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Cara Polissena,
sapessi quante cose ho da raccontarti! La prima è che il
mio vero nome non è Lucrezia Ramusio, ma un altro, e
quando scoprirai quale resterai davvero a bocca aperta.
Il fatto è che non sono un 'orfana, come ho sempre cre-
duto fino a pochi mesi fa, e i miei genitori non sono quei due
poveri contadini di cui abbiamo visitato insieme la tomba
nel cimitero di Paludis.
L'ho scoperto per caso due giorni dopo la mia "fuga "
da Cepaluna. Perdonami se quella sera me ne sono andata
alla chetichella senza salutarti, e scusami moltissimo per
questo anche con la mia amica Ippolita. Ma ormai ero tran-
quilla per te, perché ti avevo riportato sana e salva fra le
braccia dei tuoi e non volevo disturbare con la mia presenza
la vostra riunione familiare.
Come sai avevo ancora un bel po ' di monete di Isabel-
la, così, per non affaticare gli animali, ho pagato un carret-
tiere perché ci trasportasse sul suo carro a Roccabrumosa.
Strada facendo, come capita, ci siamo messi a chiacchiera-
re, e quando il carrettiere ha sentito che mi chiamavo Ramu-
sio ed ero nata a Paludis, ha esclamato: — Oh bella! Non
sarai per caso la figlia adottiva del mio povero cugino Eg-
berto?
— In effetti mio padre si chiamava Egberto — faccio io
— e mia madre Teresa. Però non mi avevano adottato. Ero
proprio figlia loro!
— Questo te l'avrà raccontato qualcuno che non sa
come sono andate le cose — bofonchia il carrettiere. — L'u-
nica figlia naturale del povero Egberto, una piccina battez-
zata col nome di Lucrezia Maria Eleonora Adalinda, è mor-
ta a sette mesi, soffocata nella culla dal cuscino.
— No, guardi, si sbaglia — gli dico. — Sono io quella
Lucrezia Maria Eleonora Adalinda. E non sono morta, come
può constatare. Anzi, sono sopravvissuta io sola fra tutti gli
abitanti del paese. L'ha scritto anche il parroco nel suo regi-
stro.
— Il parroco evidentemente parlava della seconda
bambina, la trovatella — insiste il carrettiere. — La piccola
Lucrezia Ramusio è morta e sepolta. Se vai a Paludis, trove-
rai la sua tomba accanto a quella dei genitori.
Ti ricordi, Polissena, di quella tomba con sopra un
nome uguale al mio che credevamo fosse di mia nonna? Ab-
biamo letto male la data. Non era così antica. Risaliva ad
appena tre anni prima della morte di Teresa ed Egberto Ra-
musio. Un mese prima del mio arrivo.
Non volevo crederci, ma il carrettiere mi ha portato a
Paludis e me l'ha fatto constatare con i miei stessi occhi.
(Naturalmente, dopo quel primo discorso, non siamo più an-
dati a Roccabrumosa, ma ci siamo dedicati alla ricerca del-
le mie origini.) Mi ha fatto anche osservare che sul registro
del parroco non c'è scritto "la figlia", ma "la bambina" dei
Ramusio, che mi custodivano, ma in realtà non mi avevano
adottata legalmente.
Insomma, le cose a quanto pare erano andate più o
meno come per i tuoi genitori. Circa un mese dopo la morte
della loro unica figlia, qualcuno aveva affidato loro una tro-
vatella alla quale avevano dato lo stesso nome della piccola
morta.
Cara Polissena,
so che hai ritrovato la tua casa e i tuoi genitori e sono
felice all'idea che fra qualche giorno ti potrò riabbracciare.
Hai raccontato alla tua famiglia che durante il viaggio sei
diventata marchesa? Il tuo titolo è validissimo, puoi stare
tranquilla. Ce lo ha confermato l'Arciduchessa Teodora che
è la massima autorità a proposito di titoli e onorificenze. È
valido prima di tutto perché è stata mia zia, nel suo Bando,
a prometterlo. E lei è una Regina Madre autentica, che ha il
potere di fare nobile chi vuole. E poi perché anche le Princi-
pesse Cugine come me possono conferire titoli nobiliari.
Comunque, perché a nessuno venga l'idea di contestar-
telo, con questa pergamena Lucrezia ed io ti confermiamo
ufficialmente che sei marchesa. Il tuo titolo d'ora in poi sarà
Polissena del Porcello.
Un abbraccio affettuoso e a presto:
Glinda, Principessa Cugina (ex Isabella) controfirmato
Isabella, Principessa Reale (ex Lucrezia)