dimostrare che:
assume vera la (3.33)), l’espressione precedente diviene:
z(z + 1)
f(z) =
(z—i)
per IzI>i h(k+l) —z ci f z k z
(k + 1)! = (k + i) {t —
i)k+1] (k + i) (z — i)k+1
Infatti, applicando la formula (3.31), con k = 2, si ha:
cioè:
d2t z / d\{( d\C z(kz + 1) k z z
I
[

F(z) =
(
-z—
dzJ [z i - ] = -z—
dz j
_z)
i (k+1)! = (k+i)(z_1)k+2 — (k+1) (z_1)kfl — (z_i)k+2
} 1)2 che corrisponde alla formula (3.33), con k + i al posto di k, come volevasi
=
/
j-z—
ci z
= —z
(z —
— 2(z — 1)z
dimostrare.
\ dz (z—1)2 (z—i)4
Un’altra interessante proprietà del polinomio fattoriale riguarda la
(k)

— —(z+i)
Z(1)3
— z(z+1) sequenza f(h) = a — , in cui a C. Si può dimostrare che:
— (z—i)3
rh(k) i
3.7.6 Trasformata zeta del polinomio fattoriale di ordine
z .
a] = F(z)
= a)’
pe Izi > aI (3.34)
k.
Si può dimostrare che:
Sfruttando infatti le proprietà (3.29) e (3.33), e la linearità della trasformata
zeta, si può scrivere:
ri.(k) 1 ri..(k) i —i
Za
t k! ] ak
t k! ] ak (za_li)k+l
z
i
zI

La formula (3.33) è vera sia per k 0, cioè per la funzione a gradino uni — per > al
k+1
tario, come si può verificare con la formula (3.30), sia per k = i, cioè per la (—i)
funzione a rampa, come si può verificare con la formula (3.32), e quindi può
essere dimostrata per induzione. Cioè, essa è vera per k = i: se, assumendo che cioè:
sia vera per un generico k, si riesce a dimostrare che è vera anche per k + 1, z
allora è vera per ogni k. [/ (k) i
zi> al

Z ahk] per
Dal momento che: • (z a)k+l = (z _a)k+l
h(h_l)...(h_k+1)(h_k)h(k)(h_k) ak+l
(k+i)! = (k+i)! — k!(k+i)
54
55
r
3.7.7 Trasformata zeta del segnale sinusoidale calcolare la soluzione nel dominio del tempo. Tale procedimento va sotto
il nome di antitrasformata zeta.
Applicando direttamente la definizione (3.1) alla funzione (2.7), si ottiene:
Per la formula generale dell’antitrasformata zeta, si rimanda, ad esem
pio, al testo (Svesnikov e Tichonov, 1984). Di seguito verrà invece illustra
F(z) = [sin(whT)] z to il procedimento per il calcolo dell’antitrasformata zeta di una funzione
razionale, propria o strettamente propria, che è per noi il caso di maggiore
Se si utilizzano le formule di Eulero, tale espressione diviene: interesse: in un primo momento si illustrerà un metodo per calcolare l’an
titrasformata solo in alcuni istanti di tempo, a partire da quello iniziale,
jhwT, -e jhwTe
F(Z)=Z(e )-a poi sarà descritto il metodo dei fratti semplici, che consente di calcolare
l’antitrasformata in forma chiusa, cioè per qualunque istante di tempo.
cioè:
(eTe) z]
3.8.1 Calcolo dell’antitrasformata zeta di una funzione
F(z) [(eiT) z_h
razionale: metodo delle divisioni successive.

5=0
Si tratta della trasformata zeta della somma di due sequenze geometriche, la Come già detto alla fine del paragrafo precedente, questo metodo consente
prima con a = e3wT, la seconda a = Applicando la formula (3.28) e la di calcolare f(h), a partire dalla conoscenza di F(z), solo in un certo
proprietà di linearità della trasformata zeta, si ottiene: numero di istanti, iniziando dall’istante iniziale h = O.
E data la trasformata zeta F(z) di una certa funzione f(h), di cui
f F(z) =

— z —
Il raggio di convergenza di F(z) è R = 1, perché:

ejwT)
=

per z>
e_Tj

1 (3.35) si vuole conoscere il valore, almeno in certi istanti, partendo proprio da


F(z). Sia F(z) una funzione razionale:
F(z)=
N(z)
D(z)
Sfruttando ben note proprietà trigonometriche, dopo semplici passaggi la (3.35)
in cui il grado del denominatore D(z) è maggiore od uguale a quello del
diviene:
numeratore N(z), cioè la funzione F(z) è strettamente propria o propria.
Ricordando che:
(3.37)
h=O
= N(z)
se si scrive la funzione F(z) come:
D(z)
3.8 Calcolo dell’antitrasformata zeta. N(z) a1 a2 a3
(3.38)
=ao+—+-+-+
D(z) z z z
Come si è detto all’inizio di questo capitolo, uno dei vantaggi dell’utilizzo si ha:
f(O) =
della trasformata zeta è il fatto che in questo dominio di rappresentazione a1;
f(1) =
diventa molto semplice la soluzione delle equazioni alle differenze lineari
f(2) = a2;
e a coefficienti costanti. Una volta trovata questa soluzione nel dominio a3;
1(3) =
della variabile zeta, è necessario ritornare nel dominio di partenza, cioè
k
Per ottenere l’espressione (3.38), basta effettuare una serie di divisioni in cui an_i è e R(z) sono rispettivamente il quoziente e il resto
della
successive tra i polinomi N(z) e D(z). Supponiamo che la funzione f(z)
divisione fra R_i(z) e D(z), avendo posto Ro(z) = N(z). Confrontando
sia propria, cioè che il grado di N(z) sia pari a quello di D(z). Il risultato
le espressioni (3.42) e (3.37), si può scrivere:
della prima divisione può quindi essere scritto come segue:
f(0) = a0;
N(z) — Ri(z)
ao+ (3.39) f(1) = al;
D(z) Do f(2) = a2;
in cui ao e R1 (z) sono rispettivamente il quoziente e il resto della divisione. f(3) = a3;
Indicando con OD il grado di D(z), e con OR1 il grado di Ritz), si ha in
generale: OR1 OD 1. Supponendo che OR1 = OD 1, ed effettuando


f(n—1) =
la divisione, tra i polinomi Ritz) e D(z), si ottiene:
ottenendo così il valore della funzione f(h) negli istanti di tempo h =
Ry(z) i R(z) 0...n—1.
=alz + (3.40)
D(z) D(z) Si noti che, se F(z) è strettamente propria, cioè se OD > ON, si
ha sicuramente f(0) = a0 = 0, come confermato anche dal teorema del
in cui a1z1 e R2(z) sono rispettivamente il quoziente e il resto della
valore iniziale (3.24): infatti, se la funzione F(z) è strettamente propria,
divisione. Si ha in generale: OR2 OR1 1 = OD 2. Si noti che
risulta: f(0) = lim F(z) = 0. In generale, se la differenza tra il grado
— —
R2(z), così come i resti delle divisioni successive, contiene anche potenze IzHoo
negative di z. Utilizzando la formula (3.40), l’espressione (3.39) diviene: del numeratore N(z) e quello del denominatore D(z) è pari ad i > 0,
= f(t—1) = 0, f(t) 0.
ovvero se OD = t+ON, si ha: f(0) = f(1) =
N(z) i
=ao+aiz +
R(z)
(3.41) Il procedimento appena descritto sarà ora illustrato con alcuni esempi.
D(z) D(z)
Esempio 3.3 Si consideri un segnate f(h) che ha trasformata zeta pari
Supponendo che OR2 = OR1 1 — = OD —2, ed effettuando la divisione tra
i polinomi R2(z) e D(z), si ha: a: F(z) = e si calcolino i valori di f(0), f(1), f(2),
= z2+2z+
R3(z) f(3).
R2(z) —2
=a2z +
D(z) D(z)
La funzione F(z) è propria, non strettamente, cioè ON = OD. Sarà quindi
sicuramente: f(0) 0. Si effettui la divisione fra N(z) e D(z):
in cui a2z2 e R3(z) sono rispettivamente il quoziente e il resto della
divisione. Si ha in generale: OR3 <OR2 i = OD 3. Di conseguenza,
— —
z +1 z2 +2z +1
l’espressione (3.39) risulta essere: —z2 —2z —1 1
N(z) R3(z) O —2z O
=ao+a1z —i a2z —2 +
D(z) D(z) cioè:
N(z) —2z
Questo procedimento può essere iterato per un generico numero di volte F(z)= =1+ 2
D(z) z +2z+1
n, ottenendo:
N(z) R(z) vale a dire, se si utilizza la (3.39):
=/az + (3.42)
D(z) D(z) a0 = 1; Ritz) = —2z
i
Si effettui ora la divisione fra Ritz) e D(z): Finora sono stati riportati uno alla volta, per maggiore chiarezza,
In
singoli passaggi (divisioni e resti) che portano all’espressione (3.44).
—2z +2
realtà, come è noto, si può compattare tutto in un’unica divisione:
+4 +2z’
0 4 +2z’ z +1 z2+2z+1
—z2 —2z —1 1 — 2z’ + 4z2 6z +

cioè: —2z O
Ri(z) 4 + 2z O
= —2z’ + 2z +4 +2z’
D(z) z2 + 2z + i
0 4 +2z’
vale a dire, se si utilizza la (3.40): —4 —8z’ —4z2
O —6z’ —4z2
a = —2; R2(z) 4 + 2z’
6z +12z2 +6z3
O 82_2 +6z—
Utilizzando le espressioni precedenti, si ottiene la seguente forma analoga
...
alla (3.41):
4 + 2z1
F(z) = i 2z’ + 2 —
+ 2z+1
Si effettui ora la divisione tra R2(z) e D(z): Esempio 3.4 Si consideri un segnale f(h) che ha trasfonnata zeta pari
N(z) z+i
a • f(z) e si calcolino i valori di f(0), J(i), f(2),
I z +2 =
D(z) z2 —4z+3’
—4 —8z’ 4z_2 (343) p3), f(4).
6z’ 4z
La funzione f(z) è strettamente propria, cioè 8N < 8D. Sarà quindi
cioè:
— (6z’ + 4z2) sicuramente f(0) = 0. Efièttuando la divisione fra N(z) e D(z), si ottiene:
F(z) = i — 2z1 + 4z2
z2+2z+i z 2—4z+3
z +1
che corrisponde a: —z +4 —3z’ z1 + 5z2 + 17z3 + 53z4 +
0 5 —3z’
a2 = 4; R3(z) = —(6z’ + 4z2)
—5 +20z’ —15z2
Effettuando un’ulteriore divisione, quella tra R3(z) e D(z), si ottiene la O i7z’ —i5z2
seguente espressione per F(z): —17z’ +68z2 —51z3
O 53z2 —5iz
8z2 + 6z3
F(z) i — 2z1 + 4z2 — 6z3 + (344)
z2 + 2z + i
ff0) = O
che, confrontata con la formula (3.42), fornisce R5(z) = 8z2 + 6z3 e: ff1) i
f(2) 5 (3.46)
f(0) = i
f(3) 17
ff1) = —2
(3.45) f(4) = 53
f(2) = 4
J (3) = —6 Si lascia al lettore, come esercizio, il calcolo del resto Rs(z).
_______
______
3.8.2 Calcolo dell’antitrasformata zeta di una funzione in cui 3(z) è il resto della divisione tra i polinomi G(z) e D(z). La
razionale: sviluppo in fratti semplici. B(z)
funzione è strettamente propria, perché DB < 8D, e può essere
D(z)
Lo sviluppo in fratti semplici di una funzione razionale è un noto risultato quindi sviluppata secondo la (3.47).
di analisi, che consente di esprimere una qualunque funzione razionale In ogni caso, la formula (3.47) e la (3.4$) si possono utilizzare per il
come somma di funzioni razionali “elementari”. E data cioè la seguente calcolo dell’antitrasformata di una funzione F(z). Conviene però appli
funzione razionale R(z): Infatti,
carle non direttamente alla funzione F(z), ma alla funzione
C(z) — CmZm + ... + C1Z + c0
così facendo, si ottiene:

/
— D(z) (z —
p) (z
— P2) ..
. (z —
I T1
in cui Pi, ,pj sono i poli della funzione R(z), cioè le radici del denomi F(z) (3.49)
=R(z) =
natore D(z), n1, ,n1 sono le rispettive molteplicità, mentre m è il grado z (z —
pi)3
del numeratore C(z). Assumendo che R(z) sia una funzione strettamente
propria, cioè che il grado di D(z) sia maggiore di quello di C(z), si ha: da cui, moltiplicando entrambi i membri per z, si ha:
n n1 + n1 = n > m. Allora la funzione R(z) può essere scritta F(z)
i= i jzi j=1
(z Pz
come segue:
Z
R12 Rin Il generico termine .l+ è facilmente antitrasformabile, come è
3(z) = + (Zpj)
(z—p) (z—pi) 2’ (z—pi)
321 322 32n 2+
evidente dalle proprietà della trasformata zeta, e come sarà illustrato negli
+ + ‘ esempi che seguono.
(z—p2) (z—p2) (z—p2)
+ (3.47) Esempio 3.5 Si consideri ta stessa funzione F(z) dett’Esempio 3.3, cioè
R12 z2 + i
+ + 2+’+ n1+
F(z) = , e si calcoli ta sua antitrasformata
f(h).
(z—pl) (z—pt) (z—pt) z2 + 2z + i
=
F(z)
‘) i
( zi,i. Per calcolare f(h), si deve sviluppare in fratti semplici la funzione z
cioè:
I coefficienti Rjj si calcolano con la formula:
F(z) z2+1 z2+1 R2 i R2,2
=-- +
z z(z2+2z+1) = z(z+1)2 z z+1 (z+1)2
[(z_Pi)R(z)]} (3.48)
= (rj_j)!i{dzi
I coefficienti R,i, R2,i, R2,2 si possono calcolare con la formula (3.48):
Un_i
in cui l’operatore
dzr, 3
rappresenta la derivata di ordine r i, fatta
_,.

=
r
F(z)1
lim Iz—I =lirn
. z2+i
=1
rispetto a z. Quando r j = 0, lo stesso simbolo indica la funzione non
— z j z—*O (z+1)
derivata R(z).
z2+1
Se invece 3(z) non è strettamente propria, ma propria, cioè se n = m,
si può scrivere:
R2,1 = lim
z—--i
1---
Ldz
(z+i)2.1
z
Ì=
j
lim
z——i Idz z
=
C(z) 3(z) 2z2 — z2 — il
R(z =-=cm+--y = lim 1=0
z1 z2 ]
fi2,2
Di conseguenza:

=
F(z)

iim
z——i
1

[ + 1)2
2

F(z)]
z
= lim
z——1
fz2 + 11
L z
2z

]
= —2
t fi21
=

=
lim t(z
z—3
hm (z
z—*1


3)
1)
F(z)
z

F(z)
Z ]
=
=

lim
z—.3
.
lim
z—1

t z+1
[z (z —1)]
z+1
z(z—3)

1 =
=

2
3

—1
z z (z+1)2 (z+1)2 da cui:
F(z)1 2 1 1 2z z
Si noti che, essendo fi2,1 = , è assente nella somma il termine in z 3+3(3)(1)()33(z3)(Z1)
generale, quando è presente un polo ?j di molteplicità r > i, è possibile Antitrasformando l’espressione precedente, si ottiene f(h):
che alcuni coefficienti j = 1 ‘r 1 siano nulli. Deve sempre
... —
risultare diverso da zero, invece, il coefficiente fi,, come risulta evidente f(h) = (h) + [3h _i] 61(h)
dalla (3.49).
Antitrasformando l’espressione precedente di F(z), si ottiene f(h):
Si lascia al lettore, come esercizio, il calcolo di f(h) negli istanti iniziali,
(_1)hl1(h) (3.50) ed il confronto con i valori riportati nella (3.46).
f(h) = (h) - 2h•
Z Esempio 3.7 Si catcoli t’antitrasformata f(h) della funzione f(z) =
dove per l’antitrasformata del termine , è stata utilizzata la regola
(z + 1)2 con a E TR, Se TR, bLO.
(3.34). Dalla (3.50) si può ricavare il valore di f(h) in alcuni istanti di (z — a — b)(z — a + jb)
tempo:
f(0) = 6(0) = i Si sviluppi in fratti semplici la funzione cioè:
f(1) = —2 (—i)° = —2
f(3) = _4. ()‘ = 4 F(z) — z — fi1,1 fi2,1
+
f(3) = —6 (1)2
.
= —6 z — (z—a—jb)(z —a+jb) — z—a—ib z—a+jb
Tali valori sono ovviamente identici a quelli riportati nella (3.45). • I coefficienti fi1,1 e fi2,1 calcolano con la formula (3.48):
Esempio 3.6 Si consideri ta stessa funzione f(z) delL’Esempio 3., cioè
R11 =

lim
E (z—a—jb)—-----—j F(z)1
= hm . f z iI =
b—ja
z+1 26
.
z—.a+jb [ Z ] z—’a+jb L(z — a + jb)J
f(z) , e si catcotz te sua antitrasformata f(h).
z 2 —4z+3
=
. F(z) . z b+ja
(z a + jb)— lim

fi2,i = hm — = . =
z—a—3b Z z—a—b (z — a — b) 26
Si sviluppi in fratti semplici la funzione , cioè:
z cioè i residui fi1,1 e fi2,1 sono complessi coniugati (in formule: fi2,1 =
F(z) z+1 — z+1 fi2.1 fi3,1 R’1). Questo risultato è generale: quando una funzione razionale ha
+ tra i suoi poli una coppia di poli complessi coniugati, i residui relativi a
z z(Z2_4Z+3) z(z—3)(z—1) z z—3 (z—1)
questi ultimi sono complessi coniugati. Per questo motivo è sufficiente
I coefficie;ìti fi1,1, fi2,i, fi3,1 si calcolano con la formula (3.48): calcolarne uno, e l’altro è semplicemente il coniugato del primo. Nel caso
in esame si ottiene perciò:
rF(z)1 t z+1 iI i
fu,1 = lim
z—O L
Iz— Z j
= lim
z—O t(z —3) (z —1)]
= —
3 F(z’1
1 — (6 ja)z —
+
(6 + ja)z
‘‘2b (z—a—jb) (z—a+jb)
Ponendo 3.10 Riferimenti
a + jb = pe
si ha: La teoria delle funzioni di variabile complessa è esposta approfonditamen
pe te in (Svesnikov e Tichonov, 1984). Le proprietà della trasformata zeta
a jb = pe°; è ja pe°); è + ja =
(introdotta da (Ragazzini e Zadeh, 1952)) ed il suo utilizzo nello studio


si può scrivere: dei sistemi a tempo discreto sono descritti in (Cadzov, 1973), (Ruberti e
Isidori, 1988).
f(h) = [ei() (pe + e() (pe_)h]
cioè:
11+1 Ii+1 -
f(h) = -—
h+1

{ei[/11} +
} =
cos [(h + 1) —
= -_sin[(h+1)j
4
3.9 Esercizi proposti
= (O5)h sin(O.1h)
Esercizio 3.1 Catcotare la trasformata zeta di f(h)
Esercizio 3.2 Calcolare t’antitrasformata zeta detta funzione:
F(z) = z — O.5z2 +
Esercizio 3.3 Calcolare t’antitrasformata zeta detta funzione:
z2 + z
F(z)
= (z - O.5)2(Z -1)
Esercizio 3.4 Utilizzando il metodo dette divisioni successive, catcotar
per h = O, h = 1, h = 2 t’antitrasformata zeta detta funzione F(z) data
nell’esercizio precedente.
Esercizio 3.5 Calcolare 1 ‘antitrasformata zeta delta funzione:
z2 — O.5z
f(z)
(z2 — 1)(z 2)

nello schema a blocchi in fig.2.1.’
Se si assume che l’ingresso ti e l’uscita y siano entrambi scalari, e
che il sistema sia lineare, stazionario, ed a dimensione finita, la dinami
ca di quest’ultimo è descritta dalla seguente equazione atte differenze a
coefficienti costanti:
Capitolo 4 y(h)+aiy(h—1)+ +ay(h—n) = bou(h)+biu(h—l)+ . ‘+b,u(h—m)
(4.1)
in cui al,. , a,-, b0,.. , b sono i coefficienti dell’equazione, e non di
Equazioni alle differenze
.
..
pendono dal tempo. Dato che il sistema è stazionario, si può assumere,
senza perdita di generalità , che l’origine dell’asse temporale coincida con
h = O: l’evoluzione delle variabili di ingresso e di uscita avviene quindi
per h O. Si possono fare inoltre le seguenti osservazioni:
4.1 Introduzione
• come già accennato precedentemente, l’equazione (4.1) significa che
il valore dell’uscita ad un generico istante il. dipende da ti valori
Come nei sistemi a tempo continuo l’evoluzione temporale delle grandezze
passati dell’uscita stessa, fino all’istante [i ti, pesati con i coeffi
in gioco può essere descritta attraverso le equazioni differenziali, così nei

cienti al ai,, e dai valori dell’ingresso all’istante li e in m istanti
sistemi a tempo discreto la dinamica delle variabili di interesse può essere
. . .
passati, pesati con i coefficienti b0 è,,,.. Infatti la (4.1) può essere
rappresentata per mezzo delle equazioni atte differenze. Queste ultime
. .
riscritta come:
sono equazioni che legano le variabili in gioco nei diversi istanti di tempo,
e corrispondono all’idea che ad un certo istante h, il valore assunto da una y(l;) = —a1y(h — 1) — ... — ay(h — n) +
certa variabile y, indicato con y(h), possa dipendere in generale dai valori 1) + + bmu(h m) (4.2)
+ bou(h) + biu(h
che essa stessa ha assunto negli istanti precedenti, e dai valori assunti,


allo stesso istante e ad istanti precedenti, da altre variabili presenti nel
sistema. • per il principio di causalità, il valore dell’uscita all’istante h non
Nel seguito di questo capitolo sarà introdotta e studiata una clas può dipendere dai valori assunti dall’uscita stessa o dall’ingresso in
istanti futuri (li + 1, h + 2,
se particolare di equazioni alle differenze, quelle tineari e a coefficientt ..
costanti, che sono utilizzati nell’ipotesi di linearità e stazionarietà del si • il fatto che il coefficiente è0 sia diverso da zero corrisponde alla
stema, e saranno risolte col metodo della trasformata zeta, grazie alle possibilità che ci sia un tegame diretto ingresso-uscita, cioè che il
proprietà e alle tecniche introdotte nel Capitolo 3. valore dell’uscita ad un certo istante possa dipendere dal valore
dell’ingresso allo stesso istante. Ciò equivale all’ipotesi che vi sia un
4.2 Equazioni alle differenze legame istantaneo tra l’ingresso e l’uscita, ovvero un ritardo nullo
tra la causa e l’effetto. Ciò non è fisicamente assurdo, almeno da
un punto di vista teorico. A volte tale ipotesi è però sostituita da
È dato un sistema dinamico a tempo discreto $, in cui sono stati indi quella più realistica che ci sia un ritardo di almeno un istante nel
viduati un ingresso (causa) u e un’uscita y (effetto), come rappresentato
‘Come discusso nella Premessa, in tutto il testo si è assunto che il sistema sia
compiutamente rappresentabile tramite una rappresentazione ingresso-uscita.
68 69
r
legame ingresso-uscita, e al posto dell’equazione (41) si considera alle trasformate. L’uguaglianza (4.4) può essere riscritta raccogliendo se
la seguente: paratamente i termini in cui è presente u(z), i termini in cui è presente
y(z) e quelli in cui sono assenti entrambi. Si ottiene in questo modo:
y(h) = —a1y(h— 1)—...—ay(h—n)+bou(h—d)+
+biu(h—d—1)+»+bu(h—d—m) (4.3)
[i + a1z + + anz] y(z) = —z [ai+i(_i)] +
in cui d Z, d 1, rappresenta il ritardo. Nel seguito di questo
capitolo, comunque, si farà sempre riferimento all’equazione (4.1), m—1 m—j
b+u(—i) + [bo + b1z’ + + bz_m] u(z) (4.5)
che in ogni caso si può far coincidere con la (4.3), ponendo uguali a
...
zero i primi d coefficienti lii, i = 1, , d
. .1: ad esempio, se d = 1,
. —

j=O i=1
basta porre b0 = O nell’equazione (4.1). che a sua volta diviene:
Risolvere un’equazione alle differenze significa trovare una funzione del m—i Tn—i ri—i ri—i
tempo y(h) che, fissate le condizioni iniziali e la variabile di ingresso u(h), Zbi+ju(—’) —
Zz aj+jy(—i)
soddisfi l’equazione (4.1), o la (4.3), Và O. Per capire cosa si intenda j=O i=1 j=D i=i
y(z) =
+
quando si parla di condizioni iniziali di un’equazione alle differenze, si
-
-
1+a1z ‘++az
consideri l’equazione (4.1) per li O. Si ha: I.
uO+uiZ
i. —1 1.
+...+umZ
—m
/
+ ut.z
1 + a1z + + az
y(O) —a1y(—1) — ... — a,y(—n) + bou(O) + biu(—l) + . + bmU(m)
Si supponga, per semplicità, che sia n = m (i passaggi che seguono pos
Come si vede, il valore dell’uscita all’istante li = O dipende dal valore del sono essere ovviamente svolti anche nei casi in cui n > m, o n < m), e si
l’ingresso allo stesso istante (se b9 $ O), e da y(—l), , y(—n) e . .
moltiplichino per z numeratori e denominatori presenti nell’uguaglianza
u(—m), cioè dalle condizioni iniziati dell’ingresso e dell’uscita, ovvero (4.6). Si ha:
dalle condizioni in cui si trova il sistema prima dell’istante li = O. Affiuiché
ri—i
l’equazione alle differenze possa essere risolta in modo univoco, le condi ri—i ri—i ri—i
zioni iniziali devono essere assegnate. Se ciò non sarà fatto esplicitamente, b+u(—i) Zzi
j=O
aijy(—i)
i=i
si assumerà che esse siano nulle. j=O i=i
y(z) +
Si consideri quindi l’equazione (4.1), e si supponga che esistano le
n ri—i
trasformate zeta dei segnali y(h) e u(h). Si applichi ad entrambi i mem i.
iì0Z +uiZ
i
+...+Un
4.Z
+ UZ)
bri della suddetta equazione la trasformata zeta, tenendo conto che, in
generale, u(h) e y(h) hanno condizioni iniziali non nulle. Utilizzando la
proprietà di linearità della trasformata zeta e la formula (3.22), si ottiene: Per ottenere y(h) dall’espressione precedente, basta applicare a questo
punto la tecnica di antitrasformazione dei fratti semplici introdotta nel
y(z) = —a1 [z’y(z) + y(—l) — a {zy(z) + z’y(—1) +

capitolo precedente.
+ y(—n)] + bou(z) + b1 z’u(z) + u(—1)] +
+ b {z_mu(z) + z_m+mu(_1) + + u(—m)]
. . .
Nota 4.1 Osservando t’espressione (.4.7), si nota che t’uscita y(z), e di
(4.4) conseguenza y(h), può essere scomposta netta somma di due termini: it
in cui, per non appesantire la notazione, sia i segnali y(h), u(h) che le primo prende it nome di risposta libera, e dipende datte condizioni iniziati,
rispettive trasformate y(z), u(z) sono state indicate con le lettere minu it secondo è detto risposta forzata, e dipende datta funzione di ingresso
scole, essendo chiaro dal contesto quando ci si riferisce ai segnali, e quando u(h).
r
Si può scrivere cioè:
y(z) = yt(z) ± yf(z)
in cui:
ri—i ri—i ri—i “—3
z” b+u(—i) — zfli aj+jy(—i) fig.4.1 - Rappresentazione di un sistema tramite la sua funzione di
trasferimento
j=O i=i j=O i=i
yt(z) = (4.8)
z’ + a1z + + a.
È chiaro che il calcolo dell’uscita y(h) si ottiene semplicemente antitra
sformando y(z) = f(z)u(z), essendo u(z) la trasformata zeta del segnale
b0z + b1z’ + ... +b
= — u(z) di ingresso.
z+aiz1++a’,
il procedimento appena descritto per la soluzione di un’equazione alle
Sia la risposta libera yt(z), comunque, che quella forzata yf(z), sono ca differenze a coefficienti costanti sarà ora illustrato con alcuni esempi.
ratterizzate dallo stesso denominatore a(z) z + a1z1 + + a. Sia
Esempio 4.1 Si calcoli t’uscita y(h) del sistema a tempo discreto de
yt(h) che yf(h) sono costituite perciò dalla somma di funzioni del tempo,
scritto dalla seguente equazione alle differenze:
ottenute dallo sviluppo in fratti semplici e i cui andamenti dipendono
dalle radici del polinomio a(z), dette poli del sistema. Si noti inoltre y(h) = 1.5y(h — 1) — 0.5y(h — 2) + u(h — 1) (4.11)
che yf(h) dipende anche dalle radici del denominatore di u(z). Come è
noto, infatti, le proprietà dell’uscita di un sistema sono strettamente le in cui: u(h) = (h), e tutte le condizioni iniziati sono nulle, cioè: y(—l) =
gate, oltre che alle caratteristiche dell’ingresso, alla posizione delle radici y(—2) =0, u(—1) = 0.
di a(z) nel piano z. E ciò rappresenta un altro vantaggio dell’utilizzo
L’equazione (4.11) corrisponde alla (4.1), con n = 2, m = 1, ai = —1.5,
della trasformata zeta nello studio delle equazioni alle (lifferenze, perché
a2 = 0.5, b0 = 0, b1 = 1, oppure alla (4.3) con d = 1 e valori analoghi dei
le principali caratteristiche nel tempo dell’uscita di un sistema lineare
rimanenti coefficienti.
e stazionario descritto da tali equazioni sono direttamente e facilmente
Per calcolare l’uscita y(h), si deve effettuare la trasformata zeta di en
leggibili nella sua trasformata zeta.
trambi i membri dell’equazione (4.11). Dato che le condizioni iniziali sono
Si torni ora all’equazione (4.7). Se le condizioni iniziali sono tutte
tutte nulle, applicando la regola (3.22), si ottiene semplicemente:
nulle, la risposta complessiva coincide con quella forzata, cioè:
bozni+blZ++bfl y(z) = 1.5z’y(z) — 0.5z2y(z) + z’u(z)
y(z) = yf(z) = u(z) (4.9)
z+a1z’+»+a
cioè:
La funzione: (1 — 1.5z + 0.5z2)y(z) = zu(z)
A yf(Z) — b0z + b1z’ + . . +b Moltiplicando entrambi i membri per z2 e dividendo successivamente per
(z) (4.10)
— u(z) — z + a1z1 + +a il polinomio a(z)= (z2 1.5z + 0.5), si ha:

è detta funzione di trasferimento, ed è il rapporto tra la trasformata zeta =
P(z)u(z) (4.12)
y(z) u(z) =
dell’uscita e la trasformata zeta dell’ingresso quando le condizioni iniziali — 1.5z + 0.5
sono tutte nulle. La funzione di trasferimento descrive quindi la dinamica = z
del sistema quando è presente soltanto la risposta forzata, cioè in presenza in cui la funzione razionale P(z) è la funzione di tra
z2 1.5z + 0.5 —
di condizioni iniziali tutte nulle. In questo caso, il sistema può essere sferimento del sistema. Confrontando l’espressione (4.12) con le for
rappresentato semplicemente mediante la sua funzione di trasferimento mule (4.7) e (4.8), si osserva che è presente solo la risposta forzata,
(cfr. Fig.4.1):
72 73
mentre la risposta libera è nulla, dato che sono nulle le tutte condi
zioni iniziali. Si ha cioè: y(z) = yf(z) P(z)u(z). Considerando che

r che la condizione iniziale dell’ingresso u(h) è nulla, applicando la regola


(3.22), si ha:
u(h) = 5(h) u(z) = 1, risulta:
y(z) = 0.4 (z’y(z) + y(—1)) + zu(z)
z z
y(z) cioè:
= 1.5z + 0.5 (z 0.5)(z — 1)
(1 0.4z’)y(z) = 0.4y(—l) + z’u(z)
— —

Come è già stato spiegato nel capitolo precedente, per calcolare y(h), entrambi i membri per z e dividendo successivamente per
Moltiplicandoa(z) = (z 0.4), si ha:
conviene sviluppare in fratti semplici la funzione , cioè: il polinomio —
z
= = 04
y(z) u(z) + P(z)u(z) (4.14)
11(Z) 1 — R1,1 +
+
z — (z — 0.5)(z — 1) — z — 0.5 z — 1
=
in cui la funzione razionale P(z) è la funzione di trasferimen
Si ottiene: z 0.4 —
to del sistema. Confrontando l’espressione (4.14) con le formule (4.7) e
0.4y(—1)z
= = lim (_ (4.8), si osserva che e la trasformata zeta della risposta libera,
z—*O.5 — 1) z—0.4
cioè y1(z), mentre P(z)u(z) rappresenta la risposta forzata, cioè yf(z).
R2,1 = lim(
z—i\z—0.5) Considerando che u(h) = hS_1(h) u(z) e che y(—l) = 1,
(z _1)2’
da cui: risulta:
0.4z z
y(z) —2 2 —2z 2z y(z) = yt(z) + yf(Z) + 1)2
+ y(z)= + = z — 0.4 (z — 0.4)(z —
z z—0.5 z—1 z—0.5 z—1
Il calcolo della risposta libera yt(h) è immediato:
e infine:
-2 {(0.5)h -1] 51(h) 0. 4z
y(h) yt(z) yj(h) = O.4(O.4)hS_1(h)
= z 0.4 —
Per calcolare yf(h) conviene sviluppare in fratti semplici la funzione
Esempio 4.2 Si calcoli t’uscita y(h) det sistema a tempo discreto de yf(Z)
cioe:
scritto dalla seguente equazione atte differenze: z
yf(z) — 1 — J?2,l R2,2
y(h) 0.411(h 1) + u(h 1) (4.13) + + 1)2
— —
z — (z — 0.4)(z — 1)2 — z — 0.4 z — 1 (z —
in cui: u(h) = hS_.1(h) (ingresso a rampa), e con condizioni iniziati date Si ottiene:
da: y(—l) = 1, u(—l) = 0.
R1,1 =
L’equazione (4.13) corrisponde alla (4.1), con n 1, m = 1, a1 = —0.4, 25
R2,1 =lim
b0 = 0, b1 = 1.
Per calcolare l’uscita y(h), si deve effettuare la trasformata zeta di en
Z—41 ] 9’
trambi i membri dell’equazione (4.13). Dal momento che y(—l) 0, e =lim
z—iz—O.4 3
da cui:
yf(Z)
z

25
9(z 0.4)
25z


9(z
25
25z
1)

+
3(z
5z
1)2 —

t (4.15).
y(z) =

Dal momento che y(—1)


iniziali dell’ingresso u(h) sono nulle, applicando la
0.3 (z’y(z)

0, y(—2)
regola (3.22), si ha:
0, e che le condizioni
y(—1)) + 0.1 (z2y(z) + z’y(—l) + y(—2)) +
yf(Z) + + z’u(z) — 0.4z2u(z)
= 9(z 0.4)
— 9(z 1)
— 3(z 1)2 —
cioè:
e infine:
yf(h) = [(O.4)h - + 1(h) (1 — 0.3z’ — 0.1z2)y(z) = 0.3y(—l) + 0.ly(—1)z’ +
+ 0.ly(—2) + (z’ 0.4z2)u(z)

La risposta totale è perciò:
successivamente per
Moltiplicando entrambi i membri per z2 e dividendo
y(h) Yt(h) + yf(h) = {to.4)hL+1 + [50 — + h]
} 6_1(h) il polinomio a(z) = (z2 0.3z 0.1), si ottiene:


[0.3y(—l) + 0.ly(—2)] z2 + 0.ly(-4)z +


z 0.4
01u



— z2 0.3z 0.1 —
z2

0.3z —
= [0.3y(—1) + 0.ly(—2)j z2 + 0.ly(—1)z
Esempio 4.3 Si catcoti t’uscita y(h) del sistema a tempo discreto de + P(z)u(z)
z2 0.3z 0.1
scritto datta seguente equazione atte differenze:

(4.16)

= Z 0.4
è la funzione di trferimento

y(k) = O.3y(h 1) + O.ly(h 2) + n(h 1) 0.4u(h 2) (4.15) in cui la funzione F(z) 0.3z 0.1
— — —
— —

distinzione fra la

del sistema. Anche in quest’esempio si può notare la
in cui u(h) è rappresentato metta figura seguente:
risposta libera yj(z) e la risposta forzata yf(z).
t’ingresso
Dato
u(h) Per il calcolo esplicito di y(h) = m(h) + yf(h), si inizi con yt(h).
che y(—l) = 2, y(—2) = 1, risulta:
0.722 + 0.2z
pt(z) =
z2 — 0.3z 0.1

Sviluppando in fratti semplici —, si ottiene:
h z
R2,1
\ y1(z) — 0.7z + 0.2 —
z
R1,1
0.5
+
z + 0.2
z — z2 0.3z 0.1
— — —
Fi9.4.2 - Ingresso uh) delt’Esempìo 4.3.
e te condizioni iniziati sono: y(—1) = 2, y(—2) = 1, u(—1) = u(—2) =1
0.7z + 0.2 11
R1,1 =hm =
=
z—.O.5 z+0.2 14’
L’equazione (4.15) corrisponde alla (4.1), con n = 2, m = 2, a1 = —O.3 0.Zz+0.2 —3
a2 = 0.1, b0 = 0, b1 = 1, b = —0.4. Per calcolare l’uscita = = hm
z——O.2 z 0.5

deve effettuare la trasformata zeta di entrambi i membri deÌÌ’equa
r
____
____
Di conseguenza: e infine:
= [(0.5)h (_0.2)h +1] 1(h)
y(h) -
yt(z) yt(h) t(05)h — (_0.2)hji(h)
35z—O.5 =
La risposta totale è perciò:
Per calcolare yf(h), si consideri l’ingresso rappresentato in Fig.4.2. Esso
= (O.5)h
può essere visto come la differenza di due gradini traslati nel tempo, cioè: yt(h)+y(h-2) -11(h-6)
-
y(h) =
u(h) _1(h—2)—_1(h—6). Non conviene però calcolare direttamente la
[(o.5)h_2) (_o.2)(h_2) 2) +
risposta a questo ingresso: è meglio introdurre l’ingresso “fittizio” u*(h) = +

+ i] 61(h —
L1(h), e calcolare la risposta forzata y(h) ad u*(h). Dal momento che:
u(h) = u*Qj 2) u*(h 6) e sfruttando la linearjtà e la stazionarjetà


— — [(o.s)(h_6) — (_o.2)(h_6)
+ i] 61(h — 6) (4.17)
del sistema in esame, si può concludere che: Yf(h) y(h 2) y(h — — —
6). Il vantaggio di quest’approccio è che u*(z)
(z—2 z6) Z_Zl:

mentre u(z)
perciò il calcolo di y(z) risulta molto più semplice.
I discreto de
Esempio 4.4 Si calcoli t’uscita y(h) det sistema a tempo

Seguendo il ragionamento precedente, si consideri: e tingTesSo è una
scritto fig..1, in cui: P(z)
in
O 7z + 0 12)’
= (z2 —
* z—0.4 * z—0.4 z =
Yf(Z)
(z0.5)(Z+O.2)u (z) rampa unitaria u(h)
= (z0.5)(z(
y*(z) Si ha: y(z) = P(z)u(z), cioè:
e si effettui lo sviluppo in fratti semplici di
Z
y(z) (4.18)
y(z) z 0.4
— Ri,1 (z2 —0.7z+0.12) (z—1)2 = (z—0.3)(z—0.4)(z— 1)2
+ +
z = z+02)(z-1) z -Th z+0.2
Si effettui lo sviluppo in fratti semplici di
Si ottiene:
y(z)1 R1,1 R2,1 R3,1 R3,2
lrm i—
t z-0.4 1 -2 11(Z) —
z —
z_0.3+z_0.4+(z_ 1)+(z_ 1)2
=
z-.O.5 t(z + 0.2)(z
1=— (z—0.3)(z—0.4)(z—1)2 —
]
z
l)j 7 —


y(z)J t z-0.4 1 -5 Si ottiene:
R2,1= lim —1= hm
z——O.2 z—-O.2 [(z O.5)(z 1)] 7
Z
] — —

.
InnI
t z 1—300
1=
t i z—0.4 R11=hm z—O.3 z 0.4)(z 1)2] —
49
R3,1 = lim =limj— z—.O.3 —
1=1, Z 100
z—*1 z—1 [(z—0.5)(Z+02)]
R21 = hm lim = —
z—O.4 z—.—O.4 (z 0.3)(z 1)2

9 —
da cui: Ì> = hm [dt
.
z 220C
hm i—i li =
R31 =

441
y(z) —2 5 1 z-.1 3 z-i [dz (z 0.3)(z 0.4))] — —
+ t Z 150
1=—
Z 7(z -Th - 7(z+ 0.2) R32=hm (z 0.4)]
0.3)(z 21’
z—1 — —
— —2Z 5z z
14(Z)
7(z-O2) +__-i
da cui: u(h)
y (z) —300 100 2200 50
+ + 1)2
z 49(z 0.3)

9(z 04) — — 441(z 1)— 21(z —
—300z lOOz — 2200z 50z 3
y(z) = + + 1)2 2
49(z 0.3) 9(z 0.4) 441(z — 1) 21(z —
1


e infine: 1 2 5
31-4
h
2200
y(h) = [_9(o3)h + .(0.4)h1 —
+ 6_1(h)
Fig.ì.3 - Ingresso per t’Esercizio .3
e le condizioni iniziati sono: y(—l) = 1, u(—1) = O.
4.3 Esercizi proposti Esercizio 4.4 Si calcoli t’uscita y(h) del sistema a tempo discreto de
scTittOin Fig..1, in cui: P(z) e t’ingresso u(h) è
= (z2 + 6)’—
Esercizio 4.1 Si catcoti t’uscita y(h) det sistema a tempo discreto de rappresentato nella figura seguente:
scritto datta seguente equazione atte differenze:
u(h)
y(h) = 1.4y(h — 1) — O.4y(h — 2) — 0.4u(h — 1) — O.05u(h — 2)
2
con u(h) = 6(h) e con condizioni iniziati: y(—l) = 2, y(—2) = 1. Le
condizioni iniziati di u(h) = 6(h) sono ovviamente nutte. i
Esercizio 4.2 Si catcoti t’uscita y(h) det sistema a tempo discreto de 01234567 h
scritto datta seguente equazione atte differenze: Fig.4.3 - Ingresso per t’Esercizio .4
y(h) 0.4y(h 1) 0.08y(h 2) = u(h 1) 0.5u(h 2)
= — — — — — —
Esercizio 4.5 È dato it sistema in controreazione:
con u(h) = 6_1(h) e con condizioni iniziati: y(—l) = —1, y(—2) = O. Le
condizioni iniziati di u(h) = 6_1(h) sono ovviamente nutte.
Esercizio 4.3 Si calcoli t’uscita y(h) del sistema a tempo discreto de
scritto dalla seguente equazione alte differenze:
y(h) = 0.sy(h — 1) + u(h — 1)
in cui l’ingresso n(h) è rappresentato netta figura seguente:
80 81
in cui F(z) GatcOtaTe ta risposta a ciclo chiuso
= (z
att’ingresso u(h) =
4.4 Riferimenti
Una completa descrizione delle equazioni alle differenze e dei metodi per
risolverle può essere trovata in (Cadzov, 1973).
Parte TI
Sistemi a dati campionati

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