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MONOGRAFIA DI BRUNO MUNARI

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INDEX

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LA BIOGRAFIA ARTI VISIVE IL DESIGN INDUSTRIALE GRAFICHE EDITORIALI
E IL RAPPORTO CON I BAMBINI

Bruno Munari nasce a Milano, passò l’infan- Artista, designer e scrittore tra i mag- Bruno Munari, conosciuto come artista, grafico Il primo lavoro editoriale di Munari è
zia e l’adolescenza a Badia Polesine. Nel giori del secolo scorso, Bruno Munari e scrittore è stato anche un designer che si è costituito dalle illustrazioni di Aquilot-
1925 tornò a Milano per lavorare in alcuni ha dedicato un interesse particolare al dilettato nella progettazione di diversi oggetti to Implume, un romanzo di avventura
studi di grafica. È stato “uno dei massimi mondo dell’infanzia e dell’educazio- passati alla storia come simboli di una men- scritto per avvicinare i giovani alla fede
protagonisti dell’arte, del design e della gra- ne. Alla scuola di oggi, consegna una te geniale . Ogni oggetto di Munari nascon- littoria.É interessante che il primo lavoro
fica del XX secolo” proposta assai attuale: il laboratorio. de un pensiero, una volontà, un’ispirazione. editoriale di Munari sia rivolto ai giovani.
tradotti in tutto il mondo. Nel 1950 realiz-
BIOGRAFIA
za la pittura proiettata attraverso compo-
sizioni astratte racchiuse tra i vetrini del-
le diapositive e scompone la luce grazie
all’uso del filtro Polaroid realizzando nel
1952 la pittura polarizzata, che presenta
al MoMA nel 1954 con la mostra Muna-
ri’s Slides. È considerato uno dei prota-
gonisti dell’arte programmata e cinetica,
ma sfugge per la molteplicità delle sue
attività e per la sua grande ed intensa
creatività ad ogni definizione, ad ogni ca-
talogazione, con un’arte assai raffinata.
A partire dagli anni Settanta approfondi-
sce i suoi interessi in ambito didattico e
crea la prima struttura abitabile trasfor-
mabile, L’Abitacolo. Nel 1977 realizza
il primo Laboratorio per l’Infanzia. Gli
sono state conferite molte onorificenze.
La sua produzione di opere moltiplicate
è molto vasta e spazia dalle serigrafie,
Bruno Munari nasce a Milano, passò l’infanzia ai libri illeggibili, alle macchine inutili, ai
e l’adolescenza a Badia Polesine. Nel 1925 multipli come le forchette. Negli anni ot-
tornò a Milano per lavorare in alcuni studi di tanta e novanta la sua creatività non si
grafica. Nel 1927 cominciò a frequentare Ma- esaurisce e realizza diversi cicli di opere:
rinetti e il movimento futurista, esponendo con le sculture filipesi (1981), le costruzioni
loro in varie mostre. Nel 1929 Munari aprì uno grafiche dei nomi di amici e collezioni-
studio di grafica e pubblicità, di decorazione, sti (dal 1982), i rotori (1989), le strutture
fotografia e allestimenti insieme a Riccardo alta tensione (1990), le grandi sculture
Castagnedi, un altro artista del gruppo futu- in acciaio corten esposte sul lungomare
rista milanese. È stato “uno dei massimi pro- di Napoli, Cesenatico, Riva del Garda,
tagonisti dell’arte, del design e della grafica Cantù, gli xeroritratti (1991), gli ideo-
del XX secolo” dando contributi fondamentali grammi materici alberi (1993). Dopo vari
in diversi campi dell’espressione visiva. Nel e importanti riconoscimenti in onore del-
1935 realizza una serie di dipinti astratti. Nel la sua attività vastissima, Munari realizzò
‘42 pubblica un libro sulle “macchine inutili” la sua ultima opera pochi mesi prima di
e nel 1947 comincia a costruirle in serie. Nel morire a 91 anni nella sua città natale. Il
1945 comincia la sua serie di libri per bambini pittore e poeta Tonino Milite fu suo colla-
che, pensati per il figlio Alberto, vengono poi boratore e lavorò nel suo studio per anni.

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Premi e riconoscimenti gli giungono da ri, uno stile col quale dar forma a ciò che
ogni parte del mondo: il premio della Ja- progetta, come avviene quando un artista
pan Design Foundation (1985), quello si improvvisa designer); l’oggetto prodotto
dei Lincei per la grafica (1988), il premio dal designer dovrebbe avere quella “na-
Spiel Gut di Ulm (1971 – 73 – 87), e, nel turalezza” che hanno le cose in natura:
1989, la laurea ad honorem in architettu- una cavalletta, una pera, una conchiglia,
ra dall’Università di Genova. “Il design una scarica elettrica; ogni cosa ha la sua
dà qualità estetica alla tecnica, non nel forma esatta. Sarebbe sbagliato pensare
senso dell’arte applicata, come si faceva queste cose in stile: una cavalletta a forma
una volta quando l’ingegnere che aveva di pera, una scarica elettrica a forma di...
ideato la macchina per cucire, chiamava Un settore diverso dal design, che ha una
un artista che gliela decorasse in oro e sua precisa funzione, è lo styling, dove si
madreperla, bensì nel senso che l’ogget- progetta moda, dove la fantasia e la no-
to e la sua forma estetica siano una cosa vità sono dominanti, per un consumo ra-
sola ben fusa assieme, senza alcun rife- pido della produzione. Il vero design non
rimento a estetiche preesistenti nel cam- ha stile, non ha moda; se l’oggetto è giu-
po dell’arte cosiddetta pura. Un oggetto sto, (nel design non si dice bello) dura
progettato dal designer non risente del- sempre. Oggetti di design ignoto si usa-
lo “stile” personale dell’autore (dato che no da sempre: il leggìo a tre piedi dell’or-
il designer non dovrebbe avere, a prio- chestrale, la sedia a sdraio da spiaggia...”

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Punti, linee, segni ripetuti sono l’ABC della comunicazione

ARTI VISIVE visiva. Come per scrivere un pensiero il bambino deve im-
parare l’alfabeto , così per disegnare deve imparare le rego-
le del linguaggio visivo. “I disegni degli artisti sono fatti con
segni diversi “ osserva Bruno Munari , “ogni artista inven-
ta o sceglie un suo segno per caratterizzare il suo disegno.
E’ bene quindi che i bambini imparino a conoscere quante
possibilità ci sono per fare segni diversi e quanti strumenti si
possono usare per saper disegnare”. Ogni strumento lascia
un segno diverso , non solo per la specificità dello strumento
stesso , ma anche per la pressione e la velocità con cui il
segno viene tracciato e per il tipo di carta usato . Aiutiamo i
bambini a scoprire il segno che maggiormente corrisponde
alla loro personalità per esprimere meglio quello che sento-
no. E osserviamo i disegni degli artisti : i segni sottili tracciati
da Paul Klee con il pennino, i segni dal sottile al grosso dei
pittori giapponesi, gli “arabeschi” dei calligrafi persiani, i se-
gni tracciati con le sabbie colorate degli indiani d’America.
Munari è stato un pioniere di questo tipo di studi, e, benché il
suo testo appaia ai nostri occhi obsoleto e datato, ha il pregio
di porre le basi per le ricerche successive nel campo del desi-
gn e della Comunicazione Visiva. La prima osservazione che
fa l’autore, riguarda la rigidità dell’impostazione accademica,
legata a programmi, schemi, modelli e strumenti del passato
anche nel campo dell’arte e del design, campi che, per de-
finizione, hanno bisogno continuamente di nuova linfa e per
cui si va alla ricerca di nuovi strumenti e metodi espressivi.
Così, senza rinnegare il passato, bisogna relegarlo al ruolo
di informazione culturale e lasciandolo nel suo tempo. Nelle
scuole d’arte, è necessario che sia il programma a adattarsi
agli individui in modo dinamico, e non siano gli studenti ad
adattarsi ad un programma statico, perché la creatività muo-
re. Munari, con questo concetto, ha affermato un principio
che verrà ripreso ed ampliato dalla pedagogia, perché non è
solo l’arte ad aver bisogno della creatività, è la valorizzazione
delle potenzialità di un individuo, a prescindere dal campo di
attuazione, crea personalità autonome. Una delle affermazio-
ni più note di Munari è “Ognuno vede ciò che sa”, perciò, chi
più sa, più può vedere. Le textures delle superfici variano a
seconda di ciò che ogni individuo ha dentro di sé e , quindi, è
in grado di esprimerle. Segue un breve capitoletto sulle illu-
sioni ottiche, che saranno ampliamente riprese nella psicolo-
gia della gestalt. Gli argomenti trattati in questo testo , anche
se in espressi sotto forma di crisalidi, sono decisamente vari,
ragion per cui porrò l’accento sui capitoli che, a mio avviso,
lasciano già intravedere la farfalla. Un tema estremamente
interessante è quello dei codici visivi: nella progettazione ciò

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che viene disegnato è schematico, segue, urterebbe contro i limiti prima
perciò, un codice visivo, che deve essere esaminati”, ovvero” tutti i limiti
condiviso dal progettista e dall’utente. Due che rendono un oggetto logi-
i concetti chiave, espressi con poche pa- co, cioè bello, economico, uti-
role, ovvero l’importaza del segno visivo e le”. Ciò che ci si può chiedere
l’importanza della comunicazione. Questo è fino a che punto si veda nel
aspetto, quello della comunicazione visiva mondo dell’arte una creazione
intenzionale, progettata e progettabile, è fine a se stessa, scoordinata
il fulcro della seconda parte. Numerosi gli da limiti, esista e sia ricono-
schemi pubblicati all’interno del testo: il pri- scibile. I limiti, ci sono sempre:
mo sul messaggio visivo, mette in relazione sono dati dalle capacità del
emittente e ricevente. L’emittente emette creatore di usare i mezzi ed i
messaggi di varia natura che vengono filtra- materiali a disposizione, dalle
ti dai filtri del ricevente: filtri sensoriali, filtri conoscenze tecniche e tec-
operativi e filtri culturali. Il ricevente diventa nologiche, dalla collocazione
a suo volta un soggetto emittente, perché temporale, dagli spazi fisici,
a seguito di una reazione interna, produce dalla capacità di comprensione
una risposta. Il messaggio visivo, non arri- etc. Nel progetto sta, in nuce, il
va puro ad i filtri del ricevente, ma subisce significato dell’oggetto. Il pun-
una sporcatura, causata adi distubi visivi to fondamentale è la relazione
dell’ambient, che Munari chiama Rumore. tra creatività e progetto. Oggi,
L’autore che individua le fasi della creazio- nel mondo del design il proget-
ne e della convalidazione della creazione: to segue la relazione: progetto
− proporre qualcosa che non c’era, − verifi- Æ forma = disegno + funzione
carne l’utilità − dare un nome che convalidi mentre nel passato la forma
l’identità della cosa nuova. Senza un nome era solo diretta conseguenza
nuovo, le cose è come se non esistessero, della funzione: progetto Æ for-
se non fossero mai state inventate. La cre- ma = funzione Il significato di
atività, nel mondo, si esplica come una ri- un oggetto è conseguenza del
sposta innovativa ad un problema teorico o percorso progettuale. Quindi, il
pratico fino ad allora insoluto, oppure, come fine non è il risultato, ma il per-
un esercizio di libertà dell’animo, lasciato corso creativo. Ogni tassello è
andare in un primo tempo in una direzione creazione. L’errore, a mio avvi-
che porta ad ipostesi scoordinate, ed in un so, più evidente è che Munari
secondo tempo ad una razionalizzazione ritiene che la creazione di tipo
delle ipotesi. Come funziona il processo di artistico sia libera da vincoli.
creazione? Per Munari segue questo sche- La psicologia cognitiva degli
ma: 3 Munari contrappone “la creatività di ultimi anni, dimostrerà che la
tipo artistico, lirico, fantastico”, alla creazio- presenza di vincoli, e la loro
ne del designer, perché la prima “non serve eventuale rottura, è determi-
ad una buona progettazione proprio perché nante nel percorso progettuale.

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«Il sogno dell’artista è comunque quello di arriva-
re al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arri-
vare ai mercati rionali.»(Bruno Munari, Artista e designer,
1971)La vulcanica produzione “artistica” in senso stretto di
Munari, apparsa in più di 200 mostre personali e 400 mo-
stre collettive, è un pot pourri di tecniche, metodi e forme.
Negli anni del fascismo, Munari lavorò come grafico nel
campo del giornalismo, realizzando le copertine di diverse
riviste. Con i futuristi espose alcuni dipinti, ma già nel 1930
crea le prime “macchine inutili” vere opere astratte sviluppa-
te nello spazio che coinvolgono ambiente circostante, dedi-
candosi a opere via via meno convenzionali, come la “mac-
china aerea” (1930), la “tavola tattile” (1931), le “macchine
inutili” (1933), i collage (1936), il mosaico per la Triennale
di Milano (1936), le strutture con elementi oscillanti (1940).
Negli anni quaranta e cinquanta, cominciò a delineare alcu-
ne linee guida della sua esplorazione:-l’arte come ambiente:
Munari è tra i primi a ideare e anticipare le installazioni (“Con-
cavo-convesso”, 1946) e le videoinstallazioni (“proiezioni di-
rette”, 1950) e “proiezioni a luce polarizzata”, 1953) -l’arte
cinetica(“Ora X” del 1945 è probabilmente la prima opera ci-
netica prodotta in serie nella storia dell’arte) -l’arte concreta (i
“Negativi positivi” a partire dal 1948) -la luce (le fotografie del
1950, gli esperimenti con luce polarizzata del 1954) -la natura
e il caso (“Oggetti trovati” del 1951 “Il mare come artigiano” del
1953 -il gioco (i “Giocattoli d’artista” del 1952) -gli oggetti imma-
ginari (le “Scritture illeggibili di popoli sconosciuti”, del 1947,
il “Museo immaginario delle isole Eolie” a Panarea del 1955,
le “Forchette parlanti” del 1958, i “Fossili del 2000” del 1959)
Nel 1949 iniziò a realizzare i “libri illeggibili”, libri dove le pa-
role spariscono per lasciare spazio alla fantasia di coloro che
sapranno immaginare altri discorsi leggendo carte di colori
diversi, strappi, fori e fili che attraversano le pagine. La serie
dei libri illeggibili continuò fino al 1988, mentre del 1954 è la
sua fontana per la Biennale d\i Venezia. Negli anni sessan-
ta, grazie all’adozione di tutte le nuove tecnologie disponi-
bili al grande pubblico (proiettori, fotocopiatrici, cineprese),
l’attività artistica di Munari divenne un’enciclopedia dell’arte
fai-da-te, dove ogni opera conteneva l’implicito messaggio
per l’osservatore “prova anche tu”: xerografie, studi sul movi-
mento, fontane, strutture flessibili, illusioni , film sperimentali
(“I colori nella luce”, del 1963, comprendeva musiche di Lu-
ciano Berio). Nel 1962 organizzò la prima esposizione di arte
programmata, presso il negozio Olivetti di Milano. Nel 1969

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Munari, preoccupato della errata considerazione critica del
suo lavoro artistico, tuttora spesso confuso con altri generi
(didattica, design, graphic design) ha scelto la storica d’arte
Miroslava Hajek per curare una selezione delle sue opere
d’arte più importanti. La raccolta, strutturata cronologica-
mente, illustra la sua continua creatività, coerenza tema-
tica e l’evoluzione della sua filosofia estetica fino alla sua
morte. Durante gli anni settanta, dato il maggiore interesse
rivolto alla didattica vera e propria e alla scrittura, la pro-
duzione artistica in senso stretto si andò diradando, per ri-
prendere solo alla fine del decennio. Nel 1979 ricevette dal
Teatro comunale di Firenze l’incarico di realizzare la parti-
tura cromatica dell’opera sinfonica Prometheus di Aleksan-
dro nicolaevic. L’opera con l’allestimento cromatico, creato
in collaborazione con Davide Mosconi e Piero Castiglioni,
fu quindi rappresentata nel marzo del 1980. Nelle ultime
opere si va accentuando la dimensione privata, che ha un
riscontro parallelo nella vasta produzione di libri a tiratura
limitata stampati con Maurizio Corraini per amici e bibliofili.

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Bruno Munari, conosciuto come artista, grafico e

INDUSTRIAL DESIGN
scrittore è stato anche un designer che si è dilet-
tato nella progettazione e creazione di diversi og-
getti passati alla storia come simboli di una mente
geniale e artistica. Ogni oggetto di Munari nascon-
de un pensiero, una volontà, un’ispirazione: La
lampada Falkland, Abitacolo, il posacenere cubo,
sono solo alcune delle opere realizzate dal de-
signer che sono oggi delle vere e proprie icone.
Come libero professionista, Munari ha disegnato
dal 1935 al 1992 diverse decine di oggetti, la mag-
gior parte dei quali per Bruno Danese, un impren-
ditore fondatore dell’ impresa Danese che ha fa-
vorito la diffusione di molti oggetti di design. Oltre
alla progettazione di oggetti d’arredamento, Munari
si dedicò all’allestimento di vetrine, come La Ri-
nascente nel 1953, mentre il suo ultimo prodot-
to fu l’orologio Swatch “Tempo Libero” nel 1997.
Alcuni progetti A B I T A C O L O “Struttu-
ra montabile e smontabile in varie combinazio-
ni. Abitacolo è una struttura abitabile, un sup-
porto quasi invisibile per il proprio microcosmo. in laminato regolabile in altezza. L’a-
Pesa 51 chili e può portare anche venti persone” bitacolo è stato così descritto dallo
(B.Munari,ArtistaeDesigner,1971) Massima inte- stesso Munari “E’ un abitacolo, ap-
grazione delle funzionalità della casa e creazione punto, costituito da un telaio in acciaio
di mobili autosufficienti, fatti di tanti oggetti d’ar- elettrosaldato, corredato da un letto
redo che si relazionano in modo nuovo e più com- e accessori vari in materiali diversi.
pleto: sono questi i concetti alla base dell’Abitaco- E’ un posto dei giochi, del sonno, di
lo di Bruno Munari, una sorta di “casa nella casa”. studio e di svago, un ‘hortus con-
La struttura cavalca le tendenze degli anni a caval- clusus’ infantile, trasformabile a pia
lo tra i Sessanta e i Settanta, periodo caratterizza- cere […]E poiché è una struttura, è
to da un’intensa sperimentazione in direzione di una pure facilmente smontabile, pronta ad
maggiore coerenza tra arredare e vivere moderno; assumere una nuova veste, correndo
ci si allontana così dagli stereotipi tradizionali e, tra dietro alla fantasia… E’ una struttura
i vari risultati, c’è anche lo sviluppo di soluzioni mo- ridotta all’essenziale, uno spazio deli-
dulari e multifunzione. L’Abitacolo, unico tra questi mitato e allo stesso tempo aperto… E’
esperimenti ad essere tuttora in produzione, è del un modulo abitativo, un habitat, con-
1971: si tratta di una struttura in acciaio con letto e tiene tutti gli oggetti personali… Uno
tavolo integrabili e diversi accessori. Comprende in- spazio nascosto in cui la presenza
fatti due piani in rete, due cestelli, quattro mensole, del bambino rende superflui i mobili,
una serie di pratici ganci appendituitto e un tavolino su cui la polvere non sa dove posarsi.

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“Un giorno sono andato in una fabbrica di calze per vedere
se mi potevano fare una lampada- Noi facciamo lampade si-
gnore.- Vedrete che le farete. E così fu.” (B.Munari- A pro-
posito della lampada Falkland) Diffusore in maglia elastica
tubolare bianca, struttura in alluminio naturale. La forma della
L A M P A D A ‘F A L K L A N D
nasce da lla tesione di un tubo di filanca e dl peso di alc
uni anelli metallici: è una forma spontanea, generata unica-
mente dalla tensione delle forze interne che la compongono.
Sette anelli di metallo di diametri diversi, un tubo di fi-
lanca bianco, una sola lampadina e un riflettore in al-
luminio che riprende la forma delle curve del tessuto.
Questa lampada corrisponde più delle altre ai requisi-
ti che Munari indica come indispensabili per una corret-
ta progettazione: semplicità, efficienza, minimo ingombro
di stoccaggio e massima resa formale.Nasce dalla com-
mistione di oggetti lontanissimi tra loro, come le nasse da
pesca, le calze da donna e le lampade di carta orientali.
Alta più di un metro e sessanta, si compatta nel-
la confezione in pochi centimetri di spazio, la luce fil-
tra dal tubo, utilizzando la texture del tessuto per crea-
re un caratteristico effetto di luminosità morbida e diffusa.

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P O S A C E N E R E C U B O
Con il posacenere cubo(1957), Bruno Munari, reinventa un
oggetto da tavola tradizionalmente aperto.Composto da due
elementi semplici, ovvero : una scocca cubica, aperta su un
lato, e una lamina metallica inserita al suo interno, che gra-
zie alla sua conformazione e all'inclinazione del taglio su di
essa crea una fessura capace di accogliere e nascondere
cenere e mozziconi di sigaretta al suo interno. La sua for-
ma e la sua capacità d'occultamento richiedono uno sforzo
psicologico e astrattivo tale da non comprendere facilmente
che si tratti di un posacenere. Infatti, il pensiero del posa-
cenere è generalmente associato alla vista dei mozziconi.
Forse è per questo motivo psicologico che risultò invenduto
nei primI tre anni di produzione, finché non arrivò Danese.
Tra i tanti temi affrontati da Bruno Munari, quello del design
industriale, racchiude tutte le sue sfaccettature e pensieri.
Nei progetti è notevolmente evidente la filosofia secondo cui
“complicare è facile” e “la semplificazione è segno dell’intelli-
genza” . Nelle sue opere Munari inserisce la non convenzio-
nalità e la fantasia al posto della funzione. Un designer fuori
dagli schemi che mette l’arte nelle sue opere, creando delle
icone ancora oggi prodotte e accolte nella quotidianità di tutti.

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Il primo lavoro editoriale di Munari è costituito dal-

GRAFICHE EDITORIALI
le illustrazioni di A Q U I L O T T O I M P L U M E
– un romanzo di avventura per ragazzi, scritto da Giu-
seppe Romeo Toscano per avvicinare i giovani alla fede
littoria – pubblicato nel 1929. Solo la copertina è inte-
ressante, ma, ancor di più, è significativo che il primo la-
voro editoriale di Munari sia rivolto a un pubblico giovanile.
La seconda opera editoriale di Munari è Il
I L C A N T A S T O R I E D I C A M P A R I
,quinto e ultimo volume di una collezione re-
alizzata e offerta in 1000 esemplari numera-
ti dalla milanese Davide Campari & C. tra il 1927 e il 1932.
Si tratta di un raffinato esempio di arte commerciale che
contiene 27 figurazioni grafiche di Munari su poesie d’amo-
re di Renato Simoni. Attenzione, però: la rilegatura è con
spirale di metallo. Munari si sta facendo conoscere e sap-
piamo che sviluppo avrà il suo rapporto con la Campari.
L’anguria lirica, terza opera editoriale di Mu-
nari, sarà esposta e premiata a Parigi alla mo-
stra di grafiche decorative. Centro al terzo colpo!
La quarta opera editoriale è T A V O L O Z Z A D E L L E
P O S S I B I L I T A’ T I P O G R A F I C H E
, del 1935, programma estetico dei pittori Ricas e Munari in
omaggio ai clienti del loro studio. È quasi un manifesto degli
sviluppi futuri di Munari: spirale metallica, zincografie, carte
trasparenti e inserti apribili. Vi si legge: “il risultato di un lavo-
ro grafico dipende dalla stretta collaborazione tra ideatori ed
esecutori”. Non per niente: lo stampatore è Muggiani, quel
tipografo-editore che poi, nel 1956, “nella sua officina gra-
fica con rotativa a mano, su carta cercata per lungo tempo
e trovata per puro caso” realizzerà Nella notte buia. Come
si vede, i capolavori non escono come conigli dal cappello.
Dal primo lavoro editoriale per ragazzi del 1929, Munari
sembra non essersi più occupato di questo pubblico. Sono
anni intensi per il nostro artista quelli tra le due guerre, in
cui l’intervento e l’elaborazione creativa si sviluppano a
tutto campo: “dai vari futurismi … all’astrazione, al surrea-
lismo; svolge ricerche sulle macchine inutili, sulle tavole
tattili e sulla plastica murale”.Si occupa di produzione gra-
fica, di arredamento, di allestimenti, di scenografie teatrali.

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“Insomma, la vicenda di Munari fra le due guerre è densa
di ricerche artistiche, ma anche di occasioni progettuali bi/
tridimensionali. ‘Segno e sigillo dell’arte di Bruno Munari è
la totalità’ ha scritto Caramel; l’origine di tale metodo, a no-
stro parere, è da ricercare nella fase formativa dell’anteguer-
ra. Al termine del conflitto Bruno Munari ha quarant’anni”.
Che l’oggetto libro sia per Munari un luogo di intensa spe-
rimentazione è documentato da quanto pubblicato fino ad
ora. Negli anni ’40 Munari si dedica con maggiore continuità
ai libri per bambini. Come mai? La guerra ha spento i bol-
lenti spiriti delle avanguardie e Munari sta cambiando vita.
Ha accettato, infatti, per la prima e unica volta, un lavoro dipen-
dente, quello di art director di Tempo di Arnoldo Mondadori, e
nel 1940 gli nasce un figlio.Fatto sta che negli anni ’40 esco-
no Mondo, acqua, aria, terra, della casa editrice Italgeo, con
immagini geografiche per ragazzi, in custodia di cartone che
contiene quattro libri; Il teatro dei bambini, per la casa editrice
Gentile, un progetto di Bruno Munari con bozzetti di Gelindo
Furlan. Si tratta di una cartellina a quattro ante da montare in
forma di teatrino, con copertina originale a colori con aletta fu-
stellata apribile e tavole illustrate a colori da ritagliare; Cappel-
li – Antica farmacia – Orologiaio – Sali Tabacchi – Salumeria
– Musica, sempre per la casa editrice Gentile, con bozzetti di
Gelindo Furlan: una cartellina con tavole illustrate a colori da
ritagliare e una copertina originale con aletta fustellata apribile.
Questi lavori riprendono la tradizione del libro da monta-
re e lasciano intuire gli sviluppi successivi dello studio mu-
nariano. Gelindo Furlan, l’illustratore, è pure lui futurista.
Coetaneo e amico di Munari, proviene da Badia Polesine.
Mi piace immaginare che siano emigrati a Milano insieme.
Le macchine di Munari, che esce per i tipi dell’Einau-
di nel 1942all’amichevole tramite di Zavattini) nella col-
lana Libri per l’infanzia e la gioventù, raccoglie le macchi-
ne inutili che Munari disegnava nel periodo studentesco.
Sempre per Einaudi nel 1942 esce anche l’Abecedario di
Munari: alla lettera S Einaudi aveva chiesto di illustrare lo
Struzzo. Munari, consegnando il lavoro, scrive: “per i fondi
colorati della pagina di sinistra e per le lettere alfabetiche del-
la pagina di destra potreste fare dei clichè di legno, questo
vi porterebbe una grande economia”.(10) Segno che teneva
d’occhio sia i processi di stampa sia il problema economico.

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Per Mondadori, nella collana I libri di Munari escono
Mai contenti;  L’uomo del camion; Toc toc Chi è? Apri
la porta; Il prestigiatore verde; Storie di tre uccelli-
ni; Il venditore di animali; Gigi cerca il suo berretto:
all’interno delle poche pagine, si aprono finestre e si
sollevano alette. Sono, insomma, giochi e contenitori
di sorprese che chiamano il lettore bambino a intera-
gire. Mondadori sembra proprio l’editore giusto, visto
che anche lui ha esordito in editoria nel 1911 con libri
per bambini sotto la sigla “La scolastica” di Ostiglia,
e che le Officine Grafiche di Verona, nel 1935, erano
state capaci di risolvere i problemi di produzione del-
le “illustrazioni a sorpresa” di Topolino al circo di Walt
Disney. Dei dieci menabò proposti, l’editore pubbli-
ca il primo e il secondo nell’ottobre 1945, ma “sicco-
me c’era la guerra, non sempre lo stabilimento era
libero”. Così dice Munari. In pratica, fino al dicembre
1946 escono sette titoli “con carte diverse e con il
materiale grafico che si trovava in quel momento”.
Continua la ristampa degli straordinari libri per bam-
bini ideati da Munari nel ‘45 ed ancora oggi asso-
lutamente innovativi. Toc toc è forse il più citato e
rappresentativo della serie. Qui, come negli altri titoli,
Munari gioca su un racconto essenzialmente visivo
pieno di attese e di sorprese ottenute attraverso so-
luzioni semplicissime. Toc toc e una porta si apre.I
prelibri (1979)sono dei piccoli libri quadrati pensati
per i bambini non ancora in grado di leggere. Mu-
nari ne progetta dodici, ciascuno è realizzato con
un materiale diverso: vari tipi di carta e cartoncino,
panno, plastica, legno, spugna. Il suo obiettivo era
quello di creare un “campionario di sensazioni”, dei
libri attraverso i quali il bambino apprende compien-
do delle esperienze sensoriali.Si chiamano Preli-
bri proprio perché servono a preparare il bambino
all’approccio con gli altri libri,magari quelli leggibili.

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