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controcorrente
La carità come logica politica – A. Lo Presti
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controcorrente
La carità come logica politica - A. Lo Presti____________________ » pp. 5-8
Nella tradizione cristiana la politica è compresa come forma alta di carità. Chia-
ra Lubich la definiva l’“amore degli amori”. Ma cosa significano tali espressioni?
Esplorare la logica della politica come carità è particolarmente utile oggi che, spes-
so, i neo-sovranismi strumentalizzano la religione cristiana per scopi di consenso
elettorale.
Focus
L’Europa e il suo futuro
Per una sovranità democratica europea - P. Ferrara___________ » pp. 9-25
L’Unione europea soffre di una grave crisi di consenso sulle sue politiche, che non è
necessariamente una crisi sistemica di legittimità delle sue istituzioni. Allora, qual
è il problema con l’Europa? È nelle politiche pubbliche messe in atto da queste
istituzioni (ma approvate e in molti casi persino promosse dagli Stati membri). Di
fronte all’onda d’urto della globalizzazione, le istituzioni – che hanno subìto forti
vincoli intergovernativi strutturali – hanno risposto con misure di adattamento in-
complete e di parziale mitigazione, non con misure di trasformazione e protezione
sociale. Come riformulare il progetto europeo? Invece di imbarcarsi in un’enne-
sima riforma dei trattati, l’Unione europea dovrebbe prima di tutto operare una
“riconfigurazione politica”. Questo processo dovrebbe portare a un’opzione poli-
tica fondamentale a favore di una sovranità democratica europea e di una politica
economica basata sul lavoro.
scripta manent
Le “madri fondatrici” - a cura di P. Ferrara __________________» pp. 73-80
L’idea di un’Unione europea si fa risalire all’intuizione e alla volontà politica dei “pa-
dri fondatori” agli inizi degli anni ’50 del XX secolo: Robert Schuman, Konrad Ade-
nauer e Alcide De Gasperi. Senza voler sminuire il loro ruolo, vorremmo piuttosto
prospettare un’angolazione particolare, e cioè la visione di questioni essenziali per
la costruzione europea (e anche oltre essa) da parte di quattro donne del XX seco-
lo, accomunate da un’intensa passione civile. Si tratta di María Zambrano e della
sua interpretazione di un’Europa sempre in tensione tra “agonia” e “resurrezione”;
di Hannah Arendt e delle sue osservazioni critiche sulla connessione esclusiva tra
diritti umani e cittadinanza (si pensi, oggi, alla condizione dei profughi e dei migran-
ti); di Simone Weil e della sua concezione degli “obblighi” verso l’essere umano; di
Chiara Lubich e della sua visione di Unione europea nel più ampio contesto dell’im-
pegno politico per la fraternità universale.
parole chiave
Condivisione - G. Iorio ____________________________________ » pp. 81-84
punti cardinali
Il diritto all’acqua - M. Sgrulloni ___________________________» pp. 85-99
Il testo ripercorre la nascita e lo sviluppo del diritto all’acqua come diritto umano
fondamentale. Si focalizza l’attenzione su un continente in particolare, l’Africa, che
vede nel riconoscimento del diritto all’acqua un punto di partenza per ottenere il mi-
glioramento delle condizioni di vita di milioni di persone e il conseguente godimento
di altri diritti strettamente legati al diritto all’acqua potabile.
Etica e antropologia trinitaria - A. Ferrari __________________ » pp. 101-111
La ricerca tende a dimostrare che il mistero trinitario rivelato e partecipato da Gesù
è la pietra miliare su cui poggia tutta la novità cristiana; se questo viene vissuto da
una comunità diviene il paradigma che può illuminare tutta la vita morale personale,
sociale e dell’umanità. L’etica che ne consegue può rispondere alle sfide di oggi e
rappresenta un’espressione nitida dell’umanesimo planetario.
Storia di Light. 17. Il ritorno nel mondo - I. Giordani ________ » pp. 137-149
Giordani continua a descrivere la vita in Mariapoli con la sua prosa arguta e scher-
zosa, ma nello stesso tempo profondissima. Questa volta l’obiettivo è puntato sulle
innumerevoli conversioni che si susseguono in quei giorni. Si tratta di persone che
provengono dai più diversi stati di vita e che hanno le più disparate convinzioni,
spesso molto lontane dalla fede nel pensiero e nella pratica, ma in Mariapoli incon-
trano Gesù vivo, reso presente dall’amore reciproco tra i fratelli, e una purezza di
vita evangelica che li travolge e li riporta a Dio.
in biblioteca
Relazione padre-figlio, tra tragedia greca e vangelo
- F. Rovea _______________________________________________» pp. 151-154
Recensione a M. Recalcati, Il segreto del figlio. Da Edipo al figlio ritrovato, Feltrinelli,
Milano 2017.
Col senno di poi, non mi pare ci siano dubbi sulla rivincita che oggi gli
ingenui si sono presi, considerando la persistenza della loro testimonianza
e la circolazione delle loro opere (in Italia mi vengono in mente Piero Go-
betti, Giorgio La Pira, Igino Giordani, Altiero Spinelli, Giuseppe Dossetti,
Aldo Moro…), rispetto a tanti realisti relegati ormai fra i reperti intellettuali
del secolo scorso. Abbiamo dunque fatto qualche passo in avanti verso la
comprensione del ruolo positivo che il potere pubblico può e deve assume-
re? Magari. Purtroppo le cose sembra stiano andando in modo spiacevol-
mente differente.
Agli ingenui di una volta oggi sono subentrati i buonisti. Non è solo un
cambiamento di parole, perché fra gli ingenui e i buonisti intercorre una
grande differenza: se i primi erano reputati inoffensivi e idealistici, i secondi
sono invece considerati pericolosi, nocivi e chi li denuncia li rimprovera di
fare affari con i buoni sentimenti. Che si parli di Europa, di migrazione, di
multiculturalità, di cooperazione internazionale, di equilibri globali, di custo-
dia dell’ambiente… se si propone un principio basato su un valore positivo e
universale si rischia di essere accusati di collusione con le cattivissime Ong,
di favorire l’egemonia delle detestate burocrazie europee, di tollerare i traf-
ficanti di vite umane ecc. Per dipingerlo a tinte ancora più scure, la pseu-
do-cultura neo-sovranista gli associa l’epiteto radical chic: il buonista radical
chic è doppiamente nocivo, perché è distaccato dalla realtà e, dal divano del
proprio salotto, si permette di assegnare giudizi su quello e su quell’altro.
È evidente che lavorare sul piano etico, nelle vicende attuali, significa
piantare grane dentro e fuori le forze politiche. Significa, per esempio, non
essere disponibili a sacrificare la libertà di coscienza alla disciplina di parti-
to, dettata da qualche presunto guru digitale. Significa far prevalere i prin-
cìpi umanitari quando ci sono vite umane da salvare nei barconi del Me-
diterraneo. Significa anche non distinguere fra migranti buoni (quelli che
fuggono dalle guerre) e migranti cattivi (quelli che fuggono dalla fame),
perché la guerra e la miseria devono essere considerate due tragedie verso
le quali attivare sempre e comunque la solidarietà.
Ma tutto questo è politica o è carità? Non avranno ragione i cinici rea-
listi, cioè non stiamo confondendo i piani? Quanta carità può esserci oggi
nei contenuti delle iniziative politiche?
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alberto lo presti
1
Discorsi di Pio XI, SEI, Torino, 1960, vol. 1, pp. 742-746.
2
G.B. Montini, Discorso agli studenti, in «Studium», 24, 1928, p. 3.
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Pasquale
Ferrara introduzione
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pasquale ferrara
prio quando si accredita anche a livello intellettuale il mito della fine delle
ideologie, veicolato attraverso la frettolosa sentenza «non c’è più destra né
sinistra». Quanto meno, c’è Europa o non-Europa, c’è locale o transnazio-
nale, c’è inclusione o esclusione, c’è presunta “indipendenza” o concreta
“interdipendenza”.
ne tra le unità politiche, sui diritti economici, sul “potere federativo” (che
Locke introduce accanto al potere legislativo ed esecutivo).
Sotto il profilo costituzionale/istituzionale, L’Europa non è né un pro-
getto kantiano (una “lega di Stati”, realizzata, piuttosto, nelle Nazioni Uni-
te), né un progetto saint-simoniano (tecnocratico, realizzato, piuttosto,
dalle burocrazie nazionali gelose delle proprie prerogative o dalle grandi
corporazioni industriali o finanziarie); in origine, è un progetto “madiso-
niano”, nel senso che la “costituzione” dell’Europa non è stata concepita
né in termini nazionali né in termini federali, ma come una commistione di
entrambe le dimensioni. L’intento della costruzione europea è struttural-
mente pluralista e gradualista, giacché nei trattati si afferma che l’obiettivo
è costituire un’unione sempre più stretta tra i popoli europei, non, come nel
caso degli Stati Uniti d’America, di dar vita a “un’unione più perfetta”. Non
a caso, mentre il motto degli Stati Uniti è e pluribus unum, quello dell’Unione
europea è in diversitate concordia.
Ciò posto, la Commissione è certamente un organismo che sembra aver
smarrito il suo ruolo di forza integratrice, divenendo un’istanza iper-rego-
lativa spesso troppo concentrata sui meccanismi di controllo (rispetto delle
norme) piuttosto che sulle misure di fiducia (da parte dei governi delle opi-
nioni pubbliche europee).
D’altro canto, il Parlamento europeo è un’istituzione democratica ed
elettiva, mentre il Consiglio dell’Unione comprende i rappresentanti di go-
verni nazionali, la cui legittimità democratica non può essere messa in dub-
bio. Gli Stati membri sono pienamente rappresentati in tutte le istituzioni
di Bruxelles, e sono perciò perfettamente in grado di influire sulla presa
di decisioni. Invece delle formule che pongono di volta in volta i vari Paesi
“al primo posto”, creando un effetto di corto circuito intergovernativo, uno
slogan convincente dovrebbe essere, perciò, «più unione nell’Unione euro-
pea», cioè maggiore condivisione, per evitare il riemergere di nazionalismi
e di mire egemoniche fondate sugli interessi nazionali e localistici.
In ogni caso, attaccare le istituzioni, benché sia una facile scorciatoia,
talvolta demagogica, indipendentemente dalla matrice dei governi, appa-
re politicamente contraddittorio e tendenzialmente autolesionistico. La
rappresentazione delle politiche europee come imposizioni di una buro-
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pasquale ferrara
istituzioni o politiche?
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pasquale ferrara
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destino della civiltà occidentale (basti pensare alla dracma greca), ha rap-
presentato non solo una scelta politica coraggiosa, ma anche la decisione
di fare spazio a un’identità europea attraverso un progetto politico condi-
viso. È davvero stupefacente la velocità con cui tale prospettiva ideale e
profondamente identitaria sia stata ridotta a uno stucchevole dibattito sul
conio di una moneta.
A questo proposito, è necessario riformulare, senza ambiguità, la que-
stione della stabilità monetaria in termini di politica sociale e popolare, dal
momento che essa mira a salvaguardare il potere d’acquisto di salari e
stipendi, che altrimenti sarebbero erosi – come avvenuto in Italia duran-
te il periodo degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso – dall’inflazione a due
cifre. La demonizzazione dell’Euro come causa di tutti i mali dell’Europa
nasconde in realtà l’incapacità delle classi politiche nazionali – oggettiva e
connessa ai mutamenti sistemici in corso, indipendentemente dalla bontà
delle motivazioni, dalle capacità e dall’impegno – di elaborare risposte con-
vincenti ai cambiamenti strutturali sul piano globale, che configurano un
mondo sempre più post-europeo e post-occidentale. Si tratta, in qualche
caso, di una volontà di potenza statalista che si manifesta nella persisten-
za di una mentalità “coloniale”, nel rifiuto di affrontare in modo maturo le
sfide politiche e sociali che derivano da uno scivolamento verso il basso nel
posizionamento sulla scala economica internazionale. L’argomento del co-
siddetto “recupero della sovranità monetaria”, in particolare, che in ipotesi
si realizzerebbe con l’uscita dall’Euro è totalmente infondato. In definitiva,
i regolamenti finanziari internazionali devono assumere una valuta di rife-
rimento, che da Bretton Woods in poi è stata costituita dal dollaro, fino allo
sganciamento della moneta americana dal valore dell’oro, nel 1971. Da quel
momento gli europei hanno tentato di recuperare una sovranità monetaria
collettiva, che ha portato all’adozione dell’Euro. Le svalutazioni competiti-
ve, che hanno caratterizzato ad esempio la politica valutaria italiana negli
ultimi decenni del XX secolo, hanno rappresentato la totale sottomissione
coloniale del Paese all’inflazione importata e a una politica dei tassi d’inte-
resse dettata ben al di fuori dei confini nazionali.
In ogni caso, non possono esserci dubbi, quale che sia la valutazione
tecnica ed economica, sugli effetti di un illusorio recupero della sovranità
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- Inoltre, dovrebbe essere ribadito nei fatti e nelle scelte politiche che
l’Unione europea è uno spazio di solidarietà e giustizia sociale per tutti
coloro che vi risiedono. Alla Commissione europea andrebbero conferiti
incisivi poteri di vigilanza e controllo – oltre a quelli già conferiti riguardo ai
parametri di Maastricht – sul rispetto delle politiche di inclusione sociale,
di riduzione della marginalità e di promozione di pari opportunità.
- Per rendere possibile il perseguimento degli obiettivi politici dell’U-
nione, ad essa andrebbero attribuite risorse proprie, a seguito di una ri-
strutturazione consensuale del bilancio, anche tramite fiscalità diretta, in-
dipendentemente dai trasferimenti dei governi, pari ad almeno il 2% del Pil
complessivo degli Stati membri per investimenti strategici transnazionali,
specie nei settori dell’istruzione permanente, della cultura, di ricerca e svi-
luppo, dell’economia della conoscenza, della transizione energetica verso
fonti rinnovabili.
- In questo contesto, lo studio specifico della storia comune e dell’iden-
tità europea, nata dall’integrazione di culture, tradizioni e radici diverse e
al contempo aperta agli altri contesti culturali, dovrebbe essere inserito
secondo le sensibilità nazionali nel curriculum della didattica primaria e
secondaria dei Paesi dell’Unione. I programmi Erasmus ed Erasmus plus
dovrebbero divenire strutturali e inseriti stabilmente nei corsi di studio uni-
versitari degli Stati membri, con adeguata dotazione di risorse finanziarie
dell’Unione al fine di consentirne una fruizione più ampia da parte di stu-
denti di ogni condizione sociale, superando uno scorretto “elitismo econo-
mico” e non di merito, dovuto al costo dei soggiorni di studio all’estero. In
particolare, andrebbero meglio sviluppate le potenzialità del Servizio vo-
lontario europeo (Sve), che consente ai giovani dai 17 ai 30 anni di svolge-
re un’esperienza di volontariato internazionale di lungo periodo all’estero
(fino a 12 mesi), prestando la propria opera in un’organizzazione no-profit.
- La libera circolazione delle persone e dei lavoratori dovrebbe esse-
re garantita in ogni circostanza, senza discriminazioni o condizioni, salvo
quelle legate alla pubblica sicurezza.
- L’Unione europea rappresenta uno spazio di sicurezza, protezione e
promozione dei diritti umani fondamentali e delle libertà civili e politiche
per tutti coloro che vi risiedono, non solo per i cittadini. I diritti umani sono
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conclusione
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1
Le opinioni espresse sono articolate a titolo personale e in un contesto ac-
cademico; pertanto, esse vanno attribuite esclusivamente all’Autore e non sono in
alcun modo riconducibili all’istituzione di appartenenza.
2
A. Ribot, Journal d’Alexandre Ribot et correspondances inédites, 1914-1922, Librai-
rie Plon, Paris 1936, p. 255; cit. in M. MacMillan, Paris 1919. Six months that changed
the world, Random House, New York 2003, p. XXX (traduzione a cura dell'Autore).
3
M. MacMillan, Paris 1919. Six months that changed the world, cit., p. XXV (tra-
duzione a cura dell'Autore).
4
C. Clark, I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, Laterza, Ro-
ma-Bari 2013 [2012], p. XVI.
5
Cf. A. Panebianco, Persone e mondi. Azioni individuali e ordine internazionale, il
Mulino, Bologna 2018, pp. 149-155.
6
C. Schmitt, Legalità e legittimità, il Mulino, Bologna 2018 [1932], p. 39.
7
Ibid.
8
Ibid.
9
Ibid., p. 38.
10
Ibid.
11
F. Scharpf, Governare l’Europa, il Mulino, Bologna 1979 [1977], p. 59.
12
Cf. ibid.
13
Ibid., p. 13.
14
Ibid., p. 52.
15
Cf. N. Wapshott, Keynes o Hayek. Lo scontro che ha definito l’economia moderna,
Feltrinelli, Milano 2012.
16
«La coesione come risultato politico cui aspirare – scrive Robert Leonardi –
dipende sia dall’innesco di un processo socioeconomico di convergenza sia da un
processo di integrazione che lo sostenga nel lungo periodo. La coesione senza la
convergenza rimane un concetto astratto e non diventa obiettivo ottenibile. Nel lun-
go periodo la coesione diventa possibile quando vi sono gli attori politici in grado di
procedere all’adeguamento delle istituzioni esistenti e alla creazione di istituzioni
formali e di regole del gioco informali che permettano di prendere le decisioni ne-
cessarie». (R. Leonardi, Coesione, convergenza e integrazione nell’Unione Europea, il
Mulino, Bologna 1998 [1995], p. 20).
17
Cf. «The Federalist Papers», n. 10.
18
J. M. Keynes, Le conseguenze economiche della pace, Adelphi, Milano 2007 [1919],
p. 232.
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focus. l’europa e il suo futuro
Verso le elezioni 1
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paolo giusta
tive für Deutschland (AfD), un’altra formazione politica che non appartiene
ad alcun partito politico europeo.
I deputati possono anche decidere di non aderire a nessun gruppo
politico.
Può succedere che la composizione di un gruppo al Parlamento euro-
peo risponda ad esigenze non tanto di affinità ideologica quanto di potere.
Un’alleanza, anche eterogenea, permette infatti di formare un gruppo suf-
ficientemente numeroso, in grado di contare di più nell’assegnazione delle
presidenze delle commissioni parlamentari, nell’attribuzione dei tempi di
parola ecc. È così, ad esempio, che il gruppo Verde/Alleanza libera euro-
pea raccoglie eletti di due forze politiche piuttosto eterogenee tra loro, gli
ambientalisti (Partito verde europeo) e i regionalisti/indipendentisti (Alle-
anza libera europea).
Partiti
Tendenza
italiani con
Gruppi politici al Pe politica (e visione
Partiti politici europei registrati 4
almeno un
2014-2019 5 sull’integrazione
eletto al Pe
europea)
(2018)6
A favore dell’integrazione europea
FI (14)
1. Gruppo del Partito Cristianesimo
Partito popolare SVP (1)
Popolare Europeo democratico,
europeo
(28,8%, 216) Unione di centrodestra
Centro (1)
PD (26)
Partito dell’alleanza
dei liberali
4. Gruppo - Liberalismo
e democratici
per l’Europa dell’Alleanza
dei Democratici
e dei Liberali per
Partito democratico l’Europa (9,1%, 68) - Centrismo
europeo
Alter-europei
Ambientalismo
Partito verde (fautore di politiche
-
europeo e istituzioni dell’Ue
6. Gruppo Verde/ alternative)
Alleanza libera Regionalismo,
europea (6,8%, 51) indipendentismo
Alleanza libera
- (promotore
europea
di un’“Europa
delle regioni”)
5. Gruppo Socialismo,
confederale della comunismo,
L’altra
Partito della sinistra Sinistra unitaria antiliberalismo,
Europa con
europea europea/Sinistra (opposizione
Tsipras (2)
verde nordica alla costruzione
(6,9%, 52) europea attuale)
Euroscettici
Alleanza dei Conservatori Conservatorismo
conservatori e e Riformisti (euroscetticismo,
riformisti in Europa (2) anti federalismo)
3. Conservatori e Conservatorismo,
Riformisti europei a ispirazione
Movimento politico (9,9%, 74) cristiano-
-
cristiano d’Europa democratica
(euroscetticismo
“soft”)
Movimento
8. Europa delle
per un’Europa Lega Nord Nazionalismo,
Nazioni e della
delle nazioni (6) anti-immigrazione
Libertà (4,9%, 37)
e delle libertà
7. Gruppo Europa
della Libertà e della M5S (14) Democrazia diretta,
-
Democrazia Diretta8 (n.a.) Populismo di destra
(6%, 45)
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paolo giusta
Tra i proeuropei (incusi gli alter-europei, che non sono contrari all’inte-
grazione europea, ma ne propongo un modello diverso dall’attuale):
- Partito popolare europeo (PPE): dovrebbe, nonostante una previsibile
sostanziale perdita di consensi, rimanere il primo partito, e quindi conqui-
stare la presidenza della Commissione europea, in base al meccanismo
dello Spitzenkandidat.
- Partito socialista europeo (PSE): dopo aver espresso il principale
gruppo al Parlamento europeo dalle prime elezioni a suffragio diretto del
1979 (28,2% dei suffragi) a quelle del 1994 (33,4%), è in declino dalle ele-
zioni del 1999 e ha ceduto la palma di gruppo più importante al PPE. Alle
elezioni di maggio potrebbe, per la prima volta, attestarsi sotto il 20%, pur
rimanendo il secondo gruppo. Oltre a risentire del calo previsto di consensi
verso i partiti di governo, i partiti socialdemocratici membri di questa fa-
miglia europea sconteranno, a livello nazionale e, di riflesso, nelle elezioni
per il Parlamento europeo, l’enorme scontento di larghe fette della popo-
lazione, impoverite dagli effetti della globalizzazione e della crisi economi-
ca mondiale avviatasi nel 2007. Elettori che, quando ancora si recano alle
urne, non si sentono più rappresentati da partiti che, in linea di principio,
dovrebbero promuovere politiche a favore dei lavoratori e dei ceti più di-
sagiati ma, nei fatti, non hanno saputo migliorare la loro situazione, perce-
pendo anzi tali partiti, quando sono al governo, come succubi dei mercati
e del grande capitale.
- Partito dell’alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (ALDE): è
riuscito nell’impresa di allearsi con il movimento En Marche del presidente
francese Macron (non affiliato ad alcun partito politico europeo), il che,
nonostante il calo di popolarità dell’Eliseo, dovrebbe garantirgli, grazie an-
che alla crescita di Ciudadanos in Spagna, un buon numero di seggi supple-
mentari. Dovrebbero tornare ad essere il terzo gruppo parlamentare, come
è stato dal 1979 al 2014. Questa famiglia politica è sostanzialmente priva di
rappresentanza in Italia.
- Partito verde europeo: i Verdi hanno ottenuto ottimi risultati nelle re-
centi regionali tedesche e sono ben radicati nel Benelux. Potrebbero gua-
dagnare qualche seggio, pur senza sfondare. Come i liberali, la famiglia po-
litica dei verdi, nonostante la sensibilità di tanti nostri connazionali verso
le problematiche ambientali e del cambiamento climatico, e nonostante
l’italiana Monica Frassoni sia co-presidente dei Verdi europei dal 2009, è
priva di una significativa rappresentanza in Italia.
- Partito della sinistra europea: il partito di sinistra-sinistra potrebbe
guadagnare qualche posizione, accogliendo gli elettori delusi dai partiti di
centrosinistra di governo che non intendano fare il salto nel vuoto verso
partiti euroscettici o populisti.
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1
Le opinioni espresse dall’Autore sono a titolo personale e non impegnano in
alcun modo l’istituzione di appartenenza.
2
Articolo 2 del Trattato sull’Unione europea.
3
In realtà, i risultati di un recente sondaggio Eurobarometro su scala euro-
pea, usciti a ottobre 2018, sembrano confermare la percezione dell’Unione europea
come garanzia democratica. I cittadini dei dieci Stati che hanno affermato che la
democrazia, nel loro Paese, non funziona hanno (tutti tranne i ciprioti) indicato che
la democrazia a livello dell’Unione europea funziona meglio che nel proprio Paese
(cf. http://www.europarl.europa.eu/at-your-service/files/be-heard/eurobarome-
ter/2018/eurobarometer-2018-democracy-on-the-move/report/en-one-year-be-
fore-2019-eurobarometer-report.pdf, pp. 43 e 45).
4
Fonte: Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee
(http://www.appf.europa.eu/appf/it/parties-and-foundations/registered-parties.
html).
5
Fonte: Parlamento europeo (il numero che precede il gruppo politico indica la
graduatoria, dal gruppo più numeroso al meno numeroso). Tra parentesi la percen-
tuale di voti ottenuti alle elezioni europee del 2014 e il numero di seggi al Parlamen-
to europeo nel 2014.
6
Tra parentesi il numero di eletti al Parlamento europeo al 22 novembre 2018.
7
n.a. = partito nazionale non affiliato ad un partito politico europeo.
8
Il gruppo è espressione del partito politico europeo non registrato Alleanza
per la democrazia diretta in Europa.
9
In base alle previsioni di fine novembre 2018 – vedi https://www.politico.eu/
interactive/european-elections-2019-poll-of-polls.
SOMMA DI TEOLOGIA
di Tommaso d’Aquino
PIANO DELL’OPERA
vol. 1 Parte Prima [Introduzione; Avvertenza del curatore; Nota
bio-bibliografica; Bibliografia; Sigle; Luoghi paralleli; Pars Prima;
Note; indice]. ISBN 9788831106504; pp. 1632, euro 39,00
vol. 2 Prima parte della Parte Seconda [Pars Prima Secundae;
Note; indice]. ISBN 9788831106511; pp. 1344, euro 39,00
vol. 3 Seconda parte della Parte Seconda [Pars Secunda Secundae;
Note; indice]. ISBN 9788831106528; pp. 2000, euro 39,00
vol. 4 Parte Terza [Pars Tertia; Note; indice]. ISBN 9788831106535;
pp. 1288, euro 39,00
vol. 5 Supplemento [Introduzione; Luoghi delle Sentenze; Luoghi
paralleli; Supplementum; Note; indice].- in uscita marzo 2019
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focus. l’europa e il suo futuro
Est e Ovest:
i due polmoni d’Europa
l’europa multipolare
Pál Tóth
docente emerito
di comunicazione Per un quadro di riferimento
sociale.
insegna teoria Ci sono le sfide attuali del continente che ci ob-
del dialogo bligano a una creatività continua, perché que-
all’istituto ste radici siano feconde nell’oggi e si proiettino
universitario
verso utopie del futuro. […] Oggi […] possiamo
sophia di loppiano
(figline – incisa legittimamente parlare di un’Europa multipola-
in val d’arno, re. Le tensioni – tanto quelle che costruiscono
firenze). quanto quelle che disgregano – si verificano tra
molteplici poli culturali, religiosi e politici. […] Se
volessimo definire oggi il continente, dovremmo
parlare di un’Europa dialogante che fa sì che la
trasversalità di opinioni e di riflessioni sia al ser-
vizio dei popoli armonicamente uniti.
Nel mondo politico attuale dell’Europa risulta
sterile il dialogo solamente interno agli organi-
smi (politici, religiosi, culturali) della propria ap-
partenenza. La storia oggi chiede la capacità di
uscire per l’incontro dalle strutture che “conten-
gono” la propria identità al fine di renderla più
forte e più feconda nel confronto fraterno della
trasversalità. Un’Europa che dialoghi solamente
entro i gruppi chiusi di appartenenza rimane a
metà strada; c’è bisogno dello spirito giovanile
che accetti la sfida della trasversalità1.
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pál tóth
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pál tóth
42 nu 233
pál tóth
Di fronte alle criticità che sono eredità dell’era comunista si pone la do-
manda: «Può venire qualche cosa di buono dall’Est?». Ma si potrebbe an-
che girare l’interrogativo: «Quali sono i punti dolenti dell’Occidente? Dove
si manifestano segnali di una crisi? Potrebbe offrire l’Est qualche rimedio?
Come affrontare secolarizzazione, svuotamento delle chiese, calo delle vo-
cazioni, frammentazione ideologica, libertà come diritto alla trasgressione,
il divieto di parlare di Dio nella sfera pubblica?».
In Polonia, Romania e Russia, per nominare solo questi tre Paesi, si tro-
vano delle manifestazioni della Chiesa del popolo e della pietà popolare
che in questa forma non sono più presenti nell’Ovest, in una società sem-
pre più secolarizzata e laicizzata. Sembra siano fenomeni superati di fron-
te a un cristianesimo delle scelte individuali e consapevoli. In tanti luoghi
dell’Est, però, vive ancora la consapevolezza di essere popolo di Dio, non
come espressione di una massificazione, ma piuttosto come manifestazio-
ne di una mistica popolare. Questa pietà popolare potrebbe essere con-
siderata come una risorsa efficace per la rinascita europea, se si rinnova
continuamente nella messa in pratica del vangelo.
L’Est porta nelle sue viscere tutte le conseguenze negative di una unità
falsa, forzata, opprimente, e agogna un’unità vera nella libertà e nella fra-
tellanza. Ha nelle sue ossa umiliazioni, occupazioni e sfruttamenti secolari,
e di conseguenza reazioni di autodifesa e di chiusura. Una storia sigillata
dal sangue di tanti martiri cristiani dell’Est che hanno dato testimonianza
della loro fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Questo grido è rivolto, in una maniera consapevole e no, in un modo
espresso o tacito, verso l’Ovest che ha proclamato come obiettivo princi-
pale del suo agire sociale e politico la realizzazione dell’unità nella diver-
sità. L’Ovest, guardando alla vicende sociali, politiche e religiose dell’Est,
potrebbe scoprire questa voce della sofferenza come un’enorme risorsa
44 nu 233
pál tóth
caratteristici prima per i Paesi di Visegrád, ora si trovano anche nelle so-
cietà occidentali.
In Europa operano tanti movimenti, comunità e associazioni protesi a
scoprire nuove modalità di presenza cristiana nella società, ad essere sale
e lievito, superando modi di pensare e di agire che dividono ancora Est e
Ovest in Europa. Cito papa Francesco:
per promuovere uno sviluppo umano integrale. Essere cristiani oggi signi-
fica proporre, coraggiosamente, nuovi modelli di fare politica, economia e
media, di avviare processi di partecipazione civile.
In questo modo, come abbiamo sottolineato, servono piattaforme
permanenti, ovvero scuole per il dialogo intraeuropeo, con lo scopo di
delineare una visone condivisa e conseguenti azioni comuni, formando
così una crescente rete di cittadini impegnati per una rinascita della cul-
tura europea.
In questi laboratori di uguaglianza e di mutuo riconoscimento, partendo
da quella porzione di verità che ambedue le parti custodiscono nelle loro
tradizioni, si potrebbe sviluppare un nuovo tipo di discorso sapienziale, che
superi la mera critica e parli delle criticità in prospettiva della crescita, e
faccia vedere miserie e mancanze in prospettiva della redenzione e della
resurrezione.
Le nuove generazioni, che non hanno vissuto sulla propria pelle l’e-
sperienza del comunismo, non si lasciano più condizionare dalle catego-
rie mentali della contrapposizione, sono più aperte, sono una promessa
per una rapida accelerazione di processi di mutata comprensione fra Est e
Ovest e per trovare accordi su possibili scenari futuri. Il cardinal Bassetti
propone «una rete di scuole, calate sul territorio, che sappiano studiare,
46 nu 233
pál tóth
conoscere e proporre soluzioni per i luoghi in cui sono inserite, ma che fac-
ciano riferimento a una catena unica, a un corpo solo»12.
Aprire dunque spazi di dialogo, sviluppare una cultura dialogica e colle-
garsi in rete per essere fermento di quel popolo europeo che deve nascere.
1
Papa Francesco, Discorso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014.
2
Papa Wojtyła ha fatto propria l’espressione «respirare con due polmoni» del
pensatore russo Vjaceslav Ivanov. A sua volta, Ivanov ha utilizzato questa espres-
sione nel 1926 al momento della sua riconciliazione pubblica con la Chiesa cattolica
nella basilica di San Pietro.
3
Intercultura e Immigrazione, http://www.timeforafrica.it/intercultura-e-immi-
grazione-2.
4
Cf. A. Rollo, Rappresentazioni mentali, modelli culturali e concetti culturalmente
specifici nel quadro della linguistica cognitiva. Verso un approccio interculturale, in
«Lingue Linguaggi», 16 (2015), pp. 577-596.
5
Cf. ibid.
6
Discorso del papa in apertura della prima Congregazione generale del Sinodo
dei Vescovi sui giovani
7
D. Medvedev, 25 anni di Costituzione: un equilibrio tra libertà e responsabilità,
12 dicembre 2018, http://government.ru/news/35053 (traduzione dell’Autore).
8
Cf. T. Špidlík et al., A due polmoni. Dalla memoria spirituale d’Europa, Lipa, Roma
1999.
9
Intervista al cardinale Tomáš Špidlík, in «L’Osservatore Romano», 16 dicem-
bre 2009.
10
J. Hus, Spiegazione della Confessione di fede, 1412, citato in A. Molnár, Jan Hus
testimone della verità, Editrice Claudiana, Torino 1973, p. 13.
11
Messaggio di papa Francesco alla prof.ssa Margaret Archer, presidente della
Pontifica accademia delle scienze sociali, in occasione della sessione plenaria, 24
aprile 2017.
12
G. Bassetti, Per un nuovo impegno sociale, in «L’Osservatore Romano, il Setti-
manale», 20 settembre 2018, p. 21.
Restare umani
sette sfide per non rimanere
schiacciati dalla tecnologia
di Marco Scicchitano, Giuliano Guzzo
Gli autori affrontano nel volume uno dei temi centrali della
nostra epoca chiedendosi, a fronte dell’avanzare della tec-
nica e dei mutamenti sociali connessi, cosa vogliamo che
resti dell’umano. Attraverso l’analisi di questioni come la
differenza tra maschile e femminile, la sessualità, l’aborto
e la selezione genetica, il consumismo, Guzzo e Scicchitano
cercano di individuare quei momenti del nascere, del vivere
e del morire che, oggi, rischiano di trascinare l’essere umano
verso ciò che umano non è.
isbn
9788831175357
pagine
144
prezzo
euro 15,00
nu 233
focus. l’europa e il suo futuro
Democratizzare
il Vecchio continente
50 nu 233
walter baier
la crisi finanziaria
52 nu 233
walter baier
Nel corso della crisi finanziaria non soltanto è venuta meno la promessa
di benessere dell’Unione europea, ma è stata anche ingannata l’inneggiata
solidarietà europea.
I risultati sono oggi evidenti. Negli ultimi quindici anni si è approfondito
il divario fra poveri e ricchi non solo all’interno degli Stati, ma anche fra gli
Stati. Se da un parte l’euro ha attirato alcuni nella trappola della povertà a
motivo di un’infrenabile concorrenza dell’industria sul mercato interno, per
altri, soprattutto per la Germania, esso è stato un propulsore formidabile di
successo economico. Con un’eccedenza di 250 miliardi di euro sulla bilan-
cia commerciale, la Germania è non solo la nazione più forte del mondo in
esportazioni, ma quella che lucra nel commercio estero un guadagno mag-
giore delle eccedenze di tutti gli altri Stati membri dell’Unione, per non par-
lare dei debiti della maggior parte dei Paesi membri rispetto alla Germania.
Bisogna considerare che questo non è lo sviluppo naturale delle cose. Dal
punto di vista teorico è senz’altro possibile creare una moneta comune
per uno spazio economico comune tra livelli di produzione storicamente
diversi. Ma per fare questo l’unione monetaria dovrebbe disporre anche di
strumenti politici per equilibrare i dislivelli e attenuare le variazioni con-
giunturali, come un budget e degli strumenti di finanziamento che, oltre
a una politica congiunturale anti-ciclica, consentano mirati trasferimenti
sociali e investimenti europei. Una politica europea dell’industria e degli
investimenti sarebbe necessaria anche in vista di una necessaria trasfor-
mazione socio-ecologica delle economie, possibile solo a livello europeo.
Inoltre l’unione monetaria contribuirà alla tenuta sociale soltanto se la sua
banca centrale sarà obbligata a tenere in considerazione le mete sociali
ed ecologiche in modo altrettanto centrale quanto quelle economiche. Un
budget sufficiente e un commitment sociale della Banca centrale non sono
previsti nell’Unione monetaria europea secondo il trattato di Maastricht
del 1994. In tal modo è stato impiantato fin dall’inizio un errore di sistema,
che non è stato corretto né dal patto di stabilità e crescita (1997) né dal
fiscal compact (2012). Anzi, tale errore è stato consolidato, invece di es-
ser corretto, in quanto per la stabilità monetaria, considerata come l’unica
misura possibile, è stato diminuito ancor di più l’impiego di strumenti di
politica finanziaria degli Stati membri.
percorsi di integrazione
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walter baier
la costituzione cattiva
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walter baier
Gli ostacoli prevedibili non sono solo di natura giuridica, ma sono dovu-
ti a grossi interessi materiali di potere e capitale. Nelle condizioni e nelle
strutture attuali non c’è da aspettarsi un cambiamento volontario di com-
portamenti. Se tuttavia vogliamo evitare che il malcontento europeo persi-
sta e si accumuli fino al punto di scaricarsi in modo violento, c’è bisogno di
un meccanismo che renda possibile il dialogo e la valutazione di interessi
opposti.
Chiaramente manca all’integrazione europea un fattore determinante,
cioè una democrazia funzionante. Il maggior errore di tanti proeuropeisti
è quello di immaginare l’integrazione europea nient’altro che come l’eli-
minazione delle competenze degli Stati nazionali. Questo sarebbe fatale,
perché le competenze che l’Unione europea si arroga non sono soggette
a decisioni parlamentari ad alto livello, e si vanificherebbero in un intrico
conclusione
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walter baier
1
Discorso di papa Francesco al conferimento del premio Carlo Magno, 6 mag-
gio 2016, http://w2.vatican.va/content/francesco/de/speeches/2016/may/docu-
ments/papa-francesco_20160506_premio-carlo-magno.html.
2
Il titolo completo è: Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione euro-
pea e il trattato che istituisce la Comunità europea.
3
Cf. European Election stats, eine Prognose, die in allen 27 Mitgliedsstaaten dur-
chgeführt und wöchentlich aktualisiert wird, https://europeanelectionsstats.eu/de/
europawahlen-2019-wahlprognose.
4
Verranno contate insieme le frazioni Europa delle nazioni e della libertà
(Lega, FPÖ, Rassemblement National – già Front National –, PVV, SPD – Cechia –,
Vlaams Belang, KNP…), Europa della libertà e della democrazia (AfD, Democratici
svedesi…), come pure altri mandatari senza frazione.
5
Gli stipendi di CEO di imprese quotate in borsa aumentarono tra il 2016 e il
2017 del 12% in Austria, arrivando così a 56 volte uno stipendio medio. Cf.: https://
wien.arbeiterkammer.at/interessenvertretung/wirtschaft/wirtschaftkompakt/
Gagen_der_ATX-Manager.html.
6
Cf. https://derstandard.at/2000089016409/Arme-und-reiche-Regionen-
Vom-Aufstieg-des-Burgenlands-und-dem.
7
J.-C. Juncker, Rede zur Lage der Union 2017, https://ec.europa.eu/commis-
sion/sites/beta-political/files/state-union-2017-brochure_de.pdf, 17.
8
42 miliardari posseggono metà del mondo, «Welt», 22.1.2018, https://www.
welt.de/wirtschaft/article172684758/Oxfam-42-Milliardaere-besitzen-so-viel-
wie-die-halbe-Welt.html.
9
Cf. «Focus-online», 21.12.2012 Staaten halfen Banken mit 1,6 Billionen Euro,
https://www.focus.de/finanzen/news/bankenrettung-in-der-eu-staaten-halfen-
banken-mit-1-6-billionen-euro_aid_886827.html.
10
A. Merkel, Conferenza stampa del 1.9.21012, Per questo dovremo trovare le
strade affinché la codecisione parlamentare possa essere conforme al mercato, https://
www.youtube.com/watch?v=y4CIiBL-EKg.
11
European Economists for Alternative Economic Policy in Europe: www.euro-
memo.eu.
12
Sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee del 15 luglio 1964,
Flaminio Costa contro ENELCOSTA/ENEL-Entscheidung: https://eur-lex.europa.
eu/legal-content/DE/TXT/HTML/?uri=CELEX:61964CJ0006&from=DE.
13
Jeremy Smith/John Weeks (2017): “Bringing Democratic Choice to Europe’s
Economic Governance. The EU Treaty Changes we Need, and why we Need them”,
https://www.rosalux.eu/fileadmin/user_upload/Publications/2017/Democra-
tic-choice-to-Europe.pdf.
14
Adam Smith (1723–1790), filosofo ed economista scozzese, fondatore della
dottrina del mercato libero; Karl Marx (1818–1883), filosofo tedesco, economista e
politico, fondatore del socialismo scientifico; Friedrich August von Hayek (1899–
1992), economista austriaco e teorico sociale, fondatore del neoliberalismo; Karl
Polanyi (1896–1924), storico, economista austro-ungarico e teorico sociale con
sfondo cristiano e socialista. Egli introdusse l’idea di un’integrazione istituzionale
del sociale nei processi di mercato.
15
Cf. Commissione europea (2017): White Paper sul futuro dell’Europa,
https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/weissbuch_zur_
zukunft_europas_de.pdf.
16
Cf. Discorso di papa Francesco al conferimento del premio Carlo Magno, cit.
60 nu 233
focus. l’europa e il suo futuro
Il nostro sì all’Europa
Il contributo di Insieme per
l’Europa nella situazione attuale 1
princìpi fondamentali
L’unità è possibile
Questa frase appartiene alle convinzioni basilari di Insieme per l’Euro-
pa. Ma di quale unità stiamo parlando?
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gerhard proß
Gesù in mezzo
Sin dagli inizi questo credo comune ha plasmato il nostro “insieme”.
È Gesù in mezzo che ci unisce. Egli ci dona la forza e la speranza per l’unità
nella diversità riconciliata, poiché Gesù Cristo ha riconciliato il mondo con
Dio. In ambito politico occorre modificare questo credo, giacché coopere-
remo con tutti gli uomini di buona volontà. Tuttavia, questa base comune
rappresenta in Insieme per l’Europa un ponte solido per lavorare insieme in
presenza di convinzioni politiche, culturali e nazionali diverse.
64 nu 233
gerhard proß
66 nu 233
gerhard proß
Vivere l’insieme
La preghiera trasforma
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gerhard proß
1
Traduzione italiana (dal tedesco) a cura di Christina Roth e Diego Goller.
2
Chiara Lubich al primo incontro del 31 ottobre 1999 a Ottmaring.
3
Congresso Insieme per l’Europa nel maggio 2004 a Stuttgart: Scoprire ric-
chezze e condividerle.
4
F. Jöst, Insieme in cammino, relazione al Congresso Insieme per l’Europa 2007
a Stoccarda, pp. 21ss.
5
H. Heinz (ed.), Christliche Kultur in einem Europa, Neue Stadt, Oberpframmern
p. 33.
6
P. Heinrich Walter al Comitato Centrale di Insieme per l’Europa a Monaco,
maggio 2017.
70 nu 233
gerhard proß
7
Messaggio di Insieme per l’Europa del 2 luglio 2016 a Monaco: All’Insieme
non esistono alternative. “Uniti nella diversità”. Questa speranza europea è oggi più
attuale che mai. Cf. www.together4europe.org.
8
Occorre distinguerlo bene da impulsi profetici e dal lavoro di discernimento degli
spiriti, che hanno come fonte la Rivelazione.
9
«L’uomo dimostra abbastanza facoltà di ragionare in cose transitorie e in
ciò che concerne le vicende umane. In questo ambito ha bisogno solo della luce
dell’intelletto. Perciò Dio nelle scritture non istruisce su come costruire case, cu-
cire vestiti, sposarsi, condurre guerre ecc. affinché ciò si realizzi. La luce naturale
vi è sufficiente. Per quanto concerne invece le cose di Dio, vale a dire dove occor-
re fare la volontà di Dio per ricevere la grazia, la natura è inefficiente e cieca, non
percepisce lontanamente questa realtà. È tuttavia sufficientemente presuntuosa da
inoltrarvisi, piombandovi dentro come fosse un cavallo cieco. Ma quanto viene da
essa esaminato e deciso è certamente sbagliato e ingannevole rispetto alla realtà di
Dio». Martin Lutero, citato in K. Aland, Lutherlexikon, Bückle & Böhm, Berlino 1956,
pp. 392-393 (n. 1498).
10
Suor Nicole Grochowina all’incontro degli Amici di Insieme per l’Europa 2016
a Castel Gandolfo.
11
Preghiera alla vigilia dei 60 anni del Trattato di Roma, il 24 marzo 2017, a
Roma e in 57 città europee.
12
Cf. www.wikipedia.org – Jean Omer Marie Gabriel Monnet (9 novembre 1888
- 16 marzo 1979) imprenditore francese e precursore delle correnti per un’Europa
unita, senza vestire mai una carica politica. Monnet è considerato uno dei padri
fondatori dell’Unione europea e viene definito come “padre dell’Europa”.
13
H. Heinz (ed.), Christliche Kultur in einem Europa, cit., p. 71.
14
I sette sì di cui abbiamo parlato a Stuttgart nel 2007, e che da allora descri-
vono il nostro impegno in questi sette ambiti sociali, devono essere distinti dal sì
all’Europa che noi abbiamo definito nell’incontro degli Amici di Insieme per l’Europa
a Castel Gandolfo: a quale Europa diciamo di sì? Queste formulazioni furono pre-
cisate in seguito, particolarmente in vista dell’incontro degli Amici di Insieme per
l’Europa a Vienna nel 2017: Diciamo sì all’Europa - 5 punti.
15
Padre Lothar Penners all’incontro annuale degli Amici di Insieme per l’Europa
2016 a Castel Gandolfo, con riferimento a Padre Kentenich.
Il capitale narrativo
le parole che faranno il domani
nelle Organizzazioni
e nelle comunità
di Luigino Bruni
nu 233
scripta manent
Le “madri fondatrici”
Le guerre civili scoppiate nel periodo fra i due conflitti mondiali furono
più sanguinose e crudeli che in passato; e diedero luogo a migrazioni di
gruppi che a differenza dei loro più fortunati predecessori, i profughi delle
74 nu 233
a cura di pasquale ferrara
guerre religiose, non furono accolti e assimilati in nessun Paese. Una volta
lasciata la patria d’origine essi rimasero senza patria, una volta lasciato il
loro stato furono condannati all’apolidicità. Privati dei diritti umani garanti-
ti dalla cittadinanza, si trovarono ad essere senza alcun diritto, la schiuma
della terra. A niente di quanto avvenne dopo la Prima guerra mondiale si
poté porre rimedio; e, per quanto prevista, nessuna sciagura, neppure lo
scoppio di un secondo conflitto mondiale, poté essere impedita. Ogni av-
venimento ebbe la definitività di un giudizio universale, un giudizio che ap-
pariva come l’espressione di una stupida irreparabile fatalità. […] C’erano
state delle minoranze anche in passato, ma la minoranza come istituzione
permanente, il riconoscimento che milioni di persone vivevano fuori della
normale protezione giuridica e avevano bisogno per i loro diritti elemen-
tari di un’ulteriore garanzia da un organismo esterno, la presunzione che
questo stato di cose non fosse temporaneo e occorressero dei trattati per
stabilire un modus vivendi durevole, tutto ciò era qualcosa di nuovo nella
storia europea almeno su tale scala. I trattati sulle minoranze dicevano a
chiare lettere quello che fino ad allora era stato implicito nel sistema de-
gli Stati nazionali, cioè che soltanto l’appartenenza alla nazione dominante
dava veramente diritto alla cittadinanza e alla protezione giuridica, che i
gruppi allogeni dovevano accontentarsi delle leggi eccezionali finché non
erano completamente assimilati e non avevano fatto dimenticare la loro
origine etnica. […] Nessun paradosso della politica contemporanea è più
pervaso di amara ironia del divario fra gli sforzi di sinceri idealisti, che in-
sistono tenacemente a considerare “inalienabili” diritti umani in realtà go-
duti soltanto dai cittadini dei Paesi più prosperi e civili, e la situazione de-
gli individui privi di diritti, che è costantemente peggiorata, sino a fare del
campo d’internamento (prima della Seconda guerra mondiale l’eccezione
piuttosto che la regola per gli apolidi) la soluzione corrente del problema
della residenza delle displaced persons. Persino la terminologia è peggiora-
ta. Il termine “apolide” riconosceva, se non altro, che tali individui avevano
perso la protezione del loro governo e avevano bisogno dell’intervento di
accordi internazionali per la tutela del loro status giuridico. II termine post-
bellico displaced persons fu inventato durante la guerra con l’esplicito inten-
to di liquidare una volta per sempre l’apolidicità ignorandone l’esistenza. Il
76 nu 233
a cura di pasquale ferrara
loro, non esistono obblighi diretti che siano eterni. È eterno solo il dovere
verso l’essere umano come tale. Quest’obbligo è incondizionato. Se esso
è fondato su qualcosa, questa qualcosa non appartiene al nostro mondo.
Nel nostro mondo, non è fondato su nulla. È questo l’unico obbligo relativo
alle cose umane che non sia sottomesso a condizione alcuna. Quest’obbli-
go non ha un fondamento, bensì una verifica nell’accordo della coscienza
universale. Esso è espresso da alcuni dei più antichi testi che ci siano stati
conservati. Viene riconosciuto da tutti e in tutti i casi particolari dove non
è combattuto dagli interessi o dalle passioni. Il progresso si misura su di
esso. II riconoscimento di quest’obbligo è espresso in un modo confuso e
imperfetto, ma più o meno imperfetto secondo i casi, nel cosiddetto diritto
positivo. Nella misura in cui i diritti positivi sono in contraddizione con esso
sono colpiti da illegittimità. (S. Weil, La prima radice, Edizioni di Comunità,
Roma-Ivrea 2017 [1943], pp. 9-12).
Sono questi i tempi in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio con-
fine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata
come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza.
[…] Noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sban-
dato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio a contemplare la propria
bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti
stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri po-
poli presso cui si muore di fame – e faccia crollare le barriere e correre
con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e
materiali. (Dal Discorso pronunciato nell’estate 1959, nel paese dolomitico
di Fiera di Primiero; ora in M. Vandeleene [ed.], Chiara Lubich. La dottrina
spirituale, Mondadori, Milano 2001, pp. 277-279).
78 nu 233
a cura di pasquale ferrara
1
La definizione di “madri fondatrici” è qui utilizzata in modo alquanto diverso
– più in prospettiva storico-filosofica e di fondamenti del pensiero che in chiave di
impegno contemporaneo – rispetto al lavoro di M.P. Di Nonno, Europa. Brevi ritratti
delle Madri Fondatrici, Edizioni di Comunità, Roma-Ivrea 2017.
2
Cf. L. Boella, Europa perduta, Europa da ricostruire. Hannah Arendt, María Zam-
brano, Simone Weil, in L. Passerini - F. Turco (edd.), Donne per l’Europa. Atti delle prime
tre Giornate per Ursula Hirschmann, CIRSDe – Centro Interdisciplinare di Ricerche e
Studi delle Donne, Università degli Studi di Torino, Torino 2011.
3
Cf. R. Esposito, L’origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli,
Roma 1996.
4
Di grande interesse il convegno accademico Simone Weil. Filosofia e nuove isti-
tuzioni per l’Europa, Scuola Normale Superiore e Università di Pisa, Pisa 11-12 aprile
2018; cf. anche R. Esposito, Se Simone Weil avesse fatto l’Europa, in «La Repubblica»,
9 aprile 2018.
80 nu 233
parole chiave
Condivisione
Anche dal lato tedesco Monnet è riconosciuto come uno degli artefici
dell’idea della Comunità economica del carbone e dell’acciaio, come ente
sovranazionale a cui cedere sovranità per gestire un problema comune
affinché diventasse risorsa per tutti. Paul Leroy-Beaulieu, direttore gene-
rale degli Affari economici e finanziari presso l’alto commissariato della
Repubblica francese in Germania, ricordando Monnet disse: «C’erano due
ministri con Adenauer. Jean Monnet si avvicina a loro. Il Cancelliere si gira
allora verso di me: “Potete dire al signor Monnet che, quando mi ha propo-
sto il suo progetto, ho ringraziato Dio”»2.
L’ispirazione di Monnet era semplice, costruire una pace duratura con
una mossa: mettere in comune i problemi che erano stati all’origine delle
guerre, ed evitare che diventassero “posta in gioco” tra attori in conflitto.
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gennaro iorio
1
J. Monnet, Mémoires, Fayard, Paris 1976, p. 360 (traduzione dell'Autore).
2
È. Roussel, Jean Monnet (1888-1979), Fayard, Paris 1996, p. 539 (traduzione
dell'Autore).
3
J. Monnet, Mémoires, cit., p. 353.
4
Ibid., p. 434.
84 nu 233
punti cardinali
Il diritto all’acqua
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matteo sgrulloni
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matteo sgrulloni
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matteo sgrulloni
92 nu 233
matteo sgrulloni
Anche l’Egitto, percorso in tutta la sua lunghezza dal Nilo, ha visto mu-
tare nel corso degli ultimi anni la portata del fiume più lungo del mondo,
anche a causa della costruzione di bacini idroelettrici a monte. Il limo, che
un tempo rendeva le terre allagate dalle piene le zone più fertili dell’Afri-
ca settentrionale, adesso non riesce più a fecondare le sponde egiziane a
causa della portata ridotta del corso d’acqua; il flusso idrico regimentato
dalle dighe costruite a monte ha impedito che si verificassero le piene che
consentivano al fertile terriccio di depositarsi. Per un Paese di più di 80 mi-
lioni di abitanti, e che da millenni vive grazie al fiume, non si tratta di eventi
di poco conto. Considerato anche che poco lontano dal corso d’acqua il
territorio egiziano è pressoché totalmente deserto, notiamo come la por-
tata costante del fiume sia fondamentale per il sostentamento di milioni di
persone che ancora vivono di agricoltura, ma anche per una città come Il
Cairo, situata nel nord del Paese poco lontano dal punto in cui il Nilo si divi-
de a formare il suo delta. Questa città sovraffollata in cui vivono 10 milioni
di abitanti, rischia in futuro di vedere diminuire il flusso idrico del suo fiume
se si continueranno a costruire dighe a monte.
Il punto nodale della questione riguarda la coesistenza di due diritti:
il diritto all’acqua potabile e il diritto allo sviluppo, diritti che non sempre
riescono a crescere in modo omogeneo. I nuovi bacini idroelettrici costruiti
negli ultimi anni hanno tenuto conto soprattutto del diritto allo sviluppo
economico di alcune tra le nazioni più povere del mondo, ma sono stati
completamente disattesi i diritti basilari degli abitanti delle zone inonda-
te e di quelle a valle delle dighe che si sono ritrovati senza acqua o con il
flusso regolato a monte e non più costante. Un esempio in tal senso è la
Gerd (Diga del grande rinascimento etiope), un enorme sbarramento di
1.800 metri lungo il corso del Nilo Blu che dovrebbe permettere all’Etiopia
di diventare uno dei più importanti produttori di energia elettrica della re-
gione tanto da consentirle di venderne anche ai Paesi confinanti. Di fatto,
le sponde del nuovo bacino artificiale sarebbero fertili e potenzialmente
sfruttabili non solo per l’agricoltura di sussistenza ma addirittura inten-
siva. Però questo nuovo bacino bloccherebbe il flusso delle acque verso
valle e quindi verso il Sudan e l’Egitto21, che dal Nilo Blu ottiene l’85% delle
sue acque. È possibile conciliare, oltre ai diritti umani essenziali all’interno
dei confini di uno Stato, anche il rispetto dei medesimi diritti in uno Stato
confinante? Il diritto internazionale stabilisce che uno Stato che si trovi a
monte non possa danneggiare con le sue opere idroelettriche lo Stato o gli
Stati che si trovino più a valle, dal momento che tutti i Paesi attraversati
dal medesimo corso d’acqua devono poter usufruire dei vantaggi che ne
derivano, senza limitazioni dovute alle altrui politiche. L’Etiopia è libera di
costruire le sue dighe ma nel rispetto anche dei diritti che l’Egitto vanta
sulle medesime acque. La Gerd non impedirà al Nilo di continuare a scor-
rere verso il mare dal momento che le acque verranno usate solo in minima
parte per l’agricoltura, pertanto queste potranno essere utilizzate di nuovo
per la diga di Assuan, l’ultimo grande sbarramento lungo il corso del fiume.
In Etiopia vivono 90 milioni di persone, la cui maggior parte non ha ac-
cesso all’energia elettrica; considerato l’alto tasso di crescita della popo-
lazione, che si stima arriverà a 187 milioni nel 2050, si è reso necessario
costruire una serie di bacini che permettano un miglioramento delle condi-
zioni di vita di questa enorme massa di persone.
Come si è visto in precedenza, le varie organizzazioni regionali africane
hanno agito per sancire un diritto umano all’acqua, ma la situazione non
è omogenea in tutto il continente. Ciò è dovuto principalmente alle con-
dizioni climatiche: nelle zone delle Repubblica democratica del Congo, il
polmone verde del continente, cadono in media 4 mila mm di acqua in un
anno mentre in alcune regioni del Corno d’Africa o della Namibia non pio-
ve da anni. In Somalia nel 2011 la siccità e la conseguente carestia hanno
ucciso almeno 250 mila persone: questo è un caso limite ma che rischia di
ripetersi nel futuro prossimo poiché almeno 14.5 milioni di persone nella
regione orientale del continente non hanno accesso all’acqua e rischiano
di soffrire una nuova carestia. La Somalia è un failed State22, cioè un Paese
dove manca un governo riconosciuto che sia in grado di governare ed è uno
dei più colpiti da questo tipo di eventi proprio perché manca una politica
atta a evitarli, a porre in essere le dovute misure per far sì che, in un territo-
rio difficile dal punto di vista climatico, non si ripetano eventi che mettano
a rischio, nel giro di pochi anni, la vita di milioni di persone.
La zona tropicale del continente è quella che soffre di più la siccità e
quella che pagherà il prezzo più caro a causa del cambiamento climati-
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co. L’Africa è infatti il continente che inquina meno ma che subisce i danni
maggiori causati dall’aumento dei livelli di CO2 nell’atmosfera, che si mani-
festano con l’innalzamento delle temperature, la desertificazione, la dimi-
nuzione delle precipitazioni. Le attività antropiche sul territorio, sommate
al cambiamento climatico, prospettano una sfida non semplice da vincere
per un continente vasto, che rischia di soffrire un aumento demografico in-
sostenibile entro questo secolo e soprattutto governato da classi politiche
e dirigenti legate più agli interessi personali che a quelli collettivi.
Riconoscere il diritto all’acqua potabile come diritto fondamentale, al
momento, non è ancora sufficiente in Africa. I governi dei vari Paesi do-
vrebbero anteporre l’interesse della collettività a quello delle multinazio-
nali che ancora oggi, nel XXI secolo, portano avanti una forma di neocolo-
nialismo a danno dell’ambiente africano. Enormi masse d’acqua vengono
sprecate per le miniere di oro, diamanti, nichel, uranio; interi ecosistemi
fluviali sono compromessi dai pozzi petroliferi e dalle raffinerie come av-
viene nel delta del Niger. Gli scarichi delle immense metropoli, nelle quali
si rifugia sempre più spesso una grande fetta della popolazione in fuga
dalle zone rurali, rendono insalubri le acque generando altri danni am-
bientali, alla flora e alla fauna ittica, poiché non sono stati costruiti impian-
ti di depurazione. Alcuni quartieri di Lagos, in Nigeria, sono stati costruiti
all’interno di una palude. Questi slum sono abitati dalla fascia più povera
della popolazione che vive in condizioni precarie, senza acqua potabile,
eppure al di là della laguna si sviluppa la city di Lagos con lo skyline da
grande città nordamericana e non africana. I villaggi delle zone più remote
o semplicemente delle zone rurali non sono serviti da acquedotti, le abi-
tazioni, nella maggior parte dei casi, non dispongono di acqua potabile in
casa poiché mancano le infrastrutture.
A causa della insolita estate del 2017, particolarmente afosa e siccitosa
e che abbiamo vissuto in tutta Italia, abbiamo avuto anche noi un assaggio
di quello che potrebbe capitare in futuro al nostro Paese, ma soprattutto
di quello che vivono miliardi di persone nelle zone dove questi fenomeni
non sono un’eccezione. L’agricoltura italiana ha subìto danni per miliardi di
euro, le risorse idriche sono state esaurite quasi ovunque, i bacini idroelet-
trici sono stati sfruttati al massimo per la grande richiesta di energia, ma
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1
Cf. L’Italia con l’Onu contro la fame nel mondo, a cura del Ministero degli Affari
Esteri, Rapporto 2009.
2
Dal 6 aprile alla metà di luglio 1994 circa un milione di persone, principal-
mente di etnia Tutsi, fu massacrato dai componenti dell’etnia Hutu. La popolazio-
ne del Ruanda era suddivisa in tre etnie principali: Hutu, Tutsi e Twa, quest’ultima
minoritaria che attualmente riguarda solo l’1% della popolazione. La suddivisione
etnica risale al periodo della colonizzazione belga, quando le popolazioni indigene
furono suddivise in base alle loro regioni di provenienza e alle attività svolte: gli
Hutu erano raccoglitori e agricoltori, mentre i Tutsi allevatori di bestiame. Nella
gerarchia sociale della regione dei Grandi Laghi i Tutsi erano, sin dal periodo co-
loniale, l’aristocrazia, occupavano le principali cariche politiche e burocratiche,
mentre gli Hutu erano la fascia più bassa della popolazione. Il 6 aprile 1994 un
missile abbatté l’aereo su cui viaggiava il presidente-dittatore del Ruanda po-
stcoloniale, Juvénal Habyarimana. Sin da subito, gli Hutu attribuirono la paternità
dell’attentato ai Tutsi, che negli anni di governo di Habyarimana si erano collocati
all’opposizione. Iniziarono così scontri in tutto il Paese, che sfociarono in un mas-
sacro ininterrotto. Ancora oggi non vi è certezza su chi abbia realmente abbattuto
l’aereo presidenziale.
3
http://www.unis.unvienna.org/unis/pressrels/2001/sgsm7738.html.
4
«L’Assemblea ha espresso profonda preoccupazione per il fatto che circa
884 milioni di persone non avevano accesso all’acqua potabile e oltre 2,6 miliardi
non avevano accesso alle strutture igienico-sanitarie di base. Tenendo presen-
te l’impegno a realizzare pienamente gli Obiettivi di sviluppo del millennio, ha
espresso l’allarme che 1,5 milioni di bambini sotto i cinque anni sono morti ogni
anno a causa di malattie legate all’acqua e all’igiene, riconoscendo che acqua po-
tabile e servizi igienico-sanitari sicuri e puliti erano parte integrante alla realizza-
zione di tutti i diritti umani».
5
S. Vandana, Le guerre dell’acqua, Universale Economica Feltrinelli, Milano 2003.
6
http://it.peacereporter.net/articolo/20857/Burkina+Faso,+stop+alla+pri-
vatizzazione+dell%27acqua+e+della+luce.
7
Acronimo che indica l’Economic Community of West African States (Comu-
nità economica degli Stati dell’Africa occidentale). È un’organizzazione economica
composta da quindici Stati; nel corso del tempo ha adottato anche decisioni di riso-
luzione pacifica dei conflitti che sono scoppiati nella regione, garantendo, da ultimo
nel 2017, l’insediamento di Adama Barrow come presidente del Gambia.
8
L’Agenda 21 è un programma d’azione prodotto dalla Conferenza Onu su am-
biente e sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992. È il punto di riferimento per tutte le
politiche di sviluppo sostenibile da attuarsi nel XXI secolo.
9
Articolo 4 della Decisione 12/12/2000.
10
Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (Southern African Deve-
lopment Community), fondata nel 1992 dopo l’esperienza della Southern African
Development Coordination Conference, è composta da quindici Paesi dell’Africa
australe.
11
Nelle foreste equatoriali della Repubblica democratica del Congo cadono
ogni anno circa 4 mila mm di acqua, mentre negli Stati meridionali le precipitazioni
non superano la soglia dei 50 mm. Regional Water Policy, Southern African Comm-
munity, August 2005.
12
Le regioni più colpite sono quelle semidesertiche della Namibia e del Botswa-
na. Regional Water Policy, Southern African Commmunity, August 2005.
13
L’Action Plan in questione è il quarto redatto dall’organizzazione dopo quelli
riguardanti i periodi 1999-2004, 2005-2010 e 2011-2015.
14
«Le risorse idriche condivise presentano opportunità per lo sviluppo inte-
grato, la cooperazione regionale e la pace e la sicurezza». Regional Water Policy,
Southern African Commmunity, August 2005.
15
Gli Obiettivi di sviluppo del millennio sono contenuti nella Dichiarazione del
millennio, siglata nel 2000 da 193 Paesi; il termine per la realizzazione di questi
traguardi è stato fissato al 2015; molti Paesi hanno raggiunto prima questi obiettivi,
altri non lo hanno fatto o si sono impegnati in misura minore. Il miglioramento delle
condizioni di vita di miliardi di persone non è stato omogeneo, c’è ancora molto da
fare; i Paesi in via di sviluppo si sono impegnati per ridurre la fame, la mortalità in-
fantile, migliorare le condizioni di vita delle donne, incrementare il tasso di alfabetiz-
zazione, anche con l’aiuto delle economie più avanzate. Rimane però ancora molto
da fare circa la diminuzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera; la realizzazione
di questo obiettivo non ha visto particolari risultati, sia perché i Paesi sviluppati non
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si sono impegnati a dovere, sia perché quelli in via di sviluppo hanno rivendicato un
loro “diritto a inquinare”, per poter raggiungere un livello di sviluppo accettabile.
16
Regional Water Policy, Southern African Commmunity, August 2005.
17
Questo obiettivo è stato ampiamente raggiunto già nel 2012 tanto che nel
2015 la popolazione mondiale che aveva accesso all’acqua potabile era del 92%
https://www.unicef.org/media/media_61922.html.
18
Eastern African Community (Comunità dell’Africa Orientale), è una delle più
piccole organizzazioni africane essendo composta da soli sei Paesi, tra cui il Sud
Sudan, il più giovane Stato al mondo nato solo nel 2011.
19
Cf. http://www.eac.int/index.php?option=com_content&view=article&id=2
36:kenya-vp-challengesregion&catid=146:press-releases&Itemid=194.
20
Articolo 31 (a): «Gli Stati devono porre in essere le politiche atte a garantire lo
sviluppo dei diritti, incluso l’accesso alle risorse naturali incontaminate che consen-
tono la sopravvivenza, inclusi la terra, cibo, acqua, aria».
21
Cf. http://www.lastampa.it/2016/08/15/economia/in-etiopia-la-superdi-
ga-pi-grande-di-assuan96thmjNdjT7evjtuIrb8RN/pagina.html.
22
Uno Stato per definirsi tale deve essere caratterizzato da tre elementi imman-
cabili: un governo, un territorio, un popolo. Qualora mancasse uno solo di questi
elementi viene meno il concetto di Stato. Nell’esempio della Somalia manca ormai
da anni un governo che sia in grado di governare al di fuori della capitale Mogadi-
scio; la quasi totalità del territorio che un tempo costituiva questo Paese è in mano
ai signori delle guerra, alla milizie islamiche di Al-Shabaab e suscita mire espansio-
nistiche dei Paesi confinanti. Immaginiamo come in uno Stato inesistente, o meglio
“fallito” come la Somalia, ultimo in quasi tutte le statistiche relative al rispetto dei
diritti umani, alle condizioni di vita, all’indice di sviluppo, alle possibilità di crescita,
sia praticamente impossibile garantire il corretto accesso all’acqua potabile o quan-
tomeno garantire un diritto all’acqua per la popolazione.
Il cristianesimo antico
tre percorsi fra storia, teologia
e letteratura
di Emanuela Prinzivalli
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punti cardinali
l’ethos trinitario
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del Risorto. Secondo Jesús Castellano questa “inscindibile unità” tra Gesù
abbandonato e l’unità è «una scoperta praticamente inedita nella Chiesa,
una “assoluta novità nella spiritualità cristiana”»5.
Alla luce di quanto afferma il Concilio Vaticano II, cioè che la teologia
per essere se stessa deve partire dalla mistica, e di quanto afferma Giovan-
ni Paolo II, che la mistica non può chiudersi in se stessa, ma deve aprirsi alla
teologia e così diventare cultura6, reputo opportuno offrire alcuni spunti di
riflessione, anche se sintetici, che evidenziano il contributo specifico che la
penetrazione del mistero dell’abbandono come evento trinitario, tipico del
carisma dell’unità, può dare alla teologia, all’ontologia e di conseguenza
all’antropologia, sulla quale è fondata l’etica.
Una prima novità teologica che sgorga dal carisma dell’unità, in linea
con la tradizione orientale, è l’aver scoperto Gesù abbandonato come cau-
sa efficace della deificazione dell’umanità. Dio si è fatto uomo non solo per
redimere l’uomo, ma anche perché questo, in Gesù, sia deificato e parteci-
pe della vita trinitaria.
Un secondo aspetto è l’aver scoperto Gesù abbandonato come rivela-
tore della realtà trinitaria e come porta di accesso alla vita della Trinità.
Perciò Gesù crocefisso e abbandonato diventa il segreto per fare l’espe-
rienza dell’inabitazione trinitaria, quale consapevolezza della comunione
fra persone che hanno la stessa grazia e formano lo stesso Corpo di Cristo.
È l’esperienza del Dio Trinità nella comunità, di Dio in mezzo al popolo. Se
è vero che questa esperienza non è altro che tradurre in vita quanto da
sempre è creduto per fede, è altrettanto vero che contiene la novità di un
carisma come intervento dello Spirito nella storia, nell’oggi della Chiesa
e dell’umanità. Dall’esperienza dell’unità ne consegue che la teologia non
è tanto un discorso “su Gesù” ma “di Gesù” presente tra i teologi come
unico Maestro che introduce nella conoscenza del Padre. Come teologia di
Gesù s’innesta pienamente nella tradizione e nello stesso tempo risponde
alle sfide della postmodernità attuando la preghiera di Gesù fatta al Padre:
«La luce che tu hai dato a me io, l’ho data a loro, perché siano come noi
una cosa sola» (Gv 17, 22). Chiara Lubich, con la sua dottrina sull’unità e
sulla Trinità, dà un contributo particolarmente incisivo alla realtà del Corpo
mistico e alla partecipazione della comunità-Chiesa alla dinamica trinitaria
così da essere testimonianza della grande teologia.
Il punto culmine della luce teologica che sgorga dal carisma dell’unità
viene raggiunto nella penetrazione del mistero di Gesù abbandonato che
porta nel cuore della Trinità. Lì, oltre a svelare il mistero di Dio uni-trino
come amore, si scopre la dinamica paradossale dell’Amore: «Sono tre le
Persone della Santissima Trinità, eppure sono Uno perché l’Amore non è
ed è nel medesimo tempo»7. Il mistero dell’abbandono, disvelatosi come
evento di donazione del Figlio, del Padre, e dello Spirito, raggiunge il miste-
ro della Trinità in quanto realtà d’amore. Il grido dell’abbandono non è altro
che la manifestazione nel tempo dell’eterna vicenda di amore assoluto che
è in Dio, uni-trino.
Un altro contributo alla teologia è la visione di Maria in rapporto alla
Parola, di Maria e la Trinità, di Maria madre del Corpo mistico, di Maria
e la creazione. In Maria viene scoperta la via di santità per ogni cristiano
e per la Chiesa intera. Infatti, l’unità getta una luce nuova su Maria come
il modello perfetto di un’umanità realizzata che illustra la grandezza del-
la vocazione dei fedeli in Cristo (cf. Optatam totius, 16) e su come essere
“Maria” singolarmente e collettivamente. Così Maria diviene il prototipo
della trasformazione delle persone nel loro essere e nel loro agire a livello
personale, familiare, comunitario, sociale, planetario.
l’ontologia trinitaria
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1
Cf. Giovanni Paolo II, Omelia in occasione della celebrazione in onore di san Gio-
vanni della Croce, Segovia, 4 novembre 1982; Discorso al Capitolo Generale Carmelita-
no, Roma, 29 settembre 1989.
2
Cf. Omelia del Card. J. Ratzinger alla santa Messa Pro Eligendo Romano Pontefice,
18 aprile 2005.
3
Cf. L. Boff, Trinità e società, Cittadella, Assisi 1992; X. Pikaza, Trinidad y comu-
nidad cristiana, Secretariado Trinitario, Salamanca 1990.
4
K. Hemmerle, Tesi di ontologia trinitaria, Città Nuova, Roma 1996, p. 57.
5
J. C. Cervera, Introduzione, in C. Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, pp. 7, 9-10,
12-13.
6
Giovanni Paolo II, Lettera al Card. A. Casaroli per l’istituzione del Pontificio Con-
siglio per la Cultura (20 maggio 1982), cit. in P. Coda, L’albero e la chioma, in «Nuova
Umanità», 177 (2008/3), p. 305.
7
C. Lubich, Spiritualità dell’unità e vita trinitaria, Lezione per la Laurea Honoris
causa in teologia, in «Nuova Umanità», 151 (2004/1), p. 15.
8
C. Lubich, cit. in V. Araújo, Il carisma dell’unità e la sociologia, in «Nuova Uma-
nità», 105-106 (1996/3-4), p. 359.
9
M. Heidegger, La questione dell’essere, Segnavia, Milano 1987, p. 359.
10
K. Hemmerle, Tesi di ontologia trinitaria, cit., p. 66.
11
Cf. C. Lubich, Scritti spirituali / 1, Città Nuova, Roma 19913, p. 134.
12
G. Marcel, Homo Viator, Borla, Torino 1967, p. 60.
13
V. von Weizsäcker, Biologia e metafisica. Istruzioni per la condotta umana, Edi-
zioni 10/17, Salerno 1987, p. 50.
14
Ibid., p. 132.
15
G. Greshake, La fede nel Dio Trinitario, una chiave per comprendere, Queriniana,
Brescia 2002, p. 16.
16
C. Lubich, cit. in S. Cola, Verso un pieno umanesimo: orizzonti nuovi in psicologia,
in «gen’s» (2002/6), p. 20.
17
Agostino d’Ippona, In Io. Evang., Tract. 65, 1, PL 34-35, cit. in C. Lubich, Come
amare il fratello, in Scritti spirituali /4, Città Nuova, Roma 1981, p. 216.
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alla fonte del carisma dell’unità
la centralità dell’unità
Da quei lontani anni Quaranta del secolo scorso il Movimento dei Foco-
lari, con la guida della sua fondatrice e animatrice, ha dilatato gli orizzonti
dell’unità in campo ecumenico, nel dialogo tra le religioni e le persone di
convinzioni non religiose, fino a raggiungere gli ambiti della politica, dell’e-
conomia e i più diversi campi sociali6.
Tornando agli inizi del suo Movimento, Chiara Lubich rievoca un mo-
mento fondamentale che ha segnato la sua comprensione dell’unità.
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Essa trova la sua radice in Gesù crocifisso e abbandonato che, nel dono
estremo di sé al Padre nel mistero della croce, e più propriamente nel mo-
mento in cui prova l’abbandono dal Padre, è compreso come autore e mo-
dello dell’unità fra Dio e gli uomini e degli uomini fra di loro. Nel libro L’unità
e Gesù Abbandonato Chiara Lubich lascia raccontare l’episodio all’amica
presente in quella circostanza. Venuto in casa per portare la comunione
all’amica ammalata, il padre cappuccino
domandò a Chiara qual era stato, secondo lei, il momento nel qua-
le Gesù aveva sofferto di più durante la sua passione. Ella rispose
d’aver sempre sentito dire che era stato il dolore patito nell’orto
degli ulivi. Ma il sacerdote: «Io credo, invece, che sia stato quello in
croce, quando ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abban-
donato?” [Mt 27, 46]». Appena il Padre se ne andò, avendo udito le
parole di Chiara mi rivolsi a lei, sicura d’una spiegazione. Mi disse
invece: «Se il più grande dolore di Gesù è stato l’abbandono da par-
te del Padre suo, noi lo scegliamo come Ideale e lo seguiamo così»7.
Agli inizi non erano mancate le diffidenze. L’idea dell’unità, per fermar-
si soltanto a questo aspetto del carisma di Chiara Lubich e del suo Movi-
mento, richiamava un’idea che sembrava tipica del mondo comunista: il
giornale ufficiale del Partito comunista italiano, particolarmente militante
nell’Italia del primo dopoguerra, portava proprio il titolo L’Unità. Il discerni-
mento attento e prolungato da parte della Conferenza episcopale italiana e
del Santo Uffizio vaticano ha portato a ripetute approvazioni9.
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Non basta quindi che io lo ami solo in me. Se così faccio il mio amo-
re ha ancora qualcosa di personale e, per la spiritualità che sono
chiamata a vivere, tendenzialmente egoistico: amo Dio in me e non
Dio in Dio, mentre questa è la perfezione: Dio in Dio.
Dunque la mia cella, come dicono le anime intime a Dio, e, come noi
diciamo, il mio Cielo, è in me e come in me nell’anima dei fratelli. E
come lo amo in me, raccogliendomi in esso – quando sono sola –, lo
amo nel fratello quando egli è presso di me.
Allora non amo solo il silenzio, ma anche la parola, la comunicazio-
ne cioè del Dio in me col Dio nel fratello. E se i due Cieli si incontra-
no ivi è un’unica Trinità, ove i due stanno come Padre e Figlio e tra
essi è lo Spirito Santo.
Occorre sì sempre raccogliersi anche in presenza del fratello, ma
non sfuggendo la creatura, bensì raccogliendola nel proprio Cielo e
raccogliendo sé nel suo Cielo.
E, giacché questa Trinità è in corpi umani, ivi è Gesù: l’Uomo-Dio.
E fra i due è l’unità ove si è uno, ma non si è soli. E qui è il miracolo
della Trinità e la bellezza di Dio che non è solo perché è Amore. […]
Però se ognuno di noi si perde nel fratello e fa cellula con esso (cel-
lula del Corpo mistico), diviene Cristo totale, Parola, Verbo. È per
questo che Gesù dice: «...e la Luce che Tu hai dato a me l’ho data
ad essi» (Gv 17, 22).
Ma occorre saper perdere il Dio in sé per Dio nei fratelli22 . E questo
lo fa chi conosce ed ama Gesù crocifisso e abbandonato.
E quando l’albero sarà completamente fiorito – quando il Corpo mi-
stico sarà completamente ravvivato – rispecchierà il seme donde è
nato. Sarà uno, perché tutti i fiori saranno uno fra loro come ognu-
no è uno con se stesso23 .
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sivo significativo e immediato è dall’io al tu: «io sono niente […] anche tu
sei niente»33 . Questa è la premessa del costituirsi di un soggetto plurale,
“noi” (composto dall’io di Chiara e dal tu di Giordani che si allarga al noi
composto dalle focolarine con loro), che nel testo è però spesso indicato
da un sostantivo singolare, “Anima” o “Claritas”: le molte “anime” costi-
tuiscono “un’anima sola”, sul modello della prima comunità cristiana di
Gerusalemme (cf. At 4, 32-25). La stessa Lubich annota: «Per la realtà
dell’Anima, in Paradiso “io” vuol sempre dire “noi”, immedesimati con
Cristo, quindi vuol dire anche l’unico Cristo»34. “L’unico Cristo” è a sua
volta una realtà che si apre al “plurale”:
Quando siamo uniti e Lui c’è, allora non siamo più due ma uno.
Infatti ciò che io dico non sono io a dirlo, ma io, Gesù e tu in me.
E quando tu parli non sei tu, ma tu, Gesù e io in te. Siamo un unico
Gesù e anche distinti: io (con te in me e Gesù), tu (con me in te e
Gesù), Gesù fra noi nel quale siamo io e te 35 .
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tutte quelle delle focolarine e dei focolarini»; «Io li sintetizzo tutti»; «de-
vono lasciarsi generare da me, comunicarsi con me»; «debbono nutrirsi
del Dio che vive nella mia anima». Il “me-Cristo plurale”, soggetto dell’a-
zione, appare come colui che contiene, genera, nutre, dà quindi la vita.
Assume in definitiva la fisionomia della madre. Data questa premessa,
anche i verbi “esigo”, “non sopporto”, e la frase «se sono diversi li abban-
dono togliendo loro anche ciò che credono di avere», sembrano esprime-
re l’azione generativa ed educativa di una madre, che vuole il bene del
figlio, piuttosto che l’esercizio di un potere38 .
Molto ricorrente è anche l’uso dei verba dicendi e delle parole rife-
ribili al campo semantico della comunicazione verbale, che assumono
un rilievo e un valore particolare. Nel testo troviamo “espressione”,
“comunicarsi”, “debbo dir loro”, “nulla d’amore che chiama l’amor mio”,
“mi apro e, parlando, comunico”, “io posso comunicare tutto e traggo
dall’intimo mio, cioè dal Dio in me, quanto più posso”, “la verità si sve-
la”. Nella prospettiva di Chiara “il dire è dare”, la parola – ossia la comu-
nicazione del carisma – è dono e “crea l’altro” in una relazione profonda
e generativa di realtà: è così che nasce ogni famiglia carismatica nella
Chiesa. Troviamo quindi in questi capoversi la richiesta esigente e allo
stesso tempo la totale radicalità del dono di sé, che lascia trasparire la
forza generativa della fondatrice di un’Opera, in questo senso irripeti-
bile e inimitabile.
In questa azione di dire-generare compiuta dal soggetto-Cristo-Cla-
ritas succede che quanto possiamo definire sintatticamente come
“complemento oggetto”, cioè la parte che subisce l’azione – ad esempio
in queste frasi la parte che sottolineiamo: «La mia Parola contiene tutte
quelle dei focolarini e delle focolarine»; «Io li sintetizzo tutti» –, viene
fatta a sua volta soggetto: «Queste focolarine sono Gesù fra noi con
me. […] Siamo con ciò uno e quest’Uno vive in tutti». Le focolarine e i
focolarini sono quindi anch’essi soggetto con Chiara, non subiscono ma
compiono l’azione con lei e sono essenziali per la sua stessa esperienza;
sono chiamati alla piena partecipazione al carisma, a una pienezza di
sé, non a una limitazione (o peggio sostituzione) della propria persona
con quella di Chiara39.
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sentiva d’essere una sola. Noi tra noi: noi col Padre, uniti, cementati, non
alunni di una scuola ma membra di un solo organismo, pietre vive edificate
di un maestoso edificio»50.
Quando don Alberione prospettava ai suoi giovani il proprio ideale
chiedeva che tutti fossero «ben uniti di mente e di cuore» con lui, che si
ponessero «totalmente» nelle sue mani, senza avere «altra volontà che la
sua». Si trattava, come annota ancora don Giaccardo appuntando quello
che diceva loro don Alberione, di «lasciarsi balottare come il suo fazzolet-
to, perfetta sincerità, totale, fiduciosa; prender tutto lo spirito che egli ci
comunica: nelle sue mani anima, corpo, cuore, spirito, tutto. Pochi, anche
uno solo, ma nelle sue mani, e formati»51. E ancora: «Si mettano unicamen-
te nelle mie mani, mi seguano, anche nelle zappe»52; «Ci vuole l’unione per-
fetta di anima e di cuore con me»53.
Di fatto ogni fondatore e fondatrice è uno strumento di Dio, un cana-
le per partecipare la sua grazia. Tutti ne erano consapevoli. Santa Teresa
di Calcutta diceva di sé: «Sono come una piccola matita nelle Sue mani,
nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che
fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata». Era stato
Dio a scrivere la meravigliosa storia della sua santità, disegnare le famiglie
religiose da lei fondate e l’opera immensa di carità che dall’India si è irra-
diata nel mondo intero.
Similmente Chiara Lubich, sua carissima amica, si riteneva semplice
strumento di Dio:
tore, Lubich compresa, alle relazioni all’interno delle loro opere. Nessuno,
neppure le persone che succedono loro alla guida delle opere, può pre-
tendere di riferire a sé e di ripetere per sé le parole o le azioni che valgono
soltanto per il fondatore, portatore del carisma.
128 nu 233
fabio ciardi
il modello trinitario
due anime gioia e pace e serenità e luce e ardore “alla Trinità” (ossia un
modo di essere che rispecchia la Trinità)»59.
La distinzione e la ricchezza della diversità delle persone che, sempre
sul modello trinitario, le rende “desiderabili e amabili”, era già apparsa il 15
ottobre 1949:
[Dio] non illuminò due anime ugualmente – come i Tre nella Trinità
non sono uguali ma Persone distinte – ed a ciascuna diede la sua
bellezza perché fossero desiderabili ed amabili dalle altre e nell’a-
more (che era la sostanza comune nella quale si riconoscevano uno
e sé stesse in ciascun’altra) si ricomponessero all’Uno che le aveva
ricreate con la sua Luce che è Se stesso60 .
Sono soltanto alcuni dei molteplici esempi della ricchezza della com-
prensione che Chiara Lubich mostra di possedere. Questa ricca compren-
sione ha fatto dire al carmelitano Jesús Castellano Cervera, riconosciuto
esperto della spiritualità cristiana, che «questa spiritualità dell’unità por-
ta una novità nella vita cristiana, nell’ascesi, nell’apostolato, nella stessa
mistica. […] Una novità verificata nelle esigenze di vita nuova e nei frutti
prodotti»62 .
130 nu 233
fabio ciardi
1
C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, p. 26.
2
Silvia Lubich nasce a Trento il 22 gennaio 1920. Da ragazza entra a far parte
dell’Azione cattolica, dove viene formata come propagandista. Pur essendo consi-
derata a quel tempo ancora minorenne, le vengono assegnati compiti di responsa-
bilità. Più tardi, nel 1942-1943, entra nel Terz’Ordine francescano cappuccino diven-
tando ben presto maestra delle novizie. Attratta dalla scelta radicale di Dio fatta da
Chiara d’Assisi, ne prende il nome. Il 7 dicembre 1943, giorno della consacrazione
di Chiara Lubich a Dio, è considerato data di nascita del Movimento dei Focolari
(Opera di Maria). Approvato a livello diocesano nel 1947 dall’arcivescovo di Trento,
monsignor Carlo De Ferrari, il Movimento sarà negli anni successivi studiato dal
Sant’Uffizio. Nel marzo 1962 riceverà da Giovanni XXIII una prima approvazione
ad experimentum; quella definitiva sarà data da Paolo VI nel dicembre 1964. L’ulti-
ma approvazione della revisione e dell’aggiornamento degli Statuti generali è del
2007. Oltre che fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich ne sarà anche
presidente dal settembre 1965 fino alla morte, avvenuta il 14 marzo 2008. Per una
bibliografia completa degli scritti di Chiara Lubich e di pubblicazioni sulla spiritualità
e sulla storia del Movimento dei Focolari cf. http://www.centrochiaralubich.org. Per
gli elementi storico-biografici segnalo in particolare: C. Lubich, Il grido, Città Nuova,
Roma 2000; A. Torno, PortarTi il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich, Città Nuo-
va, Roma 2011; N. Carella, Silvia prima di Chiara. La ricerca di una strada, Città Nuova,
Roma 2014; L. Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”. Carlo De Ferrari e Chiara Lubich: il
discernimento di un carisma, Città Nuova, Roma 2017; C. Lubich - F. Zambonini, L’av-
ventura dell’unità, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991.
3
C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, cit., p. 27.
4
Ibid., pp. 26-27.
5
Ibid., p. 28.
6
Cf. A. Leonardi (ed.), Comunione e innovazione sociale. Il contributo di Chiara Lu-
bich, Città Nuova - Università degli studi di Trento, Roma 2012; L’apport des Focolari
dans l’église et dans la societé, Actes du colloque, Institut Catholique de Paris, 4 juin
2014; J.P. Back, Il contributo del Movimento dei Focolari alla koinonia ecumenica. Una
spiritualità del nostro tempo al servizio dell’unità, Città Nuova, Roma 1988; R. Catala-
no, Spiritualità di comunione e dialogo interreligioso. L’esperienza di Chiara Lubich e del
Movimento dei Focolari, Città Nuova, Roma 2010.
7
C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, cit., p. 52.
8
Lo spessore della “medaglia” è dato dall’intero vangelo. L’unità e Gesù abban-
donato non sono due dimensioni parziali del mistero cristiano, ma una sua espres-
sione, una lettura carismatica di tutto vangelo, come lo è ogni spiritualità. C. Lubich,
L’unità e Gesù Abbandonato, cit., pp. 50-51. L’affermazione è tratta da una lettera di
Chiara Lubich a padre Bonaventura da Malé, 30 marzo 1948, pubblicata in C. Lubich,
Lettere dei primi tempi (1943-1949). Alle origini di una nuova spiritualità (F. Gillet - G.
D’Alessandro edd.), Città Nuova, Roma 2010, p. 149.
9
Cf. B. Callebaut, Tradition, charisme et prophétie dans le Mouvement Internatio-
nal des Focolari (1943-1965). Analyse sociologique, Nouvelle Cité, Bruyères-le-Châtel
2010; P. Siniscalco - X. Toscani (edd.), Paolo VI e Chiara Lubich. La profezia di una
Chiesa che si fa dialogo, Edizioni Studium, Brescia-Roma 2015; L. Abignente, “Qui c’è
il dito di Dio”. Carlo De Ferrari e Chiara Lubich: il discernimento di un carisma, cit.
10
Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 43.
11
In «L’Osservatore Romano», 15 febbraio 2001, cf. H. Blaumeiser - H. Sievers,
Chiesa-Comunione. Paolo VI e Giovanni Paolo II ai Vescovi amici del Movimento dei Foco-
lari, Città Nuova, Roma 2002, p. 87.
12
«La “spiritualità di comunione” si articola in diversi elementi, che affondano
le proprie radici nel Vangelo, e risultano arricchiti dal contributo che all’intera Co-
munità cristiana offre il Movimento dei Focolari, impegnato a testimoniare la “spi-
ritualità dell’unità”. Tra gli altri, mi piace qui ricordare l’unità come “testamento”
lasciato da Gesù ai suoi discepoli (cf. Gv 17), il mistero di Cristo crocifisso e abban-
donato come “via” per raggiungerla, la celebrazione dell’Eucaristia come vincolo di
comunione, l’azione dello Spirito Santo che anima la vita del Corpo mistico di Cristo
e ne unifica le membra, la presenza della Vergine Maria, Madre dell’unità, che tutti
ci conduce a Cristo» (Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei
Focolari, in «L’Osservatore Romano», 14 febbraio 2003). In questo testo il papa ha
ripreso l’enumerazione dei “punti della spiritualità” enunciati da Chiara Lubich negli
Statuti dell’Opera di Maria, artt. 7-9.
13
Cf. Teologia e carisma dell‘unità, numero monografico, «Nuova Umanità», 132
(2000/6); G. Rossé, Santità e santificazione negli scritti di Chiara Lubich alla luce di
san Paolo, in «Nuova Umanità», 111/112 (1997/3-4), pp. 377-386; Id., La spiritualità
“collettiva” di Chiara Lubich nella luce di Paolo, in «Nuova Umanità», 107 (1996/5), pp.
535-543; Id., Il «carisma dell‘unità» alla luce dell‘esperienza mistica di Chiara Lubich, in
«Nuova Umanità», 127 (2000/1), pp. 21-34.
14
Cf. C. Lubich, L’unità (D. Falmi - F. Gillet edd.), Città Nuova, Roma 2015.
15
Su questi primi due aspetti si veda, ad esempio, quanto Chiara Lubich afferma
in una conversazione rivolta a un gruppo di vescovi: «L’unità è una grazia che Gesù
ha chiesto al Padre: “Padre, che siano uno come io e te. Io in essi e tu in me, affinché
siano uno” (cf. Gv 17, 21-23). E, se è una grazia, non la si può procurare con i nostri
sforzi. Dobbiamo solo disporci in modo da poterla ricevere: amandoci a vicenda
come Gesù ci ha amato. E qui vorrei sottolineare che quel “come” significa: con la
misura dell’abbandono. Gesù, infatti, ha amato così e fino a quel punto. Non basta,
quindi, amarsi in qualche modo, ad esempio con una buona intesa fra amici, o con
benevolenza; occorre quel distacco materiale e spirituale da ambo le parti, neces-
132 nu 233
fabio ciardi
sario per poter “farsi uno” reciprocamente. Così facendo, ci si pone nella miglior di-
sposizione per ottenere la grazia dell’unità» (C. Lubich, Una via nuova. La spiritualità
dell’unità, Città Nuova, Roma 2002, p. 46).
16
Cf. Id., Gesù abbandonato, Città Nuova, Roma 2016; G. Rossé, Jésus abandonné.
Approches du mystère, Nouvelle Cité, Paris 1983; P. Anna, L’abbandono di Gesù e il mi-
stero del Dio Uno e Trino. Un’interpretazione teologica del nuovo orizzonte di comprensione
aperto da Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 1995; S. Tobler, “Das ganze Evangelium ist
in jenem Schrei enthalten”. Spiritualität zwischen Gottverlassenheit und Einheit: das Werk
Chiara Lubichs und die gegenwärtige Sprachnot in der Soteriologie, Habilitation, Tübingen
2001 (traduzione italiana: Tutto il Vangelo in quel grido. Gesù abbandonato nei testi di
Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 2009); F. Gillet, La scelta di Gesù abbandonato nella
prospettiva teologica di Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 2009.
17
Cf. H. Blaumeiser - H. Sievers, Chiesa-Comunione. Paolo VI e Giovanni Paolo II ai
Vescovi amici del Movimento dei Focolari, cit.; AA.VV., Egli è vivo! La presenza del Risorto
nella comunità cristiana, Città Nuova, Roma 2006; J. Castellano Cervera, Il castello este-
riore. Il “nuovo” nella spiritualità di Chiara Lubich (F. Ciardi ed.), Città Nuova, Roma 2011.
18
Cf. C. Lubich, “Paradiso ’49”, in «Nuova Umanità», 177 (2008/3), pp. 285-296.
19
Cf. AA.VV., Il Patto del ’49 nell’esperienza di Chiara Lubich. Percorsi interdiscipli-
nari, Città Nuova, Roma 2012.
20
AA.VV., Guardare tutti i fiori, Città Nuova, Roma 2014.
21
H. Blaumeiser - A.M. Rossi (edd.), Resurrezione di Roma. Dialoghi interdisci-
plinari su città, persona e relazioni a partire da un testo di Chiara Lubich, Città Nuova,
Roma 2017.
22
L’espressione «perdere Dio in sé per Dio nei fratelli» è caratteristica della
spiritualità dell’unità. Essa rimanda alla necessità di essere staccati da tutto, anche
dalla propria esperienza di Dio, per potere farsi uno con il fratello sul modello di
Gesù che «pur essendo di natura divina, […] spogliò se stesso» (Fil 2, 6-7) per farsi
uno con noi.
23
Il testo di Chiara Lubich, del 6 novembre 1949, è pubblicato integralmente in
Guardare tutti i fiori, cit., pp. 9-13.
24
In un recente libro, De l’emprise à la liberté, è stata proposta una lettura di
alcuni brani ancora inediti tratti dal Paradiso ’49, nei quali gli autori riscontrano “ele-
menti problematici, devianti” riguardo alla visione dell’unità proposta da Chiara
Lubich. «La grande domanda – si legge all’inizio del capitolo di analisi dottrinale,
La conception de l’“unité” chez Chiara Lubich – è sapere se questa unità è pensata da
Chiara Lubich in maniera adeguata, fedele al vangelo, o se la sua idea di unità pre-
senta elementi problematici, devianti, con conseguenze importanti a livello del Mo-
vimento dei Focolari e a livello della Chiesa» (tutte le traduzioni dal francese sono
a cra dall'Autore). L’analisi degli scritti di Chiara Lubich è collocata all’interno di uno
studio condotto a più voci (ben ventuno persone prendono la parola) sulle derive
settarie in seno a tre movimenti contemporanei: Opus Dei, Focolari, Legionari di
Cristo.
25
Cf. P. Loriga - M. Zanzucchi (edd.), La scommessa di Emmaus. Cosa fanno e cosa
pensano i focolarini nel dopo Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 2012; J. Morán, Fedeltà
creativa, la sfida dell’attualizzazione di un carisma, Città Nuova, Roma 2017.
26
Il testo è quello a cui si fa riferimento nel già citato libro De l’emprise à la liberté
che in una versione lo riporta non nella sua versione originale. I limiti del presente con-
tributo non consentono di analizzare gli altri due testi riportati nello studio in esame.
27
Questa frase, «sono il Capo, come Gesù o come Maria (del proprio Corpo Mi-
stico)», è stata omessa nel testo citato nel libro De l’emprise à la liberté. L’immagine
analogica di una famiglia religiosa come “corpo” di cui il fondatore o la fondatrice
sono il “capo” ha altri esempi nella storia della vita consacrata.
28
Paradiso ’49, 23 novembre 1950, testo inedito.
29
L. Massignon, L’espérience mystique et les modes de stylisation littéraires, in «Le
Roseau d’Or. Œuvres et Chroniques», 20, 1927, p. 145.
30
M. de Certeau, La fable mystique, Gallimard, Paris 1982, p. 150.
31
Quell’evento è stato attentamente studiato. Cf. AA.VV., Il Patto del ’49 nell’e-
sperienza di Chiara Lubich. Percorsi interdisciplinari, cit.
32
A mano a mano che progredirà l’esperienza del “Paradiso” e l’unione mistica,
non soltanto non verrà meno questa coscienza del proprio nulla, ma renderà Chiara
ancora più cosciente dell’alterità infinita di Dio e quindi della propria nullità. Proprio per
questo ella non avrà timore di usare, anche nei confronti della propria persona, termini
arditi e di parlare con una grande autorità. È escluso ogni equivoco: l’io individuale di
Chiara non si confonde con l’Io divino, è trasparente per essere canale per qualcosa
di infinitamente più grande. Come un profeta, nella tradizione biblica, non dice parole
sue, ma quelle di Dio, così lei non esprime niente di proprio, ma soltanto l’Altro.
33
L’idea del “nulla” personale è molto ricca nel pensiero di Chiara. Rimando a due
miei studi: Sul nulla di noi, tu, in «Nuova Umanità», 116 (1998/2), pp. 233-251; Come
vivere il “nulla-tutto” dell’amore, in «Nuova Umanità», 188 (2010/2), pp. 185-215.
34
Così annota un testo del 26 agosto 1949 del Paradiso ’49. Amava anche ricor-
dare un testo di Agostino: «La tua anima non è più tua, ma di tutti i fratelli e le loro
anime sono tue, o meglio, le loro anime insieme alla tua non sono più che un’anima
sola, l’unica anima di Cristo» (Lettera 243, 4: Opere, Le Lettere, III, p. 825.)
35
Così in un altro testo del Paradiso ’49 scritto pochi mesi prima di quello in esame:
C. Lubich, Vita Trinitaria, in «Nuova Umanità», 140-141 (2002/2-3), pp. 136-137.
36
Cf. A.M. Rossi, L’uso della similitudine in Paradiso ’49 [1961], in AA.VV., Come
frecciate di luce. Itinerari linguistici e letterari nel racconto del ’49 di Chiara Lubich, Città
Nuova, Roma 2013, pp. 99-112.
134 nu 233
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37
Cf. le osservazioni di Maria Caterina Atzori nel saggio La creatività linguistica
di Chiara Lubich: dentro e oltre la lingua italiana, in AA.VV., Il dire è dare. La parola
come dono e relazione nel pensiero di Chiara Lubich, CNx, Roma 2017, pp. 91-102: in
particolare pp. 96-99.
38
Come non ricordare, pur per una lontana analogia, l’azione di Paolo nei con-
fronti di un fratello con cui si devono interrompere i rapporti (cf. 2 Ts 3, 14), o che
addirittura viene “consegnato a Satana” (cf. 1 Cor 5, 1-5)?
39
Occorre inoltre collocare questa esperienza nel suo giusto contesto stori-
co. Il gruppo di persone che fanno l’esperienza descritta nel Paradiso ’49 è davvero
eterogeneo: le prime focolarine sono personalità molto diverse tra loro, piuttosto
stagliate e uniche. Se proiettiamo a quel tempo la visione dell’unità, non ben intesa,
come di uniformità, potremmo immaginare che fosse per loro davvero un tormento
vivere questo “essere uno”. Mentre invece appaiono persone felici di vivere questa
esperienza insieme. Chiara non si sarà quindi preoccupata di usare un linguaggio
cauto, che evitasse fraintendimenti, perché era già evidente dalla realtà vissuta tra
tutti che la loro esperienza era di amore e di gioia. Lo testimoniano le numerose
autobiografie di quelle prime compagne e di quei primi compagni, a cominciare da
Igino Giordani, pubblicate in diverse lingue.
40
Paradiso ’49, 1 ottobre 1949.
41
Paradiso ’49, 8 novembre 1950.
42
Proprio nel periodo nel quale scrive questi testi, Chiara Lubich parla dei ruoli
distinti che si stagliano all’interno del suo Movimento nascente, mettendo in evi-
denza e valorizzando la diversità dei doni tra coloro che formavano con lei il primo
nucleo, organizzando già l’Opera che si svilupperà negli anni in forma plurale.
43
Memoriale, FN, I, 528; cf. FN, III, 615.
44
Testo riportato da Guidetti, Introduzione, in M. Gioia (ed.), Gli scritti di Ignazio
di Loyola, UTET, Torino 1977, p. 252.
45
Adhortationes in Librum examinis, FN, II, 137.
46
In un memoriale inviato a Paolo IV egli si lamentava dell’operato di Ignazio in
questi termini: «La Bolla d’instituzione della nostra Compagnia ordina che le costi-
tuzioni e declarazioni le facciano i primi dieci fondatori; e nientedimeno le ha fatte
solo M. Ignazio, perché era padre e padrone assoluto e faceva quanto voleva» (testo
citato in P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, Civiltà Cattolica,
Roma 1922, vol. II, parte II, p. 543).
47
Ecco il passo di Nadal nel quale è espresso il pensiero di Paolo IV sul rapporto
tra Ignazio e i suoi religiosi: «Occorrebat quod dixerit [Paulus IV] post obitum Patris
[Ignatii] nos amisisse nostrum idolum» (Ibid., p. 69, nota 1).
48
Terzo Precetto, in T. Ledóchowska, Angèle Meriti et la Compagnie de S.te-Ursole
à la lumière de ses documents, Roma 1976, I, p. 263.
49
141 Testamento, in ibid., I, p. 276.
50
Citato da L. Rolfo, Don Alberione, San Paolo, Alba 1975, p. 113.
51
Appunti di don Giaccardo, in ibid., p. 109.
52
Ibid., p. 111.
53
Ibid., p. 119. Tanto che il biografo annota: «L’abbandono totale nelle mani d’un
uomo è una grande sicurezza, ma anche un pericoloso tallone d’Achille. È vero che
l’unione fa la forza e che la docilità attira la benedizione di Dio in cui tutto e contenu-
to. Ma è anche vero che la tendenza all’accentramento, specie negli uomini che han-
no avuto successo nella vita, non si attenua col passare degli anni, ma si accentua
e si esaspera a misura che le capacità inventive e le energie fisiche vengono meno»
(ibid., p. 111).
54
Discorso di Chiara Lubich al XIX Congresso eucaristico nazionale, Pescara, 15
settembre 1977, in C. Lubich, L’attrattiva del tempo moderno, Scritti spirituali. 1, Città
Nuova, Roma 1978, p. 9.
55
Così nell’immediata continuazione del testo in esame, frase che non appare
nello scritto citato nel contributo pubblicato nel libro.
56
C. Lubich, La dottrina spirituale (M. Vandeleene ed.), Arnoldo Mondadori,
Milano 2001; Id., La dottrina spirituale, nuova edizione aggiornata e ampliata (M.
Vandeleene ed.), Città Nuova, Roma 2006.
57
Cf. il numero monografico di «Nuova Umanità», 140-141 (2002/2-3), La Trini-
tà – Esperienza di Dio.
58
C. Lubich, La dottrina spirituale (Città Nuova), cit., pp. 254-258, qui p. 256.
59
Ibid., p. 169.
60
Testo inedito, citato da A. Pelli, Dal Patto, l’anima. Sulle tracce di un percorso
metafisico, in «Nuova Umanità», 204 (2012/6), p. 714.
61
C. Lubich, La dottrina spirituale (Città Nuova), cit., p. 170.
62
Introduzione a C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, cit., pp. 13-14.
136 nu 233
alla fonte del carisma dell’unità
Storia di Light. 17
Il ritorno nel mondo
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igino giordani
sera né la sera appresso. Dopo una settimana confessava: «Ero venuto per
pescare e sono stato pescato».
Alcuni ufficiali erano stati conquistati dalla carità dei mariapoliti e man-
dati in congedo invece che tornare a casa sono entrati in focolare. Il cogna-
to di uno di loro, un regista, era convinto che si trattasse di un fenomeno di
pazzia progressiva: e con artificio aveva fatto avvicinare uno psichiatra al
neo-focolarino. Per motivo di interessi venne a trovarlo in Mariapoli dove
era sicuro di penetrare nella città dei matti. Penetrò e assistette alle rap-
presentazioni offerte da bambine: al par degli altri pianse durante lo spet-
tacolo; non aveva mai visto né pensato che si potesse presentare Gesù con
tanta arte e cioè con tanta adesione e purezza e profondità. E si mise anche
lui a mensa coi focolarini, confessando di aver trovato, con la vera arte, un
altro mondo.
Le conversioni non son compiute tanto da Tizio o da Caia, quanto
fruttano dalla comunità: dalla vita in cui si vede realizzata l’unità; si vede
– come qui dicono – Gesù in mezzo, secondo la promessa: «Dove due o più
si uniscono nel mio Nome, Io sono in mezzo».
Alcune conversioni sono clamorose, inusitate. Ma le più sono di dimen-
sione ordinaria.
Così una giovane ventiduenne sarda, che non si era da bambina più av-
vicinata ai sacramenti e seguiva corsi di cultura marxista, venuta in Maria-
poli è stata colpita dallo spirito di comunità. Ha trovato su un piano di luce
e di grazia quel che cercava su un piano di odio e di torbidezza, e dopo 16
anni è tornata a Gesù. Partendo non sapeva esprimere la gioia, di cui era
colma, aveva trovato la Gioia.
Le lettere che arrivano da quelli che sono rientrati nelle loro sedi dicono
nostalgia, ripetono la riconoscenza, confessano che i giorni in Mariapoli
sono stati una rivelazione – una riscossione di veli – quanto alle idee e un
lavacro quanto ai sentimenti: come per un bagno salutare. Dicono di esse-
re tornati altri, di aver ripreso le relazioni normali con sentimenti diversi,
mettendo pietà, amore, sopportazione dove prima era separazione, ostili-
tà, dispetto; e con ciò la loro giornata è come scaricata di depositi tossici e
la loro fatica assume un valore. Si è operato il ricollegamento con Dio, e le
cose più umili si integrano di valori divini.
Le anime pur lontane risalgono alla Mariapoli col desiderio, per tuffarsi
in questa socialità, che è vita del Corpo Mistico.
In non poche di queste lettere il ritorno in città appare un ritorno all’esi-
lio, dopo una parentesi di vita nella vera patria. Si riprova l’impressione che
danno certi documenti dell’epoca romana quando l’esistenza tra pagani
appariva un pellegrinaggio in terra straniera.
Per fortuna dei nuovi pellegrini essi portano dalla Mariapoli un pas-
saporto valido: la nozione e l’accettazione di Dio crocifisso abbandonato,
che in quell’abbandono supremamente redense e di quel dolore fece il più
grande atto d’amore. E la via crucis della vita quotidiana fanno con Lui l’ap-
pressamento della Resurrezione.
Si torna nel mondo senza divenir del mondo, ma con la missione di con-
sacrare il mondo: sacralizzare la vita, troppo profanata dalla morte. Difatti,
se l’eco che giunge quassù da quelli che son tornati laggiù riporta il senso
di disagio, come al contatto di una realtà cruda, col disagio però segnala
un senso di sacrificio, un’accettazione della croce, fatta con forze nuove:
le forze accumulate in questa villeggiatura dello spirito. Molti di quelli che
scrivono confessano la trasformazione radicale ricevuta per la quale son
decisi a consacrarsi a Dio e a fare dell’esistenza un’offerta al Signore, una
marcia di ritorno al Padre, con l’aiuto dei fratelli, facendo dell’amore un lie-
vito di trasformazione sociale. Delle giovinette chiedono di essere ammes-
se in focolare, come una grazia immensa; e dei giovani, i più alla vigilia della
laurea, offrono gli anni e gli studi all’Opera di Maria. Qui non scarseggiano
davvero le vocazioni; chi dirige attende a che non diventino troppe e quindi
su ciascuno prudentemente indaga e lungamente esamina.
Si scopre in sostanza che tutti sono avidi di amore, che tutti han fame di
Dio, che l’uomo non vive di solo pane: si scopre che istintivamente l’umani-
tà, nei momenti in cui sia intimamente libera, coglie nell’amore evangelico
il nucleo della vita e ad esso, se libera, si dona.
E si vede viceversa che quelli i quali hanno ancorato il cuore al denaro,
come belve alla catena, riluttano, spaventati, contro quella libertà che è
donata dalla carità e se possono mordono, e, senza capire, reagiscono, coi
modi soliti, con cui l’avversario tenta di spegnere le effusioni dello Spirito
140 nu 233
igino giordani
Appena sceso dal pullman sulla piazzetta subito da una casa vidi
uscire ragazzi, ragazze, gente anziana che ci attorniavano festo-
si, salutandoci e stringendoci la mano. Non riuscivo a parlare e
pensavo che mi avessero scambiato per qualcun altro. Quando mi
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igino giordani
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igino giordani
le la proiezione del Corpo Mistico che significa vivere per la vita e non per
la morte. Ché in quella città chi regna è il padre di tutti, Dio: chi governa è
la madre di ciascuno: Maria.
All’Avvento e a Santa Chiara si offrono delle abiure. Vengono da sé. Pro-
testanti che conoscono questa comunanza di vita capiscono la Chiesa e
con la Chiesa il Papa e con il Papa la Madonna. Molta gente di qui ancora
ricorda i singhiozzi accorati con cui lesse ad alta voce, l’altro anno, la sua
abiura dall’eresia il nostro Pino, venuto dal Piemonte.
C’è quest’anno una bambina svedese che deve essere luterana di nasci-
ta, ma che di fatto non ha religione alcuna: dorme coi suoi in una pensione,
ma vive tutto il giorno coi nostri e prega Maria e viene alla Messa e vuole
farsi cattolica.
E c’è un bel giovane ventenne il quale vedendo l’amore che circola, ha de-
siderato vivere la nostra vita e farsi cattolico e, nel prepararsi col catechismo
al gran passo, è stato colpito dalla presenza dei preti, sparpagliati tra la folla,
non raccolti a parte, come fermento nella massa: e anela a farsi prete.
E poi c’è un siciliano vulcanico di una trentina d’anni che da ragazzo
si fece battista. Si fece battista perché voleva una religione pura, mentre
attorno a sé aveva molta superstizione, a copertura di molto materialismo.
Sperò di trovare Dio nella Bibbia e nel tempio nudo della Protesta: e fu un
fervoroso battista per anni. Ma quel Dio che cercava troppo gli sfuggiva:
finché incontrò i popi. Nei popi vide la Chiesa che sognava. Da loro fu ama-
to: non gli fu mai chiesto di abiurare. L’abiura l’ha chiesta lui, logicamente;
e un primo desiderio di farsi sacerdote sta fiorendo nella sua anima via via
che trova la religione sognata.
L’universalità della Chiesa, la cattolicità dell’amore che sfonda tutte le
barriere, è riflessa nella varietà dei mariapolitani, dove sono rappresentate
classi e razze e ordini religiosi vari e tutte le età e condizioni culturali. Ci
sono rappresentati gli ordini religiosi più venerandi, benedettini, cistercen-
si, francescani, domenicani, gesuiti, sino agli istituti missionari più giovani,
quasi a significare la derivazione dall’unico tronco, per i rami più saldi e la
solidarietà con tutta la Chiesa; e reciprocamente tutte le famiglie religiose
vi sono rappresentate e unificate: qui veramente tutti si sentono uno, al di
146 nu 233
igino giordani
là dei vestiti e tradizioni e regole, così come tutte le parole di vita del Van-
gelo si riuniscono nell’unica legge dell’amore, verso cui si muovono.
La fraternità, con la fondamentale uguaglianza dei figli dell’unico Padre;
e la libertà appunto dei figli di Dio, si manifesta anche nell’eloquio: che tutti
si diano del tu, pur con la riverenza ai sacerdoti, ai religiosi, agli anziani, alle
donne – vorrei dire a tutti, ché si tratta dell’espressione di un amore che
vede in ciascuno il Signore.
C’è un operaio con la stampella: ha perduta una gamba durante una
rivolta sotto i nazisti; e, nella lotta per la giustizia sociale si è fatto comuni-
sta e ha imparato a soffrire e ad odiare. Ma è capitato qui ed ha ascoltato
la narrazione degli inizi del Movimento fatta da Chiara: come per servire i
poveri le prime pope lasciassero i genitori che erano sfollati e rimanessero
in città, sotto i bombardamenti. Eran povere: e pure la loro casa era piena
di sacchi di farina, pane, indumenti: tutti davano perché sapevano che esse
davano a tutti.
A volte succedeva che mancasse un paio di scarpe per un povero o una
giacca per un vecchio. E allora andavano davanti al Santissimo e pregava-
no: «Signore, donaci una giacca così, così: serve per vestire Te. Mandami
un paio di scarpe di questa misura: servono per calzare Te». Un uomo ro-
busto dall’occhio leale, di lavoratore che ha combattuto. È venuto quassù
con l’assessore democristiano, per divertirsi. Cercava il divertimento e ha
trovato la gioia. Quel che lo ha colpito è stato il vedere che i focolarini
amavano senza guardare a tessere, senza domandare generalità: e inten-
dono l’amore come servizio tanto nell’ordine spirituale quanto nell’ordine
materiale.
Il comunista ha sentito l’amore: ha visto la comunione in atto: e si è con-
vertito: e porta alla balaustra il suo volto, ancora duro, ma con uno squarcio
di luce.
Un altro è assessore comunista e dirigente della Cgil della sua città nel
Mezzogiorno. Ha sentito parlare un sacerdote focolarino e si è andato a
confessare. L’ho incontrato ieri in chiesa che si levava dalla balaustra men-
tre vi accedevo io: e istintivamente mi ha serrato un braccio; e io ho fatto
lo stesso.
Omnia vincit amor! Tutto vince l’amore, ha ricordato Chiara nella sua
narrazione; e la ascoltavano persone di ogni età e condizione accalcate
nella sala del cinema: e poche c’erano che non piangessero a sentire tra
mezzo a quali rinunzie e patimenti si era cominciato, nelle notti folgorate
dai bombardamenti: “stelle e lacrime”, come diceva sinteticamente lei.
Anche Luigina narra la storia della sua conversione. Quello che colpì lei
fu la vista delle pope, anzi delle pupille delle pope. «Avevano una luce negli
occhi…» una luce così luminosa che si vedeva pure all’oscuro. Sì, come i gatti.
Drammi complicati, sviluppi di posizioni e di interessi, sviluppi di pas-
sioni, con groviglio di vizi e abitudini, vengono disciolti nell’incandescenza
dell’amore. Interviene ora un focolarino ora una focolarina o un sacerdote o
tutti insieme: ma è difficile scernere a chi si detta la soluzione, umanamen-
te parlando, mentre è evidente l’azione dell’unità attiva e cioè del Corpo
Mistico operante o, come qui si dice, di Gesù in mezzo. Le creature sono
mezzi e perché nessuna pensi neppure d’attribuire a sé il merito, quando si
vanno ad ascoltare i beneficati di questa azione corporativa vi dicono che
essi debbono il mutamento all’aria della Mariapoli, allo spirito di questa
convivenza, all’amore che circola d’ogni intorno.
Si converte il peccatore che da anni tradisce la moglie o mena un’esi-
stenza di colpa; ma con lui si convertono anche le vittime e, convertite,
le si mettono in condizioni di non ricordare. Si provvede all’anima e per la
carità si provvede anche al suo involucro… al corpo, cercando sistemazioni
economiche, decorose ad attori e vittime di scandali.
Si trova che talora il crollo è venuto per la miseria economica. Talora per
la freddezza mortifera dell’ambiente. La mancanza di pane e più ancora la
mancanza di amore ha distrutto vocazioni, alienato sacerdoti, corrotto capi
di famiglia, depravato donne, rovinato anime: l’amore che porta con sé il
pane, sempre, ridà una vita nuova.
Non meno di 500 persone sono state ospitate gratuitamente: chi ha,
paga per chi non ha. Tra gli altri un gruppo di sei persone, due uomini, due
donne, due bambine.
Un giorno Chiara e Palmira, recatesi a Merano passano per il corso del-
la Libertà. Quel nome fa ricordare che in quella via abita un ex religioso da
cui, nei primi tempi, il Movimento era stato aiutato con simpatia. Pensano
148 nu 233
igino giordani
subito che la gita a Merano sia stata voluta dalla Provvidenza per ritrovare
le tracce di quel padre, che tanto aveva fatto per far perdere le tracce di sé:
e difatti nessuno era riuscito a ritrovarlo. Palmira aveva saputo solo che era
andato ad abitare prima a Torino, poi a Genova, poi a Merano a via della
Libertà. Senza perdere tempo si mettono ad interrogare le cameriere del
caffè. E una riesce a dar notizie designando una casa.
Fanno ricerche e trovano un tizio che ha il nome dell’ex frate, ma non è
lui: e si rifiuta sul principio di dare l’indirizzo. Ci vuole l’abilità della Palmira
per farlo parlare e scoprire che l’ex frate è un suo cugino e più volte ha ri-
cordato una certa Chiara e il suo Movimento.
«Ma Chiara è qui!» fa Palmira e fa entrare Chiara. E allora egli via via
si scioglie, telefona a Bolzano dove è il cugino omonimo; e a Bolzano lo
rintracciano in una casa povera, dove vive con una donna e due bambine di
cui la più piccola è nata da lui. Chiara con la carità invita lei, la mamma: la
quale di fronte a quella limpidezza di sguardi, smobilita via via la primitiva
diffidenza e si lascia invitare alla Mariapoli.
Dopo qualche giorno vengono così i due cugini, con le loro donne e le
bambine, preceduti da una lettera dell’ex religioso, il quale scopre la sua
commozione nel trovare un sentimento di pietà dopo che aveva da per tut-
to trovato disprezzo e abbandono.
Quando Klaus deve ripartire per la Germania è desolato. I focolarini lo
confortano; ma egli non riesce a rassegnarsi; dice di voler scappare in Sici-
lia e nascondersi su quelle montagne.
«Ma non ti puoi nascondere: con quei capelli ti riconosceranno!».
«E io li tingerò!». Sorride, ma su un fondo di desolazione, nella quale si
inchiude il presentimento della lotta che dovrà sostenere contro la coali-
zione di anticattolici con cui avrà a che fare. I nostri gli spiegano come que-
sto valga quale prova, quasi tributo di patimenti, per entrare nella Chiesa.
1
Allusione alla vicenda della statuetta della Madonna che in quegli anni lacri-
mava in una casa di Siracusa. Monsignor Ottavio Musumeci fu il fondatore, negli
anni a seguire, del Santuario della Madonna delle lacrime, nella diocesi di Siracusa,
in Sicilia.
Dialogica
per un pensare teologico
tra sintassi trinitaria e questione
del pratico
di Leopoldo Sandonà
nu 233
in biblioteca
Relazione padre-figlio,
tra tragedia greca e vangelo
M. Recalcati, Il segreto del figlio. Da Edipo al figlio ritrovato, Feltrinelli,
Milano 2017
152 nu 233
Relazione padre-figlio, tra tragedia greca e vangelo
suo male, ma è d’altra parte responsabile degli atti che compie, compre-
sa l’uccisione del padre. Edipo è tragicamente colpevole pur rimanendo
innocente.
D’altra parte, se ci rivolgiamo alla parabola del figlio ritrovato possiamo
certamente riconoscere un merito alla figura paterna capace di perdono e
accoglienza, così come lo possiamo individuare nella capacità del figlio di
rientrare umilmente alla casa paterna riconoscendo il proprio fallimento.
Emergono due situazioni nelle quali le categorie morali della colpa e
del merito sono radicalmente insufficienti, quasi a voler indicare come
– uscendo dalla finzione narrativa – quando ci si addentra nel territorio sa-
cro delle relazioni filiali (e delle relazioni in generale) imputare colpe e re-
sponsabilità sia sempre riduttivo. Il fallimento di una relazione genitoriale
rappresenta più un dolore da accogliere che un errore da imputare, così
come è la sovrabbondanza dell’amore a costituire il centro della parabola
piuttosto che la buona condotta in senso moralistico.
In sintesi, le figure descritte da Recalcati non rappresentano esempi di
carattere moralistico, quanto piuttosto delle chiavi di lettura che permetto-
no una lettura profonda delle vicende personali e che – come tutti i grandi
racconti – aprono uno squarcio di conoscenza sulle profondità misteriose
delle relazioni umane.
Federico Rovea
154 nu 233
english summary
East and West: the Two Lungs violent way, we need a mechanism that
of Europe makes dialogue and the evaluation of
opposing interests possible. Respect for
P. Tóth national sovereignty is not opposed to
p. 37 democratic integration; it is rather the
This article offers a framework for a precondition for the latter. We should
dialogue between the different cultural therefore imagine Europe as a shared
realities of Europe, with a special accent good, with decision-making structures
on the relation between East and West. operative at various levels.
Western Europe lives and suffers the
challenges of multi-religious and mul-
Our Yes to Europe.
ticultural society, while the East is still
caught up in the tensions generated by The Contribution of Together for
ethnic and identity differences. The atti- Europe in the Current Situation
tude of the West towards the East is of- G. Proß
ten characterized by a criticism of a lack
of democratic culture and a paternalism p. 61
that wishes to see the processes of de- The Author sets out the fundamental
mocratization accelerated. The attitude principles, challenges and the contribu-
of the East towards the West is marked tion of Together for Europe to the cur-
by the protest at modal and cultural rent situation of Europe. Together for
decline which seems to suffocate the Europe is a network that has brought
development of human dignity. In order together movements and associa-
to respond to the these challenges, per- tions of various churches over the last
manent platforms for intra-European twenty years. These have been years
dialogue are. of intense meeting, collaboration and
reciprocal esteem between the various
realities that compose it. It has organ-
Democratizing the Old Continent ized important international meetings,
W. Baier but also local collaborations focussing
p. 49 on social, political and cultural engage-
ment and prayer. The task of Together
The European Union is facing important for Europe is to help the formation of a
difficulties: injustice and division be- constructive and sustainable “together”
tween the rich and the poor are on the during this period of European crisis,
increase. In the current conditions and emphasizing hope through a shared and
structures, there seems no reason to ex- positive commitment, and the convic-
pect a voluntary change of behaviour. If, tion that unity is possible in a reconciled
despite this, we wish to avoid a situation diversity.
where the dissatisfaction grows to the
point that it has to discharge itself in a
156 nu 233
english summary
alla fonte del carisma dell’unità Story of Light. 17. The return to the
Unity in Paradise ’49: Some world
Methodological Observations I. Giordani
F. Ciardi p. 137
p. 113 Giordani continues to describe the life
in the Mariapolis with his witty but pro-
This essay analyses some unpublished found prose. This time, the object of his
texts from Chiara Lubich’s Paradise ’49. attention is the innumerable conversions
This text explores the theme of unity with that take place in those days. People
great doctrinal and experiential richness. from various states of life and the most
Such is the complexity of the theme that various convictions, often far from faith
it has given rise to certain readings em- in both their thought and practice, meet
phasizing “problematic and deviant ele- the living Jesus in the Mariapolis, who is
ments”. Such difficulties are often found present in the reciprocal love between
in mystical writings. The Author offers brothers and sisters, and in the pureness
some methodological considerations for of the gospel life. This meeting brings
the interpretation of mystical texts so as about a transformation and brings them
to avoid misunderstandings. back to God.
in biblioteca
p. 151
158 nu 233
dallo scaffale di città nuova
“Il gran rifiuto”: ieri come oggi, sulle tracce del mistero di un
Papa che sceglie di dimettersi.
isbn
9788831164566
pagine
120
prezzo
euro 14,00
nu 233
dallo scaffale di città nuova
isbn
9788831188036
pagine
160
prezzo
euro 16,00
nu 233
Prossimo numero 234
Il Paradiso ’49: interpreti
e protagonisti
233
Con scritti inediti
di Chiara Lubich, 233
nuova umanità trimestrale di cultura
Igino Giordani…
controcorrente
La carità come logica politica – A. Lo Presti
direttore
Alberto Lo Presti
comitato scientifico
Lucia Abignente
direttore
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