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11-02-2014
Il programma del corso va da Gregorio (VII sec) alla fine del XIII secolo. 11 argomenti trattati separatamente
in 12 lezioni.
Nessun testo è soddisfacente per questo corso. Per questo dovremo accettare tutti i testi e i documenti che
incontreremo in modo critico
Le coordinate spazio temporali quando si studia storia sono fondamentali, perché studiamo il cammino
dell’umanità. Non sempre potremo approfondire il quadro cronologico generale, che quindi viene dato per
presupposto. Per questo si possono utilizzare dei testi detti “cronologie” e/o un atlante storico
Il medioevo
Quando diciamo la parola medioevo non indichiamo solitamente qualcosa di positivo. Sei medievale = sei
arretrato! Ma nel medioevo nacquero orologi, conventi, scuole, università, occhiali, comuni, carte di
identità, perfino il concetto di Europa! Tanto di medioevo ancora fa parte della nostra vita, anzi il concetto
di Europa era allora molto più chiara di quanto non sia per noi oggi.
Inoltre una persona medievale aveva una capacità di alzare lo sguardo al trascendente, aveva una
attenzione per il bello (pensiamo alla cura di ogni dettaglio nelle cattedrali, realizzate senza la nostra
tecnologia)…
Medioevo… Ma quale medioevo? Quello dei longobardi o quello dei comuni? Delle confraternite o dei
monaci? Dell’economia rurale o mercantile? Il medioevo non è un monolite dal primo all’ultimo giorno,
quasi fosse una parentesi nella storia dell’umanità! Quei 1000 anni sono molto più diversificati di quanto
pensiamo!
“La chiesa fu la spina dorsale dell’Europa medievale… Essa conservò e valorizzò il patrimonio urbanistico
europeo”
Conoscenza della storia d’Europa: faremo riferimento a tempi e spazi che sono frutto di una riflessione nata
in Europa sulla storia europea. La storia della chiesa medievale si svolge prevalentemente in Europa: l’Africa
settentrionale infatti ad un certo punto sparisce dalla storia della chiesa, poi sparisce anche il vicino oriente,
o medio oriente, sparisce perfino la terra dove aveva vissuto Gesù, ma si acquistano nuove terre al centro e
nord Europa. Per questo è il continente europeo che attira la nostra attenzione, e parleremo poco di altri
continenti, per niente di Oceania ed America
Medioevo: studiare storia comporta un processo di suddivisione del continuum del tempo in periodi
definiti. Questa è una operazione culturale e scientifica, ma non materiale: il tempo non si modifica per la
nostra divisione. Essa è una convenzione! Siamo d’accordo nel definire in questo modo un certo numero di
secoli. Così facendo esprimiamo un giudizio individuando caratteristiche costanti che caratterizzano un
periodo e spariscono successivamente.
Così l’insieme dei secoli si può leggere insieme, individuando il perché certe caratteristiche sorgono, si
sviluppano e poi muoiono. A seconda delle caratteristiche che individuo, le date possono oscillare: ambiti
La riflessione sulla suddivisione del tempo nasce nell’ambito dell’umanesimo italiano. Essa non è una
assoluta novità: il tempo è sempre stato misurato (anni di imperatori…), si era ragionato su di esso, i.e,.
all’interno della chiesa contandolo dalla nascita di Cristo…
Ma quello che avviene in questo periodo e successivamente è un punto di partenza: i letterati italiano
avvertono di vivere una era di radicale trasformazione, era di recupero dei classici. Nel 400 italiano si
recuperano i valori della classicità greco-romana, considerata come ideale. Se qualcosa veniva recuperato
allora prima era stato buttato, quindi chi opera questo recupero afferma: “noi siamo diversi da chi ci ha
preceduto!”
Fu operata la suddivisione quindi in antichità classica, che aveva espresso al massimo gli ideali e i valori
umani e culturali, l’età di imbarbarimento e infine l’età contemporanea (15° sec) in cui quei valori vennero
recuperati. L’imbarbarimento era caratterizzato da rozzezza: questa valorizzazione avveniva in ambito
culturale, non religioso o di storia della chiesa. Tuttavia la percezione del proprio tempo che hanno gli
intellettuali dell’umanesimo e poi rinascimento è piuttosto confusa: non capivano che stavano staccandosi
non solo dal medioevo ma da un insieme di culture che erano state comuni a medioevo e antichità stessa:
gli umanisti non si accorgevano di essere loro l’ultimo frutto di una stagione.
La concezione umanista era quindi di vivere un tempo migliore di quello precedente, una tentazione che ha
ogni generazione e che è stata vissuta non più tardi di 30-40 anni fa.
La denominazione “medioevo” cambia in realtà da media aetas, e dopo successive valutazioni giunge alla
sua forma finale. Finora non abbiamo parlato di storia della chiesa: infatti la riflessione in questo ambito è
causata dalla riforma protestante, che usa la storia con finalità polemica. Questo utilizzo strumentale della
storia è una altra tentazione sempre presente: studiare storia significa ascoltare un documento, e uno
usarlo ai propri fini, per corroborare una mia tesi: con questo metodo leggo solo ciò che mi interessa!
Il primo in questo senso fu Flaccius Illiricus che col nuovo metodo a stampa scrisse le sue Centurie di
Magdeburgo (1559-1574), opera che fece opinione rapidamente, con lo scopo di mostrare la
degenerazione della chiesa, mostrando come il papato fosse diventato addirittura il male. Secondo questo
testo sarebbe stata la nascita della chiesa a produrre la decadenza culturale e perfino religiosa. –> Oscurità
Il mondo cattolico reagì a Flaccius: cesare Baronio, allievo di San Filippo Neri, scrisse “Annales Ecclesiastici”
(1588-1697), grande studioso di storia, che recuperò anche le catacombe. La sua opera maggiore prese
tutta la sua vita e oltre, fu infatti completata dopo di lui, e fu una opera di ampio respiro. Essa fu
completata nel 1697, anno di elezione di Innocenzo III.
Cosa caratterizza l’opera di Baronio e perché essa è più scientifica delle Centurie? Ha potuto accedere alle
fonti, ai documenti
Nel 1643 ad Anversa, un gruppo di gesuiti, animati da Jean Bolland, dà vita ad uno studio della letteratura
agiografica, per basare storicamente quelle devozioni e quelle pietà che i protestanti avevano tentato di
eliminare. Ancora una volta l’intento era militante e non puramente scientifico, ma il metodo usato fu
scientifico-filologico. Grazie a loro tantissimo materiale è stato recuperato ed edito, scandendo il materiale
attraverso il calendario
25-02-2014
Coordinata spaziale
La volta precedente abbiamo accennato come lo spazio della chiesa medievale sia molto diverso da quello
della chiesa attuale: oggi la chiesa è presente in 5 continenti, nel medioevo no. Uno spazio di circa 1 milione
di km2, che conosce zone di avanzamento ed altre di arretramento.
Il mondo in cui la chiesa si inserisce ha il suo cuore nel bacino del Mediterraneo, ma dal VII secolo
l’espansione dell’islam nell’africa del nord e nella spagna pone fine a chiese molto vive. In Europa invece
l’azione missionaria porta la chiesa nel centro nord dell’Europa; la chiesa porta avanti la missione per
rispondere al comandamento di Gesù, di andare e ammaestrare tutte le nazioni (fine del vangelo secondo
Matteo).
Vediamo dove e come la chiesa ha cercato di fare questo: nel volgere dei primi secoli la chiesa penetrò
nella società romana, poi nel corso del IV secolo entra in contatto con i c.d. barbari (balbuzienti, coloro che
parlano male la nostra lingua che però poi significherà incivili, che hanno una cultura inferiore) o meglio
germanici. Essi penetrano nell’impero romano fino a provocarne la sua totale dissoluzione nella sua parte
occidentale. Questi popoli erano già venuti a contatto con il messaggio evangelico, sebbene con la corrente
Ariana, (secondo alcuni studiosi questo avvenne per il desiderio di non omologarsi ai romani), ma molti
rimasero pagani. Questo richiese una nuova azione di evangelizzazione, non tanto nella base quanto nel
vertice sociale. I germani infatti non scacciano i romani, non fanno una pulizia etnica, ma si mescolano ai
romani-cristiani, mescolandosi con essi ed assumendo il potere.
I Franchi
Il primo popolo barbaro che si converte al cattolicesimo, senza peraltro conoscere la fase ariana sono i
Franchi. Per questo la Francia è sempre stata chiamata “la primogenita”, ed il legame tra Roma e Francia
sarà forte. La conversione avviene al tempo del re Clodoveo, che accoglie la fede tra il V e il VI secolo, poco
dopo quindi la simbolica riconsegna delle insegne imperiali da parte di Alarico.
Il battesimo di Clodoveo avviene tra il 495-499. Questa conversione ha radici profonde, già dal matrimonio
con Clotilde, e dall’opera di Remigio di Reims che fu il grande autore della conversione dei Franchi. Ma non
dobbiamo escludere un fattore politico: Clodoveo cercava di espandersi verso la Spagna e si trovava
ostacolato ai Visigoti, Ariani. Aderendo al cattolicesimo Clodoveo si può fregiare dell’appoggio delle
popolazioni romane. Fu genuina la sua conversione? Buona domanda, ma non dobbiamo mai dimenticare
che si trattava di un re, e come sappiamo la vita civile influenza quella religiosa e viceversa.
La conversione fu vista da subito come un momento epocale. Gregorio di Tours lo pone come un momento
epocale della storia dei Franchi, simile a quella di Costantino, e ne dà una interpretazione di tipo mitico.
Domanda: fu una conversione dal paganesimo al cristianesimo o un asservimento e una riduzione dei
quest’ultimo alla politica e società pagana? Fino a che punto la conversione ha annebbiato alcuni elementi
tipici del cristianesimo? Fino a che punto la novità evangelica è stata riassorbita nella mentalità pagana?
Fino a che punto è avvenuto il contrario della missione? Domanda difficile: se Clodoveo si accosta con
mentalità pagana, i suoi successori i merovingi si adoperano ampiamente per la diffusione della fede,
convocano sinodi, si adoperano per la diffusione delle riforme di Gregorio Magno. Il re prende
consapevolezza di essere un re di cristiani.
I visigoti
Abbiamo detto dei Visigoti. Anche loro passano definitivamente al cattolicesimo nel 589 con la conversione
del re Reccaredo, sancita con il terzio concilio di Toledo. Eppure solo pochi anni prima suo padre aveva
impostato una politica di rafforzamento dell’arianesimo per mantenere una separazione etnica con i
franchi. Questa linea viene contrastata dai figli, in particolare da Ermenegildo, incarcerato e assassinato. Di
lui narra Gregorio Magno (libro terzo dei discorsi)
Reccaredo, come Clodoveo, capisce il valore coagulante della religione sul popolo. È pertanto necessario
superare le due etnie, quella autoctona-romanizzata1 che costituisce l’aristocrazia locale e quella visigota,
per fare un solo popolo. L’amalgama di etnie porta alla nascita di quella nuova cultura che possiamo
definire romano germanica e che segna l’inizio del medioevo. La penisola iberica diventa centro culturale
importantissima: Toledo sarà sede culturale, sede di concili locali, si avrà Isidoro di Siviglia, una grandissima
personalità. Le chiese iberiche sono dunque molto vitali, fino a che parte di esse non scomparirà per via
dell’invasione islamica.
I britanni
Vi è un ultimo modello di evangelizzazione, ed è quello britannico. Se i due re franchie visigoti usano la
religione per il compattamento del loro regno, nella penisola britannica non c’è questo fenomeno, ma la
inversione è data da una missione promossa direttamente dal papato. Essa è la prima promossa dal papa in
un territorio tanto lontano: già in questo periodo il vescovo di Roma prende consapevolezza della sua
responsabilità verso tutto il mondo.
L’Inghilterra era abitata dai britanni, cristianizzati in passato, ma successive espansioni di Angli, Sassoni e
Iuti, avevano sospinto questi popoli nel Nord dell’isola, riportandone la gran parte all’arianesimo. È a loro
che il papa manda la missione di monaci guidati da Agostino di Canterbury (596) ad incontrare il re
Etelberto del Kent. Il monaco Beda il venerabile scrisse una storia della chiesa degli angli, dove narra che
Agostino prende contratto con questo re della regione meridionale, per cercare, convertendo il re, di
convertire tutto il popolo. La cosa avviene, ed il papa Gregorio Magno ne darà soddisfatto comunicazione al
patriarca di Alessandria; molto bella questa condivisione tra vescovi, nel senso che la missione pur inviata
dal papa, è condivisa da tutta la chiesa.
Notiamo la strategia missionaria: inizialmente i monaci hanno l’ordine di far capire al re del Kent di
distruggere i luoghi del culto pagano, ma dopo una riflessione più ponderata Gregorio manda un abate a
comunicare a Agostino e a i suoi monaci di non distruggere i templi ma purificarli e trasformarli in chiesa,
cosicché la gente continui ad usare i suoi luoghi sacri. Avviene una vera inculturazione, e Gregorio si
rende conto che non si può procedere bruscamente, ma solo per passi.
1
Senza l’appoggio dell’aristocrazia un re governa con estrema difficoltà. Ecco perché la necessità di fare collante tra le
due etnie, quella popolana cui apparteneva il re, e quella romana
1. da una parte fu il re stesso del Kent: esso confinava con Scozia e Galles, abitate da popoli rimasti
cristiani. Sentendo il bisogno di consolidare il suo regno amalgamando il popolo germanico con
l’aristocrazia romanizzata autoctona pensò non di rivolgersi ai vescovi metropoliti dei suoi popoli
vicini, a causa della inimicizia sempre esistente tra popoli germanici confinanti, ma direttamente a
Roma, mostrandoci come già allora il vescovo dell’Urbe aveva una autorità diversa da quella di tutti
gli altri.
L’antico ceto senatorio di Roma viene distrutto dopo oltre 1000 anni dai longobardi, i quali a un pdv
religioso sono pagani ma con un gruppo di fede ariana. Inizialmente si ha una separazione religiosa tra le
etnie, i pagani non sono interessati ad un proselitismo verso i cristiani, al contrario invece è tanto il
desiderio di distinguersi e non confondersi con essi che le azioni nei confronti di vescovi e autorità cristiane
è altamente violenta2. Si diffonde l’idea della fine dei tempi, si ha la sensazione di un disfacimento. Ancora
Gregorio Magno scrive: la fine dei tempi è già venuta! e narra della morte di molti martiri.
Mano a mano però la fusione avviene: nel 590 il re longobardo emana una legge per vietare il battesimo
cattolico: segno evidente che la cosa avveniva. È però dopo la morte di Gregorio Magno che si verificano le
condizioni per un passaggio globale. I pontefici successivi favoriscono il potere verso il clero locale, che
assumono maggior rilievo. In quelle chiese locali i longobardi possono inserirsi, insediare i loro capi, e dare
anche loro l’avvio a quel processo di amalgamazione.
Il re Agilulfo, insieme alla moglie Teodolinda, fa battezzare il figlio nel 604. Ma non si può parlare di azione
missionaria del papa ma di azione diplomatica. Fu durante il governo di questo figlio che avviene
l’integrazione tra longobardi e romano-goti sotto la fede cattolica.
Sarà poi l’arrivo di Colombano (612-614) a portare un monachesimo missionario che penetra nelle
popolazioni rurali a cui i monaci assicurano sacramenti e aiuti materiali. Colombano appare come un nuovo
Benedetto da Norcia, ma più severo. Egli è coinvolto nel compattamento voluto dal re. Solo nel 661 si arriva
al ripudio dell’arianesimo e alla totale conversione.
In Italia restavano nel sud i Bizantini: ecco che le chiese del sud vengono aggregate al patriarcato Orientale.
Il ducato di Benevento costituisce un punti di frattura tra Italia del centro nord e quella del sud.
2
Solo nel 671 presso Benevento ci sarà il battesimo di Longobardi ex-pagani.
In ogni modo, sul finire del primo millennio si può ritenere completa l’evangelizzazione dell’intero
continente, con l’eccezione della penisola iberica. L’appartenenza ad una unica fede appariva un elemento
di unità nuovissima tra popoli in passato tanto divisi, e il vescovo di Roma ereditava, in modo differente,
quella stessa autorità universale che anticamente era appartenuta all’imperatore. Si inizierà a parlare così
di Roma come città eterna.
11-03-2014
Il papato
Vediamo come nel periodo analizzato ha preso forma (è nato) il servizio petrino. Il primato di Pietro è ciò
che rimane fermo nella storia della chiesa, ma cambia il modo in cui esso viene esercitato. Questo perché la
chiesa non è una istituzione astratta ma una assemblea di convocati in mezzo all’umanità. Non prescinde
dalla storia, ma interagisce con essa: assume elementi che la appesantiscono, porta il fermento evangelico.
Spesso si è confusa la storia della chiesa con quella del papato: non sono la stessa cosa, ma il suo emergere
è imprescindibile.
604: morte di Gregorio Magno. I popoli barbarici sono ormai ben inseriti, l’impero romano come
compagine politica e culturale è disgregato. In esso il cristianesimo si era gradualmente inserito, al punto
che al V secolo si era arrivati ad una definizione capillare del numero di diocesi.. Anche questa si disgrega
con l’arrivo dei germani.
Con la deposizione di Romolo Augustolo i pontefici devono affrontare una situazione nuova. Già dal suo V
secolo la sua posizione assume una importanza capitale: ricordiamo il papa Leone I Magno facente parte di
una delegazione che incontra Attila al Mincio, episodio trasfigurato in modo leggendario.
Nell’VIII secolo papato e re dei franchi si avvicinano reciprocamente, dando vita a un processo politico che
darà un assetto durevole alcuni secoli.
Tra il 726 e il 730 si viene a creare una tensione tra il papato e l’imperatore di Costantinopoli, a motivo del
divieto di venerazione delle immagini (iconoclastia). Si rompono i rapporti tra due autorità religiose e
cristiane: imperatore d’oriente e papa.
La crisi fa sì che il papa inizia a sviluppare una azione anche politica autonoma. Ma siccome l’autorità
ecclesiastica non è politica, ha bisogno di una protezione: il papa avverte questo bisogno e si guarda
intorno: in Italia ci sono i longobardi, pagani e ariani. Il loro processo di conversione è lento. Le vecchie
autorità romane sono decadute, tanto che i vescovi assumono anche oneri civili, essendo unica autorità
rimasta.
I papi del VII secolo iniziano a rivendicare l’esclusività, o meglio l’autorevolezza somma, di parlare di cose di
fede, rispetto all’imperatore e rispetto a metropoliti e patriarchi. Sono soprattutto Gregorio II e III a
difendere questo vertice.
In Italia il papato si sente senza protezione: l’autorità bizantina in Italia non è più in grado di difenderla, ed
è pure in contrasto: in Italia meridionale le chiese vengono annesse al patriarcato di Costantinopoli.
Il papa allora si avvicina ai Franchi: convertiti, politicamente solidi, senza tradizione ariana. Gregorio III
scrive a Carlo Martello dei Franchi lamentando le violenze dei longobardi. In realtà il re Liutprando era
protettore della chiesa, e nel 728 aveva donato il territorio di Sutri! Ponendo le basi per la nascita del futuro
stato della chiesa.
Il suo successore Ratchis perde il regno per aver rinunciato a Perugia e si ritira in monastero. Insomma i
longobardi non erano nemici, eppure il papa non si fida di loro, e si fida maggiormente dei franchi, un
alleato forte e non troppo vicino: i longobardi iniziano a conquistare Ravenna e il papa teme di trovarsi i
longobardi in casa, teme di ritrovarsi suddito longobardo: lui, autorità universale, si sarebbe ritrovato
costretto all’interno di una nazione.
Carlo Martello aveva sconfitto gli arabi a Poitiers, aveva cercato di evangelizzare i Franchi. Mentre i
longobardi cercano di eliminare la presenza bizantina e riunire il loro stato, il papa stefano II va da Pipino,
figlio di Carlo Martello, chiedendogli di riconquistare i territori ex bizantini per consegnarli alla chiesa: la
chiesa si pone dunque come erede dell’impero romano. La dinastia Pipinide aveva compiuto un colpo di
stati scalzando i Merovingi ormai alla fine.
Nel 754 Pipino viene unto Re dal Papa: per la prima volta nella storia dell’Occidente si ripete un episodio
biblico, quale l’unzione del Re Davide: l’unto di Dio chiamato a proteggere il sacerdote. Il re dei franchi si
sente legittimato a guidare anche le vicende cristiane, su modello di Davide. Per un certo periodo
l’unzione del re sarà considerato un sacramento!!
Anche il re allora è rappresentante di Dio, perché riceve questo potere da Dio stesso! Si crea un secondo
potere universale. Pipino inizia a definirsi nei suoi documenti Re per grazia di Dio, e tale definizione resterà
in Italia fino al 2 giugno 1946.
Questo atteggiamento porta Pipino ad occuparsi con grande fervore della chiesa: non c’è ancora ingerenza
dello stato sulla chiesa, ma corresponsabilità avvertita. Poi le cose cambieranno, lo vedremo..
Il papa chiede aiuto militare ai franche, che inizialmente erano solidali dei longobardi: Carlo sposerà la figlia
del re longobardo, che poi sarà rinviata al padre come segno di rottura totale: infatti, a difesa del papa
Adriano I, i franchi invadono Pavia, mettendo fine ai Longobardi.
Questa situazione nuova ha influssi sulla vita religiosa: il clero inizia ad assumere un ruolo sempre più
importante, anche a livello funzionariale. Nel sud Italia invece si allenta il legame con Roma: in Sicilia,
urbanizzata, i vescovi tendono a diventare autonomi.
Il papa Leone III, fuggito dal carcere dove era stato posto dai suoi nemici (famiglie romane) incontra Carlo e
gli chiede di venire a Roma. Nella notte di Natale dell’800 Carlo viene incoronato imperatore: si restaura
l’impero d’Occidente.
Il fatto diventa enorme: le fonti discordano sull’evento, Carlo era d’accordo o fu una sorpresa? Di fatto
viene sancita una cosa chiara: Carlo era signore di numerosi regni ormai. Ma non vuole porre la sua sede a
Roma, si sposta ad Aquisgrana. Roma non è più sede politica, mantiene il primato d’onore però.
La traslazione della sede imperiale da Oriente ad Occidente fu frutto della rapidità decisionale del Papa.
Il ruolo del vescovo di Roma si rafforza dunque. Nella seconda metà del IX secolo (Niccolò I) il prestigio del
papato si traduce in una autorità effettiva del papa sulle chiese occidentali: il ricostituirsi di una compagine
unitaria politica aiuta in questo, è chiaro!
La conquista dell’africa settentrionale e della spagna da parte dell’islam aveva eliminato tutti i concorrenti
dei Roma: Gerusalemme Antiochia e Alessandria avevano perso la loro funzione, quindi dei 4 grandi
patriarcati antichi resta solo Roma! Infine la prassi del ricorso a Roma da parte dei riscovi metropoliti nei
confronti dei vescovi suffraganei accresce questo. Infine le azioni missionarie in Scandinavia e Est Europa
costituiscono il lievitare in modo inedito del prestigio di Roma, e ciò malgrado un evidente deficit culturale
nei confronti dell’Oriente che aveva reso il papa debole nei dibattiti teologici.
Nel corso del IX secolo la chiesa riesce a superare il ritardi dottrinale, grazie alla riscoperta di testi antichi,
greci, ritradotti, e grazie a Testi di Gregorio Magno.
Ma con Niccolò I (858-867) nasce il primato giurisdizionale: quello morale non era mai stato messo in
discussione! Fu il gradini preliminare del programma politico di Gregorio VII e Innocenzo III. C’è cioè una
sorta di scala che ha il suo vertice in Innocenzo III, il gradino intermedio in Gregorio VII e la base in Niccolò
I. Questi 3 papi sono momenti di forte accelerazione: l’importanza di Niccolò I consiste nell’aver annunciato
tutta la vita un grandioso programma: in opposizione ai particolarismi di alcuni vescovi, Niccolò I sostiene
l’universalità della chiesa, ottenendo pure l’accusa di essersi eretto a imperatore del mondo. Per Niccolò il
papa era posto da Cristo a capo della chiesa universale, anche d’Oriente, giudica tutti e non è giudicato da
nessuno. I punti cardine del suo programma costituiscono gli elementi portanti della sua ecclesiologia: il
papa è sovrano supremo, lo stesso episcopato sarebbe una derivazione dello stesso papato!
Anche l’azione politica va in questa direzione, ma non riesce. Si scontra ad esempio col vescovo di Ravenna,
maggior sede occidentale dopo Roma. Ma anche l’arcivescovo di Reims, Incmaro, solleva riserve sulla
facoltà del papa di giudicare i vescovi.
Questa crisi è contemporanea alla crisi dell’impero carolingio: alla morte di Carlo Magno, la trasmissione
dell’eredità è divisa in parti uguali a tutti gli eredi: Carlo ha un solo erede, ma questi avrà più figli. E allora
avremo il disgregarsi dell’impero in tanti regni locali, e l’unico collante resta allora il cristianesimo!
Niccolò I vive a metà del IX secolo, dunque. Il Lorz scrisse che lui è il seme di grano che muore, la sua
ecclesiologia muore con lui ma è destinata a portare frutti. Il X secolo è detto di ferro o oscuro. Le
mutazioni politiche seguite alla crisi carolingia coinvolgono il papato, di cui affiorano le debolezze
strutturali, ma anche i vari vescovadi e abbazie. Se in passato questo periodo fu letto come la
subordinazione del potere ecclesiastico a quello politico, oggi si parla di ambiguità.
Abbiamo poi un fatto importante: la fondazione del monastero di Cluny (909-910) in Borgogna. Essa è
promossa da un laico, che per evitare che un vescovo possa intromettersi, lo pone sotto la protezione del
papa con la formula della donazione ai santi Pietro e Paolo. Inizialmente doveva essere un monastero
privato, ma ha un patrimonio grande, e lì nascono riforme liturgiche: la commemorazione dei defunti, la
preghiera di intercessione per i defunti, il primato della preghiera… Ma ciò che più conta è il tentativo di
sottrarre il monastero alle autorità locali e sottomettendolo al papato, in un momento in cui il papato è in
crisi!
Il papato entra nel giogo delle grandi famiglie romane, specie quella dei Teofilatti. Sarà la figlia di Teofilatto
a scegliere i Papi e farli morire quando non le piacciono. La chiesa tutta guarda alla situazione di Roma con
grande preoccupazione!
Si diffonde la prassi di celebrare più messe al giorno per questioni economiche, tanto che nel 1022 questo
verrà proibito.
E nonostante le gravi crisi del papato, esso mantiene il prestigio grazie alla distinzione tra la persona e
l’ufficio, e soprattutto grazie al buon funzionamento della cancelleria. L’impero era crollato, ma grazie alla
cancelleria il papato non crollò.
Parentesi: non dobbiamo mai dimenticare che il grande protagonista della storia della Chiesa è lo spirito
Santo. In momenti in cui ogni istituzione umana crolla, la chiesa non crolla perché affidata allo Spirito
Santo. Questo non si scrive nei libri di storia, ma noi non possiamo mai dimenticarlo!!!!
936: punto di svolta nella storia del papato. Viene eletto re di Germania Ottone I di Sassonia, capostipite di
una dinastia breve, ma di alta qualità. Egli fu fortemente consapevole di essere erede dei carolingi, per cui
rinsalda il legame delle due istituzioni. Una unica potestà, ma con 2 funzioni distinte affidate a 2 persone
distinte, il papa e l’imperatore. Su pressione dei Teofilatti il papa non accetta questa incoronazione regale.
Ma successivamente, Giovanni XII3, appartenente proprio ai Teofilatti, minacciato dal marchese Berengario
di Ivrea, chiede aiuto a Ottone promettendogli quella corona imperiale che gli era stata rifiutata. Lo
incorona imperatore nel 962 e si costituisce il Sacro Romano Impero Germanico (vedi sotto).
Altri fatti importantissimi legati a Ottone I:
1. Per assicurarsi che i feudi non venissero tramandati ereditariamente, li affida ai vescovi. Nascono
così i vescovi-conti. Il side-effect di questo fu l’immischiarsi della chiesa sempre più nel potere
temporale
2. Promulga il privilegio Ottoniano, col quale decreta che il papa eletto debba essere riconosciuto
dall’imperatore, si arrogava il diritto di pronunciarsi preventivamente sull’elezione del pontefice e
sceglieva i vescovi. Forte di questo privilegio, depone Giovanni XII ed elegge il proprio segretario di
corte, Leone VIII.
3. Sempre il privilegio Ottoniano fa sì che l’imperatore incoronato debba necessariamente essere
Germanico. Si costituisce il Sacro Romano Impero Germanico, che sopravvivrà fino al 1806 quando
Napoleone deporrà l’ultimo esponente, Francesco II
Succede Ottone II, che aveva sposato la principessa bizantina, per rinsaldare i due imperi. Ottone II muore
quando il figlio ha solo 4 anni, quindi la reggenza va alla madre, finché il figlio Ottone III non ha 18 anni. Il
quel momento la sede papale è vacante: Ottone fa eleggere papa il cugino Gregorio V, da cui sarà
incoronato imperatore
3
Primo papa della storia a imporsi un nome nuovo da Pontefice
1. La stagione della riforma non fu lineare, e questo ne rende più difficile la piena comprensione.
2. Non va tutto letto nella dialettica riformatori – non riformatori, sarebbe riduttivo. Alla fine
prevarrà la linea del papato, che trae dalla linea monastica. Ma non vanno dimenticate le azioni
locali di alcuni vescovi, che permettono il recupero del culto dei santi locali (quasi sempre il martire
primo vescovo della città), la ricostruzione delle chiese cattedrali, organizzazione del clero in forma
canonicale, ovvero con la creazione del capitolo delle cattedrali. I canonici fanno vita comune con la
regola di sant’Agostino e hanno attività pastorale attraverso studio, predicazione, ospitalità e
accoglienza.
3. Più che tra vescovi e monasteri, la dialettica si sviluppa tra dimensione di chiesa locale e
dimensione universale del papato. Può apparire come una lotta di potere, e questa componente
non si può escludere del tutto, ma in profondità ci troviamo di fronte a modelli ecclesiologici
differenti
Nell’XI secolo dunque si presenta questo movimento dal basso da cui il papato non resta estraneo.
Avevamo parlato della fondazione di Cluny e della soggezione direttamente a Roma. La storiografia in
questo vede il primo segno evidente del desiderio di riforma. Ma c’è bisogno di aspettare un secolo.
Con la morte nel 1002 di Ottone terzo fallisce il tentativo di renovatio imperii romanorum e la chiesa si
ritrova soggetta alle lotte tra le famiglie romane, le quali bloccano l’azione del papato. Gli Ottoni si erano
infatti fatti garanti del papato. Si arriva addirittura alla compresenza di 3 papi eletti contemporaneamente,
situazione in cui interviene l’imperatore Enrico III che li depone tutti e tre ed elegge Clemente II. Clemente
poi gli conferisce il titolo di patrizio romano, rendendolo capace di partecipare alla elezione del papa.
Tutti i papi eletti da Enrico III saranno papi tedeschi che si batteranno per l’eliminazione di simonia,
concubinato e l’affermazione dell’elezione del vescovo dal clero e dal popolo.
Dei papi tedeschi ricordiamo in particolare Leone IX (1043-54), il nome più noto prima di Gregorio VII.
Leone proviene dai ranghi monastici e nel corso dei secoli precedenti era stato proprio il monastero a
conservare la forma della chiesa primitiva, come un mito da realizzare conformandovi la chiesa del tempo.
È sempre questo il modelle cui guarderanno riformatori, movimenti ereticali, ecc.. Si forma l’evangelismo,
una attenzione al vangelo vissuto come descritto negli Atti dalla chiesa primitiva: celibato e castità,
povertà, vita comune, vita solitaria x maggiore contemplazione, la penitenza, l’umiltà , l’obbedienza,
preghiera più frequente ed intensa..
Alla morte di Stefano IX (1059-61) le famigli romane pongono sulla cattedra romana il vescovo di Velletri
Benedetto X, attraverso una elezione simoniaca, ma dall’altra parte il partito riformatore elegge Niccolò II.
La soluzione di questo scisma è la creazione di un collegio ristretto che si occupi della elezione del Papa, i
cardinali vescovi; al clero e popolo si riserva solo l’accettazione, all’imperatore solo l’honor e la sententia. E
anche l’ordinazione episcopale in modo laico viene bandita.
Cosa accade nell’area umbra? C’è un fatto che accade nella diocesi di Città di Castello, e che ci fa parlare
della dialettica chiesa locale e universale, poiché Pier Damiani si ergerà contro il vescovo. In una lettera
scritta al Papa, Pier Damiani si ergerà contro il vescovo di Pesaro definendolo simoniaco, e con lui anche
quello di Città di Castello. Il vescovo Pietro, che permase a lungo sulla cattedra, quando Pier Damiani scrive,
aveva promosso la ricostruzione della cattedrale dedicandola nel 1023 ai santi confessori Florido (vescovo)
e Amanzio (sacerdote). Raccoglie nella cattedrale le reliquie venerate in una pieve locale, costituisce i
canonici, beneficando ampiamente il capitolo concedendogli delle pievi. Afferma la sua autorevolezza in
città. Fa presiedere la dedicazione della cattedrale al vescovo di Arezzo, uno dei più grandi riformatori.
Ma allora, se fosse davvero stato un vescovo simoniaco, il vescovo castellano avrebbe fatto tutto questo?
Avrebbe invitato il vescovo aretino?
Il motivo è quello della coesistenza delle due linee di riforma, locale e universale.
Il monastero di fonte Avellana in questo periodo fornirà tutti i vescovi di Gubbio, che saranno quindi
riformatori. Il vescovo di Gubbio si definiva vescovo di San Mariano, poiché le reliquie di questo santo
Africano erano state portate dai bizantini (né più né meno come quelle di Sant’Agostino che ora sono a
Pavia).
A Perugia con il vescovo Andrea si promuove una congregazione di chierici: l’idea è che la vita comune
qualifica l’azione pastorale e ancor prima la vita spirituale! E questo si ha mantenendo i chierici lontani dagli
affari mondani. Ad Assisi avremo una grande attenzione al patrono San Rufino, il cui piccolo oratorio viene
ingrandito ed assume la forma della cattedrale attuale. Lo stesso accadrà successivamente a Spoleto,
Foligno, Amelia.
Il policentrismo tipico dell’Italia centrale è dovuto alla mancanza di una grande città, un grande centro
urbano vasto che ne comprenda altri inferiori, poiché i vari piccoli centri si equivalgono. Successivamente
avremo il formarsi di città come Pisa, Firenze, Siena… L’Italia del pieno e tardo medioevo è l’Italia della
città: questo non si ritrova altrove.
Abbiamo detto che nel 1059 si stabiliscono norme per l’elezione del papa riservandola ai cardinali. Ma
particolare fu l’elezione di Gregorio VII (1073-1085). Egli è eletto a furor di popolo, senza una procedura
canonica, né vecchia né nuova: questo ci dice della notorietà ed apprezzamento.
Con lui il papato vive una fase di svolta: egli giunge ad una riforma non applicando un modello ideale, ma
scegliendo svolte concrete, attraverso:
1. Rinnovamento della figura del prete, con distinzione di ruoli tra laici e chierici
2. Definizione dei rapporti tra papato e impero
Documento chiave di Gregorio che enuncia il suo proposito è Dictatus Pape4 (1075), un elenco di 27
proposizioni.. Un elenco, dei punti che avrebbe voluto sviluppare in seguito, degli appunti poi non
rielaborati, un manifesto programmatico? Non lo sappiamo, ma in ogni modo contiene elementi base di
ecclesiologia e dell’azione di governo e pastorale di Gregorio VII. Gregorio non inventa niente, porta solo a
compimento germi già presenti da Niccolò I:
4
Nel medioevo non si usava il dittongo ae. Testo del dictatus nel libro “Profili di storia antica e medievale C”, pag. 275
Sono tutti elementi di novità! Inizia quindi un trasferimento di funzioni dal locale al centrale e che avrà il
suo compimento pieno nel Concilio di Trento.
Ricordiamo anche cha da Leone IX si iniziò ad usare occasionalmente la donazione di Costantino (i papi
stessi forse sono consapevoli che sia falso e lo usano poco).
Il fondamento di questo è che la chiesa rivendica la libertas ecclesiae, dalla investitura laica che costituiva
una ingerenza del potere temporale.
Gregorio VII scrive a Guglielmo il Conquistatore, ribadendo la dignità apostolica e quella regia, come sole e
luna: le due autorità non sono alla pari. Con questa immagine Gregorio supera definitivamente la
co-primarietà delle autorità evidenziata dalla elezione di Carlo Magno, e ora l’unica autorità di derivazione
divina è quella papale.
01-04-2014
Niccolò II aveva compiuto il primo passo nel 1059 col decreto5 che riservava ai cardinali il diritto di
nominare il papa, ma Gregorio sottrae al sovrano di investire i vescovi con anello e pastorale.
Con Gregorio abbiamo una riforma di tipo monarchico della chiesa; questa nuova concezione fu alla base
del radicalizzarsi dell’intolleranza religiosa verso differenze interne o esterne.
Con il pontificato di Pasquale II (1099-1118) abbiamo condanna continua dell’investitura laica (che
proseguiva) e il portare avanti di strutture di compromesso. È con l’imperatore (sovrano germanico e solo
parzialmente italico, poiché i comuni avevano avviato autonomia) che la prassi di investitura continua.
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Testo del decreto nel libro “Profili di storia antica e medievale C”, pag. 274
Gli storici esprimono giudizi controversi su questo trattato: de-mondanizzare l’alto clero, ideali di povertà,
atto sconsiderato!
Il problema della commistione tra ecclesiastici (alto clero, abati, ecc..) e cariche pubbliche avviene nel
periodo carolingio, poiché solo loro erano formati anche a livello giuridico, e quindi utili all’amministrazione
pubblica. Pasquale II è disposto a scardinare l’ambiguità di queste figure.
Il papa viene addirittura arrestato, e accusato di eresia, ma il concilio lateranense non scomunica ne
depone il papa.
Pur con questa situazione di confusione e di tentativi mal riusciti, il papato di Pasquale II mostra come sia
stato complesso cercare di risolvere il problema dell’investitura laica: il problema decadrà per il mutare
delle condizioni storiche, ma si arriva a un compromesso nel 1122 (concordato di Worms),7 che peraltro
fisserà i rapporti tra papato e impero in modo diverso in Italia e Germania.
Le chiese cattedrali individuano nel corpo dei canonici la base elettorale. Ora non è più così, ma alcune
diocesi sparse per il mondo (in Svizzera) ancora alcune diocesi mantengono questo diritto. Nella Germania
l’elezione doveva avvenire dall’imperatore o suo delegato. Il vescovo veniva investito di diritti feudali e
fiscali e poi solo dopo veniva ordinato, in Italia avveniva il contrario.
L’ultimo passaggio di questo cammino verso un accentramento del potere supremo nelle mani del papa si
ha con Innocenzo III. Con lui abbiamo la ierocrazia: si supera anche quella visione dei due poteri con
subordinazione elaborata da Gregorio VII (sole e luna) e si arriva a terrorizzare la plenitudo potestatis nelle
mani del papa, il quale non la esercita ma delega il potere temporale all’imperatore. La subordinazione è
totale. All’imperatore chiaramente questo concetto non piaceva!!
Con Innocenzo siamo di fronte a una grande personalità. È difficile ricondurlo a schemi interpretativi,
perché tradizionalista e aperto al nuovo. Il suo pontificato si chiude col grande concilio lateranense IV, che
porta tutto il potere nelle mani del papa. Il potere non deriva dalla chiesa, ma da Cristo stesso, un potere di
cui solo il papa è depositario e distribuisce, un potere con cui il papa conduce il gregge alla salvezza.
L’imperatore è come un vicario in temporalibus.
Questa è solo la cristallizzazione di quella distinzione medievale tra bellatores e laboratores.
Il lateranense IV ha introdotto l’obbligo di confessarsi e comunicarsi almeno una volta all’anno a Pasqua.
Ripartizione territoriale:
Diocesi
Pieve: è la chiesa matrice di un territorio. È una chiesa rurale con annesso battistero.
Nell'Alto Medioevo la pieve, detta chiesa matrice o plebana, era al centro di una
circoscrizione territoriale civile e religiosa oggi un po’ decaduta, ma al tempo l’importanza
della pieve era grande. Ed in molti toponimi c’è ancora (pieve di campo, città della pieve).
Le pievi non nascono tutte insieme ma man mano che procede la cristianizzazione della
compagne e man mano che la diocesi ritiene necessario. Alcune chiese non nascono come
pievi e lo diventano, o viceversa. Essendo una struttura pastorale non è mai in un luogo
inaccessibile, ha una struttura particolare. È una chiesa di dimensioni medie, e presso di essa
c’è una struttura, che a volte si chiama canonica, nella quale vive il rettore della pieve
(arciprete) ed altri collaboratori, altri preti (cappellani) o dei chierici di ordine minore.
Possiede terre dal cui sfruttamento mantiene l’arciprete e i collaboratori. è la chiesa matrice
di un territorio, come lo è una diocesi, e quindi solo la pieve ha il fonte battesimale, solo
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L’imperatore veniva scelto da dei grandi elettori (vescovi e principi), in genere era il Re di Germania
7
Testo del concordato nel libro “Profili di storia antica e medievale C”, pag. 277
In linea di massima le pievi di conferimento del vescovo avevano il pievano nominato dal vescovo, quelle
del capitolo dal capitolo. Vi erano poi pievi dipendenti dal monastero, il cui arciprete era nominato
dall’abate.
Nell’XI secolo l’Italia si riveste di Pievi
In questo periodo scompaiono le città della Romania: cambio delle rotte commerciali, allagamenti, città in
pianura non difendibili in fasi di guerra. Se le città antiche scompaiono, i loro territori vengono affidati ai
vescovi vicini, per cui l’uguaglianza territoriale municipio = diocesi non vale sempre.
Le diocesi non solo scollegate, ma vengono organizzate in provincie ecclesiastiche con a capo un
metropolita. Si vede meglio nell’oltralpe che nell’area centro italiana, perché le diocesi per lungo tempo
fanno parte della provincia romana (il metropolita è il papa). I vescovi umbri andavano ai sinodi romani.
Altri grandi province: Ravenna, Milano, Aquileia. All’interno di una diocesi il riferimento è il vescovo.
Per tutto il medioevo con civitas si intende il luogo dove risiede il vescovo, indipendentemente dalle sue
dimensioni!! Ad esempio Nocera, Amelia, San Leo erano tutte considerate civitas, sebbene oggi nessuno le
definirebbe città in rapporto a Prato, eppure nel medioevo San Leo era città e Prato no, sebbene avesse
una dimensione nel 300 che già ne faceva un importante centro abitato toscano!
Come si è detto molte diocesi scompaiono, quelle che restano si accrescono inglobandole, Quella di CdC
perde territori causa nascita di Cortona e altre diocesi, quella di Terni viene ricostituita.
Quindi i territori mutano spesso, ciò che resta è ciò che la diocesi è. Nel medioevo c’è grande libertà nei
confini delle diocesi, in età moderna si fossilizzano e iniziano a identificarsi con gli stati.
È il vescovo diocesano al centro della diocesi: convoca il sinodo, autorizza pievi e parrocchie, conferisce
ordine e compie la visita pastorale (cosa che nasce già nel XIII secolo e nel CT diventerà obbligo). La prima
documentata il Umbria è del vescovo Matteo nel 1222 a CdC. Si svolgeva per pievi e non parrocchie.
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Le sovrapposizioni di poteri nel medioevi era un classico
Il vescovo
Fin dall’inizio della chiesa questa figura era presente. Nei secoli è cambiato il modo di esercitare le
funzione, ma il vescovo è restato il capo della comunità cristiana che vive in un territorio. Sono i detentori
del potere di legare e sciogliere, che conferiscono ai preti, accolgono voti, amministrano sacramenti,
espongono reliquie di cristiani defunti (quindi li canonizzano). Nella stagione della riforma gregoriana però
questa figura conosce una notevole crescita, evidenziata dalla ricostruzione delle cattedrali e dai santi
patroni.
Il decreto di Graziano, un documento fondamentale per il diritto canonico, specifica il ruolo del vescovo. Il
vescovo è scelto quasi sempre all’interno del capitolo della cattedrale, e non dal papa, ma dalla chiesa
diocesana (cambierò gradualmente nel 13° secolo). Nella Francia del Sud del 12° secolo provengono in gran
parte dal clero regolare (monaci benedettini e canonici regolari), pochi dal clero secolare. Nel caso di una
diocesi metropolitana raramente si verifica lo spostamento del vescovo: val il principio antico per cui si
viene ordinati ad una sede. In genere i candidati vengono scelti o tra chierici istruiti o tra i cappellani
imperiali.
Il procedimento dell’elezione episcopale è preciso: il capitolo si riunisce x scegliere il vescovo, viene scelta
la data di consacrazione presieduta dal metropolita a da 2 suffraganei. Non mancano casi dubbi:
partecipazione di abati e laici alla elezione in qualità di assistenti, e poi quale maggioranza qualificata? Il
criterio medievale era quello della sanior pars, ma come la si individua? È un criterio soggettivo! Oppure la
presa di possesso di un vescovo eletto ma non ancora consacrato, problema che si aggrava nel 12° secolo.
Normalmente di ritiene che il vescovo eletto non abbia facoltà di governo, ma questo può creare situazioni
di stallo: in Francia durante il periodo di Barbarossa vi erano solo vescovi eletti (perché fedeli all’imperatore
mentre il metropolita no). La situazione fu risolta con il Lateranense IV che risolse conferendo al vescovo
eletto la possibilità di ordinare.
Con clero diocesano si intendono tutti chierici, non solo preti e diaconi, ma anche tutto il modo degli ordini
minori (ostiariato, lettorato, esorcistato ed accolitato). Chi vi accedeva doveva subire la tonsura, e poteva
già essere rettore di una chiesa. Il termine clericus era generico: si riceveva l’ordine minore con una
cerimonia semplice che prevedeva la consegna degli oggetti come oggi:
- Ostiario: apre e chiude porte di chiesa e sacrestia
- Lettore: legge, canta, benedice le primizie
- Esorcista: allontana gli scomunicati
- Accolito: gestisce il cero per illuminare la particola consacrata, offre l’acqua e il vino e durante la
celebrazione
Ordini maggiori:
- Suddiacono: assiste il presbitero, presenta calice e patena, proclama la lettura dell’epistola
- Diaconato: predica e amministra il battesimo
- Presbitero:
o Cappellano: chierico che appartiene alla cerchia di una persona importante, titolare di una
altare di una chiesa grande in cui sono costituite cappelle (cattedrali, ma anche pievi o
monasteri); ciascuna cappella aveva un beneficio, la cui rendita manteneva il chierico, il
quale celebrava la messa secondo le disposizioni del fondatore. La parola può anche
indicare il sacerdote che più direttamente esercita la cura d’anime
o Parroco (o proprio sacerdote o pastore proprio): il Lateranense IV favorisce la visita
pastorale e la formazione dei preti anche umili
I canonici sono i grandi protagonisti della vita della chiesa tra XI e inizio XIII secolo. È un fenomeno tipico
dell’Occidente: il capitolo è un collegio di chierici (non solo preti) dedito al servizio liturgico di una chiesa. Il
principale è quello di una cattedrale. Nascono come sacerdoti secolari, poi si strutturano con una regola,
quella di Agostino, perché molto duttile ed adattabile. Per tutti i canonici l’ideale era quello della chiesa
primitiva, apostolica.
Tra i canonici l’attività intellettuale è ampia: essi hanno una biblioteca ed una scuola, che non era chiusa;
esercitano carità negli ospedali (che non erano case di cura ma di accoglienza x persone prossime alla
morte, erano molto simili agli attuali hospice)
La canonica della cattedrale era simile ad un monastero: chiostro (come quello di PG), altre forme esterne
come quella della preghiera e della vita ritmata. Nelle normali università, entrati nello studio, si accedeva
ad un circolo internazionale: si creerà una fuga di cervelli. Questo non avveniva con i capitoli
Colui che presiedeva il capitolo viene chiamato Preposto, Primicerio (primo nome scritto sulla tavoletta di
cera), o Cardinale. Ogni capitolo aveva la sua struttura, le sue caratteristiche. Aveva abbiamo detto la sua
biblioteca, a servizio sia della scuola che della sacrestia.
Nei secoli XI e XII il capitolo riveste una rilevanza culturale eccezionale: è la grande stagione della scolastica.
Il numero medio dei canonici era 20-25. Non tutti i canonici vivono nella chiesa principale, ma possono
vivere in chiese da essa dipendenti: canonici diventano arcipreti di pievi, ecc..
Durante la stagione della riforma, i riformatori accentuano la distinzione tra chierici e laici. I due vanno via
via separandosi, ai laici viene ridotta importanza, che invece è accresciuta x i chierici. Abbone di Fleury
applica ai tre ordini la parabola dei talenti, applicando una distinzione: i tre ordini sono monaci, chierici e
laici. Il laico è buono, però la carne e le sue passioni sono negative, tanto che il matrimonio è permesso
come minore dei mali. Il livello del monaco è quello eccellente, che può inseguire la perfezione cristiana,
perché distaccato dalla vita materiale: la carne è intesa come male.. anche i laici si convincono che sono
inferiori religiosamente, e si convincono che la salvezza arriva nel chiostro. Non sarà infrequente che anche
dei coniugi si separino prima di morire per entrare in monastero, lo stesso accadeva per i mercanti, i quali
avendo professato una professione a rischio tutta la vita operavano una conversione a fine vita.
Cita Umberto di Moyenmoutier.
29-04-2014
Fin dal IV secolo si operò una distinzione tra la minoranza di chierici ed il laios, il popolo, da cui laici. Tra i
due gruppi vi è sempre stata una dinamica di solidarietà e contrapposizione, ma non lotta di classe alla
Marx, quanto un dibattito ed una riflessione teologica che poi però ha avuto ripercussioni sul vissuto dei
cristiani.
Nella fase iniziale la fede cristiana penetra solo superficialmente. Nell’8 secolo la gerarchia tentò davvero di
fare una cristianità, a partire dall’imperatore. Nell’841 Valfrido Strabone parlava del connubio tra ordini
clerici e laici, il cui amore reciproco edifica una unica casa di Dio. In questa prospettiva, la chiesa e lo
“Stato” si vedono assegnare lo stesso obiettivo, condurre il popolo alla salvezza.
Il condominium durerà però poco: nella maggior parte delle regioni, quando si sgretola il potere carolingio,
i signori locali e la chiesa locale cercheranno gradualmente di differenziarsi: i signorotti tentavano di
infiltrarsi, di usare la chiesa per i loro scopi. L’intromissione di un imperatore laico era ammissibile ed anzi
di aiuto, ma tanti re deboli invece creavano solo pericolo e confusione, perché per sostenere la loro
debolezza strumentalizzavano le istituzioni ecclesiastiche.
Dal 7 al 11 secolo si avviano reazioni a questo, il caso eclatante è quello di Cluny.
I riformatori sono indotti, in reazione alla infiltrazione dei nobili, quindi ad amplificare la distinzione tra
clerici e laici. Il monastero, che inizialmente era terra comune per clerici e laici (pochi monaci erano chierici)
comincia a diventare clericalizzato.
Adalberone di Laon, inventando niente di nuovo, portò l’immagine della tripartizione piramidale (oratores,
bellatores, laboratores): una tripartizione in gruppi distinti, ma in modo funzionale: ciascun gruppo infatti
svolge la sua funzione per tutti gli altri. Gli oratores pregano per tutti, i bellatores difendono tutti, i
laboratores procurano il cibo x tutti prevalentemente lavorando la terra. Al di sopra di tutto si pone il
sovrano, garante del buon funzionamento della società.
È questo il periodo in cui il nobile è considerato bello, modello sociale, e in cui tutti i romanzi e poemi
cavallereschi sono ambientati.
Attenzione: di questa epoca non abbiamo fonti scritte da laici! La nostra analisi si basa su fonti di parte.
La chiesa lavora anche sulla clerogamia: rendendo tutti i sacerdoti come monaci, si fa sì che i laici,
sposandosi, si allontanino sempre più dalla perfezione. Il popolo è ridotto a una massa cui si chiede solo di
pagare la decima ed obbedire al curato. Ancora nel CDC del 1917 ai laici veniva riconosciuto un solo diritto:
essere istruiti dai chierici!!!!!
Si sviluppa allora una possibilità di far entrare i laici in monastero per lavorare per i monaci. È la pratica
della oblazione, una forma di vita laicale che porta il laico a condividere al vita dei monaci senza essere
monaco. L’oblazione è l’offerta di sé e delle proprie sostanze ad una comunità di monaci (o in alcuni casi al
vescovo e a comunità mendicanti).
I monaci cominciano ad assumere un livello superiore anche agli stessi chierici. La maggior parte degli
autori ecclesiastici successivi alla stagione della riforma afferma che tra i battezzati vi sono molte
differenze: solo lo strato monastico e poi quello clericale portano alla perfezione.
La distinzione deriva da Agostino ed è poi ripresa da Gregorio Magno: i laici, presi dalle cose terrene, sono a
contatto con la terra, i religiosi con il cielo!
Tuttavia questa visione gerarchica non impedirà il pieno coinvolgimento dei laici che soprattutto a partire
dalla fine del 12° secolo conosceranno ambiti di vita propria: nascerà il laico religioso, il frater, un religioso
consacrato.
Si apriranno degli spazi nel corso del 13° secolo molti ampi, che saranno occupati da laici.
Questi laici si associano per ascoltare la parola di Dio, compiere opere di misericordia, perfino a volte
predicare: nascono le confraternite (o misericordie). Queste confraternite diventano il tramite della carità,
ricevendola dai fedeli e ri-distribuendola. I laici ad esempio lasciavano testamento alla confraternite, che
nel giorno del funerale dovevano distribuire il pane.
Tra le confraternite, le più antiche non hanno caratteristiche particolari: sono miste, dedite alla devozione e
alla carità, hanno propri statuti, sono riconosciute dal vescovo, hanno una propria chiesa costruita
appositamente o lasciata ad essi, e un proprio oratorio (luogo per pregare insieme o ascoltare la
predicazione)
Vi sono poi le confraternite dei disciplinati, caratterizzate dalla pratica della disciplina monastica, praticata
in forma pubblica: i confratelli si flagellano (disciplinano) durante delle processioni pubbliche. Sono
normalmente solo maschili, esercitano carità o cantano laudi.
Infine abbiamo le confraternite dei laudesi, che cioè cantano laudi: processionalmente, o presso una
immagine venerata.
Vi è poi lo spazio autonomo gestito dai laici che è quello dell’eremitismo, urbano o rurale. Si tratta di una
forma di vita ritirata, presente fin dai primi secoli (Antonio), caratterizzato da un percorso ascetico in forma
individuale o comunitaria.
Nel corso del XIII secolo si diffonde anche in modo non istituzionale: gli eremiti sono uomini o donne che,
con l’autorizzazione del vescovo, compiono vita ritirata. L’eremitismo urbano si compie in città, reclusi in
delle celle. L’eremitismo delle donne: la donna eremita, avendo rinunciato al mondo, è considerata come
una persona cui affidare le proprie preghiere perché più gradite a Dio.
Vi è inoltre l’eremitismo rurale: esso assume una caratteristica micro comunitaria: se nelle celle cittadine
troviamo uno-due laici, in campagna le comunità sono più ampie. Il vescovo interviene in tal caso
imponendo la regola agostiniana perché più flessibile. Il vescovo si accontenta di essere riconosciuto dal
gruppo eremitico ricevendo un censo in denaro o natura (piatti, spalle di maiale, ecc..).
Tra gli eremiti il capo della comunità è prete, ma gli altri non lo sono.
Infine, non dimentichiamo che nel 1199, Innocenzo III canonizzerà Omobono da Cremona, primo santo
laico non martire!
Vita consacrata
Termine del nostro linguaggio, nel medioevo avremmo trovato altra terminologia (vita religiosa), ovvero
quelle forme di consacrazione religiosa, in 2 grandi famiglie, monastica e mendicante. Non sono le due
uniche forme di vita regolare: esistevano i canonici e gli eremiti, quest’ultima aperta all’accoglienza dei laici.
Il monachesimo
L’esperienza del monachesimo richiama a tutti San Benedetto, autore della regola che da lui trae nome e
che è la regola di vita religiosa più diffusa in tutto l’Occidente medievale. Essa comincia ad essere diffusa in
età carolingia (816-819) grazie all’opera di diffusione di un altro grande Benedetto, Benedetto di Aniane.
Carlo magno sostiene Benedetto di Aniane perché vede nella diffusione di un monachesimo con un’unica
regola la possibilità di compattare il proprio impero, la christianitas, dove fede e cittadinanza si intrecciano
strettamente. La regola di Benedetto non è l’unica regola monastica antica, ma quale che si diffonde tanto
largamente da essere quasi l’unica, e alla quale si rifaranno le successive riforme.
Abbiamo visto che il periodo longobardo è segnato dall’arrivo del monachesimo irlandese: Colombano è
invitato alla corte longobarda di Pavia nel 612 e fonda il monastero di Bobbio 2 anni dopo. L’iniziativa è
regia, e questo è rilevante, perché nei primi secoli del medioevo (fino all’XI secolo) la fondazione di un
monastero avviene ad opera di famiglie regie o signorili, queste ultime che hanno potere in quanto
possiedono terre e diritti sulle persone che le coltivano. La famiglia signorile sente la necessità di avere un
proprio monastero nel quale essere sepolti e con una comunità che preghi per lui. Oggi alla base di un
monastero c’è una scelta pastorale presa dalla chiesa diocesana o dalla congregazione, nel medioevo
invece avevano fondazione laicale. Questo lo si vede bene nel caso di Bobbio e anche casi nella nostra
regione. Il caso più noto è il Monastero di San Pietro di Ferentillo, fondato dai duchi di Spoleto.
San Benedetto è legato a Montecassino. Egli ne fondò vari, ma questo nel corso dell’VIII secolo inizia ad
assumere un ruolo di particolare prestigio, non di governo. Il nome di Benedetto sarà quindi legato a
Montecassino. Prima delle riforme i monasteri sono svincolati l’uno dall’altro, sono autocefali, ogni
comunità è guidata da un abate e il numero di monaci è variabile, in genere non molto ampia. Arriveremo
anche a casi estremi (nel XIV secolo, periodo di crisi x il monachesimo) con solo 2 monaci!
Prima di andare avanti, un monastero nel medioevo è un luogo in cui vive una comunità stabile di uomini in
gran parte laici (che progressivamente tenderanno a clericalizzarsi), che professano una regola coi tre
consigli evangelici, e con cui possono vivere conversi e oblati. La vita monastica ha vari livelli:
- Oblato: laico che resta laico
- Converso: è un membro della famiglia monastica, ma che non professa appieno la regola ma svolge
dei servizi
- Monaci
È un modo chiuso in sé, che dispone di tutto ciò che serve ai monaci, ma non è chiuso al mondo: si
accolgono pellegrini, si accolgono persone alle celebrazioni, aperto ai lavoratori delle terre del monastero,
alle persone. Ha un chiesa e vari edifici attorno, i luoghi della vita comune: il refettorio, il dormitorio, la sala
capitolare. Altri luoghi aperti:
- l’ospedale (la foresteria),
- i luoghi del lavoro o officine, ovvero magazzini dei prodotti dei vampi e di fabbricazione degli
strumenti, oltre che
- Scriptorium: che nobilita il lavoro dei monaci, e grazie ai quali gran parte della cultura classica ci è
conservata (non in tutti i monasteri)
- Biblioteca (in quasi tutti i monasteri): contiene almeno testi liturgici, patristici e canonistici
La distinzione principale è tra monasteri rurali e urbani. In particolare, tra la fine del X e l’inizio dell’XI
riprende la diffusione del monachesimo urbano. I due tipi do monasteri hanno differenze: predicatori più
diffusi nei monasteri urbani, eremiti negli altri. Ma in genere si generalizza.
Il monachesimo attraversa tutta la società medievale, e tutto l’arco di tempo.
All’inizio del X secolo si verifica un fatto particolare: viene fondato il monastero di Cluny in Borgogna, da
Guglielmo il Pio, duca di Aquitania, tra il 909 e il 910. È una fondazione di tipo istituzionale: per evitare che
il vescovo possa intromettersi nella vita del monastero, il fondatore riconosce ai monaci la libera elezione
dell’abate e lo pone sotto la protezione del papa con la formula della donazione ai Santi PP. C’è una
successione di grandi personalità alla guida di questo monastero, il che permette una diffusione del
monastero cluniacense notevole in tutta Europa (un po’ meno in Italia).
È un monachesimo benedettino, ma sul piano istituzionale ha un unico governo centralizzato: si sviluppa
cioè il concetto di congregazione, con uno schema semplice: una abbazia madre (Cluny) e altri priorati (5 di
essi avranno il titolo di abbazia ma non lo sono): l’abate di Cluny è dunque l’abate unico di tutta la
congregazione.
È eletto solo dai monaci di Cluny, sebbene sia abate di tutti monasteri. È lui che nomina i priori locali e vigila
sulla disciplina di tutti. La caratteristica di questo monachesimo è la grande cura dell’ufficio divino, e anche
il silenzio. Il monaco prega per conseguire la salvezza, e questa sollecitudine è diretta a tutti, anche i
defunti. È da Cluny che si sviluppa la preghiera per tutti e la commemorazione del 2 Novembre. Questo
monachesimo non è chiuso all’esterno, le scuole sono aperte, e non impone una fuga dal mondo, ma una
rinuncia alla vita mondana.
Dal successo della riforma di Cluny prende avvio una stagione di riforma del monachesimo che va di pari
passo con quella della chiesa generale: Cluny è un fulgido esempio da imitare per tutti! Le riforme saranno
però scarsamente presenti in Umbria, fino al XIII secolo, che resta di tipo benedettino tradizionale,
autocefalo. Ma dal III-IV decennio dell’XI secolo trovano spazio in Umbria anche altre 2 congregazioni di
Benedettini riformati: Vallombrosa e Camaldoli.
Camaldoli
Nascono nei primi decenni dell’XI secolo, grazie a Romualdo di Ravenna, monaco dell’abbazia di Classe, il
quale a un certo punto della sua vita, non pago della sua esperienza religiosa, inizia una vita itinerante per
recuperare la componente eremitica, non dissociata da quella cenobitica. A Camaldoli, in un territorio
destinatogli dal vescovo di Arezzo, fonda il monastero che dà il nome alla sua esperienza monastica. Esso
non è l’unico da lui fondato, ma quello eponimo, dove si mantiene la forma di vita romualdina e che sa
organizzare sotto si sé monasteri fondati o acquisiti in forma congregazionale. Il monastero mostra la
compresenza dell’elemento cenobitico e quello eremitico. Il cenobio nasce e per accogliere i pellegrini e per
formare i candidati alla vita eremitica, intesa come uno stato di maggiore perfezione e di avvicinamento a
Dio. Richiede per questo preparazione. Ma si poteva anche restare a vivere nella comunità. Questo modello
che ritroviamo a Camaldoli non lo ritroveremo nei monasteri da esso acquisiti, per motivi anche di
impossibilità logistica (es. in città) Questa esperienza si diffonde largamente nell’Italia centro-
settentrionale, in Umbria meno che in altre regioni.
Vallombrosa
Pressoché contemporanea a Camaldoli, legata all’esperienza di Giovanni Gualberto, monaco Fiorentino del
monastero di San Miniato, il quale negli anni 20 entra in conflitto col vescovo a motivo dell’accusa di
simonia rivolta al vescovo. Questo monachesimo è impegnato, nella riforma soprattutto, combattendo la
simonia e il nicolaismo. Il nome deriva dalla abbazia di Vallombrosa, diocesi si Fiesole, che diventa capofila
Quando parliamo di monachesimo quindi, non dobbiamo allora pensare a un monolite, a qualcosa di statico
o chiuso in se stesso, che rimane sempre uguale, ma qualcosa di dinamico, sia sul piano istituzionale,
spirituale, e culturale. Il monachesimo affronta la grande stagione della riforma gregoriana e si mantiene
per tutto il medioevo, arrivando fino ad oggi.
Hanno caratteristiche molto diverse, ma sono percepite nei loro elementi comuni, che vediamo, mettendo
in parallelo col monachesimo. Quest’ultimo si sviluppa nel V secolo (tarda antichità), i mendicanti 8 secoli
dopo. Il monachesimo si sviluppa in oriente ed Occidente, i mendicanti nella loro origine interessano la
parte Occidentale. Sono caratterizzati sul piano istituzionale dalla mobilitas dei frati, al contrario dei
monasteri caratterizzati dalla stabilitas, e da una povertà non solo personale ma anche comunitaria,
almeno nel periodo delle origini.
Il monaco vive prevalentemente dentro il monastero, sebbene esso è aperto; i mendicanti sono
caratterizzati da un apostolato all’esterno (il mondo come chiostro). L’ordine monastico ha cariche di
governo vitalizie (l’abate lo è per sempre), nei mendicanti la carica di governo è un servizio temporaneo.
Nel monastero tradizionale e congregazionale ha legame col vescovo diocesano, che li autorizza, li visita, fa
interventi disciplinari, mentre gli ordini mendicanti sono direttamente soggetti alla sede apostolica. Nel
monachesimo tradizionale ogni abbazia era autocefala, nei mendicanti il governo è centralizzato, con un
unico superiore generale. Tra le abbazie congregazionali vi erano rapporti diretti, senza rapporto di tipo
provinciale o territoriale, mentre i mendicanti sono raggruppati in provincie, ulteriormente suddivise in
custodie per i minori. L’organizzazione territoriale dei conventi mendicanti non coincide sempre con quella
comunale o diocesana, sulla base di esigenze di tipo pastorale: la provincia Umbra ad es. vede la diocesi di
Spoleto divisa in più custodie, mentre più diocesi hanno sul loro territorio conventi di una stessa provincia.
2. Francesco d’Assisi, nato nel 1181. Nel 1208-9, ispirato dal vangelo, sceglie di vivere in povertà come
predicatore itinerante (sorvoliamo su molte cose), inizia a vivere una vita penitente di predicazione
itinerante. Nel 1209 ottiene una prima approvazione orale con l’approvazione a predicare. Ma
mentre Domenico era un chierico, un canonico regolare, e poteva predicare senza problemi,
Francesco era un laico. Per questo il papa lo autorizza a predicare la conversione, una predicazione
esortativa e non biblica! Arriverà a predicare perfino ai musulmani, e nel 1223 viene approvata la
sua regola bollata (nel 1221 c’era stata la regola non bollata) in deroga a quanto stabilito dal
concilio, per via della grande originalità dell’esperienza francescana, che aveva assunto una
diffusione tanto capillare da non poter essere trasformato dal papa. Il 3 ottobre 1226 Francesco
muore, canonizzato 2 anni dopo da Gregorio 9°, card Ugolino di Ostia che aveva tanto collaborato
con Francesco per dare una configurazione giuridica al francescanesimo nascente.
I carmelitani sonio l’unico ordine mendicante che nasce in oriente, ma un oriente occidentalizzato, la
Palestina cristianizzata: nascono sul monte Carmelo, sono riconosciuti da patriarca di Gerusalemme e con al
fine dei regni crociati tornano in Europa dove si diffondono. Il legame con l’Oriente è dunque troppo labile.
Anche essi assumono una caratteristica mendicante, pauperistica.
Gli eremiti di Sant’Agostino nascono nel 1256 dalla aggregazione di una serie di ordini eremitici pre-
esistenti nell’Italia centrale operata da papa Alessandro IV: gli eremiti di Giovanni Bono, i brentinesi, gli
eremiti della Tuscia… è interessante sottolineare che è il Papa a fondarli, assegnando loro la regola di
Sant’Agostino (da cui il nome) valorizzando la dimensione di modello che la vita mendicante aveva assunto.
Infatti, sebbene non fondati da Agostino, anche essi, ad imitazione due due ordini principali, si rifanno al
loro modello e riscoprono la figura del santo di Ippona.
I frati servi di Santa Maria nascono nel 1245-7 a Firenze, e non nel 1233 come vuole la storiografia
tradizionale, anno in cui nasce San Filippo Benizzi, grande propagatore dell’ordine. Non nascono da una
intuizione carismatica di un singolo, o dall’intervento superiore, ma dall’esperienza comunitaria di 7 laici
Non nacquero solo questi ordini mendicanti, ve ne furono degli altri, ma il concilio di Lione II, nel 1274,
pone un tetto: gli ordini dei quali si riconosce l’utilità per la chiesa sono domenicani e francescani, per
carmelitani e agostiniani il giudizio è sospeso (e poi saranno approvarti), tutti gli altri soppressi. I Servi di
Santa Maria dovevano essere soppressi e saranno poi approvati definitivamente nel 1304 dal Benedetto XI
grazie alla attività di San Filippo Benizzi.
13-05-2014
Movimenti ereticali del medioevo.
Per prima cosa non dobbiamo cercare chi avesse ragione e chi torto, chi fosse buono e chi cattivo. Siamo di
fronte ad una riflessione sul modo di vivere la fede che assume poi caratteristiche che non ci fanno parlare
del gruppo come “gruppo ecclesiale”. Non è una lotta x il potere, ma una discussione che riguarda il modo
di vivere la fede e annunciare il vangelo. È opportuna infine una considerazione di tipo teologico (che la
Rapetti non fa).
Pluralità di movimenti nei confronti dei quali l’atteggiamento della chiesa non è stato sempre lo stesso.
abbiamo almeno 2 grandi filoni:
1. Catarismo: possiede impianto teologico totalmente differente
2. Movimenti a carattere pauperistico-evangelico.
L’origine di tutto è la riforma gregoriana (che insieme all’età carolingia è uno dei 2 grandi momenti).
Nascono in questo periodo tanti predicatori borderline, caratterizzati, secondo i monaci cronisti9, da follia.
Essi mostravano fenomeni di dissidenza religiosa: le eresie compaiono e scompaiono con grande facilità. I
movimenti ereticali sono caratterizzati da un forte sentimento antiereticale, di rifiuto della mediazione
della gerarchia. La riforma mirava ad epurare la chiesa dal nicolaismo e la simonia per puntare alla sana
amministrazione dei sacramenti: obiettivo primo dell’uomo medievale era raggiungere la salvezza, e non
tutti volevano certo affidarlo a dei chierici corrotti e non coerenti non la Parola. Tuttavia la stragrande
maggioranza dei laici continuava ad avere fiducia nella chiesa: lasciti, donazioni, testamenti ce lo
dimostrano!
Recuperando allora le posizioni delle eresie antiche, gli eretici volevano vivere il cristianesimo radicale,
come i riformatori, ma si basavano solo sulla presunte esperienza della chiesa antica, e mettevano in
dubbio l’efficacia dei sacramenti amministrati da chierici corrotti.
Lo sviluppo del commercio porta a circolazione delle merci, ma anche della vulgata di San Girolamo. Il
complesso dei sacerdoti viene attaccato fortemente dagli eretici, anche con violenza: questi richiedono che
tutti possano accostarsi alla scrittura e la povertà ritenuta. Ma la predicazione è eterodossa
Ci parla di Alano e Bernardo di Chiaravalle, che considera l’eresia irragionevole e quindi da reprimere.
Con Alessandro III il concilio lateranense III si occupa delle eresie nuove, permettendo ai nobili l’uso della
violenza per reprimerla.
1184: lettera decretale ad abolendam di Lucio III: contiene elenco degli eretici
1199: Innocenzo III: eresia = crimine di lesa maestà, sovvertitore dell’ordine sociale
I catari sono una riflessione proprio altra, i Valdesi nascono all’interni della diocesi di Lione, sono
riconosciuti come eretici dalle lettere del 1179, poi due gruppi sono riammessi e perfino predicano in
funzione anti-catara.
Secondo i catari abbiamo due spiriti originari: uno buono creatore dello spirito e uno cattivo creatore della
materia: allora l’incarnazione non esiste, la storia delle singole persone è letta come lotta tra bene e male.
la salvezza è accessibile non a tutti ma solo ai puri (oi cataroi), che quindi sono per forza casti.
9
Una cronaca è sempre una fonte secondaria, quindi arricchita dall’interpretazione e dalla selezione fatta dallo
scrivente.
I valdesi invece sviluppano un pensiero religioso che si rifà al pensiero di Valdesio, anche se poi si
frammenterà in vari valdismi.
Un ricco abitante di Lione, tramandato come mercante, cambia vita, dà i suoi beni ai poveri e si dedica ala
predicazione itinerante. Egli è Valdesio (Valdès), chiamato poi dai suoi Pietro Valdo, il nuovo Pietro, il nuovo
fondamento. Inizialmente non vuol entrare in opposizione alla chiesa. Ha presto numerosi discepoli
attorno. Il movimento è localizzato inizialmente in questa grande città di Lione. In un primo momento la
predicazione è fatta sia da uomini che da donne, ma senza mettere in dubbio il ministero sacerdotale. Egli
distingue ordinatio da missio, quest’ultima legata al battesimo e quindi per tutti i cristiani.
Essi si chiamano i poveri di Lione (pauperismo)
Si rifanno al modello della chiesa povera di At2, e quindi non contestano al chiesa in sé ma quella
contemporanea. Valdesio fa tradurre la Bibbia ma anche i padri.
Ma la rottura con la chiesa avverrà proprio con la predicazione. Nel 1179, i valdesi presenti al lateranense
III, ottengono il voto di povertà volontaria. Valdesio vuole rimanere nella chiesa, se no non si spiega perché
vada al concilio. Si appella a due versetti di NT affinché possa essere ammessa una versione volgarizzata del
salterio. Il papa abbraccia Valdesio, e con quel gesto (i gesti nel medioevo sono fondamentali) indica la pace
con Valdesio stesso.
Ciò che poneva più problema era la predicazione delle donne, ma ancora non si era nella eresia. La loro
professione di fede è ortodossa, e anticatara (il diavolo è cattivo x scelta e non x natura, ecc)
Ma un anno dopo tutto cambia. Il vescovo di Lione diventa Guichard, che mai contrasta Valdesio, anzi
alcuni dicono che Valdesio era collaboratore (non confermata). Ma nello stesso anno muoiono papa e
vescovo di Lione. Il nuovo vescovo Jean cambia totalmente posizione e gli vieta di predicare. I valdesi non
obbediscono e vengono riconosciuto come eretici. Alla morte di Valdesio la comunità si sgretola
20-05-2014
La chiesa divenne una inconsutile immagine di Cristo. Ma riprendiamo il discorso da qualche secolo
indietro..
Bicefalia dell’impero: Costantino trasferisce la capitale a Costantinopoli, città di posizione strategica,
cerniera tra cultura greco-romana e del vicino oriente.
Roma continua a mantenere il prestigio simbolico, essendo antica capitale dell’impero, avendo tutti i luoghi
simbolici, monumentali, sacrali. Ma dopo il riconoscimento di religio licita del cristianesimo nel 313 Roma
diventa centro della cristianità.
Nel 395 l’impero viene diviso in due dalla morte di Teodosio. Diarchia: una sede a Roma e una a
Costantinopoli. Poi la sede romana si sposta a Ravenna.
Nell’VIII secolo, quando ormai l’impero è solo in oriente, perché in Occidente è stato deposto e non
sostituito, si sviluppa una controversia teologica. L’impero bizantino si è molto ridotto, perdendo territori a
favore dell’islam, ma continua ad avere un elemento significativo di unione nella religione cristiana. Si
capisce dunque come mai una controversia religiosa divenisse tanto importante.
Si tratta della lotta per l’iconoclastia! Attorno al 726-7 l’imperatore Leone III vieta il culto delle immagini e
impone la distruzione di quelle esistenti, a partire da quella del Cristo posta sulla porta bronzea della
residenza imperiale (il sacro palazzo).
Ci si affida a tre passi per la distruzione delle immagini: Es 20,4-5, Lv 26,1 e Dt 4,16. Questa tesi non tocca il
culto della immagine, ma anche il culto dei santi, come segno di politeismo. Dall’altra parte, gli iconodùli
invece ritenevano che l’incarnazione di Cristo rendesse legittima la sua rappresentazione pittorica.
Tra VIII e IX secolo si verifica quindi una prima profonda frattura tra Roma e Costantinopoli, che segnerà un
inizio di allontanamento.
Ignazio I di Costantinopoli rifiuta l’ammissione alla comunione dello zio dell’imperatore Michele III, cosa che
fa infuriare l’imperatore, che lo sostituisce col laico Fozio, dotato di ampia cultura, uno dei maggiori
intellettuali del suo tempo, con una carriera politica importante, di segretario di stato e comandate della
guardia del corpo imperiale. Era quindi molto fedele all’imperatore. Egli viene ordinato, ma in modo illecito:
in soli 5 giorni diventa da laico a vescovo!
A quel punto sia Ignazio sia Fozio si rivolgono al Papa Niccolò I x dichiarare illecito l’altro. Questo ci dice
dell’importanza del Papa. Questi richiede la restituzione delle provincie del sud Italia. Fozio cerca di
procurarsi l’appoggio di Roma con strategie diplomatiche, ma i delegati pontifici non si muovono
chiaramente e non legittimano pienamente ne l’uno né l’altro.
La vertenza si protrae e alla fine Papa Niccolò si esprime a favore di Ignazio; a quel punto Fozio inizia una
campagna polemica contro Roma e rifiuta il primato di giurisdizione e rifiuta una formula di professione di
Fede della processione di fede (il famoso filioque). In realtà Fozio sta solo cercando elementi teologici x
minare la credibilità della chiesa occidentale e quindi invalidare la sua espressione a favore di Ignazio.
A questo si aggiunge la conversione dei bulgari, che prima stanno coi bizantini e poi con Roma. Fozio
definisce il papa eretico! E arriva a indirizzare ai vescovi orientali una lettera enciclica in cui spiega motivi di
divergenza con Roma: filioque, celibato dei preti (che la chiesa occidentale iniziava ad affermare),
proibizione dei preti di cresimare, inizio della quaresima il mercoledì delle ceneri, ecc… Tutti elementi che a
suo dire allontanavano Niccolò I dalla tradizione.
Nello stesso anno muoiono Niccolò I e l’imperatore. Basilio I, nuovo imperatore, va a ripescare Ignazio ed
esilia Fozio; ma morto questo torna in scena Fozio, ora amico dell’imperatore.
Ora si crea un nuovo quadro: il Papa Gv8 è disposta a riconoscere Fozio, ma questi rifiuta le proposte del
papa e indice un sinodo, imbrogliando il legato papale che non conosceva bene il greco, con un falso
decreto sul primato del Papa
Lo scisma di Fozio è frutto del lento allontanamento culturale dell’occidente dall’oriente a causa dei popoli
germani. Ma non è ancora rottura piena.
Con la riforma accentratrice della chiesa di occidente il solco si ampia: a Costantinopoli infatti si cercava di
restare legati alla tradizione.
La questione sui fa delicata nella diocesi di Trani, in Puglia: la chiesa orientale accusa quella occidentale di
essere legata a riti ancora ebraici. Umberto di Silva Candida, uno dei grandi riformatori, rimarca la
centralità della chiesa petrina e dichiara Costantinopoli un patriarcato illegittimo, in quanto sorta solo nel
325, anno in cui Nicea aveva definito i 4 patriarcati: Roma, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme. Agli
occhi dei greci, gli ambasciatori occidentali sono dei barbari, sono inferiori e non autorevoli! Nel 1054 Roma
scomunica platealmente la basilica di Santa Sofia. La scomunica emessa dal legato pontificio però era
emessa nel momento in cui il Papa era morto, e quindi non era valida, il legato non era più tale di fatto! Ma
tuttavia questo dettagli non viene colto volutamente e a scomunica segue scomunica. Dal 1054 al 1965 le
due scomuniche restano in vigore. Solo il 7 dicembre 1695 Paolo VI e il patriarca Atenagora le ritirano.
Il fatto insuperabile era politico e culturale: l’arrivo dei germani in Occidente aveva creato un sentimento di
superiorità tra gli orientali, che ritenevano che la discesa dei rozzi invasori avesse creato un distacco con la
tradizione.
Le crociate
Crociate: una serie di guerre tra XI e XIII secolo, combattute tra cattolici e musulmani combattute in Asia
Minore e Mediterraneo Est, a seguito della predicazione del 1095 a Clermont (Francia Sud) da Papa Urbano
II. Nasce come fenomeno religioso di guerra di liberazione della terra Santa, liberazione dal dominio politico
di popoli di fede non cristiana, e progressivamente si sviluppa come un ideale permanente. Per crociata si
intende proprio questo ideale.
Non tutti gli storici sono d’accordo sul numero delle crociate, ma solitamente sono 9, tra il 1096 e il 1271.
La crociata intesa come ideale resta ancora a lungo, fino al XIV secolo, infatti molti lasciti funerari vengono
destinati a possibili future crociate.
Il carattere religioso delle origini non impedisce l’infiltrazione di elementi politici ed economici, provenienti
dal mondo feudale europeo in crisi.
Dell’appello di Clermont non c’è rimasto documento ufficiale di bando della crociata. Quel che il papa ha
detto non lo sappiamo, ma ciò che dice lo dice a una società feudale e quindi molto militare però in
disfacimento. I bellatores, in anni in cui i pericoli interni non vi sono più e la chiesa vietava la guerra x molti
giorni all’anno (tregua di Dio), trovano quindi sfogo x la propria violenza all’esterno. Ma così viene
esportato un modello molti in crisi già in occidente, per cui i regni feudali crociati saranno molto deboli!
La società europea feudale ormai in crisi è capace di conquistare militarmente Gerusalemme nel 1096, ma
non di organizzare la presa stessa e mantenere la presenza. Meno di 100 anni dopo il feroce Saladino
riprende Gerusalemme (1187). Lo shock in occidente fu enorme: fu vista come un non favore di Dio, un
indegnità dei cristiani di mantenere i luoghi sacri.
Due anni dopo parte la III crociata (1189-91), ma essa come nessuna crociata dopo la prima, avrà successo.
In questa crociata, per incidente, muore Federico barbarossa.
Ma la più determinante x i rapporti Est-West è la IV, fortemente voluta da Innocenzo III e finanziata dalla
repubblica marinara di Venezia, interessata economicamente. Nel 1202 viene saccheggiata Zara, nel 1204
viene saccheggiata Costantinopoli. Fatto gravissimo. L’imperatore orientale non riesce ad onorare gli
impegni economici coi crociati, e questi si pagano da soli, trafugando anche moltissime reliquie che oggi
sono qui (reliquie di San Marco, la sindone?)
Durante la permanenza dei cristiani occidentali a Gerusalemme nascono esperienze religiose, anche x
tutelare i pellegrinaggi che stavano riprendendo. In passato infatti gli islamici erano favorevoli ai
pellegrinaggi, perché portavano soldi, ma poi no. E allora nascono i cavalieri del santo sepolcro, come spin
off dei canonici del santo sepolcro, i templari, i giovanniti ospedalieri. Con la caduta dei regni crociati si
sposteranno in occidente e assumeranno contorni ben diversi.
533 – 552: Guerra greco-gotica tra bizantini e goti in 527 – 565: Giustiniano imperatore d’Oriente
Italia
568: Calata dei longobardi: inizio divisione dell’Italia
589: Conversione di Reccaredo e dei Visigoti in Spagna Il patriarca di Costantinopoli inizia a definirsi ecumenico
596: Conversione di Etelberto del Kent ad opera di 590 – 604: Papa Gregorio Magno (definisce se stesso
Sant’Agostino di Canterbury servus servorum dei, titolo opposto a Costantinopoli)
604: Battesimo di Adaloaldo, figlio del re longobardo
Agilulfo e Teodolinda, regina cristiana
612 – 614: San Colombano in Italia; 610 – 641: L’imperatore Eraclio I tenta una prima
614: Colombano fonda il monastero di Bobbio evangelizzazione degli slavi
661: Conversione definitiva dei longobardi