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Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici
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Carlo Martino Lucarini
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224 Carlo Martino Lucarini
Gli echi di Lucrezio nel luogo apuleiano sono tali da escludere la ca-
suale coincidenza5: monstra Ma immania virtute subegisse richiama
«haec igitur qui cuncta subegerit»; orbemque terrae purgasse ri-
chiama purgatumst pectus6, come poi l'elenco apuleiano di iracondia
invidia avarizia libidine ricorda l'elenco di vizii fatto da Lucrezio. È
naturale che queste coincidenze assumano il dovuto significato solo
agli occhi di chi le guardi nell'insieme: che a pigliarle una per una
potrebbero apparir mere coincidenze. Né io credo sia frutto del caso
l'espressione apuleiana eas omnes pestes (cioè tutti quei mali elencati)
mentibus exegit: Lucrezio aveva scritto: haec cuncta (cioè tutti quei
mali elencati) qui subegerit ex animoque expulerit, ove pure la somi-
glianzà è palese. Verso la chiusa del capitolo di Apuleio si legge inol-
tre: post ubi intellegit (seil. Crates) nullum sibi in re familiari praesi-
dium legatum, quo fretus aetatem agat, omnia fluxa infirmaque esse,
quequid sub caelo divitiarum est e. q. s. L'azione espressa dal verbo
«anteiligere» è legata da Apuleio al momento in cui Cratete com-
prende l'instabilità della fortuna e quindi l'inutilità delle ricchezze
per la vita; lo stesso verbo nella medesima forma era stato usato da
Lucrezio, nel proemio del VI libro, v. 17, ad indicare il momento in
cui Epicuro si accorse dell'inutilità delle ricchezze, quando l'animo
stesso di chi le possedeva fosse corrotto.
5. Io non escludo che pure Rutilio Namaziano ai w. 73-78 del primo libro del
De reditu suo abbia avuto presente il proemio del quinto libro di Lucrezio; Ruti-
lio in questo luogo paragona i benefizii di Atena, Bacco, Trittolemo, della medi-
cina e, alla fine, di Èrcole con quelli di Roma. Della cosa nulla dicono i moderni
commentatori di Rutilio; eppure la somiglianzà non supera granché la mera
struttura, essendo di quasi niun conto le rassomiglianze verbali.
6. Il verbo «purgare» è raro in Lucrezio: ricorre oltre che nel nostro in altri
due luoghi, una volta con significato figurato (in VI, 24 unito del pari a «pectus»),
un'altra in IV, 341, stavolta con significato fisico, come per lo più presso gli altri
scrittori, dei quali furono soprattutto i medici a farne uso, come evinco dalle os-
servazioni di E. Forcellini in Totius Latimtatis Lexicon, sub voce.
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