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Opere più importanti: Saggio sui dati immediati della coscienza (1889); Materia e memoria (1896);
L’evoluzione creatrice (1907); Le due fonti della morale e della religione (1932).
Bergson fu considerato un “maestro del pensiero” da un vasto pubblico di studiosi di letteratura e arte, oltre
che di filosofia, ed esercitò una grande influenza nella cultura francese e nella filosofia europea. Egli diede
voce a tutti quegli aspetti che la visione positivista aveva trascurato, rappresentando per questo la massima
espressione dello spiritualismo francese.
Lo slancio vitale
Nel testo L’evoluzione creatrice, Bergson prospetta l’idea di una continuità tra vita biologica e vita della
coscienza. Entrambe sorgono da un’unica energia vitale. La vita infatti si origina da un unico impulso
iniziale, detto “slancio vitale” (élan vital), un’energia che crea di continuo e in modo imprevedibile, in
quanto libera e non necessitata, una grandissima varietà di forme.
Questo slancio si espande nell’universo, irradiandosi in ogni direzione, ma con un’intensità variabile, il che
spiega la differenziazione degli esseri e delle specie:
La prima biforcazione fondamentale dello slancio vitale è quella cha ha dato origine alla divisione
tra piante e animali (i vegetali fabbricano da sé le sostanze organiche che servono al loro
nutrimento a partire da sostanze minerali che trovano nel terreno; gli animali sono costretti a
muoversi per cercare il cibo, e sviluppano quindi sensibilità e in alcuni casi coscienza).
La vita animale si è poi sviluppata a sua volta in diverse direzioni. Quelle in cui l’evoluzione ha avuto
maggior successo sono quelle degli antropoidi e dei vertebrati (il cui apice è l’uomo).
Il processo evolutivo non implica un disegno precostituito, come in una visione finalistica: la vita creatività
libera e imprevedibile. L’unità precede la differenziazione degli esseri, l’energia vitale è una vis a tergo,
agisce alle spalle. La vita, all’origine, è “totipotenza”, cioè possibilità divenire tutte le cose, che
gradualmente si attualizza e si specifica.
L’evoluzione non implica alcuna realtà data o precostituita, ma è “realtà in movimento” che si manifesta e si
genera da se stessa, espandendosi e modificandosi di continuo (come la coscienza è flusso-movimento
continuo). Bergson parla di “evoluzione creatrice”. La realtà è sempre unica, sia che la si consideri dal punto
di vista dello slancio vitale, sia che si considerino i singoli risultati del suo processo: all’origine vi è l’energia
vitale che, spirituale nella sua essenza, nel momento in cui esaurisce la propria forza tende a manifestarsi
come materia (problema: se è così prima dovrebbero essere nate le coscienze e poi i corpi??).
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Conoscenza, intelligenza, intuizione
La conoscenza umana può essere di due tipi.
1) Possiamo conoscere un oggetto dall’esterno, descrivendone i singoli caratteri e utilizzando simboli
(concetti e parole) per rappresentarli, così come possiamo conoscere una città dalla somma di molte
fotografie. In altre parole, si tratta di compiere un’analisi dell’oggetto per ricomporre poi sinteticamente i
diversi aspetti studiati. Per fare questa operazione ci serviamo dell’intelligenza, che isola gli aspetti della
realtà considerata, offrendo un’immagine razionale, ma necessariamente parziale e astratta. È una forma
di conoscenza rivolta all’azione, funzionale all’adattamento dell’uomo all’ambiente.
2) Una seconda modalità conoscitiva è invece quella che si basa sull’intuizione, la quale conosce l’oggetto
nella sua interiorità, compiendo un atto di “identificazione simpatetica”: l’oggetto non è scomposto o
analizzato, ma viene colto immediatamente, dall’interno, nella sua totalità. Nell’esempio della città, essa
non viene conosciuta attraverso la ricostruzione fotografica, ma con un’esperienza diretta che permette di
coglierne l’atmosfera.
L’atteggiamento conoscitivo che si avvale dell’intuizione è proprio della metafisica. Se questa disciplina è
stata criticata (dagli empiristi e razionalisti) è perché si è tentato di penetrare l’oggetto metafisico con lo
strumento dell’intelligenza. Ma ciò non significa che non sia possibile conoscere la realtà tramite
l’intuizione. Con ciò Bergson non vuole intendere che la conoscenza scientifica non abbia valore,
l’importante però è non avere la pretesa di estendere le categorie della scienza al di là del loro ambito
legittimo: la scienza consente il progresso tecnico, la produzione e l’elaborazione di strumenti sempre più
sofisticati per agire sulla realtà, ma non può offrirne la piena “conoscenza” né penetrarne l’essenza.
I concetti e le parole (gli strumenti della scienza), infatti, comportano necessariamente la divisione, la
scomposizione e quindi la “distorsione” della realtà, la quale per essere compresa nella sua essenza, non
può essere concettualizzata, né espressa in termini linguistici (la simpatia per cui ci si trasporta all’interno
di un oggetto… è inesprimibile). Paradossalmente lo stesso filosofo si trova in difficoltà a comunicare e a
trasmettere la visione del mondo che ha colto mediante l’intuizione. Egli non può far altro che divenire
indicatore di percorsi, avvalendosi perlopiù di immagini e di metafore. Da qui l’interesse di Bergson per
l’arte, considerata un vero e proprio modello conoscitivo (critica: spesso il filosofo quando arriva ad
individuare i limiti della conoscenza concettuale e comprensiva e del linguaggio, va a cercare la soluzione in
altri campi, come nell’arte – vedi Schopenhauer e Nietzsche - o nella religione – vedi Kierkegaard, come se
investendo su questi campi una capacità conoscitiva e quindi solutiva, penetrativa, una capacità di accedere,
che invece alla filosofia è preclusa).
La morale e la religione
In Le due fonti della morale e della religione, Bergson anticipa un tema che sarà ripreso da Popper. Egli
infatti identifica due tipi di organizzazione sociale: la società chiusa e la società aperta. La società chiusa è
quella autoritaria, in cui l’uomo è spinto a identificarsi con il gruppo sociale e ad accettare i suoi rigidi valori.
In essa prevalgono le esigenze di coesione sociale, di staticità e di mantenimento dello status quo e
dominano il conformismo e la paura del cambiamento. La società aperta, invece, promuove la libertà e la
creatività degli individui; in essa l’obiettivo è la realizzazione dell’umanità e lo sviluppo di sempre nuove
modalità di convivenza e di collaborazione volte al progresso sociale.
A queste due forme di morale corrispondono due atteggiamenti religiosi: la religione statica, che si serve
dei miti e delle sue superstizioni per proteggere l’uomo dalle sue paure (il timore della morte, dei pericoli
della vita, degli insuccessi) e dargli una speranza consolatoria; e la religione dinamica, la quale si identifica
con la vita dei mistici e, dunque, è abbastanza rara. Essa consiste nella partecipazione, grazie all’amore, allo
slancio creatore della vita e nell’unificazione con Dio (lo slancio creatore è Dio stesso). Bergson vede nella
mistica l’unico rimedio ai mali morali e sociali e invoca un supplemento di anima, per un mondo che vede
pervaso dalla tecnica e dalla meccanica.