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AL-QANUN AL-AKBAR AR-RAMY

“LA GRANDE REGOLA


DEL TIRO CON L'ARCO”.
I 34 PUNTI DI TENSIONE E
RILASSAMENTO DEL CORPO
SECONDO I MANUALI ARABI
Giovanni Amatuccio ©

2013 © http://www.academia.edu
ABSTRACT

In alcuni trattati arabi medievali di tiro con l'arco, si trova un elenco di 34 pun-
ti del corpo coinvolti nell'azione del tiro che ogni buon arciere deve conoscere
per padroneggiare l'arte del tiro con l'arco. Secondo la teoria degli antichi Mae-
stri, ciascuno di questi punti deve essere tenuto teso o rilassato: non rispettarndo
la dialettica tensione-rilassamento prescritta, un tiro corretto diventerà impossi-
bile. L'arciere moderno sarà piacevolmente sorpreso dalla finezza tecnica e dalla
meticolosità “scientifica” con cui il tema è affrontato in questi testi di secoli fa,
che non hanno nulla da invidiare ai moderni manuali tecnici di tiro con l'arco. Il
saggio elenca, esamina e spiega i 34 punti basandosi sullo studio delle fonti - in
particolare il trattato di un autore Siriano del quattordicesimo secolo - e su una
sperimentazione diretta.

In some medieval Arabic treaties of archery, there is a list of 34 points of the body in-
volved in the shooting act that any good archer needs to know to master the art of archery.
According to the old Masters theory, each of these points should be kept tense or relaxed:
not respecting the dialectic tension-relaxation prescribed, the right shot will become im-
possible. Modern archer will be pleasantly surprised by the technical finesse and “scientif-
ic” meticulousness which the matter dealt with in these texts of centuries ago, which have
nothing to envy to the modern technical manuals of archery. The essay lists, examines
and explains the 34 points relying on the sources study, particularly that by a fourteenth
Century Sirian author, and on a direct experimentation.

2013 ©
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Il tiro con l'arco può sembrare ai profani un'arte semplice, tutta
questione di mira e allenamento: un po' come sparare con un fucile.
In realtà chi lo pratica sa benissimo che, invece, l'arte è dura è diffi-
cile da apprendere se si vogliono raggiungere risultati duraturi e
apprezzabili. La “mira” c'entra relativamente: quel che invece conta
è la coordinazione delle varie parti del corpo, l'uso corretto di que-
sto o quel distretto muscolare e osseo. Gli arcieri moderni sanno
bene come la dialettica tensione-rilassamento sia fondamentale nel-
la realizzazione di un buon tiro. Durante tutta l'azione alcuni mu-
scoli del corpo sorreggono lo sforzo e quindi sono tesi, mentre altri
partecipano scarsamente all'azione e, quindi, devono essere rilassati
per non ostacolare il funzionamento degli altri muscoli.
Il sogno di ogni arciere, e di ogni istruttore, è stato ed è quello di
riuscire a codificare un metodo, una tecnica, in grado di trasmettere
a se stessi o all'allievo una “mappatura” dell'azione, seguendo la
quale si potesse arrivare alla perfetta esecuzione del gesto e quindi
al centro del bersaglio. Un tale compito non è facile, si tratta di tra-
durre in parole e in scrittura sensazioni e movimenti, a volte infini-
tesimali, compiuti da decine di muscoli, ossa, tendini e terminazioni
nervose del corpo. Nel corso dei secoli questo compito è stato intra-
preso da molte più persone di quante possiamo immaginare e la
letteratura delle civiltà più avanzate dell'antichità - che coltivavano
l'arte dell'arcieria e al tempo stesso quella della parola scritta (per-
siana, araba, cinese ecc.) - ci ha tramandato numerosi trattati, attra-
verso i quali, il sapere del singolo maestro o di intere scuole è, per
fortuna, giunto fino a noi, nonostante i secoli di oblio, durante i

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

quali essi sono rimasti seminascosti in archivi e biblioteche di mez-


zo mondo.
Bisogna anche dire che, purtroppo, forse a causa della scarsa
considerazione della quale godette il tiro con l'arco come strumento
bellico, niente di tutto ciò è riscontrabile nella scarsa produzione
letteraria dell'Occidente, e che solo negli ultimi tempi - grazie
all'apporto delle moderne scienze medico-sportive - si è arrivati a
delle analisi dell'azione biomeccanica necessaria alla corretta esecu-
zione del gesto nel tiro con l'arco. I recenti lavori di Kisik Lee (Total
Archery) e di Ray Aksford (Archery Anathomy) rappresentano, ad
esempio, il livello raggiunto oggi dall'analisi “scientifica” delle fasi
di tiro, che tiene conto dei molteplici fattori biomeccanici insiti nella
costruzione e nell'esecuzione del tiro1.
Ma se l'Occidente è giunto solo oggi a un'analisi approfondita
della dinamica del tiro, come dicevamo, altrettanto non può dirsi
dell'Oriente. In effetti, i pochi trattari occidentali prodotti tra il Me-
dioevo e l'Età Moderna (Toxophilus, il testo di Horace Ford ecc., ri-
spettivamente del XIV e del XIX sec.) non presentano livelli di ap-
profondimento in tal senso2. Al contrario, il Vicino e l'Estremo O-
riente hanno prodotto una vasta letteratura manualistica sull'argo-
mento. Tanto per cominciare ricordiamo la Cina, con i suoi nume-
rosi trattati di arcieria scritti in varie epoche della sua storia, che a
loro volta, in molti casi, hanno poi dato origine ai testi giapponesi
utilizzati nel Kyudo. Tra i trattati cinesi ricordiamo, a titolo di e-
sempio, quelli di Gao Ying (XVII secolo), nei quali compare una
minuziosa analisi di tutte le fasi del tiro e delle parti del corpo coin-
volte3. Vi è poi la manualistica araba, con i suoi numerosi mano-

1 KISIK LEE, ROBERT DE BONDT, Total Archery, Samick Sports Co. 2005; RAY
AXFORD, Archery Anatomy: An Introduction to Techniques for Improved Performance,
Souvenir Press Limited, 1995.
2 ROGER ASCHAM, Toxophilus. La scuola di tiro, ed. it. a c. di S. Benini, Bologna 1994;

HORACE A. FORD, Archery, its theory and practice, 2a ed., Londra 1859.
3 Alcuni trattati cinesi sono compendiati e parzialmente tradotti in STEPHEN

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

scritti, nei quali si condensa il sapere tecnico tramandato dalle pre-


cedenti civiltà entrate poi nell’orbita dell’ “impero islamico”, in par-
ticolare quella persiana. Questi testi contengono minuziose tratta-
zioni sugli archi, le frecce e i vari aspetti della tecnica di tiro,
l’allenamento, la competizione ecc. Insomma, ognuno di essi, da so-
lo, costituisce un vero e proprio manuale.
Nel presente saggio non intendo esaminare e descrivere in detta-
glio il loro contenuto, né esso vuole essere un moderno manuale,
cosa che richiederebbe ben altri spazi. Del resto, chi fosse interessa-
to alle due cose, può rivolgersi alla eccellente edizione di uno di
questi trattati (Saracen Archery), oppure al più recente lavoro di A-
dam Swoboda4. È mia intenzione, invece, portare all’attenzione del
lettore ed esaminare nel dettaglio, uno degli aspetti specifici, a mio
parere, più originale e prezioso di tali testi: i 34 punti di tensione e
rilassamento.
Alcuni manuali arabi forniscono, infatti, una lista, più o meno
dettagliata, sulle parti del corpo da tenere rilassate o tese durante le
fasi del tiro. Ciò, come si ricordava in precedenza, faceva parte di
un tentativo di “mappatura” delle complesse attività muscolo-
scheletriche messe in moto durante l’azione del tiro e dalla cui di-
sposizione dipendeva la sua riuscita. Insomma, una chiave di lettu-
ra della motricità corporea degna di assoluta considerazione anche
da parte degli arcieri moderni. E dunque, in questo breve saggio, mi
pongo l’obiettivo di elencare, commentare e rendere comprensibile
questa classificazione agli occhi dei moderni arcieri dediti al tiro
con l’arco orientale, ma non solo. Prima di tutto sarà necessario, pe-
rò, tracciare un succinto quadro sinottico delle fonti a cui si fa rife-
rimento.

SELBY, Chinese Archery, Hong Kong 2000. In particolare, i testi di Gao Ying sono
alle pp. 322-348.
4 J.D. LATHAM – W.F. PATERSON, Saracen Archery, Holland Press, London 1970

ADAM SWOBODA, The Art of Shooting a Short Reflexed Bow with a Thumb Ring, ed.
Adam Swoboda 2011.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

I Sassanidi erano stati i maggiori arcieri dell'antichità e avevano


prodotto una ricca letteratura sull'argomento, e, a tale proposito, va
osservato che le conoscenze elaborate dagli arabi sull'arcieria, erano
sicuramente retaggio della secolare esperienza persiana. Successi-
vamente, con l'affermarsi della lingua e della cultura arabe in tutto
il Medio Oriente, si ebbe un fiorire di trattati di carattere militare. I
libri sull'arcieria facevano parte di una più vasta letteratura costitui-
ta dai trattati di furusiyya ovvero la Cavalleria araba, comprendenti
lavori sull'impiego delle varie armi e sull'ippiatria. I trattati specifici
d'arcieria, secondo i casi, o costituivano una parte rilevante all'in-
terno di quelli più generali di furusiyya oppure erano redatti separa-
tamente5.
La copiosa produzione letteraria di matrice araba, si giustificava
innanzi tutto con l'importanza che presso quei popoli aveva l'arco
come arma da guerra. Tale utilità pratica, si traduceva, poi, quasi in
un culto di quest'arma e delle attività ad essa collegate. Un secondo
fattore che ha portato alla proliferazione di tali trattati, è stata cer-
tamente la spiccata tendenza del medioevo arabo-islamico, alla si-
stematizzazione “scientifica” di molti campi del sapere umano.
Proprio, nell’aspetto qui esaminato (i 34 punti) si può infatti rilevare
una tendenza all'analisi degli aspetti del tiro con l'arco legati all'a-
natomia del corpo umano, che stupisce per la sua meticolosità e
precisione; entrambe dovute, probabilmente, alla grande conoscen-
za in campo medico-anatomico della civiltà araba medievale. Altro
importante fattore della diffusione di questa letteratura tecnica, fu

5 La più recente sintesi su tale letteratura si può trovare in SHIBAB AL-SARRAF,


Mamluk Furusyah Literature and Its Antecedents, in «Mamluk Studies Review», vol.
VIII, 1(2004), pp. 141-200, nel quale una sezione specifica è dedicata ai testi di ar-
cieria (pp. 160-172). Dello stesso autore è da segnalare la sua inedita tesi di dotto-
rato, che rappresenta una importante risorsa per lo studio dell’arcieria araba nel
suo periodo d’oro, quello mamelucco: SHIHAB AL SARRAF, L'archerie Mamluke
(648-924/1250-1517), Université de Paris-Sorbonne, 1984.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

sicuramente costituito dal fatto che i soldati-arcieri mamelucchi (nei


secoli dal XIII al XV) erano in grande maggioranza dotati di un di-
screto livello di alfabetizzazione, che li metteva in grado di poter
leggere e studiare i manuali preparati allo scopo. Cosa questa che
non trova riscontro nell'Occidente, dove, ad esempio, gli arcieri in-
glesi erano tanto rinomati quanto analfabeti. La produzione dei
manoscritti copre un periodo che va dal X al XIX secolo, con una
continuità di contenuti che travalica lo scorrere dei secoli, essendo
spesso le opere filiazione diretta delle precedenti. Il processo di tra-
smissione avveniva attraverso la semplice copiatura dei manoscritti
o con compendi successivi e ciò ha fatto si che la tradizione dei testi
sia stata spesso viziata da gravi lacune, inesattezze, errori di trascri-
zione e di interpretazione, che hanno dato luogo a numerosi equi-
voci e incomprensioni tra gli stessi autori coevi della letteratura
d'arcieria. Ciò giustifica in parte anche la scarsità e la frammentarie-
tà degli studi moderni su tale importante letteratura. Infatti, allo
stato attuale, solo pochi dei numerosi manoscritti conservati nelle
biblioteche di mezzo mondo sono stati studiati e pubblicati e, come
avverte uno dei massimi studiosi contemporanei della materia, il
già menzionato Shihab Al-Sarraf : « Ci vorranno molti anni di si-
stematica ricerca, durante i quali il nocciolo principale della lettera-
tura di arcieria – tutta ancora in forma manoscritta – sia esaminato e
collazionato, per chiarire il quadro »6.
Alla luce di quanto detto, appare evidente che, allo stato attua-
le della ricerca, una trattazione generale ed esaustiva del tema
dell'arcieria arabo-islamica, è impresa pressoché impossibile. Ecco
quindi il perché della focalizzazione specifica del presente saggio su
«un solo aspetto specifico, seppure molto importante, della vasta
materia, che si incentra sulle poche fonti certe edite e pubblicate. Si
tratta, nel dettaglio di:

6 SHIBAB AL-SARRAF, Mamluk …, cit., p. 161.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

1. Mardi b. 'Ali al-TARSURI, Tabsirat arbab al-albab... (Spiegazione per lo spirito


sul modo di disporsi durante il combattimento.....), 1200 c.a.; 7.
2. Abd Allah Ibn MAYMUN, Kitab al 'Ifada wa-l-Tabsir... , XIII -XIV cent., 8.
3. Husayn AL-YUNINI, Kitab fi ma'rifat ‘ilm ramy al-siham (traducibile appros-
simativamente con "Libro sulla scienza e la disciplina del tiro con l'arco"), c.
1317 9.
4. Al-Asrafi al-Baklamisi al-Yunani TAYBOGHA, Mss. Paris 2833, Br.Mus.1464.,
Gotha 1341,2 con il titolo Gunyat al-tullab fi ma'rifat al ramy bi al-nussab (“Re-
gole essenziali dell'arcieria per i principianti”) 1368 ca. 10

7 Composto da un dignitario della corte di Saladino come manuale tattico-


strategico per la guerra santa contro gli infedeli, databile, quindi, al tempo della
seconda Crociata. In esso è contenuto un intero capitolo dedicato all'arcieria
CLAUDE CAHEN, Un traité d'armurie composè pour Saladin, in «Bulletttin d'Etudes
Orientales», XII, 1947; ANTOINE BOUDOT LAMOTTE, Contribution à l’étude de
l’archerie musulmane, Damasco 1968.
8 Il libro è stato tradotto pubblicato a cura di Faris e Elmer (Arab Archery) come

opera di anonimo autore marocchino del XV secolo, sulla base del manoscritto
della Garret Collection (Princeton University Library, n. 793) del XVI sec. Ma di
recente Al Sarraf ha dimostrato l'identità di questo manoscritto con altri due
conservati a Istanbul (Köprülü mss. 1222 1223), stabilendo in tal modo il vero
autore, b. Maymun, e il periodo nel quale è stato redatto, il XIII secolo (NABIH A.
FARIS – ROBERT P. ELMER, Arab Archery, Princeton 1945. AL-SARRAF, L’archerie, cit.,
pp. 80-90).
9 Il testo è stato oggetto di una recente tesi di dottorato non pubblicata, nella qua-

le lo si attribuisce a un autore siriano del XIII-XIV secolo. L’autore ha pubblicato


l’edizione critica del testo originale arabo, basandosi su tre manoscritti, con un
ricco apparato e commento in inglese, ma senza la traduzione integrale del testo
arabo (MUHAMMAD B. ABDALLAH AL-YUNINI, Kitab fi ma’rifat ilm ramy al-siham. A
critical Edition of the Arabic Text together with a Study of the Work in English, A. D.
Jallon, doctoral thesis Victoria University of Manchester, 1980). Il libro di Al-
Yunini è costituito da un urjuzah , cioè un poema didattico, I cui versi sintetizza-
no I concetti chiave a mo' di promemoria facile da ricordare dall'arciere; il testo
poi si sviluppa su di un articolato commento dei vari versi.
10 La traduzione inglese condotta da Latham e Paterson, rappresenta l'opera più

recente e più completa sull'arcieria araba, in quanto ricca di note, commenti e


confronti con altri manoscritti arabi (LATHAM –PATERSON, Saracen ..., cit.).

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

5. Mustafa KANI, Telhis resail er-rumat (“Compendio dei trattati di arcieria”),


Istanbul 1847. 11.
Ciò per quanto concerne le fonti utilizzate. Va detto, inoltre,
che lo studio testuale è stato accompagnato da anni di sperimenta-
zione pratica da parte del sottoscritto, solo modo per poter com-
prendere appieno il senso del discorso e la relativa terminologia,
spesso confusi e oscuri, contenuti nei testi.
Il concetto di punti tesi, rilassati e immobili compare, sebbene in
maniera sporadica e marginale, già nei trattati più risalenti. Il ma-
noscritto di al-Tarsuri riporta nove punti:

In ciò che concerne il modo di tirare con tali archi e le cure attente con le quali
bisogna circondarli, diremo che ciò di cui l'arciere à bisogno in primo luogo è
di essere attento a nove elementi grazie ai quali egli raggiunge il suo scopo e
ottiene ciò che desidera. Tre di essi devono essere in linea (..), altri tre duri e
fermi, con un punto di appoggio convenevole e una buona direzione, altri tre
rilassati, come spiegano i maestri-arcieri. I tre elementi che devono essere in
linea sono: la parte dell'arco chiamata ra's, la punta della freccia e il gomito.
Questi tre elementi sono essenziali per l'arciere esperto. Secondo altri questi
tre punti sono: il dito medio, il petto e il ginocchio destro che giocano per essi
un ruolo preminente. I tre elementi che devono essere tenuti fermi sono: la
mano destra che aggancia la corda nella posizione 63, la mano sinistra che
tiene l'arco e il gomito sinistro. Se questi tre punti si rilassano il rilascio ne
risente. I tre elementi che devono essere rilassati sono: la testa, la nuca, e le

11 È di epoca molto tarda (XIX sec.) e si pone quasi a chiusura della vasta tradi-
zione precedente. Come si legge nel mandato del Sultano all'autore, il libro ha lo
scopo di raccogliere gli antichi trattati arabi e turchi e di compendiarli ad uso
degli arcieri dell'epoca. Il libro è stato parzialmente tradotto in tedesco e com-
mentato da JOACHIM HEIN, Bogenhandwerk und Bogensport bei den Osmanen, in
«Der Islam», XIV(1925), pp. 298-360, - XV(1926) , pp. 1-78, 234-294; e parzialmente
in inglese da PAUL E. KLOPSTEG, Turkish Archery and Composite Bow, New York
1934 (rist. Manchester 1987). Di recente è stata pubblicata l’edizione in fac-simile
con traduzione in Turco moderno: Okculuk Kitabi : Telhis-i Resailat-i Rumat (Asil
Metin ve Gunumuz Turkcesi ile), Mustafa Kani Bey; Kemal Yavuz, Mehmet Cana-
tar, Istanbul 2010.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

labbra, dato che , se sono tesi, il tiro ne è perturbato 12.

Per Maymun i punti sono dodici:

3 rilassati: indice della mano destra, indice e pollice della mano sinistra; una
freccia rilassata quando l'arco è teso. 4 immobili: la testa, il collo, il cuore, e i
piedi. I piedi devono essere fermamente piantati al suolo. 5 diritti e tesi: il
gomito, la punta della freccia, la cocca, la mira, e la postura13.

L’elenco completo dei 34 punti, invece, si ritrova per la prima


volta, almeno si credeva fino a poco tempo fa, in Taybogha. Dico
fino a poco tempo fa, perché è stata la recente edizione di Jallon a
chiarire definitivamente che la primogenitura di tale lista è da
attribuire sicuramente ad al-Yunini. Il suo Ma’rifat è di certo
precedente al testo di Taybogha e lì egli dichiara con orgoglio di
essere l’ “inventore" del sistema dei 34 punti di rilassamento (al-
mulayyanat), tensione (al-mushaddadat) e immobilità (al-sawakin),
essendo stato il primo a scrivere dei punti dopo quindici anni di
studio e pratica. Afferma, inoltre, che quei punti sono il “Grande
Canone”, o Regola, (al-qanun al-akbar) del tiro con l'arco14. La lista e
i commenti di Taybogha ripetono in maniera pressoché identica
quelli di al-Yunini dimostrando che egli l’abbia copiata dall’altro
senza però menzionarlo; a meno che non si voglia propendere per
una tradizione più antica, alla quale entrambi gli autori abbiano
attinto. Per dare risposta certa a questo interrogativo occorrerebbe
una rigorosa analisi critica e filologica dei vari manoscritti
attraverso i quali le due opere sono state tràdite; ma, in fondo,
perché dovremmo dubitare della buona fede del siriano e della sua
perentoria rivendicazione di paternità ? 15

12 BOUDOT LAMOTTE, Contribution, cit. p.58.


13 FARIS - ELMER, Arab Archery, cit. pp. 110-112.
14 AL-YUNINI, Kitab, cit., I p. 95 e Tav. 5, II pp. 50-56 (la tesi di Jallon è divisa in

due volumi: I contiene il commentario in inglese e II il testo arabo ricostruito).


15 Ivi, I pp.109; II, p. 150; LATHAM – PATERSON, Saracen ..., cit. pp. 111-113.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

Infine, l’elenco dei 34 punti fu ripreso anche dal turco Mustafa


Kani, nel suo compendio di testi in lingua araba. Forse direttamente
da al-Yunini o da Taybogha o ancora da qualche altra fonte
intermedia. Anche in questo caso l’elenco è pressoché identico
tranne qualche piccola variante, che lo adattava alle peculiarità
introdotte in seguito dagli Ottomani nel tiro con l’arco16.

La lista dei punti di tensione e rilassamento fornita da Yunini,


Taybogha e Kani, comprende ben 34 punti del corpo dei quali 20
sono tesi, 11 rilassati e 3 immobili. Li ho raccolti in questa tabella
per schematizzarli e renderli più comprensibili. Nella prima
colonna c’è la parte del corpo da tenere, secondo il caso, tesa,
rilassata o immobile; nella colonna a fianco sono riportati gli errori
e i difetti derivanti da un'errata applicazione: in sostanza cosa
accade se il punto in questione non viene tenuto come prescritto (es.
se “il polso destro”, che deve essere teso, viene tenuto rilassato, si
ha “dolore” ecc.). Nel compilare la tabella, ho seguito
principalmente la catalogazione originale di Al-Yunini, il quale,
oltre a dedicare all'argomento un'apposita sezione, vi ritorna spesso
in altre parti del suo trattato17.

N PARTI DEL CORPO ERRORI

PUNTI TESI

BRACCIO DESTRO
dolore nel palmo
mignolo – Anulare - medio
1-4 lividi al polpastrello del pollice
pollice
la corda colpisce la punta del pollice
dolore al polso
5 polso
trazione scarsa

16 HEIN, Bogenhandwerk, cit., II, 235-237.


17In particolare dedica un'altra sezione ai principali errori dell'arciere, indicandone le
cause e i rimedi ( AL-YUNINI, Kitab, cit., II pp. 144-147).

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

slittamento in avanti della freccia (creeping)


6 gomito abbassamento del gomito
volo alto della freccia
la cocca può uscire dalla corda
l'asta sbatte sul punto di passaggio
7 omero la freccia traballa a fine trazione
la spalla sporge
la corda colpisce il braccio
muscolo superiore avam-
8 vedi 5
braccio

BRACCIO SINISTRO
dolore nel palmo
ferite nelle dita
taglio delle dita
9-11 mignolo – Anulare - medio
contusione del polso
la corda colpisce l'ulna
scarsa traiettoria della freccia
12 polso vedi 14
piegamento del braccio
mancanza di forza
13 gomito
tremore
riduzione della trazione
ferite tra pollice e indice
e alla loro giuntura
muscolo inferiore avam- contraccolpo alla punta del pollice
14
braccio rotazione dell'arco nella mano
corsa della corda ridotta
ferite tra pollice e indice

CORPO
trazione ridotta
la corda urta il petto
15 spalla destra rumore della freccia
rilascio fiacco
portata del tiro diminuita
16 fianco (lato) destro vedi 20
17
scapole vedi 20
18
19 ventre può risultare un'ernia
piegamento del busto
trazione scarsa
20 spina dorsale
la corda colpisce il petto
la freccia traballa a fine trazione

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

PUNTI RILASSATI

BRACCIO DESTRO
lividi al polpastrello del pollice
formazione di sangue sotto l'unghia
lesioni all'unghia
21 indice difficoltà del rilascio
urto della punta del pollice con l'indice
la corda colpisce la punta dell'indice
muscolo mediano avambrac-
22 vedi 22
cio

BRACCIO SINISTRO

23 indice fa volare la freccia alta


24 pollice ferite alla punta del pollice
25 parte superiore avambraccio vedi 23 24

CORPO
26 collo tremore
tiro alto
27 fianco sinistro
scarsa trazione
sollevamento della spalla
la corda colpisce la spalla
28 spalla sinistra urto della freccia al punto di pass.
la freccia sbanda
si può spezzare all'impennaggio
perdita di gittata
29 vita petto sporgente
la corda colpisce la guancia

TESTA
30
labbra distorsione dell'espressione del viso
31
PUNTI IMMOBILI
32
occhi sguardo vagante e mancanza di focus
33
34 cuore l'intera azione è inficiata

Ma veniamo ad analizzare nel dettaglio i singoli punti. A tale


scopo, va detto che la tabella segue l'ordine originale riportato nei

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

testi, ma per una migliore comprensione pratica della complessa


struttura, sarà meglio adottare una divisione dei ”distretti” anato-
mici secondo il seguente schema: A) tronco B) lato destro C) lato si-
nistro D) Testa, tenendo presente che, così come nella tabella, i ter-
mini “destro” e “sinistro” sono riferiti a un arciere destrimano.
Chiaramente, una simile suddivisione ha semplicemente uno scopo
esplicativo, cioè per rendere più comprensibile il tutto, ma va da sé
che le varie parti del corpo sono strettamente connesse tra loro e
dunque, anche se inserite in diversi “distretti”, interagiscono a tutti
gli effetti.

Distretto A (punti: 17-20 e 29)

Partiamo innanzitutto dal tronco, che rappresenta l'asse verticale


portante di tutta la postura. Qui notiamo quattro punti tesi: colonna
vertebrale (punto 19), scapole (punti 17-18), ventre (punto 20) e uno
rilassato, la vita (punto 29). È evidente il ruolo importantissimo che
gioca la tensione di tutte le fasce muscolari del dorso nella trazione,
ciò che in termini moderni si chiama “tensione dorsale” (back
tension) e che è alla base delle moderne tecniche di tiro, senza la
quale la trazione dell'arco diventerebbe faticosa e improduttiva. È
evidente anche il ruolo che gioca una spina dorsale diritta e un
ventre teso a dare forza alla struttura verticale. Quest'ultimo aspetto
è ben evidenziato, ad esempio, dalle tecniche dell'estremo oriente
(cinese e giapponese) che pongono particolare enfasi sul ruolo del
basso ventre nel fornire stabilità alla postura e, più in generale, a
tutta l'azione del tiro. In tali tecniche la forza del ventre è associata
alla respirazione addominale, consigliata anche oggi da molti
istruttori . Ebbene, anche se in Yunini e Tybogha non vi è traccia di
riferimenti alla respirazione addominale, in Kani si dice
espressamente che la tensione di quel punto deriva dal “respirare
col ventre”.
L'unico elemento rilassato del tronco è la vita (punto 29). Qui per

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

“vita” bisogna intendere la fascia comprendente il bacino, le anche


e i fianchi, insomma la parte che collega il tronco alle gambe. Que-
sta regione del corpo deve essere rilassata in modo da permetterne
la necessaria mobilità e assecondare il movimento del tronco al-
l'indietro – o meglio, della sua rotazione in senso orario - al momen-
to della trazione. Una sua rigidità impedirebbe tale movimento e il
conseguente allineamento del corpo e delle braccia lungo il piano
verticale parallelo alla linea di trazione.

Distretto B (punti: 1-8, 15-16 e 21-22)

Tutta la parte destra del corpo è praticamente “tesa”, essa è che


tende la corda e gioca il ruolo di motore fondamentale della trazio-
ne, direttamente collegata alle parti del tronco del lato destro di cui
sopra. Per “fianco destro” (punto 16) bisogna quindi intendere il
gran dorsale, connesso strettamente al romboide (e quindi alla sca-
pola destra del punto 17). Il trapezio contribuisce a dare forza alla
spalla destra (punto 15), di qui all’omero (punto 7), cioè la parte su-
periore del braccio e al gomito (punto 6).
Se questi punti cedono me deriveranno molti errori fatali, ad
esempio ciò che oggi viene chiamato in inglese creeping, cioè lo
scivolamento in avanti della freccia prima del rilascio, oppure
quello che Al-Yunini chiama maq'ruh. Per l'autore esso è uno degli
errori più gravi derivanti dalla mancata osservanza dei punti di
tensione e rilassamento e, infatti, lo tratta a parte dedicandovi un
apposito paragrafo. Jallon nel suo commento così lo spiega
brevemente: «Un brutto errore da evitare è lo spostamento del
braccio destro derivante dal rilassamento della parte superiore del
braccio e del gomito durante la trazione»18. Personalmente ho
cercato di tradurre il testo originale arabo riguardo a questo
passaggio dal significato alquanto oscuro e ho arguito che si

18 Ivi, I p. 106 e 120, II, p. 137.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

riferisce ad un errore di tecnica molto comune in molti arcieri. Il


termine maq'ruh è una sostantivazione del verbo che in arabo
significa letteralmente: “schiacciare” "battere", "comprimere",
“martellare” ecc. L'azione si riferisce a un movimento
dell'avambraccio destro, che - invece di spostarsi indietro in linea
retta sul piano verticale della forza - tende a piegarsi verso il viso,
senza che il braccio superiore (omero) possa completare la sua
rotazione all'indietro posizionandosi sulla linea di forza arco-corda
e ancorando correttamente la mano al di sotto del lobo
dell'orecchio. Questo è il motivo per cui l'autore adotta il termine
suddetto, insomma è un prematuro “schiacciarsi” dell'avambraccio
contro il viso. L'errore, sostiene l'autore, deriva dal fatto che l'omero
e il gomito destro sono scarsamente tesi e non consentono di
elaborare correttamente la trazione. A mio parere, questo errore,
potrebbe essere forse una delle principali cause tecniche di quello
che oggi viene definito “rilascio prematuro”, che interessa molti
arcieri moderni, in quanto porta all'incapacità di sostenere
adeguatamente l'ancoraggio.
I muscoli dell’avambraccio sono collegati direttamente alle dita
della mano che agganciano la corda, il quale aggancio, ricordiamo-
lo, nella tecnica di tiro araba, e in generale orientale, si forma tenen-
do le tre dita inferiori - mignolo, medio e anulare (punti 1-4) – ben
serrate nel palmo della mano, mentre il pollice tiene la corda protet-
to da un particolare anello. Queste quattro dita (punti 1-5) sono
quindi ben tese, mentre solo l’indice (punto 21) deve rimanere rilas-
sato poggiando leggermente sulla prima falange del pollice. Di con-
seguenza, il punto 8 (indicato come “muscolo superiore avambrac-
cio”) va inteso come il fascio di muscoli dell’avambraccio collegato
alle suddette quattro dita tese attraverso il polso (punto 5); mentre
il punto 22 (“muscolo mediano avambraccio”), come il “muscolo
estensore dell’indice”, che assieme all’indice stesso, rappresentano i
soli due punti rilassati di tutto il distretto destro.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

Distretto C (punti 9-14, 23-24, 25 e 27-28)

Il lato sinistro del corpo è quello dove la dialettica tensione-rilas-


samento è più complessa e articolata. Qui, infatti, coesistono punti
tesi e rilassati, ed è più difficile discernere e, di conseguenza,
sbagliare. Partiamo innanzitutto dall'impugnatura dell'arco. La
“fermezza dell'impugnatura” (itimad) deriva dall'azione
concomitante delle tre dita che stringono l'impugnatura - mignolo,
medio, anulare (punti 9-11) - e da una leggera rotazione del pugno
verso sinistra, in modo che polso (punto 12), parte inferiore
dell'avambraccio (punto 14) e gomito (punto 13) si trovino quasi
allineati lungo la “linea di forza” arco-corda, cioè su di una linea
parallela ad essa molto vicina. Va però chiarito cosa si intenda con
precisione per “polso” e “muscolo inferiore avambraccio”. Nel
primo caso, si deve intendere, in pratica il carpo, cioè la parte bassa
del palmo della mano, che collega la stessa alle ossa
dell'avambraccio (ulna e radio); nel secondo caso, la parte
dell'avambraccio posta sullo stesso piano del palmo.
Il ruotare il pugno a sinistra, spingendo contemporaneamente
gomito e avambraccio “dentro l'arco”, danno la sensazione di
“forza” che fa classificare questi punti appunto come “tesi”, al
contrario un pugno “diritto”, non fa percepire tale sensazione nel
polso e nel gomito. In sostanza, pugno, arco e corda devono ruotare
insieme, l'avambraccio entra nell'arco e, attraverso il gomito scarica
la forza dell'arco sulla scapola sinistra. Tale procedura è
dettagliatamente descritta da Kani, il quale scrive che il pugno così
impostato deve avere la forma di una “testa di arpa franca”. Per
“franca” è chiaro che si intende “occidentale”, quindi di un'arpa
classica della nostra tradizione musicale. Forse con tale immagine
l'autore intende visualizzare il braccio dell'arpa (colonna) che, nel
punto dove incrocia la parte superiore (mensola) presenta un
rigonfiamento sagomato, che spesso si presentava in maniera

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

disassata verso sinistra dalla verticale della “colonna”, come si


riscontra in certi tipi di arpa settecenteschi19.
La complessità della procedura per una corretta disposizione del-
le dita, del polso e dell'avambraccio a formare una salda impugna-
tura, si spiegano col fatto che, a differenza degli archi moderni,
quelli antichi non presentavano impugnature anatomiche ed ergo-
nomiche, e quindi un minimo errore nella disposizione delle varie
parti, comportava grossi errori in tutta l'azione del tiro. Al-Yunini
ritorna più volte sull'argomento e, nella descrizione dei principali
errori dell'arciere, mette al primo posto quello della rotazione
dell'arco nel palmo, causa di numerosi difetti minuziosamente
elencati 20.
A formare l'impugnatura, tuttavia, concorrono altre due dita:
l'indice e il pollice (punti 23-24) , che non devono, al contrario delle

19 HEIN, Bogenhandwerk, cit., I p. 62.


20 Per gli errori descritti da Al-Yunini, vedi supra, nota 17. Il ruolo fondamentale
della posizione del pugno sull'impugnatura, rende forse possibile un'interpreta-
zione dell'oscuro “segreto della kabza” menzionato da Kani a proposito della ce-
rimonia di accettazione degli arcieri novizi nelle gilde ottomane (HEIN, Bogen-
handwerk, cit., II pp. 263-267). Tale segreto, secondo il racconto dell'autore, veniva
sussurrato nell'orecchio del candidato al termine della cerimonia di accettazione
da parte del maestro e, naturalmente, in quanto segreto, non si conosceva il con-
tenuto di esso. Lo stesso autore accenna a un'interpretazione mistico-filosofica
ispirata al celebre sufi ibn al-Arabi secondo la quale il “mistero” consisteva nella
unione degli opposti rappresentata dal celik, la sottile striscia di osso che divideva
in due l'impugnatura e quindi l'arco. Secondo tale interpretazione, esso costituiva
il punto d'unione tra i due flettenti ognuno dei quali rappresentava rispettiva-
mente il cielo e la terra. Con tutto il rispetto per la “mistica” dell'arcieria, proba-
bilmente la spiegazione doveva essere più prosaica e rappresentare un “avviso”
fondamentale per il novello arciere ai fini della perfetta realizzazione della se-
quenza di tiro: una sorta di “punto chiave”, dal quale dipendeva la forma tecnica
complessiva. Ecco, quindi, che gli elementi prima sottolineati (fermezza dell'im-
pugnatura, rotazione del pugno, “testa d'arpa” ecc.) rappresentano, a mio avviso,
il vero “segreto della kabza”, cioè la corretta tecnica dell'impugnare e tendere l'ar-
co, dalla quale discendeva poi tutto il resto.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

altre dita, esercitare una forte pressione sull'impugnatura e devono,


quindi, essere rilassate; ad esse si lega quella che viene definita
“parte superiore dell'avambraccio” (punto 25), in pratica la testa del
radio, cioè l'osso che si collega alla biforcazione formata dall'indice
e il pollice, la quale deve anch'essa rimanere rilassata. Tuttavia,
nella sezione degli errori, Al-Yunini mette in guardia dal tenere le
due dita troppo aperte e distese: il pollice deve rimanere fermo a
contatto con il dito medio e l'indice poggiare, sebbene senza serrare,
sull'impugnatura, altrimenti ne deriverebbero escoriazioni alle dita
oltre ad altri errori.
In contrasto dialettico con la sensazione di “tensione” di questi
punti del lato sinistro, si può rilevare il “rilassamento” delle altre
parti di questo lato, in particolare il “fianco” (punto 27). Qui per
“fianco” bisogna intendere, a mio parere, ciò che Kani descrive,
rendendo forse meglio l'idea, come “cavità ascellare” e associarla al
gran pettorale sinistro. La loro “distensione” fa sì che la spalla
(punto 28), o meglio la testa dell'omero, rimanga bassa e la scapola
sinistra pressata all'indietro verso la colonna vertebrale; del resto il
mantenere la spalla sinistra bassa è uno degli elementi cardine
sottolineato anche da tutti i manuali e da tutti gli istruttori dei
giorni nostri. E su tale difetto, cioè protrusione e sollevamento della
spalla, insite molto al-Yunini nella sezione degli errori, ribadendo
che esso è dovuto alla tensione del fianco sinistro e suggerendo di
concentrarsi sul suo rilassamento soprattutto nella fase che precede
immediatamente il rilascio, favorendolo con un lieve movimento
del corpo in direzione del bersaglio21.

Distretto D - (punti 26 e 30-34).

In questo distretto raggruppiamo i punti rilassati della parte su-


periore (testa e collo) e i cosiddetti tre punti “immobili”. Il collo
(punto 26) deve essere rilassato per evitare una eccessiva rigidità di

21 AL-YUNINI, Kitab, cit., pp. I tav. 5; II, p. 83.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

tutta la parte superiore del corpo con conseguente tremore. Ciò


deriva da varie cause, quali un arco troppo forte, un errato
posizionamento del mento rispetto ed è associato alla tensione di
altri punti che dovrebbero essere rilassati, quali le labbra
(considerate come due punti 30-31). La loro eventuale tensione,
infatti, si manifesta con una generale contrazione e distorsione
dell'aspetto del viso, che denota uno sforzo complessivo eccessivo o
male applicato. Anche il distorcere gli occhi o socchiudere le
palpebre denota, e al tempo stesso contribuisce, a una tensione
artificiosa e deleteria del viso e di tutto il corpo.
E con gli occhi siamo, infine, ai punti “immobili”, che riguardano
aspetti, potremmo dire più “psicologici”, cioè non strettamente
fisici, ma concernenti l'atteggiamento generale del tiratore. I due
occhi (punti 32-33), dunque, oltre a quanto detto, devono essere
immobili per mantenere lo sguardo e la concentrazione sul
bersaglio ; “l'immobilità” del cuore (punto 34) sta ad indicare la
calma e l'autocontrollo indispensabili ai fini di tutta la fase del tiro,
e bisogna intendere il termine come sinonimo di “animo”, “spirito”
o “mente”. Infatti, parlando del rilascio, Kani fa riferimento allo
"svuotamento del cuore" come momento di una completa
concentrazione sul tiro, e all'abbandono di tutti gli altri pensieri, pa-
ragonando tale processo alla concentrazione richiesta nella preghie-
ra. L'autore ottomano, inoltre, aggiunge alla lista dei punti immobili
di al-Yunini e Taibogha anche “i polmoni” a voler indicare l'esigen-
za di non “affrettare” il respiro attraverso un forte movimento e
renderlo pesante, ma mantenerlo completamente tranquillo22.
Si conclude qui la disamina dell'argomento. Un altro specifico di-
scorso trattato dai nostri autori è quello delle possibili lesioni o feri-
te alle varie parti del corpo dovute ad errori di esecuzione. Anche in
questo caso al-Yunini sembrerebbe essere l'artefice di tale sistema-
zione ripresa poi da Taybogha e Kani. Egli elenca una lista detta-

22 HEIN, Bogenhandwerk, cit., II, p. 237.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

gliata delle ferite, contusioni e lesioni, quali, ad esempio, l'urto della


corda sull'avambraccio sinistro , sulla faccia o su altre parti del cor-
po ecc.. Kani, dal canto suo, aggiunge un elenco di errori la cui cau-
sa può essere individuata attraverso i rumori dell'arco al momento
del rilascio: un suono troppo acuto o troppo grave della corda, uno
suo battere troppo violento sui flettenti ecc. possono essere indice di
altrettanti errori nell'esecuzione del tiro.
Ma tutto ciò esula dalla materia di questo breve saggio, che voglia-
mo invece concludere ricordando, con le parole degli autori, l'im-
portanza della conoscenza del sistema dei punti tesi e rilassati e la
sua concreta applicazione.
Al-Yunini classifica gli arcieri in quattro livelli: il primo era
quello di principiante (rami, o semplice arciere), l’ultimo quello di
maestro (ustad); tra essi vi erano due livelli intermedi: naqib e wakil.
La conoscenza dei punti era requisito fondamentale affinché il
principiante potesse diventare un naqib. Taybogha, invece, ricorda
che la completa conoscenza dei punti non era richiesta al semplice
arciere, né tanto meno al novizio, ma era necessaria per i maestri:

Un arciere non merita il titolo e lo status di maestro finché non sia realmente
competente e abbia un perfetto controllo su quale parte del corpo debba essere
tesa, rilassata o calma, a seconda dei casi; finché non solo abbia una
perfetta conoscenza degli errori causati dalla tensione delle parti che
dovrebbero essere rilassate e viceversa ed i conseguenti movimenti che
richiedono la calma, ma non sia anche pienamente consapevole delle ferite che
possono colpire l'arciere e delle loro cause; finché non sia capace di apprezzare
le differenze di statura, di struttura delle membra, e le differenze della loro
lunghezza; finché non abbia familiarizzato con le tecniche che possono far
riuscire o rovinare il tiro, e sia edotto delle diverse opinioni sostenute dalle
autorità della materia23.

Mustafa Kani precisa che la conoscenza dei 34 punti può essere ot-
tenuta intuitivamente o razionalmente:

23 LATHAM – PATERSON, Saracen, cit. p. 110.

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Giovanni Amatuccio, "La Grande Regola"

Ci si può appropriare dei Punti attraverso una meccanica imitazione


inconsapevole, oppure si impara attraverso una più consapevole conoscenza
della teoria e con la riflessione e l'analisi si possono individuare gli errori e
correggerli. Quando i 34 punti non sono come dovrebbero essere, il tiro giusto
diventa impossibile24.

Il primo caso è quello che di solito si verifica nell'arciere novizio,


che possiede quella che gli orientali chiamano “la mente del princi-
piante”. Succede spesso che gli arcieri principianti sviluppino
subito una naturale abilità di tiro che è dovuta proprio alla scarsa
conoscenza delle tecniche. La sua mente è libera da ogni
ragionamento razionale, il corpo e la mente regolano da sole il tiro
in maniera veramente “istintiva”. Si potrebbe dire che essi in-
consciamente applichino le giuste tensioni e distensioni senza
esserne coscienti. Purtroppo, di solito, questo stato di grazia
svanisce presto. Appena l'allievo cerca di affinare la sua tecnica, di
migliorare la prestazione ecc., entra in un percorso molto difficile .
La conoscenza lo priva dell'innocenza grazie alla quale egli riusciva
a tendere il suo arco. Occorrerà molto tempo ed un lungo percorso
attraverso i meandri della tecnica per riuscire a riconquistare lo
“stato di grazia” perduto. Tale processo passa necessariamente per
una conoscenza dei punti elencati dai maestri arabi.

24 HEIN, Bogenhandwerk, cit., II p. 236.

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