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1. LA COMPARAZIONE GIURIDICA.
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- sistemi di common law:
- diritto radicato in via consuetudinaria.
- formazione del giurista a contatto con la pratica del common law e non sul diritto
romano.
- sistema originariamente inglese, poi diffuso in tutte le colonie inglesi.
- sistemi misti: in cui sono presenti elementi romanistici e altri di tipo angloamericano. Es.
scozia, sudafrica, israele)
-altri sistemi: Sarìa islamica; sistemi asiatici-indiano; sistema cinese; giapponese; africani.
Sull‟esempio di David tutti gli studiosi hanno convenuto sulla necessità di raggruppare i
sistemi in famiglie.
La ripartizione di David ha subito anche critiche:
- Alcuni hanno negato la validità di tale sistemazione fuori dall‟area del diritto privato.
- Altri hanno rivendicato un posto a parte per la famiglia latino-americana, o
germanica.
- Altri ritengono tale classificazione di carattere eurocentrico.
David insiste per lo più sulla dicotomia common law- sistemi romanisti. Ciò è stato
contrastato dal fatto che si sono rivalutati i contatti storici tra i due sistemi e si sono
notate importanti convergenze che creano settori di diritto uniforme.
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2.4. Uniformazione giuridica.
Le forme culturali possono essere imitate. Il fenomeno in esame chiamato DIFFUSIONE,
che controbilancia gli effetti dell‟evoluzione. La nascita di un modello originale si deve
considerare come un episodio molto più raro dell’imitazione.
Occorre indagare le cause delle imitazioni, tra queste:
- Il desiderio di appropriarsi le attribuzioni altrui.
- Il desiderio di diffondere il proprio modello culturale.
Le diversità vanno riducendosi nel campo del diritto pubblico e diritto privato.
L’uniformazione delle norme evita le pericolose contraddizioni create dai conflitti di
norme nello spazio.
Ma non è sensato diffidare dalla soluzioni del proprio vicino. Il diritto infatti non è statico.
Le soluzioni circolano, si diffondono, producono imitazioni.
In sintesi si può credere sia alla diversità che alla uniformità.
Per “tradizione giuridica” si intende l‟insieme dei modi di pensare, applicare, insegnare il
diritto, che sono storicamente condizionati e profondamente radicati nella mentalità
giuridica. pone un sistema giuridico in una prospettiva culturale.
La comparazione giuridica moderna ha analizzato a lungo l‟opposizione tra:
- La tradizione giuridica di common law
- La tradizione giuridica di civil law
La prima famiglia riunisce tutte quelle esperienze che hanno alla loro base il diritto
inglese medievale e moderno, dal quale si sono distaccate soltanto in epoca
contemporanea. Si tratta essenzialmente della tradizione giuridica anglosassone che
accomuna, con qualche variante, l‟Inghilterra, l‟Irlanda, il Canada (eccetto il Quebec), gli
Stati Uniti, l‟Australia e la Nuova Zelanda. Essa inoltre influenza anche il diritto di altri
Paesi (ad es., India e Pakistan) i quali hanno conosciuto per un certo periodo di tempo
l‟influenza dominante del diritto inglese.
La seconda famiglia raggruppa tutte le esperienze avvenute in epoca medievale
nell‟Europa continentale, con alla base il diritto romano e la sua riscoperta compiuta nell‟XI
secolo da Irnerio e dalla Scuola di Bologna. Al riguardo, si utilizza anche l‟espressione
“tradizione romanistica” per accomunare le tradizioni giuridiche dell‟Europa continentale,
dell‟America latina e di altri Paesi che, nonostante siano storicamente lontani dalla civiltà
europea, hanno utilizzato principi e istituti derivanti dal diritto romano, quali, ad es., la
Turchia e il Giappone.
La tradizione di civil law si presenta come meno compatta, in quanto le esperienze che si
collocano al suo interno hanno subito una serie di mutamenti più accentuati rispetto a
quelle che caratterizzano la tradizione di common law.
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Tale circostanza dunque ha suggerito un‟ulteriore suddivisione in sottofamiglie al fine di
distinguere una tradizione latina, una germanica, una nordica, una post-socialista ed una
latino-americana.
La metafora cui ampiamente si ricorre per rappresentare le due grandi famiglie è quella di
due alberi, ma è una metafora che può risultare fuoriviante, perchè la tradizione di
common law e quella di civil law non sono due entità perfettamente separate e
contrapposte, in quanto tra tradizione giuridica e civiltà vi è una forte correlazione e non è
mai esistita una civiltà inglese separata da quella europea.
La problematica attinente al raggruppamento delle diverse esperienze giuridiche nelle
c.d. famiglie costituisce uno dei punti focali della sistemologia contemporanea.
I dati utilizzati dalla comparazione giuridica moderna come criteri di classificazione,
denominati “demarcatori sistemologici”, riguardavano essenzialmente:
- l’assetto delle fonti:
civil law ->sistemi di diritto scritto codificato VS Common law ->sistemi di diritto
consuetudinario non scritto.
L‟analisi dei sistemi giuridici segue una periodizzazione storica la quale distingue, sia in
riferimento al common law sia al civil, 4 periodi:
- Il periodo formativo XII - XIV secolo
- Il periodo del consolidamento XIV – XVIII secolo
- Il periodo delle rivoluzioni XVIII – XX secolo
- Il periodo contemporaneo 1930
La modalità con cui i giuristi inglesi affermarono il principio di legalità all‟interno della
giurisdizione delle corti regie fu improntata al formalismo.
Il punto di partenza di ogni ragionamento giuridico fu quindi l‟adesione esatta alla formula
di ciascun writ e la conservazione della procedura tradizionale alla quale ogni writ si
ricollegava.
Sotto il profilo processuale, l‟adesione al sistema dei writs diede forma ad una
procedura di carattere accusatorio, in quanto l‟accusa cui il convenuto doveva rispondere
era chiaramente specificata nella parte della formula del writ che iniziava con le parole:
“ostensurus quare”.
La garanzia fornita al convenuto che egli sarebbe stato chiamato a rispondere soltanto di
ciò che gli veniva contestato sin dal primo atto, divenne un principio basilare del sistema e
del concetto di due process of law.
Secondo questo concetto, una persona può essere sottoposta a certe conseguenze
giuridiche a lui sfavorevoli solo dopo che gli è stata data la possibilità di difendersi in un
giudizio avanti una autorità imparziale, in cui l‟accusa è stata chiaramente formulata e non
può essere mutata.
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Sotto il profilo sostanziale, il sistema dei writs garantiva una certa parità di trattamento
di tutti casi eguali, la quale si esprimeva nella forma di eguale procedura per tutte le
accuse appartenenti ad un medesimo tipo.
Sotto il profilo costituzionale la funzione del sistema dei writs fu quella di fornire una
base di legittimazione indipendente dall‟operare delle corti regie, le quali divennero quelle
corti che amministravano una giustizia tradizionale.
Il tradizionalismo come fondamento legittimante l‟esercizio di un potere non richiede
però la rigida osservanza delle regole e la ossessiva ripetizione delle condotte precedenti,
ma soltanto l‟osservanza apparente. In altri termini, occorre che si formi il consenso circa
la corrispondenza di ciò che si sta facendo con quanto si è già fatto in passato, in quanto il
fine a cui si mira è soltanto quello di ottenere la generale accettazione di ciò che si fa
come un fare legittimo.
Chiuso dal 1258 il registro dei writs, lo sviluppo del common law è stato filtrato dalle
formule in esso contenute. Questa situazione è durata sino alle riforme giudiziarie del XIX
secolo, quando le c.d. forms of action sono state abolite.
In realtà, il numero dei writs non è mai stato del tutto chiuso né le formule di essi sono
rimaste immutate.
Tra il XIII ed il XIX secolo si è svolta una graduale evoluzione la quale ha infine condotto
ad un ribaltamento del sistema complessivo.
Tuttavia, è innegabile che in Inghilterra sia stato a lungo in vigore un sistema di tipicità
delle azioni in cui il diritto veniva configurato come rimedio e come procedura collegata a
quello specifico rimedio.
Inizialmente vi era una netta distinzione tra:
- i writs in cui si rivendicava un diritto (a demand) -> si caratterizzavano per la forma
praecipe (ordina), in quanto in essi il re si rivolgeva allo sceriffo affinché questi
ordinasse al convenuto di restituire ciò di cui si era impadronito (praecipe quod
reddat).
- quelli in cui si contestava un torto ricevuto (a plaint).
La differenza tra i due tipi di writs si basava sulla comune percezione per cui rivendicare
un diritto, soprattutto di natura feudale, significava assegnare un qualcosa che aveva le
caratteristiche dell‟eternità e che poteva segnare per sempre i destini di due famiglie.
Quindi, il processo relativo ai diritti era circondato da grandi cautele.
La materia dei torti invece poteva essere trattata più speditamente, in quanto
riguardava un singolo episodio, il cui accertamento poteva essere demandato ad una
giuria.
Nel periodo intermedio si è assistito ad un graduale abbandono dei writs nella forma
praecipe quod reddat e ad una estensione dei writs derivanti dal trespass, e specialmente
da quella formula denominata case.
Il passaggio essenziale avvenne nel 1360 quando dalla formula del writ of trespass fu
eliminato il riferimento al requisito della violenza armata.
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Così questa formula, inizialmente concepita per le aggressioni violente al possesso
immobiliare o mobiliare e all‟incolumità personale, divenne disponibile per reprimere
qualsiasi invasione non autorizzata della sfera giuridica altrui.
Il cambiamento probabilmente derivò dalla considerazione che la violenza non è
necessariamente un elemento caratterizzante l‟aggressione, ma è un elemento che può
caratterizzare la situazione complessiva derivante dall‟aggressione.
Il trespass on the case,in quanto riferibile a tutte quelle situazioni in cui vi era stata
illegittima invasione nella sfera giuridica altrui divenne la base di una serie di rimedi che
assunsero nomi propri: negligence, trover, assumpsit, ecc.
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Dunque,al fine di rispondere all‟esigenza sociale di tutelare l‟affidamento derivante dal
contratto, si procedeva mediante adattamenti dei writs più flessibili e dotati di una
procedura efficace, quali quelli derivati dal trespass.
Il punto di partenza fu assicurato dalla naturale ambivalenza di alcune ipotesi di
inadempimento di obbligazioni di fare.
Al riguardo occorre sottolineare come l‟esecuzione di diverse obbligazioni di fare comporta
uno stretto contatto tra il debitore della prestazione e la sfera giuridica del creditore.
Quando si verifica un evento dannoso, esso può visto alternativamente sotto il profilo della
responsabilità per inadempimento contrattuale, oppure sotto quello della responsabilità
extracontrattuale.
Nel diritto civile italiano attuale si adotta la regola del cumulo delle due forme di
responsabilità. Dunque spetta all‟attore decidere se agire a titolo di responsabilità
contrattuale oppure a titolo di responsabilità extracontrattuale.
Poiché, come si è visto, nel common law era penalizzante agire a titolo di responsabilità
contrattuale, ci si rivolse all‟ottica degli illeciti extracontrattuali (torts).
(ad esempio,caso HUmber Ferry Case, in cui l‟attore agiva per trespass on the case nei
confronti del traghettatore cui aveva affidato una cavalla che era anneggata a seguito di
rovesciamento del traghetto. Era irrilevante che i rapporti tra i due fossero dovuti a un
contratto.) Inoltre, i giuristi inglesi affermarono che il trespass on the case contemplava
anche l‟ipotesi di :
- non feasance (es. un medico promette di curare e poi non esegue alcun azione
sicché il paziente muore)
- l‟ipotesi in cui le parti avevano soltanto programmato due controprestastazioni,
ossia le controprestazioni erano state soltanto promesse (executory consideration)
e non già eseguite (executed consideration).
I writs of debt e di covenant vennero del tutto accantonati e l‟assumpsit divenne la form
of action nella quale venne ricondotta la problematica contrattuale.
Il sistema dei writs deve essere collocato nel contesto del processo.
Il procedimento dei writs in forma trespass prevedeva una distinzione tra:
- l‟accertamento del fatto storico accaduto, demandato ad una giuria,
- la sussunzione del fatto, attività di competenza dei giudici. La scissione tra fatto e
diritto richiede un collegamento.
Il nesso tra le due fasi è stato assicurato dal meccanismo del pleading:
La trattazione di una causa iniziava con il racconto del fatto da parte dell‟attore. Questa
narrazione doveva essere evidentemente armonica con il tipo di rimedio invocato.
Nella narratio, detta anche “count”, l‟avvocato dell‟attore esponeva davanti al tribunale i
fatti sui cui si basava la pretesa del cliente.
Poiché il processo si svolgeva avanti una giuria di semplici cittadini i quali, secondo la
logica medievale, avrebbero accertato il fatto in questione con un semplice si o no, si
doveva creare una situazione in cui l‟attore affermava un determinato fatto ed il convenuto
lo negava.
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Dunque, in seguito all‟esposizione dei fatti da parte dell‟attore, il convenuto replicava. Egli
aveva logicamente quattro possibilità:
- poteva negare tutto.(general traverse) In questa ipotesi la contraddizione si era
realizzata e la questione poteva essere sottoposta alla giuria avanti la quale
ciascuna parte produceva le sue prove.
- poteva ammettere che i fatti narrati dall‟attore erano veri. In questa ipotesi la
questione non veniva sottoposta alla giuria, in quanto rispetto ai fatti non vi era una
situazione di conflitto tra le parti. Non vi era quindi un exitus su cui la giuria
dovesse pronunciarsi.
- poteva ammettere alcuni fatti e negarne altri (speciale traverse). In questa ipotesi
soltanto i fatti contestati erano sottoposti alla giuria, in quanto solo rispetto ad essi
si era creata la contraddizione che richiedeva la risposta della giuria.
- poteva ammettere i fatti narrati dall‟attore, ma aggiungere altri elementi tendenti a
svuotare l‟esposizione dell‟attore del suo significato giuridico. In questa ipotesi, la
questione non poteva essere sottoposta subito alla giuria. (confession and
avoidance) -> in questo caso La parola tornava all‟attore il quale doveva prendere
posizione rispetto ai fatti aggiunti dal convenuto:
o se li negava si creava immediatamente un issue da sottoporre alla giuria.
o se li ammetteva la giuria diveniva inutile poiché la questione era di diritto e
spettava ai giudici risolverla.
Demurrer è il nome tecnico di quel pleading in cui il convenuto sostiene che i fatti narrati
dall‟attore sono veri ma da essi non derivano le conseguenze giuridiche poste a
fondamento della sua domanda. In questa ipotesi la questione diviene di puro diritto e
spetta ai giudici e non alla giuria decidere la questione.
Si possono distinguere tre principali conseguenze di lungo periodo del sistema dei
writs:
- Il giurista di common law analizza criticamente l‟uso delle parole e i loro significati al fine
di verificare quali situazioni possono essere ricondotte ad un determinato significato.
- Il giurista di common law ragiona per analogia da un caso all‟altro.
Egli dunque possiede la capacità di distinguere un caso da un altro e di cogliere il
giuridicamente rilevante dei fatti accaduti.
- Il giurista di common law ragiona per fattispecie svincolate dal sistema complessivo. Egli
quindi non procede al loro inserimento in una gerarchia di concetti formali, ma ricollega
ciascuna fattispecie ad un sistema di valori.
Dopo la chiusura del registro dei writs nel 1258, il common law amministrato dai
giudici di Westminster seguì una evoluzione organica ma lenta.
Nel XV secolo quando l‟Inghilterra entrò pienamente nel circuito mercantile europeo ed
importò dal continente gli ideali e gli atteggiamenti della cultura umanistica, il sistema
giuridico si presentò inadeguato e incompleto.
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La pressione di domanda di giustizia che non trovava udienza presso le corti di
Westminster comportò un ritorno alle prerogative del sovrano.
In accordo agli ideali medievali, il sovrano aveva sempre conservato il potere-dovere di
rendere giustizia, ma poiché questa funzione era stata delegata ai giudici del re, tale
potere rimaneva soltanto a livello teorico e si esplicava eccezionalmente nei confronti di
soggetti che non potevano permettersi le spesi della giustizia ordinaria.
La situazione divenne più complessa quando il sovrano cominciò ad essere investito
da un numero elevato di richieste da parte di coloro che non potevano ricevere
giustizia dalle corti regie per motivi tecnici.
La quantità di simili richieste di intervento “ex gratia” creò la necessità di amministrale in
qualche modo. Si decise dunque di affidarle al Cancelliere e al suo ufficio, in quanto
personaggio autorevole e rettore della coscienza del re.
La procedura avanti il Cancelliere era piuttosto informale:
- iniziava con una petizione in cui l‟attore lamentava una ingiustizia. La petizione poteva
essere scritta o orale.
- Il Cancelliere, se si persuadeva che vi era materia per un suo intervento, chiamava il
convenuto mediante un atto di citazione, denominato “writ of subpoena”, in cui non
erano indicate le ragioni della convocazione e si annunciava una penalità in denaro se egli
non si fosse presentato.
- L‟accertamento dei fatti seguiva un modello sostanzialmente inquisitorio.
Non vi erano termini processuali.
Giudice era il Cancelliere, il quale, poiché esercitava una giurisdizione di
coscienza, mirava anche a mondare l‟anima dell‟autore dell‟ingiustizia.
Inizialmente non vi era un vero e proprio diritto di equity, nel senso che non esisteva un
insieme di norme giuridiche costituenti un ordinamento specifico.
In linea generale, le regole applicate erano quelle della morale cristiana, secondo le
quali si deve mantenere la parola data, non si deve fare violenza ad altri, non si deve
ingannare il prossimo, ecc.
Nell‟applicare queste norme di giustizia etica il Cancelliere non poteva però contraddire
le regole di common law, in quanto non poteva sostenere che esse erano ingiuste.
Tuttavia egli poteva modificare le loro conseguenze ricorrendo ad un espediente
teorico. Infatti, il Cancelliere sosteneva che le regole in astratto erano giustissime, ma in
concreto la parte convenuta ne aveva abusato utilizzandole a fini di ingiustizia.
Ad esempio, il Cancelliere, se si convinceva che un bond era stato ottenuto in modo
ingiusto, obbligava il suo possessore a non esigere il pagamento, nonostante il bond fosse
pienamente valido.
Il successo dell‟equity venne anche facilitato dalla protezione che concesse ai trusts.
Vi era la prassi di affidare un patrimonio, soprattutto mobiliare, ad un soggetto di fiducia,
al fine di tutelare la propria riservatezza.
Il common law si presentava idoneo per i trasferimenti fiduciari in quanto, il passaggio
della proprietà si configurava secondo il modello dell‟investitura, ossia come un atto di
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attribuzione unilaterale e dunque non richiedeva che la ragione del trasferimento (vendita,
donazione) fosse espressa nell‟atto di attribuzione.
Tuttavia il sistema dei writs non presentava alcun rimedio idoneo a proteggere le
aspettative del fiduciante.
La giurisdizione del Cancelliere, al contrario, propose una soluzione soddisfacente e
divenne competente per l‟intera materia dei trusts.
In questa materia, nella quale il giudizio è spontaneo e non ammette eccezioni, la
giurisdizione del Cancelliere sviluppò le proprie tecniche ed il proprio complesso di rimedi.
Nell‟ipotesi in cui il fiduciario si comportava come pieno proprietario del bene che gli era
stato affidato, il Cancelliere gli ordinava di comportarsi come trustee (fiduciario) e non di
restituire il bene; oppure provvedeva a sostituirlo con un altro soggetto.
In questo modo lo schema del trust veniva preservato ed il diritto di common law non
veniva contraddetto. Si potrà dire “equity follows the Law”
Nell‟ipotesi in cui il trustee cedeva il bene ricevuto a titolo oneroso, il Cancelliere
riteneva che l‟alienazione fosse stata attuata in vista di un miglior rendimento e
considerava i nuovi beni come oggetto di obbligazione fiduciaria esattamente come
quelli precedenti.
Nell‟ipotesi in cui la cessione era avvenuta a titolo gratuito, il Cancelliere ordinava al
terzo acquirente di comportarsi come trustee e non come un proprietario ordinario.
Dunque, nello schema del trust l’inadempimento dei doveri fiduciari non incide sulla
situazione giuridica dei beni oggetto del trust, ossia non comporta un obbligo di
restituzione, ma incide sulla posizione personale del trustee.
Inoltre, occorre sottolineare che i fiducianti sono sostanzialmente dei proprietari, sebbene
lo siano soltanto nell‟ordinamento di equity che li tutela, mentre il trustee si configura
come il proprietario secondo il common law, il quale non conosce le obbligazioni fiduciarie
e quindi attribuisce pieni poteri di godimento e di disposizione al trustee stesso.
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- In secondo luogo, le regole morali sono normalmente formulate in modo piuttosto
ampio ed elastico. Pertanto esse non possono offrire soluzioni certe almeno nelle
questioni complicate. L‟incertezza del diritto però favorisce la corruzione dei
giudicanti.
- Il terzo rischio è che la giustizia equitativa diventi strumento della lotta politica e
quindi sia usata per eliminare i nemici e proteggere gli amici.
Quest‟ultimo rischio divenne concreto durante le lotte politiche ed ideologiche che
videro come soggetti contrapposti i sovrani della dinastia Stuart da un lato ed il
Parlamento dall‟altro.
I Cancellieri, in quanto primi funzionari del Re, si schierarono dalla parte del sovrano.
I giuristi di common law, invece, aderirono al partito del Parlamento, poiché contestavano
la giurisdizione in equity dei cancellieri.
I principali protagonisti della contrapposizione tra common law ed equity furono Lord
Ellesmere, Cancelliere di Giacomo I Stuart, e Sir Edward Coke, avvocato e uomo politico,
ma soprattutto Presidente delle corti di Common Pleas e di King‟s Bench.
Il conflitto tra common law ed equity si svolse su 3 piani:
- Sul PIANO GIURIDICO TECNICO -> in quanto i Cancellieri avevano iniziato ad intromettersi in
materia di contratto per esentare dal dovere di adempiere la parte che fosse stata vittima
di dolo o di errore. Questa intromissione comportava la possibilità che il giudizio espresso
dalla Court of Chancery fosse diverso da quello espresso in precedenza da una corte di
common law. Anche se non si trattava di appello in senso tecnico, è evidente che chi
giudica per secondo ed ha il potere di modificare con il proprio giudizio l‟esito materiale
della lite, viene naturalmente percepito come giudice superiore. I giudici di common law
non potevano accettare questo esito fattuale. Coke si ribellò a simili intromissioni,
incoraggiando le parti soccombenti a sfidare le decisioni dei Cancellieri ed agire contro chi
li aveva sottoposti al giudizio del Cancelliere per ostruzione alla giustizia.
Al fine di superare questi contrasti, il Re Giacomo I, attraverso un decreto del 1616,
stabilì che in caso di conflitto tra common law ed equity quest‟ultima aveva la prevalenza.
- Sul PIANO DEI RIMEDI -> in quanto i giudici di common law avevano utilizzato i c.d.
“prerogative writs”, quale ad esempio l‟habeas corpus, per contrastare e annullare gli
ordini del Cancelliere. Dunque, si affermò in modo evidente il principio per cui sono i
giudici e non i funzionari del Re coloro che hanno l‟ultima parola in tema di libertà delle
persone.
- Sul PIANO POLITICO, di gran lunga il più rilevante in questa contrapposizione -> Se i giudici
di common law volevano guadagnarsi la fiducia ed il rispetto dell‟opinione pubblica non
bastava che essi amministrassero rimedi astrattamente idonei a tutelare i diritti dei
cittadini, dovevano anche apparire indipendenti rispetto al potere politico, ossia rispetto al
sovrano, così da poter garantire imparzialità ed equità nel giudizio anche quando si
trattava di giudicare persone che erano oppositori politici del sovrano.
In teoria, i giudici di common law erano funzionari del Re e dunque il sovrano, così come
delegava ad essi il compito di amministrare la giustizia regia in suo nome, poteva ritirare la
delega in qualsiasi momento.
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Tuttavia questa teoria configurava i rapporti tra il sovrano ed i suoi giudici esattamente
come essi erano agli inizi, mentre nel corso di una evoluzione secolare il common law
aveva elaborato le proprie regole ed i propri principi indipendentemente dalla volontà
normativa del sovrano e pertanto i creatori di questo diritto percepivano se stessi come,
almeno parzialmente, indipendenti dalla volontà del sovrano.
Quando il conflitto tra common law ed equity divenne insostenibile, il Re Giacomo nel
1616 chiamò i giudici avanti a sé per chiedere ad essi se si sarebbero astenuti
dal giudicare un caso qualora il Re lo avesse ordinato.
Tutti risposero affermativamente, tranne Coke il quale disse che quando il caso fosse
giunto presso la corte avrebbe fatto ciò che per un giudice era appropriato fare.
Simile risposta sottolineava che il principio di imparzialità rendeva inopportuno per un
giudice enunciare preventivamente come avrebbe giudicato primo di aver sentito le ragioni
delle parti.
Inoltre, fermo restando che i giudici del Re applicavano la legge del regno, diveniva
immediato dedurre che l‟ordine del sovrano di astenersi dal giudicare un caso equivaleva
all‟ordine di non applicare la legge a quella controversa.
Dunque, si dichiarava che il sovrano è superiore alla legge. Questa affermazione era
proprio quello che Coke non voleva ammettere, in quanto, con riferimento alla
consuetudine costituzionale inglese, egli sosteneva che il sovrano è soggetto a Dio ed alla
legge.
Seguendo questa impostazione, la legalità stava dalla parte del partito dei parlamentari e
non da quella del partito del sovrano.
Il Re Giacomo inoltre sollevò un ulteriore questione: se il Re potesse giudicare un
caso, sottraendolo alla cognizione dei suoi giudici.
In effetti, non solo negare ad un sovrano la possibilità di giudicare comporta
irresistibilmente una valutazione negativa circa le sue capacità intellettuali, ma anche sotto
il profilo tecnico si ritiene che quando il delegante compare sulla scena, il delegato perde
automaticamente la facoltà di rappresentarlo e quindi viene meno l‟esercizio dei poteri a
lui delegati. Dunque, negare al sovrano la possibilità di giudicare in luogo dei suoi giudici,
significava disconoscere il carattere delegato della funzione giudicante.
Coke ammise che il sovrano ero dotato delle più grandi doti di intelligenza e di senso del
giusto, ma negò che potesse giudicare in una corte di common law, in quanto il diritto
applicato non corrisponde alla ragione comune, ma è il prodotto di una ragione
artificiale che non si può acquisire senza un lungo studio ed esperienza.
Naturalmente dopo simili risposte Coke venne licenziato ma in seguito la pressione politica
fu così forte da obbligare Carlo I, nel 1642, a nominare i giudici con un incarico a
vita e non sino a quando al sovrano fosse piaciuto mantenerli nella carica.
Quando poi gli Stuart furono sconfitti e il Parlamento, sostenuto dal partito dei giudici,
conseguì la vittoria sul piano politico, le diverse attività svolte dai sovrani e dai Cancellieri
precedenti furono considerate come la realizzazione dell‟arbitrio.
In questo nuovo clima politico-costituzionale, la Court of Chancery, (eccetto il settore
penale che venne abolito) continuò ad esistere soltanto perché la giurisdizione del
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Cancelliere si adeguò alla nuova situazione di legalità ed assunse le forma di una
giurisdizione speciale ma prevedibile.
Inizialmente l‟equity non presentava regole ma si ricollegava soltanto all‟ideale di giustizia.
Tuttavia il suo svolgimento storico aveva dimostrato come senza l‟adesione a regole
generali ed astratte non vi può essere garanzia che casi analoghi siano giudicati in modo
analogo.
Fermo restando che uno dei principi di giustizia è l‟eguaglianza, se casi eguali sono
giudicati diversamente, si lede l‟eguaglianza e non si fa giustizia.
La giurisdizione del Cancelliere si cristallizzò in determinate materie, nelle quali
l‟utilità del suo intervento era universalmente riconosciuta. Si stabilì che le decisioni
dovevano contenere una motivazione ed essere regolarmente registrate.
Quindi, la reazione alla grande flessibilità iniziale dell’equity fu una notevole
rigidità nel momento del consolidamento. Nel XIX secolo la Corte di Cancelleria era
considerata non come fonte di giustizia, ma secondo quanto illustrato da Dickens, come
fonte di spese, ritardi e disperazione.
Tuttavia, grazie a questo periodo di cristallizzazione, l‟equity continuò ad esistere e
divenne un settore del diritto inglese, con i suoi istituti, regole e principi ben definiti,
rinunciando quindi alla pretesa di rendere una giustizia secondo morale, separata e
sovraordinata al sistema legale.
Occorre sottolineare che quando i limiti derivanti dalle forms of action vennero eliminati, i
giudici inglesi dovettero affrontare una situazione opposta rispetto a quella dei giudici
continentali.
Questi ultimi infatti si videro circondati da una legislazione che pretendeva essere chiara e
completa e quindi privati di ogni funzione e potere creativo.
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I giudici inglesi, al contrario, vennero liberati ad opera del legislatore degli ostacoli delle
forms of action proprio perché potessero essere maggiormente creativi.
Tuttavia quei limiti erano anche i parametri della legalità delle loro affermazioni. Le forms
of action costituivano infatti il sistema all‟interno del quale si era sviluppato il
ragionamento giuridico.
Mutata la procedura, il diritto sostanziale non era cambiato.
Dunque, la reazione dei giudici inglesi alla riforme giudiziarie del XIX secolo fu quella
di irrigidire il criterio del precedente vincolante.
Inizialmente, secondo questo criterio, il giudice deve conoscere e tenere in massima
considerazione le precedenti decisioni sue e di altri giudici in casi analoghi, al fine di
garantire il principio di eguaglianza di fronte alle regole diritto, il quale esige che casi
eguali ricevano soluzioni identiche indipendentemente dalle qualità personali delle parti e
quelle del giudice.
Tuttavia lo sviluppo organico del common law dimostra come i giudici fossero consapevoli
del loro potere di discostarsi dalle decisioni precedenti.
Nel XIX secolo invece si diffuse l‟idea secondo la quale il precedente giudiziario è
assolutamente vincolante, in quanto quello che è enunciato nella decisione precedente
non è l‟opinione legale del giudice, ma la verbalizzazione di una regola di diritto
consuetudinario positivo.
A partire da questa idea, si sviluppò la c.d. teoria dichiarativa del precedente
giudiziale. Il suo assunto di partenza è che il common law non sia un diritto
giurisprudenziale ma una consuetudine giuridica esistente da tempo immemorabile in
Inghilterra. Questa consuetudine si compone di una serie di norme non scritte, ma
conosciute da ogni buon inglese.Il compito di dare ad esse una verbalizzazione spetta
soltanto ai giudici quando essi agiscono come giudici, ossia quando risolvono una
controversia che è sottoposta ad essi.
In questo senso, i giudici sono oracoli del diritto, in quanto essi trovano il diritto,
mentre non è corretto dire che essi creano il diritto.
Dunque, quando una regola del diritto consuetudinario è stata scoperta e verbalizzata da
un giudice, essa cessa definitivamente di esistere come regola non scritta, e perciò il
giudice seguente deve soltanto applicare al caso da decidere la regola formulata in
precedenza.
Discostarsi dalla decisione precedente non è un attentato alla certezza e imparzialità del
diritto, ma un errore di diritto che può essere contestato per motivi tecnici, in quanto
consiste nella falsa o erronea applicazione di una regola di diritto positivo.
La teoria dichiarativa del precedente giudiziale aveva lo scopo preciso di
difendere l’immagine della legalità giurisprudenziale e di preservare allo stesso
tempo il tecnicismo che si era sviluppato attorno all‟operato delle corti.
In effetti, dopo aver affermato che soltanto il giudice in sede di decisione di una
controversia aveva il potere di verbalizzare una norma consuetudinaria, diveniva
necessario individuare, nel testo della sentenza, il punto esatto in cui il giudice
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enunciava la regola che costituiva la ratio decidendi; mentre tutto il resto veniva
considerato obiter dictum.
Questa operazione era notevolmente complessa, in quanto lo stile delle sentenze inglesi si
era consolidato nel senso che ciascun giudice poteva esprimere una sua opinione a
sostegno e giustificazione della decisione da lui adottata; sicché le motivazioni delle
sentenze erano piuttosto estese, riflettendo il dibattito interno alla corte.
Alla distinzione tra ratio decidendi ed obiter dictum seguiva un altro corollario.
Se si afferma che è vincolante la sola ratio decidendi del caso, allora occorre identificare
con precisione i fatti in questione. Il giudice seguente è vincolato alla decisione precedente
soltanto se si ritiene che la questione da risolvere si pone negli stessi termini in cui si è
posto il problema risolto mediante la regola enunciata nella ratio decidendi della sentenza
precedente. Quindi, un giudice non è vincolato dalla pronunce precedenti se ritiene che la
controversia a lui sottoposta , in almeno un elemento giuridicamente rilevante, sia
differente da quelle affrontate nelle sentenze precedenti.
I singoli writs hanno costituito a lungo il sistema di base del giurista di common law.
Ciascuna form of action infatti identificava una fattispecie ben definita.
Il vocabolario tecnico del giurista di common law era quindi costituito dai diversi nomi
dei writs i quali designavano una determinata fattispecie.
Ad esempio, il termine “negligence” identificava una fattispecie, generata dal modello del
trespass, in cui la responsabilità risarcitoria ricadeva sul soggetto che avesse provocato un
danno ad un altro, in violazione di un dovere di diligenza precedentemente assunto nei
suoi riguardi.
Se mancava l‟elemento costitutivo della violazione del dovere di diligenza, assunto con un
impegno specifico, non si trattava di negligence.
24
Nel XX secolo il tort of negligence assorbì le altre figure di illecito civile, in quanto venne
meno il limite che il dovere di diligenza doveva nascere da uno specifico patto con il quale
si assumeva tale dovere.
Dunque la regola divenne quella per cui si deve adottare uno standard di cautela ogni
volta che si può ragionevolmente presumere di poter danneggiare il prossimo.
Questa regola coincide con il principio del neminem laedere.
In un sistema caratterizzato dalle forms of action era del tutto illogico trascorrere da una
categoria all‟altra, in quanto ciascuna aveva la propria autonomia concettuale.
Era ammissibile invece lo sviluppo della logica dinamica di ciascuna fattispecie, come
avvenne a proposito del trespass.
La letteratura successiva, a partire da Blackstone, raggruppò le diverse fattispecie di
common law in una serie di categorie, derivanti dalle riflessioni giusnaturalistiche e
dalla cultura romanistica, quali il diritto delle persone, i diritti sulle cose, i contratti e la
responsabilità da illecito.
Le categorie didattiche divennero poi categorie del ragionamento giuridico.
I giuristi inglesi, eliminati i limiti delle forms of action, elaborarono diverse distinzioni (ad
es.: family law, property, tort, contract) e applicarono come criteri di giustificazione la
congruità con il pensiero socialmente diffuso oppure la corrispondenza ai canoni della
logica.
Il sistema venne organizzato attorno ad alcuni principi di carattere generale applicabili
ad una determinata materia. (es. si è discusso attorno al ruolo della colpa nell‟ambito
extracontrattuale)
Il sistema delle formo f action ha fatto sì che ciascun rimedio una volta distaccatosi dal
ceppo del trespass acquisisse una fisionomia propria, cosìcchè anche il sistema degli illeciti
civili si presentava scandito in figure tipiche: negligence, nuisance.
Nel XX sec il tort of negligence ha manifestato una straordinaria capacità espansiva che
lo ha condotto ad assorbire le altre figure, riducendo la tipicità degli illeciti a una questione
di nomenclatura. Nell‟impostazione tradizionale la fattispecie di negligence ricorreva
quando vi fosse la violazione colposa di un dovere di diligenza, che nasceva da uno
specifico patto con cui si assumeva tale dovere. Tale regola era incompatibile con i
moderni sistemi di produzione e distribuzione dei prodotti industriali. Con la sentenza
DONOGHUE-STEVENSON si dimostrò che si doveva fare riferimento a uno standard di
cautela (duty of cure) ogni volta che si può ragionevolmente presumere di poter
danneggiare il prossimo.
26
oppure quando la decisione appellata appare così poco persuasiva da rendere necessario
un intervento correttivo, prima che possa produrre incertezza.
Quindi quando la Court of Appeal, o in misura ancora maggiore la Suprema Corte del
Regno Unito, si è pronunciata su una determinata questione è difficile che la stessa
questione si ripresenti alla medesima corte per un periodo di tempo piuttosto lungo.
La House of Lord, e attualmente la Suprema Corte del Regno Unito, è stato l‟unico
organo giudiziario dotato del potere di overruling, ossia del potere di discostarsi dai
propri precedenti. Tuttavia la tecnica dell‟overruling è tuttora piuttosto estranea alla
giurisprudenza inglese, anche se occorre sottolineare che il Regno Unito, in quanto Stato
membro dell‟Unione Europea, riconosce in materia comunitaria la supremazia della Corte
di Giustizia le cui sentenze si impongo anche alle Corti Supreme.
In generale quindi l‟organizzazione giudiziaria del Regno Unito si avvia ad essere simile alla
struttura giudiziaria degli altri Stati europei, eliminando ogni arcaismo e accettando una
più formale adesione al principio della divisione dei poteri.
Anche nel settore della procedura civile sono stati eliminati gli arcaismi.
Con la Civil Litigation Reform del 2000 il sistema è stato profondamente modificato.
Al fine di velocizzare il processo civile, sono state adottate procedure diversificate in
relazione alla complessità della controversia.
Le liti sono quindi suddivise, a seconda del loro valore economico in:
- Small claims
- Fast track
- Multi track.
Nel sistema inglese, la sentenza è l’opinione personale del giudice. Anche quando
più giudici siedono in una stessa Corte la sentenza è generalmente individuale.
I giudici in linea generale si limitano a segnalare di essere d‟accordo con l‟opinione di uno
di loro. Poco frequenti sono le opinioni dissenzienti (dissenting opinion), in cui il giudice
in minoranza motiva le ragioni del suo disaccordo.
Lo stile della sentenza inglese, oltre che dal carattere individuale della motivazione, è
condizionato dal fatto che il giudice deve motivare secondo uno standard elevato di
ragionamento giuridico. Si ritiene infatti che la motivazione debba convincere gli altri
membri della professione legale.
29
I grandi giudici sono dunque maestri della lingua inglese e le loro sentenze sono
considerate anche sotto il profilo letterario.
Inoltre, nelle sentenze inglesi, soprattutto quelle delle Corti supreme, grande attenzione
è dedicata alla ricostruzione dei fatti, in quanto essa è ritenuta necessaria al fine di
permettere una completa valutazione del ragionamento giudiziale.
Tra civil law e common law esistono soprattutto in alcuni settori diversità più o meno
accentuate. Ad es. La categoria dei “diritti reali” non ha corrispondenti precisi in lingua
inglese. La traduzione corretta per indicare questa categoria romanistica è “law of
property”. Tale denominazione identifica gli aspetti relativi alle situazioni di
appartenenza. Risale al periodo formativo del common law e rinvia alla natura delle azioni,
la distinzione fondamentale in materia di appartenenza tra:
- real property -> venivano denominati azioni reali i writs in forma “praecipe quod
reddat”, i quali avevano carattere recuperatorio.
- personal property -> indicavano altri writs, quale ad es. il trespass, che avevano
carattere risarcitorio.
A livello di rimedi la distinzione è stata eliminata, ma ciascuna categoria ha ricevuto una
complessa elaborazione.
Oggetto di real property furono inizialmente i possedimenti feudali. Una investitura
feudale nasceva da un atto solenne e pubblico in cui un Lord assegnava al proprio vassallo
un determinato feudo. Il vassallo riceveva specifici benefici dal feudo; mentre il Lord
riceveva i servizi del vassallo. I benefici e i servizi erano individuati nell’atto di
investitura. La disciplina del rapporto era regolata dalla consuetudine.
Dunque, la titolarità di un feudo attribuiva il diritto ad esercitare una serie di azioni, quale
ad esempio quello di richiedere il pedaggio o di nominare il parroco.
Tuttavia, il medesimo territorio forniva benefici ad altri soggetti collocati nella catena
dei rapporti feudali. Ad esempio, la concessione di un feudo da parte del sovrano non
comportava di solito l‟attribuzione delle ricchezze eventualmente presenti nel sottosuolo,
insieme al diritto di caccia. In questo modo, dal medesimo feudo derivavano utilità a
differenti soggetti, ognuno dei quali era titolare di determinati diritti e non di altri.
L‟attribuzione di un feudo non comportava che il territorio di quel feudo appartenesse al
feudatario. A quest‟ultimo appartenevano soltanto i diversi benefici che gli avvenivano
attribuiti con l‟investitura.
Il carattere personale del rapporto feudale di vassallaggio è svanito piuttosto presto in
Inghilterra e le posizioni di appartenenza feudale sono state riconosciute come posizioni di
diritto al di fuori del rapporto personale tra il Lord ed il suo vassallo.
Inoltre, ai feudatari venne attribuito il diritto di alienare liberamente i loro feudi.
In questo modo la posizione del vassallo si configurò come una posizione di diritto
soggettivo e i benefici che aveva come vassallo divennero il suo “estate”.
In Inghilterra la legislazione prevede soltanto due tipi di estates validi per il common
law: il fee simple absolute e i leasehold. Gli altri estates sono tutelabili in equity.
30
Il fee simple absolute è la base del calcolo degli estates, in quanto si tratta di una
situazione proprietaria in cui il tempo di durata è illimitato, il potere di disporre è illimitato
ed il godimento è quello massimo stabilito dall‟ordinamento giuridico.
Ne consegue che da questa posizione possono essere distaccate altre posizioni minori,
purché l‟insieme di queste posizioni minore componga sempre un fee simple absolute.
Se da un fee simple absolute si distacca un fee for life (ossia un estate che dura per tutta
la vita), ciò significa che sul fondo esisteranno nello stesso momento due estates.
Di questi, il fee for life sarà un estate in possession, in quanto il godimento immediato
dell‟utilità spetta al suo titolare; il fee simple absolute sarà un estate in expectancy, in
quanto il godimento sarà rinviato alla scadenza dell‟estate for life. Entrambi però possono
essere alienati, divisi, concessi in garanzia.
Inoltre occorre sottolineare la nozione originaria di investitura rende l‟attribuzione
compatibile con qualsiasi condizione risolutiva e concettualmente incompatibile con
qualsiasi condizione sospensiva.
Accanto agli estates che derivano dai rapporti feudali, detti freehold estates, esiste un
altro di estates che deriva da rapporti fondiari a carattere commerciale i quali per
opposizione sono denominati non freehold estates.
Nel Medioevo quando un Lord intendeva procurarsi denaro liquido poteva prenderlo a
prestito e concedere il suo feudo in godimento al creditore per un determinato numero di
anni quanti erano necessari a ripagare il debito (leasehold) oppure poteva concederlo in
godimento in cambio di una rendita.
Il leasehold presenta una posizione ambigua sotto il profilo classificatorio, in quanto
esso, sotto il profilo dei rimedi, è assimilato alla real property ma la classificazione
tradizionale lo inserisce nella personal property, nella quale occupa la posizione dei
chattels real.
Infatti, all‟interno della pesonal property si distinguono due categorie:
- chettels real che comprende soltanto il leasehold;
- chattels personal che comprende tutti gli oggetti della personal property in senso
stretto.questa categoria si suddivide in
o choses in action (ad esempio, diritto di autore, avviamento commerciale)
o choses in possession, nella quale si collocano i goods ed il denaro.
Tornando alle vicende storiche delle colonie originarie, occorre sottolineare che si è
verificato, non soltanto una intensa ricezione del modello giuridico inglese, ma anche un
profondo influsso di cultura europea non religiosa, veicolato essenzialmente dalle opere
dei giusnaturalisti e degli illuministi.
La dichiarazione di indipendenza, approvata il 4 luglio 1776, è un documento
chiaramente ispirato alla filosofia di Locke, , in cui si manifesta l‟intenzione dei padri
32
fondatori di dotare la nuova Nazione di ideali universali incentrati sul riconoscimento e sul
rispetto dei diritti umani.
La visione del mondo veicolata dalla cultura illuministica era caratterizzata da una forte
vocazione verso l‟organizzazione istituzionale.
Nel 1787, si riunì a Philadelphia una Convenzione, composta dai rappresentanti di 12 Stati,
al fine di elaborare una nuova forma di governo federale.
La Costituzionale federale americana è un documento di altissimo livello intellettuale
in cui è presente un atteggiamento scettico verso la capacità di autogoverno delle masse,
tipico del sentimento aristocratico, coniugato con l‟ottimismo illuminista il quale induceva a
pensare di poter controllare le spinte irrazionali degli uomini mediante l‟utilizzo della
ragione. Il suo contenuto presenta 3 punti di equilibrio:
1. L‟equilibrio all‟interno del sistema di governo federale con l‟adesione alle teorie di
montesquieu sulla divisione dei poteri -> il sistema di governo federale venne
suddiviso in 3 poteri indipendenti che si possono controllare a vicenda:
o Il potere esecutivo è affidato al Presidente degli Stati Uniti, eletto per 4 anni.
Formalmente la nomina avviene per opera di un collegio di grandi elettori ma in
realtà si tratta di elezione popolare diretta. Il Presidente nomina i propri ministri ed i
propri funzionari federali (compresi i giudici federali). Queste nomine devono essere
ratificate dal Senato.
o Il potere legislativo è affidato al Congresso, organo bicamerale composto da una
Camera dei Rappresentanti (eletta per 3 anni) e da un Senato (eletto per 6 anni).
Tuttavia, il Presidente può opporre il suo veto alle leggi votate dal Congresso ed in
questa caso il Congresso può riapprovarle soltanto con una maggioranza qualificata
di 2/3.
o Il potere giudiziale federale è affidato ai giudici, nominati dal Presidente con
l‟approvazione del Senato. Essi rimangono in carica a vita.
2. L‟equilibrio tra i poteri assegnati al sistema di governo federale rispetto a quelli
mantenuti dai singoli Stati facenti parte dell‟Unione -> si stabilì che i membri della
Camera dei Rappresentanti venivano eletti in base alla popolazione e che ciascuno Stato,
indipendentemente dalla sua popolazione, inviava due senatori al Senato. Inoltre, al fine di
tutelare la Costituzione dagli emendamenti del Congresso federale, essa fu prevista come
una Costituzione assolutamente rigida, per modificare la quale è necessario ricorrere ad un
procedimento legislativo aggravato, nel cui corso si dovette ottenere l‟approvazione di 3/4
degli Stati.
3. L‟equilibrio tra il principio maggioritario e la tutela dei diritti individuali ->I
costituenti manifestarono l‟intenzione di elaborare un sistema di governo idoneo a
garantire il rispetto dei diritti individuali (in primo luogo, la proprietà) contro i possibili esiti
estremi della democrazia rappresentativa, anche se questi politicamente rappresentavano
interessi minoritari. Essi erano tanto convinti di essere riusciti nell‟intento che omisero di
inserire nel testo costituzionale un elenco di diritti umani inviolabili.
33
Alcuni dei più influenti redattori del testo della Costituzione federale (e tra essi soprattutto
Madison), sostenevano che il diritto sostanziale dovesse essere il common law e che
questo tutelasse in maniera adeguata i diritti individuali.
Il pericolo era quindi che il common law venisse derogato dalla legislazione votata
da assemblee elettive. Contro tale pericolo a livello di assemblee statali, la Costituzione
sottrasse alla competenza degli Stati i rapporti di debito-credito, proibendo ad essi di
battere moneta, emettere titoli di debito, emanare leggi retroattive o leggi che limitano le
obbligazioni derivanti da contratto.
Rispetto allo stesso pericolo, a livello di sistema di Governo federale, la Costituzione invece
non prevede alcuna misura esplicita. Tuttavia essa disegna un processo legislativo in cui
per emanare una legge federale occorre trovare un compromesso tra un numero
così elevato di interessi diversi da rendere quasi inagibile la legislazione come
strumento di riforma del diritto privato.
I costituenti speravano che da un simile processo legislativo potessero derivare soltanto
leggi politiche e non leggi civili, in quanto i diversi centri di interesse non si sarebbero mai
coordinati per derogare al common law.
Dunque la Costituzione federale, al fine di trovare un equilibrio tra il principio
maggioritario e la tutela dei diritti individuali delle minoranze politiche, non si ispira all‟idea
della volontà generale la quale si manifesti in un‟Assemblea nazionale.
Per conseguenza, essa respinge anche l’idea della legge come strumento di
manifestazione dell’onnipotenza della Nazione; al contrario, si adopera per limitare
il principio maggioritario, suddividendo i centri di poteri legislativo.
Per tutto il XIX secolo, il disegno di Madison per equilibrare la democrazia con il
rispetto dei diritti individuali mediante la struttura di governo è stato rispettato e la
legislazione federale è rimasta essenzialmente una legislazione politica e non
civile. In questo periodo, il common law si è sviluppato e consolidato come diritto
nazionale degli Stati Uniti d‟America.
Nel XX secolo però la maggioranza degli americani ha voluto che la legislazione
divenisse direttamente o indirettamente la fonte principale del diritto.
In queste nuove condizioni è venuta ad emergere un‟altra visione risolutiva della questione
dell‟equilibrio tra il principio maggioritario e la tutela dei diritti individuali. Visione anch‟essa
risalente al momento costituente, ma che ha dominato la vita del diritto americano
soltanto nel XX secolo.
La lacuna riguardante l‟elenco dei diritti venne presto colmata. Nel 1789, il primo
Congresso federale approvò 10 emendamenti alla Costituzione. Di questi primi dieci
emendamenti, quelli dal n.1 al n.9 sono denominati “bill of rights”, in quanto tutelano i
diritti e i valori umani fondamentali.
Occorre sottolineare che se si adotta il principio per cui la rule of law è superiore alla
volontà politica della maggioranza, e si inseriscono i diritti individuali nel testo di una
Costituzione rigida, ne risulterà che essi sono collocati ad un livello di legalità non
intaccabile da parte dei legislatori se non tramite specifico procedimento di revisione
costituzionale.
34
Quindi, il punto di equilibrio è costituito dal fatto che la maggioranza non può
legiferare secondo la sua volontà, ma deve esprimere la propria volontà politica
all’interno dei limiti stabiliti dalla Costituzione.
È compito dei giudici, i quali sono sottratti al sistema rappresentativo e dunque non
espressione della maggioranza né sottoposti ad essa, vigilare affinché la legislazione non
superi i propri confini, invadendo il territorio della legalità costituzionale.
Questa lettura della Costituzione conduceva a configurare un controllo di
costituzionalità dei giudici sulle leggi votate dal Congresso.
40
Mentre nei casi in cui i giudici federali sono competenti per ragioni soggettive, la
Costituzione non individua uno specifico diritto applicabile. Tuttavia è del tutto escluso che
il Congresso ha il potere di legiferare nelle questioni in cui la competenza giurisdizionale è
federale soltanto per ragioni soggettive.
Il Judiciary Act del 1789 prevedeva che i giudici federali dovevano applicare the laws of
the several States. Nel 1842, la Corte Suprema federale ritenne che la parola laws
significasse legge in senso formale, ossia statutes secondo il linguaggio americano.
Pertanto, essa decise che in materia commerciale, qualora il diritto dello Stato in questione
non contenesse una disposizione legislativa relativa ad una determinata controversia, il
giudice federale doveva utilizzare non il common law dello Stato, ma un common law
federale.
Al riguardo, occorre sottolineare che riferirsi al common law dello Stato significava che i
giudici federali si sarebbero attenuti ai precedenti giurisprudenziali di quello Stato,
considerandoli vincolanti secondo il criterio dello stare decisis.
Riferirsi ad un common law federale significava invece che spettava ai giudici federali
creare il diritto qualora gli Stati non avevano legiferato e che quindi il potere di guidare lo
sviluppo del diritto spettava alla stessa Corte Suprema Federale.
Il caso Swift vs Tyson fece riflettere sul fatto che il diritto commerciale è uni versabile e
sarebbe assurdo fare riferimento al diritto di un singolo Stato. Ma altre due sono le
motivazioni rilevanti riguardo il riferimento a un diritto di common law federale:
- una ragione di opportunità -> le corti statali dell‟800 erano ancora poco attrezzate
tecnicamente.
- Il diritto sostanziale doveva essere unico, come espressione di una sola nazione, ed
era spontaneo quindi applicare sempre lo stesso diritto.
Proseguendo per questa linea nel tempo si creò una duplicazione di regole
giurisprudenziali, con la conseguenza che una stessa questione potesse essere risolta in
modo antitetico a seconda che entrasse in gioco il fattore della diversity of citizenship delle
parti.
Successivamente la stessa Corte Suprema. Con il caso tompkins eliminò l‟idea di un
common law federale, dichiarando che la imposizione di un common law federale
è incostituzionale.
Infatti, un sistema federale di common law richiede un duplice livello di rinvio.
Quando il sistema dispone che il giudice federale competente per ragioni soggettive
applichi il diritto dello Stato in cui è collocato, ciò significa che esso è vincolato sia alla
legge formale in vigore in quello Stato, sia al diritto creato dai giudici di quello Stato, in
quanto entrambi sono espressione del modo di essere quella comunità statuale.
Il sistema delle fonti federali e statali del diritto americano attuale si articola nel
modo seguente:
- Esiste un diritto federale di origine legislativa. Esso disciplina materie quali il
diritto pubblico dell‟economia, la tutela dell‟ambiente e del consumatore,
l‟insolvenza, la navigazione, i contratti di lavoro. In questi ambiti si applica la c.d.
41
supremacy clause, in base alla quale il diritto ed i giudici statali danno la
precedenza al diritto federale. Ciò ha due implicazioni:
o la norma federale prevale su quella, eventualmente antinomica, che sia stata
emanata dal legislatore statale.
o nella applicazione delle norme federali, il giudice statale deve attenersi ai
precedenti giurisprudenziali dei giudici federali e recepirli secondo la loro
gerarchia.
- In tutte le altre materie si applica il diritto del singolo Stato in cui la corte
federale adita si colloca. Tuttavia tale diritto comprende anche le norme di diritto
internazionale privato (conflict of laws) e quindi il diritto sostanziale applicabile può
essere quello di un altro Stato.
Fermo restando che il diritto applicabile comprende sia il diritto legislativo che
giurisprudenziale, è ormai canonico ritenere che ogni giudice ha potere di scelta tra le
diverse interpretazioni locali. È inevitabile che il giudice sia doppiamente vincolato dalla
legge in senso formale e dalla giurisprudenza in questione, tuttavia non può essere
ridotto alla condizione di bocca inanimata che ripete i precedenti altrui.
Il collante di un sistema federale consiste nel consentire che il giudice di uno Stato
possa ispirarsi alla giurisprudenza di un altro Stato, se questa gli pare particolarmente
persuasiva. Il rispetto del rigido criterio del precedente all‟interno di una singola
giurisdizione di ciascuno Stato renderebbe più difficilmente rimediabili gli errori commessi
da qualche giurisprudenza statale.
Le Corti supreme dei singoli Stati hanno sempre evitato di dichiararsi vincolate ai
propri precedenti ed hanno seguito il modello della Corte suprema federale la
quale ha sempre ammesso di disporre del potere di overruling, ossia il potere di
ribaltare una propria decisione precedente, dichiarando che questa precedente pronuncia
è da considerarsi errata.
Il giudici inferiori devono seguire le decisioni dei giudici superiori, anche se la flessibilità
del sistema comporta la valutazione del singolo precedente. In un simile contesto, le Corti
americane hanno adottato tecniche innovative, quale ad es. la tecnica denominata
“prospective overruling”. Essa consente di conciliare due esigenze opposte:
- da un lato, la giustizia del singolo caso;
- dall‟altro, la necessità di adeguare il common law.
La Corte statuendo il diritto riconosce la regola nuova, ma nel contempo applica alla
controversia da decidere la regola precedente, in quanto la condotta oggetto del giudizio è
stata posta in essere in un momento in cui le parti facevano legittimo affidamento sulla
sua esistenza. Questa tecnica tuttavia non riesce a rendere completamente giustizia.
Infatti, la parte soccombente si sente dire che la regola in base alla quale perde la causa è
sbagliata e viene applicata per l‟ultima volta proprio nel suo caso.
Dunque spesso la tecnica del prospective overruling viene impiegata dopo che le Corti
hanno già manifestato in diversi modi l‟insoddisfazione per la regola esistente (ad es.,
42
invocando l‟intervento del legislatore). In questo modo la parte soccombente viene
preavvisata circa lo stato del diritto e la sua prevedibile evoluzione.
In ogni caso la tecnica del prospective overruling è adottata soltanto in quelle materie,
come la proprietà e i contratti, in cui l‟esigenza di proteggere l‟affidamento nella certezza e
conoscibilità del diritto è più alta.
Da tutto ciò consegue che il criterio della stare decisis si configura negli Stati Uniti
come una concretizzazione del principio generale di certezza e prevedibilità del
diritto e come tale esso deve essere bilanciato con gli altri principi che tutelano la
giustizia e la coerenza complessiva.
Inoltre, occorre sottolineare come nell‟esperienza americana si assiste ad un diffondersi
dello stile delle opinioni separate di ciascun giudice. Fermo restando che l‟opinione dei
giudici è la loro opinione personale, sino alla fine del XX secolo si preferiva che le Corti
emettessero opinioni unanimi. Normalmente si trattava di opinioni scritte da un giudice, al
quale tutti gli altri aderivano. Le opinioni dissenzienti, espressione di una minoranza di
giudici contrari alla decisione assunta, erano piuttosto rare.
È stato lo stile della Corte suprema federale, nella quale nel XX secolo le opinioni
dissenzienti sono divenute quasi una regola, a segnare un mutamento di tendenza.
Accanto alle opinioni dissenzienti, si sono poi sviluppate le opinioni concorrenti,
mediante le quali un giudice, il quale ha votato con la maggioranza al fine di formare la
decisione, motiva la sua adesione con ragioni diverse da quelle espresse dagli altri
componenti della maggioranza.
In questo contesto, la distinzione tra ratio decidendi ed obiter dicta è avviata ad un rapido
tramonto.
Oltre la presenza della Costituzione, anche negli Stati Uniti, i Parlamenti hanno sempre
legiferato. Pertanto, il formante legislativo è stato in ogni tempo presente nel
sistema delle fonti ed è stato continuamente affermato il principio per cui la legge in senso
formale deve essere applicata fedelmente dai giudici.
Le tecniche interpretative si presentano in modo sensibilmente diverso in funzione del
ruolo che la legislazione svolge all‟interno dei rapporti tra i formanti del sistema.
Il XIX secolo non fu un periodo di notevole incisività degli interventi legislativi. Di
conseguenza, anche le teorie interpretative non furono oggetto di discussione.
Al contrario, nel XX secolo, si è assistito ad uno sviluppo quantitativamente rilevante della
legislazione, in seguito al ruolo attivo assunto dallo Stato nella disciplina degli aspetti
economici e sociali della comunità.
Il diritto dello Stato interventista è un diritto rivolto ai grandi apparti pubblici i quali
necessitano di norme scritte per funzionare adeguatamente. Inoltre, lo strumento
legislativo è stato ampiamente utilizzato a fini di uniformazione del diritto all‟interno del
sistema federale, attraverso l‟elaborazione di leggi modello da proporre ai legislatori dei
diversi Stati affinché le adottino come loro legge interna.
Ad es., l’Uniform Commercial Code, adottato in tutti gli Stati del sistema federale,
disciplina in modo uniforme i contratti commerciali ed in primo luogo la vendita mobiliare.
43
Esso ha la struttura e il contenuto di un Codice europeo, si compone di nove articoli ed è
strutturato in modo da seguire le varie fasi di una negoziazione commerciale:
1- fissa le regole ermeneutiche.
2- Sulla vendita immobiliare.
3- 4- 5- promesse e e mezzi di pagamento.
6- 8- eventualità correlate ad una negoziazione commerciale.
7- trasporto, deposito e titoli rappresentativi di merci.
9- garanzie immobiliari.
Dopo la prima versione, redatta nel 1952, sono seguiti modifiche ed aggiornamenti
parimenti uniformi. Tuttavia, poiché queste revisioni devono essere poi adottate come
leggi dai diversi Stati e non accade mai che questi procedano all‟unisono, è inevitabile che
diverse versioni siano in vigore nei diversi Stati nello stesso momento.
L’uniformità e la sistematicità delle previsioni dell‟UCC impone alle Corti un
procedimento interpretativo che tenga conto del funzionamento dell‟insieme e non
solo dell‟analogia con casi simili precedentemente giudicati.
Nell‟età degli Statutes, i giudici hanno dovuto procedere ad una revisione radicale dei
canoni ermeneutici tradizionali. Infatti, secondo la teoria tradizionale uno Statute
viene emanato dal Parlamento per correggere un difetto del common law. Per interpretare
la legge occorre quindi seguire il testo letterale. Se questo non è chiaro, l‟interprete deve
identificare il difetto del common law che si è voluto correggere.
Queste semplici regole esauriscono le tecniche interpretative in senso stretto,ma la teoria
per cui la legge è emanata per correggere un difetto di common law, impone il divieto di
applicare per via analogica le sue previsioni. Però le applicazioni interpretative di un
provvedimento legislativo verbalizzate in sentenze non perdono la loro efficacia vincolante,
ma vengono inglobate nel tessuto del diritto giurisprudenziale.
Questa teoria ermeneutica non si è mai del tutto applicata alla Costituzione, la quale ha
costituito la fonte di un modello di interpretazione alternativo a quello
tradizionale del common law. Oggi questo modello alternativo è applicato in qualche
misura all‟intero settore del diritto a base legislativa.
Il testo della Costituzione viene configurato come un insieme di principi, ciascuno
dei quali ha la sua base in una espressione verbale che ricorre nel testo e che viene
denominata “clause”. Su ognuna di queste singole clausole, si è sviluppata nel tempo una
interpretazione giurisprudenziale.
Tuttavia, per quanto riguarda i criteri ermeneutici, tra i giuristi americani non vi è
completo accordo:
- Alcuni sostengono che l‟unico modo giustificabile di intendere la Costituzione è
quello di ricollegarsi all‟intenzione originaria dei costituenti.
- Altri invece ritengono che sia perfettamente giustifica una interpretazione estensiva
dei diritti umani previsti dalla Costituzione.
44
La Corte suprema federale oscilla, a seconda della sua composizione, tra una tendenza
attivista nel settore dei diritti umani, la quale l‟ha condotta ad elaborare nuovi diritti della
personalità non previsti nel testo, ed una tendenza meno creativa.
La dottrina accademica insiste affinchè il procedimento ermeneutico sia integrato
mediante l‟inserimento di un altro elemento che proviene dall‟esperienza di common law,
cioè il controllo sulla coerenza complessiva delle regole operazionali con la costellazione
dei principi fondamentali che reggono il sistema iuris.
L’esperienza di civi law è derivata, non dal potere politico e dalla sue strutture di
governo, ma dalle lacune di queste strutture ed indipendentemente da ogni potere
politico. Il sistema di civil law si basa su una comunità di cultura e su un insegnamento
accademico che diviene ordinamento.
La radice dell’esperienza di civil law si colloca nella metamorfosi di un insegnamento
accademico che diviene ordinamento. Occorre capire come si realizza tale metamorfosi.
Era improponibile nell‟11 sec il modello dell‟antichità classica, così come quello
altomedievale. Tale situazione storica favorì lo sviluppo della scientia iuris. Bologna fu la
prima sede in cui si prese ad analizzare in modo scientifico il corpus iuris giustinianeo e a
divulgare i risultati di ciò. (fu Irnerio il primo maestro che fece pubblico insegnamento al
riguardo). Nei secoli 12 e 13 la presenza di moti studenti stranieri a Bologna fece
richiedere una loro organizzazione in due università:
- Una di citramontani, divisi nelle 4 nationes formate da Lombardi, Toscani, Campani
e Romani.
- Una di ultramontani, che raggruppava 12 nationes europee.
Questo successo di pubblico mise in luce il carattere pratico dell‟insegnamento di quei
maestri che coordinavano il Corpus iuris con glosse di commento.
46
Lo studio delle Pandette (parti in cui è diviso il corpus iuris giustinianeo) mostrava come le
esigenze del tempo richiedessero ordine, regole, procedure, per regolare l‟andamento
caotico dell‟europa. La capacità di pensare ai problemi istituzionaliin termini di logico
ordine mentale costituiva un bagaglio tecnico prezioso.
Quindi Nel XII secolo la necessità che si manifestò in Europa continentale era la
medesima di quella presente in Inghilterra: disciplinare i rapporti umani secondo
regole e procedure prestabilite e non in base a semplici rapporti di forza.
Mentre in Inghilterra questa necessità venne soddisfatta prima dal potere regio e poi dalla
categoria di giuristi che si sviluppò attorno alle Corti regolarmente istituite, in Europa
continentale l‟evoluzione fu meno lineare, in quanto mancava l‟autorità in grado di istituire
Corti e di fare rispettare le sentenze. L‟osservanza del diritto doveva essere conquistata in
altro modo. Tuttavia i protagonisti della scienza del diritto erano tutti personaggi privati,
essendo soltanto professori di università da essi stessi istituite.
Dunque occorreva individuare una legittimazione a proclamare un diritto
destinato all’osservanza da parte dei consociati, quando coloro che lo proclamavano
non erano rivestiti di alcuna autorità al riguardo. A tal fine, si decise di fare riferimento
all’autorità della scienza, ritenuta il tramite per il raggiungimento della verità. In
questo contesto, fu essenziale il lavoro di ricostruzione filologica e sistematica compiuto
sul Corpus Juris di Giustiniano.
L’attività del giurista venne ad identificarsi come un‟attività rivolta alla spiegazione di
un testo. Il giurista rinasce in Europa continentale come interprete dotto. “Interprete”
perché il suo ius dicere non è un trovare le regole secondo saggezza ed esperienza, ma
partendo da un testo cui viene attribuita un‟auctoritas. “Dotto” perché la tecnica
dell‟interpretazio è scandita da strumenti intellettuali.
I giuristi ed in primo luogo Irnerio interpretarono in modo geniale il desiderio medievale di
una renovatio, ossia l‟aspirazione a ripartire dall‟esperienza romana verso nuovi orizzonti.
Egli configurarono il diritto giustinianeo come un diritto legittimamente posto la cui
ispirazione derivava da Dio e mediante l‟attività interpretativa elaborano soluzioni
giuridiche idonee a soddisfare le esigenze attuali.
L’interpretazione avviene secondo un metodo scientifico, è parte del diritto ed è
necessaria, in quanto introdotta nell‟ordinamento dal ius gentium, che rappresenta un
ambito intangibile e immanente del diritto. Inoltre, l‟attribuzione del testo ad una
ispirazione divina abilitava i suoi interpreti a svolgere un ruolo quasi sacerdotale,
accentuando l‟imitazione del paradigma offerto dalle Sacre Scritture.
Dunque occorre sottolineare che, mentre il common law nacque incompleto, in quanto
costituito da rimedi eccezionali, il diritto dell‟Europa continentale si presentò come un
sistema già tendenzialmente esaustivo, con la conseguenza che i giuristi furono condotti
verso la sistematica.
Commentando e analizzando il corpus si mise in luce che esso poteva comporre in un
sistema, in un modello di ordine che non era la riproduzione del diritto romano, ma si
collocava in una dimensione tipicamente universale, sottratto ai condizionamenti delle
opportunità locali per potersi proporre come sistema valido per ogni luogo.
47
L‟interpretazione del testo giustinianeo quindi non poteva essere letterale.
Si ripropose quindi il problema della legittimazione di un ius dictum apertamente
svincolato dal testo.
Dalle modalità con cui la scientia iuris è pervenuta a legittimare se stessa in quanto
formante stabile della tradizione di civil law si è giunti ad alcuni lasciti perenni a questa
tradizione:
- Distinzione tra struttura formale e contenuto sostanziale della decisione giuridica:Il
diritto come applicazione di norme. La sentenza del giudice è un‟operazione di
sussunzione, completamente di quel giudizio logico già contenuto ipoteticamente
nella norma generale o nel sistema dei principi giuridici.
- La giurisprudenza viene vista come una scienza teoretica, dotata di un paradigma
scientifico, esterno ad essa, e su questo registro ha adeguato i propri metodi e stili
di indagine (es.usando tecniche filologiche, pensieri razionalistici,
[Lo jus commune del XVI secolo si basa sull‟auctoritas dell‟interpretazione che si allontana
dal testo giustinianeo. Lo jus commune presenta 3 fonti: il diritto giustinianeo; il diritto
canonico; l‟interpretazione dei giuristi.
Esso è composto da due elementi inscindibili:
- la validità, che riguarda il diritto imperiale e pontificio;
- l‟effettività, che riguarda l‟interpretazione, la quale rende vivo il diritto imperiale e
pontificio.]
nel XI secolo vi fu anche la c.d. riforma gregoriana della Chiesa cattolica, la quale fornì
all‟Europa il modello di una organizzazione complessa che si regge in base al diritto. Il
carattere universale dell’organizzazione ecclesiale garantì al diritto canonico, in
quanto diritto ufficiale della Chiesa di Roma una più rapida e capillare diffusione rispetto al
ius civile. Per cui il diritto canonico in molte parti d‟Europa spianò la via alla ricezione del
ius civile.
L‟apporto maggiore del diritto canonico però si ebbe nella struttura del processo. Per
garantire in concreto una decente legalità il diritto canonico adottò uno schema rigido di
procedimento disciplinato in forme prefissate, secondo una meccanica rigorosa in cui si
prevedevano termini per il passaggio da una fase all‟altra. Si prevedeva ogni possibile
questione pregiudiziale preliminare, probatoria , prima di passare alla fase successiva.
Tutta la procedura doveva sostanziarsi in atti scritti ed il giudizio verteva su quanto
risultava dagli atti del processo, con esclusione di qualsiasi altra fonte.
Il ius commune viene ricordato per il suo carattere unitario. In realtà vi erano delle
diversità di metodo e di stile espositivo, ma vi era quel diritto romano comune alla base
che manteneva una tradizione culturale più o meno uniforme.
Nei secolo 17°e 18° vi fu una forte corrente culturale che riuscì ad abbracciare tutta
l‟Europa esercitando una forte influenza anche in Inghilterra e poi negli Usa. Cioè il
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giusnaturalismo moderno, definito anche giusrazionalismo che pone le premesse
culturali della codificazione.
Esso fornisce le basi teoriche di un diritto fondato sulla ragione e affrancato da
preoccupazioni teologiche e religiose. La sua analisi viene condotta sulla base della logica
e della la ragione, elementi che si sostituiscono all‟etica ed alla teologia, in quanto non più
funzionali.
Ugo Grozio, (considerato il padre del diritto internazionale moderno) riconobbe infatti
nella razionalità intrinseca negli esseri umani una saldatura tra la visione umanistica che
aveva posto l‟uomo al centro della vita sociale ed il razionalismo gnoseologico comune
all‟atteggiamento scientifico di Galileo. Il punto di partenza essenziale era rintracciato nel
fatto che l‟uomo è naturalmente portato ad organizzare i propri rapporti sociali. Questa è
la molla che lo spinge ad uscire dallo stato di natura per entrare in rapporti civili. Una
regola è valida in quanto condivisa dalla comunità ed è condivisa quando è formulata
secondo ragione.
Fino a Grozio i giuristi avevano sempre seguito la sistematica delle Istitutiones
giustinianee, ma ciò non poteva coincidere con il sistema di diritto naturale pensato more
geometrico. L‟esposizione sistematica delle regole di diritto non era più un problema
collegato alla leggibilità del sistema giuridico inteso come un insieme tendenzialmente
coerente, ma era la garanzia della legittimità razionale della regola stessa.
Il 18°secolo fu l‟epoca della grande crisi del diritto comune. Grande perché si tratta di
una crisi duplice: - Crisi di legittimità. -Crisi di funzionamento.
Sono due aspetti strettamente collegati, ma la crisi del funzionamento degli apparati di
giustizia è la prima che viene percepita.
Nel 18 sec infatti erano state istituite Corti Supreme o Grandi Tribunali, con funzioni
giurisdizionali, ma anche amministrative, cmq in generale di controllo della legalità
statuale. Con il trascorrere del tempo quei giuristi acquistarono indipendenza dal sovrano,
finendo per contrastarne l‟azione.
Questo è un itinerario simile a quello sviluppato in Inghilterra in cui i giudici di common
law furono tra i protagonisti della lotta contro gli Stuarts.
In Europa continentale i giudici difesero una legalità che si incarnava nel rispetto della
tradizione, che comprendeva i loro privilegi.
[Nel XVIII secolo gli Stati europei avviano rilevanti riforme strutturali coadiuvati dalla
riflessione teorica dei filosofi illuministi.
Si instaura una stretta collaborazione tra sovrani e filosofi, i cui intenti derivanti da
motivazioni diverse finiscono per coincidere.
L‟espressione “assolutismo illuminato” indica un sistema monarchico che utilizza in
qualche misura le istanze che provengono dalla filosofia illuminista.
I sovrani -> individuano nella filosofia illuminista un valido strumento di legittimazione
della propria politica assolutistica.
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I filosofi -> individuano nella politica dei sovrani la possibilità di realizzare concretamente
le proprie aspirazioni.
I sovrani ->intendono eliminare i poteri e le strutture intermedie che li separano dal potere
diretto su tutti i sudditi.
I filosofi –>considerano le strutture intermedie come fonti di privilegi e discriminazioni, le
quali non garantiscono assetti giusti e una eguale distribuzione delle risorse.
Dunque, si afferma l‟esigenza di accentrare il potere in un unico soggetto e di semplificare
il sistema giuridico attraverso l‟unificazione dei soggetti giuridici e la codificazione.
L‟edificazione del nuovo ordine giuridico sostenuta dagli illuministi (Voltaire afferma:
Volete avere buone leggi, bruciate le vostre e fatene di nuove) non fu il riflesso della
ragione universale.
Ogni Stato elaborò il proprio sistema adattandolo alle proprie necessità specifiche.
Questi sistemi divennero i diritti nazionali, fortemente differenziati nelle strutture
complessive, negli stili e nelle soluzioni giuridiche.
7. IL MODELLO FRANCESE.
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Quindi l’idea di legalità si rinveniva nella capacità di promuovere una più perfezionata
organizzazione pubblica in cui i comandi provenienti dal vertice trovassero più affidabile
esecuzione.
Nel tentativo di riorganizzare lo Stato, in modo da tenere a freno l‟autonomia dei feudatari,
i sovrani francesi del XVI secolo ebbero l‟idea di sfruttare le capacità razionalizzatrici
dei giuristi, i quali furono chiamati a comporre i Parlaments (corti di giustizia e
amministrazione), sostanzialmente simili a quelli inglesi. Ciò fu favorito dalla fioritura nello
stesso secolo di talenti giuridici provenienti dalla scuola francese dei Culti.
La politica di reclutamento dei funzionari e parlamentari tra i giuristi contribuì a formare un
ceto sociale definito “noblesse de robe”, nobiltà di toga, che si contrapponeva alla
“noblesse d‟èpèe”, nobiltà feudale.
In sostanza i giuristi vennero arruolati al servizio dello Stato seguendo un disegno di
accentramento del potere statuale.
Nel XVI secolo, il diritto civile comune nel regno di Francia risulta divisa in due aree:
- Paesi di diritto scritto nelle regioni meridionali, la tradizione giuridica romana
(costituita dalla Lex romana Wisigothorum e dalla Lex romana Burgundionum)
prevale sul diritto di matrice germanica e sostanzia le consuetudini locali. Qui il
diritto giustinianeo è considerato ius commune con funzioni di diritto positivo, a
carattere sussidiario nei confronti delle consuetudini locali che assumono il ruolo di
iura propria.
- Paesi di diritto consuetudinario nelle regioni settentrionali, le consuetudini esprimono
un carattere prevalentemente germanico. Qui il diritto giustinianeo ha una funzione
di carattere culturale e fornisce principi e tecniche del ragionamento giuridico sia
per le scuole sia per la pratica.
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Si sviluppò dunque la coscienza dell‟esistenza di un diritto comune consuetudinario da
opporre al diritto romano comune e di cui i Parlamenti divennero i custodi.
Nell‟atmosfera culturale della Francia del XIX secolo, in cui si sosteneva l‟equazione diritto
uguale legge, l’esigenza di integrare ed adeguare il testo codicistico è stata svolta
dalla giurisprudenza senza proclamazioni superflue e attraverso uno stile piuttosto
prudente.
Nella sua struttura, la sentenza francese appare come una applicazione esemplare dello
schema sillogistico, in quanto comprende sempre nella premessa l‟indicazione della norma
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di legge applicabile, cui segue il fatto da sussumere nella norma e la sintesi rappresentata
dal dispositivo. Nella realtà non è cosi perché tutta la motivazione è spesso contenuta in
una unica frase. Dunque non vi è alcuno spazio per analizzare il senso della norma, né per
analizzare il fatto e le ragioni addotte dalle parti.
In sintesi, la struttura della sentenza francese rende la motivazione simile ad una formula
codicistica, anche se dotata di maggiori particolari.
Essa infatti contiene soltanto la fattispecie più l‟effetto giuridico, inserendo nel mezzo il
richiamo alla norma di legge, ma senza alcuna spiegazione.
Nel XX secolo, l‟insufficienza del metodo esegetico divenne in Francia sempre più evidente
e meno sopportabile. I giuristi così iniziarono a praticare metodi di studio ed esposizione
del diritto che tenessero in più elevato conto la logica e la sistematica concettuale.
Vennero pubblicate opere in cui si ponevano questioni legate al sistema del diritto anziché
al testo letterale del Codice.
La dottrina francese oggi afferma di seguire la Scuola Scientifica. Il suo fondatore
François Gény negava che il diritto coincidesse con la legge, riconosceva una pluralità
di formanti ma affermava il primato della legge su ogni all’altro formante ed il
giurista deve rimanere un interprete del diritto.
Accanto al primato della legge si possono riconoscer altre fonti secondarie, ad iniziare dalla
giurisprudenza. Fu merito della giurisprudenza l‟aver mantenuto aggiornato un
ordinamento formalmente basato su codici invecchiati di oltre un secolo.
Il riconoscimento della giurisprudenza come formante essenziale del sistema non indusse i
giudici francesi a mutare lo stile lapidario delle loro motivazioni, tanto concise da risultare
spesso incomprensibili.
Dal 1958, la Francia si è dotata di una Costituzione rigida, nel senso che essa prevede
un procedimento speciale per la propria revisione ed un organo, il Consiglio
Costituzionale, che controlla sulla costituzionalità delle leggi votate dal Parlamento.
A lungo la tradizione costituzionalistica francese è apparsa orientata verso il principio della
costituzione flessibile e caratterizzata da una marcata instabilità degli assetti costituzionali.
Le 10 costituzioni che hanno retto la Francia dal 1791 al 1946 erano tutte destinate a
disciplinare il modo in cui la volontà nazionale dovesse esprimersi. Il radicamento dei
principi di libertà ed uguaglianza è avvenuto per via di fatto. Solo nella Costituzione voluta
da De Gaulle (1958) si è assistito ad un mutamento di prospettiva in larga misura
addebitabile alla volontà del costituente di imbrigliare il regime partitico-parlamentare.
Era necessario prevedere un organo che potesse imporre al Parlamento il rispetto della
Costituzione in materia di ripartizione della competenza normativa. Tale organo fu
individuato nel Conseil constitutionnel., le cui funzioni inizialmente erano dedicate in
minima parte al sindacato di costituzionalità sulle leggi . via via il controllo operato dal
Conseil constitutionnel si andò estendendo.
Nell‟attuale assetto costituzionale francese si è ancora lungi dallo stabilire quella
preminenza del testo costituzionale sulle leggi ordinarie che caratterizza l‟assetto delle
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fonti in altri sistemi giuridici. Il dato da sottolineare è che il ricorso per la tutela dei
diritti e delle libertà fondamentali deve essere presentato tra l‟approvazione della
legge e la sua promulgazione. Una volta promulgata la legge non è più sottoposta ad un
vaglio di costituzionalità, se non ad opera del Governo che intende accertare il carattere
regolamentare al fine di potere modificare la legge stessa con proprio decreto.
Si tratta di un controllo di costituzionalità preventivo che in quanto tale non riguarda
la legge già entrata in vigore, ma soltanto un testo normativo già approvato.
La questione di costituzionalità non può essere sollevata nell‟applicazione ordinaria
delle leggi.
Una caratteristica del sistema francese delle fonti consiste nella separazione tra la
normativa affidata alle legge votata dal Parlamento e la normativa
regolamentare affidata al Governo.
Secondo l‟art. 34 Cost., il settore della legislazione riguarda un determinato numero di
materie, quali ad es. i diritti civili e politici, la difesa nazionale, la fiscalità, la posizione dei
magistrati, i principi fondamentali in tema di proprietà, diritti reali, obbligazioni civili e
commerciali.
Secondo l‟art. 37 Cost., le materie diverse da quelle elencate dall‟art. 34 hanno carattere
regolamentare. Quindi, il “domaine de loi” è fissato in modo tassativo, mentre le materie
affidate ai regolamenti sono tutte quelle residuali. Tuttavia anche nelle materie disciplinate
con legge è ammessa l‟emanazione di regolamenti di attuazione.
Il potere regolamentare si suddivide dunque in:
- potere regolamentare autonomo
- potere regolamentare suppletivo.
Inoltre il Governo ha il potere di emanare, per delega del Parlamento, ordinanze in
materie riservate alla legge.
Per quanto riguarda i meccanismi costituzionali di protezione della sfera regolamentare,
l‟art. 41 Cost. prevede che il Governo possa sollevare questione di irricevibilità circa
una proposta di legge o un emendamento che fuoriescano dal domaine de loi.
In caso di disaccordo tra il Governo ed il Presidente della Camera interessata, la questione
è decisa dal Consiglio Costituzionale.
Tuttavia, è da rilevare come i Governi spesso non sollevano la questione di irricevibilità,
anche se è stato invaso in modo evidente il campo dei regolamenti autonomi, preferendo
che determinate discipline, sulle quali politicamente concordano, siano imposte per legge
piuttosto che per regolamento autonomo.
Dunque, la distinzione tra domaine de loi e potere regolamentare autonomo è entrata in
crisi, in quanto il Governo è l‟unico organo che può eccepire circa la natura regolamentare
di un testo legislativo.
Si assiste ad un allargamento della competenza legislativa.
La legislazione si presenta come la fonte principale di modernizzazione del diritto privato
francese.
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Oltre alla novellazione dei Codici napoleonici, occorre sottolineare il fatto che diverse
situazioni e rapporti giuridici disciplinati inizialmente dal Codice trovano oggi la loro fonte
in norme estranee al Codice stesso. Ad es., la proprietà edilizia, il contratto di locazione , il
rapporto di lavoro sono oggetti di una complessa disciplina speciale.
Si tratta sostanzialmente di Testi Unici, suddivisi in una parte legislativa ed in una parte
regolamentare. Essi sono sottoposti ad una continua opera di novellazione la quale non
permette alla dottrina di svolgere una opera di riflessione e di rielaborazione organica, ma
la obbliga ad effettuare una semplice divulgazione delle novità introdotte.
Quando si sottolinea il ruolo creativo della giurisprudenza nel sistema francese attuale, si
indica un dato che certamente esiste, ma si fa anche velo alla realtà se non si aggiunge
subito che l‟attività creativa degli interpreti continua a prosperare solo in alcuni settori non
invasi da una legislazione sempre più abbondante.
8. IL MODELLO TEDESCO.
Nel 1814, Anton Friedrich Thibaut, professore ad Heidelberg, dopo aver sottolineato la
frammentazione e la confusione del diritto vigente in Germania, affermò la necessità di
introdurre un Codice civile unitario. La sua proposta ricevette ampi consensi, in
quanto si collocava all‟interno dei sentimenti patriottici fortemente diffusi tra gli intellettuali
tedeschi, in seguito alla liberazione della Germania dall‟occupazione francese.
Tuttavia, oltre le limitate possibilità di pratica attuazione dovute alla frammentazione
politica, la ragione per cui la proposta di Thibaut non ebbe alcun seguito fu che essa e la
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sua base teorica vennero demolite dalla critica effettuata da Karl Friedrich von Savigny,
vero fondatore della Scuola storica. Lo scritto di Savigny divenne il manifesto della scuola
storica del diritto di cui egli fu considerato il padre spirituale.
La situazione di crisi della giurisprudenza tedesca in questo periodo non dipendeva solo
dalla scelta di una codificazione unitaria o meno, ma il dato più inquietante era costituito
dal venir meno del fonamento di una scienza iuris indipendente dal potere politico. Nel
1814 sarebbe stato impossibile fondare l‟autorità della scienza del diritto sulla sua propria
tradizione settoriale.
Savigny sosteneva che i tempi per una codificazione germanica non erano maturi:
occorreva, invece, sviluppare gli strumenti concettuali e le categorie sistematiche che, un
giorno, avrebbero consentito di giungere alla forma del codice civile. Questo lavoro di
natura scientifica, da affidare ai giuristi delle università, richiedeva lo studio e la
rielaborazione della tradizione del popolo tedesco (successivamente utilizzerà l‟espressione
“spirito del popolo”), ossia la tradizione “colta” del diritto comune e non la tradizione
consuetudinaria delle leggi germaniche altomedievali.
La legittimità della scientia juris non derivava dall‟autorità delle regole da essa
insegnate, né dalla scientificità del suo metodo, ma dal suo presentarsi come organo della
cultura di un popolo dotato di una precisa identità.
Il pieno successo delle tesi di Savigny risulta dal fatto che soltanto in seguito
all‟unificazione politica e ad un approfondito lavoro preparatorio, la Germania si è dotato di
un proprio codice civile.
Il manifesto di Savigny, costituito dal breve scritto “La vocazione del nostro tempo per
la legislazione e la giurisprudenza”, ebbe una enorme accoglienza.
Aderendo alla sua metodologia e ai suoi propositi, i giuristi tedeschi successivi si
dedicarono al compito di edificare una scienza ed un sistema.
Il maggior contributo a questo riguardo deve essere riconosciuto Georg Friedrich Puchta,
allievo di Savingy. Egli sosteneva che il diritto, risultato della tradizione storica, è un
organismo vivo, il quale si suddivide in parti organiche che si integrano e completano
reciprocamente. Dunque, la conoscenza sistematica del diritto permette di percepire lo
stretto legame che unisce le singole parti.
La metodologia di Puchta si caratterizzava per la metafora della piramide concettuale,
secondo la quale i concetti giuridici possono essere organizzati secondo una scala a partire
da più generali sino a più dettagliati.
Se in questo percorso si rispettano rigorosamente i criteri di deduzione logica,
evitando ambiguità e contraddizioni, si può effettuare anche il percorso inverso, di tipo
induttivo, che permette di individuare i concetti più generali a partire da quelli particolari.
Così ad es., i concetti di contratto, testamento, matrimonio, i cui effetti giuridici sono
simmetrici, conducevano a formulare un concetto generale che li ricomprendesse: ossia il
concetto di negozio giuridico, ignoto alle fonti romanistiche.
Seguendo questa impostazione, una proposizione giuridica diviene legittima
soltanto mediante il suo inserimento logico nel sistema.
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Il criterio di validazione diviene la consequenzialità logica di ogni proposizione giuridica
rispetto al tutto e questa consequenzialità viene misurata in base al principio di
contraddizione. Dunque si contestava implicitamente il rapporto dialettico tra regola ed
eccezione, sostenuto dai giuristi del jus commune.
Inoltre al fine di elaborare concetti da concetti, occorreva che ciascuno di essi fosse
definito con scientifica precisione, al fine di individuare esattamente la fattispecie
considerata.
Il lavoro continuo dei giuristi tedeschi produsse un enorme raffinamento delle idee e delle
figure giuridiche, aumentando il vocabolario giuridico. Ad es., nel diritto comune, il termine
“mandato” designava indifferentemente l‟atto attributivo della rappresentanza ed il
rapporto tra il mandante ed il mandatario. La distinzione tra “procura” e “mandato” è il
risultato di una analisi concettuale che distingue il lato interno dal lato esterno del
rapporto.
Nel 1870, con la vittoria della Francia, la Germania ottenne l’unità politica.
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L‟impero fondato da Bismark era un impero federale che non aveva necessariamente
competenza nei rapporti di diritto civile.
Successivamente, si decise di provvedere all‟elaborazione di un Codice civile unitario.
Il progetto del BGB venne approvato nel 1896 ed il Codice entrò in vigore il 1°gennaio
1900.
Inevitabili i confronti con il Code civil, tema su cui esiste una ampia letteratura:
- Sotto il profilo della forma espositiva, ossia dello stile, si afferma che il Code Civil
presenta un linguaggio comune, mentre il BGB un linguaggio fortemente tecnico. In realtà
si tratta di una esagerazione. Il linguaggio del BGB è arido è inelegante ma è preciso e
regolare.
- Sotto il profilo strutturale, il BGB è suddiviso in 5 libri, di cui:
o il primo costituisce la Parte generale con nozioni trasversali all‟intero diritto privato,
come la capacità delle persone fisiche e giuridiche, il negozio giuridico, la prescrizione.
o Il secondo libro riguarda i rapporti obbligatori e tale collocazione è da sottolineare.
Infatti la priorità data alla disciplina delle obbligazioni, in luogo di quella assegnata ai
diritti reali come nel Code civil, implica la consapevolezza che in una società industriale
i rapporti di collaborazione hanno una rilevanza superiore rispetto alle situazioni di
appartenenza sui beni materiali.
o Il terzo libro contiene la disciplina della proprietà e degli altri diritti reali, compresi il
pegno e l‟ipoteca, che nel Codice italiano sono posti nel libro sulla tutela dei diritti.
o Il quarto libro riguarda il diritto di famiglia e contiene la disciplina del divorzio e dei
regimi patrimoniali tra i coniugi.
o Infine, il quinto libro riguarda il diritto delle successioni.
Il BGB si caratterizza per il principio della libertà contrattuale, l‟azione generale per
arricchimento ingiusto, la disciplina dei vizi della volontà, le clausole generali.
La promulgazione del BGB è stata accompagnata da una legge di introduzione,
contenente le norme di diritto internazionale privato.
Ad uno sguardo generale il BGB sembra racchiudere tutto e solo il diritto dei giuristi.
Il BGB è stato ampiamente novellato nella sua parte principale, che riguarda il diritto
delle obbligazioni e dei contratti.
La modernizzazione del BGB presenta 2 fonti di ispirazione:
- Una serie di orientamenti giurisprudenziali, i quali sono stati tradotti in disposizioni del
Codice,con ciò cessando di essere consuetudini, quali ad es. la culpa in contraendo e il
mutamento delle circostanze che conduce ad una alterazione del fondamento negoziale.
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- Una serie di riforme che necessariamente richiedono l‟intervento legislativo, quale ad
es. la revisione dei termini di prescrizione.
Le riforme di maggiore rilevanza sono state quelle che hanno introdotto:
- Un nuovo regime dell‟inadempimento contrattuale, con conseguenti modifiche al regime
delle restituzioni.
Sono state previste una unica nozione di inadempimento e il cumulo del rimedio risolutorio
e del rimedio risarcitorio
- La categoria del contratto con i consumatori, in accordo alle Direttive comunitarie
emanate in materia.
63
9. I MODERNI SISTEMI DI CIVIL LAW.
I singoli diritti nazionali, soprattutto nel settore del diritto privato, riflettono alcuni modelli
fondamentali. Negli ultimi due secoli questi modelli sono essenzialmente costituiti dai due
modelli francese e tedesco, ai quali si è aggiunto in epoca contemporanea quello
americano, mentre rimane sullo sfondo la base del diritto romano comune.
Ovviamente la imitazione di un modello non comporta mai la copia dell‟intero sistema
giuridico. L‟imitazione è per sua natura selettiva.
Sotto questo profilo il primo modello giuridico francese, oggetto di imitazione all‟estero, è
stato il Code civil.
Di questa circolazione esistono 3 fasi:
- la prima legata all‟espansione militare dell‟impero napoleonico;
- la seconda fondata sul proprio prestigio;
- la terza riguarda i territori che hanno conosciuto la dominazione coloniale francese,
i quali hanno adottato il Code civil in seguito al raggiungimento dell‟indipendenza.
Al confronto del modello francese il modello tedesco appariva più semplice, trattandosi di
un modello in cui tutto ciò che era possibile verbalizzare veniva espresso in termini pratici.
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In Italia, la ricezione dell‟insegnamento pandettistico fu limitata due volte:
- Gli scrittori della Pandettistica furono imitati dagli scrittori italiani nel loro
metodo di analisi ed esposizione del sistema giuridico, ma loro influenza tra gli
operatori del diritto fu sempre indiretta, ossia filtrata dalla dottrina italiana.
- In secondo luogo, l‟imitazione dell‟insegnamento pandettistico si verificò in un
ambiente giuridico ormai completamente codificato.
L‟unico settore effettivamente conquistato dai modelli tedeschi è stato l‟università.
Per quanto riguarda il Codice civile del 1942, le diverse commissioni incaricate della
redazione furono unanimi nel rifiutare di seguire il BGB nei suoi aspetti più caratterizzanti e
nella predisposizione di una Parte Generale. Le uniche soluzioni derivanti dal BGB
riguardano la disciplina delle persone giuridiche e in qualche misura la disciplina della
proprietà. In realtà, il Codice civile del 1942 segnò un indubbio progresso soltanto in
materia di obbligazioni e contratti.
In linea generale, la ricodificazione è risultata fuori tempo, come dimostrano le
successive modiche in materia di diritto di famiglia e diritto del lavoro.
La giurisprudenza ha svolto un ruolo creativo.
Utilizzando l‟ambigua etichetta del diritto vivente, i giudici italiani si sentono largamente
svincolati dalla lettera della legge e procedono ad un opera di adeguamento del sistema.
Diversi settori del diritto privato, in primo luogo la responsabilità civile, sono ormai
dominati dal diritto giurisprudenziale, con la conseguente emarginazione delle fonti
codicistiche.
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Il linguaggio quindi tende ad essere la lingua comune, evitando un eccessivo utilizzo di
termini tecnici. Inoltre, non venne accolta la codificazione di una Parte Generale, sostituita
con una Introduzione, composta soltanto da 10 articoli.
Si prevede che il giudice, in presenza di una eventuale lacuna, ha il potere di decidere
secondo la regola che egli avrebbe adottato se fosse stato il legislatore, ossia in base ad
una regola generale ed astratta e in base all‟equità della singola controversia.
In questa operazione, il giudice deve ispirarsi alle soluzioni adottate dalla dottrina e dalla
giurisprudenza.
Infine, è da segnalare che nonostante la Svizzera non sia membro dell‟Unione Europea, il
governo federale è piuttosto attento a seguire l‟evoluzione del diritto privato comunitario,
mediante una legislazione che riproduce le direttive europee.
9.3.2. L‟esperienza austriaca
Nei domini austriaci, l‟iniziativa di codificare il diritto civile fu assunta nel XVIII secolo dalla
sovrana Maria Teresa.
L‟AGBG si presenta come un codice effettivamente moderno. Lo stile legistico con cui è
redatto attinge alla sobrietà del Code civil. Le sue disposizioni principali mirano ad una
effettiva razionalizzazione e semplificazione degli istituiti del diritto civile.
Esso ha infatti abolito i diritti civili diversificati in funzione dello status delle persone e ha
introdotto il principio della capacità giuridica generale attribuita a tutti; ha provveduto alla
rielaborazione delle situazioni proprietarie abolendo i vincoli perpetui sulla terra e
stabilendo il diritto di chiudere i fondi; ha riconosciuto il principio dell‟autonomia negoziale.
La messa all‟opera del Codice austriaco non seguì lo stesso itinerario percorso
dall‟esperienza francese.
In Francia, la traduzione delle disposizioni codicistiche in regole di diritto applicato venne
svolta dalla dottrina dell‟esegesi e dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Nell‟impero austriaco invece il ruolo di guida alla pratica venne svolto dall‟amministrazione
governativa, la quale provvide ad emanare una serie di ordinanze, decreti e circolari,
aventi valore generale o locale.
9.3.3. Esperienza di Belgio ed Olanda.
Quando nel 1815 l‟attuale Belgio venne unito al Regno di Olanda i codici francesi (quello
civile e quello di commercio) vi rimasero provvisoriamente in vigore.
In realtà rimasero in vigore a lungo, fu necessario qualche aggiustamento per via
legislativa, ma nell‟insieme la messa all‟opera del code civil procedette di pari passo nei
due paesi. I giudici belgi adottarono in pieno lo stile delle sentenze dei loro colleghi
francesi.
Nell‟ultimo ventennio si è manifestato qualche maggiore divergenza. Non solo differisce la
legislazione, ma la dottrina appare sensibile sia alle influenze anglo-americane che di altri
paesi.
Il regno di Olanda fu costruito dopo la caduta di Napoleone Bonaparte comprendendo il
territorio del Belgio attuale.
67
Nel 1809 venne introdotta un primo codice ricalcato sul modello del Code civil. L‟anno
seguente i Paesi Bassi furono furono annessi alla Francia perciò il code civil trovò
applicazione diretta senza alcuna modifica.
Il nuovo regno poi intraprese lavori di ricodificazione che portarono nel 1838
all‟introduzione del BW (Burgerlijk Wetboek).
Nel secondo dopoguerra il legislatore olandese avviò una seconda ricodificazione del
diritto civile, i cui lavori proseguirono per un cinquantennio, portando alla redazione del
NBW, il quale è incentrato sulla forte sistematizzazione del diritto privato patrimoniale.
9.3.4. La tradizione dei Paesi nordici.
Ricomprende paesi quali: Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda e Finlandia.
La loro tradizione giuridica si è formata mediante assimilazione, seppur in forma attenuata,
dei modelli romanisti del jus commune, ma ciò che induce in dubbio è il dato per cui i
sistemi scandivano non hanno conosciuto il passaggio fondamentale della codificazione,
questa limitata alla materia commerciale.
Vi furono dei protocodici, alquanto primitivi e ben lontani dall‟organicità compatta dei
codici moderni.
Si dava per scontato che una volta fissate le regole cardinali del diritto nazionale, nel
senso di diritto consuetudinario, i giuristi dovessero provvedere ad elaborare le regole da
applicare ai casi omessi mediante la propria cultura.
La modernizzazione del diritto si incanalò inevitabilmente nel formante legislativo senza
addivenire però ad una ricodificazione generale.
Benché i giuristi scandinavi condividano con gli studiosi americani la passione per le legal
reforms, la dottrina ed il sistema giuridico nel suo complesso rimangono collegati ai sistemi
di civil law, come ad esempio quello olandese.
9.3.5. Tradizione e modernizzazione del diritto nella penisola iberica.
Il regno di Spagna sin dall‟epoca della “Reconquista” ha conosciuto un forte radicamento
del diritto romano comune quale diritto accanto ai diritti consuetudinari locali. In tale
contesto la modernizzazione del diritto si è espressa parzialmente mediante la
codificazione. In Spagna per il settore commerciale il primo codice unitario è stato
approntato nel 1829, poi novellato nel 1885. Nel settore civile nel 1889 si è pervenuti alla
emanazione del Còdigo civil. Il modello a cui si ispirano entrambi i codici è quello relativo
ai codici francesi.
Tuttavia il carattere non unitario del diritto civile spagnolo ha consentito alle costruzioni
dottrinali di occupare uno spazio operativo assai ampio.
La fase più intensa della modernizzazione del diritto spagnolo si colloca nel periodo
successivo alla costituzione del 1978. Grazie ai suggerimenti dottrinali e ad un‟atmosfera
incline all‟innovazione, molte delle riforme introdotte nel sistema spagnolo si sono
caratterizzate per la tonalità di avanguardia lungo i trends evolutivi occidentali.
Il Portogallo, a differenza della Spagna, ha una lunga tradizione di diritto unitario. La
modernizzazione del diritto avviata nel secolo scorso imboccò la via della codificazione,
riproducendo su questa strada le tappe consuete.
68
Il Còdigo civil portoghese del 1967 è, nel suo impianto come nel suo contenuto , molto
vicino al modello del BGB.
9.3.6. I sistemi giuridici latino-americani.
Sono stati naturalmente plasmati dai modelli dei due paesi colonizzatori, ossia Spagna e
Portogallo. Dalla complessa fase della conquista ne derivò un sistema giuridico ovviamente
diverso da quello della madre patria. Una diversità probabilmente non addebitabile ad una
sorta di fusione tra le tradizioni giuridiche di cui erano rispettivamente portatori i popoli
dell‟America centro-meridionale ed i colonizzatori europei.
Le carte costituzionali di tutta l‟America latina promulgate tra il 1819 e il 1863,
conferirono ai singoli Stati una forma democratica e repubblicana, ed in alcuni casi una
struttura federale.
Nei paesi già spagnoli, anche dopo l‟indipendenza rimase in vigore la Recompilaciòn de
Indias del 1680, la quale stabiliva la gerarchia tra le diverse fonti.
A parte il Brasile, gli altri Stati mantennero un diritto comune basato su elaborazioni delle
fonti predette. Ognuno di questo, per esigenze di modernizzazione, si dotarono di propri
codici civli.
In brasile la situazione fu più movimentata. Nel 2002 si è dotato di un nuovo codice civile
palesemente ispirato dal desiderio di modernizzazione e di sistematicità.
70
10. L’EST EUROPEO.
In questi Paesi non romanistici, il sistema delle fonti era costituito da numerose
consuetudini, da un diritto scritto sapiente (canonico o bizantino) e dalla volontà del
principe. Nel XIX questi Paesi divennero tutti romanistici, in seguito alla diffusione della
cultura occidentale universale, all‟introduzione della codificazione napoleonica e austriaca e
all‟influenze della dottrina francese e tedesca.
Nella dogmatica socialista il lavoratore ha un interesse che prevale su ogni altro, ossia
l‟interesse alla liberazione dallo sfruttamento. Si tratta di un interesse di classe, comune a
tutti i lavoratori. Il diritto soggettivo del lavoratore in una società socialista non può quindi
affermarsi se è in conflitto con l‟esigenza di libertà allo sfruttamento.
Nell‟ambito della famiglia un sistema di principi fu valido per tutti i sistemi socialisti:
matrimonio monogamico, laico, dissolubile.
Nel diritto socialista è fondamentale la distinzione tra i mezzi di produzione (terra, capitali
fissi e capitali circolanti), che servono per produrre ulteriori beni, e i beni di consumo, che
servono per soddisfare immediatamente un bisogno dell‟uomo (cibo, casa, vestiario).
In via di principio, i mezzi destinati alla produzione industriale devono appartenere allo
Stato. La gestione di questi mezzi è affidata a specifiche imprese di Stato, dotate di
personalità giuridica.
Nell‟agricoltura, fermo restando la statizzazione della terra, i mezzi di produzione agricola
appartengono al lavoratore agricolo e alle cooperative agricole, le quali ricevono la terra in
uso gratuito permanente.
Il lavoratore impiegava il proprio salario per acquistare i beni destinati a soddisfare
immediatamente i suoi bisogni. Su questi beni egli aveva un diritto di proprietà personale.
La casa di abitazione, in linea generale, formava oggetto di una proprietà personale.
Tuttavia era molto diffusa la casa in proprietà dello Stato, assegnato in locazione ad un
cittadino. La permanenza di un proprietà personale comportava la previsione di una
successione legittima, all‟interno della famiglia, e di una successione testamentaria.
Alla produzione provvedeva l‟impresa di Stato, che agiva nel settore industriale, e la
cooperativa, che agiva nel settore agricolo.
L‟attività dell‟impresa di Stato era interamente soggetta al piano di Stato, suddiviso in piani
territoriali, piani di settore e piani concretamente operanti, formulati per la singola
impresa.
L‟organizzazione delle Corti giudiziarie riproduceva quella dei Paesi continentali occidentali.
Da sottolineare la figura del Prokurator, nominato dal Soviet supremo dell‟URSS, il quale
promuoveva e controllava l‟attività amministrativa e giudiziaria, potendo richiedere la
revisione di qualsiasi decisione.
Il giudizio penale e civile era deciso da un collegio, formato da giudici a tempo pieno
(eletti, previa designazione da parte del Partito) e giudici popolari occasionali.
La sentenza, come decisione di un organo popolare elettivo, era manifestazione di
sovranità. Quindi la parte non poteva proporre appello, ma soltanto rivolgersi al
Prokuratura, al fine di ottenere da l‟esperimento dell‟iniziativa.
72
Le controversie tra organizzazioni economiche socialiste (imprese e cooperative) erano
sottoposte all‟arbitrato di Stato, composto da soggetti tecnici e non giuristi (versione
socialista del Tribunale commerciale, eliminato in Italia nel 1942).
All‟operatore economico straniero che si trovasse in conflitto con una organizzazione
sovietica era riservato uno specifico organo giurisdizionale, denominato arbitrato
internazionale.
La scia ria è una precettistica rivelata da Dio agli uomini per regolarne la condotta.
gerarchicamente ne sono fonti:
1- il Corano in 114 capitoli suddivisi in versetti;
2- la Sunna, ossia la condotta del profeta ispirata da Dio e quindi esemplare;
3- l‟interpretazione data alle due fonti primarie da parte dell‟intera Comunità
(Umma);
4- l‟analogia, anche se è dubbia la larghezza con cui può essere utilizzata.
Inoltre il sistema delle fonti prevede due fonti secondarie o strumenti di interpretazione, i
quali rispondono ad esigenze di utilità pratica e di equità.
Affinché il Corano potesse risolvere tutte le questioni che si presentano al giudice, è stata
necessaria un‟ampia attività interpretativa. Dunque in sede teorica si afferma che la scia
ria è priva di lacune ma in sede storica il diritto islamico è il risultato di un‟ampia riflessione
dottrinale. Al riguardo, si è formalizzato il principio secondo il quale le soluzioni introdotte
entro il X secolo sono incontestabili e in tale data si è “chiusa la porta dello sforzo
interpretativo”.
75
non è ammesso che un cristiano o un ebreo possa sposare una musulmana, mentre
il musulmano può sposare una cristiana o una ebrea.
- politeisti o atei -> non hanno tutela giuridica. Sono esposti alla guerra santa e in
quella sede sono destinati alla morte o alla schiavitù.
Una volta sottoposti al potere islamico, gli infedeli protetti vivranno secondo le leggi della
propria religione, almeno per quanto riguarda il diritto di famiglia e successorio.
La contrapposizione tra libero e schiavo tende a perdere importanza in una epoca in cui
l‟Islam sottolinea la rilevanza del proprio apporto nel contrasto alla schiavitù.
È invece centrale nella scia ria la contrapposizione in diritto della donna e dell‟uomo.
La donna si presenta come un soggetto che necessita di protezione. Il diritto alla
protezione si affianca al diritto al matrimonio, al diritto al mantenimento e ad un rapporto
di subalternazione all‟uomo.
Per agevolare alla donna il matrimonio, si prevede che l‟uomo possa avere fino a 4 mogli
contemporaneamente.
Il diritto della donna al mantenimento nei confronti dei familiari più prossimi ha come
contrappeso la riduzione dei diritti successori della donna.
La considerazione della donna appare ridotta anche a proposito della capacità di
testimoniare e della misura della responsabilità civile.
Teoricamente, nessuna fonte umana né autoritativa né spontanea può inserirsi nella scia
ria, rendendo complesso il rapporto di questa con i diritti umani.
Tuttavia le consuetudini, che non contrastano con i principi fondamentali, sono tollerate
dall‟Islam. Inoltre in determinati contesti, la consuetudine è stata introdotta
nell‟applicazione e nell‟insegnamento della scia ria, completandone i contenuti, e facendo
credere al musulmano non competente che una prassi consuetudinaria sia legittimata dalla
Rivoluzione. Dunque la scia ria subisce nella prassi la concorrenza di consuetudini e di
codificazioni.
77
11.4. Il diritto dei paesi islamici.
l‟Islam di cui parla l‟uomo della religione appare un mondo omogeneo, ma se noi
osserviamo empiricamente la società islamica troviamo al suo interno diversità e
contrapposizioni inaspettate:
- l‟islam storico ha potuto convivere in Africa con la divinizzazione del Re.
- Alcuni gruppi hanno privilegi notevoli -> l‟arabo ha privilegio rispetto al musulmano
non arabo.
- Alcuni privilegi sono collegati con la nascita e incidono sullo status della santità
della persona.
- A volte il soprannaturale preislamico rivive in un Islam pronto a molti adattamenti -
> una parte dell‟islam ammette il culto del Santo, censurata dall‟islam più
ortodosso.
Laddove interviene la consuetudine questa introduce nella prassi il rispetto della
separatezza delle caste e delle etnie.
Da più di un secolo molte delle aree islamiche sentono il bisogno di muoversi verso la
modernità e la razionalità. Ciò può anche portare alla contestazione dell‟Islam, o meglio di
alcune sue parti: spesso avviene che procedano restituendo la sàrì‟a alla sua primitiva
naturalezza; purgandola di incrostazioni irrazionali e barbariche.
L‟immutabilità della sarìa e lo scarso dinamismo della siyasa sono stati, e sono, involontari
alleati dell‟attivismo dei legislatori dei paesi abitati da popolazioni islamiche.
Il potere politico può rivolgersi legittimamente al giudice dandogli istruzioni nella scelta di
una interpretazione piuttosto che un‟altra, suggerirgli accorgimenti processuali.
Corti civili, penali, commerciali sottraggono spazio alle corti del qudat. Questi ultimi
limitano la propria attività al c.d. statuto personale del musulmano, ossia al diritto delle
persone e della famiglia, alle successioni. Il periodo coloniale aveva favorito l‟espansione
delle corti dei qudat, perché le potenze coloniali spesso non volevano imporre
incondizionatamente il proprio diritto a quello del paese. Ma l‟indipendenza, almeno in un
primo tempo, ha dato nuovo slancio alla diffusione del modello occidentale e laico nei
paesi islamici, per cui ovunque si istituiscono meccanismi giurisdizionali in cui figurano
corti di appello e corti supreme. In vari paesi il potere politico ha posto mano a grandi
opere di codificazione.
Anche nei paesi islamici dominati da fondamentalisti il diritto islamico è troppo lacunoso
per poter fare a meno di integrazioni provenienti da un diritto umano. Ad es. la sarì‟a non
dice quali virtù debba avere il Capo, ma non dice come questo si scelga, per cui è
necessario il ricorso a norme umane. L‟opera del legislatore in questo senso ha prodotto
un certo grado di laicizzazione del diritto, che si è realizzata in misura diversa nei vari
paesi.
Alcuni paesi (come le repubbliche ex-sovietiche) sono re islamizzate. I mufti (al vertice
della comunità nazionale e di ogni comunità provinciale) esercitano i propri compiti sotto
gli occhi dello Stato.
78
Altri paesi hanno percorso molta strada verso la laicizzazione, ma non hanno voluto
sconfessare lo statuto personale. (es.Bengala, Indonesia, varii paesi africani)
Il giudice laico, a differenza del qadi che è uomo di Dio, ha una formazione in larga misura
occidentale, per cui quando dovrà applicare la sarì‟a sarà indotto a costruirne i contenuti
con una mentalità razionalistica e modernista anche se la sarìa non è facile da conciliare
con i diritti dell‟uomo.
79
Quando si parla di dharma e diritto si deve evitare si dire che i testi vedici e smriti sono
testi giuridici. Questi sono testi religiosi che predicano una data mentalità e con ciò
ispirano regole giuridiche, con proposizioni generali. Si è sentito il bisogno,quindi, di opere
sistematiche ausiliarie che aiutino a dedurre dal dharma regole applicabili. Lo sviluppo di
quest‟ultime segna l‟epoca post-classica del diritto indù.
Più tardi si è sentita la necessità di opere (dette NIBANDHA)che raccolgano tutte le fonti
rivolte ad un dato problema o ad un dato istituto.
A nessun‟altra fonte è riconosciuta quella speciale dignità, collegata con l‟origine
soprannaturale che è propria ed esclusiva del dharma. Tollera alcune fonti diverse da essa,
senza elevarle al proprio rango. Tra queste:
- Consuetudine -> perché sono i sapienti a raccomandare di evitare certi
comportamenti giudicati repellenti dalla società.
- Coscienza, giustizia, equità -> il rinvio a queste regole di opinione risale alle fonti
primarie e giova soprattutto nel silenzio del diritto cogente.
- Legge -> Il principe è sottoposto al dharma e non può modificarlo. Ha il potere-
dovere di rendere giustizia e poiché garante dell‟ordine interviene nel settore
amministrativo, procedurale e fiscale.
- Giurisprudenza -> Il giudice può allontanarsi dal dharma, al fine di evitare soluzioni
inique, ma, come il principe, non può modificarlo. Nell‟ordinamento indiano, non
esiste nessuna inclinazione a considerare fonte il precedente.
Il sapiente si occupa del dharma e dell‟artha (che l‟occidentale scambia con il diritto) ma
non tratta della composizione dei conflitti.
Un particolare libro di dharma, chiamato vyavahara , si dedica all‟amministrazione della
giustizia, relative procedure e repressione penalistica.
La giustizia regia si articola in 3 gradi di giudizio ed è affiancata da una giustizia gestita
da Tribunali popolari. Ogni casta ha la sua Assemblea, la quale viene investita delle
controversie nate al suo interno.
Il processo si svolge con una meditata valutazione delle prove.
80
- dall‟altra parte vi era il “mofussil”, in cui operavano le Corti della Compagnia delle
Indie.
I giudici regi delle Presidency Towns applicavano il diritto indù o musulmano.
Nel mofussil invece, nel settore dello Statuto personale, si decise di applicare il diritto indù
o musulmano. Fuori di questo settore, si giudicava secondo i “principi di giustizia, equità e
buona coscienza” (che successivamente si identificarono nel diritto inglese).
Dal 1805 la Gran Bretagna ha controllato l‟intera India fino al 1947.
La chiamata in causa della regola inglese fu favorita dalla lacunosità del diritto indù.
Questo aveva organizzato in modo dettagliato la famiglia, la casta, la terra e le successioni
ma non aveva disciplinato le obbligazioni e non aveva previsto rimedi qualora il debito non
fosse stato pagato. In queste condizioni, spesso l‟applicazione del diritto inglese era
invocata dalle stesse parti. Successivamente una serie di decisioni giudiziarie furono
pubblicate e dunque si presentarono a disposizione dei giudici. Dunque le Corti si
ispirarono a questi precedenti, piuttosto di procedere alla conoscenza delle fonti indù.
Non furono più redatte raccolte di diritto personale ma furono elaborate raccolte di
giurisprudenza, sistematizzate secondo i concetti e le categorie inglesi. Queste
alterazioni agirono nel senso di rendere le regole indiane più uniformi e più moderne.
Il potere britannico, nel lungo periodo della sua presenza in India, produsse norme
legali operanti in tutto il Paese nei confronti di tutti gli abitanti o in determinati territori nei
confronti di specifiche comunità.
Furono adottati una serie di codici nel settore del diritto penale, della procedura civile,
della procedura penale e in materia di contratti, di prove, di trasferimento della proprietà e
di esecuzione forzata delle obbligazioni. (codificazione tripartita). Essi furono il primo
nucleo di un diritto vigente in modo universale in India. Accanto ad essi, si svilupparono
regole volte a modificare soltanto il diritto indù, intervenendo nel diritto delle persone e
della famiglia, attraverso l‟abolizione del sistema delle caste e la garanzia della capacità
giuridica della donna.
I britannici pensarono di poter applicare il diritto islamico con la copertura
dell‟interpretazione data dai mufti. I quali agirono nella consapevolezza che dipendesse da
loro la salvaguardia della sarì‟a in India. Ciò però non precluse al giudice britannico il
ricorso sistematico al precedente.
Nel 1947 l‟India ottenne l‟indipendenza e nel 1950 venne redatta una Costituzione,
con la quale si introdussero, a beneficio degli indiani, i principi di uguaglianza e dignità
umana (realizzati attraverso l‟abolizione del regime delle caste, la previsione di una età
minima e del consenso ai fini del matrimonio e il divieto alla poligamia).
81
La Costituzione ha sovrapposto al diritto vigente al momento dell‟indipendenza un testo
giuridico costituito da 395 articoli, situati ad un livello superiore ma modificabili senza
troppe difficoltà dalla maggioranza parlamentare. Essa configura l‟India come una
federazione di 28 Stati e auspica la promulgazione di un Codice civile unificato per tutta la
Nazione.
Per quanto riguarda l’organizzazione giudiziaria, al vertice si trova la Corte suprema
federale, con sede a Nuova Delhi. Il Chief Justice of India, che la presiede, e i 25 giudici,
sono nominati dal Presidente della Repubblica. La Corte suprema ha una molteplicità di
funzioni. In primo luogo opera come Corte Costituzionale, pronunciandosi sulle eccezioni di
incostituzionalità sollevate contro leggi federali e statali. In secondo luogo, giudica come
giurisdizione di ultima istanza per le controversie civili. Può inoltre avocare a sé qualsiasi
controversia giudicata da un tribunale indiano, eccetto quelli militari.
La Corte è arbitra della propria procedura, che definisce mediante un autoregolamento
approvato dal Presidente della Repubblica. Non è tenuta a rispettare i propri precedenti.
Le altre Corti sono vincolate all‟insegnamento della Corte suprema.
I giudici, salva la fedeltà dovuta alla Corte suprema, seguono i precedenti fissati all‟interno
di ogni Stato, in quanto le Corti statali di vertice ritengono di potere allontanarsi dai propri
precedenti. Tale situazione ostacola la circolazione dei modelli da uno Stato all‟altro e di
conseguenza l‟uniformità del diritto applicato nei diversi Stati.
82
Il LI inizialmente era un rituale religioso. Successivamente divenne una regola di
comportamento rivolta alle attività pubbliche e private. Con Confucio, il LI viene ridotto in
regole scritte (non autoritative), le quali si rivolgono alla classe egemone (prima i nobili e
poi i funzionari mandarini), si legittimano mediante l‟autorità morale degli antichi, regolano
la successione al trono e i rapporti sociali. Il LI è immutabile e non è opera del legislatore.
Al sovrano si consiglia di non formulare leggi. Queste infatti determinano timore nel
popolo ma diminuiscono il rispetto per l‟autorità.
Il FA è circondato da diffidenza e sfiducia. Il soggetto che invocava un FA in contrasto con
il LI si esponeva ad una riprovazione da parte della pubblica opinione. Tuttavia le leggi
esistono e si occupano in primo luogo degli aspetti penalistici e amministrativi. Mentre i
rapporti privati non sarebbero regolati da regole giuridiche vere e proprie e i conflitti
dovrebbe essere superati mediante la conciliazione. Il FA si applica alle classi meno
elevate e la sua durezza è giustificata, affermando che esso è necessario nei confronti di
criminali o persone estranee alla cultura cinese. La fonte del FA è la volontà
dell‟imperatore. L‟imperatore è figlio del Cielo ed ha un mandato celeste, revocabile se egli
non sarà virtuoso. La legge non è opera di Dio. Ma la divinità suprema del Cielo,
conferendo il mandato, legittima il FA.
L’ordine sociale è affidato in larga misura al FEN, principio di giustizia distributiva. La
collocazione del soggetto in un determinato livello assicura, mediante la diversità dei ruoli
e dei trattamenti, l‟armonia sociale. Il FEN garantisce le diseguaglianze tra i soggetti,
modellando la relazione tra principe e suddito, tra padre e figlio e tra marito e moglie.
Il diritto cinese così illustrato è in parte falso. È stato finalmente ricostruito e valutato in
base a criteri nuovi. Il LI conteneva regole sociali che costituivano un sistema giuridico.
Aveva origini consuetudinarie. Il FA non era una regola marginale, ma un pilastro
fondamentale della vita cinese. Ogni violazione del LI era un‟infrazione penale punita con
pena penale.
Ogni dinastia cinese ha legato il proprio nome a un codice importante: il FA jing; codice di
Sui; codice dei Tang (coevo del corpus iuris). Accanto al codice (LU) sono operanti i
decreti (LING) e i regolamenti (GE).
La Cina, paese immenso e ricco di contrasti e diversità locali, rivela anche nel diritto la
ricchezza delle sue risorse e delle sue soluzioni. La fonte imperiale si spartiva il campo con
gli statuti dei clan familiari e delle corporazioni, la cui operatività ha lasciato documenti
imponenti. Inoltre la Cina è un paese di consuetudini, di cui lo Stato si interessava in modo
indiretto controllando la gestione della giustizia a livello sociale.
In Cina mancava una una fonte del diritto di stampo dottorale perché mancava una vera
letteratura giuridica, dovuta all‟assenza della figura del giurista.
Il diritto cinese non è laico, è impregnato di religiosità, ma non si parla di dogmi, di
rivelazioni. Lo Stato sceglie la religione
Al vertice della società troviamo il principe, poi imperatore. Il principe è soggetto ad un
ordine naturale che egli non può modificare e non deve violare. Il carattere non assoluto
del suo potere è testimoniato dall‟affermazione secondo cui il suo mandato è revocato se
egli non è virtuoso. Tra il principe e il popolo si colloca la casta che collabora con il primo:
83
in un primo tempo l‟aristocrazia e poi i funzionari che gestiscono la burocrazia, denominati
mandarini. I mandarini erano uomini di sapere e maestri di verità. Essi garantivano la
legittimità del principe e in qualche misura sono paragonabili al Clero. Essi godevano di
una serie di privilegi. Ad es., non erano soggetti alla sanzione penale, purché si riscattasse
con il pagamento di una multa. Al di sotto dei funzionari, si collocavano i sudditi,
contrapposti secondo la posizione sociale.
Le leggi stabilivano per ogni singola categoria la qualità della casa, del mobilio e degli
abiti. Il mancato rispetto della qualità configurava una ipotesi di reato. Il padre ha il potere
sui figli e suoi nipoti. Il figlio non ha potere sui beni, ubbidisce al capofamiglia in tutto.
Il matrimonio era concordato dai parenti e comportava un vincolo tra le due famiglie.
Il marito ha autorità sulla moglie. Il matrimonio è monogamico, ma l‟uomo può avere
concubine dotate di un rango servile. Solo i maschi succedevano per causa di morte. Il
testamento non era previsto.
Sulla terra esistevano molteplici diritti: il diritto del principe, il diritto del mandarino
assegnatario, il diritto del villaggio e il diritto del contadino concessionario.
84
Con le nuove leggi e i nuovi Codici si è introdotta la nozione del diritto soggettivo, la
parificazione della donna e dell‟uomo nel diritto successorio, l‟esclusione dell‟analogia nel
diritto penale, una serie di garanzie processuali.
Nel 1949 il Partito comunista cinese assunse il potere e adottò un testo costituzionale,
denominato “Programma Comune”, il quale fondava la Repubblica popolare cinese.
Vennero proclamate la dittatura del proletariato e la funzione guida della classe
lavoratrice. Vennero assicurati a tutti i cittadini il diritto elettorale e altri diritti politici.
Si sottolineò la centralità dell‟impresa statale e cooperativa nella produzione e la
soggezione di tutta l‟economica all‟interesse generale. In realtà, vi era un potere politico,
gestito dal vertice del partito, che gestiva l‟intera vita pubblica della Cina. Si decise
l‟abrogazione dei Codici e di tutte le leggi precedenti. Si istituì una Corte suprema e una
Procuratura. Si legiferò sul matrimonio, sulla riforma agraria e sull‟organizzazione
giudiziaria. In accordo alla tradizione cinese, si fece a meno di giuristi. I tribunali erano
sostituiti da organi politici o di polizia.
Nel 1954 la nuova costituzione ricalcò quella staliniana del 1936, ma queste scelte non
furono condivise, ma fu nel 1976 che si ebbe l‟inizio significativo della controtendenza
iniziando a redigere una nuova Costituzione. Da lì, i mancati successi suggerirono di
lasciare cadere la rivoluzione culturale e la lotta di classe, in favore di una
modernizzazione dell’economia, della scienza e della tecnologia: All‟agricoltore fu
concesso di disporre di una parte del prodotto e alle imprese un minimo di autonomia e
gestione privata, fermo restando il primato dell‟economia collettivizzata e programmata.
Le successive Costituzioni e leggi introdussero ulteriori diritti soggettivi e il potere per il
singolo di agire in presenza di una illegalità commessa da un funzionario statale. Venne
sancita l‟indipendenza del potere giudiziario, la parità dei diritti dei coniugi, la libertà del
divorzio consensuale.
85
Alla tripartizione socialista (proprietà statale, cooperativa e personale) e al monopolio
statale sulla terra è subentrato il riconoscimento della proprietà privata
capitalistica. Il commercio con l‟estero è liberamente praticabile.
I contratti, qualunque siano i soggetti contraenti, sono regolati allo stesso modo.
Le regole sono quelle occidentali. L‟area della produzione e dello scambio è quella più
occidentalizzata del diritto cinese.
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L’ordine giudiziario, unico per le questioni civili, penali e amministrative è almeno in
linea di principio indipendente. Esso esercita il controllo di costituzionalità sulle leggi.
Accanto alle Corti vi sono i Comitati di conciliazione che si occupano delle controversie in
materia di famiglia e locazione e di quelle di valore limitato.
88
- La concentrazione dei poteri nelle mani del capo dello Stato, non controbilanciata da
nessun altro potere visibile.
- La superiorità del diritto militare sul potere civile. Il potere militare spesso è la base del
potere del capo dello Stato.
- La superiorità del potere politico su quello giudiziario.
- L‟inclinazione verso il partito unico o verso il fronte unico dei partiti. Si sostiene che
soltanto l‟unanimità giustifica la soggezione del singolo alla decisione collettiva.
- L‟intervento del potere nell‟economia, attraverso la nazionalizzazione e la redistribuzione
delle terre.
Gli africani sono legati alle etnie più che allo Stato, si identificano con le etnie e non con lo
Stato. L‟etnia è naturale. Lo Stato, con i suoi confini arbitrari, è artificiale.
Gli africani dovrebbero allora incentrare la propria vita pubblica sulla etnia, consolidata da
una specifica lingua.
Ma l‟etnia non è abbastanza numerosa né per provvedere alla difesa né per giustificare la
creazione di servizi basati sulla comunicazione linguistica.
90
condotta concretamente esigibile e di cui altrettanto concretamente si può accertare la
violazione.
Il riconoscimento di una preesistente situazione soggettiva è stato effettuato, oltre che dal
legislatore, anche dalla giurisprudenza “Tensione tra osservanza e negazione della volontà
del legislatore”. L‟integrazione per via giurisprudenziale della normativa codicistica in
materia di responsabilità civile non può essere liquidata come arbitraria occupazione di
uno spazio di potere che si approfitti delle maglie larghe della disposizione basilare
dell‟art.2043.
Il sistema della responsabilità civile, inizialmente legato ad una concezione
normativa del danno, fondata su illeciti che trovano la loro fonte nella previsione della
legge, è giunto ad una concezione realistica, in cui alla qualificazione normativa si
sostituisce la valutazione ad opera del giudice delle conseguenze di una determinata
condotta umana.
Per quanto riguarda il diritto francese, l‟art. 1382 si esprime nel senso che qualunque
fatto umano, che abbia causato ad altri per colpa un danno, obbliga l‟autore alla
riparazione. La norma è stata tradizionalmente interpretata nel senso di costituire una
manifestazione di opzione per il sistema di illeciti dedotti da una clausola generale di
responsabilità. Tuttavia, l‟illecito non è legato soltanto al semplice compimento di
un‟azione colposa e produttiva di danno, senza necessità che la lesione colpisca un diritto
soggettivo, come dimostra la circostanza che non ogni danno è risarcito.
In realtà, l‟ordinamento francese conosce regole e criteri differenti per il trattamento di
singole figure di illecito, che così acquistano autonoma rilevanza.
Per quanto riguarda il diritto tedesco, esso contempla distinte previsioni riguardanti
specifiche figure di fatti illeciti, di cui si pone di volta in volta si sottolinea l‟oggetto della
lesione, la fonte del diritto violato, la particolarità della condotta. Vi è un sistema di illeciti
tipici, nella doppia accezione di complesso normativo che disciplina i fatti qualificati come
illeciti e allo stesso individua le situazioni soggettive che meritano tutela per l‟ipotesi della
loro violazione ad opera di altri. Infatti, il par. 832 BGB prevede che “Chi dolosamente o
per negligenza lede ingiustamente la vita, il corpo, la salute, la libertà, la proprietà o un
ulteriore simili diritto di altri, è tenuto verso questo al risarcimento del danno che ne
deriva”. Il 2° comma della medesima norma estende l‟area delle situazioni soggettive
tutelabili attraverso l‟azione risarcitoria per fatto dannoso, equiparando alla violazione del
diritto di un soggetto la violazione di una norma avente lo scopo di proteggere quel
soggetto. Altre norme codicistiche tedesche completano il sistema della responsabilità
civile: ad es. il par. 824 prevede il risarcimento per i danni alla reputazione personale
originanti dalla divulgazione di notizie false e pregiudizievoli. Infine, il par. 826, che
acquista carattere di chiusura, afferma che “Colui che intenzionalmente nuoce ad altri in
modo contrario ai buoni costumi è obbligato nei confronti di costui al risarcimento del
danno”. All‟interno degli atti contrari al buon costume rientrano gli atti di emulazione,
l‟impiego di mezzi concorrenziali sleali, la complicità nell‟inadempimento del debitore.
91
I Principles of European Tort Law sono un‟opera trattatistica redatta nel 2005
dall‟European Group on Tort Law sulla base di una indagine comparatistica in diversi
ordinamenti europei sui temi della responsabilità civile e del danno risarcibile.
Il testo costituisce una proposta per l‟adozione futura di un sistema articolato e completo
di responsabilità civile, anche innovativo rispetto alle soluzioni oggi esistenti. Esso si
caratterizza per le seguenti previsioni:
- La risarcibilità del danno è subordinata alla “lesione materiale o immateriale di un
interesse giuridicamente protetto”, ossia una situazione soggettiva riconosciuta come
meritevole di tutela da parte dell‟ordinamento giuridico.
- Un sistema di responsabilità civile fondato su ipotesi tipiche o categorie determinate di
fatti illeciti. Gli interessi la cui violazione comporta l‟obbligo risarcitorio a carico del
danneggiante sono la vita, l‟integrità fisica, la dignità umana, la libertà, il diritto di
proprietà.
- Per colpa si intende la violazione dolosa o negligente dello standard di condotta richiesto.
Lo standard di condotta richiesto è quello di una persona ragionevole nelle circostanze del
caso concreto.
- Determinate fattispecie di responsabilità oggettiva quali ad es. l‟esercizio di attività
pericolose e la responsabilità per fatto di minori o interdetti.
- Determinate cause di esonero dalla responsabilità oggettiva quali ad es. la forza
maggiore e la condotta di un terzo.
Il sistema inglese dei torts è stato influenzato dalla Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell‟uomo, tradotta in legge con lo Human Rights Act del 1998.
L‟importanza generale di questa legge sta nella previsione che introduce il principio
secondo cui le Corti devono interpretare e applicare la normativa inglese in modo
compatibile con le disposizioni della Convenzione del 1950.
Inoltre nell‟ipotesi in cui la normativa interna indichi una mens legis in contrasto con quella
della Convenzione stessa, la Corte è autorizzata ad emettere una dichiarazione di
incompatibilità che, nonostante sia priva di effetti pratici nella decisione del singolo caso,
determina le premesse per una rapida riforma parlamentare che elimini la contraddizione
tra diritto interno e fonte convenzionale. A tali disposizioni si aggiungono quelle che
prevedono un‟azione di natura risarcitoria o compensativa contro le pubbliche autorità che
hanno violato i diritti fondamentali dell‟uomo, attribuendo alle Corti il potere di adottare
quelle misure ritenute eque ed appropriate.
Secondo la definizione di Winfield, il tort è la violazione di un dovere primario
imposto dalla legge che vale nei confronti di ogni persona, violazione che dà luogo ad
un‟azione per il risarcimento dei danni nell‟ammontare da decidersi nel singolo caso.
2. LE FATTISPECIE – PARTE II
Il diritto italiano colloca al centro della propria osservazione la situazione della vittima,
al fine di verificare se la stessa fosse tutelata dall‟ordinamento, sicché il semplice fatto che
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essa sia stata lesa in assenza di una idonea giustificazione espone il danneggiante
all‟obbligazione risarcitoria prevista dall‟art. 2043 c.c.
Il diritto inglese invece fa per l‟accertamento di una ipotesi di tort, prevede la doppia
prova:
- della preesistenza di uno specifico dovere di condotta (duty of care) a carico del
soggetto agente -> la posizione soggettiva del danneggiante si qualifica da sé in
funzione del previo riconoscimento da parte dell‟ordinamento della sua inviolabile
posizione soggettiva.
- dell‟avvenuta violazione di tale dovere. -> la posizione della vittima si qualifica in
conseguenza di un dovere di condotta altrui violato e si realizza soltanto al
momento della violazione del dovere di condotta.
Tuttavia, ferma restando questa differenza di prospettiva, entrambi i sistemi convergono
verso un sistema di responsabilità civile qualificata: Essi ignorano la possibilità che
una determinata condotta venga dichiarata illecita se non è presente una situazione
soggettiva qualificata o dal lato attivo come prevede il diritto italiano, pretendendo la
previa attribuzione alla persona danneggiata di una situazione soggettiva tutelabile; o dal
lato passivo come prevede il diritto inglese che presuppone l‟imposizione di uno specifico
dovere di condotta a carico dell‟agente. Poi, un ulteriore elemento di analogia è costituito
dall’identità nella reazione alla accertata commissione di un fatto illecito, ossia
la sanzione risarcitoria, fonti di obbligazione gravante sull‟autore del danno.
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Il superamento del principio in base al quale è risarcibile soltanto il danno derivante dalla
lesione di un diritto soggettivo assoluto ha determinato un progressivo ampliamento
della nozione di danno ingiusto.
In primo luogo è stata riconosciuta la tutela extracontrattuale dei diritti di credito.
Facciamo ora degli esempi per vedere l’excursus giurisprudenziale in merito:
inizialmente l‟atteggiamento della Corte di Cassazione italiana fu negativo, perché in una
sentenza del 1953 riguardante il disastro del Superga( dove perì in un incidente aereo
l‟intera squadra del Grande Torino) la Corte rigettò la domanda di risarcimento della
società perché mancava un nesso di causalità tra fatto lesivo e danno. Inoltre
mancava allora una vera distinzione a livello normativo tra i diritti assoluti e i diritti relativi.
Un tentativo di apertura fu fatto tempo dopo dalla Corte di Appello di Palermo, che
sancì in una sentenza che l‟art.2043 tutela anche il diritto di credito come rapporto
esistente erga omnes. Tuttavia questa sentenza non poté mai veramente aprire la
stagione della tutela al diritto al credito in via aquiliana perché fu rivista in Cassazione e
annullata per alcuni vizi logici (non relativi alla ratio decidendi però). Fu così necessario
attendere il 1971 per sancire la definiva tutela dei diritti di credito, infatti nel celebre
caso Meroni. La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul caso di un calciatore,
legato ad una società sportiva e ucciso per colpa di un automobilista. Essa afferma che
l‟automobilista che ha cagionato la morte del calciatore (debitore della società sportiva) è
obbligato a risarcire il danno subito dalla società sportiva (creditore), in quanto la morte
ha provocato una perdita definitiva e irreparabile per la società stessa.
Il credito ha carattere relativo soltanto in quanto può essere preteso esclusivamente nei
confronti del debitore, mentre ha una proiezione erga omnes in quanto rapporto
oggettivamente esistente e meritevole di protezione ai sensi dell‟art. 2043 c.c. Infatti sorge
responsabilità aquiliana in due casi:
1) quando un soggetto diventi debitore di un soggetto, perché è stato commesso un fatto
ingiusto dal terzo (nella sopracitata sentenza il caso riguardava proprio questo, cioè una
società aveva eseguito una descrizione errata di certi lavori edilizi e la banca aveva
concesso una linea di credito a un cliente proprio in fiducia di questa descrizione;
purtroppo alla fine il cliente come si sospettava si rivelò insolvente).
2) quando il fatto illecito porta alla violazione di un obbligo generico o specifico.
In secondo, è stata riconosciuta la tutela extracontrattuale degli interessi legittimi
Sentenza 500/1999. La Corte di Cassazione ha introdotto la distinzione tra interessi
legittimi incondizionatamente risarcibili (interessi legittimi oppositivi) e quelli risarcibili in
presenza di determinate circostanze (interessi legittimi pretensivi).
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automaticamente la commissione di un tort, se non si prova la sussistenza del rapporto di
prossimità e, in negativo, l‟insussistenza di elementi che limitano l‟efficacia del dovere.
Fu con il caso Anns vs Merton (relativo alla resp. di un ente locale per la mancata
rilevazione di difetti strutturali in un immobile che poi subì lesioni) che si sostanziò la
necessità di un doppio test preliminare all‟affermazione di resp. per tort e nell‟implicita
negazione della meccanica operatività della resp. stessa sulla base di mera violazone del
dovere. Tuttavia la dottrina propende per il rapido deperimento del principio di Anns in
virtù del successivo caso Yuen kun Yen vs General f Hong Kong, in cui si espande il
concetto di prossimità, fino ad includere ogni fattore utile alla valutazione circa
l‟affermazione di responsabilità. In modo analogo, nemmeno il metodo di giudizio
applicato dalla Corte di Cassazione realizza una applicazione meccanica di responsabilità
per la semplice lesione di un interesse giuridicamente vincolante, in quanto occorre
verificare l‟insussistenza di cause di giustificazione o di limitazione della responsabilità. Si
afferma, come visto, che il danno deve essere stato prodotto non iure.
La differenza percepibile rispetto al diritto italiano è che il common law inglese ha
tipizzato, come causa che impedisce di escludere o limitare la responsabilità per tort,
anche una circostanza che riguarda le relazioni sia in termini spaziali eziologici tra autore
del fatto e vittima, denominata proximity. Inoltre, accanto ai due elementi (prossimità tra
le parti e prevedibilità delle conseguenze dannose della condotta del danneggiante) la
House of Lord ne ha aggiunto un terzo: dalla specifica situazione di fatto si deve ritenere
equo, giusto e ragionevole il sorgere dell‟obbligazione risarcitoria a carico del
danneggiante. Così ad es. essa, chiamata a pronunciarsi su un caso in cui si discuteva
della responsabilità, per l‟affondamento di una nave e del relativo carico, di una società di
ispezioni navali, ha affermato la mancanza di responsabilità della società di ispezione, in
quanto la sua condotta aveva avuto un‟efficacia soltanto indiretta rispetto alla produzione
del danno e quindi l‟imposizione di una obbligazione risarcitoria sarebbe stata in contrasto
con i principi di equità, giustizia e ragionevolezza.
Non sempre si è raggiunta la conclusione che fosse possibile distinguere tra questi
elementi, essendosi ritenuto nel caso Stovin v Wise che il criterio di prossimità sia privo
di una propria individualità e tenda solo a descrivere l‟esistenza di un rapporto di tal natura
tra le parti da rendere giusta e ragionevole l‟imposizione di una duty of care e quindi di
un‟obbligazione risarcitoria in caso di relativa violazione. L‟opinione della House of Lords
nel caso appena citato, fa comprendere che la prossimità può costituire nei singoli casi il
contenuto di quel generale sentimento di equità e ragionevolezza da assumere a base per
la decisione della controversia in materia di responsabilità civile.
Si è continuato a ritenere che il “proximity test” debba essere assorbito in quello di equità
e ragionevolezza nell‟affermazione di responsabilità per tort.
Sembra utile accostarsi al test di equità e ragionevolezza come una questione di “policy”
giudiziale. Infatti decidere di concedere o negare la tutela risarcitoria sulla base di ciò che
ai giudici appare giusto, equo e ragionevole, implica una scelta di politica giudiziaria.
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La nozione di policy comporta che nei casi di resp civile le corti debbano decidere circa la
sussistenza e la rilevanza del duty of care tenendo conto di tutte le implicazioni sociali
della loro pronuncia.
Entrambi gli ordinamenti (inglese ed italiano) palesano sensibilità verso nuove situazioni
soggettive emergenti e meritevoli di protezione all‟interno del sistema di responsabilità
civile, ma mentre nell‟ordinamento inglese il sistema delle fonti di produzione del diritto
vede i precedenti giudiziari inseriti in un rango primario, abilitando le Corti a produrre
diritto vincolante per i futuri casi simili. in Italia l‟opera giurisprudenziale opera come
riempimento di concreto contenuto della formula dell‟art.2043 cc. Richiama i principi
costituzionali al fine dell‟individuazione dell‟interesse protetto tutelabile in via aquiliana.
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Ma il punto più importante sta nel fatto che, poiché il venditore aveva prodotto due atti
di vendita in due momenti diversi, quello del primo acquirente aveva prodotto
l‟entrata dell‟immobile nella sfera giuridica dello stesso primo acquirente!
La Corte dimostrò abilmente che indipendentemente dalla trascrizione successiva dell‟atto,
il diritto di proprietà era già stato acquisito dal primo acquirente, cosicché il secondo
acquirente ha leso l‟integrità patrimoniale del primo sia mentre ha acquistato il bene, sia
quando ha poi trascritto l‟atto. Infine se vogliamo essere poi molto pignoli possiamo anche
intravedere il sorgere di una responsabilità contrattuale del venditore di questo benedetto
immobile, perché ovviamente si è reso contrattualmente inadempiente verso il primo
acquirente, vendendo lo stesso bene ad un secondo soggetto. Si profilò quindi il concorso
delle due responsabilità: aquiliana del secondo acquirente e contrattuale del proprietario-
venditore.
- La vendita d’opera d’arte falsa:
La Corte di Cassazione (sent 2765/1982) si pronunciò in senso favorevole al risarcimento
dei danni chiesto dall‟attore sull‟acquisto di un quadro di De Chirico, poi risultato falso,
avvenuto sulla base della firma, autenticata dal notaio, apposta sul retro dallo stesso
pittore a testimonianza della genuinità dell‟opera.
Essa affermò che per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell‟art. 2043 c.c. si deve intendere
anche il danno commesso all‟integrità del patrimonio e più specificatamente al diritto di
determinarsi liberamente nello svolgimento dell‟attività negoziale relativa al patrimonio
stesso. Questo diritto trova la sua base normativa negli artt. 41 (garante della libertà di
iniziativa economica) e 2 Cost. (impositivo dell‟inderogabile dovere di solidarietà sociale
nella conduzione dei rapporti interindividuali).
Inoltre, la Corte ritenne che l‟azione aquiliana poteva concorrere con quella contrattuale
spettante all‟acquirente nei confronti del debitore per inadempimento delle obbligazioni
riguardanti la qualità della cosa venduta.
- La concessione abusiva di credito:
La Corte di Cassazione (sent. 343/1993) ha affermato che incorreva in responsabilità per
fatto illecito l‟azienda bancaria che non aveva fornito le doverose informazioni sulla
precaria situazione economica di un proprio cliente, in quanto l‟integrità del patrimonio
delle altre banche era stata lesa dall‟insolvenza del cliente comune.
Occorre sottolineare che l‟impostazione espressa dalla Corte è piuttosto simile a quella del
diritto inglese. Infatti, la Corte ha valutato l‟esistenza della responsabilità civile della banca
non dal punto di vista dell‟ingiustizia del danno, qualificata come lesione di un altrui
interesse giuridico protetto, ma dal punto di vista dell‟illiceità della condotta dell‟agente in
base all‟accertata violazione dei propri doveri. Si tratta dello stesso ordine logico che il
diritto inglese utilizza per l‟accertamento del tort, subordinandolo alla prova della
preesistenza di un dovere a carico dell‟agente e della conseguente violazione.
L‟essenzialità della funzione della qualificazione del fatto accorcia la distanza tra i due
ordinamenti e fa da volano per la configurazione del sistema della responsabilità civile in
termini di apertura verso figure di illecito non tipizzate ma accertabili in relazione alle
circostanze del caso concreto.
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- Le erronee informazioni commerciali:
La sentenza 5659/1998 riguarda una tematica simile alla precedente, visto che si tratta
sempre di imprenditore bancario nell‟esercizio delle sue funzioni. Quest‟ultimo non può
dare informazioni inesatte, altrimenti risponderebbe per danni causati ingiustamente al
richiedente ex art 2043 c.c. La ratio decidendi è importante per due motivi: 1) ci si
avvicina sempre al tema del danno puramente economico. 2) perché richiama un caso
analogo in prospettiva comparatistica, riguardante il diritto inglese, dove si interviene sulle
operazioni finanziarie avvenute in conseguenza di giudizi sulla affidabilità patrimoniale
rilasciati dalla banca. (sent Hedley Byrne vs Heller) Si è convenuto dunque che l‟operatore
che rilascia pareri sulla affidabilità patrimoniale di certe operazioni incorre in doveri di
diligenza e rischia la responsabilità per danni ingiustamente causati al
richiedente. È opportuno constatare anche che la responsabilità dell‟operatore sorge
anche se manca un legame contrattuale tra lui e il richiedente dell‟informazione( si parla in
questo caso di rapporto paracontrattuale).
La difficoltà di varcare la soglia del contratto per accedere all‟universo della resp. Aquiliana
è vinta dalle due giurisprudenze nazionali attraverso il ricorso all‟identica tecnica di
qualificazione del fatto illecito dal punto di vista del dovere violato, piuttosto che del diritto
del danneggiato. Si tratta cmq di un sistema qualificato di resp civile la cui estensione non
è definibile a priori, ma le condotte vanno valutate caso per caso.
- L’illecito antitrust:
Nel 2005 la sentenza si occupò di decidere se un cartello di imprese assicurative, che
poneva in essere intese a dispregio della concorrenza, realizzasse un fatto illecito ai sensi
dell‟art.2043. Creare intese contro la libera concorrenza è vietato dalla legge a
prescindere, ancor di più è grave perché si limita la libertà di scelta degli operatori
economici, si crea pregiudizio al patrimonio delle imprese concorrenti e poi anche al
patrimonio del singolo imprenditore visto che il mercato viene distorto. Non per ultimo
viene danneggiato anche il consumatore finale del prodotto (si pensi al cliente della
assicurazione che vede il suo premio assicurativo aumentare a dismisura a causa
dell‟intesa vietata), quindi anche il consumatore è tutelato dalla legislazione antitrust al
pari degli imprenditori del mercato.
[La vicenda dell‟illecito anticoncorrenziale di cui si sono di recente occupate le Sezioni
Unite è interamente leggibile in chiave contrattuale, perché contrattuale è il contesto in cui
la fattispecie di danno si era prodotta e la violazione si era verificata. Quindi la tutela non
poteva che essere contrattuale.]
Nelle sentenze alle quali si è fatto richiamo è sempre presente la statuizione dell‟astratta
proponibilità, parallelamente all‟azione extracontrattuale, del rimedio contrattuale, tenuto
conto del carattere relazionale della fattispecie sotto il profilo che le condotte del
danneggiante e del danneggiato erano suscettibili di trovare le regole nella logica del patto
espresso o implicito loro applicabili. Questa osservazione ha ridimensionato il giudizio di
innovatività che si suole assegnare al rimedio extracontrattuale nella materia che ci occupa
e far riflettere sul fatto che il viraggio verso la riva dei rapporti contrattuali offrirebbe più
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soddisfazioni dal punto di vista rimediale perché coprirebbe tanto l‟aspetto risarcitorio in sé
quando quello della validità del contratto.
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3. PARTE III - 2 CASI A SCELTA
In linea generale, al fine di stabilire l‟esistenza del tort di nuisance, l‟aspetto rilevante è la
irragionevolezza del danno patito dall‟attore.
La prova da parte del convenuto di aver agito in modo ragionevole (ossia secondo la
normalità degli usi di un uomo sociale) non comporta automaticamente la liberazione da
ogni responsabilità: ciò che conta è l‟irragionevolezza del danno patito dall‟attore.
(precedente caso Rapier v London sulle immissioni di cattivo odore nel fondo dell‟attore).
102
Gli interessi del danneggiante prevalgono sulla valutazione della condotta del
danneggiante. Non si richiede l‟adozione di una media diligenza, ma la valutazione precisa
di tutte le conseguenze delle proprie azioni, per cui un soggetto può essere ritenuto
responsabile di nuisance malgrado abbia esercitato il proprio commercio correttamente
(caso Broder vs Saillard -> locale adibito a stalla con relative acque che invadevano il
fondo vicino portanto umidità. Non servì dimostrare che l‟umidità era preesistente.) (caso
Helen‟s Smelting vs Tipping resp. per cattiva scelta del luogo dell‟insediamento industriale.
In nessun caso la valutazione delle condotte umane di cui viene lamentata la molestia può
essere effettuata con esclusivo riferimento alla ragionevolezza dell‟uso del proprio diritto
da parte del soggetto molesto, senza tenere conto del livello di disturbo arrecato.
La valutazione delle condotte umane può essere effettuata secondo determinati criteri:
- La sentenza Sedleigh-Denfield vs Callaghan del 1040 introdusse il criterio della
valutazione comparativa degli interessi contrapposti dei proprietari di fondi vicini ->
consiste nell‟interferenza con l‟altrui godimento del diritto di proprietà dalla quale derivano
disturbi alla pace e alla tranquillità. In questa ipotesi assumono un rilevo fondamentale le
circostanze di luogo in cui l‟azione si svolge. (criterio richiamato nella Miller)
- la sentenza Helen‟s Smeltgin vs Tipping introduce il secondo criterio che comporta la
distinzione di due figure di private nuisance:
o interferenza con l‟altrui godimento del diritto di proprietà o altro diritto reale.
o consiste nelle molestie che si concretizzano in un danno diretto ed immediato alla
proprietà altrui (ad es., un allagamento). In questa caso la condotta è senza dubbio
illecita a prescindere da ogni indagine sulla ragionevolezza dell‟uso del proprio
diritto da parte del soggetto attivo.
Il tort di nuisance si configura come un tort di strict liability ,ossia un tort del
quale l‟autore risponde a prescindere dalla valutazione dell‟elemento soggettivo, (dolo o
colpa) . Quando l‟attore intende ottenere l‟inibizione dell‟attività molesta, la Corte accertata
l‟irragionevolezza del danno e quella dell‟uso del proprio diritto da parte dell‟immittente,
accoglierà la domanda attrice, in quanto l‟imperativo che deve guidare il giudice è la
continuazione di una situazione insostenibile per l‟attore.
La pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, non si basa sul mero rapporto di
causalità tra condotta ed evento, quanto sulla giudizialmente accertata negligenza del
convenuto. Occorre anche accertare la condotta del convenuto per accertare che allo
stesso sia addebitale almeno una colpa generica consistente nella mancata previsione
delle conseguenze nocive della propria attività , tanto se si tratti di nuisance creata per la
prima volta, quanto se la molestia sia solo proseguita dal convenuto.
Alla luce di tutto ciò risulta largamente ridimensionata la tesi della nuisance come tort per
la cui commissione si risponde a prescindere dalla prova della colpa.
Occorre valutare le rationes decidendi di due casi: Rapier vs London Tramways e il caso
Wagon Mound. Importanti per valutare i reali confini del credito che portano
all‟affermazione dell‟equazione nuisance = tort di strict liability.
Nella sentenza Rapier, che aveva ad oggetto esalazioni provenienti dalle stalle del
vicino, il giudice si espresse nel senso che la prova di aver adottato ogni ragionevole cura
103
per prevenire la nuisance non costituisce un‟esimente. Ciò però non si può ritenere come
fondamento di una resp oggettiva, infatti qui si chiedeva la injunction e non la tutela
risarcitoria per cui il giudice non era interessato all‟indagine sulla riferibilità della mens rea
di chi pone in essere l‟attività dannosa.
Nel caso Wagon Mound i convenuti furono condannati al risarcimento dei danni in
favore degli attori la cui imbarcazione era rimasta danneggiata da un incendio provocato
dall‟infiammazione di una grossa quantità di petrolio che i convenuti negligentemente
avevano scaricato nello specchio d‟acqua. Il giudice nella premessa afferma la non
necessità della negligenza in molte fattispecie di nuisance ma nella frase successiva
afferma l‟esigenza di un qualche grado di colpa nella quasi totalità dei casi. Aldilà delle
formulazioni generali, la pronuncia giudiziaria si è fatta carico di un attento vaglio delle
circostanze di fatto in cui si inseriva la condotta del presunto soggetto attivo dell‟illecito.
Questa è un‟ulteriore dimostrazione che le uniche ipotesi in cui con certezza può dirsi di
rispondere per una nuisance a prescindere dall‟accertamento della colpa sono quelle in cui
l‟attore cerca l‟ordine giudiziale che inibisca al convenuto la prosecuzione della sua attività
e non il risarcimento dei danni.
I casi Miller e Kennaway ricorrono al concetto di interesse pubblico (sopratt nel caso
Miller) pur non fornendone cmq una nozione generale. Nel precedente caso Bamford vs
Turnley il giudice definì la pubblica utilità (anche se nn coincide terminlogicamente con
l‟interesse pubblico). Il caso riguardava l‟immissione nella casa dell‟attore di fumo e cattivo
odore provenienti dal fondo vicino che bruciava mattoni. Inizialmente venne rifiutata la
injunction, poi si inibì al convenuto di sprigionare le esalazioni nocive. In questa sede si
affermò che il pubblico consiste di tutti gli individui, e che una pubblica attività deve
essere produttiva di conseguenze positive (benefici) per ognuno di essi. Se a ciò equivale
o sia superiore la perdita subita dal singolo, privato del proprio diritto, occorre
indennizzare il soggetto in questione. Con questo caso si propose un bilanciamento degli
interessi pubblici e privati. Ma nelle due sentenze in questione non si trova traccia di tale
esposizione. Nel caso Miller la corte trascurò di analizzare quell‟indirizzo giurisprudenziale
che, pur in presenza di un interesse pubblico, conferisce all‟attore il rimedio inibitorio. Si
fece invece leva sulla preesistenza dell‟attività rispetto alla data in cui i vicini avevano
costruito ed abitato la propria casa. Ciò in linea con la convinzione che il convenuto possa
provare che l‟attore è andato incontro alla nuisance, ma a riguardo manca una
giurisprudenza precedente.
L‟unico rilievo che la priorità dell‟esercizio dell‟attività molesta può assumere nella
prospettiva della sua esenzione è quello dello svolgimento dell‟attività stessa in una zona
industriale, tranne che la molestia non danneggi materialmente il bene di proprietà
dell‟attore. Anche sotto questo profilo che evidenzia una disinvolta disapplicazione dei
precedenti, la decisione Miller si rivela criticabile mentre è più aderente ai precedenti la
decisione kennaway.
In relazione ai rapporti tra tutela inibitoria e quella risarcitoria si disse che non poteva
concedersi l‟injunction laddove vi fosse la prova che l‟autore di un illecito già commesso
non intendesse ripeterlo in futuro o che il danno potesse essere compensato in denaro.
104
Tuttavia il rimedio inibitorio doveva ritenersi preferibile a quello risarcitorio quando
quest‟ultimo si rivelasse inefficace a seguito dell‟indigenza del danneggiante o la natura
stessa del tort richiedesse una tutela più intensa.
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Il principio è che l‟onere della prova della negligenza del medico ricada sul paziente,
tranne che l‟intervento terapeutico non comporti un grado particolare di rischio.
Per gli avvocati invece una condotta lesiva porta a conseguenze diverse a seconda che si
tratti di un Barrister o di un Solicitor:
- i primi, che non intrattengono rapporto con il cliente sono soggetti solo al law of
torts( quindi una responsabilità solo extracontrattuale).
- I secondi invece, che hanno rapporti diretti col cliente, rientrano in entrambe le
responsabilità, sia contrattuale che extracontrattuale.
Riguardo ai professionisti nel corso delle loro prestazioni bisogna innanzi tutto
distinguere due forme di misstatement:
- Dichiarazioni inveritiere rese fraudolentemente, quindi consapevolmente della
falsità. -> ciò giustifica l‟azione di deceit.
- Dichiarazioni effettuate negligentemente -> assumono rilievo nell‟ambito della
tutela contrattuale, rimanendo consegnate al tort of negligence.
Ma nel corso dell‟evoluzione giurisprudenziale si va verso l‟uniformazione delle due forme
di responsabilità civile inglese. Si affermò in capo ai professionisti il dovere di una
reasonable care a prescindere dall‟esistenza di uno specifico obbligo contrattuale, dando
luogo a resp per tort. Con la sentenza Hedley Byrne si affermò che a fondare la resp per
misstatements la condizione necessaria e sufficiente è l‟esistenza di un rapporto tra le
parti stesse. È sulla violazione delle regole del rapporto giuridico che discende il concetto
di civil liability. Quindi il rapporto di prossimità giuridica, che può radicare una
responsabilità per danni esclusivamente economici, va modellato su quello contrattuale.
Oggi verso le azioni commesse per negligenza si adotta un atteggiamento più prudente
che nel passato. Si chiede che l‟attore non solo provi la prevedibilità del danno ma anche il
nesso di causalità, quindi la meritevolezza della tutela.
Sulla risarcibilità del danno vi sono differenti soluzioni a seconda che la causa petendi
dell‟azione sia il tort o il contract.
Nel primo caso il rimedio risarcitorio è limitato al danno emergente; nel secondo caso è
oggetto del risarcimento anche il mancato guadagno.
Ciò non rileva nell‟ambito della resp professionale, in cui occorre che venga ripristinata la
posizione in cui il danneggiato si trovava prima della violazione del dovere (es tecnico che
fa una stima maggiore di un immobile non avendo notato gravi difetti dovrà pagare il
costo delle riparazioni per eliminare i difetti.
La giurisprudenza invece tiene un atteggiamento contrario alla risarcibilità delle economic
losses perché:
- Creare una nuova area di resp è compito del Parlamento.
- La protezione del consumatore va lasciata al legislatore
- Riconoscere l‟esistenza di un duty of care nei rapporti tra le parti non legate tra loro
contrattualmente significherebbe creare un‟obbligazione contrattuale in esecuzione
del contratto stesso e ciò sarebbe contrario ai principi.
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L‟interazione tra tort e contract nell‟ambito della responsabilità professionale ha
consolidato la tutela spettante al danneggiato, rendendogli accessibili quei rimedi prima
preclusigli perché propri di una sola delle due forme di responsabilità.
L‟esperienza inglese offre un criterio per affrontare il problema della complex liability e
della civil liability in genere, più agile per almeno due ragioni:
1- Le categorie del pensiero giuridico sembrano aver iniziato un processo di declino
come fattori idonei a plasmare la realtà normativa.
2- Il concorso di azioni di responsabilità nel diritto inglese non si è poi trovato
paralizzato da concorrenti capaci di neutralizzarne il cammino.
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