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diretta da
GioRGIO CRAcco - CARLO OssOLA MARIO RosA

Periodico quadrimestrale
redatto presso l'Universiti degli Studi di Torino

Comt'tato scz'enti/ico
Francisco Jarauta (Murcia) -Bruno Neveu (Parigi)
Benedetta Papasogli (Roma) - Daniela Rando ITrent a) CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO.
Redazione CONTRORIFORMA E CULTURA DEI «SENZA LETTERE>>
Sabrina Stroppa

In un appunto conservato tra le carte dei <<l'rotocolli>> della Congrega-


zione dell'Indice, frettolosamente srilato (come si deduce dalla grafia deci-
~rdo di Giovanni Getto ..................... . Pag. ill
Jrdo di Italo Lana , ......... . >> v samente trascurata) da uno dei cardinali o dei consultori impegnati nella
preparazione dell'Indice sistino del 1590, troviamo un' esile traccia docu-
ertenza vn mentaria a prima vista priva di rilevanza. T ra una decina di titoli di testi
Lettera all'Editore .. ......... » VIll contenenti «cose licentiose o lascive>> l' anonimo censore annotava il titolo
Risposta dell'Editore .... ···················· » IX di un' operetta a molti sconosciuta: la <<Barzelleta di Vincenzo Citaredo so-
pra la carestia>>. I
Articoli
N essuna traccia dell' operetta tra i titoli inseriti nell'Indice sistino, ne
. PoTESTA, La duplice redazione della Historia septem tribulationum diAn- tanto meno in quelli successivi. Nessun indizio utile per rintracciare la pos-
gelo Clareno ............ , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1 sibile fonte di quella segnalazione ne per indagare sulle motivazioni che
:ARAvALE, Censura e paupen'smo tra Cinque e Seicento. Controri/orma e cul-
tura dei "senza lettere'·' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
spinsero la Congregazione ad occuparsi (seppur marginalmente e frettolo-
39
samente) di un'insignificante operetta da quattro soldi. Ancora, nessun ri-
'R:f.MoLIEREs, L 'Explication de Fenelon: «marquer pr&isement ce qui est bon
et de l' experience des saints, en le reduisant 4 un langage correct>> . . . . . » 79
scontro documentario degli effetti «operativi>> (sequestri, interrogatori di
librai o venditori di piazza) che quella sfuggente indicazione censoria po-
Note e testi trebbe aver comportato.
)EL PoPOLO, Posttlle ad «Eva-Ave» ............... . . . . . . . . . . » 101 Di fronte al vuoto documentario la tentazione di abbandonare que!
TARM.DA, Prime indagini sulla tradizione manoscn"tta della versione clima- tratto di penna al suo solitario destino sarebbe forte, se non fosse che molte
chea di Ambrogio Traversari. . . . . . . .................... » 107 sono le indicazioni e gli elementi che ci spingono a proseguire.
CAFFIERo, I Catechismi repubblicani. Ri/lessioni in margine a un libra re- E ormai documentato che tra la meta degli anni sessanta e la fine del
cente .. ·················· » 145 Cinquecento si assistette ad una progressiva estensione del concetto di ere-
sia, anche oltre le categorie giii difficilmente circoscrivibili dell' immoralitii e
Recensioni
della lascivia. Altrettanto evidente e che tale estensione porto a comprende-
)reghiera dei cristiani (C. Lucca - R.M. Parrinello) ......... . >> 153 re nel raggio d'azione dei censori ecclesiastici 'espressioni' letterarie fino a
JNIUS, Commentaire sur le Cantique des Canti"ques (F. Ruggiero) 156
>> que! momento 'trascurate'. L'Indice sistino rappresento in questo senso
3ENDINEUJ, Il commentan·o a Matteo di Origene (F. Vecoli) . . . . . . . . . » 159 un giro di boa.
GOIRE DE NYSSE, Discours cath&hetique (M. Simonetti) ...... . >> 161
EscoLAN, Monachisme et Eglise. Le monachisme syrien du W au VIr siecle
(S. Chiala) ..................................... _.... . >> 163 1 AcnF (Archivio della Congregazione per la domina della fede, ex-Sant'Uffizio), Indice,

1AsCANZONI, San Giacomo: il guerriero e il pellegn'no. Il culto iacobeo tra la Protocolli C, c. 318r.
Spagna e l'Esarcato (G.M. Cantarella) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 167
l.ARQUE, Aux amis. Lettres /amilieres; La vie solitaire; Le repos religieux; 4
Mon ignorance et celle de tant d'autres (R. Brevia) . . . . . . . . . . . . . . . » 169
segue nella 3R pa.g. di copertina.
40 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 41

Continuando infatti lungo la strada tracciata dall'Inelice Tridentino (!a Quella sfuggente inelicazione ci offre la possibilita eli aprire uno squar-
regola VII proibiva per la prima volta i libri <<qui res lascivas, seu obscenas cio eli luce su un mare magnum altrimenti destinate a rirnanere cdato elietro
ex professo tractant>>), la regola XXI dell'Inelice dd 1590 arrivava a con- alle onnivore categorie censorie degli Inelici romani.
dannare tutte le <<propositiones ... male sonantes, sive piarum aurium offen- Partiamo dunque dall'unico demento sicuro in nostro possesso: l'ineli-
sivae, temerariae, scandalosae, schismaticae, seelitiosae, blasphemae, famae cazione bibliografica offertaci dal censore.
aliorum, et praeserrim principum detractoriae, bonis moribus, et christia- Nd tentative eli rintracciare il testo dell' operetta <<incriminata>> incon-
nae elisciplinae institutis contrariae». 2 Anche solo leggendo eli sfuggita que- triamo subito la prima sorpresa: ci accorgiamo infatti eli essere in presenza
sto dettagliato denco eli proposizioni censurabili, ci si rende subito conto eli un'inelicazione errata, o quantomeno irnprecisa. Dopo aver identificato
che inquisitori e censori non avevano in mente solo le sagome eli volumino- l'autore- cosl come segnalato dal censore- in Vincenzo Citaredo da Ur-
si trattati eli teologi 'inelisciplinati' o eli dotti laici da ricondurre forzatamen- bino, cantastorie vissuto nella prima meta dd Cinquecento, 5 vetifichiamo
te all' ortodossia. Per la prima volta in maniera cosl esplicita, in effetti, il infatti che tra le sue opere non figura nessuna 'Barzdeta'. Esiste in effetti
vaglio e la condanna eli <<comoeeliae, trageeliae, et fabellae fictae eiusdem una cinquecentesca Barceleta (o meglio piu eli una) rna il suo autore non e
ieliomatis, quae similia continent, et quae etiam non scriptae a circumfora- Citaredo, bensl Faustino Perisauli da Terdocio, cantastorie vissuto qualche
neis, vagis, mirnis, histrionibusque circumferentur>> 3 eliventava parte inte- decennio prima a cavallo tra quattro e cinquecento. 6 Traelito dalla sua me-
grante, se non fondamentale, dd piu ampio progetto tridentino eli control- moria o dalla fretta dd suo lavoro il censore aveva dunque probabilmente
lo morale e culturale della societii. sovrapposto due inelicazioni differenti prendendo 1'autore eli una e il titolo
E raro tuttavia trovare qualcuna eli queste <<comoeeliae>> o <<fabelle fic- dell' altra. Da una parte il cantastorie Vincenzo Citaredo da U rhino, autore
tae>>, fogli volanti o operette eli ciarlatani e cantastorie, espressamente citate eli due operette intitolate Speranza de' poverF e Operetta nuova sopra il ma-
nelle liste degli Inelici romani. Ad esse infatti non veniva riconosciuta una
elignita letterari~ (e forse un tasso eli pericolosita) tale da poter figurare ac-
canto ai temibili libdli luterani o agli ingannevoli testi pseudo-cattolici. Co- mento dell' espurgazione per esempio non veniva certo utilizzato per questa tipo di testi). Ealtret-
nosciru;no dunque la cornice istituzionale (estema) eli quest'azione repressi- tanto evidente tuttavia che non possiamo neppure contentarci di sapere che molte di queste ope-
rette «popolari>> finirono sui rogo, indiscriminatamente condannate dalle autorita ecdesiastiche.
va verso il <<basso>> rna sappiamo molto poco degli obiettivi specifici verso i 5 Sul Citaredo vedi A. LAZZARI, Dizionario storico degli uomini illustri d'Urbino, Urbino
quali essa si inelirizzo o delle modalita con le quali quell'azione si dispiego. 4 1796, p. 182. Pill in generale sulla figura storica del cantastorie vedi P. RAJNA, I Rinaldi o i can-
tastorie di Napoli, in «Nuova Antologia>>, n, 1879, pp. 557-579; e F.A. UGOLINI, II crepuscolo dei
cantastorie, in «.Archivurn RomaniCUIID>, XV, 1931, pp. 270-278.
6 Sul Perisauli vedi V. CAPUTO, I poeti d'Italia in trenta secol£, Milano, Gastaldi, 1962, p.
2 Regola XXI dell'Indice sistino del 1590, in Index des livres interdits, vol IX, Index de
292. Luigi Tonini, padre cappuccino a Rimini nella prima metii dell'800, avanzO, in occasione
Rome 1590, 1593, 1596, avec etude des index de Parme 1580 et Munich 1582, a qua di J.M. della pubblicazione di alcuni versi inediti del Perisauli, l'ipotesi- peraltro mai confermata da suc-
DE BUJANDA, U. Rozzo, P.G. BIETHENOLZ, P.F. GRENDLER, Sherbrooke-Geneve, Editions de cessive ricerche - di una datazione della sua morte al 1524 e di una sua ascrizione al dero di Ri-
l'Universite de Sherbrooke-Librairie Droz, 1994, p. 799. Per un'analisi del contesto storico-isti- mini, forse in qualitii di sacerdote: «Ma qualche memoria di pill ci venne forse da esso Canonico
tuzionale in cui maturarono le regale sistine, rna anche pill in generale sul tema della censura Battaglini, ricordando egli in quelluogo, che il T erdocio fu nell' amicizia appunto del Bruni, e che
nella seconda metii del cinquecento, cfr. G. FRAGNITO, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastka visse e mori in Rimini prima del1524 [. ..] Finalmente che fosse ascritto al Clero di Rimini appa-
e i volgariv.amenti delia Scrittura (1471·1605), Bologna, ll Mulino, 1997. risce dal medesimo Poemetto [De Triumpho Stultitiae] il quale ha in fronte la seguente dizione
3 Regola XIV dell'Indice sistino, in Index des livres interdits, vol. IX, cit., p. 797; FRAGNITO, Perisauli Faustini Terdoceo Clerid An.minen; rna in quale ordine, o grado del Clericato non pos-
La Bibbia al raga, cit., pp. 151-152. Sull'impatto che questa tipo di proibizioni- in particolar siamo asserire, sebbene nel Poemetto stesso ove parla de' Sacerdoti, dicendo di se medesimo:
modo quelle accolte pochi anni dopo dall'Indice clementino- ebbe su gran parte della letteratura "Horum ego quum pars sim, numeroque ascriptus eodem", ci dia argomento non lieve per cre-
italiana, cfr. G. FRAGNITO, «U libbri non zo' rrobba da cristiano». La letteratura italiana e l'indice derlo Sacerdote» (A! M.R. Padre Angelo da Bertinoro cappucdno vicari.o nel convento di Rimini
di Clemente VIII (1596), in «Schifanoia>>, 19 (1999), pp. 123-135. Per quanta rignarda il rapporto quando nella Chiesa di S.M. in Corte della stessa dtta compiva Ia quadragesimale predkazione del
tra censura ecclesiastica e letteratura devozionale in volgare cfr. EAD., «Dt'chino corone e rosarii»: MDCCCXLIV con malta applauso e spirituale pro/itto degl£ ascoltantz~ Q. versi di Pier Paolo Fau-
Censura ecclesiastica e libri di devozione, in «Cheiron», n. 33, XVll (2000), pp. 135-158. stino da Terdodo poeta del secolo XVI. AI malta reverendo padre Angelo da Bertinoro vicario de'
4 E chiaro che I' approcdo metodologico dello storico di fronte a questa tipo di letteratura RR PP. cappucdni di Rimim~ Luigi Tonini, Rimini dalla stamperia Albertini, 1847, p. 9-11, cfr.
non puO essere cosi analitico e filologicamente rigoroso come quello che utilizziamo quando ci anche per la ricca bibliografia del Perisauli che l'autore riporta, pp. 11-14).
avviciniamo allo studio di censure e condanne di testi «colti». Non lo consente ne la natura (in- 7 Speranza de' poveri. Opera nuova di Vincenzo Citaredo da Urbina, Urbina, Bartolomeo
trinsecamente sfuggente) di quel materiale letterario, ne il diverso trattamento che le stesse auto- Ragusii, 1588, pubblicata da G. VITALETTI, in Vincenzo Citaredo canterino urbinate del secolo
rita ecdesiastiche riservavano a quell'indefinito universo di forme letterarie «incolte>> (lo stru- XVI, in «Giornale storico della letteratura italiana>>, LXXXV (1925), pp. 106-109; P. CAMPoRESI,
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le communemente detto il mattone (s.a., s.l.); dall'altra un'operetta (o pili questa situazione portava con se, le gerarchie ecclesiastiche cercarono eli
operette) 8 eli Faustino Perisauli da Terdocio intitolata appunto Barceleta de reagire dando nuovo vigore aile proprie attivitii assistenziali. 1 Come tutte °
Messer Faustino da T erdocio, in laude de l' oro e de l' argenta (s.n., s.a.). le graneli attivitii sociali eli mattice ecclesiastica, anche questa operazione
A onor del vero, il censore ci offre attraverso questo lapsus scritturale aveva bisogno eli un'adeguata cornice cultural-religiosa, eli un supporto
un'inelicazione importante. Al eli Iii della conferma (seppur ineliretta) del- <<ideale>> che fornisse un significate spirituale all' attivitii dei laboriosi operai
l'impressione eli trascuratezza che avevamo avuto leggendo il suo appunto, della Chiesa eli Roma. La pedante insistenza della letteratura ecclesiastica
si tratta eli uno eli quegli errori che anziche sviare illavoro dello storico, <<ufficiale>> sull' origine elivina della carestia come giusta punizione per i ter-
contribuiscono involontariamente ad indirizzarlo nella giusta direzione. n ribili peccati del genere umano (e sulla penitenza come unica via d'uscita
tema che aveva attirato l'attenzione delle autoritii ecclesiastiche era con tut- possibile) dovette essere dun que Ia naturale premessa eli quell' attivitil, il ne-
ta evidenza quello della carestia (l'inelicazione del censore che accompagna cessaria narcotizzante puntello eli un' azione che mirava prima eli tutto ad
il titolo dell' operetta del resto parlava chiaro: << ... sopra la carestia>>): en- annullare le tensioni sociali generate dal problema della fame.
trambe le operette da noi identificate in efferti sono incentrate sulla que- Solo riportando alia memoria, seppur in maniera rapida e necessaria-
stione della povertil e della fame. mente superficiale, il clima culturale eli quegli anni, possiamo quineli coglie-
n tema si era prepotentemente affacciato sui palcoscenico della societii re a pieno Ia carica implicitamente <<rivoluzionaria>> dell' incipit della Spe-
cinquecentesca. La drammatica sovrapposizione eli fenomeni strutturali e ranza de' poveri eli Citaredo, uno eli quegli inizi d' opera che mirano dritti
congiunturali aveva aggravate sensibilmente le condizioni eli vita dei conta- a! cuore della questione: «Dio non e: son le persone, I Ch' ogn'hor fan Ia
dini. La crisi e la decadenza delle campagne italiane ed il conseguente inur- carestia».
bamento eli larghi strati della popolazione contadina, che si riversavano n cantastorie urbinate, in effetti, si proponeva eli mettere a nudo tutta
massicciamente in cittii impreparate ad accoglierli, da una parte, ed il fre- l'illusorietii eli quella fittizia opera eli meeliazione religiosa e spirituale che Ia
quente verificarsi eli inondazioni, epidemie e soprattuto eli carestie, dall' al- cultura ecclesiastica- o per lo meno Ia grande parte eli essa- aveva costrui-
tra, contribuirono ad ampliare a elismisura la cerchia della povertii nella so- to intomo alia carestia, come parte integrante eli un ben pili ambizioso pro-
cietil cinquecentesca.9 Di fronte a! forte rischio eli elisgregazione sociale che getto politico-culturale eli egemonizzazione, denunciando per centro tutte
le responsabilitii <<pelitiche>> ed economiche- dall'incetta alia speculazione
sui cereali, dal caro-pane all'etica pseudocristiana a copertura d'interessi eli
La maschera di Bertoldo. Le metamorfos£ del villano mostruoso e sapiente. Aspetti e forme del Car~ ceto - alia raelice del drammatico problema della fame:
nevale ai tempi di Giulio Cesare Croce, lvffiano, Garzanti, 1993 («nueva edizione riveduta edam·
pliata>> rispetto alia prima del1976), pp. 95-97.
s Perle altre versioni della Barceleta, cfr. infra.
9 None certo questa Ia sede per soffermarsi sulle molte sfaccettature del problema del pau-
perismo cinquecentesco, su cui peraltro esiste una ricca bibliografia. Per una prima indicazione 367-380; c. LISe H. SOLY, Povertli e capitalismo nell'Europa preindustriale, Bologna, n Mulino,
bibliografica v.edi gli. Orientamenti bibliografici a cura di MARio RosA nella versione italiana (pp. 1986; e R. RoMANo, Tra due crisi: l'Italia del Rinascimento, Torino, Einaudi, 1971. Pili recenti
174-179) dellibro di J.P. GurroN, La societe et les pauvres en Europe CXVI-XVIII siecles), Paris, sono il bellavoro di GIOVANNI Ricci, Poverta vergogna superbia, Bologna, ll Mulino, 1996 e il
1:74 [trad. it. La societa e i poveri, Milano, Mondadori, 1977]; e la pili recente Nota Nbliogra/ica volume miscellaneo La Citta e i poveri. Milano e le terre lombarde dal Rinascimento all' eta spa-
di A. BEL~E~LI e ~· CAVATERRA nel volume a cura di A. MONTICONE, La storia dei poveri, gnola, Milano, Jaca Book, 1995.
Roma, Edizioru Studium, 1985, pp. 297-300. Tra i testi fondamentali non possiamo non segna- 10 Sulle strutture assistenziali controrifonnistiche resta fondamentale A. PASTORE, Strutture
lare, oltre al volume miscellanea Timore e carita. I poverz' nelritalia moderna (Atti del Convegno assistenziali tra Chiesa e Stati nell'Italia della Controri/orma, in Storia d'Italia, annali 9, Torino,
«Pauperismo e assistenza negli antichi Stati italiani>>, Cremona 28-30 marzo 1980, a cura diG. Einaudi, 1986, pp. 433-465. Pili specificamente sulla realta romana cfr. P. SIMONCELLI, Origini
PoLm, M. RosA, F. DELLA PERurA), Cremona 1982, gli studi del polacco B. GEREM:EK, tra cui
e primi ann£ di vita dell'Ospedale romano dei Poveri Mendicanti, in <<Annuario dell'Istituto storico
la V?Ce PD?erta .in Enciclopedia Einaudi, vol X, Torino 1980, ora in In., Uomim· senza padrone, italiano per I' eta modema e contemporanea>>, voll. XXV-XXVI, 1973-74, pp. 121-172; e In.,
Tormo, Emaudi, 1992, pp. 181-214; In., II pauperismo nell'eta preindustriale (sec. XIV-XVIII), in
Storia d'Italia, 5, I, Torino, Einaudi, 1973, pp. 670-98; e In., La pieta e !a /orca, Roma-Bari, La- Note sul sistema assistenziale a Roma nel XVI secolo, in Timore e caritli. I poveri nell'Italia mo-
terz~, 1?86. In un altro volume della Storia d'Italia Einaudi epubblicato l'importante saggio dello
derna, cit., pp. 137-156. Vedi anche L DA VILLAPADIERNA, L'eta moderna, in La caritli cristiana
stonco mglese B. PuLLAN, Poven: mendicanti e vagabondi (sec. XN-XVII) (Annal£ I: Dal feuda- aRoma, a cura di V. MoNACIDNO, Bologna 1958; e M.T. Russo, Problemi e istituti dell'assistenza
lesimo al capitaHsmo), Torino 1978, pp. 981-1047. Per un'analisi specifica degli aspetti economici romana nel Cinquecento e Seicento, in «Studi Romani>>, nn. 3-4, 1986, p. 233; L. FIORANI, Poverta
del problema cfr. C.M. O:POLLA, Fluttuazt'oni economiche, pauperismo e intervento pubblico nel- e malattia nella Roma post-tridentina (sec. XVI-XVIIJ, in L' ospedale dei pazzi di Roma dai papi al
l'ItaHa del Cinque e Seicento, in Saggi di storia economica e sociale, Bologna, TI Mulino, 1988, pp. '900, IT, Roma 1995, p. 76.
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Dio ci manda 1'abondanza, Ogniun grida: "Serra, serra,


Ma l'huom fa Ia carestia: C'hora e tempo d'avanzare!" [... ]
Guerra giii. contra i pagani
Presa questa mala usanza,
Si faceva, e i gran macelli:
Se non e vuol che Ia sia;
Hora i ricchi rei christiani
0 che il grano manda via
Guerra fan co' i poverelli [... ]
0 pur tienlo ad infraidare [... ]
Poverta sol s' affatica,
Non e piii chi su Ia piazza
Zappa, e semina la terra,
mandar voglia un po' di grano:
Miete, e batte ben Ia spica:
Ogniun stringe, e sta a la mazza,
Ma 1' avar il gran sotterra,
E da quella il tien lontano.
E, con sue fatiche, guerra
Con 1' argento, e oro in mano
Poi le fa quanto puo fare [... ]
Non si trova da comprare [. .. ]
Poverta sta sempre in guerra,
Quando il grano con lor prova
Poverta non pili solazza,
Fatt'han gire ove han voluto,
Ch' ogniun grida: "Serra, serra:
Sulla piazza se ne trova:
Dagli, dagli: Ammazza, anunazza"!
Par ch' ogniuno habbia batruto:
E 1' avaro ride, e sguazza,
Ma d'havel prima veduto,
Che si vede trionfare [... ] 12
Non giarnai lo puoi pensare [... ]
E poi quando ch' e montato Vincenzo Citaredo, del resto, non faceva altro che proseguire lungo un
n granello [il prezzo] a! suo disio [dell'incettatore] ideale solco letterario tracciato qualche decennia prima dal suo <<collega>>
Di qualcun, peggio ch'ingrato, Faustino Perisauli da Terdocio. ll cantastorie marchigiano aveva dedicate
Si fa dolce humil' e pio. tutta Ia sua vita di poeta a smascherare i corrotti valori della societii. cinque-
«A un po' manco d' altri, il mio, centesca, cantando i suoij'accuse contro un disfacimento morale, nel quale
Dice pio ti voglio dare!>>Y anche le autoritii. ecclesiastiche si ttovavano secondo lui irrimediabilmente
coinvolte - quando non direttamente responsabili.
La malcelata rabbia e il profondo rancore coltivato nei confronti del- <<[LJ'oro e que! che rege'l mondo I dando vita, e nutrimento>> euno dei
l' avarizia dei ricchi, il sentore di una conflittualitii. sociale che - ben lontana primi versi della Barceleta de Messer Faustino da Terdocio, in laude de l' oro
dal rappresentare solamente un consolidate stereotipo letterario - covava e de l'argenta, 13 che coglie perfettamente 1' ormai avanzata strutturazione
in maniera pericolosamente tangibile dietro alle sue parole, dovettero pre- <<capitalistica>> della societii. e Ia decadenza dell' antica etica cristiana sosti-
occupare non poco predicatori e censori ecclesiastici che si affannavano a tuita dall' egoistica <<morale del riccio>>:
dipingere un'immagine edulcorata e conciliante della societii. del tempo: el me vien proprio Ia rabia,
Ogniun e crude!' e ingrato, quando penso d' esser povero
Et avar sopra Ia terra: che'l non ci e che dia ricovero
Ogniun ha il pensier fermato ad alcun mio mancarnento [... ]
Contra i poveri, per far guerra.
12 Ivi.
13 Barceleta de Messer Faustlno da Terdocio, ln laude de !'oro e de l'argento, s.n., s.a., pp. non
11 Speranza de' poveri. Opera nuova di Vincenzo Citaredo da Urbino, cit., s.n. pp. numerate.
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Piu non t' ama gente alcuna si che studia con ogni arte
se non sei ricco, e felici d'haver oro a supplimento [... ]
quanto harai bona fortuna,
tanto harai favor, e amici: a! fin fatti scorticare
sel ne vien qualche guadagno
rna gli poveri mendici ch' a sperar nel suo compagno,
a sua posta pOn crepare, si farebbe il marcio stento,
che parenti ne compare
non ti dan sustentamento [... ] perche <<Chi ha dinar fa que! che vole». 16
Io per me quando mi trovo
La ricchezza- obiettivo da raggiungere senza scrupoh eli sorta (<<Venga
volte assai senza pecunia
d' ogni banda ch'io mi movo poi donde Ia venga [Ia robba] I el quattrin donde el se venga>>) 17 - era eli-
par ch' ognun mi dia calunnia. 14 ventata in altre parole, secondo Terdocio, l'unico valore che contava: <<Gh
ducati si fa l'huomo I esser bello, e gratioso I dinar poi non cercar como, I
Una morale elistorta nella quale il cantastorie, con toni chiaramente po- sia eli sangue generoso I se ben fusse un pidocchioso, I e stimato in eccel-
lernici e pungenti, vede appunto coinvolto anche il clero: lentia I e tenuto in reverentia I come huom fatto a compimento>>. 18
0 beato chi ha ricchezze, Ironia e elisgusto erano le uniche reazioni che questa societa del dena-
infin' a me piace quel canto ro poteva suscitare in lui. Egh si sentiva infatti completamente estraneo
ciascun huom gli fa carezze alia logica dell' isolamento egoistico e del elisinteresse aile faccende degh
1'e adorato per un santo, altri; i suoi valori erano ben altri, quelli della tradizione contadina e po-
chi lo trova io qualche canto polare in generale, completamente opposti ai valori della cultura dominan-
le gioocchia, e il capo piega, te, in particolar modo Ia difesa della morale della sohdarietil. reciproca e del-
per lui preti, e frati priega
l' aiuto fratemo:
ne la messa, e nel memento. 15
Non lassar mai compagni
Una societa corrotta in cui i valori dell' amicizia e dell' aiuto reciproco io mezo del impiccio:
sono irrimeeliabilmente sostituiti dalla cieca brama eli denaro e dal pii.i spie- Chi fa come lo riccio
tato arrivismo, diremmo oggi: Parte compagnia presto19
Se va un povero dal riccho
sol per un. bicchier de vin, 16 Ivi. Persino i tradizionali valori aristocratici del sangue e della nascita e quelli della cul-
non gli mostrarebbe un cricco tura sono stati messi da parte da una mentalitii che identifica quasi automaticamente l' essere con
un suspiro, un bagartio e
1' avere: <d'oro si il principale I qui consiste il bene, e il male I non dal nostro nascimento [... ] Se
te trovi in povert:l, I con rovina a capo in gill, I non ti giova nobilt:l I ne progenie, ne virtU, I e se
el se vuole haver quattrio, tu sapesti pill, I chenon seppe Salomon, I tu te trover:l un babion, I se non hai qualch'aviamento
de sua iodustria, e guadagno [... ] Quanto harai nella scarsella I tanto harai credito e fede I rna Ia turba poverella I che di ben
ch'io Ia roba del compagno nulla possede I non s' appressa, ne si crede I quanto vaglia un tristo pelo I se'l giurasse pel van-
gelo, I per la croce il sacramento [... ] Hoggidi, chi saper brama I di qualchun sua qualita I non
non si po far fondamento [... ] domanda de sua fama, I ne costumi, ne bonta, I prima vuol saver sel ha I de ducati il sacco pieno
I se le ricco de terreno I se ha castelli, o tenimento» (Ivz).
que! che pili si mostra amico 17
sarii. il primo abbandonarte Ivi.
18 I vi. In quest' ottica, 1' oro, oltre ad essere fonte di rispetto e riverenza, diventa- non senza
una sottile ironia da parte dell' autore - anche fonte di poteri quasi <rmiracolosi>>: «1' oro assetta
ogni mercato, I e fa savi infino a i matti [. ..] come'l vien 1' oro al conspetto I fa cangiar l'hom
14 Ivi. de pensiero» (Ivz).
ts !vi. 19 Barzeleta de Messer Faustino da Terdocio in laude dela pecunia et la autoritli de Salomone
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La sua cultura - o comunque la cultura di cui si rendeva portavoce - 20 gine dei mali della poverta, i difensori della morale cattolica non potevano
non aveva grande considerazione del danaro: o veniva duramente persegui- aver dubbi. Nella coesa societa controriformistica che essi andavano coe-
toe bandito, 21 oppure veniva speso quasi all'istante, in una prospettiva di rentemente strutturando non c' era pili posto per queste strafe.
festoso e spensierato spreco e di immediata soddisfazione delle proprie A poco dunque dovette servire la scelta, in qualche modo speculare,
esigenze corporali, del tutto antitetica all' affannosa logica dell' accumulo, dei due cantastorie che cercavano di stemperare la carica potenzialmente
dello <<sparagno>> e della «santa masseritia>>, che contraddistingue l' «uni- ribellistica delle loro strofe in ben pili accomodanti finali di opera. Sia
verse>> mercantile. 22 che volessimo leggere i loro ultimi versi come la spia di una rassegnata e
A le forche che ve impichi, sottomessa constatazione della dura realta di stenti e di isolamento alla qua-
Chi si tien 1' argiento in tasca, le l'indifferenza della societa li aveva condannati, sia che volessimo vedere
Dio gli dia Ia mala pasqua in essi un frutto della mediazione culturale cui questa tipo di letteratura
A chi vol far massaria «popolare>> era giocoforza sottoposta, 25 dovevano comunque suonare co-
Vaten via malinconia. me un tentative tardivo ed insufficiente aile orecchie delle diffidenti gerar-
Ciascun hom che sparagna chie ecclesiastiche. Cosi, inutilmente, il Citaredo concludeva con un espli-
Mostra aver poco intellecto cito invito alla pazienza e alla sopportazione, preceduto e accompagnato
dal tranquillizzante ritornello «Solo in Dio dovem sperare>>:
recita Faustino in un'altra Barzeleta della malinconia 23
Poverelli, con prudenza
Ognun spenda fin ch' el n'ha Hor bisogna govemarsi;
Chi sparagna in cose vane Ben' armarsi di pazienza,
Dio sa poi que! che sera, E del tutto contentarsi:
Se sarem vivi domane, Non bisogna disperarsi.
Quest'e il fin del mio cantare [... ]
perche << ... el mondo e de chi el gode>>. 24
rinviando al futuro un improbabile ribaltamento di ruoli:
Proposizioni <<male sonantes, sive piarum aurium offensivae, temera-
riae, scandalosae, ... seditiosae>>: di fronte ad invettive dotate di tale violenza Deh ch'un di si farii. tanto
verbale e carica contestataria, di fronte a cosi puntuali messe a fuoco delle Ch'il Signor l'harrii per male [... ]
pili perverse dinarniche pelitiche ed economiche, oltre che morali, all' ori-
25 Senza entrare nell' annosa e delicata questione della vera o presunta autenticici di questi
testi, o dellivello di mediazione culturale in essi presente, ci limitiamo a rimandare alle considera-
in /rota !a de Belisario da Gnguli con a/quanti scr£tti arti/iciosi. Opera nuova, Venezia, NicolO Zop- zioni di Fiero Camporesi che distingue, nell' ambito di un universe cosi variegate e complesso quale
pino; cfr. anche CAMPoRESI, La maschera di Bertoldo, cit., p. 102. quello «popolare>>, diversi strati di elaborazione e produzione culturale, utilizzando un tipo di clas-
2o Cfr. infra le considerazioni svolte alia nota 25. sificazione che consente di porre il problema della distanza e del rapporto intercorrente tra il do-
21 Veeli il classico lavoro diG. CoccHIARA, I! paese d£ cuccagna, Torino, Boringhieri, 1981 e e
cumento letterario e la fonte originaria: il primo, lo strato pili profondo e arcaico, quello della
dello stesso autore I! mondo alla rovescia, Torino, Boringhieri, 1980. cultura agraria; il Secondo, che dalla cultura agraria attingeva schemi, motivi, figure, e queJlo defi-
22 CAM:PORESI, Cultura popolare e cultura d'elite, cit., p. 138.
nite di «cultura popolare>>; il terzo e quello della cultura «popolareggiante>>, che e caratterizzato
dalla circostanza che i destinatari di questi messaggi appartengono solo in parte aile classi subal-
23 Barzelleta del preclarlssimo poeta misser Faustino de An.mine, in Strambotl de Misser Rado
teme; l'ultimo, infine, e rappresentato dalla sfera del <<Popolaresco», che attiene quasi integral-
et de Madonna Margan·ta. Cosa Nova, s.l.a. e n.t. (rna quasi certamente Venezia, Francesco Bin- mente alle maniere popolari rifatte da intellettuali delle classi superiori, «paroelia letteraria del po-
doni, terzo decennio del secolo XVI), cc. 3v-4r; cfr. CAM:PORESI, La maschera di Bertoldo, cit., p. polare>> (CAMPORESI, Cultura popolare e cultura d'elite, cit., p. 99). Lo storico inglese PETER BURKE
336, che in Appendice a pp. 333-337 riporta l'intero testo dell' operetta. nel suo Cultura popolare nell'Europa moderna, introduzione eli C. GINZBURG, Milano 1980, identi-
24 I vi. La felicita e Ia tranquillita d' animo non vanno eli pari passo con Ia ricchezza, anche fica invece sei tipi eli mediazione o distorsione culturale subite da questo tipo eli letteratura popolare
perch€: «Se dinar ho nel carnero I Ripossar giamai non posso, I Stago assai con mal pensiero ... » (Ivi, pp. 68-77); su questi temi, e pill in generale su questo variegate universe culturale «popolare>>,
mentre «Chi non ha quatrin adosso Iva per tutto ala sicura I Non haver giamai paura I D'esser Burke e tomato anche successivamente in una serie di saggi ora raccolti e pubblicati in lingua ita~
preso per la via>> (Ivz). liana in Sognz; gestt; beffe. Saggi di storia culturale, Bologna, ll Mulino, 2000.
50 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 51

Cosi tu verrai mendico, Edunque all'interno eli una pili complessiva strategia culturale, politica
Che cerchi oro accumulare. 26 e religiosa che dobbiamo leggere quel titolo rintracciato tra le carte della
Congregazione dell'Indice. Ben oltre l'utili2zo degli strumenti censori- pe-
E la stessa diffidenza dovettero suscitate quelle strafe io cui il Perisauli
raltro non sempre efficaci eli fronte ad un materiale sfuggente come quello
trasponeva spazialmente e temporalmente i propri desideri e valori io un
dei fogli volanti o delle operette dei cantastorie eli piazza - la Chiesa della
mondo immagioario e paradisiaco, molto simile al Paese eli CuccagnaP
Controriforma mirava ad imporre un modulo letterario-religioso della po-
Anche il tempo e lo spazio dei sogni erano destinati a tramontare. ll sogno
verta (e parallelamente della ricchezza) che, privandola eli qualsiasi istanza
eli Cuccagna, rifugio ioattaccabile eli tutti i «diseredati» cinquecenteschi, contestataria o rivendicativa, le attribuiva invece un ruolo perfettamente
era infatti destinato ad essere sostituito da ben pili rassicuranti riferimenti
coerente con il disegno della societa che andava delineando. Un modello
letterari alla realta culioaria eli corte. 28 compatto eli stampo medievale basato sull' origioe provvidenziale delle di-
versita sociali, sull'utilita reciproca delle diverse componenti che formano
26 In un' altra Operetta nuova sopra d male communemente detto il mattone, il Citaredo si era un'unita organica, io poche parole basato sulla <<solidarieta tra diseguali>>,
spinto alia celebrazione di «Questa gran male» che <<Non ha havuto rispetto alia ricchezza, ... ne
ala povertade, IE non ha riguardato la vecchiezza, I Ne gioventii, bruttezzane beltade». Affiora
un modello io cui <da fedelta dal basso>> si accompagna coerentemente alla
chiaramente in questi versi, una sorta eli compiacimento egualitaristico: «Poco ne giova di far «responsabilita dall' alto>>. 29
buena vita, I E non voler con altrui conversare, I E stare in casa, che sia ben fornita I Di tutt~ Alla costruzione eli un modello letterario adeguato a tale visione conci-
quel, che ne puO far sguazzare, I Che quando piace alia bontii infinita, I Queste ricchezze non Cl
puO campare, I Vedi s'il mal Matton ti l'ha chiarita I che molti ricchi han fatto sotterare [... ] Co~ liatrice della societa, all' edificazione e al consolidamento delle figure lette-
minciasti la battaglia, I E a fame grandi affronti, I Non sol pure alia ciurmaglia, I Ma a Signor rarie del povero «devoto e pio>> e del ricco «generoso e caritatevole>> si de-
Marchesi, e Conti I De qual molti ne fur gionti IE ciascun fatto prigione... »; e di seguito: «Non
veggo altro tutto il giorno I Chela croce, e il cataletto, I Beccamorti vanno intorno, I Colmi d'ira,
dicarono con costanza e dedizione i rappresentanti della Chiesa Romana,
e di dispetto I Con prestezza a trar del letto I Hora il servo hor'il patrone I Hor trionfa o m~ dal pili urnile dei suoi predicatori fino al pili autorevole dei suoi cardinali
Mattone>>. Anche qui tuttavia arriva puntuale ad amrnorbidire i toni e a fornire una via di attraverso un'attivita letteraria a dir poco prolifica. 30 Si tratta eli testi che
scampo, il rimedio spirituale: «Non si trova rimedio, o medicina, I Miglior, che star in gratia,
eben con Dio». Nonostante le venature egualitaristiche che, miste a spunti di rabbia popolare,
a:ffiorano dalie strofe del cantastorie urbinate, il Citaredo appare comunque lontano da quel fi-
lone di «radicalismo contadino» o di «razionalismo popolare» cui sono ricollegabili, per esempio, sostituiti dalie <Jeccardissime scienze» del ventre. Sul tema del <<tramonto del mito di Cuccagna»
il Settenario di Scolio (su cui cfr. E. DoNADONI, Di uno sconosciuto poema eretico della seconda nel corso del XVll secolo, cfr. P. CAMPORESI, <<La scienza del ventre. Declino e morte di Cucca-
meta del Gnquecento di autore Iucchese, in «Studi di Letteratura italiana>>, II, 1900, pp. 58-199; gna>>, in lD., II paese della fame, Bologna, ll Mulino, 1980, cap. ill, pp. 71-116.
M. BERENGO, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino, Einaudi, 1974, I ed. 1965,
29 La Chiesa in effetti voleva essere 1' ago della bilancia politica e il garante dell' online so-
pp. 450454; S. ADoRNI-BRACCESI, «Una citta in/etta». La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa
dale vigente, luogo della speranza presso gli umili e suprema garanzia di stabilitii presso i potenti:
del Gnquecento, Firenze, Olschki, 1994, p. 379; e soprattutto EAo., Giuliano da Dezza: nuove essa sollecitava il rispetto dei non privilegiati verso i privilegiati, dei ceti subalterni nei confronti
prospettive sull'eresia a Lucca nel XVI secolo, in «.Actum Luce», IX, 1980, pp. 89-102) ole po- dei gruppi dirigenti, e nello stesso tempo si assumeva il compito di insegnare ai privilegiati la
sizioni religiose di Menocchio (C. GINZBURG, Il formaggio e i verm£. Il cosmo di un mugnaio
doppia carita del pane e della giustizia, il dovere dell' elemosina, cioe, e il rispetto del povero
del '500, Torino, Einaudi, 1976).
in quanto creatura di Dio, arrivando anche ad alzare centro di loro terribili moniti del V angelo
27 fl ribelle cantastorie finiva infatti per proiettare l'univerSO «popolare» della «Sancta fur- come il «Guai a voi o ricchi!». In altre parole quello che si proponeva era un online sociale di
fantaria» verso immaginari luoghi di puro piacere e divertimento, dove la festa veniva invocata origine divina, una specie di costituzione ontologica della societa, che vedeva ricchi e poveri col-
persino dalia quotidiana lirurgia tradizionale (« ... un messal diver che dica I Ch'el sia festa ogni laborare ma restare separati da una barriera sociale invalicabile. In questo contesto teleologica-
marina>>; Ivt) e dove « ... in canto e riso I triumpha infino ai cani, I e cento marzapani se dan per mente ordinate l'origine dei mali individuali e sociali dell'umanita era individuata nel peccato:
un quatrino, I e con un sol terlino I se compra un vitel cotto I concerto buon biscotto, I ch'e de: per i poveri, quello della ribellione (i poveri «si sono scordati di Dio») all'ordine costituito,
pan mellato, I e quando uno e affamato I li piove manna in bocca I e spesse volte i fiocca I 1 per i ric chi quello della superbia e dell' avarizia che rischiava di far dimenticare Ioro che tutto
sacchi di confetti, I e son coperti i tetti I de zalde inzuccherate>> (Testamento novamente /atto viene da Dio ed essi sono solo i dispensatori delle ricchezze da lui concesse. Cfr. A. BIONDI,
per Messer Faustin Terdotio; cfr. anche G. CoccHIARA, Il Paese di Cuccagna, Torino, Boringhieri, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina, in Stort'a d'Italia, Annali 4, Intellettuali e potere, a
1980, p. 163 ). cura di C. VNANTI, Torino, Einaudi, 1981, pp. 253·302, in partie. pp. 273 e 289; Biondi fa giu-
zs Nel corso del '600, l'immaginario teatro comunitario di festa collettiva e di messa in co- stamente riferimento all' opera di Silvio Antoniano Tre libri dell'Educatione Christiana dei Fi-
mune dei beni si sarebbe progressivamente privatizzato fino alia completa sostituzione degli ampi gHuoli (Verona 1584; su cui cfr. V. FRAJESE, I! popolo fanciullo. Silvio Antoniano e z7 sistema di-
spazi dei «paesi della mirabilitii» con gli angusti luoghi delle cucine di palazzo. I richiami alia sciplinare della controrzforma, Milano, Franco Angeli, 1987) e al De Rhetorica ecclesias#ca di Ago-
liberta e ai possibili modi di vita alternativi si sarebbero definitivamente spenti, le mitiche figure stino Valier (Venetia 1578), ma questa concezione appare chiaramente da quasi tutti i testi eccle-
dei re Panizzone e Bugalosso sarebbero stati sostituiti dalla riduttiva figura di un cuoco del quale siastici in circolazione.
indicare con precisione allettore tutti i dati anagrafici, le folie affamate rimpiazzate da privilegiati 30 Su questa letteratura, oltre all'inquadramento generale fomito dal saggio di M. RosA,
ghiottoni e da buongustai amanti della bonne chere, i mitici banchetti popolari delle plebee pance Chiesa, idee sui poven· e assistenza in Italia dal cinque al settecento, in «Societa e storia>>, n. 10,
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spesso e volentieri si distinguono per la loro ridondanza e ripetitivita, testi duratura stabilita politica, doveva cioe avvenire ad un livello religioso e cul-
in cui vengono costantemente riproposti stereotipi quali la carestia come turale, prescindendo da qualsiasi implicazione econornico-sociale, e cioe in
punizione per i peccati dell'uomo e la penitenza, la sottomissione al volere un senso moho diverso e lontano dalle considerazioni dei due cantastorie
divino (per i poveri), ed il ricorso alla carita (per i ric chi) come unici rime eli cinquecentescbi.
possibili. ll tutto con una crescente consapevolezza dei risvolti e dei riflessi Eppure, non era solamente una questione eli contenuti «devianti>>. ll
politici della loro azione in un contesto che conosceva una sempre piil. nostro tentativo eli indagine attraverso i meccanisrni censori, e culturali
in generale, sottostanti quella sfuggente nota conservata tra le carte dell'In-
stretta alleanza tra potere politico e potere religioso. 31 n tentativo eli ricon-
dice non si puo arrestare qui.
quistare i ceti poveri, chela Chiesa si era posta come obiettivo primario, era
La peticolosita eli quelle operette, la necessita eli sostituirle con altre dal
concepibile solo in termini eli omologazione ed egemonizzazione culturale,
contenuto piil. ortodosso, non era solo ed esclusivamente raccbiusa nel
e comunque solo all'intemo eli un' assoluta stabilita e fi.ssita eli ruoli sociali.
messaggio eli contestazione e eli rivendicazione in esse riposto.
La riconquista dei ceti piil. umili, concepita soprattutto in funzione eli una Proprio negli stessi mesi in cui 1' anonimo censore vergava quel fretto-
loso appunto dal quale abbiamo preso le mosse e l'Indice sistino poneva,
1980, pp. 775-806, cfr. piU specificamente L. Fi:oRANI, Religione e povertlJ.: d dibattito sul paupe-
per la prima volta in maniera sistematica, le premesse per un' azione rep res-
rismo aRoma tra Cinque e Seicento, in <<Ricerche per Ia storia religiosa di Roma>>, n. 3, Roma siva verso il basso, Giovan Battista Segni, canonico regolare lateranense,
1979, pp. 43-131. Si tratta di una produzione editoriale che, oltre a sfomare in grande quantita priore eli S. Salvatore e amico intimo eli monsignor Orazio Spinola, vicele-
nuovi prodotti, si avvaleva anche del recupero di testi risalenti a tradizioni precedenti come per
esempio testimonia la riproposizione tardo-cinquecentesca di un testo scritto tra Ia fine del gato eli Bologna negli anni della dura carestia del1590-1591, 32 pubblicava
'400 e l'inizio del '500 da Bernardino Macio Bornato: Comedia overo Dialogo della PovertlJ., a Ferrara il suo Discorso sopra la carestia e la fame. 33 Si tratta eli un testo
e Ricchezza, composta da Bernardino Macio Bornaciano. Opera utilissima, e spirituale, stampata
in Napoli, con licentia de' Superiori, e ristampata in Fiorenza, ad istanza di Santo de gli Ales-
quantomeno originale - per sensibilita sociale e capacita eli interpretare
sandri Fiorentino Libraro 1590 (tra le successive edizioni particolare interesse, nel nostro caso, istanze e malcontento popolare - rispetto alla coeva produzione ecclesiasti-
ricopre quella di Roma del 1595, Comedia della povertlJ. e n·cchezza, data alia stampa da Gie- ca ufficiale sul tema della poverta. L'asprezza delle invettive rivolte con-
rolimo Belli in Roma, 1595: l'unica copia di quest' ultima edizione da noi rinv~uta, e stata perO
dichiarata smarrita dalla Biblioteca Angelica di Roma dove era conservata). E interessante no- tro 1' <<avaritia de' mercanti>> 34 e contro 1' avidita degli uomini «infami, e go-
tare, infine, che questa martellante campagna controriformistica era destinata a produrre ben
presto tangibili risultati «applicativi» nella realta quotidiana secentesca: la figura ideale del po-
vero «devoto e pio», contento del suo stato e disponibile a leggere in chiave spirituale il senso
32 Per qualche notizia in piU su G.B. Segni, vedi G. FANTUZZI, Notizie degli scr#tori bolo-
delle sue privazioni, modello di rassegnazione verso il quale spingevano tutta la letteratura edi-
ficante e tutte le esortazioni dei predicatori, sembrO infatti trovare Ia sua reale traduzione, per gnesi, Bologna, S. Tommaso d'Aquino tip., tomi 8, 1781·1790, t. VII, 1789, pp. 377-378; e vedi
l'immaginazione e la fantasia popolare, nella concretezza esistenziale di due poverissimi e l'introduzione di GIROLAMO ALLEGRETTI a I forni di Maiolo, a cura di G. ALLEGRETTI, con il Di-
oscuri mendicanti della prima meta del seicento, Angelo Fiorucci e Bartolomeo Tanari, i quali scorso sopra !a carestia e fame diG. BATTISTA SEGNI (1591), San Leo, Societa di studi storici peril
passarono quasi tutta la vita nell'ospizio diS. Sisto (cfr. FIORANI, Religione e povertlJ., cit., pp. Montefeltro, 1997.
122·127). 33 G.B. SEGNI, Discorso sopra !a carestia e fame, del R.P. Don Gio: Battista Segn~ Canonico

31 Basti leggere a questo proposito le perentorie sottolineature che troviamo in alcuni testi Regolare della Congregazione di S.Salvatore. Al malta Ill.re et Rever.mo Monsignor Gio. Fontana
dell' epoca che la carestia non viene ne da chi govema e amministra ne dai ricchi: « .. .la Carestia Vescovo di Ferrara, in Ferrara, appresso Benedetto Mamarello 1591.
non [viene] dalli Cieli, o dementi, non· dalli Principi, o suoi Ministri, o da ricchi; rna dalle proprie 34 «[... ] che inchiudono, e nascondono le biade per fame salire i loro precij ad alto» (G. B.

mani di esso Dio, humiliandosi, e rassegnandosi con allegrezza sotto quelle paterne e potentis- SEGNI, op. cit., p. 9). In un'edizione dei Discorsi del1605, Segni approfondisce questo discorso
sime mani... Cosi chi ad im.itatione di Giobbe pigliara la Carestia dalla mano di Dio, fuggendo arrivando a parlare di monopolio delle merci: <<Li mercanti Monopolisti, c'hanno intendimento
le mormorationi, e querele contra i Principi, o Ministri, o ricchi; oltra che fara atto di savio, e tra di loro, che sono uniti tutti insieme con Ia mercantia, e la sostentano, acciO tutti vadino a com-
virtuoso, sentid anco nel patire consolatione>> (lnstruttione spirituale per pigHar /rutto della care- prate da loro, e quanto caro essi vogliono, oltre che peccano mortahnente, e sono tenuti a resti-
stia, nella quale con died modi s'insegna come si possi patir meno, anzi ricever utile da lei. Opera tutione, meritano di pill esser gastigati con pene temporali severissime dalla Giustitia, e da' Pren-
utiliSsima e degna di essere da dascuno in questa tempo !etta e praticata. Del R.P. Gio. Bellarini, In cipi>>: cfr. Discorsi intorno alia carestia e fame, del malta Rev. Padre Gio. Battista Segni canononico
Roma, per Gironimo Donangeli, 1591, c. B1r-v; cfr. P. SIMONCELLI, Note sul sistema assistenziale regolare, in Bologna, presso gli Heredi di Giovanni Rossi, 1605, p. 29 (I'opera era dedicata a
aRoma nel XVI secolo, in Timore e cart'tlJ.. I poveri nell'Italia moderna, cit., pp. 137-156, in par- Mons. Horatio Spinola Arcivescovo di Genova). Non sembra casuale ritrovare analoghe accuse
ticolare pp. 150·152). Sui Bellarini (1552-1630) vedi anche G. M. MA.zzuCCHEILI, Gli scrittori nei confronti dell' emergente ceto mercantile provenienti dalla penna di Tonunaso Garzoni, an-
d'ItaHa, doe notizie storiche e critiche intorno aile vite e agl£ scr£tti dei letterati £taliani, vol. II, ch' egli canonico regolare della Congregazione Lateranense, il quale, nella sua Piazza Universale d£
parte II, Brescia 1760, p. 640; LM. UNGARELLI, BibHotheca scriptorum e Congregatione Clerr. tutte le professioni del mondo, accusava i mercanti di essere coloro «che assassinano il mondo
Regg. S. Pauli, vol. I, Roma 1836, pp. 140-151; G. BOFFITO, Scrittori Barnabiti o della Congrega- molte volte con le robbe falsificate, con le mercanzie corrotte et appestate, che pongono carestia
zione dei Chierici Regolari di San Paolo (1533·1933), vol. I, Firenze 1933, pp. 154·165. nelle provincie et nelle citta, sostentando la vittuaglia di soverchio, e tenendo Ia robba ascosa,
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losi>>, 35 la sconsolata analisi di un tessuto sociale ormai corrotto e marcio,36 giustizie sociali e l' oppressione di cui erano vittime le parti pili deboli del-
la durezza delle denunce dirette «contra la tenacitii de mali Prelati [.. .] che la societii,' 8 non avevano certo nulla da invidiare - quanta ad intensitii e
spendono i beni della Chiesa in proprie delicie>>, contra la superficiale fa- partecipazione emotiva - alle grida disperate e rancorose di Citaredo e
stositii della Chiesa e la corruzione del clero, 37 il suo affondo contra le in- Perisauli.
Eppure, non possiamo dire che si trattasse di un' opera malvista dalle
gerarchie ecclesiastiche. Almena tre sono le edizioni da noi rintracciate
finche il gentilhomo povero et la misera plebe casca dalla fame perle strade>> [La piazza Univer- in quel tomo di anni, a testimonianza di una notevole diffusione del testo. 39
sale dt' tutte le professioni del mondo. Nuovamente riStampata et pasta in luce da Thomasa Garzoni
da Bagnocavallo. Con !'aggiunta J>alcune bellissime Annota:doni a Discorso per Discorso, in V ene- E dire che il Segni si era spinto ben oltre quelle dure invettive. Acco-
tia, appresso Gio. Battista Somasco 1587, pp. 546-547; cfr. ora anche Ia bella edizione einaudiana standosi con inconsueta concretezza al tema dei <<rimedi>> consigliabili per
dell' opera del Garzoni (Torino 1996, 2 voll.) a cura diP. GiERCHI e B. CoLLIN'A]. L'identifica-
zione delle cause della carestia nel comportamento «Selvaggio» dei mercanti, sembra peraltro at-
far fronte al quotidiano dramma della fame, il canonico bolognese non si
tenuarsi, nell' analisi di Garzoni, attraverso la condanna moralisti.ca del comportamento irreligioso era limitato ad invitare <<prelati e signori ricchi>> a distribuire illoro <<super-
dei contadini, condanna che tradisce la sua scrupolosa pruderie controriformistica, e che sembra fluo>> 40 e a organizzare concrete misure di accantonamento e provvigiona-
quasi fornire una giustilicazione teologico-religiosa degli stenti e delle sofferenze del villano; essi,
infatti, sono soliti «non tener conto delle bestemmie [. ..] sprezzar la confessione arumale [. .. ] par- mento del cibo 41 nonche organici interventi assistenziali. 42 Recuperando-
tirsi da messa innanzi all'Ite missa est, o andarvi almeno dopo haver pamberato bene, tralasciar le
penitenze che loro aggiongono i confessori, dispregiar i voti fatti, star sopiti nella ignoranza de'-
divini mandati a bellissimo studio, dilettarsi di superstitioni et d'incanti [... ] non pensare un iota
sopra Ia salute propria, a viver come bestie (per dirlo in una parola) dal Sacramento in fuora del dell'istituzione cattolica stavano facendo ogni sforzo possibile per rinserrare i ranghi e presenta-
Battesimo che hanno addosso» (GARZON!, Piazza universale, cit., pp. 509-510). re alia societa un modello unitario, sicuro e universalmente valido per Ia felicita e il benessere
35 «Per ultima causa della carestia, mi soviene hora di riccordare alle Republiche e ai Si- di tutti.
gnori, che non devono supportare in modo alcuno gli huomini infami, e golosi, che si sono dati 38 «La giustizia si amministra solo contra gli poveri; e gli potenti, che meritano mille fuochi, e
con tutto lo studio loro alia gola, e non fanno altro che consumare le fattiche di chi si affattica, e mille cepipi, se ne passano impuniti, gli tradimenti abbondano; gli odi non si lasciano passare;
sudal.. e stenta a guadagnar la robba>> (G.B. SEGNI, Discorso sopra !a carestia e !a fame, 1591, p. i buoni si opprimono; i ribaldi si essaltano; in somma la Superbia nostra, di tutti, e tale, che
18). E l'aviditcl degli uomini- continua il Segni -Ia causa (seppur indiretta) della poverci di molti pill non riconoscemo Dio; siva a gala nella Lussuria; l'Avaritia tiene il suo scettro per tutto»
e persino delle sedizioni o rivolte che sono legate al problema della fame: gli «huomini infami, e (ivi, p. 23 ).
golosi>>, infatti, «diventano poveri, e con i loro mali essempij, fanno impoverire molti altri, che 39 La prima edizione e quella bolognese del1591 dalla quale sono tratte le nostre citazioni;
non potendosi poi cavare le loro consuete voglie, cercano in tutti quei modi che possono, fare
la seconda e la terza sono rispettivamente del1602 (Trattato sopra !a carestia, e fame, sue cause,
nascere qualche novitcl, e vanno sempre come otiosi machinando, come Ia possa accadere, sob-
accident; prouisiom; reggimentz;- varie moltiplicatiom; e sorti di pane. Discorsi filosoftci, e theolo-
billando questo, e quello, e fanno qualche volta tanto, che s' accordano pili insieme, e fanno quasi
gia; & auertimenti, In Bologna, Rossi Giovanni heredi) e del1605 (DtScorsi intorno alla carestia e
una congiura, e sono cagione di molte novitcl.» (ibid.).
fame, del molto Rev. Padre Gio. Battista Segni canononico regolare, in Bologna, presso gli Heredi
36 « ... tutti gli rittrovaremo degni di questa falce, perche tutti hanno voltate le spalle a Dio, di Giovanni Rossi).
[.. .] Gli Prencipi si vogliono equiparare a Dio; Gli Giudici hanno bandita la Giustizia dai loro 40 Anche su questo punto il canonico bolognese non mancava di offrire una nota di origi-
Tribunali; Gli Dottori non consegliano pili il giusto; Gli Avvocati sono pieni d'inganni; Gli No-
nalitii. Non si limitava infatti a ripetere stancamente il secolare invito ecdesiastico a cedere ciO di
tari falsi e mendaci; Gli Mercanti ladri; Gli Artegiani pergiuri; Gli Soldati assassini; Gli Padri
scorreti; Gli Figliuoli, sentine de vitij; gli padroni crudeli; Gli servi pieni di fraude; Gli Ricchi, cui non si ha veramente bisogno. Bensi, anticipando di qualche decennia una sensibilicl. «dirigi-
avari; Gli Poveri, senza fede; Gli Mariti, disleali; Le Mogli senza legittimo amore; Gli Laici, bia- stica>> che sarebbe diventata caratteristica importante della trattatistica secentesca, suggeriva che
stemmatori; Gli Religiosi dissoluri>> (ivi, pp. 22-23). la soluzione migliore era quella di costringere le categorie pill abbienti ad aiutare concretamente i
poveri offrendo loro quello che avevano indebitamente accumulato alle loro spalle, o pill sempli-
37 « ... contra Ia tenacitcl de mali Prelati gridano li poveri, nudi, e affamati; gridano contro li
cemente ciO eli cui non avevano strettamente bisogno per vivere, stimolando, in altre parole, in
deliciosi Prelati, e dicono, morendoci noi di fame, e di freddo, che ne giovano tanti vestimenti questa direzione un intervento attivo dell'autoritii politica: «i Signori, e Prencipi [. .. ] hanno po-
rinchiusi, e tanti superflui omamenti? Nostro, nostro e quello, che male spargete, e a noi crudel- scia da sforzare tutti li pili ricchi suoi vassalli a distribuire a povori il sovverchio che hanno; per-
mente sottraete quanto inutilmente spendete; anco biasimando le soverchie spese, che in scul- cioche essendo nel tempo della estrema necessiti le cose tutte communi, quando chi ha il modo,
ture, e in pitture si fanno [.. .] pili pazzia, e malvagit:l, che vanitii, ha Ia Chiesa, onde vesta gli
non vuole spontaneamente sovenire, puO il Govematore, o Prencipe sforzarlo» (ivi, pp. 37-38).
marmi suoi, e non ha onde copra li poveri suoi; marmi fomisse di oro, e lascia nudi li suoi poveri,
41 «... devono i Prencipi, Signori, e Provveditori di Repubbliche tenere sempre nei lora stati,
vestesi una pittura, o statua nel muro, e il povero muore di freddo, e di fame dinanzi alle porte;
grande inganno, anzi grande perversita e questa che li ministri, e pastori della Chiesa di Christo e Dominij grossissima provisione sufficiente, anzi abbondante per quattro, e cinque anni in ogni
pill curano Ia dipinta, chela vera imagine di Dio, facendo gran spese in sculture, e pitture, e la- even to, renovandola perO ogni anno; e quando questa man chi, metter mano largamente a T esori,
sciando i poveri di disaggio morire; e contra quei Prelati, che spendono i beni della Chiesa in che hanno accumulati eli Tributi, e di Gabelle, che lor sono e lecite, e debite, massime per questa
proprie delicie>> (ivi, p. 32). Queste frasi cosi violente centro Ia superficiale fastositii della Chiesa ragione di peter sovvenire, diffendere, e aiutare in caso di guerre, e di carestie i lor soggetti>> (t"vi,
e centro Ia corruzione del dero, che evocano le invettive di San Bernardo oppure, in tempi meno pp. 34-35.
lontani, quelle del predicatore ferrarese Girolamo Savonarola, suonano quantomeno originali te- 42 CiO a cui Segni evidentemente pensava era una serie di misure che rendessero organici
nuto conto del fatto che provengono dalla penna di un ecclesiastico in un memento in cui i vertici tutti gli interventi nel campo dell'assistenza attraverso una sorta di coordinamento, probabil-

5
56 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 57
in un contesto sociale ben pili caldo - alcuni spunti della riflessione avviata essa si accompagnavano, in altre parole il problema di chi pronunciava o
nel XII secolo da teologi e canonisti sulla comunanza dei beni in situazioni scriveva determinate cose e quello del contesto nel quale cia si verificava
di <<estrema necessitii>> (<<1' estrema necessita fa communi le cose proprie ap- erano questione spesso pili delicata e importante da valutare rispetto al
partinenti al vivere humano>>),43 era arrivato a teorizzare, come extrema ra- contenuto stesso del messaggio.
tio, Ia liceitii. del furto e delle rapine da parte dei bisognosi: <<[ ... ] e quando Diverso era ascoltare simili invettive gridate dalla voce accalorata di un
questa via [un sistema di assistenza centralizzato] mancasse, puo ciascuno ciarlatano appostato in cima ad una balla di fieno al centro della piazza,
per aiutarsi nell' estremo suo bisogno, pigliare, e torre della robba di coloro, diverso era ascoltarle dalla bocca di un ecclesiastico durante una predica
overo occultamente, e quasi per modo di furto; overo manifestamente, quasi pronunciata dal pulpito di una chiesa.
per modo di rapina, quanta gli enecessaria. Ne questo eun togliere l'altrui, Un conto era sentirle declamare in un contesto privo di mediazione cul-
rna un prendersi di quello, che e commune, negatogli ingiustamente>>.'4 turale e religiosa quale poteva essere la piazza di un villaggio, animata da
n punto della questione era dunque evidentemente un altro. gente predisposta alle reazioni pili inconsulte, pronta a lasciarsi trasportare
L'identitii. della fonte del messaggio e le modalita di fruizione che ad dai pili velleitari entusiasmi contestatari; altro era trovarli scritti in un trat-
tato in cui I' autore, figura istituzionale di sicuri principi religiosi e morali,
non mancava di sottolineare ai suoi lettori che comunque - al di Iii. di ogni
mente al fine di evitare o almena di ridurre a1 minirno la dispersione eli energie: <<rna pili secure, e considerazione - Ia carestia era una punizione divina per i peccati dell'uo-
espediente modo e, che tutti passino per illl sol governo, per una sol mano» Uvi, p. 39) ..Risuo~ 45
mo e che il pili efficace rimedio rimaneva sempre quello della penitenza
nano chiaramente in queste frasi gli echi del tentative di Sisto V - il quale, sotto la press1one di
una nuova e pill drammatica carestia, riprese, nel1587, con ben altra consapevolezza e impegno, individuale. 46
il progetto di Gregorio XIII eli un ospizio generale per i mendicanti che sostituisse la molteplicid. Non siamo di fronte ad una versione ante litteram della modema poll-
eli piccoli ospedali della citci. Dopo la morte del suo benefattore, questa progett;o iniziava p~O il
suo Iento rna progressive decline. Non appare forzato leggere nella frase success1va del Segru una rica dei due pesi e delle due misure. Siamo davanti ad un'implicita rna ine-
spia di questa consapevolezza (laddove scrive «[. ..] e quando questa via [un sistema di assistenza quivocabile affermazione dell'irrinunciabilitii. della mediazione culturale e
centralizzato] mancasse) e dunque un'attenuazione della fiducia che questo progetto potesse ve- religiosa (oltre che sociale) delle gerarchie ecclesiastiche: in piena eta con-
ramente realizzarsi in modo permanente. Sulle vicende del progetto sistine cfr. SIMONCELLI, Ori-
gin£ e primi anni di vita dell'Ospedale romano dei Poveri Mendicant£, cit., pp. 121-172; e ID., Note troriformistica nessuna forma di cultura era pili immaginabile senza questa
sul sistema assistenziale, cit. mediazione.
43 G.B. SEGNI, Discorso sopra la carestia e la fame, cit., p. 38. Giii nel corso del trattato aveva
tenuto a ricordare che i <<prelati e Religiosi ricchi>> devono essere ben coscienti del fatto che il
patrimonio della Chiesa epatrimonio di tutti i fedeli e dei pill poveri in particolare «... certamente Non che le gerarchie ecclesiastiche avessero intenzione di eliminare
gli Prelati e Religiosi ricchi, li quali sono dispensatori de Beni Ecclesiastici, patrimonio de' poveri ogni traccia di fogli volanti e strofe popolareggianti: non era pensabile pri-
di Giesll Christo, devono pill de gli altri con essempio di misericordia provedere in cosi fatti anni
calamitosissimi, perle sue forze, aile angustie delle persone miserabili» (ivi, p. 28; lo stesso con- vare i ceti popolari delloro pane quotidiano senza alterare pericolosamente
certo e ripetuto anche pill avanti a p. 32). i giii. difficili equilibri della societii. cinquecentesca.
44 Ivi, p. 38. Sulla riflessione avviata da alcuni tra i pill autorevoli Padri della Chiesa cfr. S. Si trattava pili semplicemente di sostituire le terzine e le quartine con-
GIET, La doctrine de !'appropriation des biens chez quelques-uns des Pbes,· peut-on parter de com-
munisme?, in «Recherches de sciences religeuses», 35, 1948, pp. 55-91. Sui teologi e i canonisti siderate devianti con altre identiche dal punto di vista della forma letteraria
che a partite dal XII secolo svilupparono la discussione su un piano giuridico-legislativo, teoriz- e dei codici linguistici bensl contenutisticamente conformi ai modelli cultu-
zando che, in caso di situazioni di pericolo e bisogno estremo per la vita degli uomini (quali ap- rali dominanti. Gli stessi versi che fino a poco tempo prima erano conside-
punto guerre o calamitii naturali), il furto avrebbe perso il suo carattere di delitto sociale e la le-
gislazione avrebbe previsto deroghe significative ripetto aila giurisprudenza penale ordinaria cfr.
G. CoUVREUR, Les pauvres ont-t"ls le droit? Recherches sur le vol en cas d' extreme n§cessite depuis la
Concordia de Gratien (1140) jusqu?t Guillame d'Auxerre (t 1231), in «Analecta Gregoriana>>, ~5 «La f~~ apunto _e flag:Jlo appropriate alli peccati che hoggi sono in colmo, e regnano in
111, Rome-Paris 1961. Sulle tracce cinquecentesche di questa riflessione giuridica (si pensi al quesu perverS1Ssmn templnostn>> (SEGNI, Discorso sopra la cares#a e Ia fame, cit., p. 20), perche <«!
noto giurista Cornelio Benincasa, autore nel1562 di un Tractatus de paupertate ac ez'us privilegiis ~ancat? ~al CI:ris~e~~o ~gni a:dore di Charita, ogni hwnore di Misericordia, ogni robustezza
e nel 1582 del De prt"vilegiis rusticorum), rna anche sulla secentesca trattatistica della ragion di di ~er.CltiJ s~n, ogm Vlrtl.i cf!. con~enza, ogni fermezza di buon proposito, ogni saldezza di fede,
stato che, espungendo da questo tema ogni elemento contestatario, sarebbe arrivata con Ludo- ogm VIgore di speranza, ogm affetione di pietii, ogni Santitii di Religione» (ivi, p. 22).
vico Zuccolo a disegnare la liceitii del furto come una concessione gentilmente offerta dall' alto da 46
• <<Ma se pentiti di core, humili, e suplichevoli ci offeressimo al suo Divin cospetto, tomas-
parte dell'autorita politica o religiosa, cfr. P. Pl:SSAVINO, I poveri nel pensiero politico t"taliano tra
slmo ~~ ubbi~e, e servare gli Ev_angelici documenti, facendo quanto piace alla sua Divina Bontii;
Cinque e Seicento, in La citta e i poveri, cit., pp. 151-189, in partie. pp. 159-160 e pp. 162-163. nonce dubb10 alcuno, che suplirebbe aile nostre necessitii con l'abbondanza>> (ivi, p. 26).
58 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 59

rati destabilizzanti per I'ordine costituito erano destinati cosi a diventare, cenario al soldo delle autoritii. romane - lasciava che un' accalorata descri-
grazie ad una sofisticata ed efficace operazione editoriale, il canale privile- zione degli stenti e delle sofferenze patite fino a quel momento dalla <<Gre-
giato di trasmissione dei modelli culturali ecclesiastici.4 7 L' obiettivo finale gia di DiO>> suscitasse nell'umile lettore un inevitabile meccanismo di iden-
era quello di sostituire (materialmente) il modello del povero scontento e tificazione, convincendolo cosi di essere il privilegiato destinatario di quelle
rancoroso con quello del povero allegro e riconoscente. strofe:
E il primo tassello di questa operazione chirurgica era pronto giii. poco [. .. ] Giii Ia Gregia eli Dio sospira e langue
Che di fame perisce onde sovente,
tempo dopo Ia pubblicazione delle Regole sistine.4 8 Priva d'ogni speranza resta esangue
A ridosso di quella che era stata unanimemente considerata Ia piii dura Macera dal digiun, eli cibo ardente
carestia del secolo,49 il miglior escamotage !etterario per allentare Ia stri- E patisce eli fame il mortal Angue [... ].
sciante tensione sociale era evidentemente ancora quello della promessa
o dell' annuncio di un repentino cambiamento di vita e di fortuna per i po- Solo dopo aver catturato I'attenzione del suo lettore, poi, il cantore an-
veri diseredati. Questa volta peril niente piii fantasiosi ribaltamenti di ruolo nunciava che Ia <<divina>> elezione del novello pontefice avrebbe rappresen-
ne mastodontiche montagne di macaroni filanti. Ci avrebbe pensato I' auto- tato per tutti i poveri dell' <<lmpero di Santa Chiesa>> Ia scintilla del tanto
revole e rassicurante figura del neo eletto pontefice Clemente VIII: un vero atteso mutamento di vita:
e proprio deus ex machina ben piii tangibile e concreto dei suoi predeces-
Finche, pietoso Dio, manda CLEMENTE
sori pagani.
OTTAVO, e lieto a! suo venir giocondo
Sin dalle prime strofe, I'abile cantore dell'Allegrezza de' poveri sopra il
Rest' ogni stato, e tutto quanto il Mondo [.. .]

crescimento del Pane (stampata aRoma nel1593) - anonimo poeta mer-
Non pill timor al cor, non pill mestitia
Poveri, homai scacciate il pianto e'llutto
47 Fiero Camporesi parla a questa proposito di «forme eli controllo indiretto sulla tipografia Sol regni in petto vostro alma letitia
popolare che favorirono la letteratura popolareggiante, eterodiretta, secondo una politica culturale
che col passare degli anni (dal XVll secolo in poi) d.ivenne sernpre pili organica e pianificata>> (CAM- Poiche n' abbonda eli Cerere il frutto
PORES!, Cultura popolare, cit., p. 86). Ancora resta comunque moho da indagare sulle forme di con- Di Tritico n'habbiam tanta dovitia
trollo indiretto o sulle modalita eli commissione di questa ti.po di letteratura eterodiretta.
Che riogratiare il Formator del tutto
48 E opportune specificare che l'Indice sistine, e naturalmente le Regale ad esso allegate,
non ebbero vigore in quanta l'Indice non venne promulgate; esso comunque registrava in questa Dobbiam far eli que! digoa memoria
settore nna tendenza censoria irreversibile (riscontrabile anche nelle Regole dell'Inelice sisto-de-
mentino del1593, anch'esso non promulgate) che avrebbe trovato pochi anni dopo nell'Indice Con dargli eterna lode, e chiara gloria [... ].
dementino del1596la sua definitiva codificazione normativa. Sulle vicende relative all'Indice si-
stino, rna anche sui due Indici successivi (1593 e 1596) cfr. FRAGNITO, La Bibbia al rogo, cit.,
pp. 143 ss.
ll modello di povertii. meritevole di questa miracolosa svolta era natu-
49 Per un'analisi comparata delle drammatiche conseguenze eli tale carestia (1590-91) in ralmente preso a prestito dalla letteratura ecclesiastica <<ufficiale>>:
tutta Europa, oltre al quadro generale tracciato dal dassico lavoro eli F. BRAUDEL, Civiltli e imperi
del Mediterraneo nell'etli di Filippo II, 2 voll., Torino, Einaueli, 1986 (ill ed.), vedi The European Si chel, Popol Roman sospira e geme
Crisis of the 1590s (Essays in Comparative History), edited by P. CLARK, London, G. Allen and E chiede a! grande Dio perdono e pace,
Unwin, 1985: specificamente sull'Italia i saggi eli N.S. DAVIDSON, Northern Italy in the 1590s, ivi, Teme !'ira del Ciel eli peggio teme
pp. 157-176, e diP. BURKE, Southern Italy in the 1590s, Hard times or Crisis?, ivi, pp. 177-190;
pill specificamente sulla realta romana cfr.l'ancora fondamentalelavoro eli]. DELUMEAU, Vie &o- Per esser contro Dio stato fallace
nomique et sociale de Rome dans la seconde mo£tik du XVI siecle, 2 voll., Paris, 1957-59.
so Allegrezza de' poveri sopra :1 crescimento del Pane. Ottave di Girolamo Accolti. In Roma,
Pers'ha tutto'l disio, tutta Ia speme
nella stampa del Gabbia, 1593 con licenza de' superiori ad instanza eli Giovannino Orlandi a Pa- Dal'inopia ritrarsi, onde gli spiace,
squino. Sulle pasquinate, come genere letterario «popolare» eterodiretto, cfr. Pasquinate romane
del Cinquecento, a cura eli VALERIO MARucci e ANTONIO RoMANo, presentazione eli GmvANNI Tanto ch' a Dio preghi offetisce e voti
AQUII..ECCHIA, Roma, Salerno Editrice, 1983 e Pasquinate del C£nque e Seicento, a cura eli V. MA- E giii tutti in orar si fan devoti [... ].
RUCCI, Roma Salerno editrice, 1988; nonche le osservazioni critiche diM. Fmo, Pasquinate ro-
mane del C£nquecento, in <<Rivista storica italiana>>, XCVI (1984), pp. 600-621.
60 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 61

Chiedere perdono a Dio per i propri peccati e rivolgersi a lui con <<pre- dominanti come chiave eli lettura eli questa tipo eli letteratura, 52 e segnalan-
ghi>> e <<Voti» era certo il prima passo verso il ritomo dell'abbondanza. Ma do che ancora rimane molto da capire riguardo ai meccanismi eli questa
non poteva bastare. L'urnile lettore doveva comprendere che solo grazie rinnovata produzione editoriale controriformistica (dalla committenza fino
aile preghiere del pontefice, aile sue <<lagrime>> e <<sospir>>, 51 solo in virtU all'identita degli autori eli queste operette) possiamo qui limitarci ad osser-
della mediazione ecclesiastica in altre parole, il povero avrebbe conosciuto vare cbe nel giro eli poem anni I' obiettivo sernbra essere stato pienamente
I'<<allegreza>> e Ia <<sazieta>> dei suoi desideri alimentari: raggiunto.
Uno dei piu noti cantastorie dell'epoca, que! Giulio Cesare Croce 53 che
All'hor I'Almo Pastor [Clemente Vlll] volge il pensiero ancora nel1590 cantava il pietoso Lamento de' poveretti, 54 solo pochi anni
Al Re de Regi, a! Re del' Auree stelle
dopo celebrava ormai senza remore Ia Grandezza della povertii. 55 Un'ope-
E dice alto Signor ecco I'Impero
Di Santa Chiesa e le tue pecorelle
Che periscon di fame o signor vero [... ] 52 P. Burke ha scritto che giullari, ciarlatani e cantastorie, portavoce naturali della spirito
popolare, maturarono la consapevolezza che per continuare ad esprimersi avrebbero dovuto
per lui verso il suo popul benegna esercitare un'attenta autocensura (BURKE, I! mondo alia rovescia, cit., p. 430).
Fe d' ogni frutto e ben Ia terra pregna 53 Cantastorie bolognese vissuto a cavaliere tra cinque e seicento, frequentava spesso piazze

[...] n pover si rallegra e lascia illutto e feste popolari dell'Italia centro-settentrionale, ma era anche ospite molto gradito ed apprezzato
nei palazzi di corte, come <<persona che, cantando all'improvviso, suonando e cianciando del trat-
E tien Ia mente homai di pena monda tenimento aile tavole de' gentilomini>> (cosi lo definiva il suo aristocratico concittadino Pompeo
Vizzani nel1597; dr. CAMPORESI, La maschera dt' Bertoldo, cit., p. 30). Colto ed ecdettico «can-
Lascia il pianto, il tormento, e le querele timbanco», Croce incarnava- secondo la definizione data dal suo pill nato biografo - <<il com-
E vive sotto il suo Signor fedele [... ] plesso ruolo d'un grande mediatore tra la cultura letterata e quella orale, fra Ia parola scritta della
tradizione illustre impressa nel segno stampato dal nuovo esoterismo tipografico e la voce e:ffi-
e par giii grand' abbondanza egl' erga mera eppur viva e duratura in tutte le sue infinite varianti dell' essoterismo orale, vissuto, tramato,
Vol cbe tua gente dal digiun gia doma reinventato e ritrasmesso nelle piazze, nelle cucine, nelle stalle» {CAMPORESI, Cultura popolare,
cit., p. 116). Su di lui, oltre alia voce di L. STR.APPINI, in Dt'z.ionario b£ogra/ico degli £taliani, Roma,
Si satij a pien [... ]. Istituto dell'Enciclopedia Treccani, 1985, voL XXXI, pp. 214·219, vedi S. S. NIGRO, Dalla lingua
al dt'aletto. La letteratura popolaresca, in La letteratura £taliana. Stor£a e testi, Bari, Laterza 1974,
n provvidenziale intervento ecclesiastico che riporta sulla terra le gioie val. V, tomo ll, pp. 431-528, in partie. pp. 436-451, nonche i numerosi lavori di Fiero Campo-
resi tra cui ricordiamo, oltre a quelli gicl citati, la sua Introduz.ione a G.C. CROCE, Le sottilissime
paradisiacbe della ricchezza e della sazietii dei sensi poteva essere in quegli astuzie dt' Bertoldo. Le p£acevoli e ridicolose s£mplicita di Bertoldino. Col «Dialogus Salomonis et
anni un ottimo tranquillante per gli inquieti popolani. Ma come sappia- Marcolphi» e il suo primo volgarizzamento a stampa, Introduzione, commento e restauro testuale
diP. CAMPORESI, Torino, Einaudi, 1978, pp. IX-Lm, ed il recente saggio I! palazzo e £! canftm-
mo non era poi esattamente quello cui Ia Chiesa romana voleva arrivare: banco. Giulio Cesare Croce, Milano, Garzanti, 1994, in cui l'autore rielabora molti spunti di suoi
owero una piena, consenziente e allegra accettazione della propria condi- precedenti lavori; dr. anche il recente saggio di G.M. ANSELMI, Le sottilissime astuzie di Bertoldo.
Le piacevol£ e ridicolose simplicita di Bertoldino di Giulio Cesare Croce, in Letteratura italiana. Le
zione eli poverta. Opere: II. Dal Cinquecento all'Ottocento, a cura di A AsoR RosA, Torino, Einaudi, 1993, pp.
La propaganda culturale eli matrice ecclesiastica si fece, in effetti, dav- 759-775. Per Ia diffusione europea dei suoi testi cfr. Giul£o Cesare Croce dall'Emdia all'Inghil-
vero martellante nello scorcio del Cinquecento. Agli epigoni eli quella cul- terra: cataloghi, bibl£oteche e testi, a cura di RoBERTO L BRUNI, RosARIA CAMPION!, DIEGO ZAN-
CAN!, Firenze, Olschki, 1991. Per una bibliografia completa delle opere vedi R CA.M:PIONI, Una
tura <<bassa>> che intomo alia meta del Cinquecento era stata capace eli /atica improba: !a bibliografia delle opere di Giulio Cesare Croce, Firenze, Olschki, 1997.
esprimere voci eli dissenso, anche violento, rispetto a! modello dominante 54 Lamento de' poveretti. I quali stanno a casa a piggione, e la convengono pagare. Composta
peril Piasentino. In Mantova. Per Benedetto Osanna, stampatore ducale, 1590 («Mala cosa e la
non rimaneva piu molto spazio eli manovra. piggione IE si scuopre questa male, I per Agosto, e per Natale, che si vedono caminare I i pa-
Mettendo in guardia da fuorvianti interpretazioni cbe calchino troppo troni, a visitare, I quei che stan ne' lor camini, I in boteghe, o magazini, I acciO faccian provisione
Ia mano sui tasto dell' autocensura o sulla forzata assimilazione dei modelli I ... »). Sul filone letterario dei "Lamenti" dr. CAMPoRESI, La maschera di Bertoldo, cit. Si tratta di
un genere che nella prima metcl del cinquecento si era fatto portatore di tutta la disperazione e la
sofferenza contadina, fino a contemplate 1' estremo gesto del suicidio come definitiva liberazione
da tutti gli affanni: <<Don ci basta liscia ne citrangolo I non saccio com'io stisso nuomi strangolm>
51 «Si che quei santi suoi ferventi preghi I Hann'il gran Padre dio mosso a pietade, I Le (Lamento di Ianni, Antuoni, e Parmieri, s. a., pp. non numerate).
lagrime i sospir, ch'in van non spreghi I Fur'appo I' alta e celeste bontade I A lui Dio non disdisse 55 Grandezza della poverta. Opera morale di Giulio Cesare Croce. Nuovamente posta in luce,
a lui non neghi>> (ibid.). Bologna, Bartolomeo Cochi, 1620, pp. non numerate. ·
62 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 63

retta che, abbandonando e capovolgendo Ia corrente popolare di protesta, scalata sociale era piii lecita. Di questo Croce aveva piena consapevolezza.
chiudeva - almeno per allora - il cerchio del grande progetto controrifor- Gli atti provocatori, le <<audacie>>, gli atteggiarnenti antagonistici, il canta-
mistico di egernonizzazione politica e culturale dell'intera societii: storie bolognese <<poteva ormai permetterseli solo ttasversalmente delegan-
Molto starebbe mal Ia povertade doli a Bertoldo che, a sua volta, li prelevava dall' antica saga salomonica>>. 58
Se non si ritrovasse la ricchezza, Ma anche il suo Bertoldo, 59 <<araldo della libertii umana>> 60 giunto quasi ca-
E viverebbe in gran necessitade sualmente alia corte del re Alboino, avrebbe dovuto ben presto accantona-
ll ricco, se non fusse Ia bassezza; re l'iniziale atteggiarnento di sfida e di provocazione - peraltro giustificato
Di modo cbe, tenendo I'amistade solo dalla matrice camevalesca dellibro - e, adescato dal fascino del pote-
L'una con 1'altra, vivon con dolcezza; re, sarebbe diventato <<predicatore di pace sociale, di rassegnata modera-
Che l'una, perche vuol esser servita, zione, di fatalismo rinunciatario>>! 1
Aiuta I' altra a sostenersi in vita [.. .] La motte dell' <<eroe>> crociano, a! quale i medici di corte avevano proi-
Per questo il ricco gode il mondo e'l cielo, bito le sue rape e i suoi fagioli cotti con Ia cipolla, per <<mutatione de' cibi>>,
E 'I pover per il ricco, il cielo e 'I mondo [... ] cioe per aver cambiato regime alimentare, diventava cosl il metaforico sug-
Dunque vivete lieti voi, che state
In cosi dolci e delicate tempre,
della rivoluzione di Masaniello, in «Studi storieD>, N, 1963, ripubblicato pochi anni dopo in lD.,
E se pregate Dio, sol domandate La rt"volta antispagnola a Napa!£. Le origini (1585-1648), Bari, Laterza, 1967. Un'utile e precisa
Ch'in povertade vi mantenghi sempre, ricostruzione storiografica della questione della rif~ud~zazione n~' am?
ito ?~ l?i~ gene,rale
«crisi del Seicento» ein F. BENIGNO, Speech£ della rzvoluzzone. Conflztto e zdentzta poltttca nell Eu*
Che per essa s' acquistan le contrate ropa moderna, Roma, Donzelli, 1999, pp. ~1-103. Lo stretto rapp?~o ~tercorren;e t:a il feno-
Del cielo [... ] 56 meno economico del «ritomo alia terra» e il progetto cultural-polioco m atto nell Italia cont_ro*
riformistica e testimoniato anche dal supporto culturale che una certa letteratura sul «contadino
felice>> forniva a questa processo di rifeudalizzazione economica: il grande bisogno di manodo-
Nel clima di imponente <<rifeudalizzazione>> culturale, che andava a co- pera contadina portava cioe i ceti dirigenti a fornire un'imrnagine addolcita e mistificatoria ?ella
stituire il naturale complernento e Ia neccessaria legittimazione di quello vita di campagna. Accanto all' appassionata lode del senritore diligente e sempre ubbediente
che e stato a suo tempo definito il fenomeno della <<rifeudalizzazione eco- («Viva viva i senritori [... ] El huon servo dietro vanno I AI Patrone, e sel bisogna I Alia spada
mette mano [...] ll non e il piii lieto state I Quanto haver un servo humane I Fa cosi: subito e
nomica>>, ovvero del recupero delle terre da parte delle forze aristocratiche fatto I Con la sua beretta in mano I Su e giii per monte e piano I Ubediente a tuoi teneri I Viva
secentesche, soprattutto di area toscana e veneta, 57 nessuna aspirazione di viva i servitori>>), in una Canzone in lingua Rustica veniva proposta, infatti, l'imrnagine di un. bo-
varo felice e pienamente soddisfatto della propria vita: «Benche a sia un povero Boaro I chiallo
come avezi, I Per farme re non ge darla un dinaro I ... Che a me contento senza oro, e arz~to, I
56 pili che a sti ricchi me che ha di scudi asse. I Cha no torae che l'Imperaore I me mettesse m so
!vi. Sebbene la figura del Croce, proprio per la sua notorieci, rappresenti un' anomalia nel pe, I Che della notte ~ol drome do hore, I lei vero, canchare, I Perche Lutrani, e Valliani, I e
panorama letterario del tempo, ripieno eli anonimi cantori, possiamo agevolmente constatare che
Spagnaruoli con so figioli I Ongari, e Turchi Francesi, e Spulchri, I nollassa posare ne no~e,
il contenuto delle sue strofe non era diverse da quello di molte altre anonime operette controri- ne di. I Che' l ne si tosto il Sole all'altro mondo, I che ho molto ben cenO, I Nare a drom1re
formistiche, ed e dunque a tutti gli effetti rappresentativa del clima culturale di quegli anni. Ecco non son gna il segondo» (Opera nova in laude delli servitor£, et sopra le barche; con alcune stan tie
per esempio come un'Opera nova anonima degli inizi del XVII secolo descriveva Ia riconcilia-
bizare, case molte belle. Con una Canzone in lingua rustica, in Venetia, in Frezzaria al Segno della
zione tra Povert:l e Ricchezza al termine eli un'accesa disputa: <<P[overci] Mettiti quanta vuoi Regina, 1580).
pur al sottile, I Che fatti semo eli man d'un Signore, I Ricchezza ascolta quel ch'io dico adessO,
I Che tutti nati siam d'un padre stesso R[icchezza] Da voi povert:l saper vorria, I Poiche d'un 58 P. CAMPORESI, Il palazzo e il cantimbanco, Milano, Garzanti, 1994, p. 19.
ceppo semo tutte nate, I Come io sto con tanta signoria, I Et voi con sudor sempre stentate, I 59 PerLe sottilissime astuzie di Bertoldo, opera principale di Giulio Cesare Croce, vedi la
P[overt:l] Di stare in altro modo non potria, I S'io non tenesse cosi li miei stati, I Non saria ser- recente edizione a cura diP. MALATESTA (Milano, Berlusconi Editore, 1993).
v:itU, ne obedienza, I Tal Che piacque al Signor questa sentenza I R[icchezza] 0 povertade mia 60 «Non deve cercar di legarsi colui che si trova in libertii [. ..] Natura mi fece libero, e hbero
tanto cortese, I Vieni dame, ch'io ti cerco d'amare, I Lasciam le nostre lite, e nostre imprese, I voglio conservarmi» sono le parole che Bertoldo pronuncia sulla soglia del palazzo regale (cfr.
Che I'una senza l'altra non puO stare. I Per te povert:l tutte le difese, I Io ti prometterO mai non CAMPoRESI, La maschera di Bertoldo, cit., p. 90).
man care, I Staremo in pace con amor giocondo, I E cosi seguiremo in questo mondo» (Opera 61 Con i primi decenni del Seicento era ormai chiaro che l'unico ruolo che gli epigoni eli
nova molto bella dimandata le crudeli imprese, che fa la Povertil con Ia Ricchezza, in Orvieto Citaredo e Perisauli potevano svolgere era quello eli mediatori sociali, portator'i di un messag~o
per Antonio Colaldi 1613, con licenza de' Superiori, pp. non numerate).
57 mirante ad allentare le tensioni sociali e ad inv:itare i ceti popolari ad una rassegnata rna felice
Sui fenomeno della rifeudalizzazione economica vedi RoMANo, Tra due crisi, cit e soprat- accettazione della realt:l economica e sociale, con tutte le sue ingiustizie e disuguaglianze. Cfr.
tutto le considerazioni di R VILLARI, Note sulfa rifeudalizzazione del Regno d£ Napoli alia vigiHa CAMPORESI, La maschera di Bertoldo, cit., p. 90.
64 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 65

gello dell'incolmabile spaccatura tra cultura <<colta>> e cultura dei <<senza dell'universo culturale e religioso dei <<senza lettere>>, cui abbiamo fatto ri-
lettere>>, eli una societii in cui Ia trasgressione delle leggi immodificabili ferimento nelle pagine precedenti - Roma avvio ru;-a d~a batt~li~ contro
del proprio status sociale era punita senza possibilita d' appello. Ia superstizione, ed in particolare appunto contro 1 test! eli o~a:'1?r:r ~uper­
stiziose. Si trattava eli una battaglia che almeno nelle sue fas1 lillZ1ali sem-
*** brava armata non solo eli buone intenzioni rna anche eli sensibilitii filologica
L'immagine eli efficienza e determinazione, eli perfetta coincidenza tra e eli adeguati strumenti eli controllo. 62 . . .,

obietrivi (teorici) perseguiti e fini raggiunti, che sembra fin qui contradeli- Passato il tornante della fine del secolo questa battaglia commc1o tut-
stinguere le strategie controriformistiche dirette alia <<conquista>> dell'uni- tavia a perdere molto del suo vigore. Lunghe liste cens_orie ?i orazioni s~­
verso dei «senza lettere>>, non deve ingannare. perstiziose cominciarono a succedersi stancament~ neg~ anru e le gerarchie
Un'interpretazione unidirezionale che si abitui a leggere Ia Controrifor- ecclesiastiche sembravano incapaci, da un lato, eli 1mpnmere una svolta po-
ma come un monolitico e concorde blocco ideologico-dotttinale, oltre che sitiva a questa offensiva e, dall' altro, eli proporre aile masse eli fedeli super-
politico, destinato a marciare senza esitazioni verso il raggiungimento dei stiziosi un modello alternativo eli devozione. Molto resta da mdagare sulle
suoi fini, sarebbe non solo fuorviante rna irrispettosa della realtii storica. raelici e sulle motivazioni eli questa impasse.
ll fine primario che le autoritii ecclesiastiche si ponevano era I'egemo- Si trattava eli una battaglia che sin dalle sue prime battute era stata for-
nizzazione culturale, religiosa e politica della societii post-tridentina. L' o- temente carattetizzata dalla volontii eli offtire una, risposta seria aile dure e
biettivo cosi genericamente formulato fu indubbiamente raggiunto. Ma infamanti critiche provenienti da parte luterana. E plausibile che una volta
Ia questione non e solo quella eli constatare Ia buona riuscita o meno eli allonatanato in maniera definitiva lo spettro dell' eresia (non solo quella lu-
questo progetto <<totalitario>> bensi anche quello eli valutare in che maniera terana, naturalmente), Ia diffusa sensazione eli una vittoria _ormai schiac-
esso fu raggiunto e soprattutto quanto Ia realizzazione eli que! progetto sia ciante abbia contribuito all'esaurimento eli quella spinta emouva, ancor pn-
elistante dalla forma iniziale (e dunque teorica) del progetto stesso. In altre ma che religiosa, che aveva condotto le gerarchie ~cclesiastiche ad impe:
parole quello eli valutare l'inevitabile iato esistente tra le formulazioni dei gnarsi contro ogni forma eli super.stizione. C?me a. ?ire che,. t~endo ormru
canoni tridentini (coni suoi sviluppi normativi a livello locale) e le difficol- ]e <<masse>> sotto il propno dommio non c era pm necess1ta eli spendere
tii, le resistenze, gli insuccessi incontrati nella !oro quotieliana applicazione energie in un' offensiva difficile e soprattutto ~popolare, ch~ ~vrebbe ap-
pratica, sia nell' ambito dei suoi sviluppi repressivi, censori ed inquisitoriali, punto potuto implicate il rischio eli mettere m eliscuss1one 1 nsultatl rag-
che nell' ambito della <<pastorale>> attivitii eli insegnamento e indotttinamen- giunti sul piano della conquista sociale. . . , .
to dei fedeli. La necessitii eli coinvolgere emotivamente 1 fedeli, Ia volonta eli far pre-
L'obiettivo eli una duratura «conquista delle masse>>, l'eliminazione del- sa sulle masse eli devoti, facevano si che esse si limitassero a fa_vorire forme
l'eresia religiosa e l'affermazione, o meglio l'imposizione, eli modelli cultu- eli <<collettivizzazione>> della devozione e a rivolgere ai fedeli stereot1pat1
rali in grado eli assicurare aile autorita ecclesiastiche un pieno controllo del- inviti alia ripetizione meccanica delle preghiere. Di ~art?•. Ia Iotta alia su-
l'ordine socio-politico costituito sembra avvenire in effetti a scapito eli qual- perstizione perdeva in questo modo molto del suo s1gnificato e della sua
che compromesso e cedimento - sia sul piano della morale religiosa sia su efficacia. .
quello della religiositii tout court - rispetto ai rigieli principi tridentini. Rispetto aile lucide e combattive ?ichiar~zioni eli guerra. c.ontro ogru
Se spostiamo solo eli poco Ia nostra attenzione in direzione eli un genere commistione tra sacro e profano lanc1ate dar banch1 tndentlnl sembrava
letterario popolare contiguo, almeno dal punto eli vista dei censori che ste- eli assistere ad una vera e propria resa. 63
sero le liste eli condanna, a quello delle operette eli Citaredo e Perisauli, os-
sia i testi eli orazioni superstiziose, il quadro inizia ad assumere connotati 62 Per un quadro del contesto istituzionale, cult~al~ e reli~o~o nel quale si sviluppa 1~
differenti. lotta alia superstizione da parte _delle gerar~e _eccleSiaStlc_he ~e<:ll il ~ond~ent~e vol;une di
A partite dagli anni settanta del Cinquecento, in effetti - nell' ambito A. PRosPERI, Tribunali della cosetenza. lnqumton, confessorz, mtsszonarz, Tormo, Emaudi, 1996,
del medesimo processo eli allargamento delle mire censorie in direzione w3~a .....
63 Per queste considerazioni riguardanti la Iotta aile supertlZI.om popolan, con parttco1are
66 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 67

Quel che sembra emergere e, infatti, che le autoritil ecdesiastiche rinun- dovesse assumere nella vita quotidiana questa invito alia pazienza appariva
ciarono spesso e volentieri a! tentative eli ripristinare forme e modalita eli esplicitamente qualche pagina dopo: <<sono in grandissimo errore colora
una religiositil purificata da incrostazioni pagane e eli recuperare una dimen- che impazienti procurano eli mutare stato; poiche non conoscono che illo-
sione interiore alia devozionalita cattolica. L' affievolimento eli quella tensio- ro travaglio nasce pili tosto dalla !oro impazienza>>. 67 La necessita e I'op-
ne morale e religiosa che aveva caratterizzato i primi decenni post-tridentini portunita dell' accettazione del proprio stato - che abbiamo visto essere il
sembra essere inversamente proporzionale all' acquisita capacitil eli controllo fila conduttore della letteratura ecclesiastica in tema eli poverta - era anche
sociale dell'universo dei <<senza lettere>> da parte delle gerarchie romane. qui il messaggio dominante: accettare Ia propria condizione, infatti, voleva
Forse si tratta solo eli ipotesi eli ricerca. Eppure molte sono le conferme dire accettare l'ordine che Dio ha dato aile cose del mondo: <<[ .. .] grandis-
incontrate sui piano della ricostruzione storica, e non solo sui terrene della simo eil peccato eli quelli che, non contentandosi delle stato !oro, si lamen-
Iotta aile <<orationi superstitiose>>. tano del Signor Dio, come che sia stato parziale con gli uomini, avendone
Qualche ulteriore spunto eli riflessione in questa direzione sembra ve- fatti eli grandi e eli bassi, eli ricchi e eli poveri, poiche questa non e altro che
nire dalla !ettura eli un testo secentesco anch' esso incentrato sui tema della un biastemmiare centro Ia divina bonta e providenza sua>>. 68 L'ordine di-
povertil. Si tratta eli un'opera intitolata Il Brancaleone, 64 pubblicata a Mila- vino, I'ordine che Dio ha dato alia societa, deve essere dunque accettato
no nel 1610, in piena eta borromaica. ll nome dell' autore rimaneva oppor- senza cadere nel peccato eli superbia; se Dio ha creato Ia poverta e Ia ric-
tunamente celato dietro un emblematico crittonimo: Latrobio (<<Vivo na- chezza questa risponde ad un insondabile disegno mirato a! bene comune:
scosto>>). Nonostante questa equivoco accorgimento- in molte occasioni <<Ed eun effetto eli superbia insopportabile il chiamar a Sua Divina Maestil
sufficiente eli per se a garantire Ia condanna del testo da parte delle autoritil Ia mutazione d'una cosa gia stabilita dalla sua ineffabile ed etema sapienza,
ecdesiastiche 65 - I' opera era destinata a circolare indisturbata. per gloria sua e per bene dell'universo, nel quale conviene questa vatieta eli
Dal punto eli vista dei contenuti essa non presentava alcuna sbavatura. stati. Poteva Sua Divina Maesta fare che un povero fosse ricco, e un ricco
ll <<Cattolicissimo>> tema dominante dell' opera, come apprendiamo diretta- povero, rna non l'ha fatto, per bene e dell'universo e della persona istessa.
mente dalle parole dell' autore, e Ia prudenza. 66 In perfetta sintonia con Ia E chi sara quello che ardira mai eli dire che non abbia fatto bene?>>. 69 In-
trattatistica controrifottnista eli quegli anni cosl scriveva infatti I'anonimo vece eli lamentarsi l'uomo deve armarsi eli umilta e cercare eli godere della
autore nel suo Proemio: <<Non e dubio alcuno che gli uomini i quali sono sua condizione facendo del suo meglio nell' ambito del ruolo che gli e stato
privi eli prudenza, non solamente sono ignoranti e mali, rna anco si possono assegnato: <<Bisogna umiliarsi e correggere i nostri mali pensieri, e non le
chiamar morti, perche Ia prudenza e Ia vita dell'uomo, che lo fa movere e opere eli Dio, il quale non puote errare. E deve ciascuno contentarsi dello
gli da gli spiriti per poter carninare e operare da uomo>>. E quale significate stato suo, ringraziando Sua Divina Bonta del modo e aiuto che gli ha dato
per poter perseverar in esso>>. 70
L' ortodossia dell' autore - sulla quale e opportune soffermarsi ancora,
riferimento al tema dell' orazione, e per la bibliografia connessa al tema, mi permetto di rinviare anche a costo eli qualche pleonastica sottolineatura - non si esprimeva solo
ad un mio lavoro in corso di pubblicazione su Censura eccles£astica e letteratura devozionale nel
XVI secolo; sull'argomento cfr. anche M. P. FANTINI, Censura romana e orazioni: modz: tempi, nelle sue enunciazioni eli carattere generale. Entrando nel merito della sto-
formule (1571-1620), in VInquisizione e gli ston·ci.- un cant£ere aperto, Atti del convegno dell'Ac- ria che viene qui narrata, osserviamo per esempio come i comportamenti e
cademia Nazionale dei Lincei, 24-25 giugno 1999, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2000,
pp. 221-243; EAD., Saggio per un catalogo bibliogra/ico dai process£ dell'Inquisizione: orax.ioni,
scongiuri, libri di segreti (Modena 1571-1608), in <<Annali dell'Istituto storico italo-germanico 67 lvi, p. 177.
in Trento», XXV (1999), pp. 587-668.
68 Ivz~ p. 183.
64 LATROBIO, I! Brancaleone, a cura eli R BRAGANTINI, Roma, Salerno Eelitrice, 1998.
69 Ivi, p. 183.
65
Basti pensare che alle opere anonime o eli incerto autore era interamente deelicata una 70 Ivi, p. 183. :E un discorso che l'autore applica in qualche modo specularmente anche ai
delle tre dassi introdotte sin dai primi indici romani dei libri proibiti, cfr. Index des livres inter- nobill, che devono imparare ad assecondare Ia propria natura: «Signor si, che vi elecito il far ciO
dits, vol. VIII, Index de Rome 1557, 1559, 1564. Les premieres index romains et !'index du Concile che volete - risponde il contadino al padrone che gli chiedeva perche si era meravigliato del fatto
de Trente, a cura di].M. DE BUJANDA, Sherbrooke-Geneve, Centre d'Etudes de la Reinaissance- che lui teneva un asino in casa -. Ma voglio dire che i nobill non devono servirsi se non di cose
Librairie Droz, 1990. nobill lasciando le ignobili a noi contadini; si che per voi sono fatti i cavalli, e per nostro servigio
66
Cfr. da ultimo E. BELLIGNI, Lo scacco della prudenza. Precettistica politica ed esperienza sono creati gli asini, perche non siamo noi di si delicata natura che non possiamo soffrire le im-
storica in VirgiHo Malvezzi, Firenze, Olsckhi, 2000. perfezzioni asinesche, le quali alia nobild paiono insopportabili» (ivi, p. 199).
68 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 69

le affermazioni «devianri>> rispetto al modello dominante di poverta venga- cio arebbe partorito un grandissimo disordine, rna s' ebbe 1' occhio principal-
no opportunamente stigmatizzate, atttaverso il pili antico degli artifici let- mente al ben commune e alla perfezzione dell'universo, la quale non sareb-
terari: quello della !oro attribuzione a personaggi negativamente connotati be riuscita, se gli animali fossero stati formati tutti d'un modo e d'un'istessa
dall' autore. Sono interpretati infatti da due operarii che <<sotto quell' abito sorte. Si che bisogno formame di varie sorti, come vedete che si efatto: altri
loro umile e semplice, celavano un animo superbo e finto» i <<ruoli» che che comandassero, altri che servissero, alcuni per un bisogno, e altri per un
abbiamo visto pili diffusi tra i ceti umili: quello di chi passa il tempo ala- altro, e va discorrendo. E a ciascuno si e provisto d' ogni conveniente e ne-
mentarsi e covare rancore nei confronti dei ricchi padroni e quello ancor cessaria aiuto, e per se stessi, e per il bisogno per il quale sono stati creari>>. 73
pili temibile di chi stanco dei soprusi arriva ad incitare i suoi simili a pas- Ebbene, alla luce di queste considerazioni non stupisce certo scoprire
sate all' azione commettendo un furto ai loro danni: <<se i ricchi sono nostri che I' autore dell' opera - 1' attribuzione e da considerarsi ormai definitiva
nemici, che stiamo a fare, che non procuriamo di levarli tanto delle ricchez- grazie alle attente ricerche di Renzo Bragantini 74 - sia un noto esponente
ze !oro quanto noi possiamo?» recita il pili <<malizioso» dei due. 71 Anche della gerarchia ecclesiastica, il nobile sacerdote Giovan Pietro Giussani,
nella via d'uscita che viene offerta ai due protagonisti del dialogo, 1' autore strettissimo collaboratore di Federico Borromeo nella Milano dei primi
mostra la sua perfetta consonanza coni dettami tridentini. Einfatti la figu- del Seicento, 75 autore della pili celebre biografia <<autorizzata>> di san Carlo
ra del confessore, unico vero interprete degli invalicabili limiti tra moralita Borromeo, 76 nonche di molti altri scritti agiografici. 77
e immoralita, a riportare sulla retta via almeno il primo dei due, il quale,
ricordandosi dei precetti ecclesiastici che gli erano stati impartiti conclude- 73 Ivz', p. 173: sono parole di «Giove agl'ambasciatori degli asini>> (sic!). Ecco le immagini
til con queste parole: <<Pero, assicurandomi ch'il confessore non m'assolve- utilizzate dall' Antoniano nel prima nei suoi Tre lz'brz' dell' educatione christiana dei /z'glz'uolz: scritti
ria mai se furassi que! d' altri, mi voglio contentare d' esser povero, se bene da M. Sz'luz'o Antonz'ano, ad z'nstanza dz' monsz'g. z'llustri.ss. cardz'nale d£ S. Prassede, arcz'uescouo dz'
Milano, In Verona, appresso Sebastiana dalle Donne e Girolamo Stringari compagni, 1584,
non mi potra mai annidare nel cuore 1' amor delli ricchi». 72 e
che 1' autore del Brancaleone teneva probabilmente sotto mana: <<La citti come un corpo com·
Sembra evidente dunque che ci troviamo di fronte ad un frutto maturo pasta di varie membra, che hanna varie operationi, e offitii, pili e meno nobill, rna perO tutti ne-
cessarii al sostentamento del corpo [. ..] hor applicando la similitudine al nostro proposito, non ha
della precettistica controriformata, condito con que! tanto di pedagogismo dubbio che Ia communiti civile per conservarsi ha bisogno di molte maniere d'huomini e che
morale che era ormai elemento imprescindibile di que! genere di testi. Se ai faccino differenti esercitii, come sono contadini, artigiani, mercanti, e molti altri>> (S. ANTONIANO,
lettori pili diffidenti rimanesse ancora qualche dubbio sulla <<filiazione» del libra ill, cap. 33, c. 145r-v; BIONDI, Aspetti della cultura cattolica posf.tri.dentina, cit., p. 271); e
qualche pagina dopa, con un pill precise riferimento al tema della poverti: <<.Adunque consolinsi
nostro testo, basterii scorrere con gli occhi il fedele riadattamento in chiave i poveri, e pensino che Iddio con somma sapienza ha volute nelle sue crearure ragionevoli questa
animalesca della metafora del corpo mistico di Cristo utilizzata e resa cele- tanta varied. che noi vediamo di ricchi, e di poveri, si litterati, e di idioti, di pitl robusti, secondo il
corpo, e meno acuti nella intelletto, e altri per lo contrario, acciO queste, ed altre diversita fossero
bre da Silvio Antoniano per spiegare ai suoi fedeli che ogni condizione come tanti vincoli di amore, che strettamente ci ligassero insieme, etiandio naruralmente par-
umana (animale nel caso specifico del Brancaleone), faceva parte di un mi- lando, mentre vediamo che niuno e su.fficiente per se medesimo, rna ciascuno ha bisogno della
rabile disegno divino, <<poiche tutti siamo una cosa in Christo»: <<Quando, aiuto de gli altro> (ANTONIANO, libro III, cap. 62, pp. 165v·166r, BIONDI, cit., p. 273). Era dun·
que in nome di questa consapevolezza di mutua dipendenza che Antoniano poteva ricordare ai
nel formar le bestie, si fece la constituzione e divisione delli stati e condizioni poveri che «devono essere grati, e ricordevoli, rendendo amore, ed osservanza, e fedelta ai ricchi,
fra di !oro, non s' ebbe risguardo al particolare di ciascuno solamente, che e buona cura e diligenza nella cultura de i campi e nelle custodia delle case lora», mentre «al-
l'incontro i ricchi devono tener protettione de i poveri, e havergli in luogo di figliuoli, tanto
pitl per debito della cariti christiana» (ANTONIANO, Libra ill, cap. 63; BIONDI, cit., p. 273).
74 R BRAGANTINI, Favale della politz'ca: il Brancaleone ri.attri.buito, in <<Rivista di letterarura ita·
71 A questa conclusione il secondo dei due operarii era giunto dopo aver negate che potesse liana>>, X (1992), pp. 137-171; cfr. anche la sua Introduzione all'edizione critica del testa, pp. !X-CI.
esistere una vera solidariet:l e amicizia tra rappresentanti di ceti diversi: «il ricco in tanto ama il 75
Su Federico Borromeo cfr. P. PRom, Federz'co Em-romeo, in Dizz'onarzO b£ogra/z'co degl£
povero in quanta ha bisogno di lui e, se gli fa qualche carezza, lo fa per darli mossa e vigore nel £tal£ani, val. XIII, Roma 1971, pp. 33-42; cfr. ancheP. ]ONES, Federico Borromeo and the Ambro-
servigio che da esso pretende. Anco il povero, rendendo il contracambio, mostra al ricco bene- s£ana: art patronage and reform z'n seventeenth·century Milan, Cambridge, Cambridge University
volenza non perche l' ami eli cuore, rna si bene perche non puote fare senza il suo aiuto» (iv£, pp. Press, 1993 (ora disponibile anche in italiano: Federico Borromeo e l'Ambrosiana: arte e rzforma
56-57). Riguardo all'incitamento al furto, il tentative eli fomire una giustificazione razionale a cattolica ne/17. secolo a Milano, Milano, Vita e Pensiero, 1997).
questa gesto («Come pensi tu che i ricchi abbiano fatto in cumular ricchezze? [... ] usure, fu..-ti, .
76
G.P. GrussANI, Vz'ta di san Carlo Borromeo prete cardz'nale del tz'tolo di Santa Prassede,
assassinamenti, oppressioni di poveri, etc. [. .. ] la robba non si puote bene spesso cumulare senza aravescovo di Mz'lano sdrtta da dottore G£ovanni Pz'etro G£ussano [. ..] dedicata alta santitit di N.
quello del prossimo», z'vz', pp. 57-58) non sembra in alcun modo attenuare il tono radicale delle S. papa Paolo V, Roma, nella stamperia della Camera apostolica 1610; su questa biografia e sulle
sue posizioni. sue contrastate vicende editoriali cfr. infra nota 90.
72 Ivz', p. 59. 77
Su Giovan Pietro Giussani, oltre a F. ARGELATI, Biblz'otheca scriptorum mediolanenst"um,
70 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 71

ll punta quindi diventa un altro. Che bisogno c'era di ricorrere all'anoni- do, stante Ia natura <<edificante>> dell' opera e Ia matrice ecclesiastica del
mato? Cosa c' era di tanto scandaloso da impedire a Giussani di uscire allo racconto.
scoperto rivendicando Ia paternita dell' opera? n e
nodo della questione piuttosto rappresentato dalle frequenti volga-
Se ci fermassimo ad un' analisi del messaggio e dei contenuti dell' opera, rita che condiscono interi dialoghi dell' opera e da una prosa sboccata de-
questo ed altri interrogativi rimarrebbero irrisolti. C' e pero dell' altro. gna del miglior Boccaccio, che in alcuni passi narrativi sembra letteralmen-
Elo stesso autore che sin dalle prime pagine avverte illettore del clop- te capovolgere le fondamentali direttive tridentine sulla separazione tra sa-
pia livello di lettura dell' opera. L' opera infatti si presentava allettore <<in- cra e profano.
coho>> cui era per sua natura destinata come una divertente favola anima- Leggendo attentamente il testo e tenendo ben presente l'identita del
lesca animata dalle simpatiche vicende di un asino un po' ingenuo. Presup- suo autore non si puo evitare di sobbalzare di tanto in tanto sulla sedia.
ponendo che illettore non coho seguisse un procedimento di lettura sem- Per cominciare, ecco una <<novella dell' ortolano>>. Ascoltiamo dalla sua
plicemente opposto a quello fin qui da noi seguito per esigenze descrittive, bocca I'<<edificante>> conclusione delle avventure di un giovane mercante
Giussani invitava a non fermarsi allivello superficiale della <<favola>> che <<avaro e devoto>> indotto dal demonio a credere di poter aumentare smi-
<<pare una vanitii>>, 78 a non vederla solo come un' <<opera da moverci a ri- suratamente Ia sua fortuna facendo visita ad un <<palagio>> pieno di ricchez-
S0>>/9 a non <Jeggerla come passatempo come molti fanno>>, 80 bensl chie- ze: <<L ..l inviandosi verso Ia porta [del palagio] per entrare, gli venne voglia
deva allettore di fare piu attenzione ai <<misteri, che sotto vi si nascondo- di scaricar il ventre (gia l'aglio voleva operare), sl che si ritiro da parte per
no>>, andando alia scoperta della <<dolcezza di dorttina>> 81 e delle <<morali- non esser visto da quella gente; e calatesi le brache fece il fatto suo. Avven-
tiD> in essa contenute. 82 ne che allora avea realmente rivolte le parti posteriori verso il seno della
Appare subito chiaro che non si trattava solo di giustificare Ia scelta di moglie, che dormiva agiatamente; Ia quale, sentendosi scaricar a dosso tan-
<<impiegare le [sue] fatiche cosl bassamente>>. 83 Era qui racchiusa l'implici- ta feccia e moho fetente, accompagnata da strepitose correggie, si risveglio,
ta teorizzazione di una strategia che mirava ad attirare illettore <<simplice>> e adirata urto nel dormiglione che se ne stava in visione, e ingiuriandolo per
con le delizie della favola per poi introdurlo aile verita e moralita cattoliche quella porcheria, lo risveglio e fece ritomare in se stesso. Allora il meschino
in esso contenute. Ma tomeremo piu avanti su questa questione.
comincio ad esclamare, e maledir Ia moglie dicendole: "Perche non m'hai
Quella del Brancaleone non era ruttavia una semplice favoletta moral-
lasciato finir di cacare?" [ ... ] Daile maledizzioni passo aile battiture [. ..] di-
mente edificante.
cendo che Ia bestia di sua moglie gli avea levato dalle mani quanta bene
Non e tanto, o non e sohanto, il 'caso' di un alto prelato che recupe-
poteva desiderare>>. 84 Non conoscendo l'indicazione della fonte, chi rion
ra lo strumento della favola esopica utilizzando un linguaggio popolaresco
dubiterebbe almena per un attimo di trovarsi davanti ad un passo del De-
per avvicinare Ia sua parola ai fedeli. Nonostante l'esplicita condanna delle
<<fabulae fictae>> da parte dell'Indice sistino si potrebbe anche arnmette-
camerone!
Andando avanti nel testo, e difficile non rimanere colpiti dal primo de-
re, infatti, che le autorita ecclesiastiche potessero avere un occhio di riguar-
gli <<arnmonimenri>> o <<ricordi>> matemi, premurosamente offerti al figlio
che stava per lasciare Ia sua terra natia (!' asino, protagonista principale del-
Milano, in aedibus Palatinis, 1745, coil. 693-696, e G. CASATI, I! prima biogra/o di san Carlo, in
la favola esopica, si trovava in procinto di lasciare Ia Sardegna perche era sta-
<<Echi eli san Carlo Borromeo nel N Centenario della nascita», 2 (19.37), pp. 189-193, cfr.la Nota to venduto a un mercante fiorentino): <<Noi asini- e Ia madre che parla-
biogra/ica e Ia Nota bt"bliogra/ica eli R BRAGANTINI in appendice alia sua Introduzione (rispettiva- siamo sottoposti al male dell' asino, che e un certo vento il qual ci fa gon-
mente aile pp. LXXXVIII- XCII e pp. XCITI-CI).
78 Ivi, p. 6.
fiar Ia panda, e ci mette in grandissimo pericolo della vita. Pero sia sollecito
79 Ivi, p. 3.
in cacciarlo fuori e spingerlo con frequentissime correggie, e quanta pili
so Ivi, p. 23. longhe e larghe le farai, sara meglio per te; e non averai in questa parte ri-
81 !vi, p. 3.

s2 I vi, p. 23.
83 Ivi, p. 20. "Ivi, pp. 110-111.
72 GIORGIO CARAVALE CENSURA E PAUPERISMO TRA CINQUE E SEICENTO 73

spetto ad alcuno, che saresti un gran pazzo a voler metter in compromesso di far sopra la terra un fiume corrente con la vostra orina, vi faro una grazia
la vita per non dispiacer ad altri>>. 85 tale che ne resterete per sempre contenti». 89
None tanto !'apologia della <<Corregia>> in se che colpisce illettore av- Appare evidente che dietro alla scelta di quelle espressioni si nascon-
veduto, 86 quanto l'intento che si celava dietro la scelta di quelle parole: una deva un profondo spirito di rivalsa, se non un forte dissenso, nei con-
vera e propria desacralizzazione di uno dei generi pedagogico-letterari piu fronti dell' ambiente che lo circondava. Un malum ore che non poteva
<<in voga>> in epoca controriformistica. n punto centrale della questione e o non riusciva a trovare altri sbocchi. Ricordiamo che negli stessi mesi
quello di provare ad immaginare un Giussani che di giorno andava girando in cui componeva il Brancaleone, il Giussani si trovo ad essere suo mal-
tra i vicoli della citta o passava da un pulpito all'altro predicando e diffon- grade protagonista di un caso editoriale «scottante». La sua agiografica
dendo i «santissimi>> Ricordi avera Ammaestramenti Generali datti da San Vita di S. Carlo Borromeo divento (inaspettatamente) bersaglio di criti-
Carlo Borromeo, 87 cioe dal suo cattolicissimo maestro, e di notte si rinchiu- che, anche aspre, le quali, nonostante la vigorosa difesa che egli ne fece,
deva nella sua camera a lume di candela per fame 1'asinesca e «corregiante» provocarono anche sgraditi interventi censori: 90 «Oh, quanti Momi si ri-
parodia! trovano in questi tempi ancora, i quali in ogni modo vogliono censurare
Non e facile comprendere i tormentati percorsi mentali e culturali che le azzioni altrui, o bene o male che si dicano: pur che lacerino in qualche
potevano portare il Giussani a disfare la norte quello che di giorno tesseva. parte, restano troppo consolati». 91 Con queste parole, proprio nelle pa-
Zelante collaboratore di uno dei piu rigorosi esecutori delle volonta tri- gine iniziali del Brancaleone, Giussani cercava probabilmente di esorciz-
dentine in materia di costumi morali, si dilettava poi a riproporre sotto for- zare quella spiacevole vicenda, ancora troppo vicina per non sentire in
ma di favela esopica quelle stesse commistioni tra sacro e profane che si bocca un fastidioso sense di amarezza. «lo so che alcuni mi direbbero
trovava a condannare durante la sua quotidiana attivita pastorale. ch'io son state un pazzo a voler scrivere e impiegare le mie fattiche sl
Cosl, nelle pagine conclusive del Brancaleone leggiamo che quando il bassamente», continuava in quella pagina, offrendo cosi un'indiretta
"consiglio generale" degli asini decise di mandare a Giove [versione favo- conferma del suo inconscio desiderio di rivalsa. E plausibile, dunque,
listico-profana del Dio cattolico] un'ambasciata supplicandolo di «mutare ipotizzare che in un contesto di omologazione dottrinale e culturale qua-
la nostra natura e condizione [ ... e] sottrarsi dalla servitu de gli uomini>> 88 le quello dell'Italia controriformistica di inizio seicento l'utilizzo di de-
egli, «anunorbato [dal] fetore delle correggie !oro», non si fece scrupoli di menti 'formalmente' eterodossi potesse essere forse per un ecclesiastico
prendersi «burla» di !oro, urilizzando espressioni che forse (!) Carlo Bor- di range l'unica maniera concepibile (e consentita?) per dare sfogo al
romeo avrebbe faticato a definire «edificanri>>: «[ ... ] se vi basterii !'animo proprio dissenso.
Le vicende successive della sua vita avrebbero poi offerto un tardive
suggello a questa ipotesi. L'isolamento in cui termini\ i suoi giomi a Monza,
85 Iv£, p. 32. lontano dalla sua Milano, diventava, in altre parole, una lente di ingran-
86Lo «sborrar corregie>> o il «correggiare>> e facilmente individuabile come uno dei le# dimento attraverso cui guardare a ritroso lunge tutta la sua complessa
motiv del racconto. Innumerevoli i luoghi in cui compare: cfr. per esempio, pp. 32, 38, 93, 111. esistenza.
87 CAIU.o BORROMEO, Ricord£ d£ monsign. illustriss. Borromeo, cardinale di Santa Prassede, & Eppure, non possiamo limitarci ad una spiegazione di tipo intimistico-
arduescouo di Milano. Peril uiuere christlano ad ogni stato di persone, In Roma appresso Dome·
nico Piolato, 1580 (cfr. anche 1a recente edizione I ricordi di San Carlo ai Milanesi, a cura di !Nos
BIFFI, Milano, Ned, 1984). ntesto conobbe molte ristampe all'inizio del seicento, proprio sotto la
cura del Giussani: tra queste, CARLo BoRROMEO, Ammaestramenti a padn: e madri di famiglz"a per
vivere christianamente, ed allevare £ figlz"uoli col timore di Dio... cavate dalle Sacra Scritture dal-
l'Ill.mo Borromeo, in Roma, appresso G. Facciotti 1603; e Ricordi overo Ammaestramenti Gene-
ral£ datti da San Carlo Borromeo peril vivere christiana communemente ad ogni stato di persone. Et
particolarmente a padri e madri di /amiglia, maestri o cap£ di botteghe e lavoranti. Di nuova /atti
ristampare ... , Venetia, appresso Pietro Combi 1615. Su questo testo e pili in generale su questo
«genere» letterario, cfr. A. TVRCHINI, Sotto l'occht"o del padre. Societii con/essionale e istruzione
primaria nella Stato di Milano, Bologna, ll Mulino, 1996.
88 Ivi, p. 137.
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psicologico. Trappe erano le implicazioni politico-religiose di una scelta Non semplicemente dunque un' opera anamala nel panorama letterario
editoriale del genere. tridentino. Non solamente un testa che univa in se gli <<umori popolare-
Innanzitutto occorre osservare che I' espediente dell' anonimato, o me- schi>> propri della tradizione esopica della favola dell' asino e un apparato
glio del nascondimento, unito a quello della (apparente) volonta di riman- contenutistico rigorosamente conforme ai dettami tridentini; non solamen·
dare Ia pubblicazione dell' opera 92 dovettero risultare sufficienti ad evitargli te un racconto qualitativamente e contenutisticamente elevato rna a! con-
un'umiliante condanna. Non risulta, infatti, che I'opera sia finita all'Indice tempo diretto ad un consumo non colto. 95 L'utilizzo e il riadattamento ani-
o sia stata oggetto di interessamenti inquisitoriali. Anzi. Anche alia luce del- malesco da parte di Giussani della metafora del cibo che Giulio Cesare
l'elevato numero di edizioni secentesche rintracciate, 93 non possiamo fare a Croce· Bertoldo aveva usato per san eire I'immutabilita dei ruoli sociali as-
meno di insinuare il dubbio che, in un ambiente cosl controllato come surge a simbolo di una perfetta identita di contenuti rna anche di una con-
quello della Curia milanese, Ia vera identita dell' autore non fosse sfuggita vergenza di forme espressive 96 tra letteratura ecclesiastica (pur se nella sua
aile autorita ecclesiastiche locali e che il Brancaleone fosse dunque da !oro versione non propriamente ottodossa), da un lata, e una <<letteratura desti-
tacitamente <<tollerato>>, se non direttamente utilizzato a scapi pedagogico- nata a! popolo>> anch' essa di matrice pili o meno direttamente controrifor-
rnistica (di cui Croce era uno dei rappresentati pili in vista), 97 dall'altro.
religiosi nell' ambito dell' attivita pastorale milanese. 94
Lungi dal suggerire ipotesi di circolarita culturale di bachtiniana me-
moria (perche si possa parlare di circolaritii. devono essere individuati alme-
92 «Si che, essendomi venuto a notizia una certa fedele relazione della vita d'un certo ani- na due termini di riferimento ben distinti tra !oro e questa non era quanta
male [1' artificio del ritrovamento eli un manoscritto sconosciuto era comunemente utilizzato al-
l'epoca come escamotage deresponsabilizzante], la quale potd essere di essempio e documento
a molti, l'ho volute scrivere ordendo e tessendo una bella istoria, sperando che questa almena
nel tempo avvenire sara data in luce da qualche amorevole a beneficia eli tutti>> (ivi, p. 19). minio, eta chi serve per vivere con civile feliciti>>, offre Ia misura dell'operazione (parzialmente)
misti:ficatoria attraverso Ia quale doveva passare Ia riproposizione di un'opera che toccava anche
93 D. ZAliDrn, recensione aIl Brancaleone, in «Studia Borromaica>>, 12 (1998), pp. 442-448,
temi e questioni non immediatamente riducibili alia tematica della «ragion di stato» (per Ia cita-
conta «non meno di cinque edizioni, sparse tra Milano, Pavia, Venezia e Bologna fino alia pili zione cfr. lettera di dedica dei fratelli Varischi, cit., c. A2v).
tardiva (sopravvissuta) che e del1682» (ivi, p. 447); va corretta dunque alia luce di queste con-
siderazioni l'osservazione di Bragantini secondo cui il <<testo [. .. era] destinato ad una circola- 9s Ivi, pp. XI e XII dell'Introduzione.
zione abbastanza ristretta>> (Introduzione, p. XI). 96 Se il protagonista della vicenda «alimentare>> era un animale, un caprone nel caso sped-

94 Non stupisce certo trovare l'esplicita approvazione dell'inquisitore veneziano («Libellus fico, tanto meglio. Non solo il messaggio non mutava di una virgola rna anzi era destinate a giun-
iste cui Titulus Brancaleone, nihil quod deprehenditur contraritun continet Sacrosanctae fidei gere pill facilmente aile orecchie di un lettore che si supponeva avesse quotidiana familiarita coni
Catholicae, quare typis posse dari censeo») riportata a suggello della piena legitrimita dell' opera, quadrupedi e con le loro metodiche e rigorose abitudini alimentari, moho pill di quanta ne po-
nella prima edizione successiva all'edittO princeps: quella veneziana del 1617 (Il Brancaleone, teva avere con le tavole imbandite dei ricchi signori di citcl: <<E non fare come quel sciocco ca-
ouero !'idea della prudenza, fauola morale politica; nella quale sotto bellissima, & auueduta maniera prone il quale, essendo invitato ad un solenne convito dove era Ia divizia d'un gran polaro furato
d'Animali parlanti, s'ammaestra lo 'ntelletto e si porge diletto al sensa di ciascuno. Scritta gW. da da una maliziosa volpe, non mangiava se non alcuni erbaggi; per il che fu dileggiato dalle altre
Latrobio filosofo, huomo versato in tutte le Scienze, et hora data in luce da Gieronimo TnVultio, bestie convitate, dicendogli che, se bene avea una bella barba e un aspetto grave, il suo mangiare
Cittadin o Milanese, per bene/{cio di tutti. Aggiontevi la Tavola delle cose MemoraNlt; e delle Sen- n~nc:Jimeno lo manifestava per un montanaro ignobile. RestO egli per queste beffe tanto sdegnato
tenze piU singolari. Con Privilegio, In Venetia, presso Giovanni & Varisco Varischi Fratelli, e rrntato che, se bene non avea denti ne gusto per quci delicati cibi, ne volse nondimeno man-
1617). Da un raffronto tra l'editio pn·nceps del1610 (pubblicata da Renzo Bragantini) e questa giare per dimostrare che non era men nobile che comuto. E la cosa passO tant' oltre che an co fece
edizione del1617 (conservata presso la biblioteca della Fondazione Luigi Firpo) non emerge al- ferma risoluzione di mostrarsi per I' avvenire di natura nobile, cibandosi di came, pesci, e altre
cuna variazione di sorta, fatta eccezione per un errore tipografico in virtU del quale il capitolo cose delicate. Si che in brevissimo tempo divenne poverissimo e tisico, e se ne mori miserabil-
XXXV e segnato come capitolo XXXIV e dunque la ntunerazione complessiva dei capitoli, vi- mente, av~do voluto contrafare la natura sua, lasciandosi acciecare da un poco di fumo, con
ziata da questa ripetizione, giunge fino al capitolo XXXVIII invece che al XXXIX come nell'e- tanto detnmento della sanita e della vita sua>> (iv{, p. 34).
97 . L'espressione tra virgolette e di Carlo Ginzburg (Il formaggio e i vermi, cit., p. xrv). A
dizione del1610; e fatta eccezione per la sostituzione della lettera dedicatoria dell' editore Giovan
Battista Alzato (Milano, 24 febbraio 1610, in ed. Bragantini, pp. 3-5) con quella dei nuovi editori, proposlt~ del Croce e suffi~iente qui so~olineare per esempio come l'utilizzo di una simbologia
i fratelli Varischi, al <<Signore Colendissimo Girolamo Toni>> (Venetia, 1 agosto 1617, in ed. 1617, legata allar:o. della defecazwne fosse artificio moho frequente nei suoi scritti: «Va' destro, fra-
cc. A2r-A3r). L'opera in altre parole continuava a circolare indisturbatamente conservando le t~o, - tutt:l, m fondo, per Bertoldo sono fratelli, guardie, villani e signori, perche tutti impastati
espressioni licenziose e le volgariti contenute nella prima edizione, esplicitamente approvate e di stereo - ne voler tu fare il sof:ficiente, perche le mosche che volano sulla testa ai tignosi, vanno
sottoscritte dalle massime auto rita inquisitoriali. La scelta operata dagli editori Varischi di pre- s_ulla mensa regale ~cora e. cacano nella propria scodella del Re e pure esso mangia quella mi-
sentare I' opera come un trattato esclusivamente politico, ossia come un' opera strettamente incen- «C~ mang~a le candele caca i stoppini>>, «Chi ben pappa, ben caeca>>, «Chi fa

'
trata sull'arte del govemo, in cui «sotto velo di favola [. .. ] si trattano misteriosi precetti della vita
politica, e si toccano i principali insegnamenti di bene instituire, saggiamente reggere, e pruden-
i',~i~·t·:=~~!~dir(le cacarsi in mano»», «Chi pill spinge manco caca>>, «Chi merda manda
citazioni sono tratte da CAMPORESI, Introduzione a G.C. CROCE, Le sottz~
temente conservare ogni sorte di Stato, accennandosi ammaestramenti gravissimi a chi tiene do- .atjjeo'foldo,, cit., p. LIV e nota 88).
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Ia realtii culturale del XVII secolo offriva), 98 questa metafora- come piii in pacitii, o forse solo Ia non reale volontii, eli affrontare l'universo dei <<sem-
generale l'intero scritto del Giussani- ci offre uoa testimonianza importan- plici et ielioti» con uoa proposta eli modelli eli devozionalita e eli moralita
te eli come Ia pedagogica esigenza eli indottrinamento fosse valore a tal religiosa realmente altemativi Tanto ormaila scomparsa dell'eresia, il con-
puoto introiettato dalle gerarchie ecclesiastiche del tempo da indurre gli solidamento dell' ordine politico costituito e Ia conquista sociale e culturale
stessi difensori dell'ortodossia cattolica (quale Giussani indubitabilmente delle masse erano, lo abbiamo visto nella prima parte eli queste note, ob-
era) a ricercare strumenti culturali e lioguistici sempre piii attraenti - e biettivi giii brillantemente acquisiti sin dagli inizi del XVII secolo.
duoque piii facilmente fruibili - agli occhi dei piii semplici pur eli riuscire
a trasmettere !oro i contenuti ritenuti piii idonei per le «pie orecchie>> dei GIORGIO CARAVALE
fedeli. Anche se questo voleva dire ricorrere a volgaritii e «profanazioni>>
altrimenti intollerabili, rinuociando cosi eli fatto a far valere sui campo i
prina'pi tridenrini
Dietro alia vicenda del Brancaleone sembra, in altre parole, eli poter ve-
dere in controluce uo'autoritii ecclesiastica pronta- pur eli portare a com-
pimento il progetto complessivo eli conquista ed egemonizzazione sociale -
a scendere a compromessi e elisposta forse a rinuociare per sempre all'idea-
le eli uoa rigorosa applicazione eli alcuni alti principi etico-religiosi, destina-
ti a rimanere solo sulla carta dei volurni conservati nelle !oro preziose bi-
blioteche.

ll fallimento della Iotta alia superstizione e I'ambiguo testo del Giussani


- il cui caso non sembra del resto isolato nel panorama controriformisti-
co 99 - appaiono cosl come due tracce eli uoa medesima questione: !'inca-

98 :E l'ipotesi che avanza, seppur dubitativamente, Renzo Bragantini, curatore dell' opera
(Ivi, pp. cxxvm.LJOOX).
99 Un 'caso' assimilabile a quello di Giussani mi sembra quello del francescano osservante
Evangelista Gerbi, detto il <<Marcellino», anch'egli interprete fedele dei dettami controriformi-
stici in tema di poverta, e non solo; autore infatti nel1580 di un'opera intitolata Dialogo della
povertii vera nutrice della virtU, in Della vanztii del mondo dialoghi dodlci, del RP.~. EvangeHsta
Marcellino dell' ordine de' Minori Osservanti, con un dialoga della poverta, in Camenno, appresso
Girolamo Strengari, e gli Heredi d' Antonio Gioioso, 1580, nella quale- dopo aver stigmatizzato i (che conoscevano bene Ia vera identita dell'autore), quanto per una sorta elipruder£e ormai solo
cosiddetti <<falsi poveri>> e i poveri ribelli alia loro condizione- tratteggiava, con espressioni tipi- form ale. Certo, la presenza di quell' opera avrebbe costituito un ostacolo insormontabile lungo la
che di una tradizione francescana messa ormai al servizio delle 'ragioni' della Controriforma, la strada della canonizzazione, cui i suoi discepoli francescani si erano indirizzati, costituendo in al-
figura del povero ideale: <<felice bisogna che sia il povero, non colui dico, che non havendo_ vor- tre par:ole una delle ragioni principali della sua «bocciatura>> da parte della (temporanea) Con-
rebbe [. .. ] rna chi non ha e molto meno desidera di havere>> Uvi, p. 181). Ebbene, dopo soli due greg~on~ dei beati_che si occupO della sua fama eli santitii; pur tuttavia I' opera continuO a cir-
anni ritomava ancora sul tema a lui caro della virtU pubblicando - questa volta elietro lo pseu- colare melisturbata ctrcondata dal favore del pubblico: come nel caso del Giussani probabilmente
donimo eli Lorenzo Selva- un trattato Delle metamorfosi cio!: tras/ormazione del virtuoso, Orvieto toll:rata, se non direttamente ~tilizz~ta d:Jl: ~autori~ii ecclesi~stiche nell' ambito dell' azione peda-
1582. I contenuti dell' opera anche questa volta erano assolutamente ortodossi; tuttavia, come ab- gogJ.co-pastorale volta a conqUlStare 1 Cetl pm umili al propno progetto culturale e religioso. Sul
biamo visto in Giussani, l'autore non si faceva scrupoli di ricorrere ad una <<narrazione tutta D_el~e metar;zorfos£ del c;;erbi e sul ruolo ricoperto da quest'opera nell' ambito del fallito tentativo
piena d'amore lascivo e camale» (cosi come la definirono i suoi avversari), in cui si poteva leg- di nconosc:unento uf:fiaale del culto cfr. M. GoroR, La /abbrica dei santZ:·la rz/orma urbaniana e tl
gere, per esempio, eli una «danza alia fi.orentina>> i cui protago~ti s~ calav~o per bu:la le bra_gh~ m_od~llo ~denti_no,_ in Stori.a ~'It~Ha, Annal£ 16: Roma, la cittli del papa. Vita dvile e religiosa dal
«mostrando la cometa a tutta la brigata, senza che guardassero m delo». L utilizzo eli espress1oru gz~bzleo_ dz Bonifaczo VIII al g~ubzleo_di papa Wojtyla, a cura di L. FIORANI eA. PROSPERI, Torino,
boccaccesche diventava cosi lo strumento attraverso cui raggiungere la popolaritii del messaggio Einaudi, 2000, pp. 679·727, m partie. pp. 704-706. Per un profilo biografico del Marcellino cfr.
ortodosso in essa contenuto (l' opera ebbe cinque edizioni nel giro di trent' anni) e lo pseudonimo ~e A Pn..Anr, Il P. Evangel£sta Marcellino 0. F. M. predicatore in «Studi francescani>> "XV
era l'escamotage cui si ricorreva, non tanto per sfuggire aile mire censorie delle gerarchie romane (1943), pp. 41-78. , ,

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