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Siamo in anni in cui la parità dei sessi appare conquistata pienamente anche in Italia.
Abbiamo scritto “appare”.
Certo non sono più gli anni ‘60 in cui le donne non erano ancora ammesse alla
magistratura, neanche gli anni ‘90 in cui ancora le donne non erano ammesse nei
ruoli militari ma molto molto è ancora da fare sulla strada dell’effettiva uguaglianza
dei diritti fra uomo e donna.
L’aspetto più evidente è l’organizzazione del lavoro con tempi prettamente
“maschili”, che non tengono conto dei tempi della famiglia e della “cura” dove con
“cura” si intendono i tempi dedicati alla cura appunto degli anziani, dei soggetti
deboli della famiglia, dei valori della casa.
E’ singolare come perfino i generali dell’antica Roma durante le campagne di
espansione dell’Impero riservassero tempo alla cura dei penati, gli dei protettori della
famiglia, ma come questo tempo sia trascurato dal tempo del lavoro odierno di
impronta maschile.
Quanto detto fu oggetto di amplio dibattito fra i movimenti di emancipazione
femminile negli anni ’80, che elaborarono una precisa proposta sui “tempi” del
lavoro e della cura. Appare incredibile ma 20 anni dopo la politica e la società non
hanno saputo (o voluto?) fare un passo avanti su questo tema.
Le donne che hanno voluto esprimersi sul lavoro hanno dovuto affrontare enormi
difficoltà in questi anni di emancipazione, sobbarcandosi la professione e
contemporaneamente la famiglia. Non stupisce che molte donne che giungono adesso
ai vertici della carriera abbiano rinunciato ai figli, né stupisce lo stress che coglie le
donne che svolgono professioni delicate e di grande responsabilità e
contemporaneamente allevano e crescono dei figli.
Eppure sempre più donne vincono questa sfida e ciò le rafforza.
Contemporaneamente l’ingresso della donna nel mondo delle professioni sta
provocando un lento ma inevitabile nuovo modo di gestire il lavoro stesso.
Al periodo iniziale in cui le donne più che portare la loro specificità cercavano di
adeguarsi ai modi e ai tempi maschili, adeguandosi anche nel vestire ( tailleur
pantaloni e addirittura cravatta, quanto comunque di meno femminile possibile), sta
sostituendosi un modo di lavorare che adegui le esigenze del lavoro alle esigenze del
femminile, che sono poi esigenze sacre e rese tali dalla Chiesa stessa nonché tanto
sbandierate dalla demagogia politica ( in nessuna nazione si parla tanto della famiglia
come in Italia, in nessun luogo il sacro valore della famiglia limita le libertà personali
dei singoli come in Italia, basti pensare alle leggi sulla famiglia, il divorzio, la
procreazione assistita, l’aborto).
Si osservano così professioniste che si portano i figli al lavoro, anche piccoli ed in
periodo di allattamento, e la presenza dei bambini negli uffici, anche in quelli
pubblici, non ha ostacolato il lavoro, ha invece permesso alle madri di lavorare