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redazione@laseradiparma.it DOMENICA 11 SETTEMBRE 2011 SPETTACOLI 21

Eventi
Nel nome del padre Attilio, poeta e redattore
le ovazioni per i fratelli Bertolucci a Mantova
In migliaia ieri a Festivaletteratura per l’omaggio alla lungimirante rivista aziendale di Mattei
Bernardo e Giuseppe: “Grazie papà, ci hai insegnato a cogliere la poesia in ciò che ci circonda”
di ENRICO VERONESE

A
d affrontare il bonbon di pagine ed esta-
te tardiva che è Mantova in questi gior-
ni non ci si accorge che il Comune, da
un anno passato al centrodestra, ha
tagliato della metà i fondi destinati alla
massima eccellenza cittadina, vanto in Italia e fuo-
ri: il Festivaletteratura. Una fila chilometrica cui
devono sottostare le migliaia che sfidano il sole co-
cente per onorare in un sol colpo Attilio, Bernardo
e Giuseppe Bertolucci al cortile della Cavallerizza
dentro il palazzo Ducale, un sudore nazionale e poco
padano assale mentre si spiano le chiacchiere cul-
turali di un settore di Paese opposto a quello che
viene rappresentato da certa pubblicistica televisiva.
I due fratelli registi sono stati chiamati dall’Eni a
ricordare la felice esperienza redazionale di Gatto
Selvatico, la rivista aziendale voluta da Enrico Mat-
tei che chiamò a raccolta “le menti migliori della
sua generazione: cortesi cerimonieri, il puntuale e
garbato Corrado Augias con una vispa Lella Costa,
il pubblico debordante ben oltre i confini della ten-
da. Bernardo è in carrozzina da anni, si sa, e quan-
do il più grande regista italiano contemporaneo
-almeno, a parere di chi scrive- appare sul palco è
una tonante ovazione, che lo unisce ai consanguinei.

“Poesie quasi tutte bellissime, alcune solo belle”.


«Dio sa se non abbiamo bisogno di poeti», esordisce
il conduttore, dando la parola a Lella Costa per la
lettura de “I pescatori”: «Le poesie di Attilio sono I fratelli del cinema sul palco di Mantova. A destra, Attilio il poeta capostipite
quasi tutte bellissime, alcune sono belle». E “Attilio” Nelle foto sotto, l’arrivo al Festivaletteratura di Bernardo e di Giuseppe Bertolucci
lo chiama il suo figlio maggiore e più noto, rivol-
gendoglisi nel ricordo: «Ho cominciato con l’imi-
tazione del padre, a 16 anni si è disvelato il mio CHI ERA ATTILIO BERTOLUCCI
grande amore per il cinema, cominciato da bambi-
no quando mio padre, critico cinematografico, mi
portava alle sale di città dalla campagna in cui vi- Un intellettuale a tutto tondo
vevamo. Lui come poeta era imbattibile, e ho dovu-
to trovare la mia strada, quella. Anche se il mio
che ha ricevuto e lasciato molto
primo e unico libro pubblicato a 21 anni, “Ricerca Attilio Bertolucci è nato nel 1911 a San Laz-
del mistero”, vinse il premio Viareggio opera prima.
Ma solo un mese dopo sono andato a Venezia col zaro, in provincia di Parma, città nella quale
mio primo film, “La commare secca”... La voce di compie gli studi, prima dell’Università: a
Attilio era mite ma potente». Gli fa eco quella bari- Bologna fu compagno di corso (Lettere) di
tonale di Giuseppe: «Anche per me fare cose mie Giorgio Bassani, frequenta le lezioni di Rob-
era riconquistare la prima persona, rispetto alla erto Longhi. Dal 1938 al 1954 insegna Storia
terza in cui figuravo nei testi di mio padre. Una dell’Arte; a Roma, realizza programmi per la
reazione grata per riconoscersi nell’idillio della co- RAI e si dedica all’attività giornalistica. Ber-
munità familiare, ma anche inquieta. Pensate che tolucci ha maturato la sua formazione let-
triste condizione con due imbattibili!», strappa so- teraria nel vivace ambiente emiliano e par-
vente la risata.
migiano, dove frequentava Cesare Zavattini,
“Le poesie sono palle di carta accartocciate”. I due Giovanni Guareschi, Silvio D’Arzo, il critico
fanciulli di Baccanelli hanno macinato nel tempo Oreste Macrì e l’editore Guanda, con il quale
quintali di pellicola, «film piccoli piccoli e grandi dà vita, nel 1939, alla collana di poeti “La
grandi» dice Augias, ricordando come il maestro Fenice”. Attilio Bertolucci si spegne a Roma
tra poco darà il via alle riprese di “Io e te” dal ro- nell’anno 2000: “l’uomo del secolo”.
manzo di Ammaniti. «I film molto ambiziosi li
faccio pensando all’opera lirica», dice Bernardo:
«L’Ultimo Imperatore aveva dietro di sé la nostalgia regista di “Ultimo tango a Parigi” a parlare – ripe- zoso: «Avevo 17 anni, nell’ufficio di mio padre in- rini a Roma, gli facevo leggere le mie poesie: era il
per il melodramma, c’è il tenore Pu Yi, il soprano, teva lo scioglilingua “verde ramarro irrorato di ro- contro Enrico Mattei. Balbettavo davanti a questa primo degli altri due o tre padri poeti che ho avuto,
il baritono Peter O’Toole. Così per Novecento» e qui rida rugiada” per toglierci il difetto, ma niente... figura mitica, e per non gettarmi nell’imbarazzo gli per prendere una certa distanza dal mio vero padre.
scatta l’ovazione per un soddisfatto cineasta, che ricordo una ricca milanese a una prima del Teatro dissi “ho letto che anche lei pesca la trota con la mo- Un giorno mi dice: “Farò un film e tu sarai il mio
constata come «vedo che il film dura ancora!». Con Regio, che disse “ma che buffo, a Parma anche gli sca”, promettendomi lui di andare in Scozia per aiuto, vuoi fare il cinema no?”, al che gli risposi: “È
autoironia, Bertolucci senior non manca di rilevare operai parlano con quella erre!”». È un happening, salmoni. Più tardi girai “La via del petrolio” tra Iran una follia, non sono mai stato sul set”, così lui: “nem-
come «girare diventa come camminare, o andare ridono tutti di se stessi e del vicino di posto sul pal- e Genova». Oggi non sarebbe possibile la scelta di meno io”, e fu Accattone». Se Pasolini fosse vivo,
su una sedia a rotelle: si va avanti». “La teleferica” co, fino alle moderate contestazioni a Lella Costa, Mattei, ribatte Augias, dacché non chiese a Berto- sostiene il pressidente della Cineteca di Bologna,
letta dalla Costa introduce ulteriori idee sull’autore accusata di andare veloce con la lettura: Augias sim- lucci quale tessera di partito avesse in tasca. «Oggi «oggi non parlerebbe del presente, bensì del 2050».
Attilio: «Mio padre forse diabolicamente ci mano- paticamente dà ragione al pubblico, lei non si fa Attilio non sarebbe chiamato a dirigere nessuna
vrava, ci spingeva in direzioni che noi innocenti non mancare d’animo e risponde che «la lentezza del rivista di nessuna azienda». Grazie papà, grazie fratelli. L’attrice milanese legge
conoscevamo», confermano i figli. Giuseppe ha ben lettore diventa retorica, mi giustifico dando il ritmo “La rosa bianca”, la più amata dal pubblico. «Questa
nove poesie dedicategli nominalmente: «Io osser- dello scrittore!» e procurandosi nuovi consensi, tan- Il convitato di pietra, Pasolini. Inserendosi nel di- poesia è il mio modo di raccontare, nelle interviste,
vavo. Mi è riemerso stamane venendo qua un ricor- to che Bernardo e Giuseppe sorridono alle poesie del scorso, con il tacito placet dello sponsor ospitante, il mio rapporto con Attilio», rivela il nove volte Oscar.
do di gioventù: un salotto con armadio nella casa padre durante la declamazione. «Si può ancora fare Lella Costa rivendica al Festivaletteratura di essersi «La leggevo, correvo in giardino e la rosa era lì». Mai
poesia coi particolari quotidiani? Forse, solo ancora «sempre salvato da sé, il Governo che cincischia sul- in Bertolucci padre vi fu atteggiamento pedagogico,
con questo materiale povero», rimembrano tra pu- la finanziaria potrebbe imparare da questo micro- comunica Giuseppe, «ma ci faceva notare le diffe-

“ Girare un film è come cammi- dicizie giovanili e le passeggiate nei boschi di Casa- cosmo che si autosostiene», guadagnandosi l’enne- renze tra il bello e il brutto, ci ha trasmesso il valore


nare, anche sulla sedia a rotelle rola. sima razione di mani spellate. Inevitabile scivolare della bellezza». E al ringraziamento di Bernardo «per
a parlare alto di Pier Paolo Pasolini, grande amico avermi insegnato a riconoscere la poesia in quello
Imprenditoria illuminata, confronto impietoso. Si e collega di Attilio nonché mentore del primo Ber- che ci circonda» si unisce quello di Lella Costa: «Vi
di campagna a Parma, sopra di questo c’erano quin- parla appunto di Gatto Selvatico, destinata ai quadri nardo: «Egli non potrebbe essere qui», afferma l’al- invidio tantissimo questo patrimonio di bellezza e
tali di palle di carta accartocciate, i testi di cui mio e alle maestranze dell’Eni, con Augias che ha buon lievo. «La sua vita che bruciava non poteva che es- profondità, che avete ricevuto e ampiamente re-
padre non era soddisfatto. Ecco, la poesia per me gioco nel notare come «ci fosse una voglia genera- sere piuttosto breve. Suo fratello Guido partì stituito con le vostre opere e parole, grazie fra-
sono palle di carta». lizzata di dare a quel Paese un’acculturazione che partigiano con la pistola e un libro di Montale, e non telli». È l’una, e la sola fame da placare resta quel-
non aveva mai avuto e che oggi, ahimé, ha riperso», tornò. Nella poesia che lo ricorda, Pasolini scrive: la dello stomaco, il cervello e lo spirito hanno già
I Bertolucci e Parma. E quella erre parmigiana, che facendo tremare le pareti d’aria dal sostegno. Ber- “Ciò che tu vuoi sapere giovinetto, si perderà non dato, nel nome del padre. Che, grazie a Giuseppe,
Augias confonde per francese: «Mio padre – è il nardo ricorda il magazine con un aneddoto scher- scritto, finirà non detto”. Abitavamo tutti in via Ca- ancora firma autografi “per interposta persona”.

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