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CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
PROBIOTICI IN GASTROENTEROLOGIA . . . . . . . . . . . . “ 13
Indice III
CAPITOLO 3
3.1 Si nasce...”atopici”
3.2 Prevenzione primaria dell’epidemia allergica
3.3 Dermatite atopica
3.4 Rinite allergica e asma bronchiale
3.5 Allergia alimentare
Bibliografia
CAPITOLO 4
PROBIOTICI...QUANDO LA CICOGNA
ARRIVA COL BISTURI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 67
IV Indice
CAPITOLO 1
IL “SUPERORGANISMO”
“Sono finalmente giunto alla conclusione
che all’uomo serva un buon intestino
più di qualsiasi cervello”
Josh Billings
Nel corso della sua lunga storia evoluzionistica l’uomo ha avuto un rap-
porto inscindibile con i suoi “vecchi amici”, i batteri. Il termine homo bac-
teriens, coniato da Henderson e Wilson, rende più di altri il concetto di
reciproco mutualismo. Secondo la “teoria dell’endosimbiosi”, postulata dal-
la genetista statunitense Lynn Margulis, i mitocondri deriverebbero da ance-
strali batteri. Una volta inglobati dalle cellule umane, il loro vantaggioso
metabolismo ossidativo avrebbe permesso lo sdoganamento da uno “sta-
tus” di potenziale aggressore a quello di simbionte.
Oggigiorno, il corpo umano viene legittimamente considerato un “supe-
rorganismo” (olobionte) costituito dalle proprie cellule eucariote e da una
moltitudine di microrganismi, prevalentemente batterici, che compongo-
no il microbiota.
A partire dalla nascita i batteri colonizzano diversi distretti del nostro
organismo con distribuzione sito-specifica: cute, cavità orale e nasale, trat-
to urogenitale e soprattutto quello gastrointestinale. Non sembra pertan-
to azzardato che J.L. Gordon, ricercatore del National Human Genome
Research Institute, consideri “…ourselves as a composite of many species,
human, bacterial, and archaeal, and our genome as an amalgamation of
human genes and the genes in our microbial genomes”. La specificità tra
il microbiota distrettuale ed il suo ospite si traduce in standard elevati di
connotazione individuale, simili a quelli garantiti dalle impronte digitali.
Difatti, in medicina legale l’identificazione forense potrebbe avvalersi del-
l’analisi metagenomica delle comunità batteriche personali.
Il “superorganismo” 1
Il microbiota del canale digerente, prevalentemente concentrato nel
colon (microbiota intestinale) è una biomassa di cellule batteriche il cui
numero sovrasta di 10 volte quello delle cellule eucariote dell’organismo
umano. Le comunità microbiche che lo compongono rappresentano un
complesso ecosistema il cui metabolismo, insieme al ricco corredo gene-
tico (microbioma), interagisce con l’organismo ospite attraverso uno stret-
to rapporto simbiotico. La composizione batterica è pertanto il risultato
del sofisticato interplay commensalistico che si stabilisce con l’organismo
ospite e nell’ambito delle comunità microbiche. Benché sostanzialmente
stabile nel tempo, il microbiota intestinale si modifica a seguito di fattori
fisiologici e patologici. Allo stato attuale delle conoscenze sono state iden-
tificate oltre 1.000 specie batteriche appartenenti a distinte divisioni (phy-
la): Bacteroidetes (Bacteroides), Firmicutes (lattobacilli, Clostridium, Ente-
rococcus), Actinobatteri (bifidobatteri) e Proteobatteri (Enterobacteriaceae,
Escherichia coli). Le metodologie per l’analisi dei microrganismi possono
essere distinte in tradizionali e molecolari. Le prime permettono di indivi-
duare solo microrganismi che si sviluppano su terreni di coltura selettivi
(culture-dependent), vale a dire il 20-30% delle specie intestinali, mentre
le tecniche molecolari prescindono dalla coltivabilità di un microrganismo
(culture-independent), consentendo di ricostruire l’effettiva composizione
delle comunità microbiche e le relative dinamiche di popolazione.
Lo studio dell’universo microbico che popola il nostro intestino si è avval-
so degli enormi progressi realizzati recentemente dall’impiego di tecnolo-
gie cosiddette “meta-omiche” (neologismo derivato dal suffisso inglese
omics). Nel loro insieme le scienze omiche analizzano il DNA con i suoi
geni (metagenomica), l’RNA prodotto della trascrizione del DNA (metatra-
scrittomica), le proteine tradotte dal DNA attraverso l’RNA (metaproteo-
mica), i metaboliti all’interno di un organismo o di un ecosistema (meta-
bolomica), il profilo lipidico (metalipidomica) e le interazioni carboidrato-
proteina tra le cellule (metaglicomica).
Con il sequenziamento del DNA microbico l’approccio metagenomico
risulta cruciale per la comprensione della struttura e delle proprietà funzio-
nali del microbiota intestinale umano nelle differenti fasi della vita e nelle
sue alterazioni (disbiosi). E’ questa l’affascinante sfida dello statunitense
Human Microbiome Project, terminato nel luglio del 2013, e del progetto
europeo Metagenomics of Human Intestine (metaHIT), ancora in corso. Oltre
RITORNO AL PASSATO
Il “superorganismo” 3
Sia nelle cellule procariotiche (batteriche) che in quelle
eucariotiche (umane) i ribosomi sono composti da due subu-
nità (grande e piccola), distinte sulla base della velocità di sedi-
mentazione in ultracentrifuga, espressa in unità Svedberg (S).
Il ribosoma dei procarioti contiene 3 tipi di rRNA: 16S (subu-
nità piccola), 23S e 5S (subunità grande). Le attuali informa-
zioni sulla composizione del microbiota intestinale sono sta-
te acquisite grazie a tecniche molecolari (coltura-indipenden-
ti) basate sullo studio del gene che codifica per rRNA 16S, con-
siderato un prezioso “orologio molecolare”.
A livello della sequenza del 16S, difatti, si possono indivi-
duare regioni filogeneticamente “conservate” (uguali per tut-
ti i batteri), “semiconservate” (identiche o molto simili nell’am-
bito di batteri appartenenti allo stesso phylum) e soprattutto
“variabili”, il cui sequenziamento viene utilizzato per l’iden-
tificazione della specie batterica in quanto sensibilmente dif-
ferenti anche tra batteri imparentati.
L’adozione di metodiche metagenomiche ha permesso di
stabilire che nell’ambito delle 55 phyla identificate, Bacteroi-
detes e Firmicutes dominano il microbiota intestinale umano
(più del 90% delle sequenze di 16S rRNA).
Il “superorganismo” 5
cellulare (tight junctions, adherens junctions e desmosomi) la cui integrità
e funzionalità è sensibilmente condizionata dalla stessa composizione del
microbiota. L’alterazione di tale sistema altamente integrato comporta un
patogenetico concatenamento sequenziale: passaggio indiscriminato di
contenuto luminale attraverso le giunzioni epiteliali, rottura della tolleran-
za orale, insorgenza di infiammazione, danno tissutale.
Il “superorganismo” 7
Nel suo “Essais Optimistic”, tradotto nella più nota ma anche distorta
edizione inglese (“The prolongation of life: optimistic studies”), il ricerca-
tore ucraino associava concettualmente la longevità dei pastori caucasici
al largo consumo di alimenti fermentati. Convinto che il colon fosse popo-
lato soltanto da microrganismi nocivi per l’organismo ospite (“autointos-
sicazione”), il premio Nobel dell’Istituto Pasteur di Parigi propose di con-
dizionare favorevolmente il microhabitat intestinale attraverso l’assunzio-
ne di un latte fermentato.
Non mancò il risvolto economico. Nel 1906 la Società francese Le Fer-
ment commercializzò il latte fermentato Lactobacilline preparato con un
ceppo batterico selezionato dallo stesso Metchnikoff, il Bacillus bulgari-
cus (attualmente denominato Lactobacillus helveticus ATCC 521). Ben pre-
sto però la sua teoria, avvilita dalla derisione della comunità scientifica del-
l’epoca, finì accantonata negli scaffali del tempo. Per essere riabilitata dopo
un secolo, quando il supporto delle evidenze sul ruolo del microbiota inte-
stinale e degli alimenti funzionali ne hanno legittimato la valenza scienti-
fica. Nonostante l’ingrato oblìo inflitto dagli anni e dagli uomini, le osser-
vazioni di Metchnikoff sono germogliate sull’albero della Scienza.
Dopo aver superato il doveroso passaggio dall’aneddotica popolare all’E-
vidence-Based Medicine (EBM), la sua geniale intuizione rappresenta oggi-
giorno il razionale preventivo e terapeutico dei cosiddetti biomodulatori
del microbiota intestinale (Miniello): probiotici (microrganismi vivi), prebio-
tici (carboidrati non digeribili in grado di incrementare bifidobatteri e lat-
tobacilli), simbiotici (associazione di entrambi) e postbiotici (prodotti bat-
terici o derivati metabolici di microrganismi probiotici con attività biologi-
ca per l’ospite).
Il “superorganismo” 9
• Il microbiota intestinale è una biomassa batterica che si
costituisce subito dopo la nascita.
• Riveste un ruolo vitale per l’organismo ospite in conside-
razione delle sue funzioni: protettiva, trofico-metabolica,
detossificante, strutturale e immunomodulante.
• Il microbiota intestinale viene legittimamente considerato
un “organo batterico” immunologicamente attivo in gra-
do di modulare, durante le prime epoche di vita, il sistema
immunitario con un imprinting determinante per il feno-
tipo immunitario dell’individuo (teoria del programming).
• Sono state ipotizzate correlazioni tra alterazioni della com-
posizione batterica (disbiosi) e patologie intestinali, immu-
nitarie e metaboliche.
• Sono considerati biomodulatori del microbiota intestinale
i probiotici, prebiotici, simbiotici e postbiotici.
• I probiotici sono “microrganismi vivi che, assunti in quan-
tità adeguata, conferiscono all’organismo ospite effetti
benefici sulla salute” (OMS).
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PROBIOTICI IN
GASTROENTEROLOGIA
“Tutte le malattie
hanno origine nell’intestino”
Ippocrate
Probiotici in gastroenterologia 13
qualità delle evidenze. Una volta stabilita la priorità degli outcome, il meto-
do GRADE esprime la consistenza delle evidenze, la forza delle raccomanda-
zioni, fattibilità e trasferibilità e soprattutto il rapporto rischi/benefici. Dopo
aver valutato tali parametri, il panel di esperti “raccomanda” o “suggerisce”
in base al tipo di raccomandazioni (strong o condizional, rispettivamente).
La somministrazione dei probiotici è risultata essere vantaggiosa nella
prevenzione e/o trattamento di patologie gastrointestinali sia organiche che
funzionali: diarrea acuta infettiva, diarrea associata ad antibioticoterapia,
diarrea del viaggiatore, malattia da Clostridium difficile, infezione da Heli-
cobacter pylori, disordini funzionali gastrointestinali, enterocolite necrotiz-
zante e malattie infiammatorie croniche intestinali.
Probiotici in gastroenterologia 15
tica clinica andrebbe considerata l’emissione di feci di consistenza ridotta
rispetto al pattern abituale, con frequenza più elevata della norma.
Si indica acuta la diarrea con durata inferiore ai 7 giorni e comunque non
superiore ai 14. Durante i primi anni di vita la diarrea acuta infettiva rap-
presenta una delle patologie a maggiore peso epidemiologico in termini di
morbilità. La gastroenterite acuta è frequente motivo di accesso alle struttu-
re di Pronto Soccorso e di ricovero; negli Stati Uniti è responsabile di circa
1.500.000 visite/anno e del 13% di ospedalizzazione nei bambini sotto i 5
anni di età. Gli agenti eziologici più frequentemente coinvolti sono virus (Rota-
virus, Norovirus, Adenovirus, Calicivirus, Astrovirus, Citomegalovirus), seguiti
da batteri (Campylobacter, Salmonella, Escherichia coli, Shigella, Yersinia) e pro-
tozoi (Giardia lamblia, Cryptosporidium parvum, Entamoeba histolytica). Con-
trariamente a quanto si pensi, la prevalenza di diarrea da cause indetermina-
te si attesta su valori di tutto riguardo (15-40%). L’infezione da Rotavirus, signi-
ficativamente più grave di quella indotta da altri patogeni, costituisce la prin-
cipale causa di gastroenterite acuta in età pediatrica. Il trattamento cardine
della diarrea acuta rimane la terapia reidratante orale della durata di 3-4 ore
(più efficace e sicura di quella endovenosa), la correzione dell’eventuale aci-
dosi e degli squilibri elettrolitici. Nonostante tali strategie terapeutiche siano
supportate da Linee Guida internazionali, uno studio multicentrico europeo
ha dimostrato che le raccomandazioni sono spesso disattese dai pediatri.
In un passato relativamente recente la somministrazione dei sedicenti “fer-
menti lattici” è stata largamente adottata senza il supporto di evidenze scien-
tifiche relative ad efficacia e sicurezza. Attualmente, il mercato propone come
probiotici numerosi microrganismi (monoceppo o in associazione) nonostan-
te la letteratura ne legittimi solo pochi. Questi ultimi, oltre a soddisfare para-
metri di sicurezza, presentano una vasta gamma d’azione nel contrastare
la diarrea acuta: normalizzazione compositiva del microbiota, attività anti-
microbica (ridotta adesione batterica per competizione recettoriale), conso-
lidamento delle tight junctions, immunostimolazione (incremento di IgA
secretorie, produzione di citochine antinfiammatorie), neutralizzazione del-
le tossine (Clostridium difficile, Vibrio cholerae, Escherichia coli), azione tro-
fico-metabolica (poliamine e SCFA quali butirrato e acetato), produzione di
β-galattosidasi (vantaggiose in corso di deplezione di lattasi).
Tra i lattobacilli con attività probiotica testati nel trattamento della diar-
rea infettiva in età evolutiva il Lactobacillus rhamnosus GG ATCC 53103
Probiotici in gastroenterologia 17
2.3 DIARREA ASSOCIATA AD ANTIBIOTICOTERAPIA
Probiotici in gastroenterologia 19
prevedono la sospensione dell’antibioticoterapia, reintegrazione di liquidi
ed elettroliti ed un’alimentazione adeguata. La terapia antibiotica specifi-
ca va impostata in funzione del tipo di infezione (primaria, recidivante) e
della gravità del caso. Nelle forme non severe il metronidazolo e la van-
comicina hanno mostrato eguale efficacia in numerosi studi clinici.
L’adozione dei probiotici nella prevenzione della CDAD/CDI è stata
ampiamente e vivacemente dibattuta a causa di bias, inevitabili quando
si associano dati di prevenzione primaria (pazienti a rischio di sviluppare
la malattia) con quelli relativi alla secondaria (prevenzione delle recidive).
Evitando queste trappole metodologiche che inficiano statisticamente la
potenziale valenza dell’intervento, l’ultima valutazione clinico-statistica
Cochrane (2013) con 23 RCT e 44.213 partecipanti (tra adulti e bambini)
ha legittimato l’associazione di probiotici con la terapia antibiotica con-
venzionale (“Our results suggest that when probiotics are given with anti-
biotics they reduce the risk of developing CDAD by 64%”).
Probiotici in gastroenterologia 21
La valutazione di ben 74 studi, 84 trials con oltre 10.000 soggetti arruo-
lati ha portato alla conclusione che “…in general, probiotics are benefi-
cial in treatment and prevention of gastro-intestinal diseases. The only
gastro-intestinal disease where significant effect sizes were not observed
was Traveller’s Diarrhea”, precisando ancora una volta la necessità di cor-
relare la specificità del ceppo batterico alla patologia gastrointestinale da
prevenire o trattare (“the type of disease and probiotic strains are the most
important factors to take into consideration”).
In una metanalisi del 2007 (14 trials e 1.671 pazienti) fu valutata l’ef-
ficacia di diversi ceppi probiotici (L. acidophilus LB, L. gasseri LG21, L. John-
Probiotici in gastroenterologia 23
soii La1, L. reuteri 55730, L. rhamnosus GG, Saccaromyces boulardii, Bifi-
dobacterium breve Bb99, Bacillus clausii). Il gruppo di pazienti trattati con
probiotici in supporto alla terapia antibiotica presentò un maggior tasso
di eradicazione con una ridotta incidenza di effetti collaterali.
Inoltre, la supplementazione con il probiotico incrementava l’efficacia
antibiotica nei pazienti non responder.
Probiotici in gastroenterologia 25
COME ORIENTARSI
NEL LABIRINTO DIAGNOSTICO
Bambino
• vomito e aerofagia
• sindrome della ruminazione
in età scolare dell’adolescente
• sindrome del vomito ciclico
Adolescente • aerofagia
• stipsi e incontinenza
• stipsi funzionale
• incontinenza fecale non ritentiva
• disturbi funzionali associati a dolore
addominale
• dolore addominale funzionale (FAP)
• dispepsia funzionale (FD)
• sindrome del colon irritabile (IBS)
• emicrania addominale
• Ritardo puberale
• Diarrea cronica
• Vomito cronico
• Febbre
• Artrite
• Fissurazioni perianali
Probiotici in gastroenterologia 27
I Criteri Roma III definiscono le coliche infantili parossismi di irritabilità
con agitazione o pianto inconsolabile che esordiscono e terminano per
motivi non apparenti, della durata di almeno 3 ore al giorno, 3 giorni a
settimana, per almeno 1 settimana, in lattanti sani ben nutriti senza alte-
razioni della crescita. Gli episodi, solitamente serali, iniziano a partire dal-
le prime settimane di vita per concludersi verso i 4-5 mesi.
Le coliche del lattante costituiscono la causa del 10-20% di tutte le visi-
te pediatriche nei primi 4 mesi di vita e interessano in egual misura sog-
getti di entrambi i sessi, sia allattati al seno che alimentati con formula,
con una frequenza che varia dal 3 al 30%.
Una recente Consensus del 2013 conclude: “le coliche infantili rappre-
sentano una condizione autolimitante che, quando presente senza altri sin-
tomi o segni di allarme, deve essere trattata con empatia e rassicurazio-
ne. Non sono necessari usualmente altri trattamenti e non ci sono eviden-
ze che prescrivere o non prescrivere farmaci o preparati sia sicuro ed effi-
cace nel ridurre il pianto”.
Se le coliche presentano un certo grado di severità (da non correlare
con lo stato ansioso dei genitori!) sarebbe opportuno escludere una for-
ma non IgE-mediata di allergia alle proteine vaccine che, come tale, è nega-
tiva allo skin prick test. In caso di allattamento artificiale la sostituzione
del latte formula con un idrolisato estensivo di proteine per 2-3 settima-
ne potrebbe dirimere i dubbi.
Sulla base delle più recenti indagini, l’alterazione compositiva del micro-
biota intestinale risulta essere il principale responsabile delle coliche fun-
zionali. Studi animali dimostrano come la disbiosi intestinale possa altera-
re la motilità intestinale e la percezione del dolore viscerale. Nella dinami-
ca ezio-patogenetica sarebbero imputate alterazioni del network neuro-
umorale che regola motilità e sensibilità gastrointestinale. Citochine ad azio-
ne antinfiammatoria e sostanze biologicamente attive (metaboliti, neuro-
modulatori), prodotte da alcuni ceppi probiotici, interagiscono con speci-
fici recettori della mucosa intestinale, rivestendo un ruolo cruciale nella rego-
lazione dell’asse cervello-intestino (brain-gut axis), responsabile della moti-
lità intestinale e della trasmissione/percezione del dolore.
La supplementazione di probiotici nelle coliche infantili rappresenta a
tutt’oggi una tematica vivacemente dibattuta in ambito scientifico e come
tale merita una trattazione articolata.
Probiotici in gastroenterologia 29
La recente Consensus SIPPS 2014 (“Disordini Funzionali Gastrointestina-
li in età prescolare”) ha incluso nella sua analisi tre revisioni sistematiche (RS)
con metanalisi (Sung 2013, Anabrees 2013, entrambe di buona qualità meto-
dologica e Urban‘ ska 2014, di qualità bassa/moderata) ed una Revisione non
sistematica più recente (Sung 2015). La RS con metanalisi della Sung ana-
lizza 12 studi sull’efficacia preventiva e terapeutica dei lattobacilli L. reute-
ri DSM 17938 e L. rhamnosus GG. I risultati mostrano che nessuno dei due
ceppi presenta un effetto preventivo mentre solo il L. reuteri DSM 17938
ha un’efficacia terapeutica significativa, riducendo la durata del pianto di
circa un’ora/die rispetto al placebo o al simeticone. Poiché questi studi era-
no gravati da importanti bias metodologici (es. differenti caratteristiche dei
pazienti, utilizzo di diari non validati, ecc.), gli autori considerano tali evi-
denze ancora insufficienti per poter raccomandare i probiotici in tutti i lat-
tanti con coliche. Analizzando gli stessi studi ma valutando solo l’efficacia
terapeutica del L. reuteri DSM 17938, le RS di Anabrees e Urban‘ ska con-
fermano le stesse conclusioni. I 5 studi primari esaminati (4 trials randomiz-
zati in doppio cieco e un RCT in singolo cieco) hanno preso in considera-
zione i seguenti outcome primari: diminuzione della durata media del pian-
to giornaliero (nel corso del periodo di studio e nel follow-up mediamente
di 30 giorni) e riduzione dell’utilizzo di farmaci usati dai pediatri (il simeti-
cone che riduce la produzione di gas e il cimetropio bromuro, anticoliner-
gico con attività antispastica). Tra gli outcome secondari vi sono le visite dal
pediatra, gli accessi in ospedale e lo score di depressione materna.
Lo studio di Indrio, di moderata qualità metodologica, si differenzia dagli
altri RCT perché il L. reuteri DSM 17938 (5 gocce/die per 90 giorni) veni-
va somministrato a lattanti sani. Oltre la riduzione del pianto inconsolabi-
le, gli outcome primari consideravano anche il numero dei rigurgiti e la
stipsi. A 90 giorni, i lattanti che assumevano il probiotico presentavano
una durata media del pianto di 38 minuti vs 71 dei soggetti che assume-
vano placebo, ben al di sotto della soglia stabilita da Criteri di Roma III per
la diagnosi di colica infantile (≥3 ore). Nel lavoro della Sung del 2014, in
cui il L. reuteri veniva somministrato sia a lattanti alimentati al seno, sia
con formula, i risultati dimostrano che il gruppo trattato aveva una dura-
ta di pianto e/o irritabilità di 49 minuti maggiore rispetto al gruppo pla-
cebo (I.C. 95% 8-90 minuti p=0.021). Questo risultato è ancora più evi-
dente nei bambini allattati con formula.
Probiotici in gastroenterologia 31
Secondo i Criteri Roma III i disordini funzionali gastrointestinali
associati a dolore addominale (soggetti tra i 4 e 18 anni) comprendo-
no: dolore addominale funzionale (FAP), dispepsia funzionale (FD), sindro-
me dell’intestino irritabile (IBS), emicrania addominale, sindrome del dolo-
re addominale funzionale.
La categoria è accomunata dall’insorgenza di dolore insorto almeno una
volta alla settimana negli ultimi due mesi precedenti la valutazione e dal-
l’assenza di alterazioni infiammatorie, anatomiche, metaboliche o neopla-
stiche che la giustifichi.
Probiotici in gastroenterologia 33
BATTERI TUTTOFARE
MECCANISMO D’AZIONE
DEI PROBIOTICI NELLA NEC
Probiotici in gastroenterologia 35
quorum sensing regola varie attività nella popolazione bat-
terica tra le quali spicca la virulenza.
Probiotici in gastroenterologia 37
ta di soggetti affetti da IBD una ridotta percentuale compositiva (più eviden-
te nella riacutizzazione della malattia) del phylum Firmicutes e in particola-
re della specie Faecalibacterium prausnitzii, prezioso commensale che garan-
tisce la produzione di IL-10 (citochina immunoregolatrice) e di acido butir-
rico, principale metabolita della fermentazione glucidica. Questo acido gras-
so a catena corta è essenziale per l’ecosistema intestinale in quanto costi-
tuisce la principale fonte energetica delle cellule epiteliali intestinali (elemen-
ti fondamentali per il mantenimento dell’integrità di barriera), protegge con-
tro l’invasione di patogeni, modula il sistema immunitario, inibisce risposte
infiammatorie sopprimendo l’attività del fattore nucleare NFκB.
A fronte di quanto esposto, il favorevole profilo rischio/beneficio di tera-
pie non immunosoppressive mirate a contrastare la disbiosi (probiotici, pre-
biotici, simbiotici, postbiotici, trapianto microbico fecale) apre uno scena-
rio affascinante nelle IBD. In bambini affetti da malattia di Crohn la Stri-
sciuglio ha recentemente dimostrato che una miscela probiotica di bifidi
(B. longum, B. breve e B. infantis) migliora l’attività di sampling e proces-
sazione delle cellule dendritiche, funzioni inficiate in tale patologia.
Purtroppo, ad oggi non vi sono evidenze consistenti sui reali effetti del-
la batterioterapia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali. Va però
ricordato che il mix probiotico VSL#3 (lattobacilli casei, plantarum, acidophi-
lus, delbruechii, bifidobatteri longum, breve, infantis e Streptococcus ther-
mophilus) risulta efficace nel mantenere lo stato di remissione di una pou-
chite indotto da antibiotici (la pouch è un neo-retto ricostruito chirurgica-
mente quando si asporta il colon) o nella fase post-operatoria (livello di
evidenza 1), nell’induzione e nel mantenimento della remissione in corso
di colite ulcerosa (livello di evidenza 2).
Probiotici in gastroenterologia 39
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Probiotici in gastroenterologia 43
CAPITOLO 3
PROBIOTICI IN
ALLERGOLOGIA
“Ho sempre cercato di scoprire
che tipo di allergia avessi.
Sono arrivato alla conclusione
che si tratta di un’allergia
alla consapevolezza”
James Grover Thuerber
3.1 SI NASCE...”ATOPICI”
Nel 1986 Tim Mosmann e Bob Coffman identificarono due distinte sot-
topopolazioni di linfociti T helper (Th) derivati da un precursore comune
(T naive): tipo 1 (Th1) e tipo 2 (Th2). Per il loro differenziamento risultano
cruciali specifiche citochine prodotte dalle cellule presentanti l’antigene (APC),
quali interferon (INF)-γ e interleuchina (IL)-12 per i Th1 e IL-4 per i Th2.
Ad oggi sono state identificate 4 distinte sottopopolazioni di linfociti
T helper: Th1, Th2, Th17 e linfociti T regolatori (Treg). Questi ultimi, dota-
ti di peculiari profili citochinici, si distinguono ulteriormente in Treg natu-
rali (nTreg), di provenienza timica, e Treg inducibili (iTreg), derivanti dai distret-
ti periferici. I Treg inducibili sono i principali produttori di transforming
growth factor (TGF)-β e IL-10, citochine cruciali nel contenere i processi
infiammatori e indurre un’azione soppressiva sul sistema immunitario.
In un individuo sano le risposte immunitarie verso determinati antige-
ni ambientali sono orientate prevalentemente in senso Th1 mentre nei sog-
getti con fenotipo allergico domina un pattern citochinico di tipo Th2.
Durante la vita intrauterina il prodotto del concepimento, con un cor-
redo genetico parzialmente ereditato dal padre, rappresenta un non-self
antigenico per l’organismo materno e, come tale, potenzialmente a rischio
di rigetto (aborto). Tale reazione, fisiologicamente mediata da linfociti Th1,
non avviene grazie alla peculiare reattività fetale polarizzata verso rispo-
Probiotici in allergologia 45
ste immunitarie Th2. Dopo la nascita, però, tale prerogativa risulta inade-
guata ad affrontare le infezioni da virus e patogeni unicellulari. Pertanto,
a partire dai primi giorni di vita inizia un vantaggioso processo immunita-
rio di conversione (shift) che si completa nel corso dei primi 5 anni: lo sta-
to reattivo Th2 (caratteristico dei soggetti atopici, ma fisiologico nella vita
fetale e nella prima infanzia) si traduce progressivamente in una condizio-
ne dominata da risposte Th1. Gli individui atopici conservano un sistema
immunitario Th2-polarizzato, verosimilmente imputabile ad un inefficace
shift e/o al deficit di citochine che lo catalizzano (INF-γ e IL-12).
Probiotici in allergologia 47
Il sistema di sicurezza viene garantito dalla strategica distri-
buzione dei PRR: i Toll-like receptors sono disposti sulla mem-
brana dell’enterocita (porzione apicale e basolaterale) men-
tre i NOD-like receptors sono dispersi nel citosol cellulare.
La tolleranza o un’eventuale risposta reattiva dipendono dal
tipo di recettore contattato (signaling). In assenza di stimoli
allertanti, il fattore NFκB, principale responsabile della rispo-
sta infiammatoria, è presente in forma inattiva nel citoplasma
legato ad una molecola inibitoria (IκB). Un trigger potenzial-
mente dannoso induce la degradazione di IκB, rendendo NFκB
libero di migrare nel nucleo cellulare ed attivare la trascrizio-
ne dei geni che codificano per citochine pro-infiammatorie.
Il signaling dei TLRs disposti sulla superficie apicale delle
cellule epiteliali intestinali (dove solitamente risiedono i com-
mensali) garantisce l’inibizione del fattore NFκB, mentre l’al-
larme proveniente dai TLRs disposti in distretti cellulari “sen-
sibili” (porzioni baso-laterali) lo attiva.
Quando i patogeni invadono la cellula si ritrovano a fare i
conti con i NOD-like receptors, il cui signaling innesca inevi-
tabilmente un processo sequenziale che comporta degrada-
zione di IκB, conseguente liberazione di NFκB e flogosi, fina-
lizzata a contenere e neutralizzare gli intrusi.
I commensali silenziano il fattore NFκB inibendo i vari pas-
saggi enzimatici necessari per la degradazione di IκB (proteo-
lisi, fosforilazione e ubiquitinazione). Un’altra preziosa risor-
sa del microbiota intestinale che necessita tolleranza da par-
te del sistema immunitario per continuare la sua esistenza sim-
biotica, antica quanto quella del suo ospite.
Probiotici in allergologia 49
modo il DNA può rimanere quiescente (silenziamento), per
essere trascritto fedelmente al bisogno.
Gli interventi epigenetici più frequenti si realizzano con il
taglio o l’aggiunta di due piccoli gruppi chimici: i metili (pre-
senti sul DNA e sugli istoni) e gli acetili (presenti solo sugli isto-
ni). La demetilazione e l’acetilazione determinano il rimodel-
lamento strutturale del nucleosoma e la conseguente trascri-
zione. Spesso tali modifiche chimiche del DNA o degli istoni
(“marchi epigenetici”) vengono copiate nel corso del proces-
so di divisione cellulare e pertanto ereditate dalle cellule figlie.
Un assioma, questo, che qualche decennio fa sarebbe stato tac-
ciato di eresia.
Thomas Jenuwein ha descritto mirabilmente la differenza
fra genetica ed epigenetica, comparandola a quella che pas-
sa fra scrivere un libro e leggerlo: “Il testo di un libro (le infor-
mazioni memorizzate nel DNA) è identico per tutte le copie
distribuite al pubblico. Ogni lettore potrà tuttavia interpreta-
re la trama in modo diverso, provare emozioni differenti e
attendersi diversi sviluppi narrativi man mano che affronta i
vari capitoli. Analogamente, l’epigenetica permette interpre-
tazioni differenti di un modello fisso (testo del libro-codice
genetico) e può dare luogo a diverse interpretazioni, a secon-
da delle condizioni variabili con cui viene interrogato”.
Probiotici in allergologia 51
Quotidianamente il consumatore si ritrova a destreggiarsi nell’ambito
di numerosi supplementi (probiotici, prebiotici, sinbiotici, vitamine, ome-
ga-3) commercializzati e proposti indistintamente per la prevenzione del-
le allergie. Tali prodotti non possono essere acriticamente adottati. Per il
medico fare di più non significa fare meglio: prescrivere “integratori” che
risultino essere inutili comporta costi (non solo economici) per la società,
la famiglia e il bambino.
Ancora una volta l’unica strada percorribile rimane la medicina basata
sulle evidenze (EBM). Sull’adozione oculata dei biomodulatori intestinali
nella prevenzione allergica primaria un contributo prezioso deriva dalle
recenti Linee Guida della WAO (World Allergy Organization), dell’EAACI
(European Academy of Allergy and Clinical Immunology) e dalla Consen-
sus SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale).
Come titolato nel documento (“Prevenzione delle Allergie Alimentari
e Respiratorie. Uno strumento per la pratica quotidiana”), obiettivo della
Consensus italiana è definire le evidenze relative sul reale impatto di inter-
venti preventivi a differenti livelli (ambientale, comportamentale e nutri-
zionale) sull’incidenza delle allergopatie respiratorie e alimentari in sogget-
ti ad alto rischio. Le Società scientifiche ESPGHAN (European Society for
Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition) e AAP (American
Academy of Pediatrics) definiscono “ad alto rischio di sviluppare allergia
IgE-mediata” un bambino con un consanguineo di 1° grado (genitori, fra-
telli) affetto da patologia atopica (eczema, allergia alimentare, rino-con-
giuntivite o asma bronchiale).
Prendendo in esame probiotici e prebiotici, sono stati considerati tar-
get per un potenziale intervento preventivo donne in gravidanza, nutrici
e lattanti alimentati al seno (esclusivamente e non). Gli outcome riguar-
davano i fenotipi allergici ed eventuali eventi avversi.
Probiotici in allergologia 53
di gravidanza e per 6 mesi dopo il parto. Il lattobacillo venne sommini-
strato anche ai rispettivi lattanti per 6 mesi, se assumevano latte formu-
la. Nel gruppo probiotico l’incidenza di DA risultò dimezzata nei bambini
di 2 anni, rispetto a quello controllo (23% versus 46%). La persistenza dei
risultati clinici nei follow-up a 4 e 7 anni suggerisce un ruolo preventivo
long-acting del lattobacillo. Dato che i livelli di IgE totali e la prevalenza
di sensibilizzazione agli allergeni alimentari risultarono invariati, gli autori
attribuiscono l’effetto protettivo (IgE-indipendente) alla produzione di cito-
chine con effetto tollerogenico, indotta dal LGG (IL-10 e TGF-β).
La supplementazione perinatale con L. reuteri ATCC 55730, testato nel-
lo studio clinico randomizzato controllato di Abrahamsson, risultò altret-
tanto efficace nel ridurre l’eczema IgE-mediato durante il secondo anno
di vita dei lattanti trattati (p=0.02).
Meno confortanti sono stati i risultati dei numerosi trials condotti per
verificare le potenzialità terapeutiche dei probiotici in corso di dermatite
atopica. Il loro principale limite risiede nell’avere relegato gli outcome alla
sola valutazione delle lesioni cutanee, quantificate con lo SCORAD (SCO-
Ring Atopic Dermatitis), senza indagare il profilo immunologico (cellulare
e citochinico) prima e dopo l’intervento. Nelle “considerations for proto-
col design” Rijker precisa che gli studi d’intervento con probiotici dovreb-
bero comprendere la valutazione di biomarkers quali le citochine.
Malattie infiammatorie croniche a carico di apparati “lontani” dall’in-
testino quali l’asma bronchiale potrebbero essere promosse dalla migrazio-
ne di cellule e dalla diffusione di citochine proinfiammatorie (IL-4, TNF-α,
IL-23) a partenza intestinale. Tale ipotesi ha portato a indagare in modo
estensivo il milieau polmonare tramite l’analisi dell’esalato condensato la
cui composizione riflette quella del fluido di rivestimento delle vie aeree
(lining fluid).
Probiotici in allergologia 55
Per la Consensus SIPPS “La somministrazione di probiotici nella madre
in gravidanza e/o dopo la gravidanza e congiuntamente al lattante nei pri-
mi 6 mesi di vita può essere presa in considerazione come intervento per
la prevenzione della dermatite atopica, anche negli infrequenti casi a pre-
valente trigger alimentare, in bambini a rischio. L’effetto è modesto, ma
costante negli studi disponibili in letteratura. Non vi sono chiari effetti favo-
revoli sulla somministrazione di probiotici in lattanti alimentati al seno o
con formula, quando non vi sia stata supplementazione prenatale o post-
natale alle madri”.
Considerando che negli studi esaminati non sono stati rilevati signifi-
cativi eventi avversi nei gruppi trattati, il profilo di sicurezza dei probiotici
è decisamente buono.
La principale azione preventiva dei biomodulatori intestinali sarebbe
riconducibile alla capacità di contrastare il milieau flogogeno presente nel
soggetto atopico. Rimane, tuttavia, ancora da definire quale ceppo deb-
ba essere utilizzato.
A tal proposito il documento WAO precisa “We have not found diffe-
rences in the effects among probiotics but that does not imply that such
a difference does not exist”. Anche la recente metanalisi (2015) del grup-
po sud-coreano di Panduru non ha individuato una ceppo-specificità nel-
la prevenzione della DA.
Con la speranza che questo gap sia colmato e che non autorizzi lo sdo-
ganamento di batteri “probiotici” di nome ma non di fatto, rimane prio-
ritaria la necessità di utilizzare ceppi con profili di sicurezza, stabilità e fun-
zioni immunomodulanti garantiti da solide evidenze scientifiche (L. rham-
nosus GG, L. reuteri e alcuni bifidobatteri).
I dati incoraggianti sul ridotto rischio di sviluppare dermatite atopica
con la supplementazione di prebiotici, quali galatto-oligosaccaridi (GOS)
e frutto-oligosaccaridi (FOS), vanno interpretati con cautela. Difatti, dalla
metanalisi Cochrane emergono valori elevati della percentuale di drop-out
(pazienti arruolati persi al follow-up) e del numero necessario da trattare
(NNT, number needed to treat), vale a dire quanti pazienti trattare perché
uno di essi ne tragga beneficio. E’ necessario supplementare 25 lattanti
per prevenire un singolo caso di dermatite. Pertanto, le evidenze disponi-
bili in letteratura non consentono di raggiungere alcuna conclusione uti-
le a raccomandarne l’utilizzo.
Probiotici in allergologia 57
L’aforisma “one airway, one disease”, proposto da Jay Grossman nel
1997, accomuna rinite allergica e asma bronchiale in un unico processo
fisiopatologico, caratterizzato da una condizione di flogosi cronica a dif-
ferente espressività clinica.
In base alla durata dei sintomi (giorni o settimane) le recenti Linee Gui-
da ARIA (Allergic Rinithis and its Impact on Asthma) distinguono la rini-
te allergica in intermittente e persistente. Inoltre, la malattia può essere
ulteriormente classificata in lieve, moderata e severa in rapporto all’impat-
to sulla qualità di vita del paziente. La sintomatologia comporta prurito
nasale, starnutazioni, rinorrea (principalmente indotti dalla liberazione di
istamina) e ostruzione nasale, correlata alla flogosi mucosale.
La prevalenza della rinite allergica è aumentata in tutto il mondo, com-
preso il nostro Paese. Una ricerca multicentrica condotta in Italia setten-
trionale, nell’ambito del European Community Respiratory Health Survey
(ECRHS), riferisce valori pari al 18,5%, palesando un incremento di oltre
il 50% rispetto ai precedenti decenni. I dati epidemiologici su bambini e
adolescenti italiani prodotti dallo studio internazionale ISAAC (Internatio-
nal Study of Allergy and Asthma in Childhood) riportano percentuali di tut-
to riguardo: 6,6% nella fascia di età compresa tra i 6 e i 7 anni e 17,4%
tra i 13 e i 14 anni.
Non meno rasserenanti sono quelli relativi alla prevalenza di asma bron-
chiale che si attesta su valori dell’8,4% (6-7 anni) e del 9,5% (13-14 anni).
Dall’analisi emerge difatti che anche l’asma bronchiale ha subìto un sen-
sibile incremento in età evolutiva. Nell’ultimo documento GINA (Global INi-
tiative for Asthma) 2014 si torna a considerare il termine “asma” anche
per i bambini in età prescolare, considerando che tale patologia esordisce
in circa la metà dei casi durante la prima infanzia.
E’ inoltre rilevante il peso socio-economico delle patologie allergiche
respiratorie. I risultati di un questionario disegnato per misurare l’effetto
della rinite sul rapporto qualità della vita/stato di salute evidenziano pro-
blemi emozionali, disturbi del sonno e limitazioni nelle attività quotidiane.
Altri questionari finalizzati a valutare la qualità di vita in bambini e ado-
lescenti affetti da asma (Paediatric Asthma Quality of Life Questionnaire,
Adolescent Asthma Quality of Life Questionnaire) hanno sostanzialmen-
Probiotici in allergologia 59
ti fino a ore, la cui espressione varia da grado lieve fino a forme severe
(anafilassi). Cofattori di queste ultime includono la concomitante ingestio-
ne di altri alimenti, la presenza di comorbidità (asma) e l’esercizio fisico.
ALLERGIA ALIMENTARE:
UN CAMALEONTE CLINICO
Caratterizzate da iper-eosinofilia
• Esofagite eosinofila
• Gastroenterite eosinofila
Probiotici in allergologia 61
In base all’inefficacia, mostrata negli studi disponibili, della
supplementazione dei probiotici nel prevenire l’allergia ali-
mentare in letteratura, la position paper 2012 WAO, le Linee
Guida 2014 EAACI e la Consensus 2014 SIPPS concordano nel
non somministrarli.
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Probiotici in allergologia 65
CAPITOLO 4
PROBIOTICI...QUANDO
LA CICOGNA ARRIVA
COL BISTURI
“Prega per noi adesso
e nell’ora della nostra nascita”
Thomas Stearns Eliot
Il taglio cesareo ha una storia antica, radicata nella cultura di tutti i popo-
li (Indu, Egizi, Greci, Romani). Per la mitologia greca Apollo estrasse Ascle-
pio dal ventre della ninfa Coronide, prima di incenerirla perché rea di infe-
deltà con un mortale. Durante il regno di Numa Pompilio (715-673 a.C.),
la Lex Regis de inferendo mortis imponeva l’estrazione del feto in caso di
decesso della madre durante il travaglio (“si mater pregnans mortua sit,
fructus quam primum caute extrahatur”).
Per diversi secoli il taglio cesareo fu eseguito solo su donna morta fino
al 1581 quando François Rousset, medico di corte del Duca di Savoia, rea-
lizzò il primo parto cesareo. In realtà, le cronache dell’epoca riportano un
precedente intervento (1500) esitato a buon fine grazie alla maestrìa di
un signore svizzero, Jacob Nüfer, altrettanto avvezzo a lame e coltelli ma
di professione…castratore di maiali.
Oggigiorno il taglio cesareo rappresenta la procedura chirurgica esegui-
ta su donna più frequente al mondo. In relazione al range ottimale di ricor-
so al parto cesareo, un recente documento redatto dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (2012) ribadisce le precedenti raccomandazioni pub-
blicate nel 1985, precisando che valori superiori al 10-15% potrebbero risul-
tare dannosi sia per la mamma che per il neonato. La posizione dell’OMS
deriva dall’allarmante incremento del ricorso a tale modalità registrato negli
ultimi due decenni in Paesi con stile di vita occidentale. Negli USA la per-
Va, tuttavia, precisato che non tutti i probiotici sono uguali: ciascun cep-
po è dotato di proprietà peculiari. Pertanto, i relativi effetti non possono
essere estrapolati e attribuiti ad altri ceppi.
La valenza preventiva della supplementazione perinatale con probioti-
ci in lattanti nati da parto cesareo è stata recentemente validata dalle dichia-
razioni di Allan Walker, “guru” dell’immunologia mondiale: “…dysbiosis
and its accompanying increase in disease expression can be prevented by
probiotics…Fortunately, infants with inadequate intestinal colonization can
be restored to a bacterial balance with the intake of probiotics”.
Tra gli studi realizzati (molti sono attualmente in cantiere) meritano par-