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Ogni soggetto della pianificazione territoriale è sottoposto alle direttive di livello superiore e detta
prescrizioni a se stesso e ai soggetti di grado inferiore. L’ unione europea è all’apice di questa
gerarchia, ha il ruolo di emanare atti vincolanti nei confronti degli Stati membri. Gli obbiettivi che
cerca di perseguire l’ Europa sono: lo sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità. Per
ottenere tali obbiettivi si serve delle direttive: - La direttiva uccelli 79/49/CEE, sostituita dalla
2009/147/CEE mira a mantenere e ristabilire una varietà e una superficie sufficiente di habitat a
tutte le specie selvatiche del territorio. - La direttiva Habitat 92/43/CEE, relativa alla conservazione
degli habitat naturali e della flora e fauna selvatica. Esse affiancandosi contribuiscono alla
salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat. Queste direttive prevedono
che la regione o province autonomi individuino una serie di zone: per quanto riguarda la direttiva
uccelli ZPS (zone di protezione speciale), per quanto riguarda la direttiva habitat SIC (siti di
importanza comunitaria) e ZSC (zone speciali di conservazione). Successivamente all’ individuazione
di queste zone saranno segnalate al ministero per l’ambiente che le segnalerà alla commissione
europea. L’insieme della aree individuate andranno a formare la rete ecologica chiamata rete 2000
che ha lo scopo di attenuare il fattore isolamento tipico di riserve e parchi. Lo stato esprime il
proprio ruolo nella pianificazione attraverso strumenti legislativi che mirano alla tutela
dell’ambiente e del territorio, tramite leggi e decreti: - La legge Serpieri 3297/1923 Sulle limitazioni
allo sfruttamento dei boschi e dei territori montani, e la prima legge forestale, pone dei vincoli per
scopi idrogeologici, l’obbligatorietà delle predisposizioni dei piani di assestamento forestale per la
gestione dei boschi pubblici, l’intervento dello stato per la sistemazione idraulico-forestale dei
bacini montani, le disposizioni per la redazione delle prescrizioni di massima di polizia forestale -
L.n 1150/1942 legge urbanistica: definisce i piani di coordinamento regionali che hanno il compito
di scegliere e vincolare le zone di interesse naturalistico e ambientale. Demanda ai piani regolatori
comunali l’attuazione dei vincoli sui beni storici, ambientali e paesaggistici. – D.M 1444/1968 è uno
strumento statale atto al controllo dell’attività edilizia sul territorio e miglioramento della vivibilità
del cittadino. Questo decreto regola l’applicazione di Indici e Standard Urbanistici all’interno delle
zone omogenee della superficie comunale – L.n 431/1985 Legge Galasso: regola la redazione di
piani paesaggistici o piani urbanistici territoriali, che sottopongono a specifica normativa d’uso e
valorizzazione ambientale il territorio, vincolando bellezze naturali su territori individuati in blocco
e per categorie morfologiche. - La Legge Quadro sulle Aree Protette 394/91 regola le aree
protette. D.L 22 gennaio 2004 (codice urbani) codice dei Beni culturali e paesaggistici: definisce le
modalità di stesura di un piano paesaggistico che ha il fine di tutelare il patrimonio naturale e
paesaggistico, e riprende la - L.n 1497/1939 protezione delle bellezze naturali: i vincoli consistono
nelle limitazioni alla proprietà privata con caratteristiche intrinseche del bene immobile che ne
impongono la tutela (con valore estetico e tradizionale). –D.L 2006 n°152 norme in materia
ambientale: Tratta le procedure per la redazione della VAS (valutazione ambientale strategica) e
della VIA (valutazione di impatto ambientale). Ha come obbiettivi la difesa del suolo, la tutela delle
acque e dell’aria, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati. - D.L 2008 Codice Rutelli dei
beni culturali e del paesaggio: integrazione del Codice urbani con principali novità quali
l’introduzione del reato di frode paesaggistica e l’obbligo di collaborazione tra stato e regione per i
piani paesaggistici. Regola la salvaguardia del patrimonio pubblico e gli interventi per la
demolizione degli ecomostri (edifici non completati). - La regione: è sottoposta ai due soggetti
precedenti, essa detta le prescrizioni alla provincia e al comune. Esprime il proprio ruolo attraverso
tre strumenti di pianificazione. La legge urbanistica regionale definisce i compiti dei soggetti della
pianificazione, la struttura e i contenuti dei diversi piani (in particolare del piano regionale
paesaggistico). Il piano territoriale regionale di coordinamento, costituito da testi e carte relative
alla conoscenza di tutto il territorio; tale piano deve essere sottoposto alla VAS ed alla VIA. Il piano
paesaggistico, individua sia gli ambiti che gli elementi di pregio paesaggistico e fornisce indicazioni
per la gestione. La provincia, a seguito della legge 142/90 recepisce le leggi degli organi superiori e
ne disciplina l’esecuzione ai Comuni su vari settori quali difesa del suolo, tutela e valorizzazione
delle risorse idriche ed energetiche, smaltimento dei rifiuti,protezione della flora e della fauna,
caccia e pesca, viabilità e emissioni atmosferiche. Lo strumento che utilizza è il piano territoriale
provinciale (PTP), e del piano territoriale di coordinamento (PTC). Il PTP, evidenzia le funzioni e
spiega la modalità e i compiti che deve svolgere il comune. Il PTC invece determina gli indennizzi, le
diverse destinazioni del territorio, gli interventi di sistemazione idraulico-forestale, le aree dove è
opportuno istituire parchi o riserve e la carta dei vincoli. Il comune, utilizza come strumenti il piano
di assetto del territorio (necessita approvazione della provincia), esso fissa gli obbiettivi e le
condizioni di sostenibilità di interventi e trasformazioni ammissibili dai comuni ad esempio
recepisce i siti di interesse quali parchi e riserve, facendo riferimento a particolari cartografie quali
carta della fragilità e vincoli. In tale piano sono inoltre recepiti a livello internazionale i siti SIC e ZPS.
L’altro strumento è il piano di interventi (non necessita di approvazione), corrisponde al vecchio
piano regolatore e parallelamente al PAT ne regola gli interventi in relazione al bilancio comunale.
Obbliga inoltre i comuni alla VAS.
E’ dagli inizi degli anni ’90 che l’Organizzazione intergovernativa di paesi sviluppati (OECD)
ha proposto di usare indicatori come strumento di monitoraggio e divulgazione delle
informazioni. Il termine indicatore esprime un valore relativo ad una determinata
caratteristica (es: la quantità di biossido di zolfo nell’ aria esprime la qualità dell’aria solo
relativamente a questo parametro). Invece con indice si intende un insieme di indicatori,
aggregati tra loro in maniera diversa che forniscono un parametro di sintesi di più facile e
immediata comprensione (es: indice di qualità dell’aria, IQA, deriva da una formula in cui
sono inserite le concentrazioni di biossido di azoto, polveri sottili e ozono). Ogni indicatore,
affinché sia valido ed efficace, deve presentare alcune caratteristiche importanti: -
rappresentatività, deve avere validità generalizzabile a molte situazioni analoghe, anche se
non identiche (es: l’IQA deve avere lo stesso criterio di calcolo in diversi territori per
permettere il confronto dei dati). - accessibilità, non deve richiedere tecniche di misura
sofisticate (es: indicatori del settore socio-demografico come il tasso di natalità dato dalla
singola formula nati vivi/popolazione residente *100). - standardizzabilità, deve essere
facilmente comprensibile al maggior numero di persone (es: indicatori climatici come le
regioni climatiche di Koppen che determinano la suddivisione nelle varie zone attraverso
dati semplici come la temperatura media annua, l’escursione annua ecc.). - operatività,
deve procurare indicazioni chiare e utili per organizzare le azioni (es: i cingoli vegetazionali
dello Schmidt che determinano le specie vegetali con esigenze pedologiche e climatiche
affini come Larix-Cembra o Fagus-Abies e che vengono utilizzati per l’inquadramento
vegetazionale nella fase di stesura della relazione di un piano a livello comunale). Inoltre vi
è la distinzione tra la vasta gamma di indicatori, ed è quella fra: - indicatore qualitativo, si
riferisce ad una descrizione di caratteristiche che hanno la capacità di rappresentare una
determinata situazione (es: nell’indice di funzionalità fluviale, IFF, si associa ad ogni livello
un giudizio qualitativo come elevato, mediocre, scadente ecc.). - indicatore quantitativo, è
un dato numerico che mette in evidenza in modo sintetico una determinata situazione. Gli
indicatori quantitativi a loro volta possono essere: - indicatori assoluti, interpretabili
attraverso una tabella di riferimento (es: tabella dell’IFF per la valutazione dello stato
complessivo dell’ambiente fluviale). - indicatori relativi, hanno significato solo se
confrontato con la casistica di campioni, in quanto presi singolarmente non danno alcuna
informazione (es: per determinare il grado di ricchezza floristica di una superficie, devo
confrontare la mia area di saggio con più campioni su un territorio più ampio).
Uno dei settori principali in cui è richiesto il dimensionamento del valore faunistico del
territorio è quello della gestione delle aree protette. La stima del valore di un ecosistema
sulla base della risorsa faunistica è fondamentale per zonizzare il territorio in base alle sue
funzioni e quindi per stabilire i criteri di gestione e di vincolo. La fauna riveste
un’importanza biologica (valore oggettivo) determinata del ruolo di una specie all’interno
del sistema ambientale e sociale, relativa alle diverse forme di utilizzazione della fauna e
della percezione soggettiva della stessa da parte dell’uomo. Per determinare il valore
faunistico di un territorio si utilizzano i seguenti parametri: - biologici, si rivolgono
esclusivamente alla tutela dell’animale quindi mirano ad inquadrarne le sue condizioni di
vita in un determinato territorio. - sociali, riguardano le diverse forme di utilizzazione della
fauna e la percezione soggettiva di esse da parte dell’ uomo. Per quanto riguarda gli indici
biologici, essi sono strutturati mediante classi di punteggio direttamente proporzionali al
pregio che assume l’animale (da 1, basso a 5, alto), e tra queste ci sono: - livello trofico,
dato dalla posizione di una specie all’interno della catena trofica (es: consumatori
primari=1,consumatori secondari di terzo grado=5). - indice di sensibilità, in relazione alla
compatibilità con le azioni umane (es: specie antropofile=1, specie antropofobe=5). -
stenoecia, valuta le specie legate ad habitat particolari (es: specie poco esigente=1, specie
strettamente legata ad habitat assai particolari=5). - rarità naturale, percentuale di
presenze in rapporto alla popolazione mediamente presente nel periodo considerato. -
presenza riproduttiva nell’area, se la specie è strettamente legata a quell’habitat e da esso
dipende, ricade nella classe 5 (maggior pregio e alto grado di tutela). - presenza stagionale
nell’area , se è presente tutto l’anno (grado 5), se è presente meno di un mese (grado 0).
Invece per quanto concerne gli indici sociali, essi variano in genere da 1 (basso) a 3
(elevato) e vengono rilevati attraverso interviste su un campione rappresentativo di
birdwatchers e cacciatori. Tra gli indici sociali ci sono: - contattabilità, probabilità che ha un
visitatore di incontrare o sentire il richiamo di una determinata specie. - gradevolezza, il
piacere soggettivo che suscita la visione di una determinata specie. - valore di immagine,
specie importante anche nella misura in cui colpisce la fantasia, spesso legato a mode e
condizionamenti (influsso di film e pubblicità), - valore venatorio, legato al significato
ancestrale della caccia.
La Cluster analysis risulta utile quando si vuole ottenere una zonizzazione del territorio in
aree omogenee per un determinato carattere, a partire da una serie campionaria di aree di
saggio, che hanno invece una distribuzione puntuale. Quindi data una serie campionaria di
aree di saggio (almeno una trentina) si individuano i gruppi in cui essa può essere suddivisa,
con ogni gruppo il più possibile simile al suo interno e complessivamente diverso dagli altri
gruppi. A titolo di esempio si può applicare la cluster analysis per conoscere il grado di
naturalità delle varie zone di un territorio. Per prima cosa si applica l’indice di diversità di
Minkowsky ai caratteri stazionali delle aree di saggio con archiviazione dei dati in una
matrice, lo stesso si fa per la composizione floristica attraverso l’applicazione dell’indice di
Sorensen considerando come indice di diversità (1-(2c/a+b) per poterlo poi confrontare con
Minkowsky. Ora la prima operazione logica consiste nell’individuazione, all’interno della
matrice delle due aree più simili (indice di diversità più basso) e il tutto viene poi
efficacemente rappresentato graficamente attraverso un dendrogramma. Il fatto di aver
individuato due aree praticamente identiche porta alla loro fusione e quindi alla riduzione
della matrice attraverso il metodo del legame semplice (si prende il valore più basso tra le
due aree), del legame completo (si attribuisce il valore più alto) o del legame con la media
aritmetica (si attribuisce il valore medio). Dopo aver ridotto la matrice si procede
nuovamente alla ricerca del nuovo valore più basso e alla successiva rappresentazione nel
dendrogramma, operando in questo modo fino alla fine delle aree di saggio. Infine
attraverso l’attenta osservazione dei dendrogrammi si possono notare le aree di saggio più
simili sia per caratteri stazionali che per la composizione floristica, determinando quindi le
zone sul territorio prossime alla naturalità.
L’ obbiettivo primario dell’ecologia del paesaggio consiste nel far convivere e far quindi
coesistere sullo stesso territorio le esigenze dell’uomo con quelle della natura. Gli
obbiettivi generali sono, ottimizzare la vicinanza e la connessione delle macchie boscate,
massimizzare la complessità strutturale e compositiva degli ecotopi, massimizzare le
funzioni idrologiche, ottimizzare la forma, le dimensioni e la distribuzione di macchie dei
corridoi in modo da esplicare al meglio la loro funzione, massimizzare l’eterogeneità del
paesaggio. Gli obiettivi particolari sono, la creazione di zone di ricolonizzazione dei vegetali
e zone di riposo biologico della fauna, lasciare un minimo di superficie con vegetazione
erbacea incolta, lasciare ad ogni nodo della rete dei corridoi di fuga, con delle aperture
della rete mai a distanza dispersiva della specie chiave, adeguare la distanza delle macchie
con la distanza dispersiva delle specie, massimizzare la vicinanza delle macchie boscate. Lo
strumento fondamentale per la costruzione degli ecosistemi a funzione paesaggistica-
ecologica è la rete ecologica. Con essa si può intervenire ai fini della valorizzazione
ecologica e paesaggistica. Infatti essa permette di ristabilire una continuità sufficiente tra le
varie unità ecosistemi naturali o semi naturali. Può essere intesa come struttura reticolare
variamente complessa attraverso le reti ecologiche si può reintrodurre e/o migliorare gli
impianti agroforestali. Molto importante a tal fine è la costituzione o il miglioramento dei
corridoi e delle macchie. Essi possono avere funzioni produttive, protettive, conservazione
della biodiversità degli agro ecosistemi. A seconda della funzione primaria che viene
attribuita essa sarà progettata in maniera differente. Ad esempio le siepi per la natura
selvatica dovrebbero essere arricchite nella composizione e nella struttura e presentare
arbusti produttori di bacche e alberi d’alto fusto per fornire diverse varietà di riparo. Anche
lo strato erbaceo è molto importante. Ai fini di protezione e quindi anche di
riperimetrazione può essere importante inserire specie spinose e di gradevole aspetto
estetico, su più filari per tamponare rumore e polveri. Ai fini produttivi la scelta delle piante
in base alle caratteristiche di produttività, densità del legno ed è essenziale lo schema di
impianto. Quindi in generale ai fini progettuali occorre: Stabilire la funzione primaria,
analizzare gli aspetti della stazione (pedologici climatici ecc.), analizzare gli aspetti
economici, determinare le specie autoctone più idonee e la loro consociazione, studiare la
struttura. A tal proposito esistono molti schemi utili ai fini progettuali. Le reti ecologiche
presentano dei vantaggi e degli svantaggi. - Vantaggi, aumentano la qualità delle acque
superficiali, dell’aria e la qualità percettiva e produttiva del paesaggio rurale, la probabilità
di ricolonizzazione di un ecotopo, diminuisce la possibilità di inbreeding. Aumenta la
dispersione delle specie legate anche al loro ciclo vitale. - Svantaggi, aumenta la possibilità
di prelazione e di scomparsa di determinate specie, riducono la possibilità di spostamento
di determinate specie, possono favorire la diffusione di disturbi, rendono più complessa la
gestione dell’azienda agricola.