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DIRITTO PRIVATO COMPARATO

1. LA COMPARAZIONE GIURIDICA.

1.1. Oggetto e scopo della comparazione.


Le regole giuridiche non sono identiche ovunque, variano da luogo a luogo.
L’analisi delle differenze tra le tante soluzioni forma oggetto di una scienza.
In un primo tempo, la COMPARAZIONE aveva come proprio SCOPO quello di ricavare
dall‟insieme delle esperienze giuridiche una base comune. Ma questa visione è da
respingere, poiché pone alla comparazione limitazioni non giustificate.
La comparazione in realtà ha il fine di stabilire in quale misura le regole appartenenti ai
diversi sistemi giuridici coincidano e in quale misura esse differiscano.
Questa analisi consentirà una migliore conoscenza dei modelli studiati comparativamente.

1.2. Il metodo – i formanti – i crittotipi


Chi compare mette a confronto norme giuridiche appartenenti a diversi sistemi.
Il Comparatista non formula proprie interpretazioni. Se coesistono più interpretazioni
non deve rifiutarne alcuna, ma tutte costituiscono dati veri e reali.
I sistemi giuridici moderni infatti sono costituiti da un grande numero di formanti, i
quali tendono a influenzarsi a vicenda.
In ognuno di essi si distinguono formanti legali (a livello costituzionale, di norma
ordinaria, regolamentare), formanti giudiziari e formanti dottorali.
Il comparatista deve valutare come differenti le soluzioni giuridiche appartenenti a due
diversi sistemi, quando il formante non è uguale.
In tema di formanti, la dicotomia più importante è quella che distingue tra regole
operazionali, che costituiscono i criteri di decisione, e le proposizioni elaborate per
pensare, comunicare la norma.
Ad esempio, è una regola il criterio in base al quale il giudice decide. È una definizione la
massima enunciata dal giudice.
Alcuni formanti del diritto nascono già verbalizzati, ossia espressi mediante parole.
Ad esempio, la definizione dottorale nasce verbalizzata.
Altri invece non vengono espressi e sono denominati “crittotipi” o “inferenziali”.
Quando due leggi identiche, in vigore in due sistemi diversi, danno luogo a soluzioni
applicative diverse, si afferma che, oltre alla legge, influisce sulla soluzione un ulteriore
criterio di decisione non verbalizzato.
La scoperta di un crittotipo mediante la comparazione è facilitata quando una nozione
implicita in un sistema è esplicita in un altro.
L‟insieme dei crittotipi che sono presenti in un determinato contesto incide in modo
rilevante sulla mentalità del contesto in questione.
Ogni formante può mutare in modo indipendente dagli altri e indurre gli altri formanti a
recepire la nuova mutazione (per via di immediata imitazione o per l‟intermediazione di un
organismo specifico, quale ad esempio una camera legislativa).
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1.3. Lingua – traduzione.
Talora un sistema utilizza nozioni e parole che non hanno riscontro nei concetti noti ai
giuristi di un altro Paese né nella loro terminologia. Per cui le differenze tra le norme
giuridiche dei diversi sistemi creano specifiche difficoltà di traduzione.
L‟importanza della traduzione e le relative problematiche hanno fatto nascere un nuovo
ramo del sapere: la TRADUTTOLOGIA. Dal confronto dei significati si passa al confronto
dei concetti e ciò chiama in causa temi propri dell‟ontologia e cognitivismo.
Dinanzi al problema di traduzione il comparatista ha davanti diverse soluzioni e deve
scegliere quella corretta:
- Talvolta la traduzione puù essere eseguita senza particolari problematiche.
- Altre volte non bisogna tradurre es: sarìa
- Altre volte si deve accertare la disparità di significato dei termini in questione
- Altre volte deve introdurre nella lingua il neologismo necessario per rendere
l‟espressione presente nell‟altra lingua.
All‟interno di ogni sistema giuridico operano PAROLE destinate ad avere DUE LIVELLI DI
INTERPRETAZIONE: una definizione più generica ed una più precisa. Es. fatto illecito
inteso genericamente come comportamento antigiuridico, o invece come torto che scatena
responsabilità extracontrattuale. Normalmente spetta alla scienza giuridica definire
concetti giuridici, cioè le categorie in cui incasellare i risultati dell‟interpretazione giuridica.

1.4 Indagine sui sistemi – sistemologia – ripartizione di David.


Le differenze tra i sistemi possono avere portata maggiore o minore.
Le differenze PIù PROFONDE sono quelle che tendono a scomparire solo nei lunghi
periodo perché coinvolgono la mentalità e i procedimenti logici dell‟interprete. Spesso
questi dati più profondi riflettono le regole non scritte e tra queste le più difficili da
neutralizzare sono i critto tipi.
Il comparatista redige una specie di ritratto dei connotati propri e caratterizzanti
dell‟ordinamento preso in esame.
La sistemologia si preoccupa della raccolta di tali dati. La descrizione di una sistema
operata indicando gli elementi relativamente permanenti di esso non esime il comparatista
dalla necessità di tenere sempre sotto esame tali elementi, perché nella vita del diritto
nulla è statico e tutto può mutare rapidamente.
R.DAVID negli anni „60 ha raggruppato gli ordinamenti secondo le loro somiglianze,
individuando:
- famiglia romano- germanica:
- involge i sistemi che dal 13° sec. ad oggi si sn sviluppati nel continente europeo.
- sono sistemi codificati
- i giuristi dell‟area si sono formati nelle università, in cui il diritto era un estratto del
diritto giustinianeo e del diritto canonico.
- sistemi socialisti: la cui caratteristica era la statizzazione dei mezzi di produzione
industriali, subalternazione dell‟attività economica al piano di Stato.

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- sistemi di common law:
- diritto radicato in via consuetudinaria.
- formazione del giurista a contatto con la pratica del common law e non sul diritto
romano.
- sistema originariamente inglese, poi diffuso in tutte le colonie inglesi.
- sistemi misti: in cui sono presenti elementi romanistici e altri di tipo angloamericano. Es.
scozia, sudafrica, israele)
-altri sistemi: Sarìa islamica; sistemi asiatici-indiano; sistema cinese; giapponese; africani.
Sull‟esempio di David tutti gli studiosi hanno convenuto sulla necessità di raggruppare i
sistemi in famiglie.
La ripartizione di David ha subito anche critiche:
- Alcuni hanno negato la validità di tale sistemazione fuori dall‟area del diritto privato.
- Altri hanno rivendicato un posto a parte per la famiglia latino-americana, o
germanica.
- Altri ritengono tale classificazione di carattere eurocentrico.
David insiste per lo più sulla dicotomia common law- sistemi romanisti. Ciò è stato
contrastato dal fatto che si sono rivalutati i contatti storici tra i due sistemi e si sono
notate importanti convergenze che creano settori di diritto uniforme.

Per raggruppare i sistemi, e quindi conoscerli, è necessario classificarli prendendo in


considerazione diversi elementi: storia, modo di legittimazione del potere; grado di
sviluppo del sistema; valori di fondo protetti. Bisogna però anche tenere conto della
variabilità dei sistemi giuridici, della compresenza di strati e substrati diversi. Tutto ciò
incide sulla difficoltà di classificazione.
I sistemi presentano una molteplicità di modelli che si dividono i diversi settori del diritto.
Nessun sistema è pienamente fedele ad un unico modello.
Il sistema è qualcosa di reale e storicamente presente. Il modello è qualcosa di astratto.

2. LA DIVERSITà E UNIFORMITà DEL DIRITTO.

2.1 Il valore della diversità.


Diritto uniforme significa unità culturale, dunque eliminazione delle difficoltà fra le
diverse culture. I conflitti del diritto tra ordinamenti nazionali ostacolano gli scambi.
La domanda che si si pone è se si deve desiderare la diversità dei diritti o si deve
auspicare la loro uniformità.
Se una comunità di umani non parla una sola lingua, ciò contraddice lo scopo della lingua
che consiste nella comunicazione. Allo stesso modo se non osservano un unico diritto, ciò
va contro lo scopo del diritto, cioè garantire un meccanismo di soluzione di conflitti uguale
per tutti. La spiegazione alla diversità di diritti e lingue sta nella natura delle cose. Tutto
ciò che è reale è dominato dalla diversità. La diversità proviene dalla variazione, dal
mutamento. Senza variazioni non avremmo progresso.
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La variazione non si ferma dopo aver raggiunto un traguardo determinato.
Ogni nuovo assetto produce nuovi squilibri, cioè situazioni favorevoli ad ulteriori
innovazioni.

2.2. Contrapposizioni nei caratteri dei diversi modelli.


Esistono ordini giuridici portatori di strutture e connotati diversi. È possibile fare varie
distinzioni:
- Diritto con/senza LEGISLATORE -> ordinamenti con autorità/organi dotati di
competenza legislativa generale.
- Diritto con/senza GIURISTA -> dove manca un giurista, manca anche una
terminologia giuridica specialistica, mancano anche concetti nitidi e rigorosi.
- Diritto con/senza lo STATO ->l‟idea di stato nasce non prima del 3500 a.C. prima di
allora mancava uno Stato che provvedesse a tutti i bisogni della Società.
Nonostante ciò oggi esistono società in cui le strutture statuali non sono operanti.
(es. popolazioni autottone)
- Diritto e soprannaturale -> il potere tra soprannaturale e potere mondano
nell‟ultimo millennio si sono intrecciati e influenzati, poi affievoliti.
- Pluralismo giuridico -> se due comunità sono legate a soluzioni giuridiche diverse,
ognuna di esse sarà refrattaria verso l‟altra. I problemi iniziano quando una
comunità tecnologicamente meno avanzata si trova immersa in una società
dominata da un‟etnia più avanzata. Possono verificarsi due esiti:
o Minoranze autottone sono circondate da una maggioranza legata alla
tradizione giuridica occidentale. Un silenzio circonda la sopravvivenza delle
pratiche legate al diritto tradizionale, confinandole nell‟area dell‟antidiritto se
sono in collisione con il diritto occidentale. Si parla di DIRITTO SOMMERSO.
o Dopo la decolonizzazione gli autottoni costituiscono la totalità della
popolazione, ma molti nn rigettano i modelli occidentali. Qui la libertà del
diritto autottono può essere garantita dalla presenza di corti di diritto
tradizionale.

2.3. Mutazione giuridica.


Il diritto muta. Lo studioso si domanda se tali mutazioni seguano regole. La
mutazione colpisce dapprima uno dei formanti dell‟ordinamento e da qui si diffonderà
sugli altri.
Il giurista è interessato a conoscere le cause delle innovazioni giuridiche.
La causa prossima di un mutamento può consistere in un fenomeno appartenente al
mondo del diritto (es. norma abrogata). La causa remota può consistere in un dato
extragiuridico (es. affermazione di un nuovo indirizzo politico).
Alcune mutazioni cardinali sono correlate a mutazioni sociali (queste non furono molte.es.
uso della parola ai fini del diritto).

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2.4. Uniformazione giuridica.
Le forme culturali possono essere imitate. Il fenomeno in esame chiamato DIFFUSIONE,
che controbilancia gli effetti dell‟evoluzione. La nascita di un modello originale si deve
considerare come un episodio molto più raro dell’imitazione.
Occorre indagare le cause delle imitazioni, tra queste:
- Il desiderio di appropriarsi le attribuzioni altrui.
- Il desiderio di diffondere il proprio modello culturale.
Le diversità vanno riducendosi nel campo del diritto pubblico e diritto privato.
L’uniformazione delle norme evita le pericolose contraddizioni create dai conflitti di
norme nello spazio.
Ma non è sensato diffidare dalla soluzioni del proprio vicino. Il diritto infatti non è statico.
Le soluzioni circolano, si diffondono, producono imitazioni.
In sintesi si può credere sia alla diversità che alla uniformità.

3. LA TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE.

Per “tradizione giuridica” si intende l‟insieme dei modi di pensare, applicare, insegnare il
diritto, che sono storicamente condizionati e profondamente radicati nella mentalità
giuridica. pone un sistema giuridico in una prospettiva culturale.
La comparazione giuridica moderna ha analizzato a lungo l‟opposizione tra:
- La tradizione giuridica di common law
- La tradizione giuridica di civil law

La prima famiglia riunisce tutte quelle esperienze che hanno alla loro base il diritto
inglese medievale e moderno, dal quale si sono distaccate soltanto in epoca
contemporanea. Si tratta essenzialmente della tradizione giuridica anglosassone che
accomuna, con qualche variante, l‟Inghilterra, l‟Irlanda, il Canada (eccetto il Quebec), gli
Stati Uniti, l‟Australia e la Nuova Zelanda. Essa inoltre influenza anche il diritto di altri
Paesi (ad es., India e Pakistan) i quali hanno conosciuto per un certo periodo di tempo
l‟influenza dominante del diritto inglese.
La seconda famiglia raggruppa tutte le esperienze avvenute in epoca medievale
nell‟Europa continentale, con alla base il diritto romano e la sua riscoperta compiuta nell‟XI
secolo da Irnerio e dalla Scuola di Bologna. Al riguardo, si utilizza anche l‟espressione
“tradizione romanistica” per accomunare le tradizioni giuridiche dell‟Europa continentale,
dell‟America latina e di altri Paesi che, nonostante siano storicamente lontani dalla civiltà
europea, hanno utilizzato principi e istituti derivanti dal diritto romano, quali, ad es., la
Turchia e il Giappone.
La tradizione di civil law si presenta come meno compatta, in quanto le esperienze che si
collocano al suo interno hanno subito una serie di mutamenti più accentuati rispetto a
quelle che caratterizzano la tradizione di common law.

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Tale circostanza dunque ha suggerito un‟ulteriore suddivisione in sottofamiglie al fine di
distinguere una tradizione latina, una germanica, una nordica, una post-socialista ed una
latino-americana.
La metafora cui ampiamente si ricorre per rappresentare le due grandi famiglie è quella di
due alberi, ma è una metafora che può risultare fuoriviante, perchè la tradizione di
common law e quella di civil law non sono due entità perfettamente separate e
contrapposte, in quanto tra tradizione giuridica e civiltà vi è una forte correlazione e non è
mai esistita una civiltà inglese separata da quella europea.
La problematica attinente al raggruppamento delle diverse esperienze giuridiche nelle
c.d. famiglie costituisce uno dei punti focali della sistemologia contemporanea.
I dati utilizzati dalla comparazione giuridica moderna come criteri di classificazione,
denominati “demarcatori sistemologici”, riguardavano essenzialmente:
- l’assetto delle fonti:
civil law ->sistemi di diritto scritto codificato VS Common law ->sistemi di diritto
consuetudinario non scritto.

La riflessione critica successiva ha sottolineato come queste percezioni siano infondate e


non più attuali: nei Paesi di civil law, il sistema giuridico non si identifica nel codice civile e
la legge formale non costituisce l‟unica fonte del diritto; nei Paesi di common law, la forma
del codice non è del tutto assente e la produzione delle regole si è evoluta verso un
sistema basato sulla legge emanata dal Parlamento e sulla c.d. legislazione delegata.
- Neanche il criterio del modus operandi del formante giurisprudenziale appare
idoneo al fine di effettuare una distinzione netta, in quanto, da un lato, alcune Corti
supreme di Paesi di civil law, quale ad es. la Cassazione di Francia, sono piuttosto
attente al valore dei propri precedenti; dall‟altro, nei sistemi di common law il
rispetto del precedente è divenuto un vincolo assai elastico, sottoposto a diverse
eccezioni.
In definitiva, nessun aspetto del sistema delle fonti può costituire un demarcatore
sistemologico tra le esperienze di common e di civil law.
Le divergenze riguardano piuttosto l‟apparato concettuale, didattico e espositivo
predisposto per conoscere il diritto e trasmettere la conoscenza.
OGGI la graduale convergenza dei sistemi appartenenti alle due famiglie giuridiche
appare evidente: La costituzionalizzazione degli ordinamenti attuali ha condotto ad
un‟espansione dei moduli di pensiero giuridici in territori antecedentemente riservati al
dominio del politico. Inoltre, tutti gli ordinamenti occidentali presentano valori e principi
simili (principi di eguaglianza, libertà di espressione, laicità dello Stato), a prescindere da
qualsiasi distinzione sistemologica.
D‟altra parte però rinunciare a una demarcazione sistemo logica tra civil e common law
sembra una follia, perché non si possono ignorare una serie di dati che evidenziano
l‟esistenza di diversità (es. nel campo dei percorsi argomentativi con cui i giurisiti
giustificano le loro conclusioni).da ciò deriva anche l‟interesse verso i sistemi misti, che
hanno subito l‟influenza di diversi modelli giuridici, frutto di sovrapposizione di modelli.
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Gli storici dell’800 erano propensi a sottolineare la particolarità di ogni esperienza
nazionale. Soprattutto gli storici inglesi erano convinti della insularità della loro
esperienza, e perciò tendevano a sottolineare la radicale diversità con le altre esperienze
continentali, segnalando tutti i fattori che nel corso del tempo hanno condotto a una
differenziazione mettendo insieme tutti i fatti storici dai quali sono scaturite le singole
regole ed istituzioni giuridiche. Ma è ovvio che i fatti storici avvenuti in Inghilterra
differiscano in ogni punto da quelli di un altro Paese. È un truismo.
Occorre addentrarsi nelle problematiche sistemo logiche per fare risposte appropriate sulla
diversità di sistemi.
Una prima ricostruzione storica sostiene che la diversità tra civil law e common law si
è sviluppata a partire da un diritto comune europeo altomedievale, caratterizzato dalla
presenza di elementi tardo romani e germanici e dalla continua concorrenza di fonti
diverse. Si sottolinea il carattere dinamico di questo diritto comune. Ciò spiegherebbe la
consonanza di valori di fondo e la diversità nelle forme di espressione.
Una seconda ricostruzione storica, invece, configura le due famiglie come espressione
di una medesima tradizione giuridica di fondo, denominata “tradizione giuridica
occidentale”, la quale si sarebbe sviluppata nell‟XI secolo, in seguito alla riforma
gregoriana e i cui principali caratteri sarebbero:
- Il diritto è relativamente autonomo rispetto alla religione e alla politica.
- L‟amministrazione dello spazio giuridico è affidata ad una categoria di professionisti, i
quali utilizzano una cultura specialistica e un linguaggio settoriale.
- Il diritto è concepito come un insieme coerente, ossia un sistema integrato e
parzialmente autopoeitico.
- La legalità è superiore alla sovranità, nel senso che la volontà politica non può sovvertire
l‟ordine legale. Vi sono determinate procedure che stabiliscono una canale di espressione
legale della volontà politica.

L‟analisi dei sistemi giuridici segue una periodizzazione storica la quale distingue, sia in
riferimento al common law sia al civil, 4 periodi:
- Il periodo formativo XII - XIV secolo
- Il periodo del consolidamento XIV – XVIII secolo
- Il periodo delle rivoluzioni XVIII – XX secolo
- Il periodo contemporaneo 1930

4. COMMON LAW ED EQUITY IN INGHILTERRA.

4.1. Il periodo formativo.


Si afferma che il common law inglese è il sottoprodotto di un capolavoro di organizzazione
amministrativa.
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La conquista normanna dell‟Inghilterra ha comportato due innovazioni di grande rilievo
nel sistema di governo del regno.
Guglielmo il Conquistatore introdusse:
- un sistema compiutamente feudale ->ciò costituì una scelta obbligata, in
quanto occorreva ricompensare i cavalieri e provvedere al controllo miliare del territorio
conquistato. In questo modo si sostituiva una classe dirigente con un‟altra che coincideva
con una aristocrazia guerriera, caratterizzata da un rapporto di vassallaggio, rapporto
personale diretto tra sovrano e primi feudatari.
La società feudale si presentava come un sistema gerchicamente strutturato, per cui i
cavalieri si riunivano in primo luogo attorno al signore feudale e, solo indirettamente e
tramite questo,al sovrano. Si ebbe cura di mantenere un legame diretto tra valvassori e
sovrano
- sistema di amministrazione centralizzata -> Al fine di contrastare le spinte
centrifughe derivanti dal rapporto di vassallaggio e mantenere l‟unione del regno, al
sovrano erano riservati alcuni poteri di polizia e di esazione fiscale riguardanti l‟intero
regno.
Il sovrano inoltre aveva la possibilità di nominare i c.d. chierici. Essi erano ecclesiastici,
senza cura d‟anime, ovvero persone che avevano ricevuto una educazione scolastica, i
quali possedevano una capacità a quel tempo di carattere elitario: sapevano leggere e
scrivere. Grazie alla loro opera, l‟esazione fiscale venne organizzata attorno ad un catasto,
il c.d. “Domesday Book”, nel quale tutte le ricchezze del regno erano registrate, e si
cominciò a realizzare una distinzione tra potere esecutivo, potere legislativo e potere
amministrativo.
I chierici erano specialisti dell‟amministrazione: redigevano e conservavano documenti
scritti; ma non potevano inserirsi nelle decisioni politiche, in quanto non avevano alcun
rango feudale.
Per quanto riguarda l‟amministrazione della giustizia, il sovrano aveva il compito eminente
di conservare la pace e la giustizia in tutto il regno.Pertanto, era potere e dovere del re
decidere le questioni di che potevano mettere in pericolo simili valori.
Nello svolgere questa delicata funzione, il re era assistito da un consiglio, denominato
Curia Regis e composto dalle persone che occupavano una posizione di rilevo
nell‟aristocrazia guerriera.
Oltre a queste decisioni di interesse generale che confluirono poi nelle c.d. scelte
legislative, ve ne erano altre che potevano essere affidate ai chierici.
Dunque all‟interno della Curia Regis si delineò una divisione del lavoro:
- da una parte il Magnum Concilium che genera successivamente il Parlamento;
- dall‟altra un‟assemblea ristretta composta dal Cancelliere, ossia il ministro posto al
vertice dell‟amministrazione regia, e i chierici ai quali erano devolute
l‟amministrazione fiscale e le questioni giudiziarie. Da questa assemblea ristretta
presero avvio le Corti di giustizia.
Occorre sottolineare quindi che queste Corti, ereditando i poteri della Curia Regis,
traevano la loro competenza dalla giustizia del re.
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La competenza del re in materia di giustizia era limitata, in quanto la maggiore parte dei
compiti di amministrazione della medesima erano stati delegati ai feudatari nell‟ambito del
sistema di governo del territorio loro attribuito: egli aveva il compito di giudicare :
- le cause riguardanti le investiture dei primi vassalli
- le cause che nascevano da liti che mettevano in pericolo la pace del regno.

Il meccanismo di attivazione della giustizia regia era il seguente: il soggetto, al fine


di ottenere la riparazione di un torto, si rivolgeva all‟ufficio della cancelleria e i chierici ad
essa addetti emanavano, dietro pagamento delle somme previste, un documento
denominato “writ”, ossia breve.
Il nome derivava dalla forma esteriore del documento, costituito da un foglio di
pergamena. Il contenuto del documento assumeva la forma di una lettera.
Questa lettera, a seconda dei casi, poteva avere due destinatari:
- Essa poteva essere indirizzata allo sceriffo, nella sua qualità di organo di polizia ->
per cui il re ordinava allo sceriffo di compiere determinate azioni.
- oppure al signore locale -> il re ordinava al signore locale di compiere giustizia
nella fattispecie concreta.
La prima forma era quella più efficace, in quanto avviava una procedura che si svolgeva
interamente nella sfera di controllo dei funzionari regi. Lo sceriffo aveva il compito di
procurare il necessario per lo svolgimento del processo da attuarsi presso i giudici regi e
quindi di procurare in primo luogo la presenza dell‟autore del torto il quale assumeva il
ruolo di convenuto in un processo.
La possibilità di ricorrere alla giustizia regia era gradita agli attori in quanto essa
assicurava una maggiore neutralità rispetto ai condizionamenti locali.
Inoltre, la redazione dei writs era un buon affare sia per i chierici della cancelleria, che
erano remunerati per la loro opera, sia per il sovrano che in questo modo estendeva la sua
influenza.
La convergenza di questi aspetti produsse il risultato di aumentare notevolmente il numero
dei writs, standardizzati nei registri della Cancelleria.
Questa espansione non comportò l‟eliminazione del principio teorico secondo il quale la
giustizia regia era sussidiaria ed eccezionale. Tuttavia, è ovvio che la pace del regno è un
concetto vago e che ogni lite è potenzialmente in grado di turbarla.
Dunque, l‟area assegnata alla giustizia baronale venne progressivamente ridotta
dall‟attività dei chierici della Cancelleria.
I baroni contestarono questa situazione ed ottennero nel 1215 il rispetto da parte del re
dei loro diritti, i quali vennero enumerati e messi per iscritto nella Magna Charta.
Successivamente, le Provisions of Oxford del 1258 stabilirono che i chierici della
Cancelleria potevano continuare ad emanare i writs che già erano presenti nei loro registri
ma non potevano crearne di nuovi.
Il rigore di questa regola fu attenuato qualche anno dopo con lo Statute of
Westminster con il quale si consentì ai chierici di creare nuovi writs qualora essi
riguardassero casi simili a quelli già previsti.
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La vicenda rende evidente come le questioni riguardanti la giurisdizione diventano presto o
tardi questioni di carattere politico-costituzionale.
Occorre sottolineare che i chierici della cancelleria, creando continuamente nuovi writs,
avevano effettivamente legiferato.
Infatti, non vi è una sensibile differenza tra la creazione di un nuovo writ e l‟istituzione
di un nuovo diritto soggettivo: riconoscere un rimedio efficace a tutela di un interesse
della vita è del tutto equivalente ad istituire un diritto sostanziale attraverso una legge.
Questa conseguenza derivava dal modus operandi dei chierici i quali se formulavano
un nuovo writ ne conservavano una copia nei propri registri con la conseguenza che tale
formula diveniva disponibile per i richiedenti successivi.
Nella storia di common law si coglie il differenziarsi di:
- polo della legalità -> concerne i diritti positivamente riconosciuti e viene
amministrata con ragionamento logico.
- Polo della politica -> implica scelte di altra natura alla cui formazione si richiede il
consenso di tutti coloro che rappresentano interessi politicamente rilevanti nello
Stato.
Nella magna Carta si trovano elencati e frammischiati tra loro diritti politici e civili.
Il problema principale riguardava l‟amministrazione della giustizia.
In seguito allo scontro tra il re e i baroni, si decise che il re manteneva la sua giustizia
sulla base dei writs emanati sino al 1259 ed il resto era di competenza delle corti
decentrate.
Tuttavia, queste corti (eccetto quelle ecclesiastiche) non presentavano una categoria di
soggetti specialisti dell‟amministrazione della giustizia e applicavano un diritto
consuetudinario conforme ai costumi e alle tradizioni di ciascuna località.
Questo localismo contrastava con l‟idea di legalità come ordine universale, capace di
esprimersi mediante regole generali e astratte, sostenuta dalla cultura medievale.
Le corti regie invece con la loro sapienza e il loro tecnicismo formale erano idonee a
realizzare questa idea di legalità. Esse e non le corti locali elaborarono il sistema di
common law.

4.2. Consolidamento common law e nascita delle equity.


Nel 1178 Enrico II, poiché i giudici erano soliti spostarsi da un luogo all‟altro, decise che
cinque di essi dovessero risiedere permanentemente a Londra.
Da questi primi cinque giudici, con sede a Westminster Hall, derivarono le corti:
- King’s Bench -> aveva giurisdizione per le cause, soprattutto penali, in cui era in
gioco la pace del regno ed alle quali il sovrano erano interessato, denominate
“pleas of the Crown”;
- Common Pleas.->aveva giurisdizione per le cause comuni, prive di rilevanza
politica, denominate common pleas.
L‟ammistrazione nelle corti favorì la formazione del ceto forense. Inizialmente i Justiciarii
(giudici) si consici si presentavano come pubblici funzionari, addetti ad un determinato
settore dell‟amministrazione regia.
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Essi erano sia chierici sia cavalieri e possedevano il vocabolario tecnico e le conoscenze
necessarie per assicurare l‟uniformità dei procedimenti amministrativi.
Le regole da seguire erano illustrate in libri.
Sulla base di questi, Glanvill e Bracton elaborano due trattati dal medesimo titolo, “De
legibus et consuetudinibus Angliae”, che si occupavano essenzialmente dei writs e delle
diverse procedure.
Il tecnicismo formale richiedeva che i giudici fossero anzitutto specialisti della tecnica dei
writs. Questa necessità ebbe sul piano pratico due rilevanti conseguenze.
- In primo luogo, accanto ai giudici, si diffusero gli avvocati, i quali dovevano
possedere eguale perizia in materia di writs.
- In secondo luogo divenne regola che i giudici fossero tratti dal novero di coloro che
tale perizia tecnica avevano già dimostrato di possedere.
Si instaurò così la consuetudine per cui diventavano giudici coloro che avessero assistito in
qualità di cancelliere i giudici precedenti.
In breve tempo però la nascita di una professione forense composta da avvocati delle parti
condusse ad un perfezionamento della consuetudine: divenne infatti regola nominare
giudici coloro che in precedenza erano stati avvocati.
L’emergere della professione forense comportò inoltre un mutamento della
composizione sociale del personale di giustizia.
I primi sovrani normanni avevano affidato le funzioni amministrative più elevate ai chierici,
in quanto persone colte. Questa consuetudine non fu del tutto eliminata: il Cancelliere
rimase un ecclesiastico e più precisamente un vescovo, sino al XVI secolo. Tuttavia, i
chierici in linea di principio non potevano, per ragioni canonistiche, patrocinare le cause a
pagamento. Perciò la professione forense si popolò di laici e quando i giudici furono tratti
per consuetudine dal novero degli avvocati si attuò una completa laicizzazione della
giustizia regia.
Gli sviluppi della professione legale come corporazione seguirono l‟itinerario ordinario
del corporativismo medievale: ad una prima fase di libero mercato seguì una fase di
regolamentazione pubblicistica diretta a reprimere gli abusi e ad effettuare controlli
preventivi. Si crearono così corporazioni dotati di propri statuti e regole organizzative.
La specializzazione nello svolgimento dei diversi compiti comportò la formazione di una
gerarchia.
L‟attività più prestigiosa era quella svolta dai narratores, ossia da coloro i quali, per conto
della parte, narravano i fatti avanti i giudici e si impegnavano poi nella discussione degli
argomenti. Un gruppo di narratores avanti la corte di Common Pleas, conosciuto come
serjeants, si organizzò nel 1330 in una corporazione.
L‟ammissione al gruppo avveniva seguendo un complesso cerimoniale che prevedeva
l‟intervento dei giudici della corte e una berretta di seta bianca detta Coif al nuovo
serjeant. Da qui il norme di order of the Coif, che costituì il primo modello di una serie di
corporazioni.
Successivamente i serjeants vennero sostituiti dai barristers, organizzati tuttora in
quattro Inns. Inner Temple; Middle Temple; Gray‟s Inn; Lincoln‟s Inn.
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Gli Inns sono luoghi di riunione, lavoro e formazione dei futuri membri della corporazione.
Nel XV secolo gli Inns formarono una scuola di diritto occupando tutto lo spazio
educativo. In questo modo, la professione forense si assicurò un duplice monopolio: quello
delle tecniche giuridiche e quello della formazione dei giuristi delle generazioni future.
Lo schema di formazione del giurista attraverso la procedura di cooptazione e
l‟apprendistato mantiene limitato il numero dei soggetti che accedono al Bar, (ossia
inizialmente lo steccato in legno che separava la zona degli avvocati dal banco dei giudici,
detto bench.) Questa situazione favorì la coesione sociale del gruppo ma mantenne il
sapere giuridico all‟interno di una logica iniziatica, la quale è esattamente l‟opposto del
modello universitario basato sul sapere professato in pubblico.
Questa tendenza verso lo schema del sapere che si apprende mediante iniziazione spiega
l’improduttività della letteratura giuridica inglese.
Il modello di trasmissione del sapere giuridico si adegua sempre alla struttura delle fonti
del diritto.
I giuristi inglesi sostenevano che l‟unico modo sicuro di accertamento del diritto fosse il
riferimento alle opinione espresse dai giudici e dai serjeants. Quando queste opinioni
erano ripetute ed accettate dal gruppo, esse divenivano la consuetudine legale del regno.
Dunque l‟unico punto di riferimento erano le discussioni che avvenivano tra i soggetti più
autorevoli della corporazione e l‟unico modo per apprendere quale fosse il diritto era quello
di assistere alle discussioni e annotarle.
Inoltre, occorre sottolineare come la struttura organizzativa del ceto forense inglese
ha comportato una stretta connessione tra valori sociali e valori formali all‟interno del
ragionamento giuridico ed una chiusura verso le correnti intellettuali presenti nel regno.

La modalità con cui i giuristi inglesi affermarono il principio di legalità all‟interno della
giurisdizione delle corti regie fu improntata al formalismo.
Il punto di partenza di ogni ragionamento giuridico fu quindi l‟adesione esatta alla formula
di ciascun writ e la conservazione della procedura tradizionale alla quale ogni writ si
ricollegava.
Sotto il profilo processuale, l‟adesione al sistema dei writs diede forma ad una
procedura di carattere accusatorio, in quanto l‟accusa cui il convenuto doveva rispondere
era chiaramente specificata nella parte della formula del writ che iniziava con le parole:
“ostensurus quare”.
La garanzia fornita al convenuto che egli sarebbe stato chiamato a rispondere soltanto di
ciò che gli veniva contestato sin dal primo atto, divenne un principio basilare del sistema e
del concetto di due process of law.
Secondo questo concetto, una persona può essere sottoposta a certe conseguenze
giuridiche a lui sfavorevoli solo dopo che gli è stata data la possibilità di difendersi in un
giudizio avanti una autorità imparziale, in cui l‟accusa è stata chiaramente formulata e non
può essere mutata.

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Sotto il profilo sostanziale, il sistema dei writs garantiva una certa parità di trattamento
di tutti casi eguali, la quale si esprimeva nella forma di eguale procedura per tutte le
accuse appartenenti ad un medesimo tipo.
Sotto il profilo costituzionale la funzione del sistema dei writs fu quella di fornire una
base di legittimazione indipendente dall‟operare delle corti regie, le quali divennero quelle
corti che amministravano una giustizia tradizionale.
Il tradizionalismo come fondamento legittimante l‟esercizio di un potere non richiede
però la rigida osservanza delle regole e la ossessiva ripetizione delle condotte precedenti,
ma soltanto l‟osservanza apparente. In altri termini, occorre che si formi il consenso circa
la corrispondenza di ciò che si sta facendo con quanto si è già fatto in passato, in quanto il
fine a cui si mira è soltanto quello di ottenere la generale accettazione di ciò che si fa
come un fare legittimo.
Chiuso dal 1258 il registro dei writs, lo sviluppo del common law è stato filtrato dalle
formule in esso contenute. Questa situazione è durata sino alle riforme giudiziarie del XIX
secolo, quando le c.d. forms of action sono state abolite.
In realtà, il numero dei writs non è mai stato del tutto chiuso né le formule di essi sono
rimaste immutate.
Tra il XIII ed il XIX secolo si è svolta una graduale evoluzione la quale ha infine condotto
ad un ribaltamento del sistema complessivo.
Tuttavia, è innegabile che in Inghilterra sia stato a lungo in vigore un sistema di tipicità
delle azioni in cui il diritto veniva configurato come rimedio e come procedura collegata a
quello specifico rimedio.
Inizialmente vi era una netta distinzione tra:
- i writs in cui si rivendicava un diritto (a demand) -> si caratterizzavano per la forma
praecipe (ordina), in quanto in essi il re si rivolgeva allo sceriffo affinché questi
ordinasse al convenuto di restituire ciò di cui si era impadronito (praecipe quod
reddat).
- quelli in cui si contestava un torto ricevuto (a plaint).
La differenza tra i due tipi di writs si basava sulla comune percezione per cui rivendicare
un diritto, soprattutto di natura feudale, significava assegnare un qualcosa che aveva le
caratteristiche dell‟eternità e che poteva segnare per sempre i destini di due famiglie.
Quindi, il processo relativo ai diritti era circondato da grandi cautele.
La materia dei torti invece poteva essere trattata più speditamente, in quanto
riguardava un singolo episodio, il cui accertamento poteva essere demandato ad una
giuria.
Nel periodo intermedio si è assistito ad un graduale abbandono dei writs nella forma
praecipe quod reddat e ad una estensione dei writs derivanti dal trespass, e specialmente
da quella formula denominata case.
Il passaggio essenziale avvenne nel 1360 quando dalla formula del writ of trespass fu
eliminato il riferimento al requisito della violenza armata.

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Così questa formula, inizialmente concepita per le aggressioni violente al possesso
immobiliare o mobiliare e all‟incolumità personale, divenne disponibile per reprimere
qualsiasi invasione non autorizzata della sfera giuridica altrui.
Il cambiamento probabilmente derivò dalla considerazione che la violenza non è
necessariamente un elemento caratterizzante l‟aggressione, ma è un elemento che può
caratterizzare la situazione complessiva derivante dall‟aggressione.
Il trespass on the case,in quanto riferibile a tutte quelle situazioni in cui vi era stata
illegittima invasione nella sfera giuridica altrui divenne la base di una serie di rimedi che
assunsero nomi propri: negligence, trover, assumpsit, ecc.

Il common law originario aveva rimedi adatti a fronteggiare l‟inadempimento delle


obbligazioni contrattuali, ma essi erano caratterizzati dall‟arcaismo tipico dei writs nella
forma praecipe.
In particolare, il writ of covenant poteva riguardare il contratto in generale, ma la sua
procedura prevedeva il giuramento decisorio del convenuto, confermato da quello di 12
testi presentati dal medesimo convenuto (wager of law).
La stessa procedura si applicava al writ of debt che riguardava le azioni rivolte
all‟adempimento di obbligazioni.
Il criterio del giuramento decisorio, confermato da 12 testi, poteva rappresentare un
espediente processuale efficace presso le corti locali, in quanto in questo caso il
procedimento si svolgeva in una comunità ristretta nella quale tutti i partecipanti al
processo vivevano.
Ma poiché il processo si svolgeva a Londra, lontano dalla comunità e senza l‟intervento
delle parti che erano rappresentate dai loro avvocati, il wager of law diveniva un
meccanismo poco sensato, in quanto era agevole reclutare 12 soggetti pronti a prestare
qualsiasi giuramento. Inoltre, in materia contrattuale il problema che si pone è costituito
dalla difficoltà a ricostruire il contenuto di un accordo e quindi a stabilire se il convenuto
ha adempiuto esattamente o meno alla prestazione dovuta.
Il giuramento decisorio di 12 testi poteva soltanto accertare se un accordo era intercorso o
meno, ma circa l‟accertamento del suo contenuto la procedura era chiaramente
inaffidabile.
Si adottò quindi il criterio di ammettere esclusivamente le azioni in cui l’attore poteva
produrre un documento scritto e munito di sigillo. In tale ipotesi, il convenuto poteva
solo negare che il documento provenisse da lui, ossia poteva solo replicare che il
documento era falso. Ma questa replica era rischiosa perché esponeva il convenuto a
sanzioni penale qualora, al contrario, il documento fosse stato ritenuto autentico.
Di conseguenza, le obbligazioni di pagare una somma di denaro assunsero la forma scritta
munita di sigillo e il documento assunse il nome di “bond”. Tuttavia da questo rimedio era
esclusa la maggiore parte degli accordi contrattuali, i quali non presentavano la forma
scritta.

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Dunque,al fine di rispondere all‟esigenza sociale di tutelare l‟affidamento derivante dal
contratto, si procedeva mediante adattamenti dei writs più flessibili e dotati di una
procedura efficace, quali quelli derivati dal trespass.
Il punto di partenza fu assicurato dalla naturale ambivalenza di alcune ipotesi di
inadempimento di obbligazioni di fare.
Al riguardo occorre sottolineare come l‟esecuzione di diverse obbligazioni di fare comporta
uno stretto contatto tra il debitore della prestazione e la sfera giuridica del creditore.
Quando si verifica un evento dannoso, esso può visto alternativamente sotto il profilo della
responsabilità per inadempimento contrattuale, oppure sotto quello della responsabilità
extracontrattuale.
Nel diritto civile italiano attuale si adotta la regola del cumulo delle due forme di
responsabilità. Dunque spetta all‟attore decidere se agire a titolo di responsabilità
contrattuale oppure a titolo di responsabilità extracontrattuale.
Poiché, come si è visto, nel common law era penalizzante agire a titolo di responsabilità
contrattuale, ci si rivolse all‟ottica degli illeciti extracontrattuali (torts).
(ad esempio,caso HUmber Ferry Case, in cui l‟attore agiva per trespass on the case nei
confronti del traghettatore cui aveva affidato una cavalla che era anneggata a seguito di
rovesciamento del traghetto. Era irrilevante che i rapporti tra i due fossero dovuti a un
contratto.) Inoltre, i giuristi inglesi affermarono che il trespass on the case contemplava
anche l‟ipotesi di :
- non feasance (es. un medico promette di curare e poi non esegue alcun azione
sicché il paziente muore)
- l‟ipotesi in cui le parti avevano soltanto programmato due controprestastazioni,
ossia le controprestazioni erano state soltanto promesse (executory consideration)
e non già eseguite (executed consideration).
I writs of debt e di covenant vennero del tutto accantonati e l‟assumpsit divenne la form
of action nella quale venne ricondotta la problematica contrattuale.

Il sistema dei writs deve essere collocato nel contesto del processo.
Il procedimento dei writs in forma trespass prevedeva una distinzione tra:
- l‟accertamento del fatto storico accaduto, demandato ad una giuria,
- la sussunzione del fatto, attività di competenza dei giudici. La scissione tra fatto e
diritto richiede un collegamento.
Il nesso tra le due fasi è stato assicurato dal meccanismo del pleading:
La trattazione di una causa iniziava con il racconto del fatto da parte dell‟attore. Questa
narrazione doveva essere evidentemente armonica con il tipo di rimedio invocato.
Nella narratio, detta anche “count”, l‟avvocato dell‟attore esponeva davanti al tribunale i
fatti sui cui si basava la pretesa del cliente.
Poiché il processo si svolgeva avanti una giuria di semplici cittadini i quali, secondo la
logica medievale, avrebbero accertato il fatto in questione con un semplice si o no, si
doveva creare una situazione in cui l‟attore affermava un determinato fatto ed il convenuto
lo negava.
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Dunque, in seguito all‟esposizione dei fatti da parte dell‟attore, il convenuto replicava. Egli
aveva logicamente quattro possibilità:
- poteva negare tutto.(general traverse) In questa ipotesi la contraddizione si era
realizzata e la questione poteva essere sottoposta alla giuria avanti la quale
ciascuna parte produceva le sue prove.
- poteva ammettere che i fatti narrati dall‟attore erano veri. In questa ipotesi la
questione non veniva sottoposta alla giuria, in quanto rispetto ai fatti non vi era una
situazione di conflitto tra le parti. Non vi era quindi un exitus su cui la giuria
dovesse pronunciarsi.
- poteva ammettere alcuni fatti e negarne altri (speciale traverse). In questa ipotesi
soltanto i fatti contestati erano sottoposti alla giuria, in quanto solo rispetto ad essi
si era creata la contraddizione che richiedeva la risposta della giuria.
- poteva ammettere i fatti narrati dall‟attore, ma aggiungere altri elementi tendenti a
svuotare l‟esposizione dell‟attore del suo significato giuridico. In questa ipotesi, la
questione non poteva essere sottoposta subito alla giuria. (confession and
avoidance) -> in questo caso La parola tornava all‟attore il quale doveva prendere
posizione rispetto ai fatti aggiunti dal convenuto:
o se li negava si creava immediatamente un issue da sottoporre alla giuria.
o se li ammetteva la giuria diveniva inutile poiché la questione era di diritto e
spettava ai giudici risolverla.
Demurrer è il nome tecnico di quel pleading in cui il convenuto sostiene che i fatti narrati
dall‟attore sono veri ma da essi non derivano le conseguenze giuridiche poste a
fondamento della sua domanda. In questa ipotesi la questione diviene di puro diritto e
spetta ai giudici e non alla giuria decidere la questione.

Si possono distinguere tre principali conseguenze di lungo periodo del sistema dei
writs:
- Il giurista di common law analizza criticamente l‟uso delle parole e i loro significati al fine
di verificare quali situazioni possono essere ricondotte ad un determinato significato.
- Il giurista di common law ragiona per analogia da un caso all‟altro.
Egli dunque possiede la capacità di distinguere un caso da un altro e di cogliere il
giuridicamente rilevante dei fatti accaduti.
- Il giurista di common law ragiona per fattispecie svincolate dal sistema complessivo. Egli
quindi non procede al loro inserimento in una gerarchia di concetti formali, ma ricollega
ciascuna fattispecie ad un sistema di valori.

Dopo la chiusura del registro dei writs nel 1258, il common law amministrato dai
giudici di Westminster seguì una evoluzione organica ma lenta.
Nel XV secolo quando l‟Inghilterra entrò pienamente nel circuito mercantile europeo ed
importò dal continente gli ideali e gli atteggiamenti della cultura umanistica, il sistema
giuridico si presentò inadeguato e incompleto.

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La pressione di domanda di giustizia che non trovava udienza presso le corti di
Westminster comportò un ritorno alle prerogative del sovrano.
In accordo agli ideali medievali, il sovrano aveva sempre conservato il potere-dovere di
rendere giustizia, ma poiché questa funzione era stata delegata ai giudici del re, tale
potere rimaneva soltanto a livello teorico e si esplicava eccezionalmente nei confronti di
soggetti che non potevano permettersi le spesi della giustizia ordinaria.
La situazione divenne più complessa quando il sovrano cominciò ad essere investito
da un numero elevato di richieste da parte di coloro che non potevano ricevere
giustizia dalle corti regie per motivi tecnici.
La quantità di simili richieste di intervento “ex gratia” creò la necessità di amministrale in
qualche modo. Si decise dunque di affidarle al Cancelliere e al suo ufficio, in quanto
personaggio autorevole e rettore della coscienza del re.
La procedura avanti il Cancelliere era piuttosto informale:
- iniziava con una petizione in cui l‟attore lamentava una ingiustizia. La petizione poteva
essere scritta o orale.
- Il Cancelliere, se si persuadeva che vi era materia per un suo intervento, chiamava il
convenuto mediante un atto di citazione, denominato “writ of subpoena”, in cui non
erano indicate le ragioni della convocazione e si annunciava una penalità in denaro se egli
non si fosse presentato.
- L‟accertamento dei fatti seguiva un modello sostanzialmente inquisitorio.
Non vi erano termini processuali.
Giudice era il Cancelliere, il quale, poiché esercitava una giurisdizione di
coscienza, mirava anche a mondare l‟anima dell‟autore dell‟ingiustizia.
Inizialmente non vi era un vero e proprio diritto di equity, nel senso che non esisteva un
insieme di norme giuridiche costituenti un ordinamento specifico.
In linea generale, le regole applicate erano quelle della morale cristiana, secondo le
quali si deve mantenere la parola data, non si deve fare violenza ad altri, non si deve
ingannare il prossimo, ecc.
Nell‟applicare queste norme di giustizia etica il Cancelliere non poteva però contraddire
le regole di common law, in quanto non poteva sostenere che esse erano ingiuste.
Tuttavia egli poteva modificare le loro conseguenze ricorrendo ad un espediente
teorico. Infatti, il Cancelliere sosteneva che le regole in astratto erano giustissime, ma in
concreto la parte convenuta ne aveva abusato utilizzandole a fini di ingiustizia.
Ad esempio, il Cancelliere, se si convinceva che un bond era stato ottenuto in modo
ingiusto, obbligava il suo possessore a non esigere il pagamento, nonostante il bond fosse
pienamente valido.

Il successo dell‟equity venne anche facilitato dalla protezione che concesse ai trusts.
Vi era la prassi di affidare un patrimonio, soprattutto mobiliare, ad un soggetto di fiducia,
al fine di tutelare la propria riservatezza.
Il common law si presentava idoneo per i trasferimenti fiduciari in quanto, il passaggio
della proprietà si configurava secondo il modello dell‟investitura, ossia come un atto di
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attribuzione unilaterale e dunque non richiedeva che la ragione del trasferimento (vendita,
donazione) fosse espressa nell‟atto di attribuzione.
Tuttavia il sistema dei writs non presentava alcun rimedio idoneo a proteggere le
aspettative del fiduciante.
La giurisdizione del Cancelliere, al contrario, propose una soluzione soddisfacente e
divenne competente per l‟intera materia dei trusts.
In questa materia, nella quale il giudizio è spontaneo e non ammette eccezioni, la
giurisdizione del Cancelliere sviluppò le proprie tecniche ed il proprio complesso di rimedi.
Nell‟ipotesi in cui il fiduciario si comportava come pieno proprietario del bene che gli era
stato affidato, il Cancelliere gli ordinava di comportarsi come trustee (fiduciario) e non di
restituire il bene; oppure provvedeva a sostituirlo con un altro soggetto.
In questo modo lo schema del trust veniva preservato ed il diritto di common law non
veniva contraddetto. Si potrà dire “equity follows the Law”
 Nell‟ipotesi in cui il trustee cedeva il bene ricevuto a titolo oneroso, il Cancelliere
riteneva che l‟alienazione fosse stata attuata in vista di un miglior rendimento e
considerava i nuovi beni come oggetto di obbligazione fiduciaria esattamente come
quelli precedenti.
 Nell‟ipotesi in cui la cessione era avvenuta a titolo gratuito, il Cancelliere ordinava al
terzo acquirente di comportarsi come trustee e non come un proprietario ordinario.
Dunque, nello schema del trust l’inadempimento dei doveri fiduciari non incide sulla
situazione giuridica dei beni oggetto del trust, ossia non comporta un obbligo di
restituzione, ma incide sulla posizione personale del trustee.
Inoltre, occorre sottolineare che i fiducianti sono sostanzialmente dei proprietari, sebbene
lo siano soltanto nell‟ordinamento di equity che li tutela, mentre il trustee si configura
come il proprietario secondo il common law, il quale non conosce le obbligazioni fiduciarie
e quindi attribuisce pieni poteri di godimento e di disposizione al trustee stesso.

L‟adesione delle decisioni in materia di trust al sentimento comune realizzò un forte


consenso attorno alla giurisdizione in equity del Cancelliere.
Del resto gli stessi giuristi di common law preferivano non occuparsi di simili casi.
Se avessero continuato a denegare giusti rimedi ai fiducianti, il consenso sociale sarebbe
venuto meno; ma dall‟altro sostituirsi al Cancelliere in simili compiti avrebbe comportato
un distacco dalle formule tradizionali, con gravi pregiudizi per la certezza del diritto.
Una giustizia equitativa, la quale si basa unicamente sui precetti della morale,
funziona soltanto quando si tratta di rimediare ad una ingiustizia clamorosa sulla
cui valutazione tutti consentono.
Fuori da questi casi, i quali, a parte quello del trust, non sono frequenti, essa incontra tre
tipi di pericoli:
- In primo luogo, può corrispondere ad una equità basata su valutazioni soggettive
del giudicante, non prevedibili da altri, con conseguente danno alla certezza del
diritto e lesione del sentimento di giustizia comune.

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- In secondo luogo, le regole morali sono normalmente formulate in modo piuttosto
ampio ed elastico. Pertanto esse non possono offrire soluzioni certe almeno nelle
questioni complicate. L‟incertezza del diritto però favorisce la corruzione dei
giudicanti.
- Il terzo rischio è che la giustizia equitativa diventi strumento della lotta politica e
quindi sia usata per eliminare i nemici e proteggere gli amici.
Quest‟ultimo rischio divenne concreto durante le lotte politiche ed ideologiche che
videro come soggetti contrapposti i sovrani della dinastia Stuart da un lato ed il
Parlamento dall‟altro.
I Cancellieri, in quanto primi funzionari del Re, si schierarono dalla parte del sovrano.
I giuristi di common law, invece, aderirono al partito del Parlamento, poiché contestavano
la giurisdizione in equity dei cancellieri.
I principali protagonisti della contrapposizione tra common law ed equity furono Lord
Ellesmere, Cancelliere di Giacomo I Stuart, e Sir Edward Coke, avvocato e uomo politico,
ma soprattutto Presidente delle corti di Common Pleas e di King‟s Bench.
Il conflitto tra common law ed equity si svolse su 3 piani:
- Sul PIANO GIURIDICO TECNICO -> in quanto i Cancellieri avevano iniziato ad intromettersi in
materia di contratto per esentare dal dovere di adempiere la parte che fosse stata vittima
di dolo o di errore. Questa intromissione comportava la possibilità che il giudizio espresso
dalla Court of Chancery fosse diverso da quello espresso in precedenza da una corte di
common law. Anche se non si trattava di appello in senso tecnico, è evidente che chi
giudica per secondo ed ha il potere di modificare con il proprio giudizio l‟esito materiale
della lite, viene naturalmente percepito come giudice superiore. I giudici di common law
non potevano accettare questo esito fattuale. Coke si ribellò a simili intromissioni,
incoraggiando le parti soccombenti a sfidare le decisioni dei Cancellieri ed agire contro chi
li aveva sottoposti al giudizio del Cancelliere per ostruzione alla giustizia.
Al fine di superare questi contrasti, il Re Giacomo I, attraverso un decreto del 1616,
stabilì che in caso di conflitto tra common law ed equity quest‟ultima aveva la prevalenza.
- Sul PIANO DEI RIMEDI -> in quanto i giudici di common law avevano utilizzato i c.d.
“prerogative writs”, quale ad esempio l‟habeas corpus, per contrastare e annullare gli
ordini del Cancelliere. Dunque, si affermò in modo evidente il principio per cui sono i
giudici e non i funzionari del Re coloro che hanno l‟ultima parola in tema di libertà delle
persone.
- Sul PIANO POLITICO, di gran lunga il più rilevante in questa contrapposizione -> Se i giudici
di common law volevano guadagnarsi la fiducia ed il rispetto dell‟opinione pubblica non
bastava che essi amministrassero rimedi astrattamente idonei a tutelare i diritti dei
cittadini, dovevano anche apparire indipendenti rispetto al potere politico, ossia rispetto al
sovrano, così da poter garantire imparzialità ed equità nel giudizio anche quando si
trattava di giudicare persone che erano oppositori politici del sovrano.
In teoria, i giudici di common law erano funzionari del Re e dunque il sovrano, così come
delegava ad essi il compito di amministrare la giustizia regia in suo nome, poteva ritirare la
delega in qualsiasi momento.
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Tuttavia questa teoria configurava i rapporti tra il sovrano ed i suoi giudici esattamente
come essi erano agli inizi, mentre nel corso di una evoluzione secolare il common law
aveva elaborato le proprie regole ed i propri principi indipendentemente dalla volontà
normativa del sovrano e pertanto i creatori di questo diritto percepivano se stessi come,
almeno parzialmente, indipendenti dalla volontà del sovrano.
Quando il conflitto tra common law ed equity divenne insostenibile, il Re Giacomo nel
1616 chiamò i giudici avanti a sé per chiedere ad essi se si sarebbero astenuti
dal giudicare un caso qualora il Re lo avesse ordinato.
Tutti risposero affermativamente, tranne Coke il quale disse che quando il caso fosse
giunto presso la corte avrebbe fatto ciò che per un giudice era appropriato fare.
Simile risposta sottolineava che il principio di imparzialità rendeva inopportuno per un
giudice enunciare preventivamente come avrebbe giudicato primo di aver sentito le ragioni
delle parti.
Inoltre, fermo restando che i giudici del Re applicavano la legge del regno, diveniva
immediato dedurre che l‟ordine del sovrano di astenersi dal giudicare un caso equivaleva
all‟ordine di non applicare la legge a quella controversa.
Dunque, si dichiarava che il sovrano è superiore alla legge. Questa affermazione era
proprio quello che Coke non voleva ammettere, in quanto, con riferimento alla
consuetudine costituzionale inglese, egli sosteneva che il sovrano è soggetto a Dio ed alla
legge.
Seguendo questa impostazione, la legalità stava dalla parte del partito dei parlamentari e
non da quella del partito del sovrano.
Il Re Giacomo inoltre sollevò un ulteriore questione: se il Re potesse giudicare un
caso, sottraendolo alla cognizione dei suoi giudici.
In effetti, non solo negare ad un sovrano la possibilità di giudicare comporta
irresistibilmente una valutazione negativa circa le sue capacità intellettuali, ma anche sotto
il profilo tecnico si ritiene che quando il delegante compare sulla scena, il delegato perde
automaticamente la facoltà di rappresentarlo e quindi viene meno l‟esercizio dei poteri a
lui delegati. Dunque, negare al sovrano la possibilità di giudicare in luogo dei suoi giudici,
significava disconoscere il carattere delegato della funzione giudicante.
Coke ammise che il sovrano ero dotato delle più grandi doti di intelligenza e di senso del
giusto, ma negò che potesse giudicare in una corte di common law, in quanto il diritto
applicato non corrisponde alla ragione comune, ma è il prodotto di una ragione
artificiale che non si può acquisire senza un lungo studio ed esperienza.
Naturalmente dopo simili risposte Coke venne licenziato ma in seguito la pressione politica
fu così forte da obbligare Carlo I, nel 1642, a nominare i giudici con un incarico a
vita e non sino a quando al sovrano fosse piaciuto mantenerli nella carica.
Quando poi gli Stuart furono sconfitti e il Parlamento, sostenuto dal partito dei giudici,
conseguì la vittoria sul piano politico, le diverse attività svolte dai sovrani e dai Cancellieri
precedenti furono considerate come la realizzazione dell‟arbitrio.
In questo nuovo clima politico-costituzionale, la Court of Chancery, (eccetto il settore
penale che venne abolito) continuò ad esistere soltanto perché la giurisdizione del
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Cancelliere si adeguò alla nuova situazione di legalità ed assunse le forma di una
giurisdizione speciale ma prevedibile.
Inizialmente l‟equity non presentava regole ma si ricollegava soltanto all‟ideale di giustizia.
Tuttavia il suo svolgimento storico aveva dimostrato come senza l‟adesione a regole
generali ed astratte non vi può essere garanzia che casi analoghi siano giudicati in modo
analogo.
Fermo restando che uno dei principi di giustizia è l‟eguaglianza, se casi eguali sono
giudicati diversamente, si lede l‟eguaglianza e non si fa giustizia.
La giurisdizione del Cancelliere si cristallizzò in determinate materie, nelle quali
l‟utilità del suo intervento era universalmente riconosciuta. Si stabilì che le decisioni
dovevano contenere una motivazione ed essere regolarmente registrate.
Quindi, la reazione alla grande flessibilità iniziale dell’equity fu una notevole
rigidità nel momento del consolidamento. Nel XIX secolo la Corte di Cancelleria era
considerata non come fonte di giustizia, ma secondo quanto illustrato da Dickens, come
fonte di spese, ritardi e disperazione.
Tuttavia, grazie a questo periodo di cristallizzazione, l‟equity continuò ad esistere e
divenne un settore del diritto inglese, con i suoi istituti, regole e principi ben definiti,
rinunciando quindi alla pretesa di rendere una giustizia secondo morale, separata e
sovraordinata al sistema legale.

4.3. Le riforme giudiziarie del 19°sec e le loro conseguenze.


I mutamenti epocali della civiltà materiale derivanti dalla rivoluzione industriale investirono
l‟Inghilterra prima di ogni altra Nazione occidentale.
Tuttavia il sistema giuridico inglese, come indicano le date delle riforme istituzionali, fu
l’ultimo ad essere formalmente aggiornato. Inoltre diverse riforme inglesi furono
precedute da analoghe riforme americane.
In realtà, i giuristi inglesi avevano preparato le condizioni per le riforme ma erano
posti nell’impossibilità di attuarle autonomamente.
Quindi, la scelta politica, al fine di adattare il sistema giuridico alle necessità di una società
sviluppata e sempre più complessa, fu quella di liberare i giudici dagli ostacoli e dalle
limitazioni procedurali che ne limitavano la capacità auto creativa, fermo restando, per
quanto riguarda il diritto sostanziale, la piena fiducia e rispetto nei confronti dei giuristi di
common law.
Dunque, mentre nei Paesi dell‟Europa continentale, l‟adeguamento alla civiltà industriale
comportò un mutamento radicale del sistema delle fonti del diritto, con al vertice la legge
dello Stato, le esperienze di common law non hanno conosciuto una simile cesura ma
hanno seguito una evoluzione progressiva.
In sintesi, le riforme principali che vennero introdotte in Inghilterra riguardarono tre
settori:
- L‟organizzazione delle corti di giustizia.
- La fusione della competenza giurisdizionale tra corti di common law e corti di equity.
- L‟abolizione delle forms of action.
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Le prime due riforme sono strettamente connesse tra loro ed entrambe furono riforme
necessariamente legislative, ossia entrambe realizzarono obiettivi che si presentavano al di
fuori della portata di una organica evoluzione del common law tradizionale.
Esse erano necessarie. Dal punto di vista degli utenti del servizio di giustizia gli
inconvenienti derivanti dalla separazione tra corti di common law e corti di equity
erano gravi e non più giustificabili.
Gravi perché la complementarietà dei rimedi di common law ed equity comportava che
per una medesima lite potesse essere necessario adire entrambe le giurisdizioni e
sopportare così i costi e i tempi di ciascuna procedura.
Non più giustificabili perché l‟evoluzione dell‟equity aveva prodotto una sua
omologazione con i rimedi di common law, perdendo la iniziale vocazione per le valutazioni
singolari fondate su principi morali. Dunque non vi era ragione per escludere che anche i
giudici di common law fossero in grado di amministrare i rimedi di equity.
Se si dovevano unificare le giurisdizioni di equity e di common law, diveniva
opportuno anche riformare tutto il sistema organizzativo delle corti.
Questa riforma risultò agevolata dal successo delle corti di common law.
Inizialmente, le corti di common law si configuravano come corti speciali e la loro
giurisdizione era limitata alle controversie alle quali il sovrano poteva essere interessate.
Tutte le altre questioni infatti erano devolute alle corti locali o alle corti speciali come
quelle mercantili. Ma in realtà l‟opinione pubblica riteneva che vi era un‟unica giurisdizione,
quella dei giudici di common law.
Dunque, attraverso le riforme del XIX secolo, denominate “Judicature Acts”, diverse
corti di origine medievale prive ormai di alcuna funzione vennero abolite.
Il potere giudiziario venne accentrato nella High Court of Judicature, la quale al
suo interno prevedeva una High Court of Justice ed una Court of Appeals.
In una simile atmosfera si impose la terza delle riforme menzionate, quella riguardante
l‟abolizione delle forms of action.
In realtà, la gran parte delle forms of action originarie non erano più utilizzate. Al
contrario, erano notevolmente diffusi i writs derivanti dal modello del trespass, la cui
procedura era stata riconosciuta come unitaria.
La riforma legislativa che stabili l‟abolizione delle forms of action ebbe quindi l‟effetto di
una razionalizzazione dell‟esistente.
I writs furono sostituiti con un semplice atto di citazione. Dunque, se prima della
riforma era ancora possibile alla parte convenuta disputare circa la congruità dell‟azione
intrapresa, successivamente questo espediente non fu nemmeno proponibile.

Occorre sottolineare che quando i limiti derivanti dalle forms of action vennero eliminati, i
giudici inglesi dovettero affrontare una situazione opposta rispetto a quella dei giudici
continentali.
Questi ultimi infatti si videro circondati da una legislazione che pretendeva essere chiara e
completa e quindi privati di ogni funzione e potere creativo.
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I giudici inglesi, al contrario, vennero liberati ad opera del legislatore degli ostacoli delle
forms of action proprio perché potessero essere maggiormente creativi.
Tuttavia quei limiti erano anche i parametri della legalità delle loro affermazioni. Le forms
of action costituivano infatti il sistema all‟interno del quale si era sviluppato il
ragionamento giuridico.
Mutata la procedura, il diritto sostanziale non era cambiato.
Dunque, la reazione dei giudici inglesi alla riforme giudiziarie del XIX secolo fu quella
di irrigidire il criterio del precedente vincolante.
Inizialmente, secondo questo criterio, il giudice deve conoscere e tenere in massima
considerazione le precedenti decisioni sue e di altri giudici in casi analoghi, al fine di
garantire il principio di eguaglianza di fronte alle regole diritto, il quale esige che casi
eguali ricevano soluzioni identiche indipendentemente dalle qualità personali delle parti e
quelle del giudice.
Tuttavia lo sviluppo organico del common law dimostra come i giudici fossero consapevoli
del loro potere di discostarsi dalle decisioni precedenti.
Nel XIX secolo invece si diffuse l‟idea secondo la quale il precedente giudiziario è
assolutamente vincolante, in quanto quello che è enunciato nella decisione precedente
non è l‟opinione legale del giudice, ma la verbalizzazione di una regola di diritto
consuetudinario positivo.
A partire da questa idea, si sviluppò la c.d. teoria dichiarativa del precedente
giudiziale. Il suo assunto di partenza è che il common law non sia un diritto
giurisprudenziale ma una consuetudine giuridica esistente da tempo immemorabile in
Inghilterra. Questa consuetudine si compone di una serie di norme non scritte, ma
conosciute da ogni buon inglese.Il compito di dare ad esse una verbalizzazione spetta
soltanto ai giudici quando essi agiscono come giudici, ossia quando risolvono una
controversia che è sottoposta ad essi.
In questo senso, i giudici sono oracoli del diritto, in quanto essi trovano il diritto,
mentre non è corretto dire che essi creano il diritto.
Dunque, quando una regola del diritto consuetudinario è stata scoperta e verbalizzata da
un giudice, essa cessa definitivamente di esistere come regola non scritta, e perciò il
giudice seguente deve soltanto applicare al caso da decidere la regola formulata in
precedenza.
Discostarsi dalla decisione precedente non è un attentato alla certezza e imparzialità del
diritto, ma un errore di diritto che può essere contestato per motivi tecnici, in quanto
consiste nella falsa o erronea applicazione di una regola di diritto positivo.
La teoria dichiarativa del precedente giudiziale aveva lo scopo preciso di
difendere l’immagine della legalità giurisprudenziale e di preservare allo stesso
tempo il tecnicismo che si era sviluppato attorno all‟operato delle corti.
In effetti, dopo aver affermato che soltanto il giudice in sede di decisione di una
controversia aveva il potere di verbalizzare una norma consuetudinaria, diveniva
necessario individuare, nel testo della sentenza, il punto esatto in cui il giudice

23
enunciava la regola che costituiva la ratio decidendi; mentre tutto il resto veniva
considerato obiter dictum.
Questa operazione era notevolmente complessa, in quanto lo stile delle sentenze inglesi si
era consolidato nel senso che ciascun giudice poteva esprimere una sua opinione a
sostegno e giustificazione della decisione da lui adottata; sicché le motivazioni delle
sentenze erano piuttosto estese, riflettendo il dibattito interno alla corte.
Alla distinzione tra ratio decidendi ed obiter dictum seguiva un altro corollario.
Se si afferma che è vincolante la sola ratio decidendi del caso, allora occorre identificare
con precisione i fatti in questione. Il giudice seguente è vincolato alla decisione precedente
soltanto se si ritiene che la questione da risolvere si pone negli stessi termini in cui si è
posto il problema risolto mediante la regola enunciata nella ratio decidendi della sentenza
precedente. Quindi, un giudice non è vincolato dalla pronunce precedenti se ritiene che la
controversia a lui sottoposta , in almeno un elemento giuridicamente rilevante, sia
differente da quelle affrontate nelle sentenze precedenti.

Nonostante sia stato oggetto di diversi tentavi di razionalizzazione, la teoria dichiarativa


del precedente giudiziale non è riuscita a divenire una teoria completamente
sensata.
La controversia sottoposta ad un giudice è composta da una serie di elementi concreti non
ripetibili. Il problema è che la individuazione dei fatti rilevanti ai fini del decidere non è
dissociabile dal livello di astrazione al quale si colloca la regola di decisione.
La teoria non indica un limite sicuro alle possibilità di generalizzazione della questione e
dunque applicata fino agli estremi comporta che nessun precedente è vincolante, in
quanto la controversia successiva presenterà sempre elementi di differenziazione.
Nel 1966 la House of Lords ha emanato un documento, chiamato Pratice Statement,
per annunciare che da quel momento in poi essa non si sarebbe più ritenuta strettamente
vincolata ai propri precedenti, pur continuando a tenerli nella massima considerazione al
fine di garantire il principio della certezza del diritto.
Questo annuncio da parte della massima autorità giudiziaria inglese ha segnato
definitivamente il declino della teoria dichiarativa.

I singoli writs hanno costituito a lungo il sistema di base del giurista di common law.
Ciascuna form of action infatti identificava una fattispecie ben definita.
Il vocabolario tecnico del giurista di common law era quindi costituito dai diversi nomi
dei writs i quali designavano una determinata fattispecie.
Ad esempio, il termine “negligence” identificava una fattispecie, generata dal modello del
trespass, in cui la responsabilità risarcitoria ricadeva sul soggetto che avesse provocato un
danno ad un altro, in violazione di un dovere di diligenza precedentemente assunto nei
suoi riguardi.
Se mancava l‟elemento costitutivo della violazione del dovere di diligenza, assunto con un
impegno specifico, non si trattava di negligence.

24
Nel XX secolo il tort of negligence assorbì le altre figure di illecito civile, in quanto venne
meno il limite che il dovere di diligenza doveva nascere da uno specifico patto con il quale
si assumeva tale dovere.
Dunque la regola divenne quella per cui si deve adottare uno standard di cautela ogni
volta che si può ragionevolmente presumere di poter danneggiare il prossimo.
Questa regola coincide con il principio del neminem laedere.

In un sistema caratterizzato dalle forms of action era del tutto illogico trascorrere da una
categoria all‟altra, in quanto ciascuna aveva la propria autonomia concettuale.
Era ammissibile invece lo sviluppo della logica dinamica di ciascuna fattispecie, come
avvenne a proposito del trespass.
La letteratura successiva, a partire da Blackstone, raggruppò le diverse fattispecie di
common law in una serie di categorie, derivanti dalle riflessioni giusnaturalistiche e
dalla cultura romanistica, quali il diritto delle persone, i diritti sulle cose, i contratti e la
responsabilità da illecito.
Le categorie didattiche divennero poi categorie del ragionamento giuridico.
I giuristi inglesi, eliminati i limiti delle forms of action, elaborarono diverse distinzioni (ad
es.: family law, property, tort, contract) e applicarono come criteri di giustificazione la
congruità con il pensiero socialmente diffuso oppure la corrispondenza ai canoni della
logica.
Il sistema venne organizzato attorno ad alcuni principi di carattere generale applicabili
ad una determinata materia. (es. si è discusso attorno al ruolo della colpa nell‟ambito
extracontrattuale)
Il sistema delle formo f action ha fatto sì che ciascun rimedio una volta distaccatosi dal
ceppo del trespass acquisisse una fisionomia propria, cosìcchè anche il sistema degli illeciti
civili si presentava scandito in figure tipiche: negligence, nuisance.
Nel XX sec il tort of negligence ha manifestato una straordinaria capacità espansiva che
lo ha condotto ad assorbire le altre figure, riducendo la tipicità degli illeciti a una questione
di nomenclatura. Nell‟impostazione tradizionale la fattispecie di negligence ricorreva
quando vi fosse la violazione colposa di un dovere di diligenza, che nasceva da uno
specifico patto con cui si assumeva tale dovere. Tale regola era incompatibile con i
moderni sistemi di produzione e distribuzione dei prodotti industriali. Con la sentenza
DONOGHUE-STEVENSON si dimostrò che si doveva fare riferimento a uno standard di
cautela (duty of cure) ogni volta che si può ragionevolmente presumere di poter
danneggiare il prossimo.

4.4. Diritto inglese nelle‟epoca contemporanea e i suoi formanti.


Nonostante le riforme giudiziarie del XIX secolo, la velocità dei cambiamenti
economico-sociali è stata ancora una volta superiore a quella del cambiamento giuridico.
A partire dal 1945, la distanza tra i due mutamenti divenne evidente e le necessarie
riforme vennero introdotte attraverso la legislazione, che si configurò come il principale
formante anche nelle esperienza giuridica inglese.
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La sequenza è stata inversa rispetto a quella delle riforme del secolo precedente:
prima sono state introdotte continue riforme del diritto sostanziale, poi si è proceduto ad
una riforma radicale del processo civile; infine sono state modificate l‟organizzazione delle
corti supreme e il sistema di reclutamento dei giudici.
Nel sistema inglese attuale la maggior parte delle questioni civili ed amministrative
vengono risolte dalle County Courts e da un considerevole numero di tribunali speciali
che giudicano le controversie tra cittadini e Stato e tra i cittadini stessi in materie
riguardanti principalmente l‟organizzazione del welfare state ma anche il settore scolastico.
Alla lista sono da aggiungere i Magistrates locali, i quali svolgono funzioni in materia di
giustizia penale ma sono competenti anche in materia civile, come ad esempio nelle cause
di divorzio.
Le County Courts esercitano una giurisdizione di primo grado senza limiti di valore,
realizzando un decentramento della giustizia che interrompe il monopolio londinese.
Tutti questi organi giudicanti applicano il diritto e seguono le indicazioni delle corti
superiori, ma non sono composte necessariamente da giuristi di professione.
Questa prerogativa è riservata alle corti superiori che hanno sede a Londra e che sono
costituite da:
- la Supreme Court of Judicature
- Suprema Corte del Regno Unito, la quale ha sostituito nel 2009 lo Judicial
Committee della House of Lords.
La Supreme Court of Judicature è l‟erede delle corti di common law e della Corte di
Cancelleria. I giudici che la compongono sono tratti dal novero dei barrister, anche se oggi
la legge prevede che siano nominati giudici anche i solicitors.
Inizialmente si accedeva alla carica di giudice per scelta del Lord Cancelliere, scelta che
attraverso il Primo Ministro, veniva ratificata dalla Regina nel cui nome la nomina era
effettuata. La Constitution Reform del 2005, invece, prevede che la figura del Lord
Cancelliere sia eliminata, parte delle sue funzioni trasferite al Segretario di Stato per la
giustizia e che la scelta dei giudici sia affidata ad una commissione indipendente dal
governo.
La Supreme Court of Judicature si suddivide in due gradi:
- La High Court per il primo grado, con sede a Londra e diverse sedi decentrate.
- La Court of Appeal per il secondo grado, alla quale si può ricorrere contro le pronunce
della High Court.
Contro le pronunce della Court of Appeal si può ricorrere alla Suprema Corte del Regno
Unito.
II ricorso al giudice superiore non è un diritto della parte soccombente, ma soltanto
una possibilità che può concretizzarsi a condizione che la parte soccombente lo
richieda, che il giudice a quo conceda il ricorso mediante il rilascio di un leave ed infine
che il giudice d‟appello sia favorevole a rivedere il giudizio.
L’attività delle corti di revisione non è principalmente diretta a rendere giustizia nel
caso singolo, ma a pronunciare sentenza su casi che coinvolgono questioni di principio,

26
oppure quando la decisione appellata appare così poco persuasiva da rendere necessario
un intervento correttivo, prima che possa produrre incertezza.
Quindi quando la Court of Appeal, o in misura ancora maggiore la Suprema Corte del
Regno Unito, si è pronunciata su una determinata questione è difficile che la stessa
questione si ripresenti alla medesima corte per un periodo di tempo piuttosto lungo.
La House of Lord, e attualmente la Suprema Corte del Regno Unito, è stato l‟unico
organo giudiziario dotato del potere di overruling, ossia del potere di discostarsi dai
propri precedenti. Tuttavia la tecnica dell‟overruling è tuttora piuttosto estranea alla
giurisprudenza inglese, anche se occorre sottolineare che il Regno Unito, in quanto Stato
membro dell‟Unione Europea, riconosce in materia comunitaria la supremazia della Corte
di Giustizia le cui sentenze si impongo anche alle Corti Supreme.
In generale quindi l‟organizzazione giudiziaria del Regno Unito si avvia ad essere simile alla
struttura giudiziaria degli altri Stati europei, eliminando ogni arcaismo e accettando una
più formale adesione al principio della divisione dei poteri.
Anche nel settore della procedura civile sono stati eliminati gli arcaismi.
Con la Civil Litigation Reform del 2000 il sistema è stato profondamente modificato.
Al fine di velocizzare il processo civile, sono state adottate procedure diversificate in
relazione alla complessità della controversia.
Le liti sono quindi suddivise, a seconda del loro valore economico in:
- Small claims
- Fast track
- Multi track.

Il sistema inglese si sta spostando, da una impostazione “adversary”, in cui il


giudice è un arbitro silente ed il processo viene condotto dalle parti in contrapposizione
dialettica tra loro, ad una che assegna al giudice un ruolo direttivo di notevole
rilevanza, in funzione della immediata identificazione delle questioni che meritano di
essere trattate e discusse.
Inoltre la riforma, nota come Human Rights of Act, che in sostanza introduce nel diritto
interno la Convenzione Europea dei diritti dell‟uomo(CEDU), obbliga l‟interprete a seguire il
canone dell‟interpretazione più adeguata al fine di promuovere la tutela dei diritti umani.
Simile tipo di interpretazione teleologica era del tutto estranea al sistema inglese.
Nel frattempo Il Parlamento è intervenuto legislativamente nei settori del diritto privato
(ad esempio, diritto di famiglia e diritto del lavoro) ed ha introdotto riforme radicali
mediante l‟emanazione di leggi organiche.
La fioritura della legislazione è collocabile nel secondo dopoguerra al tempo della
edificazione del welfare state, il cui diritto è necessariamente scritto in forma legislativa. È
insito nei meccanismi complessi del diritto del Welfare State che tutti i casi problematici
siano affidati alle decisioni delle Corti.

Tradizionalmente la professione forense in Inghilterra non è unitaria.


Infatti, è ancora presente la distinzione tra Barristers e Solicitors.
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I Barristers sono gli eredi della parte elevata della professione legale, quella che ha
iniziata a formarsi nel Medioevo attorno alla funzione dei narratores e poi si è organizzata
corporativamente nella gilda dei serjeants. Pertanto i Barristers hanno monopolizzato le
funzione tipiche dell‟avvocato d‟udienza e sul piano operativo sono tuttora gli unici abilitati
a rappresentare le parti avanti le corti supreme.
Per conseguenza, i giudici sono tratti unicamente dalla categoria dei barristers,
essendo questi gli unici ad aver compiuto il necessario apprendistato.
Per sottolineare questo loro monopolio, i barristers nel XIX secolo hanno escluso i contatti
diretti con i clienti e hanno richiesto che tali rapporti siano sempre intermediati da un
solicitor.
Tuttavia questa scelta ha comportato che oggi i barristers sono esclusi dai settori
maggiormente redditizi dei servizi legali (ad es., quelli riguardano la finanza londinese) i
quali richiedono una precisa pianificazione legale ma non danno luogo generalmente a
vertenze giudiziarie, in quanto si concludono a livello arbitrale. Dunque i grandi studi legali
londinesi sono associazioni di solicitors.
I barristers sono rimasti chiusi negli Inns, la cui funzione educativa è sempre più
attenuata, anche in seguito al venir meno della funzione di selezionare coloro che sono
ammessi ad accedere al Bar, funzione oggi affidata ad un organismo pubblico.

La letteratura giuridica inglese ha avuto un origine precoce.


I due grandi trattati attribuiti a Glanvill e Bracton, entrambi titolati “De legibus et
consuetudinibus Angliae” sono stati redatti nell‟XI e nel XIII secolo.
Tuttavia, questi trattati non hanno avuto un seguito paragonabile a quello delle prime
opere della letteratura giuridica di civil law; né essi, nonostante siano stati a lungo la guida
sistematica al diritto di common law, sono stati oggetto di glosse o commenti successivi.
Il dato rilevante è che al in seguito alla chiusura del registro dei writs la letteratura
giuridica inglese si configurò come tipicamente professionale.
I forensi, dovendo affrontare il problema della scelta del writ idoneo a veicolare la pretesa
del cliente, non avevano alcun interesse alla sistematica giuridica.
Essi, al fine di svolgere correttamente la loro attività, si rivolgevano ai reports, denominati
“Year-books”, in cui erano annotate le affermazioni dei giudici e le spiegazioni circa la
procedura seguita per ciascuna form of action.
Successivamente, l‟invenzione della stampa incentivò una editoria giuridica la quale si
occupò di insegnare ai lettori i principi e le regole di common law attraverso l‟esposizione
delle controversie.
Quindi, a partire dal XVI secolo, si diffusero reports nominativi, quali quelli di Plowden e
quelli di Coke.
I reports di Plowed sono noti come “Commentaries”, in quanto il loro autore aggiunse
riferimenti e commenti personali alle questioni riportate. In questa opera si manifesta
dunque l‟intento di realizzare una esposizione ragionata del diritto.
Con i reports personali siamo di fronte a una letteratura giuridica sotto forma di
raccolte di giurisprudenza.
28
L‟avvento della stampa stimolò anche una nuova produzione di libri scritti da un singolo
giurista per i giuristi, segnando così una ripresa della letteratura giuridica in senso stretto.
Una innovazione rispetto agli schemi utilizzati è presente nell‟opera di Christopher Saint
German, nota con il titolo “Doctor and Student”, nella quale si espongono sotto forma
di dialogo tra un teologo ed un apprendista del common law i principi della giurisdizione di
coscienza del Cancelliere e quelli della legalità di common law.
L‟innovazione sta nell‟inserimento di idee, visioni ed argomenti tratti dall‟esterno della
cultura giuridica professionale.
Nel XVIII secolo, con il trattato di Blackstone, primo professore di common law in una
università inglese, il distacco dal paradigma della letteratura professionale è completato.
La sua grande opera, intitolata “Commentaries on the Laws of England”, si rivolgeva
agli studenti e perseguiva lo scopo di dimostrare come la struttura fondamentale del
common law corrispondesse ad uno schema razionale ordinabile in forma logica e
coerente.
Egli applicò al sistema delle forms of action le categorie derivanti dalle riflessioni
giusnaturalistiche e dalla cultura romanistica: il diritto delle persone; i diritti sulle cose, i
contratti e la responsabilità da illecito. Inoltre la distanza dalla letteratura professionale sta
nel fatto che Blackstone, nonostante analizzi il momento rimediale, parte sempre dal dato
sostanziale, ossia dall‟attribuzione dei diritti e dei doveri soggettivi. I Commentaries si
configurarono quindi come una esposizione giuridicamente autorevole del common law.
Dunque, la letteratura giuridica successiva si allontanò definitivamente dalla forma
riassuntiva di controversie giurisprudenziali e si orientò nettamente verso la forma
espositiva di tipo trattatistico e sostanzialistico, elaborando diverse categorie che
sino ad allora erano sconosciute alla tradizione di common law. Ad esempio si cominciò a
discutere di una law of contract in luogo di assumpsit.
Si tratta di una letteratura professionale, ossia destinata agli operatori giuridici.
Tuttavia è anche presente una letteratura accademica di alto livello.
La caratteristica della letteratura giuridica inglese rimane il dato per cui vi è un
limitato dialogo tra gli autori. Le citazioni e i punti di riferimento sono quasi
esclusivamente le sentenze dei giudici, che sono considerate le uniche autorità che un
professionista può invocare e quindi che è interessato a conoscere.

Nel sistema inglese, la sentenza è l’opinione personale del giudice. Anche quando
più giudici siedono in una stessa Corte la sentenza è generalmente individuale.
I giudici in linea generale si limitano a segnalare di essere d‟accordo con l‟opinione di uno
di loro. Poco frequenti sono le opinioni dissenzienti (dissenting opinion), in cui il giudice
in minoranza motiva le ragioni del suo disaccordo.
Lo stile della sentenza inglese, oltre che dal carattere individuale della motivazione, è
condizionato dal fatto che il giudice deve motivare secondo uno standard elevato di
ragionamento giuridico. Si ritiene infatti che la motivazione debba convincere gli altri
membri della professione legale.

29
I grandi giudici sono dunque maestri della lingua inglese e le loro sentenze sono
considerate anche sotto il profilo letterario.
Inoltre, nelle sentenze inglesi, soprattutto quelle delle Corti supreme, grande attenzione
è dedicata alla ricostruzione dei fatti, in quanto essa è ritenuta necessaria al fine di
permettere una completa valutazione del ragionamento giudiziale.

Tra civil law e common law esistono soprattutto in alcuni settori diversità più o meno
accentuate. Ad es. La categoria dei “diritti reali” non ha corrispondenti precisi in lingua
inglese. La traduzione corretta per indicare questa categoria romanistica è “law of
property”. Tale denominazione identifica gli aspetti relativi alle situazioni di
appartenenza. Risale al periodo formativo del common law e rinvia alla natura delle azioni,
la distinzione fondamentale in materia di appartenenza tra:
- real property -> venivano denominati azioni reali i writs in forma “praecipe quod
reddat”, i quali avevano carattere recuperatorio.
- personal property -> indicavano altri writs, quale ad es. il trespass, che avevano
carattere risarcitorio.
A livello di rimedi la distinzione è stata eliminata, ma ciascuna categoria ha ricevuto una
complessa elaborazione.
Oggetto di real property furono inizialmente i possedimenti feudali. Una investitura
feudale nasceva da un atto solenne e pubblico in cui un Lord assegnava al proprio vassallo
un determinato feudo. Il vassallo riceveva specifici benefici dal feudo; mentre il Lord
riceveva i servizi del vassallo. I benefici e i servizi erano individuati nell’atto di
investitura. La disciplina del rapporto era regolata dalla consuetudine.
Dunque, la titolarità di un feudo attribuiva il diritto ad esercitare una serie di azioni, quale
ad esempio quello di richiedere il pedaggio o di nominare il parroco.
Tuttavia, il medesimo territorio forniva benefici ad altri soggetti collocati nella catena
dei rapporti feudali. Ad esempio, la concessione di un feudo da parte del sovrano non
comportava di solito l‟attribuzione delle ricchezze eventualmente presenti nel sottosuolo,
insieme al diritto di caccia. In questo modo, dal medesimo feudo derivavano utilità a
differenti soggetti, ognuno dei quali era titolare di determinati diritti e non di altri.
L‟attribuzione di un feudo non comportava che il territorio di quel feudo appartenesse al
feudatario. A quest‟ultimo appartenevano soltanto i diversi benefici che gli avvenivano
attribuiti con l‟investitura.
Il carattere personale del rapporto feudale di vassallaggio è svanito piuttosto presto in
Inghilterra e le posizioni di appartenenza feudale sono state riconosciute come posizioni di
diritto al di fuori del rapporto personale tra il Lord ed il suo vassallo.
Inoltre, ai feudatari venne attribuito il diritto di alienare liberamente i loro feudi.
In questo modo la posizione del vassallo si configurò come una posizione di diritto
soggettivo e i benefici che aveva come vassallo divennero il suo “estate”.
In Inghilterra la legislazione prevede soltanto due tipi di estates validi per il common
law: il fee simple absolute e i leasehold. Gli altri estates sono tutelabili in equity.

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Il fee simple absolute è la base del calcolo degli estates, in quanto si tratta di una
situazione proprietaria in cui il tempo di durata è illimitato, il potere di disporre è illimitato
ed il godimento è quello massimo stabilito dall‟ordinamento giuridico.
Ne consegue che da questa posizione possono essere distaccate altre posizioni minori,
purché l‟insieme di queste posizioni minore componga sempre un fee simple absolute.
Se da un fee simple absolute si distacca un fee for life (ossia un estate che dura per tutta
la vita), ciò significa che sul fondo esisteranno nello stesso momento due estates.
Di questi, il fee for life sarà un estate in possession, in quanto il godimento immediato
dell‟utilità spetta al suo titolare; il fee simple absolute sarà un estate in expectancy, in
quanto il godimento sarà rinviato alla scadenza dell‟estate for life. Entrambi però possono
essere alienati, divisi, concessi in garanzia.
Inoltre occorre sottolineare la nozione originaria di investitura rende l‟attribuzione
compatibile con qualsiasi condizione risolutiva e concettualmente incompatibile con
qualsiasi condizione sospensiva.
Accanto agli estates che derivano dai rapporti feudali, detti freehold estates, esiste un
altro di estates che deriva da rapporti fondiari a carattere commerciale i quali per
opposizione sono denominati non freehold estates.
Nel Medioevo quando un Lord intendeva procurarsi denaro liquido poteva prenderlo a
prestito e concedere il suo feudo in godimento al creditore per un determinato numero di
anni quanti erano necessari a ripagare il debito (leasehold) oppure poteva concederlo in
godimento in cambio di una rendita.
Il leasehold presenta una posizione ambigua sotto il profilo classificatorio, in quanto
esso, sotto il profilo dei rimedi, è assimilato alla real property ma la classificazione
tradizionale lo inserisce nella personal property, nella quale occupa la posizione dei
chattels real.
Infatti, all‟interno della pesonal property si distinguono due categorie:
- chettels real che comprende soltanto il leasehold;
- chattels personal che comprende tutti gli oggetti della personal property in senso
stretto.questa categoria si suddivide in
o choses in action (ad esempio, diritto di autore, avviamento commerciale)
o choses in possession, nella quale si collocano i goods ed il denaro.

5. ESPERIENZA GIURIDICA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA.

5.1. Originalità dell‟esperienza americana in prospettiva storica.


Gli Stati Uniti d‟America si proclamarono uno Stato indipendente e sovrano nel 1776. In
tale anno la nuova Nazione si costituì in una Confederazione di 13 Stati, derivati da 13
colonie. Ognuna di queste colonie si popolò di coloni venuti da Inghilterra, Scozia e
Irlanda, allontanando gli americani nativi.
La struttura di fondo che caratterizzava le diverse colonie era piuttosto variabile.
Alcune di esse, come quelle del New England, erano principalmente insediamenti a
31
base religiosa, fondati da calvinisti perseguitati in Inghilterra per la loro dissidenza
rispetto alla chiesa anglicana.
La componente giuridica del sistema fu limitata. L‟amministrazione coloniale inglese
era regolata secondo i canoni dell‟improvvisazione e del disordine. Il diritto in base al
quale vivevano le popolazioni locali non era il common law inglese ma un insieme di
documenti paralegislativi e consuetudini locali che si andarono formando rapidamente.
Una ricezione del sistema giuridico inglese non era realizzabile in quanto mancava una
componente fondamentale, ossia un elevato numero di giuristi. Tale situazione derivava,
da un lato, dal fatto che i giuristi di notevole rimanevano in Europa, dall‟altro, dalla
presenza di un forte sentimento antilegalistico.
In seguito alla diffusione dell‟opera di Blackstone, la quale forniva una sintesi del sistema
giuridico inglese, il numero di persone, competenti delle tecniche del common law divenne
sempre più elevato, anche se nei nuovi insediamenti, formatisi nell‟Ovest, si continuò ad
amministrare la giustizia secondo forme alternative, prive di qualsiasi tecnicismo ed
improntate ad un comune buon senso.
Dunque, nell‟esperienza giuridica americana la definitiva conquista del monopolio
dell’amministrazione della giustizia da parte di giuristi esperti si è verificata
soltanto nel XX secolo, epoca in cui la ricezione del sistema di common law divenne
completa. Durante questo periodo si è verificata una profonda rielaborazione dei materiali
e degli schemi giuridici inglesi, sicché l‟esperienza americana si presenta come un
esperienza di common law rivissuta in forme fortemente originali.
In effetti, la situazione inglese e quella americana erano e rimangono assolutamente
differenti:
- L‟Inghilterra, dai tempi dell‟invasione normanna sino al XX secolo, è stata una
Nazione etnicamente compatta. Gli Stati Uniti sono invece la Nazione
multietnica per eccellenza.
- L‟Inghilterra è tradizionalmente un Paese accentrato e la prevalenza londinese è
stata massima nel settore dell‟amministrazione della giustizia e dell‟esercizio delle
professioni legali. Gli Stati Uniti sono tradizionalmente un Paese policentrico.
Alcuni centri urbani come Boston, Philadelphia e New York hanno assunto in determinati
periodi storici ruoli protagonistici, ma non paragonabili all‟egemonia londinese sulla vita
inglese.
Gli elementi che le hanno accomunate sono fenomeni uniformi in tutte le esperienze
occidentali. L’unico legame specifico tra di essi è costituito dalla lingua e dalla
cultura.

Tornando alle vicende storiche delle colonie originarie, occorre sottolineare che si è
verificato, non soltanto una intensa ricezione del modello giuridico inglese, ma anche un
profondo influsso di cultura europea non religiosa, veicolato essenzialmente dalle opere
dei giusnaturalisti e degli illuministi.
La dichiarazione di indipendenza, approvata il 4 luglio 1776, è un documento
chiaramente ispirato alla filosofia di Locke, , in cui si manifesta l‟intenzione dei padri
32
fondatori di dotare la nuova Nazione di ideali universali incentrati sul riconoscimento e sul
rispetto dei diritti umani.
La visione del mondo veicolata dalla cultura illuministica era caratterizzata da una forte
vocazione verso l‟organizzazione istituzionale.
Nel 1787, si riunì a Philadelphia una Convenzione, composta dai rappresentanti di 12 Stati,
al fine di elaborare una nuova forma di governo federale.
La Costituzionale federale americana è un documento di altissimo livello intellettuale
in cui è presente un atteggiamento scettico verso la capacità di autogoverno delle masse,
tipico del sentimento aristocratico, coniugato con l‟ottimismo illuminista il quale induceva a
pensare di poter controllare le spinte irrazionali degli uomini mediante l‟utilizzo della
ragione. Il suo contenuto presenta 3 punti di equilibrio:
1. L‟equilibrio all‟interno del sistema di governo federale con l‟adesione alle teorie di
montesquieu sulla divisione dei poteri -> il sistema di governo federale venne
suddiviso in 3 poteri indipendenti che si possono controllare a vicenda:
o Il potere esecutivo è affidato al Presidente degli Stati Uniti, eletto per 4 anni.
Formalmente la nomina avviene per opera di un collegio di grandi elettori ma in
realtà si tratta di elezione popolare diretta. Il Presidente nomina i propri ministri ed i
propri funzionari federali (compresi i giudici federali). Queste nomine devono essere
ratificate dal Senato.
o Il potere legislativo è affidato al Congresso, organo bicamerale composto da una
Camera dei Rappresentanti (eletta per 3 anni) e da un Senato (eletto per 6 anni).
Tuttavia, il Presidente può opporre il suo veto alle leggi votate dal Congresso ed in
questa caso il Congresso può riapprovarle soltanto con una maggioranza qualificata
di 2/3.
o Il potere giudiziale federale è affidato ai giudici, nominati dal Presidente con
l‟approvazione del Senato. Essi rimangono in carica a vita.
2. L‟equilibrio tra i poteri assegnati al sistema di governo federale rispetto a quelli
mantenuti dai singoli Stati facenti parte dell‟Unione -> si stabilì che i membri della
Camera dei Rappresentanti venivano eletti in base alla popolazione e che ciascuno Stato,
indipendentemente dalla sua popolazione, inviava due senatori al Senato. Inoltre, al fine di
tutelare la Costituzione dagli emendamenti del Congresso federale, essa fu prevista come
una Costituzione assolutamente rigida, per modificare la quale è necessario ricorrere ad un
procedimento legislativo aggravato, nel cui corso si dovette ottenere l‟approvazione di 3/4
degli Stati.
3. L‟equilibrio tra il principio maggioritario e la tutela dei diritti individuali ->I
costituenti manifestarono l‟intenzione di elaborare un sistema di governo idoneo a
garantire il rispetto dei diritti individuali (in primo luogo, la proprietà) contro i possibili esiti
estremi della democrazia rappresentativa, anche se questi politicamente rappresentavano
interessi minoritari. Essi erano tanto convinti di essere riusciti nell‟intento che omisero di
inserire nel testo costituzionale un elenco di diritti umani inviolabili.

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Alcuni dei più influenti redattori del testo della Costituzione federale (e tra essi soprattutto
Madison), sostenevano che il diritto sostanziale dovesse essere il common law e che
questo tutelasse in maniera adeguata i diritti individuali.
Il pericolo era quindi che il common law venisse derogato dalla legislazione votata
da assemblee elettive. Contro tale pericolo a livello di assemblee statali, la Costituzione
sottrasse alla competenza degli Stati i rapporti di debito-credito, proibendo ad essi di
battere moneta, emettere titoli di debito, emanare leggi retroattive o leggi che limitano le
obbligazioni derivanti da contratto.
Rispetto allo stesso pericolo, a livello di sistema di Governo federale, la Costituzione invece
non prevede alcuna misura esplicita. Tuttavia essa disegna un processo legislativo in cui
per emanare una legge federale occorre trovare un compromesso tra un numero
così elevato di interessi diversi da rendere quasi inagibile la legislazione come
strumento di riforma del diritto privato.
I costituenti speravano che da un simile processo legislativo potessero derivare soltanto
leggi politiche e non leggi civili, in quanto i diversi centri di interesse non si sarebbero mai
coordinati per derogare al common law.
Dunque la Costituzione federale, al fine di trovare un equilibrio tra il principio
maggioritario e la tutela dei diritti individuali delle minoranze politiche, non si ispira all‟idea
della volontà generale la quale si manifesti in un‟Assemblea nazionale.
Per conseguenza, essa respinge anche l’idea della legge come strumento di
manifestazione dell’onnipotenza della Nazione; al contrario, si adopera per limitare
il principio maggioritario, suddividendo i centri di poteri legislativo.
Per tutto il XIX secolo, il disegno di Madison per equilibrare la democrazia con il
rispetto dei diritti individuali mediante la struttura di governo è stato rispettato e la
legislazione federale è rimasta essenzialmente una legislazione politica e non
civile. In questo periodo, il common law si è sviluppato e consolidato come diritto
nazionale degli Stati Uniti d‟America.
Nel XX secolo però la maggioranza degli americani ha voluto che la legislazione
divenisse direttamente o indirettamente la fonte principale del diritto.
In queste nuove condizioni è venuta ad emergere un‟altra visione risolutiva della questione
dell‟equilibrio tra il principio maggioritario e la tutela dei diritti individuali. Visione anch‟essa
risalente al momento costituente, ma che ha dominato la vita del diritto americano
soltanto nel XX secolo.
La lacuna riguardante l‟elenco dei diritti venne presto colmata. Nel 1789, il primo
Congresso federale approvò 10 emendamenti alla Costituzione. Di questi primi dieci
emendamenti, quelli dal n.1 al n.9 sono denominati “bill of rights”, in quanto tutelano i
diritti e i valori umani fondamentali.
Occorre sottolineare che se si adotta il principio per cui la rule of law è superiore alla
volontà politica della maggioranza, e si inseriscono i diritti individuali nel testo di una
Costituzione rigida, ne risulterà che essi sono collocati ad un livello di legalità non
intaccabile da parte dei legislatori se non tramite specifico procedimento di revisione
costituzionale.
34
Quindi, il punto di equilibrio è costituito dal fatto che la maggioranza non può
legiferare secondo la sua volontà, ma deve esprimere la propria volontà politica
all’interno dei limiti stabiliti dalla Costituzione.
È compito dei giudici, i quali sono sottratti al sistema rappresentativo e dunque non
espressione della maggioranza né sottoposti ad essa, vigilare affinché la legislazione non
superi i propri confini, invadendo il territorio della legalità costituzionale.
Questa lettura della Costituzione conduceva a configurare un controllo di
costituzionalità dei giudici sulle leggi votate dal Congresso.

La Costituzione federale non prevede espressamente un sindacato di costituzionalità sulle


leggi votate dal Congresso. Tuttavia il rapporto di supremazia della norma costituzionale
sulla legge ordinaria rende la judicial review praticamente inevitabile.
Il primo contrasto tra legge federale e testo della Costituzione si verificò nel caso
Malbury vs Madison :
Nell‟intervallo di tempo tra il momento delle votazioni e quella della entrata in carica del
nuovo Presidente, Malbury era stato nominato giudice federale di pace del Distretto di
Columbia, dal Presidente federalista Adams e dal suo Segretario di Stato Marshall,
entrambi giunti al termine della propria carica.
Madison, divenuto il nuovo Segretario di Stato dell‟amministrazione repubblicana del
Presidente Jefferson, si oppose alla notifica dell‟atto di nomina, in quanto essa rientrava in
un progetto di lottizzazione partitica dei posti di giudici federale.
La Corte Suprema, investita della questione, afferma l‟esistenza di un contrasto tra l‟art. 3
della Costituzione (secondo il quale, la Corte Suprema esercita una giurisdizione d‟Appello,
eccetto questioni che riguardano determinati soggetti giuridici, quali ad es. Ministri,
Consoli, Stato) ed una norma del Judiciary Act (in base alla quale Malbury richiedeva
l‟intervento della Corte stessa, quale giudice di primo grado).
La decisione della Corte Suprema nel caso Malbury vs Madison ha fondato in
modo definitivo il sindacato giudiziale di costituzionalità sulle leggi. Da allora in
poi il potere di ogni giudice federale di disapplicare una norma di legge ritenuta in
contrasto con la Costituzione non è stato oggetto di seria contestazione.
La sudicia rewiew deve essere valutata sotto vari profili:
- Sotto il profilo politico costituzionale tale soluzione non è la più opportuna perché
scarica sul potere giudiziario (che è antimaggioritario nella sua composizione)
l‟onere di agire tutelando tutti gli interessi. Ma una legge se mal concepita può
essere corretta con un‟altra legge, una sentenza che sancisca l‟incostituzionalità di
una legge viene può difficilmente modificata.
- Sotto il profilo del funzionamento del sistema il potere di sindacare la
costituzionalità delle leggi ha avuto l‟effetto di addestrare generazioni di giuristi ad
affrontare la problematica connessa all‟interpretazione ed applicazione del testo
normativo.
Dunque, nell‟esperienza giuridica americana, la fase di applicazione del diritto è stata
condizionata dalla ricerca di una “interpretazione costituzionalmente adeguata”
35
delle regole vigenti. Questa situazione è notevolmente distante dall‟esperienza inglese
nella quale non vi è stata la necessità di discutere riguardo l‟interpretazione di un testo
costituzionale scritto e il controllo sulla costituzionalità leggi, in quanto è prevalso il
principio per cui la volontà del Parlamento è suprema e non conosce limiti.

Vi sono degli elementi di differenziazione tra l’esperienza americana e quella


inglese:
1- La presenza di una costituzione scritta munita di judicial review .
2- la dissimilitudine relativa alla organizzazione giudiziaria:
Inizialmente le singole colonie tentarono di modellare il proprio sistema processuale e
l‟organizzazione delle proprie Corti sul modello inglese. Tuttavia questa ricezione non
giunse mai a compimento ed il modello organizzativo inglese non funzionò mai troppo
bene nella diversa realtà americana. Nel periodo successivo all‟indipendenza, la cultura
illuministica di cui erano partecipi i giuristi americani condusse verso riforme radicali delle
procedure giudiziarie che anticiparono quelle inglesi.
Per quanto riguarda l‟organizzazione delle Corti, venne adottato il criterio della elettività
dei giudici, in luogo di quello della loro nomina da parte del Governatore dello Stato.
Inoltre, venuto meno il principio di common law per cui contro le sentenze non vi è
normalmente appello, le Corti furono strutturate per provvedere a più gradi di giudizio.
Per quanto riguarda gli aspetti processuali, l‟obiettivo fu quello di rendere la macchina
della giustizia accessibile e comprensibile a tutti i cittadini.
La riforma, denominata “Fiel Code” dal nome dell‟avvocato David Field il quale svolse un
ruolo fondamentale nella sua redazione, introdotta inizialmente a New York ed in seguito
adottata in altri Stati, prevedeva:
- L‟abolizione delle forms of action.
- La fusione processuale tra common law ed equity.
- La generalizzazione della procedura di discovery.
Infine, mentre in Inghilterra la giuria è quasi scomparsa nelle vertenze civili,
nell‟esperienza americana è rimasta, con la conseguente separazione tra accertamento del
fatto e valutazione degli aspetti giuridici della controversia.

Per quanto riguarda la letteratura giuridica del XIX secolo, i Commentari di


Blackstone ebbero un successo editoriale notevole. La ragione di questo successo fu di
carattere funzionale, in quanto essi fornivano una visione del common law in una
dimensione semplice. I giuristi americani seguirono lo stile di Blackstone.
Ad es, James Kent espose in un trattato di 4 volumi, denominato “Commentaries on
American Law”, la propria esperienza di Chancelor della Court of equity di New York e di
docente alla Columbia University.
Egualmente, Joseph Story, giudice della Corte Suprema federale e docente all‟Università di
Harvard, trasse dalle proprie lezioni una serie di trattati monografici.
A partire da questi esempi, la trattatistica giuridica divenne il genere letterario prevalente
e favorito da studenti e pratici.
36
La letteratura divenne lo strumento principale per l’apprendimento del diritto.
Tale situazione comportò non soltanto il rapido declino del metodo della formazione
mediante apprendistato negli studi legali degli avvocati, ma incentivò anche un ulteriore
sviluppo dei metodi formativi.
Si diffusero scuole di preparazione alla professione forense, seguite da numerosi
studenti. La didattica venne definitivamente riformata in seguito alle innovazioni introdotte
da Christopher Columbus Langdell alla Law School di Harvard nel 1871.
Egli, ispirandosi al modello delle università europee, abolì la lettura ed il commento di
esposizioni trattatistiche e la sostituì con raccolte di controversie giurisprudenziali.
Inoltre cambiò il corpo accademico, sostituendo giudici ed avvocati con giovani
interamente dediti all‟insegnamento ed alla ricerca.
Secondo Langdell, lo studio del diritto doveva essere uno studio scientifico, in
quanto era rivolto alla scoperta di principi giuridici i quali emergono dai materiali giuridici
prodotti dalla storia. Conformemente a quanto insegnato dalla scuola storica tedesca, tali
materiali giuridici si identificavano con le controversie risolte dalle Corti, perché in essi e
non nella legislazione si manifestava lo sviluppo organico del sistema.
Langdell ebbe cura di precisare come la maggior parte delle decisioni giurisprudenziali
però erano inutili, mentre solo pochissimi casi insegnavano qualcosa perché da essi
emergeva un principio ispiratore capace di governare un ambito vasto di problemi.
Ciò che stava a cuore a Langedell era che la formazione del giurista avvenisse in
università, luogo in cui avviene la elaborazione e la trasmissione della cultura generale
della nazione. Questa simbiosi tra luogo di formazione di una categoria professionale e
luogo in cui si compie ricerca scientifica, è stata la vera stella polare della riforma
langdelliana. Tale riforma segna il momento in cui l‟esperienza americana relativamente al
tema della formazione del giurista, rovescia il modello inglese.
Nel giro di pochi decenni, dopo un‟iniziale reazione di sconcerto e repulsione verso la
riforma langdelliana, tutte le maggiori Law School adottarono il metodo di Harvard

Gli allievi di Langdell svilupparono questa indicazione metodologica in trattati ed opere


dottrinali dedicati ai diversi settori del diritto, i cui evidenti intenti sistematizzatori
ruotavano attorno ad alcune nozioni centrali.
Ad es., nel campo della Law of Torts divenne centrale la nozione di colpa (negligence).
In questo contesto culturale venne istituita nel 1923 l’American Law Institute, al quale
partecipavano avvocati, giudici e professori, al fine di promuovere la semplificazione del
diritto e la ricerca scientifica.
L‟Amercian Law Institute elaborò una serie di esposizioni, denominate “Restatements”,
dei principali settori del common law americano (contracts, trusts, torts, ecc.)
Il Restatement si basava sulle decisioni delle Corti statali, ma le regole che venivano
estratte erano formulate con un linguaggio di tipo legislativo ed esposte in ordine
sistematico. Era un‟opera concepita secondo i canoni del metodo langdelliano che
presupponeva la possibilità di estrarre verità giuridiche dalla massa delle decisoni
giudiziali, traversandole in regole chiare e precise e sistematicamente ordinate.
37
Successivamente il metodo di Langdell divenne oggetto di una forte critica.
I realisti sottolineavano come l‟ordine sistematico che si intendeva imporre al diritto
giurisprudenziale era notevolmente soggettivo, ossia rifletteva la visione di ogni studioso.
Essi concordavano sul fatto che lo studio del diritto si configurava come una scienza ma
sostenevano un paradigma della scientificità diverso.
In luogo di una indefinita analogia con i metodi delle scienze naturali, il paradigma
scientifico fu quello delle scienze sociali, in primo luogo la sociologia. Lo studio delle
situazione di fatto venne considerato preliminare rispetto all‟analisi giuridica.
Il movimento realista ottenne un ampio successo in quanto rispetto al formalismo
langdelliano si presentò maggiormente in sintonia con i mutamenti introdotti durante il
New Deal di Roosevelt.

Il New Deal di Roosevelt fu un lungo esperimento di governo dell‟economia da parte


del politico. L’idea di base era che spettasse al Governo federale la manovra del
ciclo economico.
L‟accrescimento dei compiti dello Stato comportò un aumento della struttura
burocratica che era dotata di ampi poteri di controllo su tutti gli aspetti della vita
economica.
L‟esigenza di stimolare la domanda comportò una politica rivolta ad una più larga
distribuzione dei redditi all‟interno della società. Tutto ciò contrastava così fortemente con
il sistema del common law tradizionale da rendere necessaria una deroga tramite
apposita legislazione, la quale sottraendo poteri alle Corti ne affidasse di nuovi alle diverse
agenzie governative. Nelle Corti americane si assiste dunque ad un forte scontro di
mentalità, le quali a livello politico si identificavano nel partito repubblicano conservatore e
in quello democratico progressista.
La Suprema Corte Federale decise di invalidare una serie di leggi votate dal Congresso
nel primo mandato di Roosevelt. Essa infatti ritenne costituzionalmente illegittimo
l’utilizzo della legislazione come strumento di governo dell’economia e di
redistribuzione della ricchezza.
il conflitto tra la Corte e l‟amministrazione democratica divenne semplicemente il problema
di chi doveva governare: il presidente e il Congresso o i giudici della Corte Suprema.
Tuttavia, la maggioranza dei cittadini voleva nettamente che il Governo federale
assumesse il controllo dell‟economia.
Quando le elezioni del 1936 confermarono l‟enorme popolarità del programma
del New Deal, la Corte Suprema attuò un rapido mutamento del proprio orientamento
e iniziò a considerare legittime leggi che poco prima avrebbe ritenuto
costituzionalmente illegittime.
La pretesa di Langdell di estrarre regole giuridiche dai casi giurisprudenziali e di
considerarle alla stregua di verità immutabili non poteva sopravvivere in un simile clima di
cambiamento radicale.
La legislazione del New Deal realizzò un ampia deroga al sistema del common
law, in quanto si riteneva che esso produceva sul piano economico inefficienza e
38
ingiustizia. Gli istituti del common law vennero sostituiti dal diritto al lavoro, all‟abitazione
e all‟educazione.
L‟allargamento della sfera d‟azione economica del governo federale si realizzò attraverso
l’istituzione di diverse agenzie, le quali riunivano in sé poteri legislativi, giudiziali ed
amministrativi. Essi infatti agivano in base a leggi che fissavano obiettivi di politica
economica piuttosto generali e che delegavano ad esse il compito di emanare le norme di
dettaglio, di regolare i ricorsi e le controversie con i soggetti amministrati.
In questo contesto la scuola realista ottenne un ampio successo e si presentò
idonea a formare un giurista pratico capace di dialogare con le burocrazie dello Stato
attivista. Il metodo realistico raggiunse la sua fisionomia definitiva nell‟opera di Hart e
Sacks, entrambi professori di Harvard, intitolata “The Legal Process”.
L‟idea di base dei due autori era quella di addestrare gli studenti a comprendere il diritto in
un sistema divenuto complesso, in cui il diritto è prodotto stabilmente da soggetti
diversi: il legislatore, le Corti, le agenzie federali nella loro funzione di regolare le attività
economiche. Inoltre, si sottolineava l’importanza dell’interpretazione del dettato
legislativo, mostrando consapevolezza del fatto che la principale fonte delle regole
giuridiche era ormai la legge scritta.
Mentre Langdell aveva immaginato che lo studente avendo capito i principi fondamentali
del diritto potesse applicarli continuamente alle questioni pratiche, Hart e Sacks
sostenevano che l’avvocato dovesse essere in primo luogo consapevole delle
differenti alternative che si presentano al suo cliente, al fine di intraprendere il
procedimento che assicura una maggiore possibilità di tutela degli interessi del cliente
stesso.

5.2. Le fonti del sistema americano attuale.


Gli Stati Uniti, in quanto Stato federale, presentano tanti sistemi giuridici quanto sono
gli Stati federati, 51. A questi si aggiunge l’ordinamento giuridico federale.
Ciascuno Stato ha il proprio apparato di amministrazione della giustizia.
Per quanto riguarda i rapporti tra le giurisprudenze dei singoli Stati, la Costituzione
prevede che ogni Stato deve riconoscere pienamente le sentenze formulate da un altro
Stato. Tuttavia il riconoscimento vale soltanto ai fini dell‟efficacia della sentenza; mentre
per quanto riguarda il suo valore di precedente giurisprudenziale ogni sentenza dei giudici
statali ha fuori dallo Stato soltanto valore persuasivo.
L’organizzazione del sistema giudiziario è variabile: ogni Stato adotta infatti un
proprio modello organizzativo al quale introduce spesso variazioni. L‟unico dato stabile e
comune è che tutti gli Stati prevedono 3 gradi di organi giudiziari ed un vertice costituito
da una unica corte suprema.
Il sistema giudiziario federale è invece più stabile e presenta:
- un primo grado di giurisdizione composto dalle Corti distrettuali (district courts);
- poi le Corti federali d‟appello
- ed infine la Corte Suprema federale.
Accanto a queste corti ordinarie vi sono numerose corti speciali.
39
Sia nel sistema federale che in quello degli Stati, la distinzione fondamentale è tra
Corti di primo grado (trials courts), le quali conoscono sia il fatto sia il punto di diritto, e
le Corti d’appello, le quali rivedono soltanto il punto di diritto deciso dalle Corti di primo
grado. Per quanto riguarda la procedura, nel 1938 la Corte Suprema, in seguito alla delega
del Congresso, ha approvato un regolamento noto come “Federal Rules of Civil
Procedure”, al quale si uniformarono anche le legislazioni dei singoli Stati.
Le regole procedurali federali si ispirano sostanzialmente alla procedura di equity e
tendono verso una deformalizzazione delle regole del procedimento in vista di un suo
snellimento e di una diminuzione dei costi processuali.

La produzione di norme giuridiche è affidata sia al potere legislativo sia al potere


giudiziario. Ad essi si aggiunge anche il potere regolamentare affidato ad organi
amministrativi.
Per quanto riguarda le competenze legislative, la Costituzione federale attribuisce alla
competenza legislativa del Congresso federale un determinato numero di materie (ad es.,
la produzione e lo scambio di beni e servizi a livello interstatale c.d. “commerce clause”, le
insolvenze, i diritti sulle opere dell‟ingegno, la navigazione).
Inoltre il XIV emendamento alla Costituzione, introdotto in seguito alla Guerra civile al fine
di proteggere i diritti degli afro-americani liberati dalla schiavitù, ha generalizzato il bill of
rights. Esso afferma che nessuno Stato può emanare leggi che limitino i privilegi e le
immunità dei cittadini degli Stati Uniti o che privino qualsiasi persona della vita, della
libertà e della proprietà senza un giusto processo.
Di conseguenza, tutta materia dei diritti fondamentali è stata federalizzata.
La Costituzione prevede che tutti i poteri non delegati al sistema federale appartengono ai
singoli Stati e al popolo.
Quindi, il potere federale si estende a singole materie specificatamente enumerate dalla
Costituzione, anche se le singole clausole di tale elenco sono interpretate con grande
larghezza. Tutte le altre materie sono affidate al potere legislativo degli Stati, i quali
possono intervenire legislativamente anche nelle materie assegnate al potere federale
quando un determinato aspetto non è compiutamente regolato dalla legislazione federale.

Per quanto riguarda la divisione delle competenze giurisdizionali, la Costituzione


prevede che i giudici abbiano giurisdizione, per ragioni di materia, per tutte le controversie
che riguardano materie regolate dalla Costituzione stessa, dalle leggi federali e dai trattati
internazionali stipulati dagli Stati e infine in materia marittima e di navigazione. Inoltre,
essa aggiunge che gli stessi giudici federali hanno giurisdizione, per ragioni soggettive,
nelle controversie in cui sono parti ambasciatori, ministri, consoli, gli Stati Uniti, due Stati,
un cittadino ed uno straniero, uno Stato straniero oppure cittadini di due Stati diversi (c.d.
“diversity clause”).
Nei casi in cui i giudici federali sono competenti per ragioni di materia, il diritto sostanziale
applicabile è quello federale.

40
Mentre nei casi in cui i giudici federali sono competenti per ragioni soggettive, la
Costituzione non individua uno specifico diritto applicabile. Tuttavia è del tutto escluso che
il Congresso ha il potere di legiferare nelle questioni in cui la competenza giurisdizionale è
federale soltanto per ragioni soggettive.
Il Judiciary Act del 1789 prevedeva che i giudici federali dovevano applicare the laws of
the several States. Nel 1842, la Corte Suprema federale ritenne che la parola laws
significasse legge in senso formale, ossia statutes secondo il linguaggio americano.
Pertanto, essa decise che in materia commerciale, qualora il diritto dello Stato in questione
non contenesse una disposizione legislativa relativa ad una determinata controversia, il
giudice federale doveva utilizzare non il common law dello Stato, ma un common law
federale.
Al riguardo, occorre sottolineare che riferirsi al common law dello Stato significava che i
giudici federali si sarebbero attenuti ai precedenti giurisprudenziali di quello Stato,
considerandoli vincolanti secondo il criterio dello stare decisis.
Riferirsi ad un common law federale significava invece che spettava ai giudici federali
creare il diritto qualora gli Stati non avevano legiferato e che quindi il potere di guidare lo
sviluppo del diritto spettava alla stessa Corte Suprema Federale.
Il caso Swift vs Tyson fece riflettere sul fatto che il diritto commerciale è uni versabile e
sarebbe assurdo fare riferimento al diritto di un singolo Stato. Ma altre due sono le
motivazioni rilevanti riguardo il riferimento a un diritto di common law federale:
- una ragione di opportunità -> le corti statali dell‟800 erano ancora poco attrezzate
tecnicamente.
- Il diritto sostanziale doveva essere unico, come espressione di una sola nazione, ed
era spontaneo quindi applicare sempre lo stesso diritto.
Proseguendo per questa linea nel tempo si creò una duplicazione di regole
giurisprudenziali, con la conseguenza che una stessa questione potesse essere risolta in
modo antitetico a seconda che entrasse in gioco il fattore della diversity of citizenship delle
parti.
Successivamente la stessa Corte Suprema. Con il caso tompkins eliminò l‟idea di un
common law federale, dichiarando che la imposizione di un common law federale
è incostituzionale.
Infatti, un sistema federale di common law richiede un duplice livello di rinvio.
Quando il sistema dispone che il giudice federale competente per ragioni soggettive
applichi il diritto dello Stato in cui è collocato, ciò significa che esso è vincolato sia alla
legge formale in vigore in quello Stato, sia al diritto creato dai giudici di quello Stato, in
quanto entrambi sono espressione del modo di essere quella comunità statuale.

Il sistema delle fonti federali e statali del diritto americano attuale si articola nel
modo seguente:
- Esiste un diritto federale di origine legislativa. Esso disciplina materie quali il
diritto pubblico dell‟economia, la tutela dell‟ambiente e del consumatore,
l‟insolvenza, la navigazione, i contratti di lavoro. In questi ambiti si applica la c.d.
41
supremacy clause, in base alla quale il diritto ed i giudici statali danno la
precedenza al diritto federale. Ciò ha due implicazioni:
o la norma federale prevale su quella, eventualmente antinomica, che sia stata
emanata dal legislatore statale.
o nella applicazione delle norme federali, il giudice statale deve attenersi ai
precedenti giurisprudenziali dei giudici federali e recepirli secondo la loro
gerarchia.
- In tutte le altre materie si applica il diritto del singolo Stato in cui la corte
federale adita si colloca. Tuttavia tale diritto comprende anche le norme di diritto
internazionale privato (conflict of laws) e quindi il diritto sostanziale applicabile può
essere quello di un altro Stato.
Fermo restando che il diritto applicabile comprende sia il diritto legislativo che
giurisprudenziale, è ormai canonico ritenere che ogni giudice ha potere di scelta tra le
diverse interpretazioni locali. È inevitabile che il giudice sia doppiamente vincolato dalla
legge in senso formale e dalla giurisprudenza in questione, tuttavia non può essere
ridotto alla condizione di bocca inanimata che ripete i precedenti altrui.

Il collante di un sistema federale consiste nel consentire che il giudice di uno Stato
possa ispirarsi alla giurisprudenza di un altro Stato, se questa gli pare particolarmente
persuasiva. Il rispetto del rigido criterio del precedente all‟interno di una singola
giurisdizione di ciascuno Stato renderebbe più difficilmente rimediabili gli errori commessi
da qualche giurisprudenza statale.
Le Corti supreme dei singoli Stati hanno sempre evitato di dichiararsi vincolate ai
propri precedenti ed hanno seguito il modello della Corte suprema federale la
quale ha sempre ammesso di disporre del potere di overruling, ossia il potere di
ribaltare una propria decisione precedente, dichiarando che questa precedente pronuncia
è da considerarsi errata.
Il giudici inferiori devono seguire le decisioni dei giudici superiori, anche se la flessibilità
del sistema comporta la valutazione del singolo precedente. In un simile contesto, le Corti
americane hanno adottato tecniche innovative, quale ad es. la tecnica denominata
“prospective overruling”. Essa consente di conciliare due esigenze opposte:
- da un lato, la giustizia del singolo caso;
- dall‟altro, la necessità di adeguare il common law.
La Corte statuendo il diritto riconosce la regola nuova, ma nel contempo applica alla
controversia da decidere la regola precedente, in quanto la condotta oggetto del giudizio è
stata posta in essere in un momento in cui le parti facevano legittimo affidamento sulla
sua esistenza. Questa tecnica tuttavia non riesce a rendere completamente giustizia.
Infatti, la parte soccombente si sente dire che la regola in base alla quale perde la causa è
sbagliata e viene applicata per l‟ultima volta proprio nel suo caso.
Dunque spesso la tecnica del prospective overruling viene impiegata dopo che le Corti
hanno già manifestato in diversi modi l‟insoddisfazione per la regola esistente (ad es.,

42
invocando l‟intervento del legislatore). In questo modo la parte soccombente viene
preavvisata circa lo stato del diritto e la sua prevedibile evoluzione.
In ogni caso la tecnica del prospective overruling è adottata soltanto in quelle materie,
come la proprietà e i contratti, in cui l‟esigenza di proteggere l‟affidamento nella certezza e
conoscibilità del diritto è più alta.
Da tutto ciò consegue che il criterio della stare decisis si configura negli Stati Uniti
come una concretizzazione del principio generale di certezza e prevedibilità del
diritto e come tale esso deve essere bilanciato con gli altri principi che tutelano la
giustizia e la coerenza complessiva.
Inoltre, occorre sottolineare come nell‟esperienza americana si assiste ad un diffondersi
dello stile delle opinioni separate di ciascun giudice. Fermo restando che l‟opinione dei
giudici è la loro opinione personale, sino alla fine del XX secolo si preferiva che le Corti
emettessero opinioni unanimi. Normalmente si trattava di opinioni scritte da un giudice, al
quale tutti gli altri aderivano. Le opinioni dissenzienti, espressione di una minoranza di
giudici contrari alla decisione assunta, erano piuttosto rare.
È stato lo stile della Corte suprema federale, nella quale nel XX secolo le opinioni
dissenzienti sono divenute quasi una regola, a segnare un mutamento di tendenza.
Accanto alle opinioni dissenzienti, si sono poi sviluppate le opinioni concorrenti,
mediante le quali un giudice, il quale ha votato con la maggioranza al fine di formare la
decisione, motiva la sua adesione con ragioni diverse da quelle espresse dagli altri
componenti della maggioranza.
In questo contesto, la distinzione tra ratio decidendi ed obiter dicta è avviata ad un rapido
tramonto.

Oltre la presenza della Costituzione, anche negli Stati Uniti, i Parlamenti hanno sempre
legiferato. Pertanto, il formante legislativo è stato in ogni tempo presente nel
sistema delle fonti ed è stato continuamente affermato il principio per cui la legge in senso
formale deve essere applicata fedelmente dai giudici.
Le tecniche interpretative si presentano in modo sensibilmente diverso in funzione del
ruolo che la legislazione svolge all‟interno dei rapporti tra i formanti del sistema.
Il XIX secolo non fu un periodo di notevole incisività degli interventi legislativi. Di
conseguenza, anche le teorie interpretative non furono oggetto di discussione.
Al contrario, nel XX secolo, si è assistito ad uno sviluppo quantitativamente rilevante della
legislazione, in seguito al ruolo attivo assunto dallo Stato nella disciplina degli aspetti
economici e sociali della comunità.
Il diritto dello Stato interventista è un diritto rivolto ai grandi apparti pubblici i quali
necessitano di norme scritte per funzionare adeguatamente. Inoltre, lo strumento
legislativo è stato ampiamente utilizzato a fini di uniformazione del diritto all‟interno del
sistema federale, attraverso l‟elaborazione di leggi modello da proporre ai legislatori dei
diversi Stati affinché le adottino come loro legge interna.
Ad es., l’Uniform Commercial Code, adottato in tutti gli Stati del sistema federale,
disciplina in modo uniforme i contratti commerciali ed in primo luogo la vendita mobiliare.
43
Esso ha la struttura e il contenuto di un Codice europeo, si compone di nove articoli ed è
strutturato in modo da seguire le varie fasi di una negoziazione commerciale:
1- fissa le regole ermeneutiche.
2- Sulla vendita immobiliare.
3- 4- 5- promesse e e mezzi di pagamento.
6- 8- eventualità correlate ad una negoziazione commerciale.
7- trasporto, deposito e titoli rappresentativi di merci.
9- garanzie immobiliari.
Dopo la prima versione, redatta nel 1952, sono seguiti modifiche ed aggiornamenti
parimenti uniformi. Tuttavia, poiché queste revisioni devono essere poi adottate come
leggi dai diversi Stati e non accade mai che questi procedano all‟unisono, è inevitabile che
diverse versioni siano in vigore nei diversi Stati nello stesso momento.
L’uniformità e la sistematicità delle previsioni dell‟UCC impone alle Corti un
procedimento interpretativo che tenga conto del funzionamento dell‟insieme e non
solo dell‟analogia con casi simili precedentemente giudicati.

Nell‟età degli Statutes, i giudici hanno dovuto procedere ad una revisione radicale dei
canoni ermeneutici tradizionali. Infatti, secondo la teoria tradizionale uno Statute
viene emanato dal Parlamento per correggere un difetto del common law. Per interpretare
la legge occorre quindi seguire il testo letterale. Se questo non è chiaro, l‟interprete deve
identificare il difetto del common law che si è voluto correggere.
Queste semplici regole esauriscono le tecniche interpretative in senso stretto,ma la teoria
per cui la legge è emanata per correggere un difetto di common law, impone il divieto di
applicare per via analogica le sue previsioni. Però le applicazioni interpretative di un
provvedimento legislativo verbalizzate in sentenze non perdono la loro efficacia vincolante,
ma vengono inglobate nel tessuto del diritto giurisprudenziale.
Questa teoria ermeneutica non si è mai del tutto applicata alla Costituzione, la quale ha
costituito la fonte di un modello di interpretazione alternativo a quello
tradizionale del common law. Oggi questo modello alternativo è applicato in qualche
misura all‟intero settore del diritto a base legislativa.
Il testo della Costituzione viene configurato come un insieme di principi, ciascuno
dei quali ha la sua base in una espressione verbale che ricorre nel testo e che viene
denominata “clause”. Su ognuna di queste singole clausole, si è sviluppata nel tempo una
interpretazione giurisprudenziale.
Tuttavia, per quanto riguarda i criteri ermeneutici, tra i giuristi americani non vi è
completo accordo:
- Alcuni sostengono che l‟unico modo giustificabile di intendere la Costituzione è
quello di ricollegarsi all‟intenzione originaria dei costituenti.
- Altri invece ritengono che sia perfettamente giustifica una interpretazione estensiva
dei diritti umani previsti dalla Costituzione.

44
La Corte suprema federale oscilla, a seconda della sua composizione, tra una tendenza
attivista nel settore dei diritti umani, la quale l‟ha condotta ad elaborare nuovi diritti della
personalità non previsti nel testo, ed una tendenza meno creativa.
La dottrina accademica insiste affinchè il procedimento ermeneutico sia integrato
mediante l‟inserimento di un altro elemento che proviene dall‟esperienza di common law,
cioè il controllo sulla coerenza complessiva delle regole operazionali con la costellazione
dei principi fondamentali che reggono il sistema iuris.

Il diritto americano è studiato in modo uniforme e le sue fonti di cognizione sono


nazionali e non locali. L‟elevato numero delle fonti di cognizione comporta la necessità di
una di sintesi, come quella offerta dal Restatement. Esso non si propone più di estrarre
dall‟insieme delle controversie i veri principi organici allo sviluppo del common law, ma si
propone di tradurre in regole gli orientamenti della giurisprudenza.
A differenza dell‟UCC che è legge degli Stati, il Restatement è una compilazione privata, la
cui efficacia è affidata alla sua forza persuasiva, ossia al prestigio che ogni singola
composizione acquista presso le Corti: più alto è il numero delle citazioni all‟interno delle
decisione giudiziali, più elevata è l‟autorevolezza della regola stessa.
La struttura delle fonti di cognizioni del diritto in senso stretto è stata rivoluzionata
dall‟introduzione delle tecniche di trattamento dei dati per via elettronica. La conoscenza
dei formanti legislativo e giurisprudenziale avviene oggi mediante collegamenti con banche
dati. Fino all‟avvento dell‟elettronica, la conoscenza delle sentenze avveniva attraverso
specifiche raccolte organizzate in modo cronologico.
Ad esempio, per quanto riguarda le sentenze della Corte suprema federale, la
collezione ufficiale è lo United States Reports.
Ciò che rimane adesso del vecchio sistema basato sul supporto cartaceo è il sistema di
citazione della giurisprudenza statale che nelle sue sigle fa rinvio al National
Reporter System.
La letteratura giuridica americana si è formata attorno sl genere del trattato, che ha
avuto il suo apogeo verso la metà del 20° secolo, con le opere di Williston e Corbin (sui
contratti); Powell (su real property); ecc…. Invece fioriscono a livello editoriale le
nutshells, esposizioni manualistiche su scala ridotta, e i Casebooks , originariamente
raccolta di casi senza commento. I moderni casebooks accanto ai casi giurisprudenziali
contengono numerosi altri materiali, arricchite da introduzioni di stile trattatistico su ogni
argomento.

L’analisi economico giuridica pretende di consentire una adeguata scientificità al


discorso giuridico sulla base di due fattori:
- Ricorso ai criteri di dimostrazione geometrica tratti dall‟economia teorica per
scorgere verità contro intuitive -> il criterio di selezione dei docenti nelle università
americane richiede che essi forniscano apporti conoscitivi e scientifici.
- Questa analisi ha dotato lo studio del diritto di certe capacità predittive che prima
erano lacunose.
45
Mentre l‟analisi economico giuridica deve basarsi su assunti astratti e semplificatori,
l’analisi critica (dei crits) costringe a separare nettamente all‟interno delle strategie
argomentative dei giuristi, ciò che è retorica da ciò che è logica; il critto tipo dal
verbalizzato; i crits preferiscono privilegiare i valori dell‟uguaglianza e dell‟equità, nonché
ciò che si riconnette ai diritti della personalità.
Negli USA la professione legale è unitaria. Per ottenere la qualifica di “lawyer”
(avvocato) che permette l‟ammissione al Bar (patrocinio avanti le Corti), è necessario
superare un esame che si svolge secondo modalità piuttosto uniformi, ma in linea di
principio è regolato dalle leggi di ciascuno Stato.
Per quanto riguarda la categoria dei giudici, si assiste ad una loro tendenza generale a
considerarsi come “policy makers”, ossia come persone che offrono la soluzione giusta ai
cittadini. Essi ovviamente rispettano il criterio della certezza del diritto veicolato dal duplice
rispetto verso il testo legislativo e verso il precedente, ma si impegnano ad individuare la
soluzione che possa costituire la regola migliore per la comunità cui si rivolge.
Vi sono differenze strutturali tra il mondo dell’educazione universitaria e quello della
pratica forense. L‟ammissione ad una Law School avviene sulla base di un test uguale su
base nazionale, secondo il miglior punteggio. Lo studente con punteggio più alto può
aspirare ad essere ammesso ad una law school di prestigio. Le migliori facoltà cercano di
attrarre i migliori studentil, per far ciò cercano di attrarre anche i migliori docenti.
L’attività forense invece richiede dosi di prudenza, senso della misura e dell‟equilibrio,
doti diplomatiche.

6. LE RADICI COMUNI DELLE ESPERIENZE DI CIVIL LAW.

L’esperienza di civi law è derivata, non dal potere politico e dalla sue strutture di
governo, ma dalle lacune di queste strutture ed indipendentemente da ogni potere
politico. Il sistema di civil law si basa su una comunità di cultura e su un insegnamento
accademico che diviene ordinamento.
La radice dell’esperienza di civil law si colloca nella metamorfosi di un insegnamento
accademico che diviene ordinamento. Occorre capire come si realizza tale metamorfosi.
Era improponibile nell‟11 sec il modello dell‟antichità classica, così come quello
altomedievale. Tale situazione storica favorì lo sviluppo della scientia iuris. Bologna fu la
prima sede in cui si prese ad analizzare in modo scientifico il corpus iuris giustinianeo e a
divulgare i risultati di ciò. (fu Irnerio il primo maestro che fece pubblico insegnamento al
riguardo). Nei secoli 12 e 13 la presenza di moti studenti stranieri a Bologna fece
richiedere una loro organizzazione in due università:
- Una di citramontani, divisi nelle 4 nationes formate da Lombardi, Toscani, Campani
e Romani.
- Una di ultramontani, che raggruppava 12 nationes europee.
Questo successo di pubblico mise in luce il carattere pratico dell‟insegnamento di quei
maestri che coordinavano il Corpus iuris con glosse di commento.

46
Lo studio delle Pandette (parti in cui è diviso il corpus iuris giustinianeo) mostrava come le
esigenze del tempo richiedessero ordine, regole, procedure, per regolare l‟andamento
caotico dell‟europa. La capacità di pensare ai problemi istituzionaliin termini di logico
ordine mentale costituiva un bagaglio tecnico prezioso.
Quindi Nel XII secolo la necessità che si manifestò in Europa continentale era la
medesima di quella presente in Inghilterra: disciplinare i rapporti umani secondo
regole e procedure prestabilite e non in base a semplici rapporti di forza.
Mentre in Inghilterra questa necessità venne soddisfatta prima dal potere regio e poi dalla
categoria di giuristi che si sviluppò attorno alle Corti regolarmente istituite, in Europa
continentale l‟evoluzione fu meno lineare, in quanto mancava l‟autorità in grado di istituire
Corti e di fare rispettare le sentenze. L‟osservanza del diritto doveva essere conquistata in
altro modo. Tuttavia i protagonisti della scienza del diritto erano tutti personaggi privati,
essendo soltanto professori di università da essi stessi istituite.
Dunque occorreva individuare una legittimazione a proclamare un diritto
destinato all’osservanza da parte dei consociati, quando coloro che lo proclamavano
non erano rivestiti di alcuna autorità al riguardo. A tal fine, si decise di fare riferimento
all’autorità della scienza, ritenuta il tramite per il raggiungimento della verità. In
questo contesto, fu essenziale il lavoro di ricostruzione filologica e sistematica compiuto
sul Corpus Juris di Giustiniano.
L’attività del giurista venne ad identificarsi come un‟attività rivolta alla spiegazione di
un testo. Il giurista rinasce in Europa continentale come interprete dotto. “Interprete”
perché il suo ius dicere non è un trovare le regole secondo saggezza ed esperienza, ma
partendo da un testo cui viene attribuita un‟auctoritas. “Dotto” perché la tecnica
dell‟interpretazio è scandita da strumenti intellettuali.
I giuristi ed in primo luogo Irnerio interpretarono in modo geniale il desiderio medievale di
una renovatio, ossia l‟aspirazione a ripartire dall‟esperienza romana verso nuovi orizzonti.
Egli configurarono il diritto giustinianeo come un diritto legittimamente posto la cui
ispirazione derivava da Dio e mediante l‟attività interpretativa elaborano soluzioni
giuridiche idonee a soddisfare le esigenze attuali.
L’interpretazione avviene secondo un metodo scientifico, è parte del diritto ed è
necessaria, in quanto introdotta nell‟ordinamento dal ius gentium, che rappresenta un
ambito intangibile e immanente del diritto. Inoltre, l‟attribuzione del testo ad una
ispirazione divina abilitava i suoi interpreti a svolgere un ruolo quasi sacerdotale,
accentuando l‟imitazione del paradigma offerto dalle Sacre Scritture.
Dunque occorre sottolineare che, mentre il common law nacque incompleto, in quanto
costituito da rimedi eccezionali, il diritto dell‟Europa continentale si presentò come un
sistema già tendenzialmente esaustivo, con la conseguenza che i giuristi furono condotti
verso la sistematica.
Commentando e analizzando il corpus si mise in luce che esso poteva comporre in un
sistema, in un modello di ordine che non era la riproduzione del diritto romano, ma si
collocava in una dimensione tipicamente universale, sottratto ai condizionamenti delle
opportunità locali per potersi proporre come sistema valido per ogni luogo.
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L‟interpretazione del testo giustinianeo quindi non poteva essere letterale.
Si ripropose quindi il problema della legittimazione di un ius dictum apertamente
svincolato dal testo.
Dalle modalità con cui la scientia iuris è pervenuta a legittimare se stessa in quanto
formante stabile della tradizione di civil law si è giunti ad alcuni lasciti perenni a questa
tradizione:
- Distinzione tra struttura formale e contenuto sostanziale della decisione giuridica:Il
diritto come applicazione di norme. La sentenza del giudice è un‟operazione di
sussunzione, completamente di quel giudizio logico già contenuto ipoteticamente
nella norma generale o nel sistema dei principi giuridici.
- La giurisprudenza viene vista come una scienza teoretica, dotata di un paradigma
scientifico, esterno ad essa, e su questo registro ha adeguato i propri metodi e stili
di indagine (es.usando tecniche filologiche, pensieri razionalistici,

[Lo jus commune del XVI secolo si basa sull‟auctoritas dell‟interpretazione che si allontana
dal testo giustinianeo. Lo jus commune presenta 3 fonti: il diritto giustinianeo; il diritto
canonico; l‟interpretazione dei giuristi.
Esso è composto da due elementi inscindibili:
- la validità, che riguarda il diritto imperiale e pontificio;
- l‟effettività, che riguarda l‟interpretazione, la quale rende vivo il diritto imperiale e
pontificio.]
nel XI secolo vi fu anche la c.d. riforma gregoriana della Chiesa cattolica, la quale fornì
all‟Europa il modello di una organizzazione complessa che si regge in base al diritto. Il
carattere universale dell’organizzazione ecclesiale garantì al diritto canonico, in
quanto diritto ufficiale della Chiesa di Roma una più rapida e capillare diffusione rispetto al
ius civile. Per cui il diritto canonico in molte parti d‟Europa spianò la via alla ricezione del
ius civile.
L‟apporto maggiore del diritto canonico però si ebbe nella struttura del processo. Per
garantire in concreto una decente legalità il diritto canonico adottò uno schema rigido di
procedimento disciplinato in forme prefissate, secondo una meccanica rigorosa in cui si
prevedevano termini per il passaggio da una fase all‟altra. Si prevedeva ogni possibile
questione pregiudiziale preliminare, probatoria , prima di passare alla fase successiva.
Tutta la procedura doveva sostanziarsi in atti scritti ed il giudizio verteva su quanto
risultava dagli atti del processo, con esclusione di qualsiasi altra fonte.

Il ius commune viene ricordato per il suo carattere unitario. In realtà vi erano delle
diversità di metodo e di stile espositivo, ma vi era quel diritto romano comune alla base
che manteneva una tradizione culturale più o meno uniforme.

Nei secolo 17°e 18° vi fu una forte corrente culturale che riuscì ad abbracciare tutta
l‟Europa esercitando una forte influenza anche in Inghilterra e poi negli Usa. Cioè il

48
giusnaturalismo moderno, definito anche giusrazionalismo che pone le premesse
culturali della codificazione.
Esso fornisce le basi teoriche di un diritto fondato sulla ragione e affrancato da
preoccupazioni teologiche e religiose. La sua analisi viene condotta sulla base della logica
e della la ragione, elementi che si sostituiscono all‟etica ed alla teologia, in quanto non più
funzionali.
Ugo Grozio, (considerato il padre del diritto internazionale moderno) riconobbe infatti
nella razionalità intrinseca negli esseri umani una saldatura tra la visione umanistica che
aveva posto l‟uomo al centro della vita sociale ed il razionalismo gnoseologico comune
all‟atteggiamento scientifico di Galileo. Il punto di partenza essenziale era rintracciato nel
fatto che l‟uomo è naturalmente portato ad organizzare i propri rapporti sociali. Questa è
la molla che lo spinge ad uscire dallo stato di natura per entrare in rapporti civili. Una
regola è valida in quanto condivisa dalla comunità ed è condivisa quando è formulata
secondo ragione.
Fino a Grozio i giuristi avevano sempre seguito la sistematica delle Istitutiones
giustinianee, ma ciò non poteva coincidere con il sistema di diritto naturale pensato more
geometrico. L‟esposizione sistematica delle regole di diritto non era più un problema
collegato alla leggibilità del sistema giuridico inteso come un insieme tendenzialmente
coerente, ma era la garanzia della legittimità razionale della regola stessa.

Il 18°secolo fu l‟epoca della grande crisi del diritto comune. Grande perché si tratta di
una crisi duplice: - Crisi di legittimità. -Crisi di funzionamento.
Sono due aspetti strettamente collegati, ma la crisi del funzionamento degli apparati di
giustizia è la prima che viene percepita.
Nel 18 sec infatti erano state istituite Corti Supreme o Grandi Tribunali, con funzioni
giurisdizionali, ma anche amministrative, cmq in generale di controllo della legalità
statuale. Con il trascorrere del tempo quei giuristi acquistarono indipendenza dal sovrano,
finendo per contrastarne l‟azione.
Questo è un itinerario simile a quello sviluppato in Inghilterra in cui i giudici di common
law furono tra i protagonisti della lotta contro gli Stuarts.
In Europa continentale i giudici difesero una legalità che si incarnava nel rispetto della
tradizione, che comprendeva i loro privilegi.

[Nel XVIII secolo gli Stati europei avviano rilevanti riforme strutturali coadiuvati dalla
riflessione teorica dei filosofi illuministi.
Si instaura una stretta collaborazione tra sovrani e filosofi, i cui intenti derivanti da
motivazioni diverse finiscono per coincidere.
L‟espressione “assolutismo illuminato” indica un sistema monarchico che utilizza in
qualche misura le istanze che provengono dalla filosofia illuminista.
I sovrani -> individuano nella filosofia illuminista un valido strumento di legittimazione
della propria politica assolutistica.

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I filosofi -> individuano nella politica dei sovrani la possibilità di realizzare concretamente
le proprie aspirazioni.
I sovrani ->intendono eliminare i poteri e le strutture intermedie che li separano dal potere
diretto su tutti i sudditi.
I filosofi –>considerano le strutture intermedie come fonti di privilegi e discriminazioni, le
quali non garantiscono assetti giusti e una eguale distribuzione delle risorse.
Dunque, si afferma l‟esigenza di accentrare il potere in un unico soggetto e di semplificare
il sistema giuridico attraverso l‟unificazione dei soggetti giuridici e la codificazione.

L‟edificazione del nuovo ordine giuridico sostenuta dagli illuministi (Voltaire afferma:
Volete avere buone leggi, bruciate le vostre e fatene di nuove) non fu il riflesso della
ragione universale.
Ogni Stato elaborò il proprio sistema adattandolo alle proprie necessità specifiche.
Questi sistemi divennero i diritti nazionali, fortemente differenziati nelle strutture
complessive, negli stili e nelle soluzioni giuridiche.

7. IL MODELLO FRANCESE.

Il sistema che si è sviluppato in Francia nel periodo della Rivoluzione e dell‟impero


napoleonico merita il nome di modello, in quanto è stato recepito in numerose esperienze
giuridiche. I suoi principali elementi costitutivi sono:
- Il primato della legge come fonte del diritto.
- Il Codice è la forma principale di legislazione ein esso si esprime la Costituzione
materiale della Nazione.
- L‟organizzazione piramidale delle Corti con al vertice la Cassazione.
- La separazione tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa e la conseguente
opposizione tra diritto pubblico e diritto civile comune.

La peculiare esperienza storica francese è strumento necessario per distinguere ciò


che in quel modello vi è di caratteristico e irripetibile in altri ambienti.
Lo Stato francese , a differenza di quello tedesco, si formò da un nucleo centrale piuttosto
ristretto. In realtà la stessa idea di Francia era assente perché erano esistenti
impressionanti diversità tra le varie parti di essa. L‟unità della Francia è stata un‟idea
indotta dall‟assorbimento linguistico, culturale ed istituzionale.

L’andamento dei cicli storici portò al convincimento che:


- Nei momenti in cui regnava un Re forte all‟interno vi erano epoche di sicurezza,
crescita economica, gloria militare.
- Nei momenti di contestazione interna all‟autorità regia vi erano tempi calamitosi
contrassegnati da regresso socio-economico e intervento di potenze straniere.

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Quindi l’idea di legalità si rinveniva nella capacità di promuovere una più perfezionata
organizzazione pubblica in cui i comandi provenienti dal vertice trovassero più affidabile
esecuzione.
Nel tentativo di riorganizzare lo Stato, in modo da tenere a freno l‟autonomia dei feudatari,
i sovrani francesi del XVI secolo ebbero l‟idea di sfruttare le capacità razionalizzatrici
dei giuristi, i quali furono chiamati a comporre i Parlaments (corti di giustizia e
amministrazione), sostanzialmente simili a quelli inglesi. Ciò fu favorito dalla fioritura nello
stesso secolo di talenti giuridici provenienti dalla scuola francese dei Culti.
La politica di reclutamento dei funzionari e parlamentari tra i giuristi contribuì a formare un
ceto sociale definito “noblesse de robe”, nobiltà di toga, che si contrapponeva alla
“noblesse d‟èpèe”, nobiltà feudale.
In sostanza i giuristi vennero arruolati al servizio dello Stato seguendo un disegno di
accentramento del potere statuale.

Nel XVI secolo, il diritto civile comune nel regno di Francia risulta divisa in due aree:
- Paesi di diritto scritto nelle regioni meridionali, la tradizione giuridica romana
(costituita dalla Lex romana Wisigothorum e dalla Lex romana Burgundionum)
prevale sul diritto di matrice germanica e sostanzia le consuetudini locali. Qui il
diritto giustinianeo è considerato ius commune con funzioni di diritto positivo, a
carattere sussidiario nei confronti delle consuetudini locali che assumono il ruolo di
iura propria.
- Paesi di diritto consuetudinario nelle regioni settentrionali, le consuetudini esprimono
un carattere prevalentemente germanico. Qui il diritto giustinianeo ha una funzione
di carattere culturale e fornisce principi e tecniche del ragionamento giuridico sia
per le scuole sia per la pratica.

Al fine di soddisfare le esigenze di certezza del diritto e di semplificazione nel suo


accertamento, la politica regia si avvia verso tentativi di riordinamento e concentrazione
del materiale giuridico esistente.
Nel 1497, il re Carlo VII con l‟Ordonnance di Montil-lez-Tours dispone la redazione scritta
delle consuetudini locali di ciascun distretto.
Il re giustifica questa operazione affermando che con essa si intende abbreviare i processi,
diminuire le spese e introdurre la certezza nei giudizi. In realtà, l‟autorità del sovrano si
esplicava in un ambito giuridico che rappresentava il monopolio dei giuristi e in cui egli
non aveva un controllo diretto.
Il diritto consuetudinario diviene così un diritto statalizzato e applicabile in quanto
riconosciuto valido dal sovrano.
Tuttavia questa iniziativa ebbe rilevanza più sull‟unificazione linguistica che non sulla unità
giuridica. Infatti il risultato ultimo del processo di redazione delle costume fu quello di
favorire l‟unificazione dei paesi di diritto consuetudinario e non quello di contribuire ad un
rafforzamento del potere centrale.

51
Si sviluppò dunque la coscienza dell‟esistenza di un diritto comune consuetudinario da
opporre al diritto romano comune e di cui i Parlamenti divennero i custodi.

La più compiuta realizzazione delle istanze di accentramento e di semplificazione del diritto


avviene con l‟attività politica e legislativa di Luigi XIV(Re Sole).
Egli sottrae all‟aristocrazia ogni funzione di governo e la attribuisce a ministri di estrazione
borghese, da lui stesso nominati; affida l‟amministrazione delle province agli Intendenti,
anche essi rappresentanti della borghesia.
L‟opera legislativa di Luigi XIV tende all‟unificazione del diritto francese, che si realizza
soltanto parzialmente nel campo delle procedure e nel diritto commerciale.
Grande ispiratore del sovrano è il suo ministro Colbert.
Il progetto viene attuato con l‟emanazione, tra il 1667 ed il 1681, di quattro
Ordonnances che riformarono la procedura civile e penale, la disciplina dei commerci e la
navigazione marittima.
Le Ordonnances si presentano largamente innovative, anche se sono in gran parte
rielaborazione di fonti esistenti, non sostituiscono del tutto il vecchio ordinamento, sono
prive di una impostazione sistematica e mancano dei caratteri della completezza e della
non etero integrabilità.

La Rivoluzione francese (1789-1799) è il risultato di diversi elementi:


- progetto politico di azione rivoluzionaria, sostenuto dalle riflessioni giusfilosofiche.
- istanze sociali che provengono dalle classi medio-basse.
- cambiamenti nella forma di governo e nella concezione del diritto.
Dunque, essa si presenta come un fenomeno di continuità ma anche di rottura rispetto al
passato.
Il rapporto tra Stato e società civile era problematico perché i tentativi di razionalizzazione
monarchica avevano dimostrato come lo strumento per modernizzare l‟amministrazione
della cosa pubblica fosse un apparato centralizzato,che al suo interno era vincolato a
procedere secondo modelli di azione prestabiliti dal vertice, e al suo esterno era dotato di
vasta discrezionalità.
[[Il diritto della Rivoluzione, prodotto all‟interno delle assemblee legislative rivoluzionarie,
viene definito “Droit Intermèdiaire”. Si tratta di una legislazione settoriale; caratterizzata
dalla transitorietà, dall‟elaborazione di numerosi progetti e da una sperimentazione
continua di nuove soluzioni giuridiche.]]
L’idea della sovranità della Nazione comporta l‟idea che la legge si configura come la
volontà generale della Nazione, la quale è un ente astratto al quale si riconosce una
volontà e che agisce in concreto attraverso l‟istituto della rappresentanza.
Il diritto si esaurisce nella legge, dotata di chiarezza, semplicità e generalità, ai fini di
una migliore conoscenza da parte della comunità.
Si afferma la libertà dell‟individuo, intesa come indipendenza da qualsiasi potere
personale; realizzata attraverso l‟abolizione del regime feudale e degli istituti ad esso
connessi, quali il fedecommesso e il maggiorascato.
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Non vi sono più preclusioni di tipo corporativo e l‟accesso al lavoro degli uomini è regolato
dal criterio meritocratico.
La famiglia è considerata come l‟ambito di appartenenza dell‟individuo ed il nucleo
fondamentale della società politica. Si avverte l‟esigenza di garantire al suo interno i diritti
alla libertà e all‟eguaglianza. Per rispondere a tale esigenza, si interviene sul regime della
patria potestà e si prevede che l‟emancipazione del figlio avvenga non in seguito ad un
atto volontario del padre ma automaticamente al raggiungimento della maggiore età
fissata al compimento del 21esimo anno di vita. Il matrimonio si configura come un
contratto civile, con la conseguente previsione del divorzio in diverse declinazioni.
La proprietà si presenta come un diritto sacro e inviolabile, il cui unico limite è la necessità
pubblica. La semplificazione del diritto, che segue alla Rivoluzione francese, comporta una
semplificazione anche nel rapporto dell‟uomo con la cosa, il quale diviene esclusivamente
uno: la proprietà.
Il giudice diviene un pubblico funzionario addetto esclusivamente all‟applicazione della
legge. La magistratura, come corpo burocratico, è organizzata secondo una gerarchia in
relazione alle funzione esercitate.
Le questioni di rilevanza limitata furono affidate a Tribunali monocratici, presenti su tutto il
territorio nazionale. Da essi si procedeva ad un livello superiore costituito da un Tribunale
di prima istanza e da un Tribunale d‟appello, al quale si poteva ricorrere contro la sentenza
di primo grado. Al vertice della piramide giudiziaria fu posto il Tribunale di Cassazione, il
quale non aveva il compito di giudicare in terza istanza, ma soltanto quello di controllare
che l‟interpretazione delle leggi fosse uniforme da parte di tutte le Corti d‟appello dello
Stato.
Il diritto privato, da sempre inteso come un diritto di competenza dei privati, viene
configurato come un diritto pubblico su cui la Nazione deve intervenire.
Non si giunge alla creazione di un codice civile nazionale, in quanto per rendere pubblico
un ambito tradizionalmente riservato ai privati sono necessari una forte autorità e una
piena condivisione, le quali si realizzano nel governo di Napoleone.

Il Code Civil des Français viene promulgato il 21 marzo 1804.


Esso si compone di 2281 articoli, si divide in 3 libri, con un richiamo alla tripartizione
gaiana (Persone; Beni e differenti modificazioni della proprietà; Differenti modi di acquisto
della proprietà) ed è preceduto da un Titolo Preliminare, composto da 6 articoli, che
riguarda la pubblicazione, gli effetti e l‟applicazione delle leggi in generale.
Il linguaggio del Codice è stringato, coeso ed elegante.
Esso si colloca a metà strada tra l‟empireo dei concetti e il terreno della decisione
concreta. L‟utilizzo da parte del legislatore di un livello espressivo intermedio tra quello che
sotto il profilo semantico caratterizza la formulazione di principi teorici generali, compito
affidato alla dottrina, e quello che caratterizza la decisione relativa ad un fatto concreto,
affidata alla giurisprudenza, è divenuto un tratto distintivo dell‟intera tradizione di civil law.
La norma del diritto di civil law si pone nel mezzo tra:
- la decisione della lite, considerata come applicazione pratica della norma
53
- e principi, dotati di maggiore generalità, di cui la norma stessa è considerata
applicazione.
L‟abilità del giurista è quello di saper formulare la norma al livello adatto.

Il Codice, in quanto razionale, si pretende normativamente completo. Esso si pone come


unica fonte del diritto. Nel momento in cui esso entra in vigore tutte le soluzioni devono
essere trovate al suo interno. Presuppone e postula l‟unicità del soggetto giuridico.
È prodotto dall‟unica fonte di produzione delle leggi: lo Stato.
Oggi, una simile configurazione del Codice non è attuale, in quanto si sottolinea che il
Codice pretende di essere completo ma in realtà non lo è e non può esserlo; e che il
sistema giuridico non si identifica tout court nel Codice. Anche il Code Civil presenta
ambiguità e lacune, basta far riferimento agli istituti maggiori, pilastri del codice:
- circa la proprietà, rimane demandato all‟interprete decidere se il termine “cosa”
indichi solo un oggetto corporale oppure qualunque oggetto di appartenenza,
compresi i beni immateriali.
- In tema di contratto, si prevede che esso è nullo quando la causa è illecita, ossia
quando è contraria alla legge, al buon costume o all‟ordine pubblico. Tuttavia, le
nozioni di buon costume ed ordine pubblico non hanno una esatta definizione e
dunque qualsiasi contratto potrebbe essere dichiarato nullo senza violare la lettera
del Codice.
- Nell‟ambito della responsabilità civile, il Code prevede che qualunque fatto
dell‟uomo che arreca danno ad altri obbliga colui per la colpa del quale è avvenuto
a risarcirlo, eppure in nessuna parte del codice viene precisata la nozione di colpa.

L‟accumulazione del lavoro esegetico di diverse generazioni di Commentatori


contribuì ad eliminare le lacune del testo, a sciogliere le antinomie più evidenti e a
precisare il significato delle disposizioni legali. Esegeti furono detti questi artigiani, ed il
nome è rimasto. Ma in realtà la loro fedeltà alla lettera del testo ed alle intenzioni politiche
del codificatore fu inesistente. Ad esempio, le azioni possessorie e le fondazioni private,
oggetto di silenzio da parte del legislatore, furono reintrodotte per via di interpretazione.
Il prestigio dei Commentatori fu altissimo. Le loro opere venivano menzionate come
se fossero testi paralegislativi. Questa situazione dimostra come la codificazione non è
necessariamente antagonista all‟opera della dottrina giuridica, ma anzi può svolgere una
funzione di accreditamento dei prodotti della dottrina stessa presso apparati amministrativi
che altrimenti sarebbero diffidenti.

Nell‟atmosfera culturale della Francia del XIX secolo, in cui si sosteneva l‟equazione diritto
uguale legge, l’esigenza di integrare ed adeguare il testo codicistico è stata svolta
dalla giurisprudenza senza proclamazioni superflue e attraverso uno stile piuttosto
prudente.
Nella sua struttura, la sentenza francese appare come una applicazione esemplare dello
schema sillogistico, in quanto comprende sempre nella premessa l‟indicazione della norma
54
di legge applicabile, cui segue il fatto da sussumere nella norma e la sintesi rappresentata
dal dispositivo. Nella realtà non è cosi perché tutta la motivazione è spesso contenuta in
una unica frase. Dunque non vi è alcuno spazio per analizzare il senso della norma, né per
analizzare il fatto e le ragioni addotte dalle parti.
In sintesi, la struttura della sentenza francese rende la motivazione simile ad una formula
codicistica, anche se dotata di maggiori particolari.
Essa infatti contiene soltanto la fattispecie più l‟effetto giuridico, inserendo nel mezzo il
richiamo alla norma di legge, ma senza alcuna spiegazione.

Nel XX secolo, l‟insufficienza del metodo esegetico divenne in Francia sempre più evidente
e meno sopportabile. I giuristi così iniziarono a praticare metodi di studio ed esposizione
del diritto che tenessero in più elevato conto la logica e la sistematica concettuale.
Vennero pubblicate opere in cui si ponevano questioni legate al sistema del diritto anziché
al testo letterale del Codice.
La dottrina francese oggi afferma di seguire la Scuola Scientifica. Il suo fondatore
François Gény negava che il diritto coincidesse con la legge, riconosceva una pluralità
di formanti ma affermava il primato della legge su ogni all’altro formante ed il
giurista deve rimanere un interprete del diritto.
Accanto al primato della legge si possono riconoscer altre fonti secondarie, ad iniziare dalla
giurisprudenza. Fu merito della giurisprudenza l‟aver mantenuto aggiornato un
ordinamento formalmente basato su codici invecchiati di oltre un secolo.
Il riconoscimento della giurisprudenza come formante essenziale del sistema non indusse i
giudici francesi a mutare lo stile lapidario delle loro motivazioni, tanto concise da risultare
spesso incomprensibili.

Dal 1958, la Francia si è dotata di una Costituzione rigida, nel senso che essa prevede
un procedimento speciale per la propria revisione ed un organo, il Consiglio
Costituzionale, che controlla sulla costituzionalità delle leggi votate dal Parlamento.
A lungo la tradizione costituzionalistica francese è apparsa orientata verso il principio della
costituzione flessibile e caratterizzata da una marcata instabilità degli assetti costituzionali.
Le 10 costituzioni che hanno retto la Francia dal 1791 al 1946 erano tutte destinate a
disciplinare il modo in cui la volontà nazionale dovesse esprimersi. Il radicamento dei
principi di libertà ed uguaglianza è avvenuto per via di fatto. Solo nella Costituzione voluta
da De Gaulle (1958) si è assistito ad un mutamento di prospettiva in larga misura
addebitabile alla volontà del costituente di imbrigliare il regime partitico-parlamentare.
Era necessario prevedere un organo che potesse imporre al Parlamento il rispetto della
Costituzione in materia di ripartizione della competenza normativa. Tale organo fu
individuato nel Conseil constitutionnel., le cui funzioni inizialmente erano dedicate in
minima parte al sindacato di costituzionalità sulle leggi . via via il controllo operato dal
Conseil constitutionnel si andò estendendo.
Nell‟attuale assetto costituzionale francese si è ancora lungi dallo stabilire quella
preminenza del testo costituzionale sulle leggi ordinarie che caratterizza l‟assetto delle
55
fonti in altri sistemi giuridici. Il dato da sottolineare è che il ricorso per la tutela dei
diritti e delle libertà fondamentali deve essere presentato tra l‟approvazione della
legge e la sua promulgazione. Una volta promulgata la legge non è più sottoposta ad un
vaglio di costituzionalità, se non ad opera del Governo che intende accertare il carattere
regolamentare al fine di potere modificare la legge stessa con proprio decreto.
Si tratta di un controllo di costituzionalità preventivo che in quanto tale non riguarda
la legge già entrata in vigore, ma soltanto un testo normativo già approvato.
La questione di costituzionalità non può essere sollevata nell‟applicazione ordinaria
delle leggi.

Una caratteristica del sistema francese delle fonti consiste nella separazione tra la
normativa affidata alle legge votata dal Parlamento e la normativa
regolamentare affidata al Governo.
Secondo l‟art. 34 Cost., il settore della legislazione riguarda un determinato numero di
materie, quali ad es. i diritti civili e politici, la difesa nazionale, la fiscalità, la posizione dei
magistrati, i principi fondamentali in tema di proprietà, diritti reali, obbligazioni civili e
commerciali.
Secondo l‟art. 37 Cost., le materie diverse da quelle elencate dall‟art. 34 hanno carattere
regolamentare. Quindi, il “domaine de loi” è fissato in modo tassativo, mentre le materie
affidate ai regolamenti sono tutte quelle residuali. Tuttavia anche nelle materie disciplinate
con legge è ammessa l‟emanazione di regolamenti di attuazione.
Il potere regolamentare si suddivide dunque in:
- potere regolamentare autonomo
- potere regolamentare suppletivo.
Inoltre il Governo ha il potere di emanare, per delega del Parlamento, ordinanze in
materie riservate alla legge.
Per quanto riguarda i meccanismi costituzionali di protezione della sfera regolamentare,
l‟art. 41 Cost. prevede che il Governo possa sollevare questione di irricevibilità circa
una proposta di legge o un emendamento che fuoriescano dal domaine de loi.
In caso di disaccordo tra il Governo ed il Presidente della Camera interessata, la questione
è decisa dal Consiglio Costituzionale.
Tuttavia, è da rilevare come i Governi spesso non sollevano la questione di irricevibilità,
anche se è stato invaso in modo evidente il campo dei regolamenti autonomi, preferendo
che determinate discipline, sulle quali politicamente concordano, siano imposte per legge
piuttosto che per regolamento autonomo.
Dunque, la distinzione tra domaine de loi e potere regolamentare autonomo è entrata in
crisi, in quanto il Governo è l‟unico organo che può eccepire circa la natura regolamentare
di un testo legislativo.
Si assiste ad un allargamento della competenza legislativa.
La legislazione si presenta come la fonte principale di modernizzazione del diritto privato
francese.

56
Oltre alla novellazione dei Codici napoleonici, occorre sottolineare il fatto che diverse
situazioni e rapporti giuridici disciplinati inizialmente dal Codice trovano oggi la loro fonte
in norme estranee al Codice stesso. Ad es., la proprietà edilizia, il contratto di locazione , il
rapporto di lavoro sono oggetti di una complessa disciplina speciale.
Si tratta sostanzialmente di Testi Unici, suddivisi in una parte legislativa ed in una parte
regolamentare. Essi sono sottoposti ad una continua opera di novellazione la quale non
permette alla dottrina di svolgere una opera di riflessione e di rielaborazione organica, ma
la obbliga ad effettuare una semplice divulgazione delle novità introdotte.
Quando si sottolinea il ruolo creativo della giurisprudenza nel sistema francese attuale, si
indica un dato che certamente esiste, ma si fa anche velo alla realtà se non si aggiunge
subito che l‟attività creativa degli interpreti continua a prosperare solo in alcuni settori non
invasi da una legislazione sempre più abbondante.

8. IL MODELLO TEDESCO.

8.1. Formazione storica del modello.


A differenza del modello francese la cui formazione è fortemente connessa a quello dello
Stato francese, il modello tedesco non appare legato alla forma di Stato vigente in
Germania. Dunque, più che alle vicende statuali occorre ricollegarsi a quelle culturali.
Il modello tedesco oggetto di circolazione è stato essenzialmente un prodotto della
cultura giuridica tedesca.
Dopo l‟anno 1000, il diritto tedesco era un diritto consuetudinario di carattere
germanico. La sua vigenza è dimostrata dalle numerose compilazioni giuridiche aventi
per oggetto consuetudini locali. Tuttavia il localismo del diritto consuetudinario contrastava
con gli ideali universali fortemente avvertiti nella Germania del tempo, nazione che
sosteneva l‟idea imperiale.
Le aspirazioni all’universalità furono quindi un veicolo importante per la ricezione della
scientia juris, la quali si diffuse a partire dalle prime Università italiane.
Sino all‟avvento dell‟avvento delle codificazioni settecentesche, la Germania visse una vita
giuridica completamente immersa nel jus commune, di cui riprodusse le caratteristiche
principali, compreso il fatto che sussistevano accanto al diritto colto le consuetudini locali
concepite come diritto positivo speciale. Fu una particolarità dell‟esperienza tedesca il non
diminuito prestigio dell‟insegnamento universitario nei secoli 17 e 18.

Nel 1814, Anton Friedrich Thibaut, professore ad Heidelberg, dopo aver sottolineato la
frammentazione e la confusione del diritto vigente in Germania, affermò la necessità di
introdurre un Codice civile unitario. La sua proposta ricevette ampi consensi, in
quanto si collocava all‟interno dei sentimenti patriottici fortemente diffusi tra gli intellettuali
tedeschi, in seguito alla liberazione della Germania dall‟occupazione francese.
Tuttavia, oltre le limitate possibilità di pratica attuazione dovute alla frammentazione
politica, la ragione per cui la proposta di Thibaut non ebbe alcun seguito fu che essa e la
57
sua base teorica vennero demolite dalla critica effettuata da Karl Friedrich von Savigny,
vero fondatore della Scuola storica. Lo scritto di Savigny divenne il manifesto della scuola
storica del diritto di cui egli fu considerato il padre spirituale.
La situazione di crisi della giurisprudenza tedesca in questo periodo non dipendeva solo
dalla scelta di una codificazione unitaria o meno, ma il dato più inquietante era costituito
dal venir meno del fonamento di una scienza iuris indipendente dal potere politico. Nel
1814 sarebbe stato impossibile fondare l‟autorità della scienza del diritto sulla sua propria
tradizione settoriale.
Savigny sosteneva che i tempi per una codificazione germanica non erano maturi:
occorreva, invece, sviluppare gli strumenti concettuali e le categorie sistematiche che, un
giorno, avrebbero consentito di giungere alla forma del codice civile. Questo lavoro di
natura scientifica, da affidare ai giuristi delle università, richiedeva lo studio e la
rielaborazione della tradizione del popolo tedesco (successivamente utilizzerà l‟espressione
“spirito del popolo”), ossia la tradizione “colta” del diritto comune e non la tradizione
consuetudinaria delle leggi germaniche altomedievali.
La legittimità della scientia juris non derivava dall‟autorità delle regole da essa
insegnate, né dalla scientificità del suo metodo, ma dal suo presentarsi come organo della
cultura di un popolo dotato di una precisa identità.
Il pieno successo delle tesi di Savigny risulta dal fatto che soltanto in seguito
all‟unificazione politica e ad un approfondito lavoro preparatorio, la Germania si è dotato di
un proprio codice civile.

Il manifesto di Savigny, costituito dal breve scritto “La vocazione del nostro tempo per
la legislazione e la giurisprudenza”, ebbe una enorme accoglienza.
Aderendo alla sua metodologia e ai suoi propositi, i giuristi tedeschi successivi si
dedicarono al compito di edificare una scienza ed un sistema.
Il maggior contributo a questo riguardo deve essere riconosciuto Georg Friedrich Puchta,
allievo di Savingy. Egli sosteneva che il diritto, risultato della tradizione storica, è un
organismo vivo, il quale si suddivide in parti organiche che si integrano e completano
reciprocamente. Dunque, la conoscenza sistematica del diritto permette di percepire lo
stretto legame che unisce le singole parti.
La metodologia di Puchta si caratterizzava per la metafora della piramide concettuale,
secondo la quale i concetti giuridici possono essere organizzati secondo una scala a partire
da più generali sino a più dettagliati.
Se in questo percorso si rispettano rigorosamente i criteri di deduzione logica,
evitando ambiguità e contraddizioni, si può effettuare anche il percorso inverso, di tipo
induttivo, che permette di individuare i concetti più generali a partire da quelli particolari.
Così ad es., i concetti di contratto, testamento, matrimonio, i cui effetti giuridici sono
simmetrici, conducevano a formulare un concetto generale che li ricomprendesse: ossia il
concetto di negozio giuridico, ignoto alle fonti romanistiche.
Seguendo questa impostazione, una proposizione giuridica diviene legittima
soltanto mediante il suo inserimento logico nel sistema.
58
Il criterio di validazione diviene la consequenzialità logica di ogni proposizione giuridica
rispetto al tutto e questa consequenzialità viene misurata in base al principio di
contraddizione. Dunque si contestava implicitamente il rapporto dialettico tra regola ed
eccezione, sostenuto dai giuristi del jus commune.
Inoltre al fine di elaborare concetti da concetti, occorreva che ciascuno di essi fosse
definito con scientifica precisione, al fine di individuare esattamente la fattispecie
considerata.
Il lavoro continuo dei giuristi tedeschi produsse un enorme raffinamento delle idee e delle
figure giuridiche, aumentando il vocabolario giuridico. Ad es., nel diritto comune, il termine
“mandato” designava indifferentemente l‟atto attributivo della rappresentanza ed il
rapporto tra il mandante ed il mandatario. La distinzione tra “procura” e “mandato” è il
risultato di una analisi concettuale che distingue il lato interno dal lato esterno del
rapporto.

A partire dalle riflessioni di Savigny e di Puchta, si sviluppa nel XIX secolo la


Pandettistica, un indirizzo il cui nome deriva dal corpo di regole contenuto nel Digesto,
le Pandette. Essa si caratterizza per la costruzione sistematizzata di istituti giuridici che si
fondano sul diritto romano ma che sono rielaborati per rispondere alle nuove esigenze.
Si tratta di una sistematizzazione in un sistema astorico di elementi che provengono dalla
storia.
Il metodo, tipico della Pandettistica, consiste nel fondare le argomentazioni su una
impalcatura concettuale che si richiama ai testi romani. Il metodo sistematico basato sulla
costruzione di concetti giuridici precisi dilagò in svariati settori del diritto. In effetti il suo
apporto fu quello di fornire uno schema altamente astratto, e proprio perciò in grado di
adattarsi ad inquadrare giuridicamente qualsivoglia contenuto normativo.
Al di fuori dei paesi di lingua tedesca, il modello pandettistico convertì tutte le dottrine
affamate di scientificità e di prestigio diffondendosi nei paesi dell‟est europeo, nei paesi
scandinavi, in quelli latini come Italia e Spagna.
La costruzione di un diritto sistematico appena usciva dall‟ambito un po‟ astratto delle
Pandette si scontrava poi con una realtà normativa che non riusciva a piegare.
Nel 1848 Krichmann denunciò come una giurisprudenza che pretenda di interessarsi solo
del diritto positivo contingente, diventa contingente essa stessa.
Smarrita la fede nel diritto come organismo in quanto espressione dello spirito del popolo,
i concetti giuridici cessarono di essere riconosciuti come estrapolazioni di significato da
fenomeni reali per divenire sinonimi del relativo gruppo di operazioni concettuali che si
devono compiere all‟interno di un sistema per mantenerne invariato il tasso di logicità-
[L’obiettivo dei pandettisti è di costruire un sistema compiuto di diritto, logicamente
compatto e privo di lacune. Le eventuali lacune devono essere colmate facendo ricorso alla
impalcatura concettuale complessiva. ]

Nel 1870, con la vittoria della Francia, la Germania ottenne l’unità politica.

59
L‟impero fondato da Bismark era un impero federale che non aveva necessariamente
competenza nei rapporti di diritto civile.
Successivamente, si decise di provvedere all‟elaborazione di un Codice civile unitario.
Il progetto del BGB venne approvato nel 1896 ed il Codice entrò in vigore il 1°gennaio
1900.
Inevitabili i confronti con il Code civil, tema su cui esiste una ampia letteratura:
- Sotto il profilo della forma espositiva, ossia dello stile, si afferma che il Code Civil
presenta un linguaggio comune, mentre il BGB un linguaggio fortemente tecnico. In realtà
si tratta di una esagerazione. Il linguaggio del BGB è arido è inelegante ma è preciso e
regolare.
- Sotto il profilo strutturale, il BGB è suddiviso in 5 libri, di cui:
o il primo costituisce la Parte generale con nozioni trasversali all‟intero diritto privato,
come la capacità delle persone fisiche e giuridiche, il negozio giuridico, la prescrizione.
o Il secondo libro riguarda i rapporti obbligatori e tale collocazione è da sottolineare.
Infatti la priorità data alla disciplina delle obbligazioni, in luogo di quella assegnata ai
diritti reali come nel Code civil, implica la consapevolezza che in una società industriale
i rapporti di collaborazione hanno una rilevanza superiore rispetto alle situazioni di
appartenenza sui beni materiali.
o Il terzo libro contiene la disciplina della proprietà e degli altri diritti reali, compresi il
pegno e l‟ipoteca, che nel Codice italiano sono posti nel libro sulla tutela dei diritti.
o Il quarto libro riguarda il diritto di famiglia e contiene la disciplina del divorzio e dei
regimi patrimoniali tra i coniugi.
o Infine, il quinto libro riguarda il diritto delle successioni.
Il BGB si caratterizza per il principio della libertà contrattuale, l‟azione generale per
arricchimento ingiusto, la disciplina dei vizi della volontà, le clausole generali.
La promulgazione del BGB è stata accompagnata da una legge di introduzione,
contenente le norme di diritto internazionale privato.
Ad uno sguardo generale il BGB sembra racchiudere tutto e solo il diritto dei giuristi.

La dottrina giuridica tedesca ha mantenuto, nel XX secolo,stretti agganci con il pensiero


filosofico, e quindi ha mantenuto viva l‟idea che esiste una dimensione della giuridicità
deputata a conferire un senso alle proposizioni giuridiche mediante la loro analisi critica
ed il loro inserimento in un contesto generale. Pertanto la legge non esaurisce il diritto,
perché di esso fa parte una componente che è sottratta alle scelte del legislatore e delle
altre autorità dello Stato.
Nella Germania di Weimar (primi anni 90) il problema che si poneva era legato al fatto che
nonostante disponesse di un codice cronologicamente recente, la giurisprudenza tedesca
iniziò a rivoltare alcune delle principali linee di tendenza del BGB.
L‟avvento del regime nazista spezzò il filo delle costruzioni dottrinali che discendevano e
trovavano la propria legittimità in riflessioni epistemologiche, prima che potessero portare
a risultati largamente condivisi. In un simile contesto il declino delaa scientia iuris era
inevitabile.
60
8.2. Il sistema tedesco attuale.
La Costituzione ora in vigore nella Germania unificata (denominata anche Legge
Fondamentale) è la terza Costituzione di tipo federale che la Germania conosce dopo
quella del 1871.
È di tipo rigido e richiede per la sua revisione una maggioranza qualificata in tutte e due le
Camere (Bundestag e Bundesrat) nell‟ambito dell‟ordinario processo legislativo.
Vi sono inoltre alcuni settori della Costituzione sottratti ad ogni possibilità di variazione,
quali ad es. i diritti fondamentali e la struttura federale.
Il controllo di costituzionalità delle leggi, conseguenza necessaria della rigidità della
Costituzione, è demandato al Tribunale Costituzionale federale.
(BUNDESVERFASSUNGSGERICHT). Esso, oltre a conoscere le controversie costituzionali
tra organi di diversi Stati, esercita un duplice controllo di costituzionalità:
- Il controllo astratto esso avviene indipendentemente dall‟esistenza di una controversia
giudiziale e riguarda l‟incompatibilità formale e sostanziale del diritto federale o del diritto
dei Lander con la Costituzione. Legittimati ad invocare questo controllo astratto sono il
Governo federale, il Governo di un Land o 1/3 dei membri del Bundestag.
- Il controllo concreto esso presuppone l‟esistenza di un procedimento in cui viene
sollevata la questione incidentale di costituzionalità e riguarda soltanto le leggi in senso
formale.
Altro importante compito che gli viene affidato è quello di conoscere i ricorsi
costituzionali, i quali costituiscono una peculiarità del sistema costituzionale tedesco.
Tali ricorsi possono essere intentati da chiunque ritenga di essere stato leso dalla pubblica
utilità in uno dei suoi diritti fondamentali. L‟ampiezza di tale rimedio ed i lfatto che
consenta un controllo di adeguatezza costituzionale su ogni attività dello Stato compresa
quella giurisdizionale ed amministrativa indica bene il ruolo oggi riconosciuto ai diritti
fondamentali nell‟ordinamento tedesco.
In un simile contesto, l‟attività ermeneutica del giurista tende ad una interpretazione
costituzionalmente adeguata delle regole, che promuova i valori sostenuti dalla
Costituzione.

Nell‟attuale sistema tedesco, la competenza legislativa ordinaria è affidata al Bund e


ai Lander, i quali hanno diritto di legiferare nella misura in cui la Costituzione non riservi al
Bund le relative competenze.
Il Bund ha competenza esclusiva in determinate materie, quali ad es. gli affari esteri e
la difesa, la cittadinanza federale e il sistema monetario. In questo ambito i Lander
possono avere competenza legislativa, ma soltanto nella misura in cui sono espressamente
autorizzati da una legge federale.
Accanto alla competenza esclusiva, esiste una competenza concorrente che riguarda
determinate materie, quali ad es., il diritto civile, il diritto penale, il diritto del lavoro e
l‟assistenza pubblica. In questo ambito i Lander hanno competenza legislativa soltanto
quando e nella misura in cui il Bund non eserciti il suo diritto a legiferare.
Il diritto federale prevale sempre sul diritto del Land.
61
Inoltre il Bund ha il potere di emanare disposizioni di inquadramento per determinate
materie, quali ad es., la disciplina giuridica della stampa e del cinema, la protezione
dell‟ambiente e i documenti di riconoscimento.
Dunque, la competenza legislativa dei Lander risulta piuttosto limitata.
Il diritto comunitario non viene considerato come parte integrante del diritto federale,
ma come un complesso di norme autonome. L‟esecuzione della normativa comunitaria
avviene in base alla ripartizione delle competenze tra Bund e Lander, stabilita dalla
Costituzione.

Nell‟attuale Repubblica Federale Tedesca l’organizzazione delle Corti appare


caratterizzata da un pluralismo funzionale. La Costituzione prevede,
- Corti di giurisdizione ordinaria ed amministrativa,
- l‟istituzione di separate giurisdizioni del lavoro, finanziaria e sociale.
I 5 ordini di giurisdizione sono organizzati in 3 gradi di giudizio (tranne quella finanziaria
che ne presenta soltanto due).
Le Corti amministrative hanno competenza generale a conoscere di tutte le controversie di
diritto pubblico che non siano di ordine costituzionale, indipendentemente dal fatto che sia
stato leso un diritto soggettivo o un interesse legittimo, distinzione ignota nel diritto
tedesco.
Le Corti ordinarie sono comunque competenti per quelle pretese patrimoniali derivanti da
una richiesta di indennizzo o risarcimento, le quali derivano non da un contratto pubblico
ma dalla violazione di diritti pubblici o da espropriazioni per pubblica utilità.
I Tribunali del lavoro hanno competenza nelle controversie tra lavoratori ed imprenditori e
nelle controversie in cui sono presenti gli interessi dei lavoratori, secondo quanto stabilito
dalla legge sulla organizzazione della impresa. Sia in primo che in secondo grado, il giudice
agisce in consultazione con i rappresentati laici dei lavoratori e degli imprenditori.
Le Corti sociali hanno giurisdizione in tutte le materie che rientrano nella Welfare State
Legislation quali, ad es., le pensioni e i sussidi di disoccupazione.
Infine i Tribunali delle finanze sono competenti in materia fiscale.
L‟esistenza di 5 ordini separati di Corti non ha intaccato la netta separazione, tradizionale
nel diritto tedesco, tra diritto privato e diritto pubblico.
I Tribunali del lavoro sono considerati tribunali ordinari, i quali giudicano su questioni di
diritto privato; mentre quelli sociali e delle finanze vengono considerati come una
giurisdizione amministrativa speciale accanto a quella generale.

Il BGB è stato ampiamente novellato nella sua parte principale, che riguarda il diritto
delle obbligazioni e dei contratti.
La modernizzazione del BGB presenta 2 fonti di ispirazione:
- Una serie di orientamenti giurisprudenziali, i quali sono stati tradotti in disposizioni del
Codice,con ciò cessando di essere consuetudini, quali ad es. la culpa in contraendo e il
mutamento delle circostanze che conduce ad una alterazione del fondamento negoziale.

62
- Una serie di riforme che necessariamente richiedono l‟intervento legislativo, quale ad
es. la revisione dei termini di prescrizione.
Le riforme di maggiore rilevanza sono state quelle che hanno introdotto:
- Un nuovo regime dell‟inadempimento contrattuale, con conseguenti modifiche al regime
delle restituzioni.
Sono state previste una unica nozione di inadempimento e il cumulo del rimedio risolutorio
e del rimedio risarcitorio
- La categoria del contratto con i consumatori, in accordo alle Direttive comunitarie
emanate in materia.

Accanto al BGB, vi è il Codice commerciale tedesco.


Anche la Germania, come la Francia, presenta la divisione tra diritto civile e diritto
commerciale, operata per rispondere alle esigenze del commercio.
Il Codice commerciale, suddiviso in 5 libri, predispone un diritto per il commerciante,
definendo come tale chiunque eserciti una impresa commerciale e prevedendo poi una
lista di attività che qualificano come “commerciale” una determinata impresa.
Impresa commerciale è anche quella che, pur non rientrando nella fattispecie precedente,
sia comunque esercitata in modo commerciale e sia registrata nel Registro commerciale.
La società semplice è disciplinata dal BGB, mentre le altre società di persone (ossia la
società in nome collettivo e la società in accomandita semplice) sono disciplinate dal
Codice commerciale.
Oltre che nel Codice commerciale, le norme sulla società per azioni sono contenute in
diverse leggi speciali.

I commenti dottrinali costituiscono uno strumento di lavoro indispensabile per qualsiasi


operatore del diritto. Tuttavia i commenti sono continuamente aggiornati per esporre non
nuove teorie ma sentenze recenti. La giurisprudenza svolge un ruolo creativo e di
concretizzazione delle norme legislative, alla luce dei valori costituzionali, della coerenza
complessiva del sistema e della giustizia concreta.
L‟attività creativa del formante giurisprudenziale varia naturalmente da settore a settore e
si presenta meno intensa dove il legislatore interviene più frequentemente, come nel
settore del diritto societario.
A differenza del giudice francese, il giudice tedesco motiva estesamente le sue decisioni,
facendo riferimento sia ai precedenti giurisprudenziali sia alle indicazioni dottrinali. Inoltre,
la sentenza tedesca non è l‟opinione personale del singolo giudice ma è espressione
impersonale della Corte. Le opinioni dissenzienti non sono ammesse.

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9. I MODERNI SISTEMI DI CIVIL LAW.

9.1. La tradizione di civil law come mondo comunicante.


In luogo di un ordinamento ampiamente basato su un formante cosmopolita come la
dottrina, le codificazioni moderne e il ruolo interventista dello Stato hanno segnato
l‟avvento di sistemi giuridici fondati quasi esclusivamente sul formante legislativo.
Di conseguenza i sistemi di civil law hanno sviluppato un forte carattere nazionale, in
quanto il formante legislativo, per sua natura, è valido soltanto entro i confini del singolo
Stato. Tuttavia oggi questa tendenza si scontra con 2 controtendenze:
- La tendenza alla deregolamentazione, che propone una riduzione delle attività regolative
dello Stato in favore di un ordine decentrato che riconosca il valore delle autonomie.
- La globalizzazione, che, sotto il profilo giuridico, è il risultato della somma tra un
fenomeno di delocalizzazione di attività manifatturiere (dovuto al diffondersi della
rivoluzione industriale in Asia) ed un salto di qualità nello sviluppo di tecnologie
informatiche. Essa ha comportato un aumento degli atti di commercio internazionale, che
induce a sostenere l‟esistenza di una nuova lex mercatoria.
In Europa poi queste tendenze sono amplificate dall‟azione istituzionale svolta dall‟Unione
Europea.

I singoli diritti nazionali, soprattutto nel settore del diritto privato, riflettono alcuni modelli
fondamentali. Negli ultimi due secoli questi modelli sono essenzialmente costituiti dai due
modelli francese e tedesco, ai quali si è aggiunto in epoca contemporanea quello
americano, mentre rimane sullo sfondo la base del diritto romano comune.
Ovviamente la imitazione di un modello non comporta mai la copia dell‟intero sistema
giuridico. L‟imitazione è per sua natura selettiva.
Sotto questo profilo il primo modello giuridico francese, oggetto di imitazione all‟estero, è
stato il Code civil.
Di questa circolazione esistono 3 fasi:
- la prima legata all‟espansione militare dell‟impero napoleonico;
- la seconda fondata sul proprio prestigio;
- la terza riguarda i territori che hanno conosciuto la dominazione coloniale francese,
i quali hanno adottato il Code civil in seguito al raggiungimento dell‟indipendenza.

Il modello tedesco recepito fuori dalla Germania,è costituito dall’insegnamento


pandettistico, dotato di un elevato prestigio scientifico.Accanto ad esso ma con una
minore raggio di diffusione si colloca il BGB.
È del tutto mancata invece l‟imitazione del modello tedesco come sistema amministrativo,
né vi è stata una diffusione per via di espansione territoriale.
Il successo del modello tedesco è stato indipendente da quello dello Stato tedesco.
In quanto modello dottrinale circolante per l‟intermediazione del formante omologo,
l‟insegnamento pandettistico ha dovuto affidarsi in ogni Stato alla forza della dottrina
locale in relazione agli altri formanti.
64
Inoltre un modello dottrinale, più di un modello codici stico, può circolare in modo
indiretto, ossia per il tramite di un'altra dottrina nazionale.
In questa ipotesi, le possibilità di distorsioni raddoppiano automaticamente.

9.2. LE VICENDE ITALIANE.


A partire dalla conquista napoleonica dell‟Italia nel 1796 (Pace di Campoformio), i modelli
giuridici francesi si impongono in diversi Regioni italiane come modelli rivoluzionari. In
base ad essi, le nuove autorità politiche riorganizzazione le strutture istituzionali dei
territori italiani soggetti alle Francia. Questa ricezione avviene in diversi modi sotto il
profilo formale ma è uniforme sotto quello sostanziale.
Nel 1815 tutta l‟Italia, eccetto la Sicilia e la Sardegna, seguiva i modelli codicistici francesi.
Il radicamento del modello francese in Piemonte fu decisivo per gli svolgimenti
susseguenti, poiché il Regno d‟Italia adottò quasi spontaneamente i modelli giuridici in
vigore nello Stato sabaudo.
In questo contesto, nel 1865 si giunse alla adozione di un Codice civile, strettamente
analogo al modello francese (anche se rispetto al Code civil, il Codice italiano presentava
una serie di innovazioni, le quali erano state introdotte nel frattempo dalla giurisprudenza
e dalla dottrina francesi), e di un ordinamento amministrativo che riproduceva quello in
vigore in Francia.
Occorre sottolineare che il modello francese è stato recepito in Italia soprattutto
come modello legislativo. Sono state le leggi e i Codici emanati in Italia a riprodurre le
leggi e i codici francesi.
In seguito alla ricezione legislativa, è intervenuta una ricezione dottrinale, in quanto i
giuristi, consapevoli del fatto che il loro diritto positivo fosse una copia di quello francese,
si adattavano volentieri a considerare come autorità i commenti e le analisi della dottrina
francese. Al contrario, la giurisprudenza francese fu meno influente. Le pronunce della
Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato erano conosciute, ma la loro conoscenza
avveniva prevalentemente attraverso la dottrina.
Inoltre la giurisprudenza italiana non si è ispirata a quella francese, la quale godette di un
prestigio nettamente inferiore a quello della dottrina. A parte una superficiale imitazione
stilistica rintracciabile nell‟utilizzo dei termini iniziali “Atteso che”, le sentenze dei giudici
italiani non sono mai giunte alla concisione tipica del giudizio a frase unica.
In luogo di unica ed elaborata proposizione, i giudici italiani hanno sempre utilizzato
diverse pagine per motivare la propria decisione.
Lo stile delle motivazioni in Italia è rimasto legato al c.d. stile rotale, secondo il quale
il giudice deve rispondere esaurientemente a tutti gli argomenti sollevati dalle parti.
Il codice civile italiano del 1865 fu un codice largamente tributario del modello offerto dal
Code civil, ma essendo giunto cronologicamente più tardi i suoi redattori tennero conto
delle innovazioni nel frattempo prodotte dalla giurisprudenza e dottrina francesi.

Al confronto del modello francese il modello tedesco appariva più semplice, trattandosi di
un modello in cui tutto ciò che era possibile verbalizzare veniva espresso in termini pratici.
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In Italia, la ricezione dell‟insegnamento pandettistico fu limitata due volte:
- Gli scrittori della Pandettistica furono imitati dagli scrittori italiani nel loro
metodo di analisi ed esposizione del sistema giuridico, ma loro influenza tra gli
operatori del diritto fu sempre indiretta, ossia filtrata dalla dottrina italiana.
- In secondo luogo, l‟imitazione dell‟insegnamento pandettistico si verificò in un
ambiente giuridico ormai completamente codificato.
L‟unico settore effettivamente conquistato dai modelli tedeschi è stato l‟università.
Per quanto riguarda il Codice civile del 1942, le diverse commissioni incaricate della
redazione furono unanimi nel rifiutare di seguire il BGB nei suoi aspetti più caratterizzanti e
nella predisposizione di una Parte Generale. Le uniche soluzioni derivanti dal BGB
riguardano la disciplina delle persone giuridiche e in qualche misura la disciplina della
proprietà. In realtà, il Codice civile del 1942 segnò un indubbio progresso soltanto in
materia di obbligazioni e contratti.
In linea generale, la ricodificazione è risultata fuori tempo, come dimostrano le
successive modiche in materia di diritto di famiglia e diritto del lavoro.
La giurisprudenza ha svolto un ruolo creativo.
Utilizzando l‟ambigua etichetta del diritto vivente, i giudici italiani si sentono largamente
svincolati dalla lettera della legge e procedono ad un opera di adeguamento del sistema.
Diversi settori del diritto privato, in primo luogo la responsabilità civile, sono ormai
dominati dal diritto giurisprudenziale, con la conseguente emarginazione delle fonti
codicistiche.

9.3. I principali sistemi di civil law.


9.3.1. L‟esperienza svizzera
Storicamente il territorio dell‟attuale Confederazione Elvetica si distaccò dal Sacro Romano
Impero nel XIV, quando i cantoni della Svizzera centrale si ribellarono al potere regio.
I modi con cui fu conquistata l‟indipendenza suggerirono che la soluzione più adeguata alle
necessità delle singole comunità cantonali fosse la conservazione di un diritto
consuetudinario locale, amministrato da giudici elettivi.
La conquista napoleonica porto alla introduzione in Svizzera della omonima codificazione,
ma tale vigenza fu piuttosto effimera.
In seguito alla rivoluzione industriale, i diversi cantoni decisero di introdurre ognuno un
proprio Codice civile, seguendo diversi modelli.
Tuttavia le esigenze di uniformità giuridica divennero sempre più forti. Al fine di rispondere
a simili esigenze, inizialmente venne promulgata una Legge federale che disciplinava il
settore del diritto commerciale e delle obbligazioni, e poi si giunse alla elaborazione di un
Codice. La codificazione svizzera è principalmente opera di un unico giurista, Eugen Huber,
professore a Basilea.
Il Codice svizzero si caratterizza per un netto rifiuto di seguire il modello del BGB negli
aspetti in cui è troppo romanistico o dottrinale.

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Il linguaggio quindi tende ad essere la lingua comune, evitando un eccessivo utilizzo di
termini tecnici. Inoltre, non venne accolta la codificazione di una Parte Generale, sostituita
con una Introduzione, composta soltanto da 10 articoli.
Si prevede che il giudice, in presenza di una eventuale lacuna, ha il potere di decidere
secondo la regola che egli avrebbe adottato se fosse stato il legislatore, ossia in base ad
una regola generale ed astratta e in base all‟equità della singola controversia.
In questa operazione, il giudice deve ispirarsi alle soluzioni adottate dalla dottrina e dalla
giurisprudenza.
Infine, è da segnalare che nonostante la Svizzera non sia membro dell‟Unione Europea, il
governo federale è piuttosto attento a seguire l‟evoluzione del diritto privato comunitario,
mediante una legislazione che riproduce le direttive europee.
9.3.2. L‟esperienza austriaca
Nei domini austriaci, l‟iniziativa di codificare il diritto civile fu assunta nel XVIII secolo dalla
sovrana Maria Teresa.
L‟AGBG si presenta come un codice effettivamente moderno. Lo stile legistico con cui è
redatto attinge alla sobrietà del Code civil. Le sue disposizioni principali mirano ad una
effettiva razionalizzazione e semplificazione degli istituiti del diritto civile.
Esso ha infatti abolito i diritti civili diversificati in funzione dello status delle persone e ha
introdotto il principio della capacità giuridica generale attribuita a tutti; ha provveduto alla
rielaborazione delle situazioni proprietarie abolendo i vincoli perpetui sulla terra e
stabilendo il diritto di chiudere i fondi; ha riconosciuto il principio dell‟autonomia negoziale.
La messa all‟opera del Codice austriaco non seguì lo stesso itinerario percorso
dall‟esperienza francese.
In Francia, la traduzione delle disposizioni codicistiche in regole di diritto applicato venne
svolta dalla dottrina dell‟esegesi e dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Nell‟impero austriaco invece il ruolo di guida alla pratica venne svolto dall‟amministrazione
governativa, la quale provvide ad emanare una serie di ordinanze, decreti e circolari,
aventi valore generale o locale.
9.3.3. Esperienza di Belgio ed Olanda.
Quando nel 1815 l‟attuale Belgio venne unito al Regno di Olanda i codici francesi (quello
civile e quello di commercio) vi rimasero provvisoriamente in vigore.
In realtà rimasero in vigore a lungo, fu necessario qualche aggiustamento per via
legislativa, ma nell‟insieme la messa all‟opera del code civil procedette di pari passo nei
due paesi. I giudici belgi adottarono in pieno lo stile delle sentenze dei loro colleghi
francesi.
Nell‟ultimo ventennio si è manifestato qualche maggiore divergenza. Non solo differisce la
legislazione, ma la dottrina appare sensibile sia alle influenze anglo-americane che di altri
paesi.
Il regno di Olanda fu costruito dopo la caduta di Napoleone Bonaparte comprendendo il
territorio del Belgio attuale.

67
Nel 1809 venne introdotta un primo codice ricalcato sul modello del Code civil. L‟anno
seguente i Paesi Bassi furono furono annessi alla Francia perciò il code civil trovò
applicazione diretta senza alcuna modifica.
Il nuovo regno poi intraprese lavori di ricodificazione che portarono nel 1838
all‟introduzione del BW (Burgerlijk Wetboek).
Nel secondo dopoguerra il legislatore olandese avviò una seconda ricodificazione del
diritto civile, i cui lavori proseguirono per un cinquantennio, portando alla redazione del
NBW, il quale è incentrato sulla forte sistematizzazione del diritto privato patrimoniale.
9.3.4. La tradizione dei Paesi nordici.
Ricomprende paesi quali: Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda e Finlandia.
La loro tradizione giuridica si è formata mediante assimilazione, seppur in forma attenuata,
dei modelli romanisti del jus commune, ma ciò che induce in dubbio è il dato per cui i
sistemi scandivano non hanno conosciuto il passaggio fondamentale della codificazione,
questa limitata alla materia commerciale.
Vi furono dei protocodici, alquanto primitivi e ben lontani dall‟organicità compatta dei
codici moderni.
Si dava per scontato che una volta fissate le regole cardinali del diritto nazionale, nel
senso di diritto consuetudinario, i giuristi dovessero provvedere ad elaborare le regole da
applicare ai casi omessi mediante la propria cultura.
La modernizzazione del diritto si incanalò inevitabilmente nel formante legislativo senza
addivenire però ad una ricodificazione generale.
Benché i giuristi scandinavi condividano con gli studiosi americani la passione per le legal
reforms, la dottrina ed il sistema giuridico nel suo complesso rimangono collegati ai sistemi
di civil law, come ad esempio quello olandese.
9.3.5. Tradizione e modernizzazione del diritto nella penisola iberica.
Il regno di Spagna sin dall‟epoca della “Reconquista” ha conosciuto un forte radicamento
del diritto romano comune quale diritto accanto ai diritti consuetudinari locali. In tale
contesto la modernizzazione del diritto si è espressa parzialmente mediante la
codificazione. In Spagna per il settore commerciale il primo codice unitario è stato
approntato nel 1829, poi novellato nel 1885. Nel settore civile nel 1889 si è pervenuti alla
emanazione del Còdigo civil. Il modello a cui si ispirano entrambi i codici è quello relativo
ai codici francesi.
Tuttavia il carattere non unitario del diritto civile spagnolo ha consentito alle costruzioni
dottrinali di occupare uno spazio operativo assai ampio.
La fase più intensa della modernizzazione del diritto spagnolo si colloca nel periodo
successivo alla costituzione del 1978. Grazie ai suggerimenti dottrinali e ad un‟atmosfera
incline all‟innovazione, molte delle riforme introdotte nel sistema spagnolo si sono
caratterizzate per la tonalità di avanguardia lungo i trends evolutivi occidentali.
Il Portogallo, a differenza della Spagna, ha una lunga tradizione di diritto unitario. La
modernizzazione del diritto avviata nel secolo scorso imboccò la via della codificazione,
riproducendo su questa strada le tappe consuete.

68
Il Còdigo civil portoghese del 1967 è, nel suo impianto come nel suo contenuto , molto
vicino al modello del BGB.
9.3.6. I sistemi giuridici latino-americani.
Sono stati naturalmente plasmati dai modelli dei due paesi colonizzatori, ossia Spagna e
Portogallo. Dalla complessa fase della conquista ne derivò un sistema giuridico ovviamente
diverso da quello della madre patria. Una diversità probabilmente non addebitabile ad una
sorta di fusione tra le tradizioni giuridiche di cui erano rispettivamente portatori i popoli
dell‟America centro-meridionale ed i colonizzatori europei.
Le carte costituzionali di tutta l‟America latina promulgate tra il 1819 e il 1863,
conferirono ai singoli Stati una forma democratica e repubblicana, ed in alcuni casi una
struttura federale.
Nei paesi già spagnoli, anche dopo l‟indipendenza rimase in vigore la Recompilaciòn de
Indias del 1680, la quale stabiliva la gerarchia tra le diverse fonti.
A parte il Brasile, gli altri Stati mantennero un diritto comune basato su elaborazioni delle
fonti predette. Ognuno di questo, per esigenze di modernizzazione, si dotarono di propri
codici civli.
In brasile la situazione fu più movimentata. Nel 2002 si è dotato di un nuovo codice civile
palesemente ispirato dal desiderio di modernizzazione e di sistematicità.

9.4. Il ritorno del jus commune europeo.


Sin dalla istituzione della CE l‟obiettivo principale è stato quello di creare un mercato unico
tra i paesi membri, secondo un itinerario graduale: abolizione delle barriere doganali;
regolare le molteplici attività produttive.
Anche la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo gado hanno seguito una interpretazione
orientata sul risultato di favorire nella massima misura possibile una maggiore integrazione
degli ordinamenti tra gli Stati membri, attraverso l‟introduzione di principi fortemente
innovatici, come la responsabilità degli Stati verso i singoli cittadini per mancata
trasposizione delle direttive comunitarie, o errata applicazione delle medesime.
L‟azione combinata di Commissione e Corte di Giustizia è riuscita ad imporre un alto grado
di integrazione dell‟economia europea.
In questo contesto va collocato il problema di un rinnovato diritto comune europeo.
Al riguardo va esplicitato che :
- sotto il profilo delle pure norme di diritto positivo un diritto comune europeo esiste
già e domina importanti settori della vita economica.
- Sotto il profilo della rilevanza economica si tratta di settori non trascurabili a cui si
aggiungono altri settori in cui l‟attività normativa delle istituzioni europee si esercita
in forma concorrente con quella dei singoli stati. Principi come quello della
proporzionalità vengono invocati come vigenti indipendentemente dalla natura,
comunitaria o meno, della questione affrontata.
- Sotto il profilo delle strutture di tipo pubblicistico che regolano gli assetti del
mercato esiste già un diritto comune europeo, che non è completo ma dotato di
propria fisionomia riconoscibile.
69
Quando si parla di diritto comune europeo ci si vuole riferire all‟ordinamento giuridico nel
suo complesso. Amalgamare i sistemi giuridici di 27 Stati è un‟impresa sicuramente ardua,
ma necessaria. Per raggiungere tale scopo sono state indicate due strategie:
- Accrescere il numero e le rilevanze delle norme europee dando origine ad un vasto
nucleo di diritto comune che copra l‟area del diritto contrattuale
- Dotare il diritto europeo di strumenti legislativi di grande impatto culturale:
predisponendo una costituzione europea e un codice civile europeo.
Il programma di armonizzazione del diritto privato europeo si è sviluppato adottando lo
strumento legislativo.
Sotto il profilo istituzionale il diritto comunitario individua nella giurisprudenza il formante
chiamato a guidare l‟uniforme applicazione del diritto di origine europea. Tuttavia gli
organi di giustizia europea, seppur potenziati, non sono sufficienti ai bisogni di
interpretazione uniforme.
Sotto il profilo linguistico si rileva un doppio livello di complessità: gli organi europei non
hanno alle spalle una tradizione giuridica univoca, per cui l‟elaborazione di norme uniformi
ricevevano poi interpretazioni divergenti, perché gli operatori del diritto nazionali, in
mancanza di un concetto europeo, risalivano alla nozione tipica messa a punto dalla
tradizione nazionale di ciascuno.
Dal 2003 l Commissione Europea si è convinta che per edificare un diritto comune europeo
occorre legiferare meglio e ha pensato alla realizzazione di due progetti:
Acquis -> dedicato a sistemare tutte le direttive già emanate dandogli una veste
giuridicamente decente.
CFR (Common Frame of Reference) -> dedicato a mettere a punto un quadro generale di
riferimento della materia del diritto contrattuale, con allargamento a tutto il diritto
patrimoniale.
Se si vogliono abbattere le ultime barriere invisibili al mercato unico mediante un diritto
contrattuale uniforme, si deve essere coscienti che tale diritto deve essere il più possibile
completo e quindi il testo che lo veicola deve prendere in considerazione, almeno nelle
grandi linee, tutti gli aspetti del diritto contrattuale, dalla formazione agli effetti verso i
terzi, alle invalidità ecc…
È bene ricordare che se la posta in gioco è il modo di ragionare dei giuristi europei, si deve
aggiungere che nessun testo legislativo è in grado di influire sulla formazione della
mentalità giuridica come un codice civile.
Il rapporto tra codice civile e dottrina si pone in senso inverso rispetto a quello ipotizzato
da coloro che anelano ad assistere alla controversia tra Savigny e Thibaut, atto II.
Al momento attuale non sarebbe il codice civile europeo, ma la sua assenza, ad arricchire
il ruolo formante dottrinale.

70
10. L’EST EUROPEO.

10.1. Est europeo fino all‟epoca del socialismo.


I Paesi europei che hanno vissuto l‟esperienza socialista non rappresentano dal punto di
vista storico una unità.
Nel XVIII secolo, i Paesi facenti parte del Sacro Romano Impero (Germania orientale,
Boemia, Slovenia) presentavano un sistema di carattere romanistico.
Per quanto riguarda gli altri Paesi (Russia, Ucraina, Georgia, Polonia, Ungheria, Romania,
Serbia, Bulgaria), i quali non ricorrevano in via prevalente al diritto romano, occorre
effettuare una distinzione:
- Paesi cristiani occidentali -> essi hanno ricevuto il diritto canonico cattolico, il quale
conteneva categorie romanistiche in settori quali le persone, la famiglia, i beni
ecclesiastici, e ha diffuso propri modelli nel campo processuale.
- Paesi ortodossi -> essi hanno ricevuto un diritto canonico orientale e un diritto bizantino,
risultato di una elaborazione del diritto giustinianeo.

In questi Paesi non romanistici, il sistema delle fonti era costituito da numerose
consuetudini, da un diritto scritto sapiente (canonico o bizantino) e dalla volontà del
principe. Nel XIX questi Paesi divennero tutti romanistici, in seguito alla diffusione della
cultura occidentale universale, all‟introduzione della codificazione napoleonica e austriaca e
all‟influenze della dottrina francese e tedesca.

10.2. Il periodo del socialismo.


Con la rivoluzione d’ottobre del 1917, in Russia prese il potere il partito operaio
socialdemocratico russo, (LENIN) poi denominato partito comunista russo, che dichiarava
di ispirarsi all‟analisi della storia e della società condotta da Marx e Engels.
Nel 1921 il fallimento dell‟economia ispirata ai criteri comunisti suggerì al partito di
rinunciare all‟instaurazione del comunismo e di adottare una nuova politica economica
(NEP) che ripristinò la proprietà privata agricola e l‟autonomia delle imprese industriali.
Alla morte di Lenin diresse il partito STALIN, con cui si mirò all‟edificazione di una società
socialista, in cui non sarebbe più esistito lo sfruttamento economico e ognuno avrebbe
lavorato nella misura fissata dal contratto di lavoro suo proprio.
L‟edificazione del socialismo e la marcia in avanti verso il comunismo avevano bisogno di
diritto, strumento essenziale per operare coazione. Si impose l‟instaurazione di un diritto
imperativo, dettato dalla volontà politica di un potere efficiente e consapevole, formulato
come legge, e come tale reso pubblico. La legge si configura, non come l‟espressione di
un criterio giuridico intramontabile, ma come l‟imperativo contingente che la classe al
potere adottava per il raggiungimento di determinati obiettivi connessi con la Rivoluzione.
Il potere si occupava non soltanto di mettere in funzione regole pratiche di condotta, ma
anche di prescegliere dottrine politiche e concettualizzazioni giuridiche e di strutturare un
vocabolario appropriato. Inoltre ha anche il compito di distinguere ciò che è vero da ciò
che è falso, definisce quindi la verità – filosofica, storica, scientifica, oltre che politica.
71
La Costituzione socialista non formulava programmi giuridici precisi per il futuro, ma
conteneva piuttosto la proclamazione di vedute politiche. Venivano adottate dall‟assemblea
legislativa ordinaria e abrogavano ogni norma incompatibile, in linea con la politica
socialista che si avviava verso il comunismo per cui ogni regola di diritto era vista
destinata ad essere sostituita da altre. La norma successiva si doveva presumere più
avanzata della norma anteriore.

Nella dogmatica socialista il lavoratore ha un interesse che prevale su ogni altro, ossia
l‟interesse alla liberazione dallo sfruttamento. Si tratta di un interesse di classe, comune a
tutti i lavoratori. Il diritto soggettivo del lavoratore in una società socialista non può quindi
affermarsi se è in conflitto con l‟esigenza di libertà allo sfruttamento.
Nell‟ambito della famiglia un sistema di principi fu valido per tutti i sistemi socialisti:
matrimonio monogamico, laico, dissolubile.
Nel diritto socialista è fondamentale la distinzione tra i mezzi di produzione (terra, capitali
fissi e capitali circolanti), che servono per produrre ulteriori beni, e i beni di consumo, che
servono per soddisfare immediatamente un bisogno dell‟uomo (cibo, casa, vestiario).
In via di principio, i mezzi destinati alla produzione industriale devono appartenere allo
Stato. La gestione di questi mezzi è affidata a specifiche imprese di Stato, dotate di
personalità giuridica.
Nell‟agricoltura, fermo restando la statizzazione della terra, i mezzi di produzione agricola
appartengono al lavoratore agricolo e alle cooperative agricole, le quali ricevono la terra in
uso gratuito permanente.
Il lavoratore impiegava il proprio salario per acquistare i beni destinati a soddisfare
immediatamente i suoi bisogni. Su questi beni egli aveva un diritto di proprietà personale.
La casa di abitazione, in linea generale, formava oggetto di una proprietà personale.
Tuttavia era molto diffusa la casa in proprietà dello Stato, assegnato in locazione ad un
cittadino. La permanenza di un proprietà personale comportava la previsione di una
successione legittima, all‟interno della famiglia, e di una successione testamentaria.
Alla produzione provvedeva l‟impresa di Stato, che agiva nel settore industriale, e la
cooperativa, che agiva nel settore agricolo.
L‟attività dell‟impresa di Stato era interamente soggetta al piano di Stato, suddiviso in piani
territoriali, piani di settore e piani concretamente operanti, formulati per la singola
impresa.
L‟organizzazione delle Corti giudiziarie riproduceva quella dei Paesi continentali occidentali.
Da sottolineare la figura del Prokurator, nominato dal Soviet supremo dell‟URSS, il quale
promuoveva e controllava l‟attività amministrativa e giudiziaria, potendo richiedere la
revisione di qualsiasi decisione.
Il giudizio penale e civile era deciso da un collegio, formato da giudici a tempo pieno
(eletti, previa designazione da parte del Partito) e giudici popolari occasionali.
La sentenza, come decisione di un organo popolare elettivo, era manifestazione di
sovranità. Quindi la parte non poteva proporre appello, ma soltanto rivolgersi al
Prokuratura, al fine di ottenere da l‟esperimento dell‟iniziativa.
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Le controversie tra organizzazioni economiche socialiste (imprese e cooperative) erano
sottoposte all‟arbitrato di Stato, composto da soggetti tecnici e non giuristi (versione
socialista del Tribunale commerciale, eliminato in Italia nel 1942).
All‟operatore economico straniero che si trovasse in conflitto con una organizzazione
sovietica era riservato uno specifico organo giurisdizionale, denominato arbitrato
internazionale.

9.4. L‟est europeo dopo il periodo socialista.


Con la seconda metà del 1989 l‟urto delle diverse pressioni politiche non è più contenuto
dal potere. Ovunque il partito comunista perde il monopolio del potere politico e la
funzione direttiva e viene sciolto.
Nel 1991 l‟Unione delle repubbliche socialiste sovietiche scompare e viene sostituita da
una Comunità di Stati indipendenti cui aderisce solo una parte delle repubbliche già
sovietiche. Abbandonata la via socialista, il meccanismo di rioccidentalizzazione
dell‟area considerata è un po‟ complesso:
- si redigono Costituzioni scritte, che il legislatore ordinario non può modificare.
- si proclamano i diritti dell‟uomo, il principio di legalità e di indipendenza del giudice.
La dottrina straniera però non gioca un ruolo diretto ed il ruolo della giurisprudenza nella
creazione del diritto non è uniforme.
La Costituzione distribuisce i poteri di vertice tra il Presidente e il Parlamento.
Il Parlamento è chiamato a formulare leggi e il Governo a formulare decreti. Lo Stato è
essenzialmente laico. Il giudice è soggetto alla legge; è nominato attraverso una
procedura burocratica e conserva le funzioni per tutta la vita. Le parti possono proporre
appello contro i provvedimenti giudiziari.
L‟amministrazione è legata al principio di legalità.
La dottrina dei beni ha dovuto essere riadattata: si distingue tra bene immobile e mobile e
si reintroduce la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Le disposizioni tendono ad assicurare la parità di trattamento tra proprietà pubblica e
privata, eliminando i privilegi di cui godeva la proprietà dello Stato.
La codificazione come modo di legislazione non è affatto deperita nell‟Est Europeo. Sono
sempre in funzione codici penali e di procedura civile e penale. Nello stesso modo
troviamo in vigore ovunque un codice civile. Dove manca il codice c‟è un complesso di
grandi leggi ben coordinate. Altri paesi hanno voluto dare al diritto civile un volto inedito.

11. IL DIRITTO DEI PAESI ISLAMICI.

11.1. Il c.d. diritto islamico.


Nel VII secolo, un profeta arabo, Maometto insegnò una dottrina religiosa, basata su
una rivelazione poi raccolta in un testo denominato Corano. In questa opera sono
enunciati i precetti cui il credente deve attenersi e questi precetti costituiscono la sarì‟a,
cioè la via da seguire in fatto di preghiere, digiuno, elemosine, rituale, ecc…
73
Per il musulmano questa precettistica viene da Dio, ed è esaustiva di tutti i doveri che
Dio impone al credente. Essi, in quanto provengano da Dio, non possono essere mutati.
La rivelazione coranica si presenta come esaustiva ed autosufficiente. Non esistono fonti di
verità o giustizia fuori di essa. Se una situazione, apparentemente, non è regolata dal
Corano, provvederà l’interpretazione a decifrare le scritture e individuare la
soluzione.
Diverse regole sciaraitiche sono rivolte ai comportamenti esteriori che l‟uomo deve
tenere nelle relazioni con gli altri uomini, ossia ai rapporti che nelle altre culture sono
regolati dal diritto. Dunque la scia ria si configura come un sistema giuridico, anzi il
modello giuridico insuperabile.
Nella concezione islamica non è ammessa una regola di condotta extrareligiosa e
una società laica che si affianchi alla Comunità dei credenti. Il musulmano che vuole
studiare il Diritto studia la Sarì‟a.
Tuttavia nessun Paese islamico è ordinato in base alla sola sarì’a, infatti anche qui:
- la selezione del Capo dello Stato mette in funzione procedure stabilite da regole
laiche.
- L‟amministrazione svolge i suoi compiti secondo regole fissate dallo Stato.
- Il legislatore interviene in diversi settori, prevedendo Corti civili, penali e
commerciali, e introducendo Codici (come è avvenuto ad es. in Egitto).
Spesso la centralità della sàrì‟a in un dato sistema è solennemente proclamata nella
costituzione o nelle norme ordinarie.
L‟adozione di codificazioni occidentali non porta sempre con sé uno strappo lacerante
rispetto alla sàrì‟a. Spesso la differenza risiede nel modo di formulazione della regola, più
che nei suoi contenuti.

La scia ria è una precettistica rivelata da Dio agli uomini per regolarne la condotta.
gerarchicamente ne sono fonti:
1- il Corano in 114 capitoli suddivisi in versetti;
2- la Sunna, ossia la condotta del profeta ispirata da Dio e quindi esemplare;
3- l‟interpretazione data alle due fonti primarie da parte dell‟intera Comunità
(Umma);
4- l‟analogia, anche se è dubbia la larghezza con cui può essere utilizzata.
Inoltre il sistema delle fonti prevede due fonti secondarie o strumenti di interpretazione, i
quali rispondono ad esigenze di utilità pratica e di equità.
Affinché il Corano potesse risolvere tutte le questioni che si presentano al giudice, è stata
necessaria un‟ampia attività interpretativa. Dunque in sede teorica si afferma che la scia
ria è priva di lacune ma in sede storica il diritto islamico è il risultato di un‟ampia riflessione
dottrinale. Al riguardo, si è formalizzato il principio secondo il quale le soluzioni introdotte
entro il X secolo sono incontestabili e in tale data si è “chiusa la porta dello sforzo
interpretativo”.

L‟Islam presenta al suo interno diversi orientamenti. Si distingue tra:


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- un Islam sunnita (prevale in Asia e Africa)
- un Islam sciita, (domina in Iran e ha seguito in Iranq e Siria).
- un Islam kharigita (è minoritario)
Le differenze teologiche riguardano il valore della Sunna, il modo di selezione dell‟Imam
(o Califfo) e le sue prerogative.
All‟interno dell‟Islam sunnita si sono consolidate divergenze di interpretazione dei testi. Ciò
non ha determinato separazioni o scismi, in quanto si tratta di interpretazioni ritenute tutte
legittime.
All‟origine dei 4 grandi modelli interpretativi si colloca un sapiente, che attribuisce il
nome alla propria scuola. (scuola Hanafita; sciafiita; malikita; hanbalita)
Ogni musulmano ha la possibilità di scegliere una scuola e di mutarla. Egli deve comunque
prestare adesione ad una di esse, salva l‟ulteriore possibilità di collocare il proprio singolo
negozio sotto la disciplina di una scuola diversa.
Il potere politico può prescrivere ai giudici l‟applicazione delle regole di una scuola
diversa da quella seguita normalmente nel Paese.

11.2. Le grandi regole della sàrì‟a


Nella concezione islamica, i credenti nel loro insieme appartengono ad un‟unica Comunità,
la Umma islamica. Al vertice dell‟Umma si trova l‟Imam, guida dei credenti, detto anche
Califfo, cioè vicario di Maometto.
La dottrina ha illustrato quali siano le procedure per la nomina dell’Imam.
Egli può essere scelto dal predecessore o può essere eletto dalla comunità unanime. La
scelta deve riguardare un musulmano libero, sano, maschio, irreprensibile, quraiscita,
ossia appartenente alla tribù di Maometto. Una volta eletto, egli è sottoposto ai doveri
verso la fede, sotto pena di rimozione.
L‟Imam nomina tutti i collaboratori necessari e affida le pubbliche funzioni a determinati
soggetti (ad esempio, i giudici). Nello svolgimento di questi compiti direzionali, l‟Imam
dispone ordini cui il credente deve obbedienza.
La religione non prevede il ricorso alla violenza per la conversione dell‟infedele.
Tuttavia un‟azione armata è prevista, se necessaria o utile, a favore dell‟ordine islamico. Si
tratta di una specifica applicazione della più generale figura del gihad, ossia dello sforzo
fatto dall‟uomo per Dio. Questa applicazione forma oggetto di obbligazione giuridica per il
Califfo e per la comunità di credenti.

La dottrina delle persone si basa su una triplice contrapposizione: musulmano-non


musulmano; libero-schiavo; uomo-donna.
La pienezza dei diritti compete soltanto al musulmano.
Tra i non musulmani occorre distinguere:
- gli adoratori del vero Dio -> costituti da ebrei, cristiani e indù, sono ammessi a
garantirsi la protezione da parte dei musulmani, pagando loro una determinata
imposta. Poiché il matrimonio attribuisce al marito un potere sulla moglie e sui figli,

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non è ammesso che un cristiano o un ebreo possa sposare una musulmana, mentre
il musulmano può sposare una cristiana o una ebrea.
- politeisti o atei -> non hanno tutela giuridica. Sono esposti alla guerra santa e in
quella sede sono destinati alla morte o alla schiavitù.
Una volta sottoposti al potere islamico, gli infedeli protetti vivranno secondo le leggi della
propria religione, almeno per quanto riguarda il diritto di famiglia e successorio.
La contrapposizione tra libero e schiavo tende a perdere importanza in una epoca in cui
l‟Islam sottolinea la rilevanza del proprio apporto nel contrasto alla schiavitù.
È invece centrale nella scia ria la contrapposizione in diritto della donna e dell‟uomo.
La donna si presenta come un soggetto che necessita di protezione. Il diritto alla
protezione si affianca al diritto al matrimonio, al diritto al mantenimento e ad un rapporto
di subalternazione all‟uomo.
Per agevolare alla donna il matrimonio, si prevede che l‟uomo possa avere fino a 4 mogli
contemporaneamente.
Il diritto della donna al mantenimento nei confronti dei familiari più prossimi ha come
contrappeso la riduzione dei diritti successori della donna.
La considerazione della donna appare ridotta anche a proposito della capacità di
testimoniare e della misura della responsabilità civile.

Tutto il diritto islamico è legato al soprannaturale e non è mutabile dagli uomini.


Non si può distinguere una quota di scia ria più divina delle altre. Tuttavia i musulmani
sono strettamente legati ad uno specifico settore della scia ria, denominato “Statuto
personale”, che riguarda il diritto delle persone e della famiglia, le successioni mortis
causa e le regole sulle fondazioni.
La famiglia islamica è fondata sull‟autorità del padre e del marito. Tuttavia non
mancano norme complementari di segno diverso. Ad es., il bambino, fino a 6 anni, è
soggetto ad un autonomo diritto materno. La scia ria non prevede per il matrimonio una
età minima prefissata. Essa regola anche il concubinato, rapporto praticato tra il padrone e
la schiava, rilevante se da esso nascono i figli. L‟uomo può sciogliersi dal matrimonio in
qualsiasi momento mediante il ripudio. Il matrimonio viene meno di diritto in caso di
apostasia (abbandono della religione). I beni di coniugi sono separati. La donna
amministra liberamente i propri beni ma il consenso del marito è richiesto per le donazioni.
La struttura della famiglia condiziona le regole sulla successione mortis causa.
I chiamati all‟eredità sono indicati direttamente dalla scia ria. Il figlio è chiamato all‟eredità
in misura doppia rispetto alla figlia. 1/3 del patrimonio può essere lasciato liberamente a
persone scelte dal de cuius mediante atto di ultima volontà. L‟eredità si acquista senza
accettazione e la rinuncia non è ammessa.
La scia ria conosce e considera fondamentale il diritto di proprietà individuale.
La dottrina elabora distinzioni di beni (utili-inutili; nascondibili-non nascondibili; pure-
impure) e distingue il capitale e il reddito.
Accanto al diritto perpetuo di proprietà, la scia ria conosce i diritti fondamentali e i
diritti volti a speciali utilità, paragonabili alle servitù.
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Fra i modi di acquisto della proprietà, vi è la bonifica delle terre inutilizzate.
Un modo peculiare di destinare i beni consiste nel vincolarli mediante una fondazione.
Nella definizione dell‟istituto lo scopo è definito religioso, ma è possibile indicare una
persona fisica, beneficiaria delle utilità che il bene offre. Questo istituto realizza
l‟autonomia privata, in quanto comporta che il bene è indisponibile ed è sottratto al regime
ereditario. Sono caratteristici della scia ria la condanna dei contratti aleatori e il rigido
divieto di stipulare e ricevere interessi.

La scia ria conosce la figura dell’illecito penale, distinta dall’illecito civile.


La distinzione di base sussiste tra delitti che comportano il taglione (omicidio e lesioni
personali), quelli che comportano una pena fissata dal Corano (apostasia, ribellione
all‟Islam, consumo di bevande alcoliche) e quelli che comportano una sanzione stabilita dal
giudice (falsa testimonianza, falsificazione di documenti).

Il qadì è un giudice monocratico e rende la giustizia tra i musulmani e soltanto


occasionalmente tra i fedeli. La fonte del suo potere è la delega del Califfo.
Il suo giudizio è inappellabile ma, poiché la decisione pur essendo esecutiva non passa mai
in giudicato, la sentenza può essere oggetto di revisione. La sentenza non è motivata.
Non esiste un principio che vincoli il giudice al precedente.

11.3. I fattori extrasciaraitici.


La dottrina islamica riconosce che l’autorità legittima, per esercitare le sue funzioni,
deve emettere ordini e imperativi. Questi possono essere rivolti ad una singola
persona affinché compia un singolo atto oppure avere un contenuto generale e astratto.
Le regole adottate dall‟autorità legittima sono vincolanti per il musulmano, pur non
essendo scia ria. Esse costituiscono la siyasa. Nell‟ottica islamica la siyasa è il governo
della cosa pubblica svolto in modo da non contraddire la sarì‟a. Il suo scopo è quello di
assicurare la protezione degli interessi fondamentali degli uomini.
La nascita storica della siyasa fu certamente favorita dalla immutabilità della scia ria,
diventata effettiva dopo la chiusura della porta dell‟interpretazione.

Teoricamente, nessuna fonte umana né autoritativa né spontanea può inserirsi nella scia
ria, rendendo complesso il rapporto di questa con i diritti umani.
Tuttavia le consuetudini, che non contrastano con i principi fondamentali, sono tollerate
dall‟Islam. Inoltre in determinati contesti, la consuetudine è stata introdotta
nell‟applicazione e nell‟insegnamento della scia ria, completandone i contenuti, e facendo
credere al musulmano non competente che una prassi consuetudinaria sia legittimata dalla
Rivoluzione. Dunque la scia ria subisce nella prassi la concorrenza di consuetudini e di
codificazioni.

77
11.4. Il diritto dei paesi islamici.
l‟Islam di cui parla l‟uomo della religione appare un mondo omogeneo, ma se noi
osserviamo empiricamente la società islamica troviamo al suo interno diversità e
contrapposizioni inaspettate:
- l‟islam storico ha potuto convivere in Africa con la divinizzazione del Re.
- Alcuni gruppi hanno privilegi notevoli -> l‟arabo ha privilegio rispetto al musulmano
non arabo.
- Alcuni privilegi sono collegati con la nascita e incidono sullo status della santità
della persona.
- A volte il soprannaturale preislamico rivive in un Islam pronto a molti adattamenti -
> una parte dell‟islam ammette il culto del Santo, censurata dall‟islam più
ortodosso.
Laddove interviene la consuetudine questa introduce nella prassi il rispetto della
separatezza delle caste e delle etnie.
Da più di un secolo molte delle aree islamiche sentono il bisogno di muoversi verso la
modernità e la razionalità. Ciò può anche portare alla contestazione dell‟Islam, o meglio di
alcune sue parti: spesso avviene che procedano restituendo la sàrì‟a alla sua primitiva
naturalezza; purgandola di incrostazioni irrazionali e barbariche.

L‟immutabilità della sarìa e lo scarso dinamismo della siyasa sono stati, e sono, involontari
alleati dell‟attivismo dei legislatori dei paesi abitati da popolazioni islamiche.
Il potere politico può rivolgersi legittimamente al giudice dandogli istruzioni nella scelta di
una interpretazione piuttosto che un‟altra, suggerirgli accorgimenti processuali.
Corti civili, penali, commerciali sottraggono spazio alle corti del qudat. Questi ultimi
limitano la propria attività al c.d. statuto personale del musulmano, ossia al diritto delle
persone e della famiglia, alle successioni. Il periodo coloniale aveva favorito l‟espansione
delle corti dei qudat, perché le potenze coloniali spesso non volevano imporre
incondizionatamente il proprio diritto a quello del paese. Ma l‟indipendenza, almeno in un
primo tempo, ha dato nuovo slancio alla diffusione del modello occidentale e laico nei
paesi islamici, per cui ovunque si istituiscono meccanismi giurisdizionali in cui figurano
corti di appello e corti supreme. In vari paesi il potere politico ha posto mano a grandi
opere di codificazione.

Anche nei paesi islamici dominati da fondamentalisti il diritto islamico è troppo lacunoso
per poter fare a meno di integrazioni provenienti da un diritto umano. Ad es. la sarì‟a non
dice quali virtù debba avere il Capo, ma non dice come questo si scelga, per cui è
necessario il ricorso a norme umane. L‟opera del legislatore in questo senso ha prodotto
un certo grado di laicizzazione del diritto, che si è realizzata in misura diversa nei vari
paesi.
Alcuni paesi (come le repubbliche ex-sovietiche) sono re islamizzate. I mufti (al vertice
della comunità nazionale e di ogni comunità provinciale) esercitano i propri compiti sotto
gli occhi dello Stato.
78
Altri paesi hanno percorso molta strada verso la laicizzazione, ma non hanno voluto
sconfessare lo statuto personale. (es.Bengala, Indonesia, varii paesi africani)
Il giudice laico, a differenza del qadi che è uomo di Dio, ha una formazione in larga misura
occidentale, per cui quando dovrà applicare la sarì‟a sarà indotto a costruirne i contenuti
con una mentalità razionalistica e modernista anche se la sarìa non è facile da conciliare
con i diritti dell‟uomo.

12. IL DIRITTO INDIANO.

12.1. Il diritto indù.


Il sistema presente in India risulta dalla sovrapposizione di:
- Un diritto autoritativo di fonte statuale.
- Un diritto tradizionale personale, distinto in relazione alla diverse comunità.
- Un diritto popolare locale
Fra i gruppi presenti in India primeggia per importanza la comunità induista che
comprende l‟80% della popolazione.
Nel II millennio a.C., l‟India venne occupata da un popolo indoeuropeo che parlava il
sanscrito e confidava in un mondo celeste di tipo politeistico. Nell‟ambito di questa cultura,
vennero elaborati i testi sacri della religione, denominati “Veda”, riconosciuti tuttora come
base di ogni sapienza soprannaturale.
Secondo la concezione induista, l’ordine cosmico, superiore agli Dei, è costituito da
regole non tutte accessibili. I Veda rivelano le verità che interessano l‟uomo. Essi sono di
ispirazione divina ma contengono anche opinioni del sapiente che ha intermediato la
rivelazione.
Le persone sono strettamente e irrevocabilmente legate alle caste cui appartengono.
Ciascuna casta presenta regole etiche, compiti, gratificazioni e doveri differenziati. Alle
contrapposizioni castali si affianca la discriminazione sessuale. Alle donne è negata
l‟immortalità, per cui le regole etiche le riguardano soltanto in misura limitata.
Si distinguono poi 3 ordini di regole di condotta:
- Il dharma, che presiede al perfezionamento etico dell‟uomo -> Esso si indirizza a
tutti ma ha una rilevanza diversa per le diverse caste. È un insieme di precetti
religiosi, etici e di prevenzione dei conflitti, capaci di ispirare il diritto che fissano la
condotta da tenere, ma non si preoccupano di stabilire sanzioni. Il precetto muta in
relazione alla condizione sociale, allo status e all‟età del destinatario. Si considera
come una proiezione dell‟ordine cosmico, non voluto da alcuna mente.
Nell‟induismo non esiste un‟autorità legittimata a riconoscere l‟ortodossia di un
determinato insegnamento, o a condannare una teoria.
- L‟artha, che presiede al conseguimento dell‟utile -> Esso si indirizza al politico e
all‟operatore economico.
- Il kama, che presiede allo sviluppo del piacere.

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Quando si parla di dharma e diritto si deve evitare si dire che i testi vedici e smriti sono
testi giuridici. Questi sono testi religiosi che predicano una data mentalità e con ciò
ispirano regole giuridiche, con proposizioni generali. Si è sentito il bisogno,quindi, di opere
sistematiche ausiliarie che aiutino a dedurre dal dharma regole applicabili. Lo sviluppo di
quest‟ultime segna l‟epoca post-classica del diritto indù.
Più tardi si è sentita la necessità di opere (dette NIBANDHA)che raccolgano tutte le fonti
rivolte ad un dato problema o ad un dato istituto.
A nessun‟altra fonte è riconosciuta quella speciale dignità, collegata con l‟origine
soprannaturale che è propria ed esclusiva del dharma. Tollera alcune fonti diverse da essa,
senza elevarle al proprio rango. Tra queste:
- Consuetudine -> perché sono i sapienti a raccomandare di evitare certi
comportamenti giudicati repellenti dalla società.
- Coscienza, giustizia, equità -> il rinvio a queste regole di opinione risale alle fonti
primarie e giova soprattutto nel silenzio del diritto cogente.
- Legge -> Il principe è sottoposto al dharma e non può modificarlo. Ha il potere-
dovere di rendere giustizia e poiché garante dell‟ordine interviene nel settore
amministrativo, procedurale e fiscale.
- Giurisprudenza -> Il giudice può allontanarsi dal dharma, al fine di evitare soluzioni
inique, ma, come il principe, non può modificarlo. Nell‟ordinamento indiano, non
esiste nessuna inclinazione a considerare fonte il precedente.
Il sapiente si occupa del dharma e dell‟artha (che l‟occidentale scambia con il diritto) ma
non tratta della composizione dei conflitti.
Un particolare libro di dharma, chiamato vyavahara , si dedica all‟amministrazione della
giustizia, relative procedure e repressione penalistica.
La giustizia regia si articola in 3 gradi di giudizio ed è affiancata da una giustizia gestita
da Tribunali popolari. Ogni casta ha la sua Assemblea, la quale viene investita delle
controversie nate al suo interno.
Il processo si svolge con una meditata valutazione delle prove.

12.2. Vicende del diritto indù ed islamico in India.


Mentre l‟estensione geografica del potere islamico cresceva, gli europei Nel XVIII secolo,
cominciarono ad acquistare controllo di parti di costa indiana
Il potere islamico, una volta stabilizzatosi, non volle essere aggressivo nei confronti degli
indù, interferirono con le legislazioni regie, legate alla struttura dello Stato, ma lasciarono
sopravvivere le giurisdizioni popolari. La dominazione musulmana produsse vastissime
adesioni all‟Islam. Peraltro il diritto dei musulmani in India lasciò ampio spazio alla
consuetudine
Nel 1726, l‟India si divise in due aree:
- da una parte vi erano i territori di Bombay, Calcutta e Madras (Presidence Towns),
direttamente soggetti all‟amministrazione britannica che vi insediò Corti giudiziarie
regie;

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- dall‟altra parte vi era il “mofussil”, in cui operavano le Corti della Compagnia delle
Indie.
I giudici regi delle Presidency Towns applicavano il diritto indù o musulmano.
Nel mofussil invece, nel settore dello Statuto personale, si decise di applicare il diritto indù
o musulmano. Fuori di questo settore, si giudicava secondo i “principi di giustizia, equità e
buona coscienza” (che successivamente si identificarono nel diritto inglese).
Dal 1805 la Gran Bretagna ha controllato l‟intera India fino al 1947.
La chiamata in causa della regola inglese fu favorita dalla lacunosità del diritto indù.
Questo aveva organizzato in modo dettagliato la famiglia, la casta, la terra e le successioni
ma non aveva disciplinato le obbligazioni e non aveva previsto rimedi qualora il debito non
fosse stato pagato. In queste condizioni, spesso l‟applicazione del diritto inglese era
invocata dalle stesse parti. Successivamente una serie di decisioni giudiziarie furono
pubblicate e dunque si presentarono a disposizione dei giudici. Dunque le Corti si
ispirarono a questi precedenti, piuttosto di procedere alla conoscenza delle fonti indù.
Non furono più redatte raccolte di diritto personale ma furono elaborate raccolte di
giurisprudenza, sistematizzate secondo i concetti e le categorie inglesi. Queste
alterazioni agirono nel senso di rendere le regole indiane più uniformi e più moderne.
Il potere britannico, nel lungo periodo della sua presenza in India, produsse norme
legali operanti in tutto il Paese nei confronti di tutti gli abitanti o in determinati territori nei
confronti di specifiche comunità.
Furono adottati una serie di codici nel settore del diritto penale, della procedura civile,
della procedura penale e in materia di contratti, di prove, di trasferimento della proprietà e
di esecuzione forzata delle obbligazioni. (codificazione tripartita). Essi furono il primo
nucleo di un diritto vigente in modo universale in India. Accanto ad essi, si svilupparono
regole volte a modificare soltanto il diritto indù, intervenendo nel diritto delle persone e
della famiglia, attraverso l‟abolizione del sistema delle caste e la garanzia della capacità
giuridica della donna.
I britannici pensarono di poter applicare il diritto islamico con la copertura
dell‟interpretazione data dai mufti. I quali agirono nella consapevolezza che dipendesse da
loro la salvaguardia della sarì‟a in India. Ciò però non precluse al giudice britannico il
ricorso sistematico al precedente.
Nel 1947 l‟India ottenne l‟indipendenza e nel 1950 venne redatta una Costituzione,
con la quale si introdussero, a beneficio degli indiani, i principi di uguaglianza e dignità
umana (realizzati attraverso l‟abolizione del regime delle caste, la previsione di una età
minima e del consenso ai fini del matrimonio e il divieto alla poligamia).

12.3. Il diritto territoriale in India.


Le leggi territoriali introdussero in India grossi nuclei di diritto inglese. La presenza
britannica in India ha introdotto in questa cultura un apparato per la conoscenza del diritto
che è tutto inglese. I legislatori hanno cmq creato regole destinate alla realtà indiana ed
hanno provveduto ad adattare alle necessità del paese il modello inglese.

81
La Costituzione ha sovrapposto al diritto vigente al momento dell‟indipendenza un testo
giuridico costituito da 395 articoli, situati ad un livello superiore ma modificabili senza
troppe difficoltà dalla maggioranza parlamentare. Essa configura l‟India come una
federazione di 28 Stati e auspica la promulgazione di un Codice civile unificato per tutta la
Nazione.
Per quanto riguarda l’organizzazione giudiziaria, al vertice si trova la Corte suprema
federale, con sede a Nuova Delhi. Il Chief Justice of India, che la presiede, e i 25 giudici,
sono nominati dal Presidente della Repubblica. La Corte suprema ha una molteplicità di
funzioni. In primo luogo opera come Corte Costituzionale, pronunciandosi sulle eccezioni di
incostituzionalità sollevate contro leggi federali e statali. In secondo luogo, giudica come
giurisdizione di ultima istanza per le controversie civili. Può inoltre avocare a sé qualsiasi
controversia giudicata da un tribunale indiano, eccetto quelli militari.
La Corte è arbitra della propria procedura, che definisce mediante un autoregolamento
approvato dal Presidente della Repubblica. Non è tenuta a rispettare i propri precedenti.
Le altre Corti sono vincolate all‟insegnamento della Corte suprema.
I giudici, salva la fedeltà dovuta alla Corte suprema, seguono i precedenti fissati all‟interno
di ogni Stato, in quanto le Corti statali di vertice ritengono di potere allontanarsi dai propri
precedenti. Tale situazione ostacola la circolazione dei modelli da uno Stato all‟altro e di
conseguenza l‟uniformità del diritto applicato nei diversi Stati.

13. IL DIRITTO NELL’ASIA ORIENTALE.

13.1. Il diritto cinese.


In Cina, il diritto si è evoluto in una posizione di subordinazione rispetto al pensiero
filosofico, identificato in primo luogo nella filosofia di Confucio.
La concezione cinese dell‟ordine sociale si ricollega all‟idea di un ordine cosmico basato su
una interazione tra cielo, terra e uomini. L‟ordine è turbato se viene a perdersi l‟armonia
che deve esistere tra l‟uomo e la natura o tra gli uomini stessi. I rapporti sociali devono
essere basati sul consenso, evitando condanne, sanzioni e decisioni adottate a
maggioranza. In questo quadro, il ruolo assegnato al diritto non è fondamentale.
Il cittadino non deve preoccuparsi di far valere i suoi diritti. Deve essere invece pronto ad
adeguare il proprio interesse con quello degli altri. L‟invocazione della norma deve esse
scoraggiata. In caso di divergenza, è auspicata la composizione amichevole o la
definizione per arbitri. Soltanto quando la conciliazione si presenta irrealizzabile, la
controversia dovrà essere sottoposta ad un giudice, il quale troverà il criterio di decisione
nella propria saggezza e nell‟etica confuciana.
I contrasti quindi devono essere superati:
- in primo luogo in base al quing (sentimento di umanità);
- poi in base al LI (ossia il rito);
- poi secondo il LII (la ragione);
- e soltanto da ultimo secondo il FA (ossia la legge).

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Il LI inizialmente era un rituale religioso. Successivamente divenne una regola di
comportamento rivolta alle attività pubbliche e private. Con Confucio, il LI viene ridotto in
regole scritte (non autoritative), le quali si rivolgono alla classe egemone (prima i nobili e
poi i funzionari mandarini), si legittimano mediante l‟autorità morale degli antichi, regolano
la successione al trono e i rapporti sociali. Il LI è immutabile e non è opera del legislatore.
Al sovrano si consiglia di non formulare leggi. Queste infatti determinano timore nel
popolo ma diminuiscono il rispetto per l‟autorità.
Il FA è circondato da diffidenza e sfiducia. Il soggetto che invocava un FA in contrasto con
il LI si esponeva ad una riprovazione da parte della pubblica opinione. Tuttavia le leggi
esistono e si occupano in primo luogo degli aspetti penalistici e amministrativi. Mentre i
rapporti privati non sarebbero regolati da regole giuridiche vere e proprie e i conflitti
dovrebbe essere superati mediante la conciliazione. Il FA si applica alle classi meno
elevate e la sua durezza è giustificata, affermando che esso è necessario nei confronti di
criminali o persone estranee alla cultura cinese. La fonte del FA è la volontà
dell‟imperatore. L‟imperatore è figlio del Cielo ed ha un mandato celeste, revocabile se egli
non sarà virtuoso. La legge non è opera di Dio. Ma la divinità suprema del Cielo,
conferendo il mandato, legittima il FA.
L’ordine sociale è affidato in larga misura al FEN, principio di giustizia distributiva. La
collocazione del soggetto in un determinato livello assicura, mediante la diversità dei ruoli
e dei trattamenti, l‟armonia sociale. Il FEN garantisce le diseguaglianze tra i soggetti,
modellando la relazione tra principe e suddito, tra padre e figlio e tra marito e moglie.
Il diritto cinese così illustrato è in parte falso. È stato finalmente ricostruito e valutato in
base a criteri nuovi. Il LI conteneva regole sociali che costituivano un sistema giuridico.
Aveva origini consuetudinarie. Il FA non era una regola marginale, ma un pilastro
fondamentale della vita cinese. Ogni violazione del LI era un‟infrazione penale punita con
pena penale.
Ogni dinastia cinese ha legato il proprio nome a un codice importante: il FA jing; codice di
Sui; codice dei Tang (coevo del corpus iuris). Accanto al codice (LU) sono operanti i
decreti (LING) e i regolamenti (GE).
La Cina, paese immenso e ricco di contrasti e diversità locali, rivela anche nel diritto la
ricchezza delle sue risorse e delle sue soluzioni. La fonte imperiale si spartiva il campo con
gli statuti dei clan familiari e delle corporazioni, la cui operatività ha lasciato documenti
imponenti. Inoltre la Cina è un paese di consuetudini, di cui lo Stato si interessava in modo
indiretto controllando la gestione della giustizia a livello sociale.
In Cina mancava una una fonte del diritto di stampo dottorale perché mancava una vera
letteratura giuridica, dovuta all‟assenza della figura del giurista.
Il diritto cinese non è laico, è impregnato di religiosità, ma non si parla di dogmi, di
rivelazioni. Lo Stato sceglie la religione
Al vertice della società troviamo il principe, poi imperatore. Il principe è soggetto ad un
ordine naturale che egli non può modificare e non deve violare. Il carattere non assoluto
del suo potere è testimoniato dall‟affermazione secondo cui il suo mandato è revocato se
egli non è virtuoso. Tra il principe e il popolo si colloca la casta che collabora con il primo:
83
in un primo tempo l‟aristocrazia e poi i funzionari che gestiscono la burocrazia, denominati
mandarini. I mandarini erano uomini di sapere e maestri di verità. Essi garantivano la
legittimità del principe e in qualche misura sono paragonabili al Clero. Essi godevano di
una serie di privilegi. Ad es., non erano soggetti alla sanzione penale, purché si riscattasse
con il pagamento di una multa. Al di sotto dei funzionari, si collocavano i sudditi,
contrapposti secondo la posizione sociale.
Le leggi stabilivano per ogni singola categoria la qualità della casa, del mobilio e degli
abiti. Il mancato rispetto della qualità configurava una ipotesi di reato. Il padre ha il potere
sui figli e suoi nipoti. Il figlio non ha potere sui beni, ubbidisce al capofamiglia in tutto.
Il matrimonio era concordato dai parenti e comportava un vincolo tra le due famiglie.
Il marito ha autorità sulla moglie. Il matrimonio è monogamico, ma l‟uomo può avere
concubine dotate di un rango servile. Solo i maschi succedevano per causa di morte. Il
testamento non era previsto.
Sulla terra esistevano molteplici diritti: il diritto del principe, il diritto del mandarino
assegnatario, il diritto del villaggio e il diritto del contadino concessionario.

Occorre sottolineare che in Cina non esiste il giurista, né la riflessione puramente


giuridica, né una specifica terminologia giuridica. Non si è sviluppata quella sintesi che
configura unitariamente il rapporto giuridico, figura che spiega sia la ottemperanza
spontanea sia la sanzione la quale segue alla violazione della regola.
La comparazione insegna che dove si crea un potere centralizzato, quest‟ultimo non è
obbligato ad interessarsi di tutti i rapporti privati tra i cittadini. Il potere regola il
funzionamento dell’amministrazione, e si tutela minacciando la sanzione penale a chi
vuole sovvertire l‟ordine sociale; può però consentire la permanenza di poteri diffusi,
distribuiti nel corpo sociale, e capaci di garantire un ordinato sviluppo delle relazioni
sociali private. I comparatisti hanno creduto, fino a poco tempo fa, che la lacuna del diritto
statuale fosse colmata dalla filosofia confuciana, le cui regole sono considerate regole
giuridiche consuetudinarie.
Inoltre, la differenza più forte tra il sistema cinese tradizionale e quelli occidentali sembra
essere data dall‟assenza di rimedi affidati al cittadino, ossia alla assenza di una
nozione di diritto soggettivo. La filosofia confuciana sosteneva la moderazione e suggeriva
al cittadino offeso di non pretendere alcuna risposta da parte dell‟autorità. Il privato non
avanza pretese contro il potere. Il privato non pretende che il pubblico gli garantisca un
rimedio contro un altro privato. L‟ingiustizia privata comporterà, accanto all‟obbligo morale
della conciliazione, una sanzione prevista dalla consuetudine.

Nel XX secolo la Cina si è aperta ai modelli europei ed è stata introdotta la


Repubblica. Sun Yixian, l‟uomo politico che fondò la Repubblica, configurò lo Stato sulla
base della separazione dei 5 poteri, cui corrispondono 5 organi: legislativo, esecutivo,
giudiziario e organi di controllo e di esame.

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Con le nuove leggi e i nuovi Codici si è introdotta la nozione del diritto soggettivo, la
parificazione della donna e dell‟uomo nel diritto successorio, l‟esclusione dell‟analogia nel
diritto penale, una serie di garanzie processuali.
Nel 1949 il Partito comunista cinese assunse il potere e adottò un testo costituzionale,
denominato “Programma Comune”, il quale fondava la Repubblica popolare cinese.
Vennero proclamate la dittatura del proletariato e la funzione guida della classe
lavoratrice. Vennero assicurati a tutti i cittadini il diritto elettorale e altri diritti politici.
Si sottolineò la centralità dell‟impresa statale e cooperativa nella produzione e la
soggezione di tutta l‟economica all‟interesse generale. In realtà, vi era un potere politico,
gestito dal vertice del partito, che gestiva l‟intera vita pubblica della Cina. Si decise
l‟abrogazione dei Codici e di tutte le leggi precedenti. Si istituì una Corte suprema e una
Procuratura. Si legiferò sul matrimonio, sulla riforma agraria e sull‟organizzazione
giudiziaria. In accordo alla tradizione cinese, si fece a meno di giuristi. I tribunali erano
sostituiti da organi politici o di polizia.
Nel 1954 la nuova costituzione ricalcò quella staliniana del 1936, ma queste scelte non
furono condivise, ma fu nel 1976 che si ebbe l‟inizio significativo della controtendenza
iniziando a redigere una nuova Costituzione. Da lì, i mancati successi suggerirono di
lasciare cadere la rivoluzione culturale e la lotta di classe, in favore di una
modernizzazione dell’economia, della scienza e della tecnologia: All‟agricoltore fu
concesso di disporre di una parte del prodotto e alle imprese un minimo di autonomia e
gestione privata, fermo restando il primato dell‟economia collettivizzata e programmata.
Le successive Costituzioni e leggi introdussero ulteriori diritti soggettivi e il potere per il
singolo di agire in presenza di una illegalità commessa da un funzionario statale. Venne
sancita l‟indipendenza del potere giudiziario, la parità dei diritti dei coniugi, la libertà del
divorzio consensuale.

Il sistema cinese attuale è un sistema partitocratico, più disponibile verso i diritti


dei cittadini, verso l‟uguaglianza di fronte alla legge e verso le scelte economiche
autonome. Al vertice si colloca l‟Assemblea nazionale popolare, elettiva, dotata di poteri
legislativi e chiamata a nominare le figure più importanti. I suoi compiti vengono svolti dal
suo Comitato permanente, eletto dall‟Assemblea nazionale plenaria. Il Comitato
permanente ha il potere di interpretare la Costituzione e la legge. Il Presidente della
Repubblica e il Consiglio di Stato sono al vertice del potere esecutivo. Le assemblee e i
governi locali del popolo sono gli organi amministrativi del potere amministrativo. Il Partito
è assai presente nell‟attività che prepara l‟adozione di una legge. I Tribunali sono distribuiti
in diversi livelli, fino al Tribunale supremo. I giudici, nominati dagli organi politici elettivi,
sono indipendenti ma responsabili di fronte ad essi. Ai Tribunali si affiancano i Consigli di
conciliazione, che giudicano le controversie secondo procedimenti non strettamente
giurisdizionali.
La proprietà è esposta ad operazioni di liberalizzazione e modernizzazione.

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Alla tripartizione socialista (proprietà statale, cooperativa e personale) e al monopolio
statale sulla terra è subentrato il riconoscimento della proprietà privata
capitalistica. Il commercio con l‟estero è liberamente praticabile.
I contratti, qualunque siano i soggetti contraenti, sono regolati allo stesso modo.
Le regole sono quelle occidentali. L‟area della produzione e dello scambio è quella più
occidentalizzata del diritto cinese.

13.2. Il diritto giapponese


Inizialmente, il sistema giapponese è strutturato nel modo seguente: un imperatore,
sacralizzato e sottomesso ad una legge naturale immutabile, uno Stato che svolge diversi
compiti e dirige l‟economica; una divisione della società in classi, di cui ognuna si dedica
ad un compito definito. La garanzia delle regole è data dal RITSU, regola repressiva, e dal
RYO, regola amministrativa, esplicitati in compilazioni, sulla base delle quali le scuole
provvedono all‟insegnamento del diritto.
Nel X secolo il sistema si basa sul potere dei Governatori delle terre, che mutano la loro
funzione originaria in dominio quasi assoluto e sovrano.
In un momento successivo, si perfeziona la strutturazione di una casta cui appartengono i
guerrieri (samurai). Essa è fedele ad una regola consuetudinaria cavalleresca, in base alla
quale il singolo vassallo deve assoluta fedeltà al signore.
Dopo un lungo periodo in cui il diritto castale vale per il guerriero e il RITSU-RYO si
applica al contadino, il RITSU-RYO decade e il diritto si svolge come dominazione delle
persone di livello superiore su quelle di livello inferiore. Per ogni livello sociale è fissato
l‟abito, la casa e il vitto.
Dal XVIII secolo, il potere centrale dell’imperatore diviene sempre più forte e la sua
attività giurisdizionale si espande.
In tutte queste epoche, in Giappone non è presente la figura del giurista.
Nei settori non disciplinati dalla norma autoritativa, si applica il GIRI, ossia una regola
convenzionale e non giuridica, osservata spontaneamente per non incorrere nel biasimo
sociale. Essa si occupa dei rapporti di famiglia, di lavoro e di scambio.
Nel XIX secolo, le autorità giapponesi ritenevano che il Giappone, per diventare forte e
moderno, doveva ricorrere a modelli organizzativi occidentali. Si intrapresero quindi lavori
di codificazione che comportano l‟introduzione di nuove nozioni, quali ad es. quella di
diritto soggettivo e obbligazione. La codificazione, in quanto non si poteva basare su
precedenti giapponesi, si ridusse ad una traduzione di modelli romanistici.
Furono promulgati una serie di Codici, riguardanti il diritto civile, commerciale, penale e
processuale. Successivamente, la Costituzione del 1946 ha laicizzato lo Stato, ha
introdotto i diritti politici e umani dei cittadini e ha affidato diversi poteri alla Dieta,
interamente elettiva, la quale ha competenza legislativa. Il testo legale, soprattutto in
materia di responsabilità civile, è completato dall‟attività giudiziaria.
Il diritto statalizzato occidentalizzato si accompagna ad un diritto spontaneo
tradizionale, costituito in primo luogo dal GIRI.

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L’ordine giudiziario, unico per le questioni civili, penali e amministrative è almeno in
linea di principio indipendente. Esso esercita il controllo di costituzionalità sulle leggi.
Accanto alle Corti vi sono i Comitati di conciliazione che si occupano delle controversie in
materia di famiglia e locazione e di quelle di valore limitato.

14. L’AFRICA SUB SAHARIANA.


Il diritto africano conosce differenze numerose e contrastanti. Ogni sistema africano non
presenta un modello africano o un modello europeo ma diversi modelli, i quali si
suddividono i settori dell‟ordinamento giuridico.
La cultura africana deve essere studiata cogliendo ordinatamente gli strati che si sono
sovrapposti: il primo strato ha carattere tradizionale; il secondo strato è collegato
alla religione; il terzo strato è collegato alla colonizzazione; il quarto strato è
legato all’indipendenza; il quinto strato è legato a scelte successive, operate nel
momento di passaggio tra secondo e terzo millennio. L‟area in cui è più evidente questo
fenomeno è quella sub sahariana, in quest‟area assistiamo alla peculiare compresenza di
opposti modelli giuridici in un'unica area, come ad esempio nei rapporti privatistici, dove
possiamo trovare sia modelli europei, sia modelli sciaraitici.
1- il diritto tradizionale africano si compone di regole giuridiche molto
semplici, visto che i consociati per lo più si dedicano ad attività molto antiche come
l‟allevamento e l‟agricoltura. Questo tipo di diritto è essenzialmente orale, non necessita di
scrittura. Manca la figura del giurista di professione. Ci si limita a rispettare certe
consuetudini che impongono comportamenti insolito nel campo del diritto, come per
esempio nel caso della famiglia: il legame familiare può esistere anche solo fra madre e
figlio o tra padre e figlio oppure si tende a mantenere saldo il legame della famiglia anche
se uno dei due coniugi perisce, nel senso che si agevola anche il nuovo matrimonio con il
o con la congiunta più prossima del defunto. Anche nella dottrina delle persone
assistiamo a comportamenti ancestrali, il diritto è tutto segnato dallo status del
soggetto e dal suo ruolo ricoperto nella comunità. Egli può essere schiavo o libero,
appartenente ad una casta nobile o ad una comune. La proprietà non esiste, la terra è
sacralizzata, i singoli la usano. Il contratto come convenzione non esiste. C‟è un accordo
che può reggere in virtù di sacralizzazioni o solennità. Il diritto tradizionale africano
conosce bene l’idea di illecito al quale segue una sanzione (ad es., l‟espulsione dal
gruppo), Ma non distingue una responsabilità civile patrimoniale e una responsabilità
penale. Distingue invece la reazione del gruppo offeso (la vendetta) e la reazione della
comunità.
In buona parte dell‟Africa a sud del Sahara la società esprime un potere centralizzato, in
cui è presente un Re, spesso di natura divina, con poteri dispotici, circondato da una corte.
A nord e ad est del Sahara il potere centralizzato si identifica con un potere statuale.
Ma c‟è anche un „Africa, nella quale questa centralizzazione del potere è assente (detta a
potere diffuso), in cui il gruppo provvede alla difesa dei propri membrie dei beni di questi,
mediante autotutela.
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2- In Africa si sono insediate molteplici comunità religiose, ma ad
oggi prevale nettamente l’islam che tuttavia assume caratteri diversi a seconda delle
zone. Nelle diverse aree troviamo un islam severo verso il culto dei santi, o largamente
aperto ad esso. Oppure un Africa islamica in cui le mogli del marito poligamo convivono, e
un Africa islamica dove le mogli vivono a grande distanza l‟una dall‟altra. Le varie
tendenze spesso hanno portato a sanguinose guerre. Per quanto riguarda il profilo
giuridico l’islam si mischia con il diritto tradizionale africano, disciplinando qua e là
gli aspetti giuridici più importanti( ad esempio l‟islam fissa i doveri del governante, ma
nulla dice sulle procedure per sceglierlo; l‟islam sceglie di rispettare le consuetudini
africane me non le incorpora nella Sa aria).
3- La colonizzazione in Africa fu iniziata dagli europei nel XVI secolo e molte regioni
africane furono trasformate in colonie europee governate dalla madrepatria. Questa
dipendenza poteva essere più rigida o più flessibile in base alle prerogative lasciate alla
colonia, oppure poteva includere una politica talvolta orientata verso l‟assimilazione del
suddito al cittadino metropolitano, talvolta orientate verso una politica di tolleranza per le
strutture sociali pregresse nella colonia. Infatti il potere europeo non pensò di colpo di
trapiantare le proprie regole e le proprie istituzioni, pensò bene di applicare la teoria
del doppio binario: innanzi tutto bisogna pensare che l‟europeo dopo essere giunto in
colonia impiantava un‟amministrazione, con funzionari, uffici, atti redatti per iscritto da
organi a ciò destinati. Così l‟attività commerciale di tipo più avanzato, non trovava altra
regola applicabile all‟infuori di quella europea (anche quando i soggetti erano africani).
L‟applicazione del diritto africano poteva imbattersi in difficoltà di varia natura, per
esempio l‟autorità europea non poteva tollerare a lungo il permanere della schiavitù o della
vendetta tribale, oppure ancora del ricorso a metodi mistici o magici per regolare
controversie giuridiche. Più di un fattore contribuiva poi ad estendere l’applicazione del
diritto europeo. Esso si applicava ai rapporti misti (in cui erano parte un africano ed un
europeo); talora si consentiva all‟africano di sottoporre il proprio statuto personale alla
regola europea. Alcuni settori tuttavia rimasero del tutto estranei all‟Africa, come ad
esempio il diritto costituzionale.
4- Nel XX secolo tuttavia le colonie africane divennero stati indipendenti, ma
ciò non significa che cessò di esistere l’influenza occidentale sul sistema
africano. Infatti i legami con le varie potenze europee continuano ad esistere nonostante
la decolonizzazione, perché comunque il sistema africano non può permettersi determinati
procedimenti di modernizzazione necessari ed ecco che interviene il paese ex colonizzatore
che offre i mezzi materiali necessari. Dati questi legami alcuni paesi dell‟Africa sub
sahariana partecipano alla vita internazionale con molteplici benefici utili a sostentare il
loro apparato sociale. Le costituzioni dell‟indipendenza riflettono i modelli
europei/americano/britannico.
5- Oggi In Africa vi sono i Parlamenti e le dittature, le famiglie estese e le famiglie
coniugali, la monogami e la poligamia, la proprietà immatricolata e quella concessionaria.
Tuttavia il sistema africano presenta specifici istituti:

88
- La concentrazione dei poteri nelle mani del capo dello Stato, non controbilanciata da
nessun altro potere visibile.
- La superiorità del diritto militare sul potere civile. Il potere militare spesso è la base del
potere del capo dello Stato.
- La superiorità del potere politico su quello giudiziario.
- L‟inclinazione verso il partito unico o verso il fronte unico dei partiti. Si sostiene che
soltanto l‟unanimità giustifica la soggezione del singolo alla decisione collettiva.
- L‟intervento del potere nell‟economia, attraverso la nazionalizzazione e la redistribuzione
delle terre.

Gli africani sono legati alle etnie più che allo Stato, si identificano con le etnie e non con lo
Stato. L‟etnia è naturale. Lo Stato, con i suoi confini arbitrari, è artificiale.
Gli africani dovrebbero allora incentrare la propria vita pubblica sulla etnia, consolidata da
una specifica lingua.
Ma l‟etnia non è abbastanza numerosa né per provvedere alla difesa né per giustificare la
creazione di servizi basati sulla comunicazione linguistica.

STUDI COMPARATISTICI SULLA RESPONSABILITà CIVILE. (M.Serio)

1- Nozioni generali – PARTE I


La società organizzata attraverso norme giuridiche disciplina il sistema delle
relazioni sociali, fissando regole di condotta sotto forma di prescrizioni generali ,
stabilendo l‟obbligo di rispettarle.
La conformità al modello normativo varrà in linea di principio ad escludere il carattere
della illiceità nelle conseguenze di tali condotte. L‟insieme delle regole in questione
concorre a formare quel grande capitolo del diritto civile denominato responsabilità
extracontrattuale. Il fatto che il tema sia comune ad ogni esperienza giuridica non implica
automaticamente identità di soluzioni o di atteggiamenti in tutti gli ordinamenti.
L’istituto della responsabilità civile risponde ad una determinata questione: quali
sono i limiti che l‟ordinamento giuridico pone all‟agire umano e quali conseguenze derivano
dal superamento di questi limiti. Ciò che contraddistingue la violazione civilisticamente
rilevante da altre violazioni è la necessità che a tali condizioni corrisponda l‟aggressione
dell‟altrui sfera giuridica, e che sia presupposta l‟attribuzione al soggetto passivo della
titolarità di un diritto. Sorge subito la problematica comparatistica riguardo a:
- Origine legislativa o giurisprudenziale della regola di condotta.
- Esistenza di un‟unica clausola di resp civile o una pluralità di esse.
Soprattutto si cercherà di dimostrare (nelle pross pagine) che sia nel diritto italiano che
inglese la questione più importante attiene l‟accertamento della necessità del previo
riconoscimento, normativo o giurisprudenziale ad una reazione dell‟ordinamento contro
tale violazione.
89
Le fonti della situazione giuridica tutelata, nella generalità degli ordinamenti
giuridici, sono costituite dalla Legge e dal Giudice. Ciascuna fonte è dotata di propri
meccanismi e presupposti di funzionamento non fungibili. I maggiori problemi ed
incertezze nel campo della comparazione traggono origine proprio dagli irrisolti rapporti tra
le due fonti.
Per quanto riguarda il diritto italiano, la norma fondamentale è l’art. 2043 c.c.,
secondo il quale “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Esso costituisce
una clausola generale che introduce un sistema di illeciti atipici, ossia verificabili in base
alla loro riconducibilità al modello astratto disegnato nel c.c. Il testo apre a enormi
potenzialità normative (nel senso che ci possono essere numerose fattispecie di
condotte lesive) circa la sua applicazione e la nostra indagine si rivolge a trovare i limiti
entro cui opera questo articolo. I primi passi di questa analisi portano ad elucubrare sul
principio estratto da questo articolo, cioè l’alterum non laedere, nel senso che diventa
rilevante la posizione del danneggiato a patto che il danno sia qualificato come ingiusto.
Così facendo abbiamo identificato 3 elementi di questa norma, il primo è
quello soggettivo (posizione del danneggiato), il secondo è quello oggettivo (danno
ingiusto) e il terzo è quello causale (condotta lesiva del danneggiante); in base a questi
tre elementi la dottrina ha voluto leggere questo articolo in maniera nuova, cioè
subordinando la sua applicazione sì al fatto che venga leso un diritto soggettivo di una
persona, ma che questo diritto sia stato prima riconosciuto dall’ordinamento. In
pratica l‟ordinamento riconoscendo un diritto soggettivo ai consociati, riduce il numero
potenzialmente illimitato di fattispecie meritevoli di tutela, diciamo che si crea un
presupposto certo in questa maniera. Addirittura la dottrina è andata oltre le fattispecie
previste dal legislatore, studiando ipotesi di condotte lesive ulteriori: come ad esempio
il rogito notarile nullo o la seduzione con promessa di matrimonio. Sicuramente gli
studi e le ricerche hanno apportato una rilettura dell’articolo 2043, ma hanno anche
innovato sotto due aspetti: 1) sono stati ridefiniti i confini della portata normativa
dell‟articolo; 2) sono state poste le basi per un nuovo tipo di responsabilità civile in Italia
che esamina di volta in volta le fattispecie, anche le più problematiche, secondo il circuito
tracciato dall‟art. 2043.
Inoltre, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, il requisito
dell’ingiustizia del danno si ricollega al principio di solidarietà, previsto dall’art. 2
Cost., secondo il quale “la Repubblica richiede l‟adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale”. Dunque, secondo quanto affermato da Rodotà,
l‟agire umano che obbliga al risarcimento del danno è quello che supera i limiti imposti dal
dovere di solidarietà, sotto forma di divieto di pregiudicare l‟altrui posizione giuridica, e
provoca la lesione di una preesistente situazione soggettiva. In questo modo dalla
semplice declamazione della clausola generale si giunge all’individuazione di criteri,
rispettivamente in negativo (mancato rispetto dei limiti dei limiti del proprio diritto) ed in
positivo (lesione di una preesistente situazione soggettiva), che configurano una regola di

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condotta concretamente esigibile e di cui altrettanto concretamente si può accertare la
violazione.
Il riconoscimento di una preesistente situazione soggettiva è stato effettuato, oltre che dal
legislatore, anche dalla giurisprudenza “Tensione tra osservanza e negazione della volontà
del legislatore”. L‟integrazione per via giurisprudenziale della normativa codicistica in
materia di responsabilità civile non può essere liquidata come arbitraria occupazione di
uno spazio di potere che si approfitti delle maglie larghe della disposizione basilare
dell‟art.2043.
Il sistema della responsabilità civile, inizialmente legato ad una concezione
normativa del danno, fondata su illeciti che trovano la loro fonte nella previsione della
legge, è giunto ad una concezione realistica, in cui alla qualificazione normativa si
sostituisce la valutazione ad opera del giudice delle conseguenze di una determinata
condotta umana.

Per quanto riguarda il diritto francese, l‟art. 1382 si esprime nel senso che qualunque
fatto umano, che abbia causato ad altri per colpa un danno, obbliga l‟autore alla
riparazione. La norma è stata tradizionalmente interpretata nel senso di costituire una
manifestazione di opzione per il sistema di illeciti dedotti da una clausola generale di
responsabilità. Tuttavia, l‟illecito non è legato soltanto al semplice compimento di
un‟azione colposa e produttiva di danno, senza necessità che la lesione colpisca un diritto
soggettivo, come dimostra la circostanza che non ogni danno è risarcito.
In realtà, l‟ordinamento francese conosce regole e criteri differenti per il trattamento di
singole figure di illecito, che così acquistano autonoma rilevanza.

Per quanto riguarda il diritto tedesco, esso contempla distinte previsioni riguardanti
specifiche figure di fatti illeciti, di cui si pone di volta in volta si sottolinea l‟oggetto della
lesione, la fonte del diritto violato, la particolarità della condotta. Vi è un sistema di illeciti
tipici, nella doppia accezione di complesso normativo che disciplina i fatti qualificati come
illeciti e allo stesso individua le situazioni soggettive che meritano tutela per l‟ipotesi della
loro violazione ad opera di altri. Infatti, il par. 832 BGB prevede che “Chi dolosamente o
per negligenza lede ingiustamente la vita, il corpo, la salute, la libertà, la proprietà o un
ulteriore simili diritto di altri, è tenuto verso questo al risarcimento del danno che ne
deriva”. Il 2° comma della medesima norma estende l‟area delle situazioni soggettive
tutelabili attraverso l‟azione risarcitoria per fatto dannoso, equiparando alla violazione del
diritto di un soggetto la violazione di una norma avente lo scopo di proteggere quel
soggetto. Altre norme codicistiche tedesche completano il sistema della responsabilità
civile: ad es. il par. 824 prevede il risarcimento per i danni alla reputazione personale
originanti dalla divulgazione di notizie false e pregiudizievoli. Infine, il par. 826, che
acquista carattere di chiusura, afferma che “Colui che intenzionalmente nuoce ad altri in
modo contrario ai buoni costumi è obbligato nei confronti di costui al risarcimento del
danno”. All‟interno degli atti contrari al buon costume rientrano gli atti di emulazione,
l‟impiego di mezzi concorrenziali sleali, la complicità nell‟inadempimento del debitore.
91
I Principles of European Tort Law sono un‟opera trattatistica redatta nel 2005
dall‟European Group on Tort Law sulla base di una indagine comparatistica in diversi
ordinamenti europei sui temi della responsabilità civile e del danno risarcibile.
Il testo costituisce una proposta per l‟adozione futura di un sistema articolato e completo
di responsabilità civile, anche innovativo rispetto alle soluzioni oggi esistenti. Esso si
caratterizza per le seguenti previsioni:
- La risarcibilità del danno è subordinata alla “lesione materiale o immateriale di un
interesse giuridicamente protetto”, ossia una situazione soggettiva riconosciuta come
meritevole di tutela da parte dell‟ordinamento giuridico.
- Un sistema di responsabilità civile fondato su ipotesi tipiche o categorie determinate di
fatti illeciti. Gli interessi la cui violazione comporta l‟obbligo risarcitorio a carico del
danneggiante sono la vita, l‟integrità fisica, la dignità umana, la libertà, il diritto di
proprietà.
- Per colpa si intende la violazione dolosa o negligente dello standard di condotta richiesto.
Lo standard di condotta richiesto è quello di una persona ragionevole nelle circostanze del
caso concreto.
- Determinate fattispecie di responsabilità oggettiva quali ad es. l‟esercizio di attività
pericolose e la responsabilità per fatto di minori o interdetti.
- Determinate cause di esonero dalla responsabilità oggettiva quali ad es. la forza
maggiore e la condotta di un terzo.

Il sistema inglese dei torts è stato influenzato dalla Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell‟uomo, tradotta in legge con lo Human Rights Act del 1998.
L‟importanza generale di questa legge sta nella previsione che introduce il principio
secondo cui le Corti devono interpretare e applicare la normativa inglese in modo
compatibile con le disposizioni della Convenzione del 1950.
Inoltre nell‟ipotesi in cui la normativa interna indichi una mens legis in contrasto con quella
della Convenzione stessa, la Corte è autorizzata ad emettere una dichiarazione di
incompatibilità che, nonostante sia priva di effetti pratici nella decisione del singolo caso,
determina le premesse per una rapida riforma parlamentare che elimini la contraddizione
tra diritto interno e fonte convenzionale. A tali disposizioni si aggiungono quelle che
prevedono un‟azione di natura risarcitoria o compensativa contro le pubbliche autorità che
hanno violato i diritti fondamentali dell‟uomo, attribuendo alle Corti il potere di adottare
quelle misure ritenute eque ed appropriate.
Secondo la definizione di Winfield, il tort è la violazione di un dovere primario
imposto dalla legge che vale nei confronti di ogni persona, violazione che dà luogo ad
un‟azione per il risarcimento dei danni nell‟ammontare da decidersi nel singolo caso.

2. LE FATTISPECIE – PARTE II
Il diritto italiano colloca al centro della propria osservazione la situazione della vittima,
al fine di verificare se la stessa fosse tutelata dall‟ordinamento, sicché il semplice fatto che
92
essa sia stata lesa in assenza di una idonea giustificazione espone il danneggiante
all‟obbligazione risarcitoria prevista dall‟art. 2043 c.c.
Il diritto inglese invece fa per l‟accertamento di una ipotesi di tort, prevede la doppia
prova:
- della preesistenza di uno specifico dovere di condotta (duty of care) a carico del
soggetto agente -> la posizione soggettiva del danneggiante si qualifica da sé in
funzione del previo riconoscimento da parte dell‟ordinamento della sua inviolabile
posizione soggettiva.
- dell‟avvenuta violazione di tale dovere. -> la posizione della vittima si qualifica in
conseguenza di un dovere di condotta altrui violato e si realizza soltanto al
momento della violazione del dovere di condotta.
Tuttavia, ferma restando questa differenza di prospettiva, entrambi i sistemi convergono
verso un sistema di responsabilità civile qualificata: Essi ignorano la possibilità che
una determinata condotta venga dichiarata illecita se non è presente una situazione
soggettiva qualificata o dal lato attivo come prevede il diritto italiano, pretendendo la
previa attribuzione alla persona danneggiata di una situazione soggettiva tutelabile; o dal
lato passivo come prevede il diritto inglese che presuppone l‟imposizione di uno specifico
dovere di condotta a carico dell‟agente. Poi, un ulteriore elemento di analogia è costituito
dall’identità nella reazione alla accertata commissione di un fatto illecito, ossia
la sanzione risarcitoria, fonti di obbligazione gravante sull‟autore del danno.

Nella sentenza 500/1999, la Corte di Cassazione ha confermato il carattere qualificato


della responsabilità civile italiana, affermando che l’art. 2043 c.c. non costituisce norma
secondaria (di sanzione) rispetto a norme primarie (di divieto), ma contiene una
clausola generale primaria, espressa dalla formula “danno ingiusto”.
Inizialmente si qualificava il danno “ingiusto” soltanto quando la condotta del
danneggiante determinava la lesione di un diritto soggettivo assoluto. Oggi invece si
ritiene ingiusto non soltanto il danno derivante dalla lesione di un diritto soggettivo
assoluto, ma anche dei diritti relativi. O meglio ogni danno derivante dalla lesione di un
interesse giuridicamente rilevante.
Dunque, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo la
qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela
risarcitoria è assicurata soltanto in relazione alla ingiustizia del danno, che costituisce una
fattispecie autonoma, caratterizzata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
Il Giudice seleziona e qualifica gli interessi giuridicamente rilevanti della fattispecie
concreta, attraverso un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto, il quale non ha
carattere discrezionale ma avviene secondo le regole di diritto positivo.
Il danno prodotto dal fatto illecito, oltre ad essere contra ius (nel senso che il fatto
deve ledere un interesse giuridicamente rilevante), deve essere non iure (nel senso che il
fatto non deve essere altrimenti giustificato dall‟ordinamento).

93
Il superamento del principio in base al quale è risarcibile soltanto il danno derivante dalla
lesione di un diritto soggettivo assoluto ha determinato un progressivo ampliamento
della nozione di danno ingiusto.
In primo luogo è stata riconosciuta la tutela extracontrattuale dei diritti di credito.
Facciamo ora degli esempi per vedere l’excursus giurisprudenziale in merito:
inizialmente l‟atteggiamento della Corte di Cassazione italiana fu negativo, perché in una
sentenza del 1953 riguardante il disastro del Superga( dove perì in un incidente aereo
l‟intera squadra del Grande Torino) la Corte rigettò la domanda di risarcimento della
società perché mancava un nesso di causalità tra fatto lesivo e danno. Inoltre
mancava allora una vera distinzione a livello normativo tra i diritti assoluti e i diritti relativi.
Un tentativo di apertura fu fatto tempo dopo dalla Corte di Appello di Palermo, che
sancì in una sentenza che l‟art.2043 tutela anche il diritto di credito come rapporto
esistente erga omnes. Tuttavia questa sentenza non poté mai veramente aprire la
stagione della tutela al diritto al credito in via aquiliana perché fu rivista in Cassazione e
annullata per alcuni vizi logici (non relativi alla ratio decidendi però). Fu così necessario
attendere il 1971 per sancire la definiva tutela dei diritti di credito, infatti nel celebre
caso Meroni. La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul caso di un calciatore,
legato ad una società sportiva e ucciso per colpa di un automobilista. Essa afferma che
l‟automobilista che ha cagionato la morte del calciatore (debitore della società sportiva) è
obbligato a risarcire il danno subito dalla società sportiva (creditore), in quanto la morte
ha provocato una perdita definitiva e irreparabile per la società stessa.
Il credito ha carattere relativo soltanto in quanto può essere preteso esclusivamente nei
confronti del debitore, mentre ha una proiezione erga omnes in quanto rapporto
oggettivamente esistente e meritevole di protezione ai sensi dell‟art. 2043 c.c. Infatti sorge
responsabilità aquiliana in due casi:
1) quando un soggetto diventi debitore di un soggetto, perché è stato commesso un fatto
ingiusto dal terzo (nella sopracitata sentenza il caso riguardava proprio questo, cioè una
società aveva eseguito una descrizione errata di certi lavori edilizi e la banca aveva
concesso una linea di credito a un cliente proprio in fiducia di questa descrizione;
purtroppo alla fine il cliente come si sospettava si rivelò insolvente).
2) quando il fatto illecito porta alla violazione di un obbligo generico o specifico.
In secondo, è stata riconosciuta la tutela extracontrattuale degli interessi legittimi
Sentenza 500/1999. La Corte di Cassazione ha introdotto la distinzione tra interessi
legittimi incondizionatamente risarcibili (interessi legittimi oppositivi) e quelli risarcibili in
presenza di determinate circostanze (interessi legittimi pretensivi).

Nel diritto inglese ai fini dell’accertamento della commissione di un tort, i giudici


non si limitano a verificare che la violazione di un preesistente dovere (duty of care) sia
avvenuta, ma si assicurano che fosse prevedibile che la condotta lesiva avrebbe prodotto
l‟evento dannoso e verificano che tra le parti vi fosse un adeguato rapporto di prossimità
sia giuridica che fisica. Dunque la violazione di un preesistente dovere non comporta

94
automaticamente la commissione di un tort, se non si prova la sussistenza del rapporto di
prossimità e, in negativo, l‟insussistenza di elementi che limitano l‟efficacia del dovere.
Fu con il caso Anns vs Merton (relativo alla resp. di un ente locale per la mancata
rilevazione di difetti strutturali in un immobile che poi subì lesioni) che si sostanziò la
necessità di un doppio test preliminare all‟affermazione di resp. per tort e nell‟implicita
negazione della meccanica operatività della resp. stessa sulla base di mera violazone del
dovere. Tuttavia la dottrina propende per il rapido deperimento del principio di Anns in
virtù del successivo caso Yuen kun Yen vs General f Hong Kong, in cui si espande il
concetto di prossimità, fino ad includere ogni fattore utile alla valutazione circa
l‟affermazione di responsabilità. In modo analogo, nemmeno il metodo di giudizio
applicato dalla Corte di Cassazione realizza una applicazione meccanica di responsabilità
per la semplice lesione di un interesse giuridicamente vincolante, in quanto occorre
verificare l‟insussistenza di cause di giustificazione o di limitazione della responsabilità. Si
afferma, come visto, che il danno deve essere stato prodotto non iure.
La differenza percepibile rispetto al diritto italiano è che il common law inglese ha
tipizzato, come causa che impedisce di escludere o limitare la responsabilità per tort,
anche una circostanza che riguarda le relazioni sia in termini spaziali eziologici tra autore
del fatto e vittima, denominata proximity. Inoltre, accanto ai due elementi (prossimità tra
le parti e prevedibilità delle conseguenze dannose della condotta del danneggiante) la
House of Lord ne ha aggiunto un terzo: dalla specifica situazione di fatto si deve ritenere
equo, giusto e ragionevole il sorgere dell‟obbligazione risarcitoria a carico del
danneggiante. Così ad es. essa, chiamata a pronunciarsi su un caso in cui si discuteva
della responsabilità, per l‟affondamento di una nave e del relativo carico, di una società di
ispezioni navali, ha affermato la mancanza di responsabilità della società di ispezione, in
quanto la sua condotta aveva avuto un‟efficacia soltanto indiretta rispetto alla produzione
del danno e quindi l‟imposizione di una obbligazione risarcitoria sarebbe stata in contrasto
con i principi di equità, giustizia e ragionevolezza.
Non sempre si è raggiunta la conclusione che fosse possibile distinguere tra questi
elementi, essendosi ritenuto nel caso Stovin v Wise che il criterio di prossimità sia privo
di una propria individualità e tenda solo a descrivere l‟esistenza di un rapporto di tal natura
tra le parti da rendere giusta e ragionevole l‟imposizione di una duty of care e quindi di
un‟obbligazione risarcitoria in caso di relativa violazione. L‟opinione della House of Lords
nel caso appena citato, fa comprendere che la prossimità può costituire nei singoli casi il
contenuto di quel generale sentimento di equità e ragionevolezza da assumere a base per
la decisione della controversia in materia di responsabilità civile.
Si è continuato a ritenere che il “proximity test” debba essere assorbito in quello di equità
e ragionevolezza nell‟affermazione di responsabilità per tort.
Sembra utile accostarsi al test di equità e ragionevolezza come una questione di “policy”
giudiziale. Infatti decidere di concedere o negare la tutela risarcitoria sulla base di ciò che
ai giudici appare giusto, equo e ragionevole, implica una scelta di politica giudiziaria.

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La nozione di policy comporta che nei casi di resp civile le corti debbano decidere circa la
sussistenza e la rilevanza del duty of care tenendo conto di tutte le implicazioni sociali
della loro pronuncia.
Entrambi gli ordinamenti (inglese ed italiano) palesano sensibilità verso nuove situazioni
soggettive emergenti e meritevoli di protezione all‟interno del sistema di responsabilità
civile, ma mentre nell‟ordinamento inglese il sistema delle fonti di produzione del diritto
vede i precedenti giudiziari inseriti in un rango primario, abilitando le Corti a produrre
diritto vincolante per i futuri casi simili. in Italia l‟opera giurisprudenziale opera come
riempimento di concreto contenuto della formula dell‟art.2043 cc. Richiama i principi
costituzionali al fine dell‟individuazione dell‟interesse protetto tutelabile in via aquiliana.

Tra le fattispecie costitutive di responsabilità civile extracontrattuale rientra la condotta


che produce una lesione all‟integrità del patrimonio nel suo complesso.
La questione viene definita un problema perché la tutela generale( totale) e particolare(
intesa come singolo bene) del patrimonio si sovrappongono; infatti è impensabile
immaginare di tutelare il patrimonio nella sua globalità senza considerare il singolo bene
direttamente interessato. Anche nel caso Meroni si era già avvertito la natura del dibattito,
perché si cercò di inserire anche la tutela del patrimonio del creditore nel discorso di prima
sulla tutela del diritto di credito, però si preferì alla fine non prendere posizione in merito.
Analizzeremo ora vari casi in cui si riscontra il problema e vedremo come ha risposto la
giurisprudenza e la dottrina.
Il patrimonio si configura come bene giuridico meritevole in sé di protezione, come
oggetto di una posizione soggettiva, autonomamente tutelabile in via extracontrattuale:
- La doppia vendita immobiliare:
Nella sentenza 76/1982 la Corte di Cassazione, nell‟esaminare il caso della doppia vendita
dello stesso immobile, ha affermato che incorre in responsabilità per fatto illecito il
secondo acquirente che, avendo conoscenza della precedente alienazione, trascriva per
primo il proprio atto, rendendo così inefficace il primo acquisto.
Quindi dall‟acquisizione del diritto nel patrimonio del primo acquirente deriva il diritto alla
integrità del patrimonio stesso e l‟illiceità della condotta del secondo acquirente, costituita
dalla doppia fase dell‟acquisto e della successiva trascrizione.
La ratio decidendi parte da una precedente sentenza del 1960 dove si affermava,
contrariamente a questo caso, che la condotta del secondo acquirente non è dannosa e
non incorre in responsabilità extracontrattuale tranne nel caso in cui ci sia premeditazione
nel frodare il primo acquirente. Ma siccome non era quello il caso, il secondo acquirente
venne ritenuto perfettamente innocente e anzi legittimato ad esercitare la trascrizione del
contratto poiché era un suo pieno diritto. Diversamente nel 1982 la Corte di Cassazione
argomentò precisamente la sua inversione di tendenza, dicendo che non solo la
trascrizione del contratto era una condotta pregiudizievole per il primo acquirente, ma
anche perché pur sapendo della precedente alienazione, il secondo acquirente ha tratto
profitto nonostante il danno ingiusto altrui.

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Ma il punto più importante sta nel fatto che, poiché il venditore aveva prodotto due atti
di vendita in due momenti diversi, quello del primo acquirente aveva prodotto
l‟entrata dell‟immobile nella sfera giuridica dello stesso primo acquirente!
La Corte dimostrò abilmente che indipendentemente dalla trascrizione successiva dell‟atto,
il diritto di proprietà era già stato acquisito dal primo acquirente, cosicché il secondo
acquirente ha leso l‟integrità patrimoniale del primo sia mentre ha acquistato il bene, sia
quando ha poi trascritto l‟atto. Infine se vogliamo essere poi molto pignoli possiamo anche
intravedere il sorgere di una responsabilità contrattuale del venditore di questo benedetto
immobile, perché ovviamente si è reso contrattualmente inadempiente verso il primo
acquirente, vendendo lo stesso bene ad un secondo soggetto. Si profilò quindi il concorso
delle due responsabilità: aquiliana del secondo acquirente e contrattuale del proprietario-
venditore.
- La vendita d’opera d’arte falsa:
La Corte di Cassazione (sent 2765/1982) si pronunciò in senso favorevole al risarcimento
dei danni chiesto dall‟attore sull‟acquisto di un quadro di De Chirico, poi risultato falso,
avvenuto sulla base della firma, autenticata dal notaio, apposta sul retro dallo stesso
pittore a testimonianza della genuinità dell‟opera.
Essa affermò che per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell‟art. 2043 c.c. si deve intendere
anche il danno commesso all‟integrità del patrimonio e più specificatamente al diritto di
determinarsi liberamente nello svolgimento dell‟attività negoziale relativa al patrimonio
stesso. Questo diritto trova la sua base normativa negli artt. 41 (garante della libertà di
iniziativa economica) e 2 Cost. (impositivo dell‟inderogabile dovere di solidarietà sociale
nella conduzione dei rapporti interindividuali).
Inoltre, la Corte ritenne che l‟azione aquiliana poteva concorrere con quella contrattuale
spettante all‟acquirente nei confronti del debitore per inadempimento delle obbligazioni
riguardanti la qualità della cosa venduta.
- La concessione abusiva di credito:
La Corte di Cassazione (sent. 343/1993) ha affermato che incorreva in responsabilità per
fatto illecito l‟azienda bancaria che non aveva fornito le doverose informazioni sulla
precaria situazione economica di un proprio cliente, in quanto l‟integrità del patrimonio
delle altre banche era stata lesa dall‟insolvenza del cliente comune.
Occorre sottolineare che l‟impostazione espressa dalla Corte è piuttosto simile a quella del
diritto inglese. Infatti, la Corte ha valutato l‟esistenza della responsabilità civile della banca
non dal punto di vista dell‟ingiustizia del danno, qualificata come lesione di un altrui
interesse giuridico protetto, ma dal punto di vista dell‟illiceità della condotta dell‟agente in
base all‟accertata violazione dei propri doveri. Si tratta dello stesso ordine logico che il
diritto inglese utilizza per l‟accertamento del tort, subordinandolo alla prova della
preesistenza di un dovere a carico dell‟agente e della conseguente violazione.
L‟essenzialità della funzione della qualificazione del fatto accorcia la distanza tra i due
ordinamenti e fa da volano per la configurazione del sistema della responsabilità civile in
termini di apertura verso figure di illecito non tipizzate ma accertabili in relazione alle
circostanze del caso concreto.
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- Le erronee informazioni commerciali:
La sentenza 5659/1998 riguarda una tematica simile alla precedente, visto che si tratta
sempre di imprenditore bancario nell‟esercizio delle sue funzioni. Quest‟ultimo non può
dare informazioni inesatte, altrimenti risponderebbe per danni causati ingiustamente al
richiedente ex art 2043 c.c. La ratio decidendi è importante per due motivi: 1) ci si
avvicina sempre al tema del danno puramente economico. 2) perché richiama un caso
analogo in prospettiva comparatistica, riguardante il diritto inglese, dove si interviene sulle
operazioni finanziarie avvenute in conseguenza di giudizi sulla affidabilità patrimoniale
rilasciati dalla banca. (sent Hedley Byrne vs Heller) Si è convenuto dunque che l‟operatore
che rilascia pareri sulla affidabilità patrimoniale di certe operazioni incorre in doveri di
diligenza e rischia la responsabilità per danni ingiustamente causati al
richiedente. È opportuno constatare anche che la responsabilità dell‟operatore sorge
anche se manca un legame contrattuale tra lui e il richiedente dell‟informazione( si parla in
questo caso di rapporto paracontrattuale).
La difficoltà di varcare la soglia del contratto per accedere all‟universo della resp. Aquiliana
è vinta dalle due giurisprudenze nazionali attraverso il ricorso all‟identica tecnica di
qualificazione del fatto illecito dal punto di vista del dovere violato, piuttosto che del diritto
del danneggiato. Si tratta cmq di un sistema qualificato di resp civile la cui estensione non
è definibile a priori, ma le condotte vanno valutate caso per caso.
- L’illecito antitrust:
Nel 2005 la sentenza si occupò di decidere se un cartello di imprese assicurative, che
poneva in essere intese a dispregio della concorrenza, realizzasse un fatto illecito ai sensi
dell‟art.2043. Creare intese contro la libera concorrenza è vietato dalla legge a
prescindere, ancor di più è grave perché si limita la libertà di scelta degli operatori
economici, si crea pregiudizio al patrimonio delle imprese concorrenti e poi anche al
patrimonio del singolo imprenditore visto che il mercato viene distorto. Non per ultimo
viene danneggiato anche il consumatore finale del prodotto (si pensi al cliente della
assicurazione che vede il suo premio assicurativo aumentare a dismisura a causa
dell‟intesa vietata), quindi anche il consumatore è tutelato dalla legislazione antitrust al
pari degli imprenditori del mercato.
[La vicenda dell‟illecito anticoncorrenziale di cui si sono di recente occupate le Sezioni
Unite è interamente leggibile in chiave contrattuale, perché contrattuale è il contesto in cui
la fattispecie di danno si era prodotta e la violazione si era verificata. Quindi la tutela non
poteva che essere contrattuale.]

Nelle sentenze alle quali si è fatto richiamo è sempre presente la statuizione dell‟astratta
proponibilità, parallelamente all‟azione extracontrattuale, del rimedio contrattuale, tenuto
conto del carattere relazionale della fattispecie sotto il profilo che le condotte del
danneggiante e del danneggiato erano suscettibili di trovare le regole nella logica del patto
espresso o implicito loro applicabili. Questa osservazione ha ridimensionato il giudizio di
innovatività che si suole assegnare al rimedio extracontrattuale nella materia che ci occupa
e far riflettere sul fatto che il viraggio verso la riva dei rapporti contrattuali offrirebbe più
98
soddisfazioni dal punto di vista rimediale perché coprirebbe tanto l‟aspetto risarcitorio in sé
quando quello della validità del contratto.

ECONOMIC LOSSES NELL’ESPERIENZA INGLESE.


Nel diritto inglese, i danni puramente economici sono definiti in negativo come quei danni
che non sono semplice conseguenza di altri danni direttamente prodotti alla persona o alla
proprietà della vittima. La tendenza dominante è nel senso di escludere il risarcimento dei
danni puramente economici (exclusionary rule).
Lo spazio di intervento della law of torts è limitato alla persona e dalla proprietà. Soltanto i
danni conseguenza della lesione di questi beni sono oggetto di risarcimento.
L‟integrità patrimoniale viene protetta non in via principale e diretta ma in quanto riflesso
della tutela dei beni primari.
La posizione dei terzi rispetto alla vicenda che ha dato origine al danno non ha alcuna
rilevanza e quindi non sono configurabili forme di tutela esterna al credito.
Nell'ordinamento inglese si mantiene centrale l'importanza della tutela contrattuale.
Volendo porre a confronto i due ordinamenti, si può innanzitutto dire che sebbene
l'integrità del patrimonio non rientri nel novero delle situazioni protette dall'ordinamento
italiano, nella pratica si nota una costante tendenza della giurisprudenza a considerarla
come un interesse protetto. Nel fare ciò ha utilizzato la tecnica di radicare tale protezione
in un fondamento normativo, prevalentemente di rango costituzionale, e attraverso il
riferimento a beni, criteri, regole appartenenti a sfere di azione eterogenee e non sempre
corredate da una definizione giuridica (es. mercato).
Il law of torts sconosce entrambi i meccanismi e quindi non si è raggiunto un risultato
analogo. In assenza di una legge scritta fondamentale con le identiche caratteristiche di
rigidità e sovraordinazione gerarchica nelle fonti del diritto, proprie della Costituzione,
l‟exclusionary rule è stata ritenuta l‟unica accettabile difesa da un eventuale sistema
risarcitorio alluvionale e destabilizzante dell‟etica e dell‟economia.

Potrebbe sembrare che la sentenza White VS Jones indichi una controtendenza, ma


dall'attenta analisi del caso si nota che in realtà la decisione non integra la fattispecie
dell'economic loss.

Caso White v. Jones del 1995.


Il caso riguardava la mancata esecuzione, dovuta a negligenza, da parte di un legale, del
mandato ricevuto dal proprio cliente di redigere per suo conto un nuovo testamento che,
parzialmente revocando il precedente, avrebbe dovuto contenere l‟attribuzione di una
somma di denaro a ciascuna delle figlie con le quali il testatore si era nel frattempo
riappacificato. A causa di colpevoli ritardi del loro datore di lavoro, gli impiegati del legale
si recarono dal cliente, per ricevere i necessari chiarimenti, circa due mesi dopo che questi
aveva conferito l‟incarico professionale ed appresero che il testatore era morto alcuni
giorni prima. Non essendo stato possibile apportare le modifiche richieste dal testatore al
suo atto di ultima volontà, le istituende beneficiarie non conseguirono il legato che il padre
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aveva in mente di attribuire loro e, pertanto, agirono contro il legale contestandogli la
violazione dei propri doveri professionali, da cui era derivato il danno alle rispettive sfere
patrimoniali. Dopo un giudizio di primo grado sfavorevole alle attrici (sotto il profilo che il
legale non aveva alcun dovere nei loro confronti ma soltanto obbligazioni di natura
contrattuale nei confronti del proprio cliente, ossia il padre), la Court of Appeal e la House
of Lords ritennero che ricorresse la responsabilità per tort del professionista, che fu
condannato a corrispondere alle due figlie la somma cui avrebbero avuto diritto per
successione testamentaria se le disposizioni del testatore fossero stare diligentemente
eseguite dal suo avvocato.
In primo luogo occorre sottolineare che il caso in questione presupponeva una specifica
lacuna rimediale dell‟ordinamento che, se non adeguatamente colmata, avrebbe provocato
una intollerabile ingiustizia. Infatti il diritto inglese prevedeva che i terzi estranei a
pattuizioni stipulate in via contrattuale tra altri soggetti avrebbero potuto far valere il
proprio diritto a conseguire benefici o a non subire pregiudizi collegati a tali accordi
soltanto se era dimostrabile l‟esistenza tra i terzi stessi e le parti del contratto di uno
speciale rapporto (denominato “equivalent to contract) di natura fiduciaria che
equiparasse i primi alla posizione degli stessi contraenti.
Ma secondo la House of Lords nel caso White v. Jones non ricorreva alcun rapporto di tale
natura ed i terzi non avrebbero potuto trovare protezione. Questa situazione di vuoto di
tutela si sarebbe proiettata negativamente sulla giustizia del caso concreto,
caratterizzato anche dalla presenza di “persone di modesti mezzi economici”.
Dunque, la House of Lords affermò che, quando un professionista stipula con il proprio
cliente un contratto di prestazione intellettuale, gli obblighi di diligente esecuzione
dell‟incarico ricevuto si estendono anche nei confronti dei potenziali beneficiari
dell‟adempimento contrattuale, anche se estranei al contratto, in quanto il professionista,
assunta la propria responsabilità nei confronti del cliente, necessariamente l‟assume anche
verso chi prevedibilmente si trova in una situazione di prossimità giuridica rilevante
rispetto al cliente stesso.
In definitiva, la decisione è il risultato di una concreta antinomia tra diritto ed equità. Essa
non affronta in modo diretto il tema della risarcibilità in tort del danno puramente
economico e si limitò a riconoscere, non tanto il diritto delle beneficiarie a vedere
incrementata la consistenza dei rispettivi patrimoni, quanto il dovere di diligente
esecuzione da parte del professionista dell‟incarico ricevuto dal cliente e garantire quindi
alle attrici il risultato economico che avrebbero conseguito se le obbligazioni contrattuali
fossero state adempiute.
Quindi, si può affermare che è prevalsa la logica contrattuale in un contesto aquiliano, nel
quale non rileva tanto la natura del danno risarcibile, quanto l‟affermazione dell‟esistenza
della responsabilità per effetto dell‟estensione soggettiva del duty of care.

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3. PARTE III - 2 CASI A SCELTA

- 1. Le immissioni nel fondo del vicino -


La materia delle immissioni del fondo del vicino, la valutazione della loro eventuale illiceità
e l‟individuazione dei rimedi ad esse conseguenti trovano compiuto svolgimento nel diritto
inglese nell‟ambito del diritto del tort di private nuisance, ossia quell‟illecito civile che
consiste nel fatto di turbare il pacifico godimento dei diritti reali altrui ovvero nel
compimento di azioni che danneggiano l‟altrui proprietà.
Al fine di analizzare la materia in questione, occorre distinguere due casi:
1 - Il caso Kennaway v. Thompson, deciso dalla Court of Appeal nel 1980.
La fattispecie era la seguente: la proprietaria di una casa vicino ad un lago artificiale nel
quale un club organizzava gare motonautiche e di sci acquatico, contestava l‟eccessivo
rumore causato da queste manifestazioni e convenne in giudizio il rappresentante legale
del circolo, chiedendo che fosse inibita l‟immissione nel suo fondo di rumori eccessivi e che
lo svolgimento delle gare motonautiche fosse limitato a determinati periodi.
Il giudice di primo grado ritenne provata la commissione del tort di nuisance da parte del
club ma negò l‟inibitoria, in quanto la concessione sarebbe stata vessatoria, e condannò il
convenuto al risarcimento dei danni. L‟attrice allora adì la Court of Appeal affinché
emettesse l‟inibitoria senza successo perseguita in primo grado. La Corte all‟unanimità
accolse l‟appello, verificando l‟insussistenza di 5 requisiti, individuati in una precedente
decisione (caso Shelfer), che permettono di stabilire il risarcimento dei danni in luogo
dell‟inibitoria. Essa inoltre affermò che non si può autorizzare la continuazione di un illecito
soltanto perché il suo autore può e vuole risarcire il danno; e che la circostanza che
l‟autore dell‟illecito sia un pubblico benefattore non costituisce un motivo per negare la
tutela inibitoria. In realtà, la tutela inibitoria si giustifica quando le immissioni di rumore
comportano disagi superiori a quelli che i vicini possono ragionevolmente sopportare.
La corte affrontò il problema con il richiamo ai precedenti. In particolare si richiamò il caso
Shelfer con cui si prevedeva che nelle azioni per nuisance il risarcimento dei danni potesse
essere preferito alla rimozione della molestia solo quando la lesione del diritto dell‟attore
fosse 1) di poco conto, 2) suscettibile di valutazione economica, 3) adeguatamente
compensata con una modesta somma di denato, 4) le circostanze del caso siano tali da
ritenere vessatoria la concessione di iniunction (Inibitoria), 5) l‟attore si sia dimostrato
immeritevole della inibitoria. Nella Kennaway vs Thompson mancavano tutti e 5 i requisiti.
Infine, la Corte concluse che, avendo l‟istruzione probatoria dimostrato l‟intollerabilità dei
rumori, le manifestazioni nautiche sul lago dovessero essere limitate a determinati periodi
stabiliti dalla stessa Corte, non potendosi pretendere che durante tutta la stagione estiva
la Kennaway abbandonasse la propria casa per non essere disturbata dai rumori.
I giudici del caso Kennaway precisarono che il caso Miller v. Jackson del 1977 si poneva in
contrasto con i principi enunciati nel caso Shelfer e non comportava nei loro confronti
alcun vincolo.
2 - Il caso Miller v. Jackson: Nel 1972 i coniugi Miller comprarono una casa il cui
giardino confinava con un campo di cricket nel quale, sin dal 1905, i membri di un club
101
praticavano questo sport. La casa acquistata dai Miller era stata costruita nel 1970 e la sua
posizione rispetto al campo di cricket era tale da rendere inevitabile che alcune palle
finissero nel giardino. Subito dopo essere andati ad abitare nella loro casa, i Miller
contestarono il fatto che spesso alcune palle provenienti dal vicino campo erano finite nel
giardino provocando danni alle cose e pericoli per l‟incolumità delle persone. Gli incidenti
continuarono e nel 1975 i Miller convennero in giudizio il rappresentante legale del club e,
dedotta in via alternativa la commissione da parte del convenuto del tort di negligence o
quello di nuisance, chiesero il risarcimento dei danni e che fosse inibito il gioco del cricket
nel campo adiacente.
Il primo giudice accolse la domanda attrice, condannando i convenuti al risarcimento dei
danni e concedendo l‟inibitoria. Il club propose appello, deducendo, oltre che la mancata
commissione di un qualsiasi tort, la carenza delle condizioni legittimanti la concessione
della inibitoria. La Corte dunque formulò la sentenza, le cui principali statuizioni, tutte
deliberate a maggioranza, sono:
1- il club era colpevole sia del tort of negligence (perché dall‟invasione dei palle vi era
rischio di danni a persone o cose senza adottare metodi ragionevoli per evitarlo) sia
di quello di nuisance (per l‟interferenza al godimento della proprietà dei vicini);
2- l‟inibitoria doveva essere revocata per il prevalente interesse pubblico alla
continuazione delle attività sportive rispetto a quello dei singoli proprietari a non
subire molestie; e l‟ammontare del risarcimento dei danni doveva aumentare in
quando comprensivi sia quelli passati sia quelli futuri, questi ultimi sostitutivi della
inibitoria.
Elementi differenziali tra caso Kennaway e caso Miller:
Nel primo caso:
- la prospettiva dalla quale si valuta la liceità o meno delle immissioni nel fondo del vicino
è la ragionevole tollerabilità della immissione.
- Si attribuisce massima rilevanza alla serenità, alla quiete e alla possibilità di godere
indisturbata della propria casa
Nel secondo caso:
- La prospettiva è la ragionevolezza dell‟uso della proprietà.
- Si attribuisce maggiore rilevanza all‟utilità sociale e all‟interesse pubblico. Tuttavia,
affinché si abbia pubblica utilità, occorre non solo che la maggioranza degli individui di una
collettività riceva un beneficio da una determinata attività, ma anche che esso equivalga o
sia superiore alla perdita subita dal singolo e che i vantaggi derivanti dall‟operazione siano
impiegati per indennizzarlo della diminuzione patrimoniale.

In linea generale, al fine di stabilire l‟esistenza del tort di nuisance, l‟aspetto rilevante è la
irragionevolezza del danno patito dall‟attore.
La prova da parte del convenuto di aver agito in modo ragionevole (ossia secondo la
normalità degli usi di un uomo sociale) non comporta automaticamente la liberazione da
ogni responsabilità: ciò che conta è l‟irragionevolezza del danno patito dall‟attore.
(precedente caso Rapier v London sulle immissioni di cattivo odore nel fondo dell‟attore).
102
Gli interessi del danneggiante prevalgono sulla valutazione della condotta del
danneggiante. Non si richiede l‟adozione di una media diligenza, ma la valutazione precisa
di tutte le conseguenze delle proprie azioni, per cui un soggetto può essere ritenuto
responsabile di nuisance malgrado abbia esercitato il proprio commercio correttamente
(caso Broder vs Saillard -> locale adibito a stalla con relative acque che invadevano il
fondo vicino portanto umidità. Non servì dimostrare che l‟umidità era preesistente.) (caso
Helen‟s Smelting vs Tipping resp. per cattiva scelta del luogo dell‟insediamento industriale.
In nessun caso la valutazione delle condotte umane di cui viene lamentata la molestia può
essere effettuata con esclusivo riferimento alla ragionevolezza dell‟uso del proprio diritto
da parte del soggetto molesto, senza tenere conto del livello di disturbo arrecato.
La valutazione delle condotte umane può essere effettuata secondo determinati criteri:
- La sentenza Sedleigh-Denfield vs Callaghan del 1040 introdusse il criterio della
valutazione comparativa degli interessi contrapposti dei proprietari di fondi vicini ->
consiste nell‟interferenza con l‟altrui godimento del diritto di proprietà dalla quale derivano
disturbi alla pace e alla tranquillità. In questa ipotesi assumono un rilevo fondamentale le
circostanze di luogo in cui l‟azione si svolge. (criterio richiamato nella Miller)
- la sentenza Helen‟s Smeltgin vs Tipping introduce il secondo criterio che comporta la
distinzione di due figure di private nuisance:
o interferenza con l‟altrui godimento del diritto di proprietà o altro diritto reale.
o consiste nelle molestie che si concretizzano in un danno diretto ed immediato alla
proprietà altrui (ad es., un allagamento). In questa caso la condotta è senza dubbio
illecita a prescindere da ogni indagine sulla ragionevolezza dell‟uso del proprio
diritto da parte del soggetto attivo.
Il tort di nuisance si configura come un tort di strict liability ,ossia un tort del
quale l‟autore risponde a prescindere dalla valutazione dell‟elemento soggettivo, (dolo o
colpa) . Quando l‟attore intende ottenere l‟inibizione dell‟attività molesta, la Corte accertata
l‟irragionevolezza del danno e quella dell‟uso del proprio diritto da parte dell‟immittente,
accoglierà la domanda attrice, in quanto l‟imperativo che deve guidare il giudice è la
continuazione di una situazione insostenibile per l‟attore.
La pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, non si basa sul mero rapporto di
causalità tra condotta ed evento, quanto sulla giudizialmente accertata negligenza del
convenuto. Occorre anche accertare la condotta del convenuto per accertare che allo
stesso sia addebitale almeno una colpa generica consistente nella mancata previsione
delle conseguenze nocive della propria attività , tanto se si tratti di nuisance creata per la
prima volta, quanto se la molestia sia solo proseguita dal convenuto.
Alla luce di tutto ciò risulta largamente ridimensionata la tesi della nuisance come tort per
la cui commissione si risponde a prescindere dalla prova della colpa.
Occorre valutare le rationes decidendi di due casi: Rapier vs London Tramways e il caso
Wagon Mound. Importanti per valutare i reali confini del credito che portano
all‟affermazione dell‟equazione nuisance = tort di strict liability.
Nella sentenza Rapier, che aveva ad oggetto esalazioni provenienti dalle stalle del
vicino, il giudice si espresse nel senso che la prova di aver adottato ogni ragionevole cura
103
per prevenire la nuisance non costituisce un‟esimente. Ciò però non si può ritenere come
fondamento di una resp oggettiva, infatti qui si chiedeva la injunction e non la tutela
risarcitoria per cui il giudice non era interessato all‟indagine sulla riferibilità della mens rea
di chi pone in essere l‟attività dannosa.
Nel caso Wagon Mound i convenuti furono condannati al risarcimento dei danni in
favore degli attori la cui imbarcazione era rimasta danneggiata da un incendio provocato
dall‟infiammazione di una grossa quantità di petrolio che i convenuti negligentemente
avevano scaricato nello specchio d‟acqua. Il giudice nella premessa afferma la non
necessità della negligenza in molte fattispecie di nuisance ma nella frase successiva
afferma l‟esigenza di un qualche grado di colpa nella quasi totalità dei casi. Aldilà delle
formulazioni generali, la pronuncia giudiziaria si è fatta carico di un attento vaglio delle
circostanze di fatto in cui si inseriva la condotta del presunto soggetto attivo dell‟illecito.
Questa è un‟ulteriore dimostrazione che le uniche ipotesi in cui con certezza può dirsi di
rispondere per una nuisance a prescindere dall‟accertamento della colpa sono quelle in cui
l‟attore cerca l‟ordine giudiziale che inibisca al convenuto la prosecuzione della sua attività
e non il risarcimento dei danni.
I casi Miller e Kennaway ricorrono al concetto di interesse pubblico (sopratt nel caso
Miller) pur non fornendone cmq una nozione generale. Nel precedente caso Bamford vs
Turnley il giudice definì la pubblica utilità (anche se nn coincide terminlogicamente con
l‟interesse pubblico). Il caso riguardava l‟immissione nella casa dell‟attore di fumo e cattivo
odore provenienti dal fondo vicino che bruciava mattoni. Inizialmente venne rifiutata la
injunction, poi si inibì al convenuto di sprigionare le esalazioni nocive. In questa sede si
affermò che il pubblico consiste di tutti gli individui, e che una pubblica attività deve
essere produttiva di conseguenze positive (benefici) per ognuno di essi. Se a ciò equivale
o sia superiore la perdita subita dal singolo, privato del proprio diritto, occorre
indennizzare il soggetto in questione. Con questo caso si propose un bilanciamento degli
interessi pubblici e privati. Ma nelle due sentenze in questione non si trova traccia di tale
esposizione. Nel caso Miller la corte trascurò di analizzare quell‟indirizzo giurisprudenziale
che, pur in presenza di un interesse pubblico, conferisce all‟attore il rimedio inibitorio. Si
fece invece leva sulla preesistenza dell‟attività rispetto alla data in cui i vicini avevano
costruito ed abitato la propria casa. Ciò in linea con la convinzione che il convenuto possa
provare che l‟attore è andato incontro alla nuisance, ma a riguardo manca una
giurisprudenza precedente.
L‟unico rilievo che la priorità dell‟esercizio dell‟attività molesta può assumere nella
prospettiva della sua esenzione è quello dello svolgimento dell‟attività stessa in una zona
industriale, tranne che la molestia non danneggi materialmente il bene di proprietà
dell‟attore. Anche sotto questo profilo che evidenzia una disinvolta disapplicazione dei
precedenti, la decisione Miller si rivela criticabile mentre è più aderente ai precedenti la
decisione kennaway.
In relazione ai rapporti tra tutela inibitoria e quella risarcitoria si disse che non poteva
concedersi l‟injunction laddove vi fosse la prova che l‟autore di un illecito già commesso
non intendesse ripeterlo in futuro o che il danno potesse essere compensato in denaro.
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Tuttavia il rimedio inibitorio doveva ritenersi preferibile a quello risarcitorio quando
quest‟ultimo si rivelasse inefficace a seguito dell‟indigenza del danneggiante o la natura
stessa del tort richiedesse una tutela più intensa.

- 2. La responsabilità del professionista in common law -


In una prima fase il rapporto che intercorreva tra il professionista e il suo cliente era
esclusivamente di natura contrattuale, e non poteva essere altrimenti visto che si agiva
a tutela del cliente verso corrispettivo.
In una seconda fase, (successivamente al caso Donoghue con cui si previde il duty of
care come dovere che incombe su chiunque entri in rapp giuridici con il proprio prossimo),
si iniziò a prevedere che gravasse sul professionista un duty of care basato ovviamente
sulla responsabilità extracontrattuale. Significava quindi imporre al professionista una
condotta diligente nei confronti del suo cliente al di là dei contenuti del rapporto
contrattuale. Così facendo si profilava la condanna al tort of negligence se si fosse
violato il duty of care.
Siccome la giurisprudenza inglese ha conosciuto casi in cui il professionista si mostrava
inadempiente sotto il profilo sia contrattuale che extracontrattuale, si ritiene a buon diritto
che la responsabilità del professionista possa essere considerata cumulativa( sia
contrattuale che extracontrattuale).
Per comprendere il tipo di figura in questione è opportuno precisare che il lavoro del
professionista si può iscrivere in due istituti giuridici:
1) il contratto di rendering of a service, che è uguale alla locatio operis italiana, dove
il committente richiede solo l‟opera;
2) contratto of service, che è uguale alla locatio operarum italiana, dove il committente
richiede che l‟opera sia realizzata esattamente in un certo modo.
In Inghilterra la responsabilità professionale si ascrive alla seconda categoria di servizio,
perché è implicita la realizzazione dell‟opera con una specifica perizia. Con questa
precisazione abbiamo confermato la presenza del tort of negligence, tuttavia la libera
professione lascia ampio spazio alle presenza di altri torts. per esempio:
Nella professione medica abbiamo
- il tort of battery, riguardante quelle informazioni rilasciate dal medico
difformemente dal vero;
- oppure il tort of trespass of the person che riguarda la mancata informazione
per il paziente degli effetti collaterali dell‟intervento, visto che si viola la scelta
ragionata del paziente.
- Il duty of care del medico può estendersi al nei confronti del non ancora nato che
abbia subito lesioni dipendenti da imperizia professionale.
- Non si risponde di imperizia per Wrongful life -> imperizia che porta a nascita che
non sarebbe avvenuta in condizioni di menomazione per il neonato senza l‟imperizia
stessa. Diverso è il caso della wronhful birth -> imperizia che porta a nascita non
voluta per erroneo trattamento terapeutico.

105
Il principio è che l‟onere della prova della negligenza del medico ricada sul paziente,
tranne che l‟intervento terapeutico non comporti un grado particolare di rischio.
Per gli avvocati invece una condotta lesiva porta a conseguenze diverse a seconda che si
tratti di un Barrister o di un Solicitor:
- i primi, che non intrattengono rapporto con il cliente sono soggetti solo al law of
torts( quindi una responsabilità solo extracontrattuale).
- I secondi invece, che hanno rapporti diretti col cliente, rientrano in entrambe le
responsabilità, sia contrattuale che extracontrattuale.
Riguardo ai professionisti nel corso delle loro prestazioni bisogna innanzi tutto
distinguere due forme di misstatement:
- Dichiarazioni inveritiere rese fraudolentemente, quindi consapevolmente della
falsità. -> ciò giustifica l‟azione di deceit.
- Dichiarazioni effettuate negligentemente -> assumono rilievo nell‟ambito della
tutela contrattuale, rimanendo consegnate al tort of negligence.
Ma nel corso dell‟evoluzione giurisprudenziale si va verso l‟uniformazione delle due forme
di responsabilità civile inglese. Si affermò in capo ai professionisti il dovere di una
reasonable care a prescindere dall‟esistenza di uno specifico obbligo contrattuale, dando
luogo a resp per tort. Con la sentenza Hedley Byrne si affermò che a fondare la resp per
misstatements la condizione necessaria e sufficiente è l‟esistenza di un rapporto tra le
parti stesse. È sulla violazione delle regole del rapporto giuridico che discende il concetto
di civil liability. Quindi il rapporto di prossimità giuridica, che può radicare una
responsabilità per danni esclusivamente economici, va modellato su quello contrattuale.
Oggi verso le azioni commesse per negligenza si adotta un atteggiamento più prudente
che nel passato. Si chiede che l‟attore non solo provi la prevedibilità del danno ma anche il
nesso di causalità, quindi la meritevolezza della tutela.

Sulla risarcibilità del danno vi sono differenti soluzioni a seconda che la causa petendi
dell‟azione sia il tort o il contract.
Nel primo caso il rimedio risarcitorio è limitato al danno emergente; nel secondo caso è
oggetto del risarcimento anche il mancato guadagno.
Ciò non rileva nell‟ambito della resp professionale, in cui occorre che venga ripristinata la
posizione in cui il danneggiato si trovava prima della violazione del dovere (es tecnico che
fa una stima maggiore di un immobile non avendo notato gravi difetti dovrà pagare il
costo delle riparazioni per eliminare i difetti.
La giurisprudenza invece tiene un atteggiamento contrario alla risarcibilità delle economic
losses perché:
- Creare una nuova area di resp è compito del Parlamento.
- La protezione del consumatore va lasciata al legislatore
- Riconoscere l‟esistenza di un duty of care nei rapporti tra le parti non legate tra loro
contrattualmente significherebbe creare un‟obbligazione contrattuale in esecuzione
del contratto stesso e ciò sarebbe contrario ai principi.

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L‟interazione tra tort e contract nell‟ambito della responsabilità professionale ha
consolidato la tutela spettante al danneggiato, rendendogli accessibili quei rimedi prima
preclusigli perché propri di una sola delle due forme di responsabilità.
L‟esperienza inglese offre un criterio per affrontare il problema della complex liability e
della civil liability in genere, più agile per almeno due ragioni:
1- Le categorie del pensiero giuridico sembrano aver iniziato un processo di declino
come fattori idonei a plasmare la realtà normativa.
2- Il concorso di azioni di responsabilità nel diritto inglese non si è poi trovato
paralizzato da concorrenti capaci di neutralizzarne il cammino.

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