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Schopenhauer:

secondo Schopenhauer, non è possibile sapere come le cose siano in sé stesse, ma è possibile soltanto
capire come esse si presentano agli uomini secondo la loro esperienza sensibile (Kant). Il mondo esiste
solamente nel rapporto tra soggetto ed oggetto, che rende caratteristica la rappresentazione del soggetto.
Per Schopenhauer nessuna delle 2 parti prevale sull’altra, perché la conoscenza è rappresentata come un
sinolo di esse. Schopenhauer è sostenitore come Kant che l’unica realtà a noi accessibile è quella
fenomenica, comprensibile attraverso le forme a priori di tempo e spazio. Le forme a priori di tempo e
spazio sono per Schopenhauer i fondamenti per il principio di individuazione.

Il principio di casualità:

Schopenhauer riassume le categorie kantiane nell’unica categoria di causa. Secondo il filosofo, una volta
acquisiti gli stimoli dal mondo fenomenico, essi vengono processati mediante il “principio di ragion
sufficiente o casualità”. Tale principio si compone di 4 configurazioni diverse a seconda dell’ambito in cui
opera:

1. Principio del divenire: spiega la relazione causa-effetto tra i fenomeni naturali.


2. Principio del conoscere: regola il rapporto logico tra premesse e conseguenze.
3. Principio dell’essere: ordina lo spazio e il tempo e i rapporti tra enti geometrico-matematici.
4. Principio dell’agire: regola la relazione tra il motivo dell’azione e l’azione stessa.

Il carattere illusorio della realtà fenomenica:


Come Kant, anche per Schopenhauer la dimensione reale è illusoria ed ingannevole. Per spiegare tutto ciò il
filosofo utilizza la metafora del velo di Maya, velo che si interpone alla vera conoscenza dell’essenza della
realtà. Il mezzo che ci permette di squarciare tale velo è il nostro corpo, visto in un primo momento oggetto
tra gli oggetti e in un secondo momento sede della volontà (forza cieca ed irrazionale che spinge l’uomo a
ricercare il nuovo, lasciandolo poi nel dolore). È proprio questa volontà che per Schopenhauer è l’essenza
del mondo, il fattore che ci permettere di squarciare il velo di Maya.

La vita come sofferenza:


Dal momento che la volontà è per il filosofo l’essenza del mondo, egli sostiene che l’essere umano è
destinato ad una ricerca continua ed insaziabile della felicità. Secondo Schopenhauer la felicità ha
accezione negativa, in quanto essa si interpone tra 2 fasi di dolore. Inoltre all’interno della vita quotidiana è
presente anche la noia, una condizione che subentra quando non si tenta di soddisfare la volontà.

Le vie di liberazione dal dolore:


Per Schopenhauer le vie di liberazione dal dolore sono 3, e grazie ad esse è possibile il completo
annullamento della volontà:
1. Esperienza estetica: è la 1° forma di allontanamento da sé stessi che permette agli uomini di
dimenticare sé stessi e il proprio dolore. Ha anche funzione catartica in quanto le rappresentazioni
ci permettono di cogliere l’universalità del dolore, liberandoci da esso.
2. Morale: è la 2° forma di allontanamento dal dolore, essa dura di più, infatti grazie ad essa l’uomo
supera il principio di individuazione e smette di considerare sé stesso come individuo contrapposto
ad altri.
3. Ascesi: è la 3° forma di allontanamento dal dolore, consiste nel pieno esercizio della noluntas
(negazione progressiva della volontà di vivere), chi sceglie di praticarla rinuncia a tutti i piaceri e si
dedica all’attuazione delle proprie virtù es. digiuno, povertà, sacrificio, perfetta castità,
rassegnazione e umiltà. All’interno del cristianesimo tali pratiche hanno come obbiettivo l’unione
con Dio, in Schopenhauer portano al nirvana, ovvero all’esperienza del nulla.

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