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Mentre la magia nera mira ad accrescere il potere del mago tramite l'invocazione di

forze soprannaturali e paranormali, che vadano oltre le leggi naturali imposte alla realtà, la magia
bianca intende operare in armonia con esse, ritenendo che ogni organismo, fenomeno o evento abbia
un suo posto nel disegno universale stabilito da Dio, in quanto partecipe di un'unica Anima del
mondo (concezione tipica del neoplatonismo che si ritrova ad esempio in Marsilio Ficino).
Più precisamente, chi fa della magia nera cerca di sottomettere le entità del cosmo al proprio volere
(sovvertendone le leggi), chi fa della magia bianca sottomette invece la propria volontà alle leggi del
cosmo. Ciò significa che per operare in armonia con l'universo occorreva sviluppare un senso
morale basato sull'obbedienza a Dio e sul rispetto della sua volontà.
E poiché si pensava che la volontà divina coincidesse con la razionalità oggettivata del mondo, la
magia bianca si proponeva di preservarla, e anzi di favorire la sua naturale evoluzione. La magia
bianca si inseriva così nell'ottica tipica dei pensatori rinascimentali, i quali ritenevano che tutta la
creazione, corrottasi a causa del biblico peccato originale, tendesse a ritornare verso la perfezione
originaria. Come l'uomo tende verso la divinizzazione, così ogni elemento tende a ritornare verso la
meta cui è stato assegnato (o entelechia), secondo la concezione aristotelica mescolatasi con
quella platonica. Si cercava in un certo senso di risolvere la materia nello spirito; la magia bianca finì in
tal modo per coincidere con l'alchimia, che si prefiggeva di costruire la pietra filosofale, al fine di
trasmutare i metalli in oro, considerato la meta naturale di ogni elemento. L'oro era ricercato non a
scopi di avidità o di possesso, ma per le sue proprietà intrinseche, essendo tra i metalli quello più
incorruttibile (cioè più resistente al tempo), oltre ad essere un ottimo catalizzatore da usare nelle
reazioni chimiche.
Gli interessi suscitati dalla magia bianca, rivolta esclusivamente allo studio della natura e al rispetto
delle leggi in essa presenti, funsero così da apripista alla chimica moderna. L'opera
dell'alchimista consisteva infatti essenzialmente nello studio empirico delle sostanze elementari e in
esperimenti scientifici su di esse. Egli ne cercava le proprietà operando all'incirca come un chimico,
catalogandole, tentando miscugli, introducendo nel suo lavoro fornelli ed alambicchi che saranno poi gli
strumenti principali utilizzati dalla chimica come la intendiamo oggi.

Brevi cenni storici[modifica | modifica wikitesto]


In ambito ebraico ha avuto una notevole rilevanza lo studio e lo sviluppo di un alfabeto, introdotto
da John Dee e da questi attribuito al patriarca Enoch, dal quale venne chiamato appunto enochiano,
alfabeto ritenuto adatto a parlare con gli angeli e gli spiriti buoni, i quali venivano chiamati con dei nomi
formulati in questo particolare linguaggio.
Intorno al Quattrocento vi fu Abramelin il mago, che nel suo grimorio parla di una magia sacra e bianca
solo leggermente inferiore alla più famosa Cabbala; nel suo manoscritto intitolato La Magia Sacra egli
afferma di poter comandare spiriti demoniaci, dopo averli fatti giurare, con l'aiuto del proprio angelo
custode. Allora, tuttavia, le pratiche che miravano a sovvertire l'ordine naturale erano considerate di
ispirazione diabolica, e furono condannate dalla Chiesa durante tutto il Medioevo e il Rinascimento.
Nel XIX secolo uno dei grandi studiosi di magia in generale, ma dedito alla magia bianca fu Eliphas
Lévi.
Secondo Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986) la magia dovrebbe essere distinta dall'occultismo:
l'occultismo non è la vera scienza spirituale in quanto è un miscuglio di bene e di male. La vera magia è
la magia divina che consiste nell'utilizzare le proprie facoltà e il proprio sapere per realizzare il regno di
Dio sulla terra. Il mago, precisa questo autore, è colui che lavora nella luce e per la luce, è colui che
desidera sempre di fare del bene, di consolare, illuminare e vivificare le creature.
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