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“per ripensare assieme al lavoro...” | Livorno - 11 Dicembre 2010

LAVORO CARRIERA DONNE


di Ruggero Morelli

Torniamo a parlare della carriera delle donne nel mondo della politica e del
lavoro sull'onda di alcuni successi come quello di Dilma Roussef in Brasile,
la nomina di Ana Patricia Botin al Banco Santander in Spagna, ed infine la
nomina di Susanna Camusso a segretaria della CGIL in Italia . Queste tre
importanti novità sono avvenute nel mezzo di un dibattito molto acceso sul
lavoro e le prospettive di crescita, promosso e guidato, guarda caso, da
Emma Marcegaglia e Federica Guidi che non hanno risparmiato critiche al
Governo , al ministero dello sviluppo economico ed anche ai sindacati.
Non sono affatto buoni i dati forniti sulla condizione femminile generale in
Italia dal World Economic Forum – www.weforum.org – nel Gender Gap
report 2010 che ha preso in esame gli ultimi 5 anni. Siamo scesi al 74° posto
nel 2009 dal 72°. Sempre in testa le nazioni scandinave; la Francia scende al
46°posto per le poche donne nel Governo attuale e gli USA, che hanno risalito
12 posizioni, oggi sono al 19° posto. In dettaglio si vede che l'85% dei paesi
esaminati, ben 114, ha migliorato in questi 5 anni mentre l'Italia con altri 13
paesi ha peggiorato la propria situazione. In particolare ci penalizza l'accesso
al mondo del lavoro e resta molto lenta la crescita del peso delle donne sulla
forza lavoro totale. In Parlamento raggiungono il 21% e quindi l'Italia è in
buona compagnia al 54° posto su 114. Il nostro fiore all'occhiello è il settore
dell'educazione dove le donne raggiungono il 100% nella primaria e
secondaria al pari degli uomini, mentre nel livello superiore le ragazze sono
al 79% ed i ragazzi raggiungono soltanto il 59%. Nelle posizioni di
'comando' nei 114 paesi, le donne raggiungono circa il 33% e pesante è anche
il dislivello dei salari; infatti le donne ricevono in media il 50% di quanto
guadagnano gli uomini e la media è calcolata in 20.000 euro l'anno contro i
40.000.-
...
Il nostro Parlamento sta discutendo una proposta che prevede l'obbligo per le
società quotate di avere nei loro Cda almeno il 30% di donne. Con questo
l'Italia sta cercando di copiare, (ma per la crisi politica il tutto sarà di certo
rinviato) la Norvegia che legiferò in tal senso nel 2003 – ne abbiamo già dato
ampio conto – e che ha prodotto risultati positivi.
Qui è interessante citare un economista liberale che mal sopporta le
restrizioni dettate per legge: Luigi Zingales. La sua tesi è questa. La
discriminazione pregiudiziale nei confronti delle donne è stata una costante
quando si è trattato di scegliere per posizioni di rilievo nei vari settori. Una

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prova di questo è stata fornita dal mutamento di criterio per la valutazione
dei concertisti da ammettere alle orchestre dei vari teatri che di norma
avevano un'alta percentuale maschile; infatti quando le audizioni dei
candidati furono fatte 'alla cieca' le donne conquistarono più posti. Si è quindi
formato nell'opinione pubblica un pregiudizio per il quale le donne non
sarebbero tagliate per svolgere incarichi di sindaco o consigliere di
amministrazione nelle società di capitali. Questi stereotipi hanno avuto
l'effetto di diventare realtà e quindi di far si che le donne stesse abbiano
rinunciato ad investire nella loro formazione per diventarlo. Ma le donne non
sono meno capaci e le prove abbondano. Tra le motivazioni a favore della
presenza delle donne nei consigli, non c'è solo la loro emancipazione ma
anche il miglioramento della capacità di governo delle società, oggi detta
governance. Infatti i cda sono spesso dei club per uomini da 'rompere' con
l'immissione di donne che sono più disposte a denunciare chi viola le regole,
come dimostrano i casi clamorosi della Enron e Qualcom negli USA. D'altra
parte l'opportunità delle quote è data anche dall'immagine non esaltante
della donna nella nostra società come dimostrano anche certe recentissime
dichiarazioni del nostro Presidente del Consiglio. Naturalmente si dovrebbe
anche pensare a scelte che non si basino soltanto sul genere ma anche sulla
qualità per incarichi che comunque sono speciali. Altrimenti ne deriverebbe
che potrebbero essere nominate donne che non sono all'altezza del compito e
che riporterebbero indietro le lancette. Ciò dovrebbe valere per le donne
nominate nelle quote minime decise per legge. Sul sito www.ingenere.it si
legge una interessante risposta-integrazione della direttrice Annalisa Rosselli.
...
La prof. Lisa Rustico dell'Università di Modena e collaboratrice di Adapt
( www.adapt.it associazione per lo studio comparato del diritto del lavoro) –
ha svolto una ricerca per WIRES - Women in Renewable Energy Sector – che
misura anche la possibilità di crescita dell'occupazione femminile
nell'industria 'verde'.
Se ad oggi il mondo delle energie rinnovabili parla prevalentemente al
maschile perchè la richiesta più importante è quella di figure che lavorino in
condizioni 'estreme', molto sta cambiando. Infatti per le donne il settore della
green economy rappresenta una sfida duplice: nei tassi di occupazione e nelle
condizioni di lavoro. Le agevola la loro maggiore disponibilità alla trasferta
ed alla mobilità internazionale. Ed a questo proposito ci sono, secondo la
Rustico, alcune aziende che offrono opportunità per le donne ad livelli
professionali. D'altra parte nel settore ambientale le donne risultano avere un
livello di scolarità medio-alto nel'86% delle impiegate, mentre gli uomini

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raggiungerebbero appena il 50%. A questo si deve aggiungere che le stime
ISES indicano in circa 79.000 milioni di euro gli investimenti nel settore della
produzione di energia da fonti rinnovabili nei prossimi dieci anni, con un
potenziale di 200.000 posti di lavoro nuovi. Quindi si aprono scenari
interessanti per l'occupazione femminile.
L'altro aspetto che è sottolineato nelle ricerche recenti è quello della gamma
di attività che si indicano con green economy. Non più soltanto energie
rinnovabili individuate con fotovoltaico e parchi eolici, ma anche rispamio
energetico, inquinamento, impatto ambientale, biotecnologie, bioagricoltura e
raccolta differenziata. I relativi mercati presentano prospettive di crescita più
ampie di quanto si pensi. Emilio Luongo responsabile di Gi Group con
Manuela Alloggio scrive che si devono considerare anche la bioedilizia e
l'efficienza energetica come settori della green economy, e che tutti i ruoli di
staff possono essere ricoperti da donne. Ora se si considera che per questi
ruoli sono necessarie le lauree in materie umanistiche, in giurisprudenza e in
economia dove le laureate superano i laureati , ed ancora che le laureate nelle
varie specifiche di ingegneria stanno gradualmente recuperando posizioni
nei confronti dei colleghi si comprende che si aprono scenari interssanti. Si
deve anche rilevare, sempre secondo i ricercatori del ramo (Isfol su dati Istat),
che le donne già dal 2004 hanno puntato sulla formazione per farsi strada
raggiungendo la quota del 63,3% contro il 32,4% degli uomini.

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