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COMUNICAZIONE
EFFICACE
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INTRO
Nella nostra vita privata e professionale la comunicazione riveste un ruolo fondamentale.
Possiamo anzi dire che l’intera qualità della nostra vita dipende dalla nostra capacità di
comunicare; fin da quando eravamo dei neonati, le nostre capacità di esprimere bisogni differenti
mediante differenti tipologie di pianto, hanno determinato di gran lunga le nostre possibilità di vita
ed evoluzione, e così è fino ai giorni nostri, e per tutti quelli che devono ancora venire, solo che
man mano si cresce la complessità della vita aumenta e, di conseguenza, le competenze
linguistiche necessarie.
Che parliamo o no, noi comunichiamo costantemente. Tutti, in un modo o nell’altro, mandiamo i
nostri messaggi al mondo, e solo raramente lo facciamo in modo cosciente. Manifestiamo il nostro
stato emotivo attraverso il linguaggio non verbale del corpo; alziamo il sopracciglio per esprimere
incredulità, facciamo una lieve alzata di spalle per disinteressarci di qualcosa, dilatiamo le nostre
pupille quando siamo attratti da qualcosa.
Compiamo una miriade quotidiana di gesti carichi di significato, ma solo di alcuni siamo
consapevoli: la maggior parte di essi, infatti, vengono eseguiti in modo inconscio.
Ma se siamo quasi per niente consapevoli di quello che facciamo … come possiamo sapere cosa
passa della nostra comunicazione? Perchè a volte otteniamo i risultati voluti e altre volte no? Come
possiamo aumentare le nostre possibilità di scelta così da essere flessibili e pronti ad ogni
evenienza?
Tutto dipende da come si comunica e da quanto siamo disposti ad assumerci la responsabilità dei
risultati che otteniamo, e quanto ci impegniamo, da oggi, a conoscere meglio le persone con le
quali ci troviamo ad interagire.
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sue risorse, come possiamo persuaderlo ecologicamente a comprendere i nostri messaggi e ad
agire di conseguenza.
Lo strumento migliore di lavoro siamo noi, il nostro intuito, la nostra capacità di ascoltare e
osservare, la qualità delle relazioni che riusciamo a instaurare con gli altri; quindi il lavoro più
interessante che ci attende in questo percorso è prima di tutto una conoscenza di noi stessi,
dopodiché potremo iniziare a trasferire questo sapere verso gli altri, e avremo acquisito la capacità
di comprendere se stiamo seguendo la via corretta, altrimenti sapremo cos’altro fare perché ora
sappiamo come l’essere umano si configura all’interno del mondo.
PAROLE E LINGUAGGIO
Se io mi rivolgo a qualcuno e chiedo: “sei comodo?”, ne segue una certa risposta. Il presupposto
della sua capacità di rispondere coerentemente alla mia domanda è che lui capisca le parole che
ho pronunciato.
Chiediamoci però in che modo intendiamo la parola ‘comodo’; per alcuni potrebbe essere una
sensazione avvertita fisicamente, ovvero un qualche mutamento caratteristico nel corpo, al quale
associamo questa parola, diverso da quello al quale associamo il termine ‘ansia’, ‘terrore’ o altro, in
quanto queste parole indicano sensazioni, reazioni e stati fisici differenti.
Altre persone potrebbe immediatamente associare al termine ‘comodo’ una immagine di loro
distesi sul divano, in una piscina termale, oppure del loro viso con una certa espressione; altri
ancora potrebbero avvertire un suono, una voce, una musica che associano alla comodità, quali ad
esempio il nome o la voce della propria massaggiatrice, il mormorio di un ruscello, la musica new
age che ascoltiamo quando torniamo a casa dopo una giornata di lavoro, etc.
Alcuni potrebbero anche percepire la sensazione della loro poltrona massaggiante acquistata di
recente e l’effetto che questa ha su di loro quando la usano.
Perché possiate capire e dare un significato a quello che stiamo dicendo, dovete prendere le
parole, che in realtà non sono che etichette arbitrarie per certe parti della vostra esperienza
personale, e accedere al loro significato, cioè a un certo insieme di immagini, sensazioni o suoni
che per voi è il significato della parola ‘comodo’. Questo è un semplice schema del modo in cui
funziona il linguaggio, e le parole del quale si compone, e che noi chiamiamo ricerca
transderivazionale.
Le parole sono stimoli che tendono a portare alla coscienza certe parti della nostra esperienza, e
non altre.
… Il significato della parola è la rappresentazione mentale che associamo ad essa …
Esiste uno scollamento tra rappresentazione primaria e rappresentazione secondaria; c’è sempre
una certa differenza tra l’esperienza in sé che facciamo delle cose e il modo in cui ce la
rappresentiamo.
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Molti avranno compreso che le parole sono in verità delle indicazioni per la vostra mente verso
dove andare a cercare dei significati; un invito ad ‘entrare dentro voi stessi’ alla ricerca di un senso
a partire dalla ‘vostra’ esperienza personale. A questo punto non si ascolta più cosa dice
l’interlocutore in quanto le sue parole in verità ci portano ad accedere ai nostri stati interni relativi.
… Le parole devono sempre essere poste in relazione al modello del mondo della persona a cui ci
si rivolge …
La parola ‘rapporto’, per una persona che viene da un ghetto, per un borghese, per un esponente
delle forze dell’ordine, per una persona che ha subito violenze, etc. , costituisce fenomeni molto
diversi.
Se le persone riescono a ‘ripetere’ le stesse parole, ci si illude che possano comunicare; ma dato
che internamente queste parole danno accesso ad esperienze diverse, e questo è inevitabile, deve
quindi sussistere sempre una certa differenza di significato.
LA PRIMA IMPRESSIONE
Probabilmente molti di voi avranno avuto determinate intuizioni in occasione del primo incontro
con un cliente. Può esserci quel tipo di cliente che entra nel tuo spazio di lavoro, e prima ancora
che abbia aperto bocca tu alzi lo sguardo e ‘sai’ che con quel cliente sarà dura, che ti darà delle
belle gatte da pelare.
Altre volte, prima ancora che il cliente abbia aperto bocca, sai che sarà un compito interessante, o
piacevole. E’ come una scintilla, e in te nasce una certa sensazione che determinerà buona parte
del corso dei tuoi pensieri e delle tue azioni.
Hai mai avuto queste intuizioni? Quando hai una di queste intuizioni, sai di averla? Ne sei
consapevole?
la domanda che ti faccio è: Come fai a sapere che hai una intuizione?
La risposta si trova nell’uso personale che fai dei tuoi cinque sensi o sistemi rappresentazionali e,
per essere più precisi, nel tuo sistema rappresentazionale primario ( SRP ).
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TEST
Rispondi in maniera veloce, intuitiva, alle seguenti domande, scegliendo una delle tre risposte:
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I CINQUE SENSI O SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI. ( cosa sono, come
funzionano e come individuarli )
Le persone fanno esperienza del mondo in modo diverso l’una dall’altra, ricevendo le informazioni
attraverso i cinque sensi o ‘sistemi rappresentazionali’.
Sistema rappresentazionale è dunque un termine che indica le parti del cervello responsabili
dell’elaborazione delle informazioni trasmesse attraverso ciascuno dei cinque sensi: vista (visivo),
udito (uditivo o auditivo), tatto e sensazioni corporee (cinestesico o cenestesico o cinestesico),
gusto (gustativo), olfatto (olfattivo).
A livello metaforico possiamo immaginare la scheda audio e video contenuta nei computer,
televisori, videoproiettori, come sistema di rappresentazione di questi apparecchi, creata per la
funzione di organizzazione di impulsi elettrici e frequenze sotto forma di immagini e suoni, che
abbiano un senso per la cultura che li ha prodotti; sono ancora lontani i tempi in cui un robot
possa essere dotato, oltre che di una scheda video e audio, di una scheda gustativa, tattile e
olfattiva, comandate poi da una scheda madre che le integri tutte, come fa il nostro sistema
nervoso centrale, e che gli permetta dunque di dare un senso alle cose, un valore, di strutturare
convinzioni e di potere modificare la rappresentazione di tutte queste informazioni nel tempo.
L’essere umano può invece fare tutto questo in maniera naturale, dopo che ha raggiunto una certa
dimestichezza riguardo al suo funzionamento, in seguito ad anni di applicazione che iniziano
nell’infanzia e continuano per tutto l’arco della vita, se sostenuto da convinzioni potenzianti che
stimolano verso la scoperta costante, la curiosità e la costanza.
A causa delle influenze ambientali e personali ( famiglia, cultura, epoca, educazione, scuola,
frequentazioni, etc. ), molti possono sviluppare un determinato sistema rappresentazionale più
degli altri, in modo che questo diventi primario e/o dominante ( SRP ); il modo in cui gli esseri
umani si specializzano nel ricevere le informazioni è riconoscibile in quanto si riflette nell’uso che
fanno del linguaggio.
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Una volta definito il modo in cui una persona pensa, si può adattare il proprio linguaggio per
creare rapport, ovvero uno stato di empatia, fiducia e reciproca comprensione.
Riconoscere il proprio e l’altrui sistema rappresentazionale primario è fondamentale in quanto ci
permette di determinare le nostre peculiarità in termini di apprendimento e struttura soggettiva,
termine generico quest’ultimo che sta a indicare come funzioniamo, come processiamo le
informazioni nella nostra mente, quali preferenze sensoriali abbiamo, le caratteristiche del nostro
linguaggio.
Gli individui si possono genericamente dividere in:
La categoria cinestesica si avvale dell’uso dei tre sensi indicati per ‘filtrare’ la realtà, e quindi per
determinare la ‘qualità’ di una esperienza, in quanto questi sensi ( tatto, olfatto, gusto ), a
differenza degli altri due ( vista e udito ), hanno la caratteristica di innescare sensazioni corporee
ed emozioni in maniera più persistente e realistica. Se sento qualcosa con il tatto, l’olfatto e/o il
gusto, l’emozione collegata a quella cosa si scatena con forza in quanto quella cosa è lì o è passata
di lì poco tempo prima ed è stata molto vicino a me, altrimenti non avrei potuto sentirla tramite
questi tre sensi.; una persona prevalentemente auditiva presterà maggiore attenzione alle
percezioni che arrivano attraverso le orecchie, e farà maggiore affidamento su ciò che viene detto
a parole e con un certo tono di voce per raccogliere le informazioni che determinano il suo
apprendimento. una persona prevalentemente visiva utilizzerà principalmente gli occhi per
percepire il mondo che lo circonda, creerà delle immagini nella sua testa quando vuole immaginare
qualcosa, e vedrà delle immagini quando deve ricordare.
LA SINESTESIA.
Talvolta potrete notare che una persona sembra usare due sistemi rappresentazionali
contemporaneamente. Per esempio, potrebbe presentare movimenti oculari visivi ma usare
predicati e linguaggio corporeo cinestesici. Nella ‘sinestesia’, due o più sistemi rappresentazionali
lavorano all’unisono. Per esempio, un certo suono potrebbe portare ad una sensazione, un colore,
o avere una struttura; si pensi al linguaggio utilizzato da chi degusta il vino, all’interno del quale
descrizioni del tipo ‘corpo’, ‘struttura’, ‘nota speziata’, etc.
In altri casi, un forte ricordo di un evento visivo positivo, potrebbe produrre una sensazione
cinestesica negativa.
In casi del genere, la persona probabilmente non si rende conto del perché prova determinate
sensazioni. Le persone con la sinestesia hanno spesso una buona memoria, perché più
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‘registrazioni’ sensoriali riusciamo a richiamare, meglio ricordiamo; le persone con memorie
‘straordinarie’ tendono a usare più di un sistema rappresentazionale, che siano o meno
naturalmente sinestesici. I ricordi rispecchiano la vita reale multisensoriale.
Il soggetto visivo ( V ).
Le caratteristiche principali della vista sono l’immediatezza, la simultaneità e la velocità.
La vista coglie immediatamente una cosa e permette di decifrarla all’istante, mentre il suono e le
sensazioni hanno bisogno di un po’ più di tempo per essere decifrate ed interpretate; il soggetto
visivo sarà quindi tendenzialmente più agile nell’eseguire più azioni simultaneamente ( ad es. gioco
videogames ); sarà più facilmente creativo e abile nell’uso del pensiero laterale/creativo; sarà
tendenzialmente più visionario e quindi creativo.
Il soggetto visivo ha bisogno di vedere le cose, quindi di immagini, grafici e/o didascalie per capire;
quando prende appunti tenderà ad usare simboli, schemi riassuntivi o sottolineature colorate;
un’altra caratteristica della vista è il bisogno di una certa distanza per capire se una cosa è degna
di fiducia o meno, quindi il soggetto visivo avrà bisogno di maggiore distanza nei confronti di
soggetti sconosciuti o non di suo gradimento; il soggetto visivo tende a guardare verso l’alto o
dritto di fronte a sé, quindi è più facile che guardi gli altri mentre parlano ( potrebbe anche
succedere che cerca i loro occhi, anche se questo è più che altro un comportamento derivato
dall’educazione ricevuta o dal modello culturale attivato ). Il soggetto visivo è attratto dai colori,
dalla linea estetica delle forme.
Il soggetto visivo è molto probabile che ricordi subito un viso, ma raramente vi associa anche il
nome, a meno che non impari a ‘visualizzare’ anche quello associato al volto!
Il soggetto auditivo ( A ).
L’udito coglie i suoni, e le caratteristiche principali del suono sono la sequenzialità e la continuità.
Un suono deve essere seguito nella sua totalità per capire quale è la fonte e che valore associarle.
Un suono è un frame (intervallo) di frequenze che hanno una certa armonia, dunque coloro che
sono abituati a filtrare la realtà mediante l’uso dominante dell’apparato acustico, si specializzano
nel cogliere le cose in termini di equilibrio o disequilibrio armonico, ritmo, continuità/discontinuità,
melodia, armonia; le cose hanno un senso solo all’interno di un certo contesto e vanno seguite
dall’inizio alla fine (come un brano musicale), perché solo esaurita una certa sequenza possiamo
interpretarle e darle un valore. Il soggetto auditivo sviluppa quindi un notevole stile di pensiero
logico-critico, sequenziale, adatto a cogliere le eventuali disarmonie/armonie nelle cose. I soggetti
auditivi sono sensibili a certi termini più che per il contenuto per il loro suono nella pronuncia,
quindi sviluppano una preferenza per certe parole perché “suonano bene” nella loro testa. Gli
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auditivi sono soggetti abili nell’individuare, creare o seguire procedure ( ricette, protocolli, fasi
lavorative, procedure varie ), mettere in sequenza “ordinata” le cose, cogliere eventuali
incongruenze o armonie congruenti, seguire ricette di cucina e/o qualsiasi tipo di istruzioni scritte o
verbali. I soggetti auditivi seguono bene il filo del discorso sia quando seguono gli altri, sia quando
loro stessi parlano, è quindi importante evitare di saltare da un tema all’altro se parliamo con loro (
cosa che tende a fare il soggetto visivo ), oppure di interromperli se sono loro a parlare, altrimenti
la loro intera esecuzione deve ricominciare dall’inizio; di solito tollerano poco chi parla a voce
troppo alta.
Il soggetto auditivo necessita di seguire delle istruzioni verbali o scritte, sarà quindi molto attento
alle caratteristiche del paraverbale, e saranno queste le discriminanti per decidere se una cosa è
degna della loro fiducia o meno, oltre al fatto che il discorso deve avere un filo logico preciso “per
loro”; quindi per loro la distanza con l’interlocutore non sarà così determinante, perché
determinante sarà il fatto che possano sentire bene ciò che viene detto. Il loro sguardo sarà
tendenzialmente con le pupille a mezz’asta, e per alcuni potrebbe sembrare che ci guardino
dall’alto verso il basso, ma il più delle volte sarà invece una posizione oculare utile a “disattivare”
lievemente la vista, per concentrarsi principalmente sul suono della voce dell’interlocutore. Gli
auditivi ricordano bene la voce degli altri, i suoni, in linea di massima anche i nomi e ciò che viene
detto.
Il soggetto cinestesico ( K ).
La caratteristica principale del tatto, olfatto e gusto è il livello di sensazione che scatenano
immediatamente e in maniera persistente nel tempo. È come se questi tre sensi trattengano più a
lungo degli altri il collegamento con lo stimolo che hanno captato; le cose viste o ascoltate si
dimenticano con più facilità, o quantomeno sono percepite come più distanti se non sono
accompagnate dal profumo, dal gusto o dal tatto; se di una certa cosa facciamo un’esperienza
olfattiva, gustativa e/o tattile, ogni volta che tramite questi sensi riusciremo a riportare nel “qui ed
ora” il ricordo, esso sarà intenso e scatenerà immediatamente forti e durature sensazioni/emozioni.
Il soggetto cenestesico è dunque più orientato verso il “fare”, il misurarsi fisicamente con le cose,
perché è tramite la diretta esperienza che riesce a capire le cose e decidere se sono o meno di suo
gradimento. Siccome le sensazioni sono forti, persistenti e vanno vissute un po’ prima di decidere
quale sia l’effetto finale, il soggetto cenestesico tende a essere più lento nell’elaborare le
informazioni, nel processarle soggettivamente al suo interno e quindi anche nel comunicarle
all’esterno. Il suo linguaggio sarà evocativo di sensazioni o derivato da termini che parlano di
azione, movimento, contatto con le cose, etc… . Siccome la maggior parte delle sensazioni
provengono dall’area ventrale/plesso solare e organi genitali, lo sguardo del soggetto cenestesico è
principalmente rivolto verso il basso, e questo potrebbe dare l’idea ad alcuni che queste persone
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siano timide, o peggio sfuggano dal nostro sguardo, ma invece la maggior parte delle volte non
sarà così, perché loro saranno invece presi a captare le sensazioni che gli arrivano da quello che
sta succedendo fuori e dentro di loro. Per loro sarà determinante la vicinanza con l’oggetto da
conoscere, perché solo così i tre sensi dominanti potranno attivarsi e svolgere il loro lavoro.
Il sistema rappresentazionale primario di una persona si manifesta di solito in modo più evidente
quando questa è abbondantemente a suo agio, o in stato di stress. Il fatto che avvenga questa
sorta di specializzazione in un senso a scapito degli altri può essere sia un vantaggio che un limite,
a seconda della propria flessibilità nell’approccio o nello sviluppo dei rimanenti sistemi.
Abbiamo detto che le informazioni provenienti dal territorio vengono captate dai cinque sensi,
dopodiché passano attraverso ‘filtri interni’ e vengono rielaborate infine sotto forma di
rappresentazione mentale, più o meno come succede ad un video proiettore, che tramite la sua
scheda video e audio, riesce ad organizzare gli impulsi elettrici che passano nel cavo,
trasformandoli in immagini con determinate caratteristiche, che le rendono sensate agli occhi ed
alle orecchie di un essere umano; questa esperienza sensoriale viene archiviata nella nostra
struttura profonda e rappresenta la nostra rappresentazione primaria degli eventi, quella più ricca
e completa (nonostante già molti elementi vengano a mancare, siano generalizzati e infine
distorti), che precede le successive rappresentazioni linguistiche o strutture superficiali.
Successivamente, le persone usano le parole e il linguaggio verbale per descrivere queste
rappresentazioni interne, e quindi le parole diventano ‘etichette’ dell’esperienza sensoriale, e
quindi, in qualche modo, la ‘allontanano’ dalla realtà.
Dunque, si può pensare alle parole e al linguaggio come ad un sistema di rappresentazione della
realtà, che si aggiunge alle modalità sensoriali (cinque sensi).
Auditivo Auditivo
costruito ricordato Visivo
interno
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Glossario dei termini:
ACCESSO VISIVO COSTRUITO (Vc): la persona costruisce mentalmente l’immagine di qualcosa che
non ha mai visto (tenta quindi di immaginarla dal nulla), oppure mixa in modo nuovo immagini
memorizzate (come sarebbe la tua camera con i muri dipinti di blu e strisce gialle?)
ACCESSO VISIVO RICORDATO (Vr): l’immagine richiamata alla mente proviene dal ricordo visivo di
qualcosa effettivamente vissuto (alcuni soggetti potrebbero anche guardare davanti a sé come se
voi foste trasparenti) (riesci a ricordare com’era l’albergo dove sei stato in ferie l’estate scorsa?)
ACCESSO VISIVO INTERNO (Vi): la persona sta avendo accesso ad immagini non specificate
(ricordate o costruite)
AUDITIVO COSTRUITO (Ac): la persona costruisce un suono mai sentito (tenta quindi di
immaginarlo dal nulla), o sintetizza suoni “conosciuti” per farne uno nuovo, ma che non ha mai
sentito. La rappresentazione deve essere costruita invece che richiamata alla memoria (come
sarebbe il tuo capo se avesse la voce di paperino o duffy duck?)
AUDITIVO RICORDATO (Ar): la persona ricorda un suono del passato, in quanto l’ha
effettivamente sperimentato (che cosa ho appena detto? Qual è la tua canzone preferita?)
CENESTESICO (K): la persona accede alle proprie sensazioni (come sarebbe accarezzare della
seta? oppure Immagina di immergerti nelle acque calde termali; come ti sei sentito all’esame di
maturità?)
AUDITIVO DIGITALE (Ad): la persona parla tra sé e sé al suo interno, con la propria voce interiore,
magari sta ripentendo a sé stessa la domanda che gli avete posto, oppure una parola della quale
non ha a disposizione un significato immediato, come spesso può accadere parlando con cittadini
extracomunitari (recita tra te e te l’inno nazionale, oppure àmbàràbàccicì cocò…)
Schema di sintesi ( potrebbero esserci delle persone, tra cui alcuni mancini, ma anche
destrimani, per cui lo schema è esattamente invertito R – C e A – K )
Visivo Visivo
costruito C R ricordato
Auditivo Auditivo
costruito ricordato
cinestesico Auditivo
digitale
K A
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• Uso dei predicati verbali – linguaggio verbale
I predicati verbali sono parole che una persona seleziona per descrivere un qualcosa e che
indicano un processo. Essi si presentano sotto forma di verbi, aggettivi, sostantivi e avverbi.
Nelle tabelle che seguono riporteremo un elenco ( non completo ) di predicati verbali suddivisi nelle tre
categorie ( visivo, auditivo, cinestesico ):
ESPRESSIONI Vedere tutto rosa, avere un punto di vista, senza ombra di dubbio, un
approccio miope, un progetto nebuloso, vedere allo stesso modo, mettere a
fuoco, essere di umore nero, dare un’occhiata, mettere nero su bianco,
condurre una vita grigia, combinarne di tutti i colori …
Predicati verbali ‘auditivi’ (A)
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Predicati verbali ‘cinestesici’ (K)
AGGETTIVI concreto, morbido, spesso, ruvido, caldo, freddo, pesante, leggero, liscio,
vellutato, duro, avvolgente, rimescolato, impastato, baciato, appiccicoso,
fresco, levigato, increspato, indurito, raffreddato, scaldato, palpabile …
Oltre al primo livello della comunicazione, costituito dal linguaggio verbale, ovvero il ‘contenuto’ di
quanto viene detto e/o scritto, ci sono altri due livelli che denotano la ‘forma’ della comunicazione,
ovvero danno significato, informano sul contenuto e possono quindi definirsi meta-messaggi; essi
sono il livello para-verbale e il livello non-verbale:
Dal momento che questi livelli costituiscono la ‘forma’ della nostra comunicazione, notiamo che
tendono a rimanere stabili nel tempo, quindi a caratterizzare il nostro stile linguistico, ed è per
questo che possono essere notati/ascoltati fornendo informazioni importanti per l’individuazione
del sistema rappresentazionale primario adottato dalla persona; di seguito riporteremo tre tabelle
che riassumono le principali caratteristiche dell’uso dei tre livelli della comunicazione nei tre sistemi
rappresentazionali, ma prima ci soffermiamo un momento su un aspetto molto particolare della
comunicazione non-verbale, ovvero la prossemica.
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*la prossemica è lo studio del significato (comunicativo) delle distanze tra persone; gli studi
prossemici hanno evidenziato che ogni essere umano reagisce in maniera differente alla distanza
nei confronti di un’altra persona, e nei confronti delle qualità degli spazi fisici nei quali si trova
(dimensioni, luminosità, aerazione, estetica, gradi di vincolo/libertà dati dal lay out dell’arredo,
etc.). il fattore che accomuna tutti gli esseri umani è che tutti reagiamo in qualche modo alle
distanze e agli spazi nei quali ci troviamo; tale aspetto profondamente inconscio è ampiamente
condiviso anche con il regno animale, e si collega ai fattori biologico-sociali della territorialità.
Per quanto riguarda l’essere umano i fattori che determinano qualità e grado di reazione alle
distanze sono molteplici:
• Fattori percettivi legati al canale rappresentazionale maggiormente utilizzato ( Sistema
rappresentazionale primario )
• Fattori culturali, religiosi ed educativi ( cultura nordica, latino-americana, araba, cinese, le
diverse religioni, l’educazione ricevuta a casa, a scuola, etc., ma anche le culture legate al
ruolo es. medico/paziente, Operaio/impiegato, Sindaco/cittadino, Prete/laico )
• Fattori legati all’orientamento sessuale ( orientamento etero, gay, bisex, etc. )
• Fattori legati al gusto estetico ( ciò che ci attira, che ci piace, che stimola la nostra mente,
l’esatto contrario e tutte le sfumature nel mezzo )
• Fattori ambientali e situazionali ( il bosco, la città, la piazza affollata, il metrò di notte, la
cena fra amici, l’ambulatorio, il funerale, etc. , ogni segnale ha significato a seconda del
contesto nel quale si verifica )
• Fattori legati alle esperienze individuali ( le esperienze che ci sono capitate nel bene e nel
male )
Tutti i fattori sopraelencati fungono da filtri soggettivi inconsci, e sono sempre attivi, determinando
i significati e le sensazioni collegate, la variazione della carica emotiva; bisogna tenere conto di
questo aspetto, soprattutto in quelle professioni dove, per motivi di spazio o lavorativi, si entra di
frequente negli spazi intimi del cliente, anche definiti ‘bolle prossemiche’.
Siccome del cliente da tempo fidelizzato conosciamo solo alcuni aspetti, e per quanto riguarda i
clienti nuovi quasi nulla, possiamo renderci conto di quanto stiamo producendo in termini emotivi
osservando la fisiologia del cliente, ovvero tutta una serie di segnali non verbali del tipo rossori,
aumento della respirazione e frequenza cardiaca, rigidità muscolare, movimenti oculari,
sudorazione, difficoltà nello spogliarsi, etc. , segni collegati ad una variazione dell’emotività, di cui
alcuni saranno di tipo micro, quindi appena percettibili, altri di tipo macro e quindi molto visibili.
Purtroppo o per fortuna, essendo gli esseri umani tutti diversi dal punto di vista delle mappe che si
creano e che producono la reazione soggettiva agli eventi, bisogna focalizzarsi sulla persona,
perché non esistono ricette preconfezionate, quindi alcuni potranno apprezzare il fatto che ve ne
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state seduti dietro alla scrivania, prima di intervenire da vicino, altri mostreranno di apprezzare
coloro che gli vanno incontro e li invitano ad accomodarsi, etc.
L’individuazione del sistema rappresentazionale primario ci può già dare buone informazioni su
come muoverci, in quanto tendenzialmente il soggetto visivo necessita di maggiore distanza prima
di affidarsi al nuovo, il cinestesico ha bisogno di ridurre la distanza, mentre per l’auditivo la
differenza la fa la possibilità di sentire bene quello che viene detto/chiesto e altri fattori.
di seguito diamo alcune distanze di massima per l’approccio alla prossemica, anche se, ricordiamo,
sono molti i fattori che possono far sì che queste distanze aumentino o si riducano:
Esiste anche una prossemica cosiddetta ‘metaforica’, ovvero altri modi per ridurre o aumentare le
distanze fra le persone, riportiamo di seguito alcuni esempi:
• Con lo sguardo ( tipo di sguardo, durata, frequenza)
• Con il volume della voce
• Chiamando per nome le persone o dando del lei
• Reagendo ai segnali dell’altro (acuità sensoriale)
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Sistema visivo (V)
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Sistema cinestesico (K)
La nostra rappresentazione del mondo determina in gran parte quale sarà la nostra esperienza del
mondo, come lo percepiremo, quali scelte vedremo a nostra disposizione durante la vita.
Significa che costruiamo la nostra immagine della realtà e poi la usiamo come una mappa.
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Di cosa sono effettivamente costituite queste mappe, questi schemi, queste costruzioni mentali,
etc.? di parole e di immagini, suoni, sensazioni, profumi e gusti; cose queste che non esistono
materialmente nel nostro cervello bioelettrico e biochimico, ma vere e proprie funzioni della mente.
Nessuno di noi ha a che fare con la realtà in sé: solo con la ‘realtà’ filtrata e codificata attraverso le
rappresentazioni, le idee e le convinzioni.
All’interno della nostra ‘mente’ vi è una ‘matrice’ di mappe e cornici mentali. Alcune sorgono dalla
nostra esperienza e neurologia; altre dagli schemi sociali che chi ci ha preceduto ha appreso prima
di noi ( genitori, insegnanti, datori di lavoro, colleghi più anziani, etc, ); altre ancora dalle idee alle
quali abbiamo aderito.
I nostri ‘problemi’, in realtà, sorgono in primo luogo dalla discordanza tra la nostra mappa mentale
ed il territorio a cui cerchiamo di riferirci e che cerchiamo di mappare.
I ‘problemi’ sorgono quando la nostra mappa non ci guida nel luogo in cui vogliamo andare.
Diciamo che c’è un ‘problema’ quando non riusciamo a capire come dirigerci verso le mete e gli
obiettivi che desideriamo raggiungere.
Detto ciò, ora conosciamo la natura della magia linguistica. Cos’è che governa principalmente le
nostre esperienze? Cos’è che determina il modo in cui percepiamo, pensiamo, ci sentiamo, agiamo
e ci relazioniamo gli uni agli altri?
Le nostre mappe. E, più specificatamente, la qualità e la ricchezza della nostra rappresentazione
del mondo.
Questo concetto ci porta ad un modo alternativo ed efficace per interpretare le persone, perché se
la qualità della nostra vita, le nostre emozioni, comprensioni, percezioni dipendono dalle nostre
mappe, allora le persone non sono cattive, pazze, malate, ignoranti, ma posseggono
momentaneamente delle mappe povere di particolari, male aggiornate, inadeguate, stupide,
tossiche. Se pensiamo ad una persona o la percepiamo come squilibrata, strana, malata, fuori di
testa, patologica, etc. , stiamo considerando e puntando l’attenzione sul risultato, non sulla causa.
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IL RAPPORT. Come stabilirlo mediante la tecnica del ricalco
Prima di qualsiasi tecnica di persuasione o comunicazione avanzata, o contemporaneamente
durante l’uso di entrambe, viene il Rapport:
• Il Rapport è l’abilità di relazionarsi con gli altri in modo che si crei un clima di fiducia e
comprensione.
• E’ un meccanismo di sincronizzazione che avviene in maniera naturale nelle persone
• E’ essere sulla stessa lunghezza d’onda con l’altra persona in modo da sentirsi in sintonia.
La fiducia è un’opera partecipata che si costruisce nel tempo, anche mediante un feedback
retroattivo fatto da verifiche oggettive, da parte del cliente, dell’efficacia delle soluzioni proposte o,
quantomeno, dal percepire che voi comprendete il suo stato e/o dimostrate di dare il meglio di voi
per aiutarlo.
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Tre sono le Aree principali su cui potete concentrare il vostro impegno
per eseguire un efficace ricalco, e sono esattamente i Tre livelli della
comunicazione che abbiamo trattato all’inizio di questa dispensa:
L’efficacia del ricalco aumenta nella misura in cui riusciamo a rispecchiare contemporaneamente
sempre più elementi dei tre livelli, e aggiungiamo, anche se non ce n’è bisogno, senza che l’altro
se ne accorga!
Ogni punto di contatto/similitudine che troviamo con l’altro ci avvina all’obiettivo.
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Rispecchiare significa ‘restituire’ all’altro qualcosa di sé. Prima di tutto insistiamo sull’importanza
delle sottigliezze e del rispetto della mente inconscia dell’individuo; ovvero sul fatto di evitare di
‘copiare meccanicamente’ i diversi livelli del cliente, o di interrompere bruscamente il ricalco ( a
meno che non ve ne sia l’assoluto bisogno ).
I cambiamenti devono avvenire in maniera graduale e impercettibile a livello conscio.
Abbiate inoltre rispetto anche delle vostre abitudini corporee; i vostri modi di usare il corpo o la
voce potrebbero differire di molto rispetto a quelli del vostro cliente, e questo potrebbe comportare
una notevole difficoltà, per non dire disagio nel rispecchiamento, e ciò diverrebbe evidente agli
occhi del vostro cliente in quanto mancanza di congruenza.
Rimanete quindi nella vostra zona di confort e nei ‘limiti naturali’ della vostre abitudini, dandovi il
giusto tempo per osservare e ascoltare l’altro, trovando solo quelli che sono i comportamenti con i
quali potete rispecchiarvi in modo confortevole.
La congruenza è un altro fattore fondamentale nel vostro lavoro, ovvero il perfetto allineamento
tra quello che dite e come lo dite, ovvero il fatto che tutti e tre i livelli della comunicazione
veicolino gli stessi messaggi, perché dovete sapere che non importa come ci comportiamo
esteriormente , le persone rispondono principalmente a ciò che noi proviamo interiormente nei loro
confronti.
7% VERBALE
Osservate le persone che conoscete e che sapete vanno d’accordo, e noterete che spesso adottano
posture corporee e gestualità simili, un paraverbale simile, condividono delle passioni, convinzioni
e valori, etc…; due vecchi e affiatati coniugi tendono quasi ad assomigliarsi dopo anni di ricalco e
modellamento reciproco, e ciò accade frequentemente anche tra allievi e maestri efficaci, tra
genitori e figli, e tutto in maniera quasi completamente inconscia.
Il rispecchiamento avviene progressivamente lungo un continuum, e la velocità della progressione
e della qualità aumenterà via via che divenite sempre più abili, fino a quando vi troverete ad agire
queste tecniche non più come ‘tecniche’ ma come ‘abitudini’, esattamente come succede oggi, solo
che lo fate con le persone con le quali avete instaurato un feeling senza nemmeno rendervene
conto, pensando magari che ciò sia accaduto perché avete delle passioni in comune da
condividere, oppure vi attraete fisicamente, avete obiettivi simili nella vita, etc… .
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PRIMO PASSO. Il rispecchiamento posturale:
il cliente entra nel vostro spazio di lavoro, notate subito:
( un’altra situazione possibile è quella che il cliente vi stia già attendendo e siete voi ad entrare
nello spazio dove lui si trova ( negozio, sala d’attesa, etc ) ma gli elementi da osservare
rimangono i medesimi )
Il suo busto è proteso in avanti? all’indietro? è inclinato di lato? il cliente guarda dritto di fronte a
sé o ha il capo chino? oppure il suo capo è reclinato in diagonale? il cliente sta in piedi? oppure vi
aspetta passeggiando per la stanza? tiene le gambe o le braccia incrociate? oppure appoggia i
palmi sul tavolo? Questi sono alcuni dei macro-elementi osservabili e verso i quali allinearsi per un
buon ricalco.
Esempi di disposizione spaziale prossemica e di posture della testa:
Iniziate a rispecchiare il cliente come e da dove preferite, e via via incorporate e adottate su di voi
sempre più elementi, puntando sempre il più possibile alla similitudine ( la ‘fotocopia’ è da evitare!
). Ponete attenzione anche alle differenze nelle ‘altezze’, es. voi seduti e paziente in piedi, sedie
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regolate ad altezze diverse, ogni differenza fisica o spaziale si può facilmente tradurre in distanza
mentale.
Ricordatevi dei movimenti oculari, soprattutto nelle prime battute della conversazione ( ma anche
durante, mentre il cliente risponde alle vostre sollecitazioni ).
In questa fase, qualora i movimenti del cliente risultino al momento difficili per voi da riprodurre,
potete adottare un ‘rispecchiamento incrociato’, ovvero potete ‘mimare’ alcuni elementi del suo
non verbale, utilizzando altre parti del vostro corpo o addirittura oggetti che tenete fra le mani (
es. una penna, il fonendo, un fermacarte, ecc … ); ad esempio il movimento ‘ciondolante’ del
corpo a destra e sinistra può essere benissimo riprodotto, in forma lieve, dal ciondolare a destra e
sinistra della vostra testa, oppure muovendo la penna che tenete in mano tipo ‘tergicristalli’; il
cliente incrocia le braccia, voi potete incrociare le gambe; la persona si sfrega le mani, voi
strisciate i piedi per terra, etc… .
N.B.: Quando decidete di rispecchiare la posizione nella stanza e la postura come nelle immagini
di pg. 22, tenete sempre presente i diversi effetti che si ottengono adottando diverse distanze
prossemiche. Se vi posizionate come nella terza figura, quella ad angolo retto, un documento sul
tavolo ( prodotto, scheda tecnica, brochure/catalogo, block notes per appunti, etc… ) potrebbe
essere un buon metodo per far ‘convergere’ le reciproche intenzioni verso lo stesso ‘punto’ di
riferimento.
Avete a disposizione una marea di possibilità tra oggetti, mobili, strumenti di lavoro, il vostro
corpo, ai quali attingere creativamente per costruire un setting di lavoro molto efficace.
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Alcuni dei livelli che possiamo notare immediatamente possono essere:
avvicinatevi il più possibile alle caratteristiche del cliente, sempre tenendo presente i limiti delle
vostre per evitare di sovraccaricare la vostra mente conscia e quindi rischiare di perdere il filo del
discorso ( questo potrebbe accadere all’inizio quando si è ancora poco esperti ). Anche qui vi
suggeriamo di iniziare con il ricalco di una caratteristica per volta, aggiungendo le altre man mano
che diventate più abili.
Prestate attenzioni alle forme disgiuntive del tipo “ma” o “però”, perchè hanno l’effetto di annullare
tutto quello che viene detto nella frase precedente ( detta da voi o dal cliente ), a meno che quello
che dite dopo non abbia più valore di quello che viene prima!
Preferite l’uso dei congiuntivi “e”, “anche se”, “è altrettanto vero che”.
TENETE A MENTE: le persone processano internamente le informazioni alla stessa velocità con la
quale parlano; dunque, ai fini di una comprensione efficace, è fondamentale adattare la vostra
velocità dell’eloquio a quella del cliente
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conviene qui partire dal suo stato iniziale, per muovere verso lo stato che serve a noi per poterci
lavorare.
La persona depressa tende spesso a guardare verso il basso, a destra e sinistra ( che per i segnali
di accesso oculare indica l’accesso a determinate sensazioni e al proprio dialogo interno ), ad avere
una postura ‘accasciata’ su sé stessa, il corpo pesante, di conseguenza può essere che usi anche
predicati verbali più cinestesici, e che valuti il suo stato dal punto di vista delle sensazioni corporee
o dell’effetto ‘fisico’ di alcuni pensieri, etc…; riuscire a far sì che la persona ‘raddrizzi’ un poco la
postura, alzi lo sguardo e acceda a determinate immagini, che il volume della voce si alzi e
aumenti anche la velocità dell’eloquio, è un segnale che indica che la persona ci sta seguendo, e
sta avendo accesso a delle risorse mentali che prima non aveva disponibili.
La domanda di fondo è: “Quali posture, movimenti, caratteristiche della voce, valori, convinzioni,
esperienze e quant’altro mi permettono di raggiungere meglio il mio obiettivo comunicativo?”
Il successo nella guida vi permette inoltre di calibrare la qualità e il mantenimento del rapport.
• del cliente
• della situazione
• degli obiettivi che vi siete prefissati
se proprio di regole dobbiamo parlare, possiamo dire che l’unica regola valida è quella della varietà
indispensabile, come stimolo all’esercizio di una sempre più ampia flessibilità comportamentale da
parte vostra. Tutti gli argomenti che abbiamo trattato forniscono strumenti indispensabili da
utilizzare al momento giusto durante tutte le fasi della relazione.
Un modello semplice per sapere quali elementi ricalcare, e come questi caratterizzano le diverse
tipologie di clienti, l’abbiamo fornito con le tabelle nelle pagine 16-17 riguardanti i tre livelli della
comunicazione declinati secondo le tre tipologie di cliente ( visivo, auditivo, cinestesico ).
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Suggeriamo di iniziare prima di tutto istruendo la nostra capacità di percepire gli elementi trattati
nel presente manuale, e per fare ciò vi invitiamo a farlo in situazioni ad impatto zero, quindi ad
esempio mentre ascoltate la radio, leggete un giornale, guardate la Tv, ascoltate delle persone
durante una conversazione nella quale non siete direttamente coinvolti, etc… ; nei casi
sopraelencati potete iniziare a captare i diversi predicati verbali, poi passare a notare le differenze
paraverbali, dopodiché quelle posturali, i movimenti oculari; tutte queste informazioni trovano una
collocazione all’interno di una delle tre tabelle riguardanti la preferenza sensoriale della persona, e
quindi potete iniziare ad ipotizzare quale sia il sistema rappresentazionale primario della persona,
dunque potete passare a verificare la vostra ipotesi approfondendo l’osservazione e l’ascolto di
alcuni aspetti tra quelli descritti, etc …
Quando percepirete le informazioni senza doverle cercare a livello conscio, sarete pronti per
iniziare a rispecchiare gli altri; anche qui suggeriamo di iniziare in situazioni ad impatto zero,
ovvero da parenti, amici, clienti molto fidelizzati; iniziate con un elemento per volta e godetevi le
sensazioni che vi da, gli effetti che provoca nella relazione, fate una cosa per volta e fatela bene
ed evitate di aggiungerne una seconda fino a quando la prima non viene più che automatica, in
questo modo eserciterete anche un’altra dote fondamentale che è la pazienza, l’arte di saper
attendere.
Come potete notare la vita ci offre una costante palestra, la pratica quotidiana è una costante
occasione di studio e per far sì che lo studio sia proficuo bisogna provare piacere a fare quello che
si fa, bisogna avere una buona motivazione, divertirsi come se giocassimo, abbracciare la
convinzione che quanto apprendiamo sia fondamentale alla qualità della nostra vita privata e
lavorativa, che la grande differenza nel raggiungimento di grandi risultati spesso si cela dietro
piccoli accorgimenti.
Detto tutto questo è sicuro che troveremo clienti più ‘difficili’ di altri. Esiste una grande varietà di
comportamenti problematici che, nei casi più impegnativi, si concentrano su un unico cliente. A
volte sono ‘equamente distribuiti’ sulla lista dei clienti, eccone alcuni esempi:
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• il cliente rifiuta esplicitamente di fornirvi informazioni importanti ( ad es. circa l’uso che ha
fatto del prodotto )
• il cliente falsifica alcune informazioni
• il cliente omette delle informazioni
• il cliente non si attiene alle vostre indicazioni
Laddove la correzione si sta rivelando efficace, continuate a fare quello che state facendo, perché
funziona; è quando le cose vanno per il verso sbagliato che occorre applicare qualcosa di quello
che abbiamo qui appreso. Spesso, quando si incontrano delle resistenze, si è portati a persistere in
maniera quasi compulsiva nello stesso approccio, nonostante questo non abbia funzionato fin dal
principio; e più si insiste più il cliente resiste, fino a quando allora si passa alle maniere più forti,
utilizzando ad es. il fatto che vendiamo un prodotto per conto terzi ( non so cosa dirle …. Si rivolga
direttamente all’azienda tramite il numero verde … ), rinunciando così al ruolo di venditori, e
facendo così in modo che il cliente si cerchi un altro esercizio commerciale.
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Possiamo evitare tutto questo, perché ora sappiamo che l’approccio alla comunicazione con il
cliente è un approccio ad un sistema; se si desidera che il sistema nel quale stiamo agendo cambi
in un determinato modo, e cioè se NOI desideriamo che il CLIENTE modifichi il proprio
comportamento in un certo senso, è necessario comprendere quali cambiamenti, in particolare,
bisogna produrre in sé stessi, per ottenere i cambiamenti desiderati nel sistema ( Teoria generale
dei sistemi ).
Bibliografia:
per la compilazione della presente dispensa mi sono avvalso dell’esperienza personale e dell’ausilio
dei seguenti testi:
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