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Il sole a picco

di Vincenzo Cardarelli

Letteratura italiana Einaudi


Edizione di riferimento:
in Opere, a cura di Clelia Martignoni,
Mondadori, Milano 1981

Letteratura italiana Einaudi


Sommario

Il mio paese 2
Fine duna banda 14
Elegia etrusca 20
Villa Tarantola 22
Il contadino 28
Alessandrone 29
Re Tarquinio 32
Morte di Re Tarquinio 37
La ferriera 42
Memorie 50
Il buffet della stazione 54
Primi passi 60
Anni di giovent 68
Soggiorno in Toscana 75
Le campane di Firenze 77
Capri 79
Lago 83
Interno 87
La comacina 92
La vita quotidiana 97
Insonnia 105
Astrid ovvero Temporale destate 108

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Chi bello vuol compar
qualcbe cosa bisogna sofr.
(detto popolare cornetano)

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Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

IL MIO PAESE

Il paese dove nacqui, dove ho trascorso linfanzia e


parte della giovinezza, e conobbi il primo amore, si chia-
mava una volta Corneto Tarquinia. Pi comunemente
Corneto. Adesso hanno avuto la bislacca idea di soppri-
mere questa prima e legittima denominazione attenen-
dosi alla seconda, che appartiene in verit a una collina
pi indietro, ma io seguiter a chiamare il paese come
lho sempre chiamato, giacch dimenticare un nome co-
s antico per me e cos famigliare non mi sarebbe facile.
Chi perci intendesse scherzarmi, come si dice in
Lombardia, potrei rispondere per aver un bel paio di
corna non necessario essere di Corneto; che da noi le
corna fanno cos poco paura che si tengono per orna-
mento sui credenzoni; convenientemente vuotate e lavo-
rate, il villano se ne giova ad uso di recipiente per por-
tarsi lolio in campagna, come si serve delle zucche per
metterci il sale; e che, del resto, per chi non lo sapesse,
Corneto non viene da corno ma da corniolo, che ap-
punto lalbero dipinto sullo stemma del Municipio. Un
bel legno, in fede mia! Durissimo e irrosicchiabile, dal
fusto esile e affilato come lama, d bacche rosse e
asprette e se ne fanno, i butteri e i massari, le loro maz-
zerelle acuminate, che io immagino debbano somigliare
agli scettri dei primi pastori di popoli e alle terribili aste
degli eroi omerici.
Pare che una volta, attorno al mio paese, per quanto
vasto il suo territorio, fosse tutta una macchia di cornio-
li; selva riccia, ispida e fitta, popolata di cinghiali e bat-
tuta da ladroni di strada, dove il pellegrino che andava a
Roma si addentrava con paura. Albergo di fiere e di bri-
ganti. Cos Dante rappresent questo paese o piuttosto
le sue incolte campagne. E mi figuro il suo aspetto nel
Medioevo. Cinto da una difesa naturale cos orrida e im-

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Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

pervia, fieramente turrito e murato sullalto duna colli-


na, spandeva intorno un tale spavento che ancora oggi
chi saffacci alle sue mura, fin dove locchio arriva, non
scopre traccia dabitato. Ben si comprende come potes-
se spadroneggiare sopra un territorio tre volte superiore
ai bisogni della sua minuscola popolazione, cui fanno li-
mite il monte e il mare; e come, primo tra i comuni
dItalia, osasse proclamarsi libero dallingerenza papale.
Nelle guerre il nemico, per giungere sotto le sue mura,
doveva appiccar fuoco alle selve; e nascevano incendi
colossali che affumicavano le torri e loro dei mosaici
delle facciate delle chiese.
Limpressione che fa Corneto a chi vi scende per la
prima volta pu variare, secondo la stagione. Ma la pol-
vere e il vento sono dogni mese; e quellinevitabile tri-
stezza che gli deriva doppiamente dallessere un paese
di maremma e cos antico. Pieno di luoghi e di monu-
menti abbandonati e sinistri, perfino di strade dove non
passa pi nessuno. Nel suolo cavernoso e sconquassato,
tre civilt, per lo meno, giacciono, luna sopra laltra,
stratificate, e pi luomo scava, pi saccorge che il tem-
po da cui data la sua presenza in questi luoghi si confon-
de con let della terra, pi antico assai della sua me-
moria. Un vago senso e disgusto di tutto questo fa s che
i cornetani battezzino volentieri i loro tesori archeologi-
ci con nomi dispregiativi. Basti dire chessi chiamano
palazzaccio il palazzo Vitelleschi, uno dei pi belli
edifici del Rinascimento. Non raro trovare in una vi-
gna, in un orto, un sarcofago etrusco o romano ridotto
ad uso di vasca per lavare gli erbaggi. Quei famosi co-
perchi sepolcrali su cui, scolpiti nel tufo, tipi di crapulo-
ni enormi e discinti, matrone dalle grandi facce severe,
piene di carne, stanno adagiati e sollevati sopra un go-
mito, quasi in atto di alzarsi e disposti a favellare, come
se ne avessero abbastanza desser morti, vi compaiono

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innanzi da per tutto, in citt e fuori, riaffondati nella ter-


ra e coperti di borraccina.
Qui la campagna coltivata, secondo luso maremma-
no, a rotazione, nuda, ondulata, sempre un po buia e
tetra e sparsa di melanconiche rovine. Le rive del mare
sono squallide e malariche. Per lunghissimo tratto, dalla
Lanterna di Civitavecchia fino al monte Argentato che
sorge bianco e abbagliante sotto il sole come una monta-
gna dalluminio, non vi si vede altro edificio che il Ba-
gno Penale del porto Clementino, vecchio di qualche se-
colo. Dalla parte di monte, si scorgono di sera i lumi di
Montefiascone, lontani lontani, e sul versante opposto,
un poco pi sotto, la montagna di Monteromano, la Co-
rona, cinta di quercie alla cima. Poi un acquedotto sei-
centesco che sparisce e riappare in mezzo a una fuga di
colli, limmancabile cimitero alto sulla rupe, che pare
una scena di Boecklin, le tombe etrusche, i grottini
dellacqua, le mille fosse e burroni e grotte naturali e so-
pra tutto, posata su due colline, la vecchia Tarquinia se-
polta tra le ginestre, bianca e ventosa.
Ecco per che venendo su dalla stazione, via via che
ci si accosta allabitato, si cominciano a vedere, sul decli-
vio del colle, terreni chiusi, coltivati a vigna e frutteto,
uliveti scuri e macri sulla roccia; e la campagna prende
di botto un aspetto ridente e nobile. Un fiume scorre da
un lato, sotto le mura, tra pioppi e canneti, riempiendo
la valle operosa di canti dusignoli. L il punto buono e
sonoro, dove, nelle mattine di primavera, un piacere
starsene affacciati alla ripa e ascoltare i rumori che giun-
gono, portati dal vento, da tutta la gran vallata. Si ode
gi sotto lortolano che parlotta placidamente attenden-
do alla sua opera. Voci alte e smarrite, voci che chiama-
no, sorgono di tanto in tanto dai campi e si confondono
col clamore della cascata. Le donne sbattono i panni alla
fontana e cantano, con voce che va lontano, la loro can-
tilena consueta, mentre il sole bolle negli orecchi e laria

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piena di rombi e di fruscii. Il carro, lanciato a rotta di


collo per la discesa, rotola e rimbalza con un fragore si-
mile a quello del tuono. E qualche volta ci si aggiunge,
dal sottostante mattatoio, il mugghio del bove recalci-
trante, labbaiare furioso del cane che cerca di strasci-
narlo azzannandolo per la lingua e il tonfo cupo della
mazzata.
Dice il proverbio:

Chi ha bevuto lacqua di Fontana Nova


sempre a Corneto si ritrova.

Di quellacqua, ahim, quanta nho bevuta!

Sono tornato di recente al mio paese. Lho riveduto.


Erano le tepide giornate dacqua e sole che il dicembre
ci regala qualche volta. Caccia aperta. La campagna ma-
terna, gi verde di grano, si mostrava in un aspetto nuo-
vo, dolcissimo, con linee cos tenere e ondulate verso il
monte da far pensare a un paesaggio di sabbia fatto dal
vento. Qualchecosa di desertico invero, e del fondo
dun mare, nella struttura della mia terra nuda, ampia-
mente distesa e priva di ogni asperit, quasi lasciva; se
ne togli la dirupata collina sulla quale sta labitato. Es-
sendo spiovuto da poco, i fossi scolavano, tutto goccio-
lava. Le torri corsare, a contatto dellaria dolce, pareva-
no rinverdire e sorgevano isolate in mezzo ai prati lindi e
vellutati, come tronchi dalbero giganteschi e secolari,
pieni di linfa. Gi verso il mare, la pianura, fin troppo
verdeggiante e persino un po insipida, fuggiva come
sempre a perdita docchio, col suo immancabile trenino
che la percorre; come un bruco: paese anonimo di pa-
stori e cacciatori. Ma dalla vista consueta della marina,
con le sue Saline e il suo Bagno Penale, dalla maremma
fortunosa, locchio si torceva e riposava contemplando,
pi sotto, il pensoso raccoglimento delle valli che cir-

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condano la morta Tarquinia: cos immensamente remo-


ta, con quellombra di vetust che la intristisce in ogni
ora, in ogni stagione; acquattata dietro altissime rupi da
cui, confuse con lo scoglio, si sporgono chiesuole
dellanno mille, e dove il silenzio e la solitudine hanno
del sovrumano. Stavo sul ciglio dun abisso. E di l vede-
vo la pericolante positura del mio protervo paese, tutto
costruito su precipizi, protetto da torri e da mura e dife-
so naturalmente dallimpervia scogliera come un nido di
pirati. Delle sue chiese pi pregevoli, elevate sulle alture
estreme, fuori della cinta e in vista del nemico, non sai se
abbia voluto farsi una gloria insolente o un ultimo scher-
mo. Come fiumi che rompono le dighe, le strade acci-
dentate si rovesciano fuori delle porte, rovinando a valle
per ogni verso. Stavo, direi quasi, ascoltando tutte que-
ste cose che apparivano sotto i miei occhi, allorch uno
stormo di cornacchie che mi pass sopra il capo venne a
darmi lannunzio pi certo che ero nel cuore della mia
terra.
Cos armato e guerriero, fu un paese gentilissimo, fat-
to proprio con grazia, concepito per pochi abitanti, ma
con lorgoglio della perfezione in tutto. Mai come que-
sta volta me nero accorto. Minuscolo paese: un gingillo.
Chiese, torri, campanili, case gentilizie, archi e logge,
strade e piazze, ogni cosa corrisponde a un leggiadro
principio darmonia, di civilt e dutilit pubblica. Dalle
preziose cappellette romaniche erette per quattro devo-
ti, con spreco di colonne enormi allinterno, fino alle
abitazioni barocche e alle viuzze che portano impresso,
dolcemente ricurve, il gusto del Seicento e del Settecen-
to, tutto par fatto in questo paese, di epoca in epoca,
con lamore del piccolo, al solo scopo di portarvi in pro-
cessione il Santissimo; e perch non avesse, in cos poco
spazio e senza spingersi oltre il cerchio delle mura, a
mancare di nulla; neppure del senso e del decoro delle
distanze, splendidamente create e conservate in virt

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della varia fisionomia delle contrade e della distinzione


netta fra il sacro e il profano, il nobile e lignobile, il
pubblico e il privato.
Penso a quella mesta e tetra regione di Santa Croce o
dellOspedale, tutta circondata da fienaie, conventi, an-
tiche e rovinate corti col pozzo di marmo in mezzo; la
quale, non essendo lastricata, bens massicciata con ter-
ra gialla, per rendere meno grave ai malati il rumore dei
carri e dei passi umani e spegnere la risonanza delle vo-
ci, si dice anche lammattonato, Chi la percorre di
notte, sente a un tratto il suo passo divenir sordo, cupo,
e tutto, da quelle parti, sa di ospedale, di odori di farma-
cia, di Fatebenefratelli e di cappella ardente.
in una delle sacrestie di Santa Croce che sapparec-
chia, il Gioved Santo, la cena degli Apostoli. Il paese in-
tero sfila davanti a una lunga tavola imbandita e ricolma
di tutti i frutti della California. Dodici vecchi avanzi di
galera, impaludati nel camice bianco, aspettano lora di
farsi lavare e baciare i piedi dal Vescovo in pompa ma-
gna, per poi mettersi a mangiare a quattro palmenti.
Da San Giuseppe si nomina unaltra parrocchia del
mio paese. Questa gloriosa per possedere la macchina
del Redentore, grande, roseo, bellissimo, con gli occhi
celesti e unincredibile ferita sul fianco, che si porta in
processione la sera del Sabato Santo, prima che cali il
sole, correndo, con un seguito di tronchi enormi che
fanno selva. Lungo il suo viaggio, dalle finestre, si spara-
no fucilate in aria: le campane si sciolgono e suonano
tutte a festa. Mentre questo accade, giunta la processio-
ne in cima alla piazza, il Cristo risorto che molleggia,
portato a spalla, sopra un mare di teste, come nave in
mezzo alla burrasca, si volta e, col braccio alzato, posa
un momento a benedire il popolo genuflesso, pieno di
felicit e di benessere, gi col sapore delle uova pasquali
in bocca.
Ma la pi gaia parrocchia del mio paese , senza para-

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gone, quella di SantAntonio, protettore delle bestie.


Che SantAntonio ci aiuti!
Laggi tuttaria di mare: son tutti mangiatori di pe-
sce e bevitori. Chiamano la loro allegra contrada, con
una vaga intenzione dautonomia, il villaggio, Guai a
chi gliela tocca! La gran festa del villaggio ricorre il 17
gennaio: procace esordio alla stagione dei fegatelli. un
succedersi di spettacoli grotteschi e morali che si svolgo-
no sopra un bel prato, davanti allantica cattedrale del
santo patrono, dove io feci molti sogni da bambino, da
cui si scopre il mare e il sole gi vicino al tramonto. Qua
e l le famiglie seggono a merenda; troneggiano sui car-
retti montagne di fiaschetti di vino. Per non parlare
dellalbero della cuccagna, cos alto, liscio e insaponato,
sul quale uno, vestito in maglia, cerca darrampicarsi per
arrivare a cogliere le salsicce e tutto quel ben di Dio che
sta penzoloni lass, dir del gioco della pignatta ovvero-
sia delluomo messo nel sacco. Il pi scemo del villaggio,
chiuso nel sacco fin sulla testa, pu metter fuori soltanto
le braccia. E con queste, armato duna lunga pertica, in-
ciampando spesso e andando a cadere a faccia avanti,
stambura laria, nella speranza di cogliere in una fila di
pignatte, appese al di sopra di lui; da una delle quali,
colpita e rotta, piove sul capo del disgraziato giocatore
acqua, da unaltra cenere, da unaltra un topo, da unal-
tra un pipistrello esce a volo, impazzito, e finalmente da
qualcuna possono anche piovere castagne secche e qual-
che baiocco da due. Oh invidia!
Si costuma, pure, in quel giorno, far correre gli asini:
strepitosa usanza, parodia, caricatura anticipata di quel-
le corse dei barberi che si fanno in primavera o sul finir
dellestate, quando il sangue degli animali pi focoso e
anche il vino. Questa dei somari, in pieno inverno, una
corsa del tutto fuori stagione. Ha luogo su per unerta
stradetta, fuori dellabitato, dove lo stradino non passa
mai e che scopre i ciottoli e le buche al vento di tramon-

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tana. Non essendo di maggio il ciuco torpido e ha po-


chissima voglia di fare il bravo. Sono sgropponate folli,
sculettoni che volano, strattoni a dritta e a mancina, de-
glincredibili corsieri infuriati e tartassati da comitive di
matti che fazionano lungo la pista, saffollano alla par-
tenza, li aizzano, li pungono, li trattengono per la coda,
gliene fanno dogni colore. Come Dio vuole si riesce a
dar loro lavvo. Eccoli, tra le risate e gli urli che arriva-
no al cielo, partire allimpazzata, in tutte le direzioni,
sempre sgropponando, sculettando e, per cos dire, svo-
lazzando, come cicale a cui abbiano infilzata una pa-
gliuzza nel culo. La gente savia assiste al burlesco spetta-
colo a riparo dun muricciolo di chiusa. il
dopopranzo. Il gennaio chiaro e non fa molto freddo.
Il sole d sugli occhi a quellora. Le ragazze sono un po
scaldate dalla festa e guardano con amore.
Per passare a pi degne usanze del mio paese, mi
rammento il lutto che riusciva a infondere nei nostri ani-
mi la processione del Venerd Santo. Cominciava sul
tardi, non prima delle nove di sera, era lunghissima e si
svolgeva con una lentezza cos dolorante e funebre da
commuovere i muri. Alla luce di uninfinit di lampioni
dogni forma e grandezza, retti da noi ragazzi e da uomi-
ni det, ciascuno nel saio della propria parrocchia e di-
visi per gruppi di colore diverso, in un ondeggiare di
croci e tronchi che i pi forzuti della citt sostenevano
sudando da ogni poro, si portavano a spalla la macchina
del Cristo morto e quella della Madonna dei Sette Dolo-
ri, seguita dal coro delle marie litanianti. Vi partecipava-
no, a gran distanza luna dallaltra, le due bande nemi-
che, alternando le loro marcie che singhiozzavano. Da
tutte le sue finestre il paese piangeva, al passaggio, con
lacrime di fuoco che erano lampioncini di carta colorata.
La dolente processione, sconfinando quasi nella campa-
gna, sarrestava ad una gran chiesa romita, sfarzosamen-
te illuminata a candele, dove, con le due macchine e con

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quella selva di croci e di lumi, tutto il popolo irrompeva.


Allora un frate, gi ritto sul pergamo, pareva stesse l ad
attenderci per rimproverarci la morte di Nostro Signore.
Acceso in volto, gesticolando come un ossesso, scagliava
sulla calca, in quella mesta luce dei ceri, una breve pre-
dica veemente, piena dinvettive, di rampogne, di sin-
gulti, come se il Signore fosse stato crocefisso dai Giudei
proprio in quella giornata. E tutti tornavano a casa con-
triti.

Conosco solo un canto del mio paese. lungo, ca-


denzato, monotono, come la maremma sconfinata. Gre-
ve e pigro, sorge in certe ore di ristagno dalla terra,
riempie di botto la solitudine, rompe il silenzio asson-
nante e lambisce lo spazio morendo. Quando il silenzio
meridiano pi profondo e quasi terrificante, lo sentite
nascere, scoppiare a due passi da voi, in campagna, die-
tro il muro duna vigna, portato su in alto e lontano da
uno squillo di voce femminile. E subito estenuato rica-
de. Nelle ore pi afose destate con questa nenia inter-
minabile che i bifolchi, mezzo addormentati, guidano i
bovi aggiogati al carro. E ci si sente tutta la malinconia e
il tedio infinito di quel loro camminare a rilento e acci-
dentato, per via dei tafani che tormentano le povere be-
stie e le fanno sbandare fin sul ciglio della strada. que-
sta la cantilena che le donne del mio paese, al tempo
della sviticchiatura, cantano tutto il giorno a gola aperta,
a voce spiegata, come ubbriache, e paiono poi cos rilas-
sate, la sera, quando smettono. Ma nelle mattine di pri-
mavera, badando alla pulizia della casa, ne fanno rintro-
nare e, direi quasi, ne inondano, non soltanto le pareti
domestiche, ma le vie e le piazze intorno. Dice cos:

E lo mio damo fa lo massaro,


la mazzarella gli diventi doro,
doro e dargento la spiga del grano.

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Ho rivisto gli Etruschi, che manipolarono la creta con


ricercata grossolanit e lesta bravura; e fecero della scul-
tura casereccia, non altrimenti di come fa il panettiere il
pane e il pasticciere i dolci. Come quando questi va
spremendo il suo cartoccio di crema sulla nuda crosta
del pasticcio e ladorna in fretta dogni genere di dise-
gni, allo stesso modo essi imitarono, con un gran senso
del rilievo, le pieghe e i ricami delle vesti. Buttarono l,
sopra un dito, una pallottolina di creta ed ebbero
senzaltro un anello. Seppellirono addirittura le figure
nei loro manti. Quando vollero dare il senso dun corpo
di donna malato e disfatto, lo scolpirono tutto in cavit,
lasciando affiorare appena, su tanto sfacelo, due piccoli
seni macilenti e schiacciati come due frittelle. Mestie-
ranti insigni e corrivi, carnali e sprezzanti, che alla fiorita
eleganza inimitabile e allo smalto finissimo dei vasi greci
contrapposero, inaudita maga, il crudo colore dellar-
gilla e lefficacia realistica dei loro tracotanti segnacci
neri. Nelle sculture in terracotta, soprattutto, si vedono
ancora, freschissime, le impronte impulsive e spicciative
delle loro mani da mattonai.

Io mi domando perch un fatto cos semplice, come


quello di tornare per un giorno al mio paese, debba
sempre costituire per me un avvenimento straordinario,
una data memorabile. Quando la finir di cercare mez-
zogiorno alle due e vivere di sogni e di pazzie! Da Roma,
dove io risiedo, il mio paese non dista che cento chilo-
metri in cifra tonda. Col diretto di Pisa, in due ore al pi
ci si arriva. Senza tante storie, potrei recarmici due volte
la settimana, potrei starci di casa. E invece, nossignori,
lascio passare gli anni prima di rimettere piede in questo
mio favoloso paese. E non faccio che sognarmelo e so-
spirarlo come se fosse in capo al mondo; pi soddisfat-
to, si direbbe, della privazione che mimpongo standone
lontano, pi pago del ricordo e dellimmagine che ne

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porto con me, che non del piacere che proverei riveden-
dolo. Sibarita della distanza, crapulone del desiderio.
Intanto il tempo fa lopera sua, la mala erba cresce, i
miei amici e conoscenti duna volta invecchiano e
muoiono, e quando finalmente, una bella mattina, pren-
do il coraggio a due mani e torno al benedetto paese del-
la mia infanzia, un affar serio. Vi sono appena giunto
che vorrei ripartire subito, partire di nuovo, col primo
treno. Una volta l, non desidero altro. Che rigurgito
dimpressioni e di memorie buone e cattive, liete e tristi;
e come vorrei sorvolarle, quelle strade, non visto, quasi
che mi vergogni, mi ripalpi, come dice in buon lin-
guaggio cornetano un mio amico sartore, di mostrarmi
al mio paese! Dai luoghi in fuori, non mi famigliare
quasi pi nulla e nessuno. Ho perso il filo delle parente-
le e delle discendenze. Si sono annebbiati nella mia me-
moria i nomi delle casate; e delle loro vicende, morti, na-
scite, matrimoni, non so pi nulla da tanti anni. Mi
avviene di veder passare dei ragazzi che non conosco e
che non mi conoscono e di sentirmi dire che sono del
mio sangue. In uno di essi, pi grande della sua et e
magro, che pareva essersi dimenticata la via di casa, ho
rivisto esattamente me stesso a tredici anni, Dio sa con
quale apprensione. Costumi mutati, festivit decadute.
Sento discorrere della rovina e dellesodo delle migliori
famiglie; dei loro palazzi acquistati da villani rifatti che
ne han ridotto i giardini a piantagioni di cipolle e dinsa-
lata. Mi domando se ci saranno pi le camelie a Villa
Falgari. E il peggio che in mezzo a tante trasformazio-
ni, a tanto rigoglio di giovent che rallegra e disorienta,
a tante buone cose buttate allaria, la vita sempre allo
stesso punto, il nostro destino sempre quello: il tempo
e la lontananza non vi posero alcun rimedio. E chi sillu-
de daver fatto qualche conquista nel mondo, torni al
suo paese per constatare che non ha concluso un bel
nulla. Rancori, albagie, antipatie, di gente che gi co-

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nobbi poco amichevole nei miei riguardi, durano infles-


sibili, n c speranza che cessino per miracoli chio pos-
sa operare. Basterebbe che rimanessi una settimana sol-
tanto in mezzo a costoro perch ventanni dassenza e
desperienza fossero annullati dun tratto e tutto rico-
minciasse da capo come prima. Ed ecco di nuovo le ra-
gazze del mio paese, appo le quali non ebbi mai grazia
nessuna, che solo a vedermi si domandano: chi
quellantipaticone?,
Con tutto ci, lasciatemi rivedere la mia terra, lascia-
temi andare una notte a dormire coi morti.

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FINE DUNA BANDA

Nella vecchia banda comunale del mio paese si face-


vano rispettare i valori. In un suonatore di cornetta o
daino, si lodavano soprattutto certe qualit essenziali e
native come, per esempio, la voce, il sentimento, la dol-
cezza del labbro, che solo alcuni privilegiati potevano
vantarsi di possedere. I virtuosi, gli sminfaroli, erano
tenuti in sottordine. A poco a poco molti di costoro, de-
lusi e inviperiti, si allontanarono dal severo istituto, la-
sciando credere daver sofferto chiss quali angherie, e
cos nacque non soltanto una nuova banda, ma addirit-
tura un partito, che si chiam cittadino, il cui primo
atto, una volta al potere, fu di sciogliere lodiatissimo
corpo musicale che era stato causa di tanta discordia. Di
questultimo io mi trovavo a far parte, in qualit di moc-
cioso suonatore di genis. Da un giorno allaltro dovem-
mo consegnare strumento e montura, lasciare il Palazzo
Vitelleschi, nostra magnifica sede, per ridurci pi tardi
quando la banda comunale fu ricostruita sotto altro tito-
lo, col denaro dei privati, in un semplice magazzino. Al-
lora il Municipio non ebbe pi una banda, ma la citt ne
aveva due, che sazzuffavano financo nellintonazione
deglistrumenti, suonando luna mezzo tono pi su
dellaltra, tanto per non correre il rischio di fare un con-
certo insieme. E fu in questo secondo e agitato periodo
della vita musicale e pubblica del mio paese che io mi vi-
di promosso alle superiori armonie del corno. Ma nulla
ormai avrebbe potuto consolarmi del convincimento
che mero fatto, desser nato sotto cattiva stella.
Cera davvero di che avvelenare lesistenza dun ra-
gazzo a vedere come la lista dei candidati al Consiglio
comunale, che noi appoggiavamo, uscisse, da ogni nuo-
va elezione, regolarmente sconfitta. Alla fine di quelle
giornate elettorali, cariche di passioni contenute e di

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speranze dissimulate, la dignit dei vinti era pari, se non


superiore, allo strepito dei vincitori, il giubilo si scontra-
va col lutto, il silenzio contegnoso duna parte della cit-
tadinanza isolava le dimostrazioni, le fiaccolate della
parte avversa, che, sebbene fatte a suon di pifferi, non
riuscivano ad essere allegre e non duravano pi duno
sprazzo di bengala. Tutti poi andavano a letto con la co-
scienza poco tranquilla, non potendosi immaginare una
condizione pi iniqua di quella che sera determinata al
mio paese con queste rivalit elettorali e bandistiche.
Iniqua, ma necessaria, poich a tali avvenimenti noi
siamo debitori dellacqua potabile, che fu la grande im-
presa del partito cittadino o, per meglio dire, lopera
dun potentissimo conte, capeggiatore della fazione.
Di questuomo benemerito, il cui nome ormai scol-
pito in una lapide, non potrei parlare se non con molto
rispetto. Era cavaliere di cappa e spada in Vaticano, vi-
veva abitualmente a Roma, e veniva a Tarquinia soltanto
per qualche mese allanno, in autunno o in primavera,
offuscando col numero dei suoi servitori, coi suoi at-
tacchi a quattro, a sei, tutti gli altri signori del mio pae-
se, che magari vantavano tradizioni pi illustri, ma non
possedevano che una modesta carrozza a due cavalli,
con cocchiere in livrea. Non si creda tuttavia chegli cer-
casse, col suo splendore, di mettersi in mostra, essendo
anzi un uomo alquanto evasivo e quasi irraggiungibile,
un mito, una istituzione amministrativa pi che una per-
sona. Bens quello era il tono della sua casa. Il conte ave-
va un figlio, cerimoniere di Corte, e una giovane e bella
nuora, dama donore della Regina. Dimodoch si po-
trebbe dire che avesse anticipato di molti anni, per parte
sua, levento della Conciliazione; e contro una tale po-
tenza cera poco da fare. Sarebbero bastati i dipendenti
del conte, o quelli che abitano allombra del suo palaz-
zo, in una festosa parrocchia, detta scherzosamente il
villaggio, ad assicurare il trionfo di unelezione. Ma il

Letteratura italiana Einaudi 15


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

popolo parteggiava per lui. La dispettosa gena dei cam-


pagnoli idolatrava questuomo, questo malinconico feu-
datario che, senza far discorsi in pubblico, senza dimo-
strare ambizioni di sorta, prometteva al nostro paese
lacqua potabile e la spartizione delle terre (quelle del
Comune, beninteso), lasciando per di pi aperti alla cit-
tadinanza, per famigliare consuetudine, i cancelli duna
sua villa, dove noi andavamo da ragazzi ad ammirare
lalbero del pepe, a mangiare le guainelle e le nespole
del Giappone. Il clero poi, sotto sotto, soffiava nel fuoco
di quel partito che noi chiamavamo nero e lo era in-
fatti in tutta lestensione del termine. Fazione municipa-
le e parrocchiana, politicamente agnostica, quindi ostile
alle ideologie liberali dei signori del Circolo, i quali ave-
vano amministrato il Comune per tanti anni, arrivando a
mangiarsi, come si diceva comunemente, anche le tavole
del teatro. Tale fama purtroppo gravava su coloro che
serano tassati per mantenere la nostra banda e che noi
disperatamente sostenevamo: quasi tutti buoni oratori,
umanisti, compositori di acrostici e sonetti per nozze,
spiriti faceti, che rappresentavano al mio paese quanto
poteva esservi una volta di pi colto, di pi garbato, di
pi illuminato, ma a cui si faceva carico daver dato fon-
do al denaro pubblico, oltre che al proprio, sotto la gui-
da dun uomo terribile, passato in proverbio per la sua
scaltrezza e voracit. Era costui lantico e ormai detro-
nizzato segretario comunale, di professione anche no-
taio. Conosceva i segreti di tutto il paese e la gente lo
odiava forse per questo, attribuendogli un potere diabo-
lico. Il piccolo e vecchio notaro, obeso, pallido, vestito
costantemente di nero, in palandrana, aveva una figura
di Don Abbondio, con folte sopracciglie irsute e canute
che sentivano il cattivo tempo. Non poteva dirsi, in ve-
rit, un tipo accostante, n cercava desserlo. Viveva rin-
tanato nel suo funebre archivio, in una bella e segretissi-
ma casa, gi convento di frati, posta allingresso della

Letteratura italiana Einaudi 16


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

citt, in fondo a una piazzetta alberata. A quella porta si


bussava soltanto per ragioni testamentarie; e non si apri-
va se non dopo che una delle sorelle del segretario, natu-
ralmente zitellone, allo stesso modo che il nostro uomo
era scapolo, aveva allungato il capo al davanzale come
una tartaruga. Il popolo chiamava questo personaggio
il tarlo; e lamministrazione comunale impersonata da
lui fu sempre detta lamministrazione del tarlo, pro-
babile che il povero segretario non meritasse il sopran-
nome che gli si dava. Ma il fatto che la fazione dove io
mi trovai coinvolto allalba della vita era simboleggiata
da quel vorace insetto che, secondo una favoletta no-
strana, rosicchi il legno della santa croce e quando ar-
riv ai chiodi si fece scrupolo di continuare. Per la qual
cosa noi diciamo anche, di certi atti di generosit ipocri-
ta e tardiva, che sopravvengono quando il male gi fat-
to e non pi possibile farne dellaltro: Lo scrupolo
del tarlo,
Vi lascio giudicare se potevo essere pi sfortunato
nella scelta del mio primo partito. Immaginate limpo-
polarit della logora banda alla quale mi onoravo di ap-
partenere, e tutte le sorprese, le riflessioni dun ragazzo
che entra, per cos dire, nella vita in cos poco allegre
contingenze. Invano il nostro impareggiabile trombone
si faceva tremare la bazza filando, nei concerti in piazza,
le angeliche note dei duetti verdiani e donizettiani. La
severit, la freddezza, la cattiva disposizione del pubbli-
co nei nostri riguardi, avrebbero scoraggiato la banda di
Pianella. Perfino il miserere del Trovatore, cavallo di
battaglia della nostra cornetta, non otteneva che scarsis-
simi applausi. Tutto lentusiasmo del popolino era per le
strepitose marcette della banda nova; e di noi, che
avevamo un passo di marcia pi cadenzato e lento, si di-
ceva che su questo punto non potevamo competere coi
nostri rivali e che la nostra banda era buona per gli ac-
compagnamenti funebri e per la processione del Ve-

Letteratura italiana Einaudi 17


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

nerd Santo. Si voleva insomma una banda allegra e non


musona. Si desideravano suonatori di forze e non di gra-
zia. E fu con questo gusto, di questo passo, che il partito
cittadino, in coccarda bianca e azzurra, and al potere,
vi si consolid, senza curarsi di ridare al Comune quella
banda che aveva sciolta; forse perch il problema non
era facile da risolvere, dato che i migliori musicanti ri-
manevano sempre quelli della banda vecchia, divenu-
ti ormai veri banditi.
I due corpi musicali vissero cos, finch poterono, con
lobolo dei privati. Finch un giorno, tanti anni dopo,
davanti al prodigio di quellacqua che veniva da molto
lontano, traverso chilometri e chilometri di tubatura (e
tutto il paese in festa si mosse per andarle incontro come
se si trattasse della venuta dun Papa), le due parti si ri-
conciliarono e con ci fu segnata la sorte delle due ban-
de nemiche. Queste infatti, destino un po ironico per
due sodalizi che dovevano essere la personificazione
dellarmonia, cessati gli odii partigiani, si videro con-
dannate a sparire, per mancanza di protettori. In tanta
universale concordia nessuno adesso pensava pi alle
due bande che, daltra parte, non avrebbero potuto fon-
dersi a causa di quella differenza di tono che le separava
irreparabilmente. Eppoi lesperienza dimostrava come
al mio paese la musica servisse piuttosto a inferocire gli
animi che ad ammansirli. Cosicch in definitiva, chi ci
and di mezzo, in questa rivoluzione cittadina, fummo
noi bandisti. Noi che centravamo come i cavoli a me-
renda. Noi che, ignari del sacro mito dOrfeo, avevamo
fatto della musica un detestabile uso. Noi fummo i veri
sconfitti. E cadde, con listituzione bandistica, tutto ci
chessa comporta e significa. Finirono, o divennero
unombra di quel che furono, le processioni della Setti-
mana Santa, la Fiera di maggio, le feste in genere, i ve-
glioni, le vignate, le ottobrate, le serenate. Una strana

Letteratura italiana Einaudi 18


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

pace, pi deleteria dogni guerra, saccamp fra le no-


stre mura, ormai disertate dal genio della musica.
Eppure, come ho detto, da queste comunali vicende
scatur al mio paese un bene incalcolabile. Se oggi chiedi
a uno di Tarquinia come mai le ragazze vengon su cos
colorite, al contrario di quel che accadeva una volta, ti
risponder additandoti la fontana. lacqua, il mira-
colo dellacqua che ha moltiplicato la popolazione e ha
fatto rifiorire le guance di quelle giovinette che a tempo
mio, in primavera, apparivano tutte un po estenuate ed
anemiche, e andavano a farsi le iniezioni in farmacia,
quando non si limitassero, per pudore, a bere qualche
ovetto, a mangiare qualche bistecchina e a trangugiare
con disgusto un mezzo bicchiere di vino rosso. Accostia-
moci dunque alla nostra fontana materna; la quale non
detto sia di ieri, perch lacqua di fonte noi labbiamo
sempre avuta, sia pure non cos eccellente e copiosa. Be-
viamo un sorso di quel prezioso elemento che cost tan-
ti sacrifici di cui nessuno pi si ricorda. I vecchi sorrido-
no con indulgenza di queste antiche discordie cittadine
e ne parlano come dun trascorso di giovent.

Letteratura italiana Einaudi 19


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ELEGIA ETRUSCA

Che so io degli Etruschi? Quel tanto solo che m da-


to immaginare, essendo nato, si pu dire, in mezzo alle
loro tombe. Pare che la piet degli Etruschi verso i loro
defunti consistesse nellandarli a seppellire il pi lonta-
no possibile dalle voci e dalla vista del mare, come se es-
si, glimpenitenti, che sopravvivevano nei loro sepolcri,
potessero ancora porgere orecchio ai suoi potenti richia-
mi sordi e non aver pace col mare accanto. Cos parlano
le loro necropoli nascoste. E ogni volta che mi tornano a
mente i miei luoghi dorigine, il mio pensiero fugge il
mare e si volge a quei prati pi prossimi, raccolti verso il
monte, macchiati di ginestre e dasfodeli, dove la stessa
natura del suolo, che si erge a picchi e precipita a burro-
ni sulla verde pianura fuggente verso il fiume e il mare
lontano, sembra farsi schermo alla morte che vi abita in-
disturbata e sovrana. Fosse millenarie, dove par di senti-
re un lezzo di putrefazioni antiche e di terra marcita, bu-
che, avvallamenti e tumuli innaturali, mostrano quel che
l sotto cova e come la mano del tempo labbia rifatta e
lavorata, a varie epoche, quella terra pastosa e dolce co-
me carne, al modo che si lavora una statua. Le piogge
tornano a impastarla ogni anno e la riducono un fango
indelebile. La secca e bruciante estate la spacca: allora le
tarantole vi fanno il nido. La tramontana la denuda e la
scopre sepolcrale. E tutto quel che vi si vede, una tom-
ba, un acquedotto medioevale, un vecchio muro sbrec-
cato di conduttura, di qualsivoglia epoca, antico e fu-
nebre allo stesso modo. antica laria ed antica la
pietra.
Una profonda inclinazione verso la terra genitrice e
saturnia, non verso lalma nutrix, ci che distingue gli
Etruschi. Discendevano essi in lei volentieri per dipinge-
re le loro tombe con le pi fresche e verdi tinte, quali

Letteratura italiana Einaudi 20


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

soltanto il gelido soffio di quellaria veramente terrestre,


suscitando una pungente nostalgia del sole e della vita,
poteva inspirare allartista; e che durano incorruttibili.
La materia da cui pi la loro cruda fantasia rimase tocca
e che lavorarono con miglior gusto fu largilla. E prati-
cando, insieme, con la morte, una famigliarit del tutto
incompunta, immaginandosi lAde orgiasticamente co-
me un perpetuo saturnale, questa razza di bonificatori
ma non georgici (cavatori, scultori, vasai) che prosper
un giorno, obliosa, sulle vulcaniche terre del centro
dItalia, port a cottura il mito dellinferno e cre forse,
dei suoi giganteschi numi, i pi infuocati e rossi.
Roma sorprese gli Etruschi mentre stavano lavorando
senza sospetto, come sempre; e ne and lungo il lamen-
to. Barbari del settentrione e del mezzogiorno rovistaro-
no primi le loro preziosissime tombe alla rinfusa, la-
sciandovi il segno della loro barbarie e della fretta. Oggi,
di questo popolo misterioso e sopraffatto che siede alle
origini della nostra civilt, venuto non si sa di dove, dal
mare forse, ma rivolto a monte, non ci rimane che lo
stampo corrotto della sua immagine sulla terra, l dove
s coricato morendo.

Letteratura italiana Einaudi 21


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

VILLA TARANTOLA

Fin da ragazzo ho amato le distanze e la solitudine.


Uscire dalle porte del mio paese e guardarlo dal di fuori,
come qualche cosa di perduto, era uno dei miei pi abi-
tuali diletti. Piacere e terrore mi portavano in certi luo-
ghi romiti, sacri alla morte, a cui per non pensavo se
non per quel tanto che mimpediva dinoltrarmi troppo
in un cos pauroso reame. Uscito da Porta Clementina,
dove comincia la via del cimitero e delle tombe etru-
sche, la mia evasione, di solito, si arrestava pochi passi
pi in l. Di rado mi spingevo fino a quella strana, disa-
bitatissima villa, chiamata Villa Tarantola, che vede gi
il camposanto ed era allora per me un sito misterioso,
enigmatico, evocante, nel suo nome, i velenosi ragni che
danno il ballo di San Vito. Di l da una siepe di bosco si
vedeva, attraverso il cancello, un corretto viale di elci
bassi e ombrosi, e gi in fondo una casina moderna e
rossiccia, a terrazza, sovrastata dalla ruota metallica
duna pompa a vento. Il piccolo e ombreggiato edificio,
somigliante pi a un mulino che a una casa di abitazio-
ne, copriva lorizzonte, che in quel punto vastissimo.
Le sue persiane color cenere apparivano costantemente
chiuse come il cancello a cui maffacciavo. N mai mi
avvenne di udire voci o scorgere anima viva curiosando
l dentro. Laspetto di questa solitaria villetta era irre-
prensibile e il terrore o piuttosto stupore chessa min-
spirava, tutte le volte che io ficcassi il naso fra quelle
sbarre, duna qualit ben nota ai lettori dEdgardo Poe.
Villa Tarantola non che un nome al mio paese: il no-
me duna localit sprovvista, per ragioni facili a capirsi,
di qualsiasi attrattiva. Pochi sanno o si domandano a chi
appartenne in origine e come costui pot avere lidea di
costruirla in una regione cos visibilmente riserbata alla
morte. Perch si chiama villa, dato che non ci abita nes-

Letteratura italiana Einaudi 22


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

suno. E come si potrebbe abitare da quelle parti? Per-


ch quella siepe civettuola, quel viale, se non servono
probabilmente che a mascherare un comune podere?
Questo familiare mistero sono arrivato a chiarirlo sol-
tanto qualche anno addietro, ragionando con un vec-
chio artigiano del mio paese, e ci che ho saputo intorno
alle origini di Villa Tarantola, mi ha fatto molto piacere
perch dimostra, in fin dei conti, come i miei stupori di
fanciullo non fossero del tutto ingiustificati. Non c mai
stato a Tarquinia un pazzo a cui sorridesse la prospetti-
va dun soggiorno campestre in certi luoghi, a quellepo-
ca, e nessun ugure, certo, avrebbe autorizzato, in altri
tempi, una simile fantasia,
Villa Tarantola la conseguenza di unimpresa ar-
cheologica mal riuscita, il ripiego dun deluso cercatore
doro etrusco, che aveva comprato quel campo nella
speranza di scoprirvi chiss quale tesoro. Se non che, di
gran lunga meno fortunato di altri miei concittadini ai
quali avvenne, anche a caso, di fare incontri memorabili
nel sottosuolo tarquiniese, imbattendosi, fra laltro, pi
duna volta, in guerrieri armati e dormenti su letti di pie-
tra, che, percossi dallaria, si dissolvevano in pochi se-
condi come se fossero offesi da quelle violazioni, pare
che il bravuomo, nel suo magro possedimento, non riu-
scisse a trovare se non due o tre tombe saccheggiatissi-
me, contenenti alcuni sarcofaghi vuoti, di nenfro, che si
vedono ancora oggi allineati lungo il viale che ho detto e
sono per avventura quanto di pi vivo e parlante si ri-
scontri nellinanimata villetta.
Da ultimo, perch non gli sarebbe stato facile disfarsi
duna propriet squalificata archeologicamente e di po-
co pregio dal lato agricolo, decise di servirsene a scopi
voluttuari ed estetici. Il cercatore di antichit etrusche
simprovvis giardiniere come sera improvvisato ar-
cheologo. Dove prima sorgevano tumuli sospetti quanto
illusori, fiorivano la lenta ginestra e il tenace asfodelo, in

Letteratura italiana Einaudi 23


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

quellaspro e sassoso terreno chegli aveva manomesso,


scassato e stravolto in lungo e in largo, fece nascere non
la vigna, che l non potrebbe attecchire, bens una villet-
ta moderna, allinglese, tutta pettinata e livellata come
un campo di tennis, quasi volesse nascondere le tracce
delle sue infruttuose ricerche o vendicarsi della terra che
lo aveva ingannato alterandone il profilo naturale e sto-
rico. Ma era fatale che quella tragica terra dovesse rive-
larsi, ad ogni modo, pi forte di lui.
Il fondatore di Villa Tarantola silludeva forse di lega-
re il suo nome a questo monumento di giardinaggio.
Ahim, il popolo non tard a dargliene un altro, scritto
nei luoghi, nella triste solennit del paesaggio che cir-
conda lamena villetta; giacch, a parte che su quelle nu-
de alture non si pu immaginare altro giardino se non
quello dei morti, i campi argillosi e cocenti della nostra
necropoli sono famosi, oltre tutto, per la Tarntula Apu-
liae la quale, nei mesi estivi, li predilige talmente da far
pensare che porti nel suo grosso ventre il veleno delle
tombe etrusche.
Chiunque nato in Maremma conosce vita, morte e
miracoli della tarantola, ragno elegiaco e terraiolo, mol-
to meno pericoloso di quel che la fantasia popolare fa-
rebbe credere. La sua presenza deplorevole soprattut-
to perch accusa labbandono in cui sono lasciate certe
terre. Nella ferace Tarquinia non pu vivere che in una
piccolissima parte del suo territorio, fra le deserte rovine
della Civita, in mezzo ai sepolcri dei lucumoni, come al-
trove bazzica le rovine greche, ricercando, in ogni caso,
le terre aride e solari del Mezzogiorno, dove incombe il
silenzio delle civilt tramontate. E vive rintanata, duran-
te il giorno, in un comodo nido tappezzato di seta e fa-
cilmente riconoscibile, per via dun intreccio di seta e
pagliuzze che ne protegge lingresso. Ma basta zufolare
un poco e frugare con un filo di paglia nel suo profondo
rifugio perch la tarantola venga fuori. A quel doppio

Letteratura italiana Einaudi 24


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sollecito lestuoso e musicale insetto non resiste. Il che


farebbe credere che vada a caccia di grilli. E morde luo-
mo a caso, luomo che costretto a dormire in campa-
gna nella cruenta stagione della trebbiatura e della pres-
sa del fieno, che da noi una vera guerra. Allora inietta
un veleno leggero che non fa ballare affatto (questa su-
perstizione ha origine dal fatto che una volta le vittime
della tarantola si curavano a suon di cembali, con una
danza sfrenata, che poi si chiam tarantella) ma d luo-
go, in certi casi, a una sorta dimbambolamento, quale io
vidi tanti anni fa, proprio sulla stradetta di cui si discor-
re, in una giovane campagnola aggredita dal malefico ra-
gno. La portavano allospedale col carretto, e lei stava in
piedi l sopra, incantata, trasumanata, bellissima. La sua
bianca faccia splendeva come quella duna santa in esta-
si. Nella luce dun tramonto destate, in quel paesaggio,
non potevo fare un incontro pi commovente e oserei
aggiungere significativo, per quel che riguarda gli effetti
che pu produrre un ragno abitatore di terre cos mace-
rate e mortifere. Ma la scienza non crede ai misteriosi
malori che si attribuiscono alla tarantola. E queste mie
non sono che impressioni e fantasie di profano.
Comunque, posto che la tarantola non una favola al
mio paese, nessuna forza umana poteva impedire che la
borghese villetta, situata nei suoi regni, assumesse ben
presto quel colore, quel nome sconcertante, per cui da
bambino io non potevo guardarla, n sentirla nominare,
senza immaginarmela come la casa delle tarantole. Ero,
a dire il vero, alquanto diviso fra il gentile aspetto del si-
to e lorrido nome che gli si dava. Ma la sua solitudine
quasi paurosa, il suo allarmante silenzio, erano proprio
tarantoleschi. L dentro, secondo me, vivevano, senza
far rumore, miriadi di tarantole.
Da pi di mezzo secolo, abbandonata al proprio de-
stino, vale a dire alle cure dun giardiniere laborioso e
fedele, che sembra custodirla come un monumento e

Letteratura italiana Einaudi 25


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

forse abita in quella casina senza che nessuno se ne sia


mai accorto, Villa Tarantola vive la sua vita silenziosa ed
occulta, conservando inalterato il suo aspetto decoroso
e impeccabile quantunque sia passata, in tutti questi an-
ni, per le mani dei proprietari pi diversi. La sua sorte
non cambia. una villa incantata, stregata, come quella
fanciulla che incontrai nei suoi pressi. La fitta e sempre-
verde siepe di bosso che la circonda ne accresce la soli-
tudine, la rende, per cos dire, tutta vegetale e perci pi
impressionante. Bassa com, serve a proteggere e anche
a nascondere il misterioso dominio assai pi che se fosse
cinto da una muraglia. In un paese dove le terre sono li-
mitate da fossi, stradelli, cippi marmorei, muri a secco,
fratte spinose, oppure, trattandosi di vigna o di villa, da
un alto e nobile muro, la gente non pu che scostarsi da
questa insolita, educatissima siepe che non fiorisce e
neppure appassisce, che ha laria di voler essere confi-
denziale ed tuttavia cos arcigna, cos puritana; vero
simbolo della propriet privata come la intendevano i
possidenti del secolo scorso, senza nessuna concessione
alla fantasia. C chi, per renderla un po allegra e dome-
stica, la chiama scherzosamente il frattone, Ma non
villudete. Nessuno la frequenta, nemmeno i ramarri.
Eppoi quella non via da idillici indugi. Ben altro ritiro
ci aspetta sulla rotabile di Villa Tarantola.
cosi che il solitario giardino, sopraffatto da troppe
altre cose pi grandi, viene ad essere perfettamente
escluso dalle nostre consuetudini e dai nostri affetti. Noi
non lo nominiamo se non a motivo di riferimento topo-
grafico. Nessuna leggenda s formata intorno ad un sito
cos perduto, nelle cui vicinanze accaddero, di tempo in
tempo, fatti meravigliosi e tremendi. Lenormit di Villa
Tarantola consiste appunto nellessere totalmente priva
di vita, di necessit, di ragione. Ma poich in natura non
si d vacuo, come dice Leonardo, linesplicabile villa
divenuta un luogo assai strano, quasi sacro. La fantasia

Letteratura italiana Einaudi 26


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

popolare lha dedicata allinfernale Tarantola ed fuori


dubbio che nel disinteresse con cui la si guarda e se ne
discorre si nasconde un vago senso dorrore e di reve-
renza. Soltanto i frati cappuccini, che hanno fatto di Vil-
la Tarantola una meta delle loro passeggiate serali, pos-
sono sorvolare su quel nome orripilante e credo siano
riusciti a famigliarizzarsi un po con questa singolare vil-
letta.

Letteratura italiana Einaudi 27


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

IL CONTADINO

Quei miti e laboriosi contadini marchigiani che han-


no colonizzato le migliori terre del mio paese, scesi lag-
gi con le loro famiglie numerose, i bianchi buoi da la-
voro e i carri istoriati, trapiantatisi in Maremma coi loro
agresti costumi, che gente tenace! Dormono in campa-
gna, loro. E non si lasciano vedere in paese che nelle
mattine di festa, quando salgono su per la messa o a fare
la spesa. Portano gli orecchini, hanno volti scabri e ru-
bizzi, sbarbati, e non so qual melanconica e dolce ca-
denza nella voce. Radi i loro casolari sorgono, qua e l, a
grandi distanze, sulla mia terra natale. Ivi il contadi-
no, S fatto dei suoi campi di grano e di granturco, do-
ve destate fanno il nido le calandre, un paradiso, questo
instancabile concimatore. Le stalle sono ampie e ricche
di molto bestiame. La vita scorre non senza le liete usan-
ze contadinesche: le gite di notte da un casolare allaltro,
le veglie, i canti, le danze sullaia fin oltre la mezzanotte,
nel tempo che si mondano i raccolti, agli amori propizio.
Lordine e lallegria regnano in casa, sotto lautorit
duna massaia rispettata come una regina. Sui campi co-
manda lui, il contadino. Tutto a met fra lui e il padro-
ne, fuorch la terra che non sua. Colono, egli colui
che abita e lavora la terra, ma non la possiede. E questo
gli d un gran senso di agio e di riposo, trattenendo le
sue cupidigie. Gentilezza di costumi, religione, conten-
tezza del proprio stato, sono le sue doviziose divinit fa-
migliari.
opportuno aggiungere che al mio paese quando si
dice contadino si vuol dire, senzaltro, marchigiano.

Letteratura italiana Einaudi 28


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ALESSANDRONE

Non c in Maremma un mestiere che renda meglio e


costi meno fatica del mestiere di caporale,
La Maremma, si sa, terra di ventura; troppo spropo-
sitamente vasta per una popolazione cos scarsa e pigra,
che vive ai monti, murata nei suoi paesi lontani dalle re-
gioni pi fruttifere, talmente distanti luno dallaltro che
raramente si vedono; e preferisce ai lavori della campa-
gna le arti urbane. Onde, chi se la gode, se proprio si
pu dire godere, sono i forestieri che vi ruzzolano gi da
ogni banda, in cerca di lavoro o daltro, secondo le sta-
gioni.
Sono, dinverno, compagnie grame e sparute di don-
ne e ragazzi, che scendono dai monti vicini; e facevano
un tempo la sarchiatura, da noi detta mondarella, per
meno di venti soldi a giornata. Giungono insieme gli
aquilani, bella, umile e forte razza; chiusi nei loro
mantelli turchini come tanti carabinieri di cui hanno an-
che il passo. Con la loro andatura e la pellegrina somi-
gliano pure a San Rocco. E mangiano il polentone. Co-
storo sono gliloti e gli schiavi della terra. Fanno lo
scasso della vigna, che non fanno che loro, lavorano di
piccone e di vanga, e vengono ricercati per tutto quanto
di pi faticoso c da operare in campagna e lungo la
ferrovia.
Col sol di luglio arrivano, al suono dellorganino, av-
vinazzate e pidocchiose orde di mietitori, con la falce ar-
rotata alla cintola e, sul cappello, mazzetti di prime spi-
ghe.
Che rimescolo! Che flagello!
Ecco dautunno quelli che bruciano le selve, i carbo-
nai, neri come spazzacamini, sopra lunghe teorie di muli
che camminano legati luno allaltro in fila indiana. La
nostra meraviglia sempre nuova quando, affacciandoci

Letteratura italiana Einaudi 29


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

alle ripe, di notte, scopriamo ardere le macchie. Ci si do-


manda chi pu essere. Non si pensa che siamo in Ma-
remma. Cio, che il nemico apparso e veglia alle porte.
Sono dunque arrivati i carbonai.
Ultimi i pecorari vengono a svernare.
Tutta questa umanit randagia divisa generalmente
per compagnie, n pi n meno che in ordine militare;
ognuna delle quali viene arruolata e comandata di recar-
si qua e l, secondo il bisogno, da un faccendiere che se
la intende coi compratori di queste truppe mercenarie
del lavoro, ne riceve il soldo e lo somministra insieme
col pane, il lardo e il vino di Barletta, settimana per setti-
mana o a lavorazione finita, non senza spillare, su ogni
giornata di lavoro che paga, una minuscola percentuale
che gli permette di passarsela, sebben villanamente, da
signore. Qui si fa innanzi il caporale, un tipo costui
che in altri tempi si sarebbe buttato alla strada.

Fu al mio paese uno di questi vassalloni; e non lo apo-


strofo cos tanto per lui, che fece una brutta e pietosa fi-
ne, quanto in odio al suo riprovevole mestiere.
Lo chiamavano Alessandrone per ironia, giacch ap-
punto, essendo tutto il contrario dun gigante, era peg-
gio che se lo fosse stato; tanto si compiaceva, il merlo, di
ostentare la sua magra persona. Una faccia di monta-
gnolo umbro spiccata, dura e solcata di forti rughe, ma
ridente, di pel biondo slavato e capelli inanellati come se
ne vedono nelle antiche pitture. Bench avesse varcata
la cinquantina era uno di quei fusti asciutti e poco linfa-
tici che non invecchiano e non incanutiscono mai e si fa-
ceva bello duna relazione; il che vuol dire che vanta-
va una ganza. Avendo la fortuna di possedere due
gambe diritte e sottilissime, addirittura da correre il pa-
lio, non gli mancavano, per metterle in evidenza, n gli
stivali a gambalino floscio e tacchi alti, n i pantaloni in-
teramente attillati. Vanit delle vanit!

Letteratura italiana Einaudi 30


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Andava tutto glorioso, con bro. Soltanto la giubba,


per poter contenere il grosso portafoglio, sempre sotto
locchio di tutti o in discussione, aveva dovuto soffrire
di essere un po pi larga dei pantaloni e, camminando,
il vento gliela gonfiava. In piedi non stava fermo un mi-
nuto, pestando continuamente il suolo coi tacchi come
un corsiero che morde il freno. Frequentava con bal-
danza caff e osterie dove, tra un motteggio, una allusio-
ne scherzosa, passava oltre, strillando da lontano il suo
intrepido intercalare: loro n samacchia,
Con questo dunque aveva molto del moscardino, e
tutto pareva andargli a gonfie vele. Se non che un gior-
no, un brutto giorno, che neppure la sonnambula avreb-
be potuto predirglielo se lui stesso non aveva mai riflet-
tuto quanto fosse sciocca e temeraria quella sua maniera
di vivere e di dar sullocchio in un paese non suo, udite
quel che gli accadde. Se ne andava solo solo alla mac-
chia, con molti quattrini in tasca, che avrebbe dovuto
somministrare ai suoi carbonai, quando alcuni individui
mascherati gli sbarrarono il passo, sbucando non si sa di
dove, lo caricarono di legnate e alleggerirono di tutto il
denaro che aveva addosso. Il disgraziato torn al suo
paese impazzito. E in un accesso di follia, mentre pareva
essere tornato in senno, uccise la propria moglie con le
molle del camino.
Tale fu la tragica sorte di Alessandrone, i cui aggres-
sori ebbero la buona sorte di rimanere impuniti, giacch
nessuno mai riuscito a scoprirli. Ma il popolo, al solito,
pretende riconoscerli in certi caporaletti nostrani, arruo-
latori di donne e ragazzi per la mondarella, di cui
limprudente caporalone amava circondarsi e in compa-
gnia dei quali soleva prendere il vermuttino tutte le mat-
tine. Costoro ormai vecchi, arricchiti, podagrosi, non
aspettano che lassoluzione in punto di morte.
Sono cose queste che possono succedere non in Ma-
remma soltanto, ma in tutti i paesi.

Letteratura italiana Einaudi 31


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

RE TARQUINIO

Non crediate che io voglia scrivere una favola su Tar-


quinio Prisco o Tarquinio il Superbo. Leroe di questo
capitolo non fu mai re se non di Carnevale. un perso-
naggio vivente. E, quando sar morto lui (il Cielo ce lo
conservi ancora per centanni) al mio paese sar un lutto
maggiore che se crollasse la torre di Castello o andasse
gi il campanile del Municipio con tutto il campanone.
Giacch il mio paese, senza re Tarquinio, lo si pu appe-
na concepire.
Chi sia re Tarquinio lo potrete desumere dal fisico. Vi
basti sapere che il direttore dun museo anatomico gli
voleva comprare lo scheletro. Immaginate un pezzo
duomo alto quasi due metri, costretto in certi abiti lisi,
corti, attillati, abbottonatissimi, in maniera da non po-
terne pi uscire, con tanto di stivali che gli arrivano fino
al ginocchio e un cappelluzzo da cacciatore delle Alpi,
posato con mirabile equilibrio sopra una testa che, da
qualunque parte la si guardi, un capolavoro di scrina-
tura; una voce orrida; due piccoli mustacchi allins, in-
cerettati e nerissimi, tinti al nerofumo, sopra una faccia
martoriata da un rasoio che non rade, ma porta via la
pelle e il pelo, di unepidermide pi dura del cuoio e ros-
sa come una bistecca cruda, sempre con qualche om-
breggiatura e ditata di nero alla radice dei baffi e dei ca-
pelli; tutto un personale aitante e spavaldo da antico
sergente di cavalleria abituato a pavoneggiarsi, da qua-
rantanni, agli occhi di tutte le belle del paese e luoghi
circonvicini, munito dun paio di mani grosse e tozze che
escono dai polsini male inamidati e dalle maniche sfuggi-
te, come due pinne colossali. Questi re Tarquinio: un
misto di soldataccio a riposo e di vecchio collegiale, la
cui centauresca andatura (anche ora che ha sessantanni
suonati e un solo dente in bocca, enorme come il dente

Letteratura italiana Einaudi 32


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

dun ronzino di ventanni, un vero dente del gigante)


cosi eretta e impettita quale potrebbessere quella di uno
a cui avessero applicato un bullone di fuoco nella schie-
na. Egli cammina sempre col vento in poppa, servendosi
delle braccia a guisa di remi, e quando in vena dice che
con una pettata butterebbe gi una casa.
Da giovane, patrizio e in possesso di beni di fortuna,
lo chiamavano sor Checchino, Allora sinvidiava la
sua cavalcatura e la donna che ballava un valzer con lui.
Poi, via via che il tempo passava e le disgrazie si accu-
mulavano, divent il sor Checco, Pi oltre ancora,
zi Checco, Da ultimo, ridottosi a fare il sensale in
qualche acquisto di ciuchi da macello per le belve del
Giardino Zoologico, lui vecchio scozzonatore di tori e
di giovenche, si nom da se stesso re Tarquinio. Cos fu
battuto il sor Sante, altro famoso bazzicatore di mer-
cati e compratore di rozze pei leoni, il quale, quando ha
bevuto un bicchiere di vino, lo si capisce subito per il
fatto che comincia a chiamarsi imperatore dei civita-
vecchiesi,
Credo che il sole non abbia mai visto un uomo pi
beato di re Tarquinio, quando, intascata una provvigio-
ne di trenta soldi, se ne sta seduto davanti a qualche ne-
gozio, con le gambe accavallate, lisciandosi una natica
con la mano e ammirando la punta dei suoi stivali da cui
si sprigiona un soave odore di vetriolo. Allora, a vederlo
cos lindo e impomatato, con la giacca nera e lustra che
spunta in verde e in oro, pronto a dar la stura alle sue fa-
cezie, tutte le facce si spianano al riso e i cuori si ralle-
grano.
Sotto a chi tocca. Sono frizzi e galanterie per le coma-
ri che passano col boccalone dellacqua in capo e spesso
gliene danno delle rispostacce; aneddoti grassi e pepati
che fanno sbellicare dal ridere la gente chiusa in circolo
intorno a lui, mentre c sempre qualcuno che fa lincre-
dulo per partito preso e lo tartassa di domande e di pun-

Letteratura italiana Einaudi 33


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

zecchiature allo scopo di esasperare la sua sordit; storie


inverosimili e avventure incredibili del tempo chegli era
sergente a Roma e dove passava lui passavano il rapi-
mento e ladulterio. Racconta dun certo prete greco che
lo chiamava Checu e che lo indusse in peccato di so-
domia; dun leone che sgranocchi la testa del domatore
sotto i suoi occhi, in un baraccone fuori Porta del Popo-
lo; dei tremendi effetti duna formidabile indigestione di
salsicce, da cui fu colto una notte a Viterbo, durante la
festa di Santa Rosa, proprio nel momento che stava per
godersi la figlia dellospite; a smaltire i quali non basta-
rono tutti i recipienti della camera, compresa la conca
dove si lavava. E colei che avrebbe dovuto giacere nel
letto della volutt fu ridotta a vuotare il pitale di questo
don Giovanni paesano.
A voler calcolare le donne di campagna prese e in-
chiodate alle staccionate da re Tarquinio si perderebbe
il tempo inutilmente. Met della popolazione sono figli
suoi. Egli lo stallone del Governo, non ha altra funzio-
ne. I mariti chegli ha fatto becchi potrebbero costituirsi
in arciconfraternita sotto lo stendardo di San Martino.
Ben vero che nessuno saprebbe indicare con certezza
una donna che sia rimasta turbata dalle comiche occhia-
te di re Tarquinio, e molte, al contrario, lo detestano,
giudicandolo, con la severit spicciativa delle nostre
donne, la rovina delle famiglie e la perdizione del loro
marito. Tuttavia giova credergli e ci si ride.
Egli ne ha sempre qualcuna da raccontare. Adesso il
tetto della cucina, che ci piove. Grazie a una latta da pe-
trolio collocata sul pavimento per raccogliere lacqua
che sgoccia dal soffitto, re Tarquinio, stando in letto,
pu sapere che tempo fa ogni mattina, senza bisogno di
scomodarsi ad aprire gli scuri della finestra. Se per caso,
svegliandosi, ode qualche goccia risuonare di tanto in
tanto nel provvidenziale bidone, si contenta di osserva-
re: Toh, piove, Se le gocce si fanno pi frequenti, ag-

Letteratura italiana Einaudi 34


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

giunge: Incalza, Se poi le sente far glu-glu senza inter-


ruzione allora esclama: torrenziale!, E per quel
giorno potete star certi che zi Checco non si leva. Cos
re Tarquinio illustra i vantaggi di avere un buco nel tet-
to.
Ora la Perpetua che, in sottanino, aggirandosi la
mattina per la camera, a lui che si sta crogiuolando sotto
le lenzuola risveglia brame inusitate e incredibili alla sua
et. Ora la storia della dentiera che il primo giorno che
se la mise gli sincant nella bocca, per cui la butt via
subito e non volle pi saperne di dentisti e di protesi
dentaria, contentandosi delle sue mirabolanti ganasce,
con le quali giura di poter masticare anche gli ossi. E
quel tiro fatto al sor Sante, che si vantava, al solito,
dessere un gran conoscitore di bestie, appioppandogli
un cavallo bolso a cui aveva somministrato un beverag-
gio atto a mascherare, per qualche ora, lasma e il fiato-
ne. Passato leffetto del quale beveraggio la bestia stra-
mazz e non volle pi rizzarsi, tra le pedate e le
maledizioni dellimperatore dei civitavecchiesi.
Non c lumacata o carciofolata, non c banchetto,
dove tu non veda re Tarquinio, a capo tavola. Teatri del-
la sua gloriosa esistenza furono e saranno mai sempre le
Fiere, le osterie affollate, i veglioni. Bazzica la gente di
campagna volentieri. Ma ha sempre sulle labbra questo
intercalare: Mettigli la forcetta (ossia nasiera) al villano!
Che vuol dire, trattalo come un bue da lavoro.
un uomo di terraferma, odia il mare, e mai come
sulla sua bocca ho sentito suonare cos famigliari i nomi
delle campagne del mio paese: la Leona, la Bandita, la
Civita, Zampa dOrlando, la Roccaccia. Che nomi! A
sentirli, chiss cosa ci si figura. Non sono che terre sas-
sose, e nude e piene di vento, dove tuttal pi potrete in-
contrare un casale sperso e disabitato o un informe ru-
dero di torraccia corsara verso il mare. Per questo
deserto paese, re Tarquinio va ancora a cavallo, di buon

Letteratura italiana Einaudi 35


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mattino, quando se la sente, non si sa a che fare. Sim-


batte talvolta con dei ladroni o incettatori che vogliamo
dire, cui saccompagna in piazza e in taverna, e tiene al-
legri; poich egli il battistrada dei forastieri al mio pae-
se. Cos si guadagna la sua magra giornata. E nella sua
fantasia diventano gesta e trionfi tutte le pi piccole co-
se che gli succedono. E ride, da gran signore.

Letteratura italiana Einaudi 36


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

MORTE DI RE TARQUINIO

Personaggio ormai lontano e favoloso, antico come le


rupi del mio paese, re Tarquinio morto. Ho il rimorso
di averne parlato, finch era vivo, un po leggermente; il
dubbio di non riuscire, neppure adesso, a scansare il pe-
ricolo di rappresentarlo come una macchietta paesana.
Non fu una macchietta, fu un uomo grandiosamente co-
mico, alla maniera spagnola. Il tratto signoriale e franco
con cui avrebbe saputo parlare al Papa in persona era
proprio quello di don Chisciotte. Pi precisamente dir
che nel suo linguaggio cera qualcosa di seicentesco, di
lepido e aulico insieme. Usava spesso dei curiosi latini-
smi, che non so di dove gli venissero e che non avevano
soltanto lo scopo di far ridere, ma sopratutto di rialzare
e nobilitare la materia della sua povera esistenza. Egli
non diceva gallina, ma ruspante, Chiamava il prete
sacerre, Se gli accadeva per caso, di ricavare, dal suo
ipotetico mestiere di mediatore, un guadagno di pochi
soldi, lo definiva pomposamente la mia propina, Con-
vivendo con una donna dinfimo grado che lo comanda-
va, a quanto pare, a bacchetta, non si lasciava mai vede-
re con lei e non la nominava altrimenti che la
Perpetua, A questo modo tutto diventava eufemistico,
metaforico, sulla bocca di re Tarquinio, tutto pi bello,
pi grande del vero. Ed egli poteva raccontare e dire co-
se di unimmoralit somma con lingenuit dun poeta o
dun avventuriero di razza. Con un cinismo innocente si
gloriava, per esempio, dei tanti doni ricevuti in giovent
dalle donne (esagerandoli, inutile dirlo) come delle pi
onorevoli conquiste della sua vita. Le sue famosissime
ganze erano passate nel suo linguaggio sotto il titolo di
colombe fruttifere, Sosteneva che col danaro si sana
tutto, anche le offese mortali, e tale concetto assumeva
in lui questa forma: basta che scorra il bronzo, Mi

Letteratura italiana Einaudi 37


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

parlava una volta di un suo sfortunato matrimonio con


una vecchia strega danarosa, matrimonio fatto negli ulti-
mi tempi della sua vita, a scopo di mero interesse, e
giunto al punto pi scabroso della faccenda ebbe un
istante di esitazione, poi disse che si era sposato per
riallacciare, Riallacciare che cosa? Voleva alludere a
certe sue vecchie imprese agricole scucitissime che si
proponeva di riallacciare appunto, coi denari della
moglie.
In tanti modi questuomo soleva nascondere le pro-
prie miserie, abbellire e magnificare se stesso e tutto
quanto lo riguardava, che il lettore trover naturale
comegli, nato a Tarquinia, non potesse scegliersi un so-
prannome diverso da quello di re Tarquinio, con riferi-
mento, beninteso, a Tarquinio il Superbo, ma, pi che
altro, alla sua veste regale. Il popolo per lo chiamava zi
Checco. E nel contrasto fra questi due appellativi consi-
steva la sua quotidiana commedia.
Grande zi Checco. Grandissimo zio, circondato da
tanti nepoti indegni che lo punzecchiavano di continuo
illudendosi di divertirsi alle sue spalle, mentre era lui
che se la rideva di tutto e di tutti. Sotto le apparenze di
una personalit esuberante, sregolata e chiassona, re
Tarquinio conosceva larte di vivere, il segreto di spen-
dersi con giudizio. Si potrebbe fare di lui, fra laltro, un
perfetto esemplare di uomo gaudente, ad attuare il qua-
le occorre una facolt di dominio su se stessi che non
da tutti. In fatto di pulizia, digiene, di cura del proprio
corpo, non mancava di puntigli. Egli non beveva mai
fuori dei pasti ed era inutile tentare di farlo discorrere
mentre mangiava. Dei quattrinelli che aveva in tasca fa-
ceva un uso persimonioso, quasi avaro.
E come giocavano nella sua vita, quale enorme im-
portanza vi assumevano! Tolto il letto e la tavola, tutte
le sue esigenze si limitavano al sigaro e al caff. per
questo che, non potendole soddisfare, diventava nerissi-

Letteratura italiana Einaudi 38


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mo. Erano le giornate tragiche di re Tarquinio, quelle in


cui labbattimento e la disperazione gli si leggevano sul
viso e a chi gli si avvicinava cercando di svagarlo e sva-
garsi a sua volta, diceva cupamente: lasciatemi negli
abissi. Chiamava questi momentacci: il quarto dora del
carcerato. In tali occasioni, per rialzare il morale di re
Tarquinio, non cera altro mezzo che regalargli qualche
liretta. Leffetto che produceva il denaro sul suo spirito
non era mai subitaneo, bens lento, ma certo, come
quello di una medicina.
Facile ad abbattersi, quanto ad esaltarsi. In una triste
circostanza della sua vita (quella del suo disgraziato ma-
trimonio) trovandosi perduto e solo come un verme,
in un paese non suo, senza consolazione dalcun genere,
se ne andava al cimitero e guardando i ritratti dei defun-
ti invidiava la loro sorte. Quando poi decise di rimpa-
triare, appena scopr il mare da lontano proruppe in
questa esclamazione indimenticabile: Mare, se tabban-
dono inondami,
Le feste di Natale, Capodanno, Pasqua, la Fiera, non
cera nessuno al mio paese che meglio di lui le sentisse e
le onorasse. In quei giorni scoppiava di felicit e di salu-
te. Aveva la faccia congestionata, era pieno di umori che
dallo stomaco gli salivano al cervello, e vestiva come un
cavallo bardato per un funerale di prima classe. Lo si
trovava disposto a tutto, anche a bere fuori dei pasti. E
gli tornavano alla memoria specialmente i fatti della sua
vita militare, quando era un caporaletto in gamba, tanto
fuori dordinanza che un giorno il colonnello, incontra-
tolo nel cortile (della caserma, non pot fare a meno di
scoppiare: Cos troppo. E lo rimand al deposito per
provvedersi duna divisa meno scandalosamente arran-
giata.
Allora, nelle case dove si va a veglia, entrava questo
sacripante, come una macchina da processione entre-
rebbe in una chiesa, un po per dritto, un po di traver-

Letteratura italiana Einaudi 39


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

so, giacch tutti gli usci parevano troppo stretti e bassi


per lui e bisognava pure che facesse attenzione agli scali-
ni. Era il divertimento delle donne e dei ragazzi che gli si
andavano a ficcare fra le ginocchia, mentre lui non li ve-
deva neppure. Allora bisognava sentirlo discorrere del
Macao, la famosa caserma romana di cavalleria, dove,
diceva zi Checco, ci ho fatto tante prodezze che ci si ve-
dr la mia ombra; del colonnello che alle riviste, giun-
gendo il Re, comandava precipitosamente, con voce
strozzata: Avanti quei petti! guardate il superiore nel vi-
so! fatevi belli!; del furier maggiore cavallerizzo Gulieri,
piemontese, anzi svizzero, secondo re Tarquinio, alto e
magro, con due baffoni cosi lunghi e orizzontali che,
tanto per attingere ancora una volta allincomparabile
fantasia di re Tarquinio, pareva una croce. Nel bel mez-
zo di queste formidabili esibizioni, per mortificare un
poco la sua vanagloria, non si mancava mai di ricordar-
gli la morte. Ed egli pronto: Io non sono di quelli che
muoiono. Con la morte ci ho il contratto fino a centan-
ni. E quando sar al termine, chieder una proroga. Ah,
con questo canterano!, E si batteva robustamente il to-
race.
Che dovesse morire cos presto, nessuno, in realt, ci
pensava. Era giunto a settantanni serbando intatte le
sue forze prodigiose. Le ruote, ossia le gambe, non
erano pi quelle di una volta, allorch, durante i suoi gi-
ri di polca, in qualche paesucolo del castrense, suscitava
nei villani esplosioni ammirative di questo genere: Ti
pozzi pigli un colpo nelle gambe. Ma il motore, cio
lo stomaco, funzionava sempre a meraviglia. E a buon
diritto il longevo, a cui dare del vecchio sarebbe stata
uningiuria gratuita, poteva rispondere, a coloro che gli
parlavano di morte: Andate avanti voi, io verr appres-
so. Quando nessuno di voialtri sar pi al mondo, io ri-
marr per seme, per razza. Rimarr solo, con tutti bam-
bini intorno. Adesso, si sa, sono un po tardoncello. Ma

Letteratura italiana Einaudi 40


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

se mi aveste conosciuto da giovane Ero un fulmine,


un sole. Per guardarmi ci volevano gli occhiali verdi. Le
donne sinnamoravano di me soltanto a vedermi in foto-
grafia. Io sono stato il damerino cornetano. Adesso sono
come il leone con la febbre terzana. Ma del resto, ben-
ch vecchio e povero in canna, le donne ancora mi si liti-
gano. E sar sempre un cavallo da carrozza, non sar
mai uno strappone,
Ahim, da qualche tempo, una voce sorda e sinistra
aveva cominciato a circolare per il paese: andato. Ed
incredibile come nei paesi la imbrocchino su questo
punto. L non si fa altro, dalla mattina alla sera, che
spiare la salute del prossimo. Per difendersi dal maloc-
chio bisogna munirsi di amuleti. Si vive, si direbbe, non
per altro che per far crepare dinvidia i nostri simili, cer-
cando di nascondere i propri malanni coi pi grotteschi
espedienti. Ammalarsi, morire, in queste condizioni,
una gran vergogna. Re Tarquinio cadde ammalato ed
morto. Ha conosciuto la morte del commediante,
allospedale. morto prima di riuscire a invecchiare e a
pentirsi. Lultimo fatto che si rammenti della sua vita fu
una indigestione di carciofi. Le sole parole chegli disse,
poco prima di morire, sono le seguenti: Tocca a lass
ste picchiette, Bisogna lasciare queste ragazzette. Poi
si volt dallaltra parte. Non disse pi nulla. Ed proba-
bile che la grande realt, rivelandoglisi, lo abbia confuso
e mortificato come un fanciullo a cui si somministra una
lezione troppo forte.

Letteratura italiana Einaudi 41


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

LA FERRIERA

Era il tempo di Dogali. Da per tutto non si vedevano


che le illustrazioni della Rana raffiguranti la guerra
dAfrica. Ci si tappezzavano i muri delle botteghe e del-
le osterie, si andavano ad ammirare per due soldi al bu-
co tondo, nei baracconi. Non si ragionava di altro che
di Crispi e del general Barattieri, di Menelicche e della
regina Tait, del maggiore Toselli, del forte di Macall e
degli Scioani. E il popolo italiano cantava:

O Baldissera
Non ti fidar di quella gente nera

quando gi era accaduta Adua.

Chi si ricorda pi di quellepoca rovente come il de-


serto che vedeva cadere allassalto i nostri eroici ufficiali
dei bersaglieri in tenuta coloniale, con la sciabola in pu-
gno, lelmetto, il pennacchio al vento e il sottogola; e co-
me i forni delle ferriere sparsi per ogni cascatella avanti
che fallisse la siderurgia? Fu il tempo dei Vulcani.
Noi eravamo bambini allora. Della disfatta di Adua
non abbiamo alcun ricordo preciso. Di quel tempo leg-
gendario ci rimane per nella memoria qualche cosa che
lo simboleggia. la presenza, al nostro paese, di una fer-
riera che fumava laggi, nella valle, a un tiro di schioppo
dallabitato, tra la fabbrica del gesso e il vecchio mulino
idraulico, in un inferno di acque torrenziali e turbinose
sorvolate da leggeri ponticelli di legno che solevamo at-
traversare correndo. Lavoravano alla ferriera un centi-
naio di operai, calati in gran parte dallAlta Italia, spe-
cialmente lombardi, che avevano le mani e il viso
tempestati di macchioline azzurre, tracce evidenti dei lo-
ro contatti col fuoco. Gente fosca e irsuta, irascibile e

Letteratura italiana Einaudi 42


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

brusca nei modi, bevitori di grappa, dalla voce caverno-


sa, dal linguaggio aspro e incomprensibile, solevano dire
ad ogni momento: in gamba!, davano spaccio alle
osterie e diffondevano le idee sovversive. Il nostro paese
ne pullulava. E molti di loro avevano finito per prender
moglie dalle nostre parti.
La ferriera ci piaceva e cinteressava, a noialtri ragaz-
zi. Eravamo felici ogni volta che potevamo fare una cor-
sa alla ferriera. Si ruzzolava fin laggi per una scorcia-
toia precipitosa. Appena arrivati il frastuono era tanto
che le nostre voci vi si perdevano e si veniva colti da una
subita e lieta frenesia. In quel sito orrido e fresco il fiu-
me fa cascata. Ai rumori del vento, al tumulto delle ac-
que che scorrevano sotto, mettendo in moto le turbine,
si mesceva il battere dei martelli sulle lamiere e il cigolo
di mille cinghie e ruote, che giravano senza tregua. Io mi
rammento come un sogno di una volta che mi condusse-
ro a veder lavorare la ferriera di notte. Fu un vero so-
gno, una di quelle avventure dinfanzia che non si di-
menticano. Fu come se vedessi un meraviglioso,
immenso museo meccanico. Ogni cosa che si riferisca a
questa prodigiosa officina materia per me di ricordi
particolarmente cari, anche per motivi domestici che sa-
rebbe un po lungo chiarire. Ma un brutto giorno fu
chiusa. Non cera pi bisogno di ferro in Italia. Tutti
quegli aristocratici operai, abituati a un tenore di vita
eccellente, in ragione delle alte paghe che riscuotevano,
buttati sul lastrico, dovettero far fagotto e, come abbia-
mo saputo pi tardi, la pi parte di essi prese la via
dellAmerica. Fu allora che fior quella canzone anarchi-
ca che dice:

0 profughi dItalia alla ventura


si va senza sconforto n paura.

Canzoni di strada, politiche ed oscene, sommosse e

Letteratura italiana Einaudi 43


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

attentati, rappresentarono per molto tempo la vita del


popolo italiano in mezzo alla disoccupazione e alla care-
stia.
Il nostro paese si vuot e riprese la sua fisionomia agri-
cola e maremmana. Rimaneva per il ricordo pungente,
inestinguibile, di quegli anni di fuoco. I ritratti di Ari-
mondi e del maggiore Toselli erano in tutte le barbierie.

cos che ci sorprese il mondo: parlo della mia gene-


razione. E abbiamo ricevuto le prime, forti impressioni
della nostra patria in quegli anni veementi e appassiona-
ti, quando essere mandati al domicilio coatto o averne
corso il rischio era un titolo di gloria.
Ascoltando i discorsi dei grandi, le cantilene del can-
tastorie in piazza la domenica, gli strilli del giornalaio
che ci ferivano sempre mentre andavamo a scuola, noi
siamo stati spettatori e partecipi lontani duna storia
sempre pi avventurosa, sbandata e canterina.
Al mio paese era nato il Fascio. E sedeva in perma-
nenza in una taverna che aveva inalberato come insegna
il giacobino emblema del gallo. Non essendosi vinta la
guerra in Abissinia bisognava sconfiggere almeno lam-
ministrazione comunale che, in tanti anni di dominio,
oltre allessersi rosicato il crgnolo, stemma del Muni-
cipio, era riuscita a mangiarsi anche le tavole del teatro.
Veniva detta perci lamministrazione del tarlo, dal
soprannome dato al suo segretario. Il popolo chiedeva le
terre e lacqua potabile. Cosa, questultima, non facile
per un paese che ha la disgrazia di essere piantato in col-
lina: occorreva mandar lacqua per lins. Pro e contro
tali faccende si disputavano il campo due fazioni, ciascu-
na delle quali si raccoglieva intorno a una sua banda, e si
chiamavano la banda vecchia e la banda nuova o la
rossa e la nera dal colore delle monture. E ci si era-
no divise le famiglie e resa amara lesistenza dognuno.
Mentre questira di Dio imperversava sul mio paese,

Letteratura italiana Einaudi 44


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sentivamo buccinare duna guerra tra la Grecia e la Tur-


chia. Domokos! Si vedevano strane cose. La giovent in
camicia rossa. Garibaldini adolescenti, bramosi di versa-
re il loro sangue per la libert del sacro suolo ellenico.
Ma il Governo reazionario proibiva limbarco ai volon-
tari. Fu allora che si favoleggi dun bastimento miste-
rioso il quale, approdato nottetempo a Pian di Spille,
uno dei punti pi sconosciuti e remoti della nostra
spiaggia, rimasto poi leggendario, se li era portati via,
quei valorosi, in barba ai reali carabinieri. Arrivarono
troppo tardi, si disse. Tornarono senza aver potuto spa-
rare un colpo, soltanto con un po di malaria.
Una mattina dinverno, con la neve sui tetti e sui cor-
nicioni, ci svegliammo che per tutte le cantonate una
mano ignota aveva scritto, a caratteri di stampiglia, con
un vetriolo indelebile: Viva Trento e Trieste!, Questa
scritta sediziosa, scolorita dalle piogge, ci ha accompa-
gnati fino alla soglia della giovinezza. Occorrevano i re-
stauri del Palazzo Vitelleschi per farla scomparire da
quella facciata.
Ci colp un giorno la brusca notizia che avevano as-
sassinato Re Umberto, un altro giorno che Cavallotti era
stato ucciso in duello. In quel tempo noi gi cantavamo
la canzone di Sante Caserio e quella, sboccatissima, del
giovinotto che in via Toledo da una morina si sente chia-
mare, avidamente apprese da un caporale dartiglieria in
congedo.
Scoppiavano, di l a poco, la guerra in Manciuria, la
guerra anglo-boera. Il pope Gaponi faceva la rivoluzio-
ne in Russia. Noi eravamo gi adolescenti.
Della ferriera della nostra infanzia non rimanevano
che pochi avanzi sparsi tra la rena del fiume, arrugginiti
al sole, laggi dove pochi anni prima giocavamo a tirarci
le sbavature della ghisa che non pesavano pi dun bioc-
colo di lana.
Giorni passati in convento durante gli esercizi della

Letteratura italiana Einaudi 45


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

prima comunione. Silvestre ritiro di passionisti a cui non


giungeva altro rumore che il ronzo dei tafani a mezzo-
giorno. Il mare lontano in vista, verso Orbetello. Bellez-
za del cielo, degli alberi, della campagna contemplata
dalla finestra della mia celletta dove io, in preda a un
languore primaverile, trascorrevo le mezze giornate
standomene supino sul letto, immerso nella lettura di
certi opuscoletti che trattavano del Giudizio Finale, sul-
la cui copertina si vedevano angeli soffianti in lunghissi-
me trombe che mi riempivano di terrore. Mangiavo, con
altri compagni, in refettorio e ho ancora nella bocca il
sapore di quel vinello acidulo e di quella povera cucina
fratesca. Ma nellorto cerano i fichi, i famosi fichi dei
frati.
Quanto era dolce svegliarsi nel cuor della notte, star-
sene sotto le lenzuola, e sentire le cadenzate voci dei pa-
dri che a quellora pregavano, gi nella chiesa, in coro.
Mi rammento di uno di essi che occupava la cella accan-
to alla mia e che io guardavo con particolare ammirazio-
ne perch, essendo molto dotto e intento sempre a stu-
diare, veniva trattato da tutti con grande reverenza ed
era dispensato da ogni obbligo della regola, compreso
quello di alzarsi per il mattutino. Rivedo padre Norber-
to, frate magro e occhialuto gi sentito predicare da me
al tempo delle Missioni che tutte le mattine mi veniva a
trovare in cella esortandomi a guardare il paesaggio che
si scopriva dalla mia finestra e lodando la beata vita
claustrale. Ma intanto io avevo perso la tranquillit e il
sonno a cagione dun altro libro che mavevano dato da
leggere e da meditare, dove si elencavano le infinite pro-
babilit di morire che ha luomo in ogni momento. Una
lettura da far rizzare i capelli. Alla vigilia della comunio-
ne mi confessai di tutti i miei peccati, che in quel mede-
simo istante, furono visti volar per il cielo, a quanto mi
fu assicurato, come uno stormo di cornacchie. E fu allo-
ra che persi la mia ricca chioma e il primo colpo di for-

Letteratura italiana Einaudi 46


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

bici me lo di a tradimento, a guida di sfregio, un novi-


zio, sghignazzando come un demonio e facendo ridere i
frati che assistevano alla mia umiliazione.
Uscii di convento stravolto, pallido, smagrato, come
se uscissi da una malattia, pieno dentusiasmo per la reli-
gione e la vita di clausura. Come fu che diventai di botto
socialista, un mistero. E quel ch peggio, tosato ed
emaciato qual ero, mandai ad innamorare della pi ri-
gogliosa ragazza del mio paese che aveva pi anni di me
e neppure saccorgeva della mia esistenza.

Il primo anarchico di cui abbia memoria lo conobbi


da fanciullo. Si chiamava Baciccia, arrotino di Genova.
Sempre col fiato che gli puzzava di grappa e le tasche
traboccanti di giornali sequestrati. Lo guardavo lavorare
per ore e ore, davanti a qualche osteria, mentre provava
il filo dei rasoi e dei trincetti sui suoi polpastrelli. La pie-
tra scolava abbondantemente e mandava scintille a con-
tatto della lama. Tutta la sua anarchia stava l, in
quellattrito.
E fu, pi tardi, un altro anarchico individualista, ro-
mano questo e pontarolo, che mi fece conoscere e gusta-
re per la prima volta, sotto un aspetto simbolico, il levar-
si del sole; giacch, inebriato dai suoi discorsi, io non
andavo pi a casa, ma, di caff in caff, trascorrevo le
brevi notti destate con questo ideal tipo di lavoratore.
Ero dunque socialista io, pronunziavo discorsi alla folla,
inviavo corrispondenze a tre o quattro giornali (tanta
gloria mi valse la pubblica presunzione chio sapessi
adoperare la penna altrettanto bene che la parola!), baz-
zicavo certi anarchici di Roma che lavoravano alla co-
struzione dun ponte lungo la ferrovia, tra i quali ho par-
ticolare memoria dun giovane alto e magro, di nome
Romeo, un santo circondato da una caterva di lazzaroni.
Volentieri li seguivo anche sul lavoro, dormivo qualche
volta nella loro camerata, ascoltando cupidamente le lo-

Letteratura italiana Einaudi 47


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ro discussioni e ammirando le maniere autorevoli e vera-


mente cristiane onde il migliore di tutti sapeva mettere a
posto il riottoso, con le buone o con le cattive, e perdo-
nare a colui che sera bevuto il denaro duna sottoscri-
zione. Con tutto ci, non soddisfatto, avrei voluto essere
anche massone. Tanto che un giorno chiesi al Direttore
delle scuole elementari, che mi dava lezioni ditaliano e
di francese, se lesser socialista fosse qualcosa di pi o
meno che massone, perch a nessun costo intendevo ri-
manere indietro. Avendomi risposto in maniera da tran-
quillizzare il mio animo, quel caro maestro che sapeva
leggere cos bene la grammatica (era un fiorentino) e
aveva il solo difetto di piacergli pi Fucini che Manzoni,
per via di quei panni mal risciacquati in Arno, fui con-
tento del fatto mio e poco mi curai sempre dello scanda-
lo e delle apprensioni che le mie tendenze suscitavano
intorno. Con mio padre cercavo di cavarmela dandogli
ad intendere un socialismo infuso di cristianesimo; ma
era peggio che andar di notte. In nessun modo voleva
sentir parlare di giustizia sociale e di equa distribuzione
delle ricchezze, mio padre.
Avevo coltivato fin da bambino una ben singolare
idea della mia dignit personale. Mi pareva, a dirvela in
confidenza, che laver rapporti, il mostrarmi in pubbli-
co, con gente malvestita, irregolare, di bassa estrazione e
universalmente disprezzata, fosse il colmo della scicche-
ria per un uomo indipendente e superiore ad ogni giudi-
zio quale io mi presumevo. Ed era la mia vanit. Che la
mia persona potesse venire diminuita da certi contatti,
non mi passava neppure per il capo. Piuttosto mi sorri-
deva il pensiero di creare agli occhi del mondo, con il
mio contegno umano e disinvolto verso gente visibil-
mente inferiore o indegna, un contrasto piacevole e bril-
lante: una cosa non da tutti. Ignoravo il proverbio:
dimmi con chi vai e ti dir chi sei, e chi va collo zop-
po impara a zoppicare, E perci non cera vagabondo,

Letteratura italiana Einaudi 48


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

pidocchioso, ciarlatano, commediante, conferenziere,


briccone, il quale capitasse al mio paese, che io non rice-
vessi con tutti gli onori. Lesperienza mi deluse pi e pi
volte, ma sempre invano: il vizio delle matte compagnie
io non me lo lever mai. E lerrore mi trasport tanto in-
nanzi che mio padre mor, di breve male, giudicandomi
un uomo perduto. Nel che certamente non singannava.

Letteratura italiana Einaudi 49


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

MEMORIE

Dal mio paese, di sera, come ho gi detto, si vedono i


lumi di Montefiascone, citt particolarmente nota, dalle
nostre parti, per il suo seminario e per i suoi piccoli se-
minaristi vestiti di viola. Molti miei amici dinfanzia,
senzalcuna vocazione per il sacerdozio, portarono quel-
la veste paonazza, a cui per io preferivo la bersagliere-
sca divisa del collegio di Spoleto. Ma il paterno scettici-
smo didattico e culturale non mi concesse nemmeno la
modesta uniforme del convitto di Amelia, dove sospira-
vo dentrare, soprattutto in omaggio ai famosissimi fichi
di questa citt. Cosicch, se proprio ci tenete a saperlo,
io appartengo a quella difficile, ombrosa e variamente
stimata categoria di persone che hanno studiato e si so-
no fatte da s. Di padre in figlio i destini degli uomini si
perpetuano. Anche mio padre veniva dal nulla, bench
di buona famiglia, finita in malora. Da bambino aveva
conosciuto la dura poesia delle strade carreggiabili. E se
ne gloriava. Giunto a farsi una modesta posizione in
commercio, prima da spedizioniere privato, poi da eser-
cente, non mostrava nessun desiderio di migliorarla. Vi-
veva chiuso nel suo ceto, nella sua condizione, come in
una casta. Tutto il suo orgoglio lo metteva nel vendere
merce ottima a prezzo adeguato, senza curarsi dei con-
correnti, nellimballare i carciofi, gli abbacchi meglio
dun altro, nel saper giudicare a colpo docchio quante
piante pu contenere un carciofeto, quanto pu valere
una vigna. Molte persone infatti, le quali non avevano
che soldi, si giovavano del suo ingegno ed egli era ben
lieto di porre in comune questo capitale che natura gli
aveva dato e che gli permetteva di primeggiare, nelle va-
rie piccole societ commerciali di cui fece parte,
senzaver laria e senza correre troppi rischi. In quelle
amicali unioni, pure portando il suo contributo di dena-

Letteratura italiana Einaudi 50


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ro, faceva tutto lui. Lavorava per s e per gli altri. E


avrebbe potuto sembrare quasi un servo dei propri soci,
mentre in realt era il loro ispiratore, un uomo compe-
tentissimo nel suo mestiere e quanto mai geloso della
sua indipendenza. Per farla corta, mio padre pretendeva
chio diventassi niente altro che un buon commerciante,
alla sua maniera. E non per nulla una delle massime che
pi frequentemente lo sentivo ripetermi era questa:
Tratta chi pi di te e fagli le spese, Non immaginava
fino a qual punto gli somigliassi e come lo avrei purtrop-
po imitato, ma in campi assai meno generosi di quelli
che, con tanta sicurezza, egli sapeva stimare prima che
fiorissero. Ecco la ragione vera per cui non volle che stu-
diassi e fece, senzaccorgersene, la mia rovina. Giacch
io ero nato allo studio, avevo il bacillo della cultura e
della letteratura nel sangue. Per conseguenza, quando
non trovai pi scuole da frequentare fui un ragazzo per-
duto, a cui veniva meno il suo naturale alimento. Cercai
allora la scuola nella vita, nel mondo. A sedici anni, cio
un anno avanti che mio padre morisse, ero gi lontano
da lui e dal mio paese. E se ripenso a questi fatti e cerco
di ricostruirne le date, mi pare impossibile che io abbia
cominciato a vivere cos presto. Il tempo che un ragazzo
impiega ordinariamente nellapprendere unarte o nello
studio del latino e del greco io lo trascorsi fra gente
adulta, girovagando, impicciandomi di politica. Potrei
paragonare la mia adolescenza a quella dun mozzo, se
cedessi un poco alla fantasia.
A mio padre tornai soltanto per assisterlo negli ultimi
giorni della sua vita, sostenendo senza batter ciglio il so-
spetto, da parte sua, chio approfittassi della sua malat-
tia per salvarmi dalla fame che mi era piaciuto affronta-
re. La sua morte lho scontata prima che avvenisse.
Tutte le lacrime di cui potevo disporre le ho versate un
giorno che, recatomi a visitarlo al Policlinico di Roma,
dovegli era stato sottoposto ad una inutile operazione,

Letteratura italiana Einaudi 51


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

lo trovai come un albero secco, mangiato dalle formi-


che. Appena mi vide gli occhi sinumidirono, ma in quel
medesimo istante le sue lacrime tornarono indietro co-
me succhiate da una immane forza interna. Mi guard,
al solito, burberamente, chiedendomi che venivo a fare.
Ceran cose urgenti da sbrigare a Tarquinia. Cominciava
la mietitura ed egli era fornitore di grascia. Volle che ri-
partissi in giornata; non manc di ripetermi pi volte, a
proposito di quei quintali di bianco lardo lucchese che
avrei dovuto somministrare, la sua consueta raccoman-
dazione fai perbenino, ed io sarei ripartito, probabil-
mente, abbastanza tranquillo, se non avesse aggiunto
che di l a una quindicina di giorni contava di essere a
Tarquinia anche lui. Sapevo, purtroppo, e vedevo che
non si sarebbe pi alzato da quel letto. A questo contra-
sto non potei reggere. Mi tenni appena quanto era ne-
cessario per sottrarmi alla sua vista. Poi non saprei dire
quel che accadde in me. Uscii dallospedale piangendo e
singhiozzando come un bambino smarrito, e in tale sta-
to salii sul tranvai che portava a San Pietro. Per tutto il
tragitto piansi disperatamente, pubblicamente, meravi-
gliandomi, di tanto in tanto, che nessuno dei molti pas-
seggeri che si avvicendavano sulla vettura me ne chie-
desse la ragione. Forse, poich mi trovavo sul tranve del
Policlinico, era facile capirla questa ragione e i buoni ro-
mani lasciavano chio dessi sfogo al mio dolore. Se no ci
sarebbe da credere davvero che Roma sia una citt cru-
delissima, come sospettai allora vagamente.
Quando marriv la notizia della morte di mio padre
ogni possibilit di soffrire era ormai esaurita. Presi la via
di casa, entrai in camera, e guardandomi un po, nello
specchio mi dissi che da quel momento ero solo. Avevo
diciassette anni.
Cos mi staccai da quel tronco umano che sempre
stato per me, pi che un padre, un forte esempio mora-
le, anche nei suoi non pochi e non lievi errori, nella tre-

Letteratura italiana Einaudi 52


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

menda integrit del carattere. Dimenticato per qualche


tempo, cominci a ridestarsi, via via che la vita si com-
plicava e ingrossava, prima di tutto nei sogni. Per lungo
tempo il sogno che facevo su lui fu sempre il medesimo.
Tornavo nel luogo dove ho trascorso linfanzia: il buffet
della Stazione, di cui si parla nel seguente capitolo. Mio
padre, immoto, stava sempre allo stesso posto e mi guar-
dava in silenzio, con una espressione indicibilmente do-
lorosa. Ma io non potevo restare. Un treno giungeva.
Dovevo ripartire subito. E nulla era pi straziante di
questo distacco, di questincubo che mha perseguitato
per anni e anni. Finch ultimamente, qualche anno fa, lo
rividi in un sogno bizzarro che non so quanto valga la
pena di raccontare. Credo che io fossi a Ventimiglia e
incontravo mio padre come una persona che s persa di
vista, di cui non si ha pi notizia da tanto tempo. Era an-
cora vivo, anzi ringiovanito, in faccende, con una triste
aria smemorata, e chiuso in se stesso pi del solito. Ve-
niva dalla Costa Azzurra, vestito abbastanza bene, ma
borghesemente, cio in un modo che non gli si addiceva
affatto. A quel che potei capire sera dato alla letteratu-
ra, con molte pretese, ignorando che anchio facevo lo
stesso mestiere. O forse lo sapeva, senonch fra noi due
cera non so quale contrasto. Egli scriveva per il pubbli-
co e non dava nessun peso a quel che potevo scrivere io.
Mi fece una compassione enorme, soprattutto perch lo
vedevo disorientato e novellino in questarte. Per la pri-
ma volta mi sentivo superiore a mio padre e decisi, den-
tro di me, di aiutarlo, con tutte le mie forze a non perde-
re le sue illusioni.
Adesso la sua ombra non mi visita pi, sembra essersi
placata, forse perch io non ho ormai che una
memoria assai stanca di queste cose che vo raccontando.

Letteratura italiana Einaudi 53


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

IL BUFFET DELLA STAZIONE

Una delle passioni pi singolari di mio padre fu sem-


pre la ferrovia. Per un curioso destino, qualunque cosa
si buttasse a fare nella vita, alternando, come soleva, un
mestiere allaltro o esercitandone in una volta pi duno,
il suo campo dazione era sempre nei pressi della strada
ferrata. Da giovane aveva guidato i cavalli della diligenza
della stazione che giace isolata, in campagna, a qualche
chilometro dallabitato, e fu allora che rischi di prende-
re un colpo di sole; poi tenuto un bettolino a poca di-
stanza dal passaggio a livello; da ultimo sera dato a
esportare e importare, al mio paese, tutto quanto vi si
trova in abbondanza o di cui n penuria, secondo le sta-
gioni; e in certi periodi dellanno le sue ore di lavoro
erano contate e regolate sopra lorario delle ferrovie.
Aveva finito cos per farsi una competenza in materia.
Ragionava dellandamento ferroviario con la stessa pro-
fusione e precisione di termini tecnici con cui avrebbe
potuto discorrerne un ferroviere. Insieme con le storie
dei briganti, da lui intravisti, al tempo della giovent,
per le macchie della campagna romana, non aveva per il
capo se non treni in partenza e treni in arrivo, tariffe, bi-
glietti circolari e cabale telegrafiche.
Per intendere una fatalit di questo genere bisogna ri-
portarsi a molti anni addietro e pensare che siamo in
maremma. Occorre tener presente la condizione di mio
padre, forestiero in questo paese di traffici e di fortuna;
la sua solitudine, il suo carattere fantastico e nostalgico,
e tante altre cose le quali fanno s che tutto quello che sa
di commercio, di fuorivia, lo attiri; in particolar modo
quel tronco di linea e quella stazione dove non si sente
parlare che pisano. Dinanzi agli uomini e alle cose che
non conosceva era sempre nelle disposizioni migliori e
pi fiduciose: sistema eccellente per prepararsi delle de-

Letteratura italiana Einaudi 54


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

lusioni e finire per essere disgustato del mondo intero.


Ma la ferrovia un luogo dove lignoto , per cos dire,
allordine del giorno. Aver da fare coi treni e col perso-
nale ferroviario, sempre nuovo e diverso per sua natura,
non ci si stanca mai. Ecco perch la ferrovia gli piaceva.
E i buoni italiani di cui andava in traccia, gli accadeva
dincontrarli talvolta, di passaggio, soltanto l attorno,
fra glimpiegati delle ferrovie. Sebbene tra lui e loro ci
fosse spesso poco buon sangue, a cagione dei tanti ritar-
di, svii, smarrimenti, errori di computo nellapplicazione
delle tariffe, che egli non lasciava passare, inutile dirlo,
senza opporre i suoi pertinaci reclami erano, in fondo,
queglimpiegati, le sole persone che lo interessavano e
con le quali, tempo permettendolo, si compiaceva di
conversare. A contatto di essi lorizzonte si allargava.
Andare alla stazione, tanto valeva per lui quanto metter-
si in viaggio e rivedere quelle citt dellItalia centrale,
come Livorno, Lucca, Siena, Modena, Piacenza, citt
ricche dogni ben di Dio, con le quali era in rapporti
daffari e che conosceva e ammirava per averle viste non
so quante volte nei viaggetti circolari che faceva quasi
ogni anno, chiuse le sue stagioni di lavoro. La ferrovia
era il suo reame. Sulla riva di quel torrente secco che la
strada ferrata si sentiva a suo posto meglio che in qua-
lunque altro luogo.
Fu dunque un giorno memorabile nella sua vita quel-
lo in cui pot ottenere il permesso di fabbricare nellin-
terno della stazione un buffet che, a parer suo, mancava.
Non si trattava questa volta di un misero bettolino gesti-
to, per dir cos, alla macchia, fuori del sacro recinto fer-
roviario, ma di un buffet vero e proprio, col diritto di
vendere cestini e fiaschetti ai treni, buffet riconosciuto,
autorizzato, con tanto di lista dei prezzi stabilita
dallIspettorato Centrale di Pisa, posto sotto lemblema
della ruota alata, qualche cosa come il Valiani del mio
paese; dove si mescesse il Chianti nei bicchieri a calice,

Letteratura italiana Einaudi 55


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

si cuocessero le uova al piatto, si mangiasse larrosto


freddo lardellato, coi carciofini sottolio. Idea ambizio-
sa. Era per lui come entrare a far parte delle ferrovie.
Quanto brig e armeggi per ottenere il desiderato nul-
la osta!
Tra il fabbricato della stazione e il giardinetto adug-
giato da melanconici eucaliptus, caratteristico esemplare
di giardinaggio ferroviario, dove non fioriscono che ge-
rani, tir su un casotto di legno, che esiste ancora, sul ti-
po di quanti se ne vedono, adibiti allo stesso scopo, nel-
le stazioncine dinfimo grado, perse, come la mia, in
mezzo al deserto, di cui sembrano accrescere lo squallo-
re. Ultim la sua baracca in pochi giorni, servendosi
dun certo legno chiamato pinotto americano e di tegole
di Marsiglia, spendendoci alcune migliaia di lire; ed
inutile aggiungere che non ebbe bisogno dingegnere n
di troppi operai. Fece tutto da s come il baco che si
chiude nel bozzolo. il solo edificio dutilit pubblica a
cui sia rimasto legato il suo nome, lunico monumento
chegli abbia lasciato.
Purtroppo per un buffet di lusso, come se lera imma-
ginato mio padre, al mio paese cera poco da fare. Inol-
tre, lanciandosi in quella nuova impresa, egli non sera
curato di guardarsi le spalle; pigliando in affitto, quando
poteva, per servirsene magari ad uso di magazzino, la
bettola del passaggio a livello che minacciava di fargli
una pericolosa concorrenza, essendo un locale gi noto
e pi democratico. Non lo fece perch non lo volle fare;
per un sentimento dorgoglio, di dignit, come se si fos-
se trattato di commettere una vigliaccheria. Tanto vero
che ogni uomo ha il suo capriccio, come dice Pascal; e
non sempre commerciante sinonimo di uomo pratico.
Avvenne dunque che il locale in questione fu aperto.
Cera al banco una donna, sorella dun ferroviere. Ci si
mesceva il vino a buon mercato. E gli operai del mante-
nimento, il giorno della paga, andavano a far bisboccia

Letteratura italiana Einaudi 56


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

nella taverna rivale, mentre mio padre, con le mani die-


tro la schiena, savvicinava di tanto in tanto alla vetrina
per vedere che direzione prendevano uscendo dalla sta-
zione; senza fare, beninteso, il pi piccolo commento.
Non per questo si lasci convincere a diminuire i prezzi
e ad abbassare comunque il livello del suo locale. Si
comport come se la bettola nemica non esistesse. In
conseguenza di ci, il buffet era quasi sempre vuoto. Le
ore morte erano le pi numerose. In quel tristissimo
soggiorno, che si animava soltanto in talune circostanze
eccezionali, come il passaggio del treno reale o del treno
militare, la costruzione di un ponte l vicino, il rinnovo
delle rotaie e delle traverse, cose tutte che richiamavano
alla stazione un pubblico inusitato, io ho trascorso gli
anni della mia adolescenza, non avendo attorno a me al-
tro spettacolo che la campagna immensa e disabitata e
negli orecchi il ronzio perpetuo dei fili telegrafici e il si-
bilo delle tramontane inique. Le pietre dei binari di pri-
ma e seconda linea, sporche dolio, la ruggine e lerba
dei binari morti, i vagoni rossi della piccola velocit in
giacenza e in attesa di essere caricati, i capannoni pieni
di balle di paglia, il bugigattolo oscuro e sudicio del lam-
pista, il disco, lo scambio, i cancelli, le staccionate, la
ghiaia delle panchine, ecco tutto ci che, per anni e an-
ni, ha costituito il divertimento dei miei occhi e il tra-
stullo delle mie mani. Per nove mesi dellanno il fabbri-
cato della stazione, dove pure abitavano alcune famiglie
di ferrovieri che non si vedevano mai, era unenorme
zanzariera da cui gli impiegati non uscivano che al pas-
saggio dei treni, affrettandosi a rintanarsi, pi posseduti
dallimpazienza di finire il turno che dal bisogno di
compiere il proprio dovere, e come terrorizzati dalla
malaria. Illusione di quei brevi momenti di trambusto
che si notavano allarrivo dun diretto sbuffante, sma-
nioso di proseguire; dopo i quali, scambiate ad alta voce
le solite frasi di rito fra il capostazione e il capotreno,

Letteratura italiana Einaudi 57


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

uditosi il grido del frenatore: partenza!, il solito suono


di cornetta, il fischio lacerante della locomotiva, tutto ri-
tornava pi triste, pi morto di prima. Vita da galeotti,
gi alla stazione. Solitudine e tedio che, di domenica,
non trovavano proprio alcun conforto, eccetto la visita
del sorvegliante della linea che compariva, verso sera,
per fare con mio padre una partita a briscola scoperta.
Solitudine e tedio che, al tramonto, si colorivano dun
vago terrore e saddolcivano solo a notte, quando lo
squillo prolungato del campanello elettrico e la lanterna
rossa, posata sul piazzale della stazione, segnalavano
larrivo sempre in ritardo, del 215: lultimo treno. Allo-
ra, coi pochi soldi incassati durante la giornata e il fazzo-
letto della spesa, mio padre ed io tornavamo a casa in
omnibus. Vecchia, rumoreggiante diligenza a vetri al cui
ricordo sassociano le mie pi gradevoli sensazioni di
quel tempo. Nelle sere dinverno, quando fischia la tra-
montana, il senso di felicit, di sicurezza, di sonno inci-
piente, da cui si veniva subito colti l dentro, era volut-
tuosamente accresciuto dal pensiero del freddo che
faceva fuori e della paurosa notte incombente sulla de-
serta via del ritorno,
I cavalli trottavano stancamente fino al primo indizio
di salita, poi si mettevano a passo di lumaca, mentre i
passeggeri, immersi nel buio, andavano chiacchierando
senza potersi vedere in faccia ed io mi divertivo a segui-
re il filo discontinuo e vario dei loro discorsi.
Fu in tal modo che mio padre chiuse la sua esistenza,
in dignitoso esilio; solo lagnandosi qualche volta di non
poter pi andare a caccia di storni come soleva ai tempi
del bettolino; perch adesso era solo e non poteva tener
chiuso il buffet neppure un momento, stante i suoi ob-
blighi con lamministrazione ferroviaria. Del rimanente,
non troppo scontento dellopera sua; essendo riuscito a
far diventare realt una delle sue aspirazioni pi profon-
de e antiche; e guadagnando infine quel tanto che gli oc-

Letteratura italiana Einaudi 58


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

correva. Senza contare che dalla considerazione del suo


stato lo distraevano abbastanza i grattacapi che gli davo
io. Avendo bisogno dun magazzino dove raccogliere i
vuoti, seguit a piantare filagne e ad avvitare tavole di
quel suo famoso pinotto americano; ed certo che, se
fosse dipeso da lui, avrebbe fabbricato l attorno tutto
un villaggio di legno.

Letteratura italiana Einaudi 59


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

PRIMI PASSI

Sono venuto a Roma a diciannove anni, con sette lire


in tasca, e non avevo altre conoscenze che un avvocato
socialista, abruzzese, proprietario duna casa in via Bo-
nella e fratello dun monsignore che ricopriva unalta ca-
rica in Vaticano. Per vivere, nei primi anni, dovetti fare i
mestieri pi vari: addetto a vigilare landamento delle
sveglie in un deposito dorologi a via Tor de Specchi
(occupazione non indegna di uno che, pi tardi, si sa-
rebbe presunto un discreto osservatore dei tempi); ama-
nuense nello studio dun bisbetico avvocato piemontese
e socialista anche lui, che non riusc mai ad entrare in
Parlamento, nonostante il denaro profuso per tenere in
piedi le leghe dei contadini del Tivolese e il mio appog-
gio oratorio; impiegato nella segreteria della Federazio-
ne metallurgica, la quale aveva sede in via Alessandrina,
oggi scomparsa, come via Bonella e tante altre strade in
quei pressi, nella sontuosa via dellImpero; contabile, di
fatto se non di diritto, in una cooperativa repubblicana
di scalpellini o marmorari che si voglia dire, nei cui regi-
stri figuravano soprattutto due grosse partite, il Monu-
mento a Vittorio, e il Palazzo di Grazia e Giustizia; infi-
ne, dopo un congruo periodo di disoccupazione e di
miseria inenarrabile, giornalista. Ero a cavallo. Potevo
compiacermi del cammino percorso. A ventidue anni
abitavo gi in una pensione del pi elegante quartiere di
Roma, quello di Piazza di Spagna, avevo il mio sarto, il
mio barbiere, il mio lustrino preferito, frequentavo la
Terza Saletta di Aragno e godevo, per di pi, i favori di
Forina, Peppino, camerieri ben noti, figure ormai stori-
che, tavoleggianti di primordine che servivano due uo-
va al piatto su grandi vassoi o guantiere, come si dice al
mio paese, dargento massiccio. Che cosa desideravo di
meglio?

Letteratura italiana Einaudi 60


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Questi dunque furono i mestieri che io esercitai a Ro-


ma, in una specie di vita anteriore, al tempo del tranve a
cavalli e dei lumi a gas, quando i romani si chiamavano
buoni Quiriti, i consiglieri del Campidoglio padri
coscritti, e don Prospero Colonna, magnifico sindaco
di una modesta capitale di cinquecentomila abitanti, era
detto scherzosamente don Cerino,

Io venni a Roma col vento o, per meglio dire, con la


nostalgia dei treni che andavano verso la Citt Eterna o
ne portavano lodore. Nato nel Lazio, in un paese dove
si parla un linguaggio molto simile a quello romano, cre-
sciuto per di pi lungo la ferrovia, niente avrebbe potu-
to impedirmi di correre la mia modesta avventura. La
Valigia delle Indie, che io vedevo passare per la deserta
maremma una volta la settimana, sfiorava appena la mia
fantasia. Questo treno fantasma, uso ad apparire e spari-
re sul crepuscolo, pi veloce dun pipistrello, non fer-
mava alla mia stazione. Se no, credo che sarei finito chi
sa dove. Ma tutti i diretti, gli omnibus, i misti, e perfino i
treni merci che, sostando a Tarquinia pi o meno lunga-
mente, magari soltanto per rifornirsi di acqua, riprende-
vano la loro corsa in direzione dellUrbe, erano per me
un invito a salire. Partiti, li accompagnavo con lo sguar-
do per tutta la curva del litorale, fin dove scomparivano,
lasciando sul loro cammino qualche nuvoletta di fumo
bianco, presto dissipata dal vento.
Negli anni della puerizia, sentendo ragionare di Ro-
ma, dellOsteria della Cuccagna, ritrovo in quellepoca
dei tarquiniesi residenti nella Capitale, del mirabile pon-
te apribile di San Paolo, che si chiudeva per lasciar pas-
sare il treno, quindi si riapriva, fantasticavo di andarme-
ne fra i Sette Colli, raccogliervi non so quali allori, per
tornare poi al mio paese vestito da bersagliere, sopra
una macchina volante. Non mi bastavano le piume, vo-
levo anche tornare a volo, in un tempo in cui Dlagran-

Letteratura italiana Einaudi 61


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ge era di l da venire. Che cosa accendeva in tal modo la


mia immaginazione? Certo i calori primaverili e i ro-
manzi di Giulio Verne.
Finalmente, a diciannove anni, riche des mes seuls
yeux tranquilles, eccomi nella citt dei miei sogni, por-
tatovi anche un po, bisogna pur dirlo, dalle mie utopie
socialiste, da quel tanto di romantico e randagio che tali
utopie contenevano. E ognuno pu immaginare da qua-
li gironi abbia avuto inizio il mio viaggio per lUrbe.
Mi pare daver detto quel che desideravo. La via che
mi condusse a Roma non quella dellUniversit,
dellimpiego, degli affari, della fortuna. Io sono della
razza dei piccoli migratori interni. Sto a Roma per fata-
lit regionale come un lombardo pu stare a Milano, un
emiliano a Bologna, un toscano a Firenze, e cos via. Se
fossi nato altrove che nel Lazio la mia vita si sarebbe
svolta certamente, con maggiore o minor successo non
so, in tuttaltro capoluogo. La mia residenza nellUrbe
non ha niente di ambizioso: un fatto naturale e pacifi-
co.
Una simile persuasione mi conforta quando penso di
aver trascorso, starei per dire provvisoriamente, la mag-
gior parte della mia esistenza in una citt non mia, lungi
dal mio paese nativo, in una condizione che, per quanto
le mie parole possano sembrare esagerate, ha tutto il sa-
pore di un esilio.
Ma torniamo alle memorie.

duro il cammino dun giovane che, oltre a farsi una


cultura, deve provvedere, possibilmente, a non morire
di fame. In questa non comune situazione mi trovai a
Roma nei primi anni. Stimer sempre un miracolo esser
riuscito a cavarmela. Ma la vita piena di risorse e la
fortuna assiste chi non nato per lasciarli schiacciare.
Per dare unidea degli espedienti a cui talvolta neces-
sario appigliarsi, narrer brevemente una felice avventu-

Letteratura italiana Einaudi 62


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ra capitatami in un periodo che, privo di lavoro, avevo


perso da alcuni mesi la memoria del letto e della tavola
apparecchiata. Passando un giorno davanti a unagenzia
di collocamento mi fermai a leggere, pi per curiosit
che per altro, gli annunci contenuti in una tabella appe-
sa fuori delluscio e vidi che si cercava un professore di
pedagogia disposto a scrivere una tesi per una diplo-
manda del Magistero femminile. Risoluto entrai nelluf-
ficio. Chiesi lindirizzo della studentessa che aveva pub-
blicato quellannuncio e mi presentai a lei e a sua madre
in un arnese indescrivibile, con una barba ispida e lunga
di non so quanti giorni, spacciandomi, ahim, per quel
che non ero. Le due donne, senza far caso al mio aspet-
to, che forse giudicarono conveniente a un povero dot-
tore in pedagogia, certo laureato da poco, mi accolsero
come un salvatore. Il tempo degli esami stringeva, lur-
genza era grande da ambo le parti, e non ci fu difficile
intenderci su tutto. La tesi aveva per tema Il naturali-
smo in pedagogia, doveva consistere in non meno di
duecento pagine dattiloscritte ed essere consegnata en-
tro quindici giorni al pi tardi. Accettai con entusiasmo
queste condizioni. Infine si venne al compenso, e mi si
offrirono duecento lire, cifra sbalorditiva in quegli anni,
per uno che si trovasse nelle mie condizioni. Un paio di
giorni dopo consegnavo il primo capitolo, ricevendo un
anticipo che mi serv a rivestirmi e a trasformarmi da ca-
po a piedi. Quando tornai per consegnare il secondo ca-
pitolo, a cui segu un nuovo anticipo, mi vergognavo un
po di farmi vedere con la faccia rasata e quegli abiti lu-
stri e fiammanti che erano unaperta confessione della
mia miseria. Tuttavia n la madre n la figlia, due timide
perugine, fecero il pi piccolo rilievo sul prodigioso
cambiamento del professore. Seguitarono insomma,
senza dubbio per delicatezza, a fingere di non accorger-
si delle mie apparenze. Se non che alla fine di quella spa-
ventosa fatica, in virt di quegli acconti che mi venivano

Letteratura italiana Einaudi 63


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

benevolmente concessi, via via che la tesi usciva dal mio


cervello in tumulto, sera operata in me una metamorfo-
si faustiana. E niente di pi naturale che fra il dottore
improvvisato e limpreparata discente sorgesse un amo-
ruccio, presto interrotto dalla partenza di colei che io
avevo sospinta nella carriera dellinsegnamento, pre-
standole il mio magistrale soccorso anche nelle tesine
orali.
Almanaccai questa tesi nella sala di lettura della bi-
blioteca Vittorio Emanuele, di cui ero a quei tempi ze-
lante frequentatore, saccheggiando un famoso testo
francese di storia della pedagogia, ma traducendolo,
sunteggiandolo e parafrasandolo ad ogni passo, ossia
cercando di esprimere con parole mie quel che leggevo
e venivo a conoscere per la prima volta, non senza me-
scolarvi tutte le considerazioni e fantasie che la calda let-
tura poteva suggerirmi, specie nel capitolo su Rousseau,
scritto con la testa in fiamme. Non credo sia stato un la-
voro inutile, neppure dal lato della mia formazione.
Unaltra fatica del genere, bench meno speculativa,
avevo sostenuto pochi mesi prima, scrivendo, in brevis-
simo tempo, quasi tutto un libro, di cui per fui lesten-
sore pi che lautore e che non porta naturalmente il
mio nome. Trattava di questioni economiche e sindacali,
con uno spirito che allora si diceva riformista e collabo-
razionista. Un autorevole professore di economia, leg-
gendo questo libercolo, and in brodo di giuggiole e gli
dedic un lungo ed entusiastico articolo sopra un gran-
de giornale. lunica recensione favorevole e senza ri-
serve che io abbia ottenuto nella mia vita, per quel tanto
che la detta opera pu appartenermi.
Incredibile, strapazzosa, fu la mia fecondit giovanile.
Tra i ventidue e i ventiquattro anni, redattore di un gior-
nale quotidiano, mi feci conoscere come uno dei pi fer-
tili imbrattacarte che si siano mai scatenati in una reda-
zione. In quel tempo avrei voluto vedere qualcuno che

Letteratura italiana Einaudi 64


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

osasse rimproverarmi la mia pigrizia. Ero tipo da scrive-


re due articoli in un giorno, sei colonne di cronaca su
due avvenimenti diversi, in uno stesso numero. Non mi
contentavo di eseguire con diligenza il lavoro che mera
stato assegnato. Facevo di tutto, strafacevo, suonando
spesso come ebbe a dire giustamente Boutel critico
drammatico del quotidiano in questione, Malbourougb
sen va-t-en guerre con le trombe del Giudizio Univer-
sale.
Il pi umile fatto di cronaca nera diventava per me un
ottimo pretesto a divagazioni politiche, filosofiche, teo-
logiche. E ricordo che, a proposito del delitto commesso
da un cameriere dun grande albergo, il quale aveva uc-
ciso un suo compagno di lavoro per gelosia delle prefe-
renze che il direttore gli dimostrava, scrissi uno dei miei
soliti pezzi, dove la narrazione del fatto era sommersa in
un mare di considerazioni, e lo intitolai pacificamente:
Caino e Abele.
Sotto il romantico titolo di Gocce di sangue avevo in-
staurato in cronaca una fiorita rubrica per i ferimenti e
perpetravo, di tanto in tanto, delle Malinconie romane,
firmandole, a capriccio, con diversi pseudonimi, alcuni
dei quali, i pi costanti, erano Simonetto, Calandrino,
Caliban. Non so come mai non mi venne in mente di fir-
marmi Ariele. Non mi sentivo un angelo, nemmeno a
quellet. Eppoi lavoravo per un giornale a fosche tinte.
Ma il bello che queste divagazioni, alquanto incorpo-
ree, malinconiche soprattutto per il modo come erano
scritte, non passavano inosservate. Cera chi mi diceva:
Ti leggo, ti seguo. Cominciavo a provare il perturbante
piacere delle congratulazioni. Un giorno il mio redattore
capo, con affettuoso compiacimento, mi rifer che lono-
revole Fradeletto aveva molto apprezzato non so che
frase o immagine duna mia cronaca e se lera trascritta
nel taccuino. Un altro giorno mi sentii lodare come
scrittore aulico e latineggiante ed io pensai, molto seria-

Letteratura italiana Einaudi 65


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mente, che chi nasce a Tarquinia il latino ce lo deve ave-


re nel sangue; giacch inutile ripetere che in
quellacerba et non avrei potuto vantare altre cognizio-
ni linguistiche se non quelle ricevute, per dirla con Dan-
te, dalla poppa della balia, ossia dalla parlata del mio
paese. Purtroppo non ne facevo alcun uso e il mio mo-
dello di stile e di lingua era piuttosto Paolo Valera. Mo-
tivo per cui, nonostante che un articolo su Ibsen, scritto
negli ultimi tempi del mio noviziato giornalistico, mi ab-
bia valso lattenzione di Emilio Cecchi e, questo memo-
rabile complimento del mio direttore: Bellissimo quel
tuo articolo. Non ci ho capito niente, ma bellissimo,
mi affretto a concludere la mia poco pietosa esumazione
dicendo che le sole cose possibili uscite dalla mia penna,
in quello stravagante periodo di entusiastica attivit
pubblicistica e letteraria, furono forse i miei resoconti
parlamentari o di comizi, banchetti e congressi di ogni
genere; a cominciare da un congresso di filosofi che ten-
ne occupate le cronache per qualche settimana e che,
per il luogo in cui si svolse (una famosa biblioteca dedi-
cata alle donne di servizio) mi apr le porte dun curioso
mondo, filantropico, femministico, estetizzante, che me-
riterebbe di essere descritto.
Avevo in quel tempo una straordinaria facolt di rite-
nere il pensiero altrui e di trascriverlo con la velocit e
lesattezza duno stenografo. Come da bambino sapevo
leggere meglio di qualunque altro della mia classe, cos
da giovane avrei potuto sostenere una gara col pi pro-
vetto resocontista dItalia. Ero nato cancelliere o ama-
nuense, come volete. Non si trattava, in sostanza, che
duna certa capacit di attenzione e di memoria e stimo
di potermela attribuire senza offendere la modestia. la
sola virt che io allora possedessi, in grado piuttosto
eminente. Ma nessuno se ne accorse. Lavvenire che il
giornalismo mi prometteva era quello dellarticolista:
mestiere difficile, che non ho ancora appreso. E due an-

Letteratura italiana Einaudi 66


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ni e mezzo di quel lavoro dannato dovevano finalmente


fiaccare la mia resistentissima fibra, gi abbastanza pro-
vata dalle sofferenze patite, riducendomi sopra una ta-
vola operatoria, dalla quale mi alzai trasformato e impo-
verito. Lasciando il Policlinico, dopo una degenza di
quindici giorni, preceduta da una lunga malattia trascor-
sa, in una primavera tormentosa, un po sul mio letto,
un po in una casa di salute, ero un altro. Nella stessa
corsia dove mio padre era morto, forse sulla stessa tavo-
la dovegli sub unoperazione inutilmente e da cui si ve-
deva, giacendo, la cupola di San Pietro, avevo smarrito,
rinnovandomi, gran parte del mio furore nativo. Con
questa non lieve, ma forse provvidenziale caduta, si
chiudevano i miei primi quattro anni di vita romana e
addirittura la mia giovent.
Sopraggiungeva il 1911. Anno fatidico, cinquantena-
rio della nostra Unit nazionale. Molte cose accaddero
in quellanno che, inauguratosi con grandi squilli di
trombe celebrative, si concluse con la guerra di Libia, da
cui ha principio, in realt, il nuovo secolo. Fra laltro,
nellestate del 1911, il mio giornale, che era, per chi non
lavesse ancora capito, lAvanti!, si trasfer a Milano. Io
avevo facolt di seguirlo. Nel caso contrario mi sarei do-
vuto contentare duna modesta indennit limitata alle ri-
sorse di unamministrazione in rovina. Scelsi lindennit.
E ne approfittai per cambiare strada, per interrompere
una carriera intrapresa con troppo impeto. Fu allora che
lasciai Roma una prima volta e me ne andai a Firenze, a
ricominciare la mia vita da capo, fra i pragmatisti,
glidealisti, i socratici, i tomisti e i teosofi del caff Pa-
skowski.

Letteratura italiana Einaudi 67


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ANNI DI GIOVENT

I primi quattro anni della mia residenza a Roma for-


mano un cielo assai ben concluso e felice nella mia vita,
nonostante le mie miserie economiche e le strane occu-
pazioni a cui dovetti piegarmi. Furono anni di giovent,
incommensurabili e pieni di vicende. Posso dire di non
averli sprecati. In quei quattro anni conobbi il mondo e
specialmente Roma in tutti i suoi aspetti, dai pi bassi ai
pi alti. Fui occupato e disoccupato, intento allo studio
e dedito ai pi sbrigliati divertimenti. Passavo da una
condizione allaltra sentendo che tutto era provvisorio e
guardavo il mondo come si guarda il paesaggio in ferro-
via. Non era possibile umiliarmi in quel tempo. Andavo
per la mia strada e sarebbe stato difficile influire sul mio
destino. Io fui la delusione di tutte le belle anime che
avrebbero voluto mettermi sulla buona via, non avendo
fretta di arrivare a niente, non sapendo neppure io a che
cosa mirassi. Ricordo un periodo lunghissimo trascorso
intorno al Colosseo, senza mai uscire da quelle parti do-
ve avevo ufficio, casa, trattoria e qualche vaga attrattiva
amorosa. Fu allora che, sui prati dellOrto Botanico, feci
la mia prima lettura di Shakespeare nella traduzione del
Rusconi: una lettura che ripresi pi tardi, in unottima e
scrupolosa traduzione francese, e tenne occupato il mio
spirito per un paio danni. Ragione per cui probabile
che io conosca Shakespeare abbastanza, per quel tanto
che un poeta pu essere conosciuto mediante una tradu-
zione.
In quellepoca scrissi anche una commedia intitolata:
Per diverse vie. Riuscito a farla presentare ad un capoco-
mico, luomo del mestiere cap a fiuto come non valesse
la pena di leggere quel copione. Si limit dunque a
prendere atto del titolo e restitu il lavoro spiritosamente
dicendo: Per diverse vie Lui faccia la sua, io faccio la

Letteratura italiana Einaudi 68


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mia, Questa commedia lho smarrita, insieme con una


lunga novella e un dialogo filosofico scritto in tempi or-
mai pi maturi, da cui scaturirono alcune pagine del
mio primo libro. Lavevo intitolato Lultima lezione del-
lo scettico ed era forse niente altro che un risentimento
dellApologia di Socrate e del Fedone. Di tutto ci che
posso avere scritto in quel guazzabuglio lirico-filosofico
rimangono le pagine che ho dette, alcuni versetti coi
quali si apre il mio libro di poesie (La speranza
nellopera ecc.) e una frase inedita che mi si vorr per-
mettere di salvare dal provvidenziale naufragio: Lascia-
te che venga lora della passione e vedrete come il genio
lucido e ragionativo,

Io capitai a Roma troppo tardi, sulla fine di unepoca.


Il carnevale romano tramontava fra le scoppole che rice-
vevano al Corso, il Gioved grasso e Marted grasso, tut-
ti coloro che si lasciavano cogliere in bombetta. I nuovi
tempi urgevano. E fu un miracolo se potei conoscere
certi aspetti di questa citt, destinata a sparire con le pri-
me demolizioni, i primi slarghi, abbellimenti e sposta-
menti del 1911. Ricordo via del Tritone strettissima e
trafficatissima, il Traforo ancora sgocciolante, essendo
stato aperto al pubblico un anno avanti la mia venuta
nellUrbe, e via Nazionale, dal Traforo in su, alberata,
coi sedili fra un albero e laltro.
Dove ora sorge la Galleria di Piazza Colonna cera un
grande spiazzo ghiaioso, con una celebre osteria per fo-
restieri, gi in fondo. E proprio in uno dei primi giorni
che stavo a Roma, verso la mezzanotte, vidi uscire da
quellosteria uno strano personaggio con un cappellac-
cio allErnani, inferraiolato come Amleto nella scena del
cimitero. Alto, diritto, maestoso, percorreva, in direzio-
ne di San Claudio, limmenso sterrato solitario, in pe-
nombra, ed io, dal marciapiedi del Corso, lo vedevo in-
cedere come su un palcoscenico. A un tratto una donna

Letteratura italiana Einaudi 69


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

elegantissima, di alta statura, uscita anchessa dalla ta-


verna, lo raggiunse e lo schiaffeggi. Ma luomo dal
mantello seguit a camminare impassibile, senza neppu-
re volgere lo sguardo alla sua schiaffeggiatrice. Il mio
eroe cadde di colpo nella mia stima e non si pi rialza-
to. Pi tardi potei identificarlo. Era Gordon Craig, fa-
moso scenografo inglese, di gusto preraffaellita. E colei
che laveva percosso, anzi demolito ai miei occhi di pro-
vinciale appena inurbato, credo fosse Isadora Duncan,
sua amante. Mi era toccato probabilmente di assistere
ad una scena di gelosia, dovuta al vino di Frascati, che
gli stranieri usano bere senza prudenza come se fosse
birra. Ma ne derivai unimpressione cos sgradevole, per
via di quegli abiti onde lo schiaffeggiato sammantava,
che non ho mai potuto prendere sul serio Gordon
Craig, n la sua scenografia, neppure quando ebbi fra le
mani una raccolta dei suoi poco esemplari bozzetti. Ho
sempre visto in lui un uomo che portava un mantello
abusivamente.

Di tipi che vestivano come Gordon Craig ce nerano a


bizzeffe nella Roma di quei tempi. Sincontravano spe-
cialmente a Piazza di Spagna, via del Babuino, via Mar-
gutta, Piazza del Popolo. E non stonavano affatto in
quella cornice settecentesca e neoclassica, in quel quar-
tiere gi detto fiammingo, ben noto per i suoi studi di
artista, le sue botteghe di antiquari, le fioraie ciociare, e
due vecchie modelle incartapecorite, coi capelli di stop-
pa, che lo hanno bazzicato e direi quasi caratterizzato
per lungo evo. Fra le pitture polverose del Caff Greco
e i busti del Pincio si potevano vedere, negli anni della
mia giovinezza, le ultime basette, gli ultimi collettoni e
cappelloni dellOttocento. Cominciarono a diradarsi al-
la fine del 1911, mentre il loro secolo moriva, con un po
di ritardo, nelle esposizioni di Valle Giulia. Ma ora qui
voglio ricordare, di quegli stessi anni, un personaggio

Letteratura italiana Einaudi 70


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

pi serio e tuttavia non meno colorito e caratteristico.


Fu la mia prima guida per le vie di Roma, colui che
minsegn a distinguere i diversi stili e le epoche dellar-
chitettura dellUrbe. A lui devo le mie prime cognizioni
in materia.
Era uno dei pi sollazzevoli frequentatori della Terza
Saletta di Aragno e i suoi amici lo dicevano scherzando
la foca sapiente, essendo egli di pelle olivastra, grasso,
trasudante olio come una foca o un leone marino, e ca-
pace di recitarvi a memoria interi canti dellEneide, di
snocciolare per ordine cronologico i nomi di tutti i Papi.
Soffriva dinsonnia. Motivo per cui lo sincontrava nelle
ore migliori, nelle ore delle confidenze. Capitava in Ter-
za Saletta, di sera, quando su quei divani di velluto gial-
lo-oro non rimanevano che alcuni giovani un po lontani
dalla sua cerchia, ed io lo accompagnavo qualche volta
allUmberto, celebre ristorante romano, oggi scom-
parso, dovegli cenava, per solito, dopo la mezzanotte.
Uomo di grandi amori e di grandi fobie. Bastava no-
minargli Corrado Ricci per vederlo andare in bestia.
Non so perch odiasse tanto Corrado Ricci. Era stato,
anni prima, funzionario alle Belle Arti, quindi epurato
per scarso rendimento, in seguito a una storica inchiesta
fatta sul personale della Minerva, e pu darsi che attri-
buisse al proprio ex-direttore quella piccola disgrazia o
vergogna che pesava sulla sua incolpevole vita di figlio
di famiglia ormai quarantenne.
Abbastanza ricco, ma di figura tuttaltro che vantag-
giosa, fuorch nelle proporzioni, trascurato nel vestire,
precocemente calvo, con una gran barba corvina e fitta,
che poi mi pare si togliesse, con gli occhi sempre un po
rossi, da fratacchione uso alle veglie, sentiva di non po-
ter piacere alle bramatissime donne. Questo era, in so-
stanza, il suo dramma, il motivo segreto di tutta la sua
inquietudine e della sua buffa e dolorosa esistenza, ci
che lo indusse infine a diventare, pi che amico, protet-

Letteratura italiana Einaudi 71


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

tore, paladino dun altro frequentatore della Terza Sa-


letta che poteva dirsi, per i suoi facili rapporti col bel
sesso, il contrario assoluto di lui: un uomo di mondo,
elegantone, un po equivoco, e fortunato con le donne.
Guai a chi gli toccasse questo amico del cuore che non
aveva alcun rapporto con la cultura e per il quale non
avrebbe esitato anche a battersi in duello.
Stimo questo esempio di amicizia bellissimo. Mi piace
creder vera la voce che si diffuse a suo tempo: cio che
la persona di cui ho parlato lasciasse, morendo, tutte le
sue sostanze a questo suo diversissimo sozio. Ricorder
sempre con affetto il bizzarro erudito che coonest con
la sua dottrina la lunga esperienza che io avevo gi fatta
di Roma, negli anni in cui la mia sola casa era la citt
stessa, questa reggia favolosa che i Papi costruirono a
consolazione dei derelitti.

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Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

SOGGIORNO IN TOSCANA

Ho abitato da un inverno a unestate, molti anni fa, a


Settignano, in una casa che rimarr famosa per aver ac-
colto prima di me, nella stessa camera, uno degli artisti
pi seri, pi eroici, pi morali che io abbia conosciuti:
Armando Spadini.
Dalla finestra della mia stanza si vedevano la valle
dellAfrico, il colle dellIncisa, proprio davanti agli oc-
chi, laltura di Crocifissalto a sinistra, cos scura e tetra
di notte, coi suoi cipressi sbattuti e spelacchiati dal ven-
to, come un Golgota famigliare; e a destra lArno, San
Miniato, Poggio Imperiale; insomma il pi bel paesag-
gio toscano. Era una casa fatta apposta per ricevere luce
e aria. Situata in alto, quasi in cima al paese, dovunque
ci si affacciasse si offriva allo sguardo, vicino e lontano,
lo spettacolo sempre vario di Firenze e dei suoi dintorni;
e lintonaco dei muri interni pareva indorato e cotto da
quel sole toscano che penetrava dovunque per le fine-
stre sempre aperte.
Il mio vecchio padrone di casa, il sor Ettore, marito
della sora Nunziatina, era di professione scalpellino, e,
naturalmente, uomo di poche lettere, ma parlava come
un dio. Toscano di buona razza, si rappresentava i fatti e
gli uomini della storia come se ci avesse vissuto in mez-
zo, con uno spirito, cio, al tutto confidenziale. E niente
pi lo dilettava quanto ragionare di arte e di storia. Ave-
va letto Machiavelli, Guicciardini, il Vasari, il Varchi e
le tragedie dellAlfieri. Era naturalmente, come lo sono
tutti i bravi popolani dItalia, un classicista. Non per
nulla si chiamava Ettore. In giovent aveva girato anche
un po il mondo, a scopo di lavoro, spingendosi fino in
Olanda: del quale paese ricordava costumi ed eccessi
mirabili, parlando degli olandesi, che quando sono
ubriachi si divertono a far incendiare il loro fiato alla

Letteratura italiana Einaudi 73


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

fiamma delle lucerne, a quella maniera che Marco Polo


parla dei Tartari o dei Persiani. Giunto ormai allet di
sessantanni, con la papalina e lo scaldino in mano, con-
servava una tranquillit danimo e una chiarezza di me-
moria e di osservazione addirittura olimpiche. In tutto
quel che diceva non cera ombra dironia, di malignit,
di passione, nessun sottinteso; quindi vorrei dire nessun
sentimento. Saffacciava di sera alla finestra e sentendo,
gi sotto, tra i pioppi dellAfrico, cantare lusignolo, os-
servava col tono pi distaccato e freddo che si possa im-
maginare: toh, lusignolo.
I nostri discorsi cominciavano a tavola, dopo cena, e
finivano su in salottino dove una vecchia spinetta, con
uno spartito della Favorita aperto sul leggio, ricordava il
tempo che un fratello del sor Ettore, ora orbo, studiava
il canto e vagheggiava di darsi allarte lirica. Adesso zap-
pava lorto, sera ridotto nella condizione del servo di
casa, e guercio comera, trascurato e invelenito, non
apriva bocca che per dire il contrario di quel che diceva
il sor Ettore, mettendo spesso del gelo nelle nostre con-
versazioni.
Imparai dal sor Ettore a conoscere il carattere tosca-
no e quel modo di parlare lento, energico e proprio, ch
di certi vecchi toscani. Simpuntava spesso discorrendo,
per cercare la parola meglio espressiva. Prendeva tempo
insomma. Pareva di assistere, mentregli ragionava, a
una fatica immane, la quale, bench quasi sempre coro-
nata da un esito imprevisto e felice, induceva, il pi del-
le volte, la sora Nunziatina a intervenire spazientita: Tu
la fai torta e dimenata, Diceva per esempio: Questa
vita la troppo arrotata, E quando la parola non lo
soccorreva la creava di sana pianta, oppure cadeva in
qualche impropriet maccheronica e saporitissima, co-
me il giorno che, avventatosi a dare una definizione del
dente del giudizio, fin col dire: gli un dente
amorfo, Bisogna aggiungere che il sor Ettore soffriva di

Letteratura italiana Einaudi 74


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

acidi urici e faceva la cura dello iodio. Sicch i suoi di-


scorsi, specialmente dopo mangiato, erano anche inter-
rotti da lunghi e frequenti sbadigli che gli arrossavano
gli occhi e glieli inumidivano di abbondanti umori jodi-
ci. Difficilmente si sarebbero viste altre lacrime scorrere
su quella faccia robusta di toscano antico e freddo, non
insensibile, ma estraneo a qualsiasi commozione. Si po-
teva arguire quanto fosse profondo il suo compatimento
per il fratello disgraziato soltanto dalla tolleranza con
cui lasciava cadere le sue rabbiose contraddizioni; e cos
pressappoco il suo amore per la sora Nunziatina. Luni-
ca volta che lo vidi un po riscaldato fu mentre si parlava
dellincorporamento della Banca toscana nella Banca
dItalia, avvenuto in seguito allunit nazionale, con la
rovina del credito agricolo toscano. Da allora disse
con voce strozzata in Toscana non si canta pi. Ma
quel che gli stava a cuore, sopra ogni altra cosa, era lar-
te; e principalmente larte delle pietre chegli non poteva
concepire se non fiorentina, non amando altro sasso se
non quello che si estrae dal Monte alle Cave o dai monti
dellAppennino. A Roma non cera mai stato e non desi-
derava conoscere questa citt, piuttosto Napoli o Vene-
zia, per via del barocchetto che non gli andava. Qui a
noi qui barocchetto E diceva, per scusarsi di tutto
quello che non lo interessava, qui a noi non susa con
lo stesso tono e spirito con cui i francesi dicono: chez
nous. In lui erano sempre vive e scottanti le antiche que-
stioni della perduta libert fiorentina, della odiata tiran-
nia di Cosimo I, il Caligola toscano, della rivalit fra
Michelangelo e Raffaello, al quale proposito si compia-
ceva ricordare laneddoto secondo cui il primo avrebbe
detto un giorno al suo competitore, mettendogli una
mano sulla spalla: ringraziasse Dio che a Roma non era
conosciuto un certo pittore fiorentino che sapeva lui. E
aggiungeva, facendo locchiolino: Sa chi era? O non
lha visto allAnnunziata? Gli era Andrea di Sarto,

Letteratura italiana Einaudi 75


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Tale dunque il sor Ettore, mio vecchio padrone di ca-


sa di Settignano.
Dinverno la sora Nunziatina mi metteva il trabiccolo
nel letto; e in quella casa conventuale si poteva dormire
e svegliarsi presto e godere, attraverso i vetri della fine-
stra, lo spettacolo della campagna allalba, senza uscire
dalle lenzuola.
Sparse in mezzo agli ulivi, le case dei contadini, gialle,
verdi, rosa, mi davano il buongiorno, fumanti e occhieg-
gianti in una nebbiolina tenera tenera che simpigliava ai
rami degli alberi, sotto un cielo basso, di piombo. Era
pure la sora Nunziatina, a cui piaceva un po il vino, ros-
sa come un peperone ma, quanto al resto, dolce e affet-
tuosa creatura, che mi portava il caff e latte in camera;
che allarrivo della posta urlava dal fondo della scala con
quanto fiato aveva in gola: sor Vincenzio!; e allora di
colazione mi faceva trovare pronti gli asparagi allolio,
nei giorni feriali, e di domenica limmancabile stufato
coi maccheroni.
Rimasi in quella casa fino a che gli ulivi mignolarono.
Vidi nascere la primavera a Settignano. E ci che devo a
questo mio soggiorno settignanese non potrei dirlo sen-
za entrare in particolari della mia vita, e cio fare di que-
ste pagine di ricordi un vero e proprio capitolo autobio-
grafico. Certo che ci sono, nellesistenza dun uomo,
stagioni decisive, formative, durante le quali anche le
pi futili avventure acquistano unimportanza degna di
rilievo, lasciano tracce che non si cancellano. Quella fu
per me una di queste stagioni. Che cosa sia larte, che
cosa sia la natura, per quel tanto che ne so, credo averlo
appreso lass, nella mia solitudine di Settignano, duran-
te una primavera.

Letteratura italiana Einaudi 76


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

LE CAMPANE DI FIRENZE

Chi vuol conoscere lanima di Firenze ascolti il suono


delle sue campane. Non per niente Pier Capponi minac-
ci di suonarle. In ogni citt le campane mandano un
suono particolare. A Roma rintoccano eccelse e solenni
per la cristianit intera, sintonano allaltezza delle cupo-
le e alluniversalit della Chiesa, e la loro voce non scen-
de al basso, si propaga e disperde nellaria.
In quelle di Milano riconoscerete gi il carillon nordi-
co, la squilla romantica, le umili campane dei borghi al-
pestri che suonano, cos dolci di sera, specialmente per i
poveri e i mendicanti: per tutti coloro che sono in cam-
mino. Col loro impeto orgiastico e furioso le campane
del Mezzogiorno fanno pensare a danze selvagge e in
Sardegna servono pure per ballare il duruduru. Ma a Fi-
renze sono ancora le vecchie campane italiane, faziose e
comunali, turbolente, festaiole e rimbombanti, che
muovono il Popolo come un sol uomo, lo sobillano ad
uscire di casa con degli umori da guerra civile e quando
proprio si fanno sentire pare sempre che stia per volare
il pallone.
Fu cos che le riudii qualche anno fa, in una domenica
mattina di maggio. Ero giunto a Firenze nella nottata.
La mattina dopo mi desto in una bella camera dalber-
go, che le campane della vicina chiesa di San Lorenzo
suonavano per lElevazione. Di botto mi ricordai del
campanone del mio paese. Era quella stessa voce, bassa,
cupa, imperiosa che un tempo suonava lora di andare a
scuola e a due ore di notte ci mandava cheti cheti a dor-
mire; voce materna, irresistibile, che pare non abbia mai
tempo da perdere e per qualunque motivo si faccia sen-
tire, ci chiami al lavoro o a festa, dice sempre: spicciate-
vi. Mi levai e apersi la finestra. Incontro a me si ergeva
una gran cupola rivestita di mattoni rossi e splendenti

Letteratura italiana Einaudi 77


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sopra un mare di tetti e di tegoli del medesimo colore,


cotto e arso. Laggi, lontano, Monte Morello, affocato e
velato da una nebbia rossastra che pareva fumo che
uscisse da una fornace. Non si vedeva una fronda, n
spirava un alito di vento. Tutto ardeva in quel caldo
mezzogiorno. A guardarla dallalto Firenze dava un sen-
so di mattonaia in combustione e le campane stesse, col
loro maschio e furibondo fragore, simili ad enormi cam-
panacci, richiamavano lidea del fuoco.

Letteratura italiana Einaudi 78


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

CAPRI

Tutto torna e si ritrova a questo mondo, anche il sole


dei poemi erotici e pastorali che leggemmo da bambini.
Ecco qua il sole di Capri. Questo positivamente Febo,
di cui si discorre nellAdone del cavalier Marino. Tutte
le mattine si leva, puntuale, e va ad assidersi tranquilla-
mente sul suo trono di Monte Solaro, senza nulla di epi-
co. Di lass scocca le sue frecce sottilissime, disperden-
do in un baleno le argentee nebbioline che, favorite
dallo scirocco, tenterebbero, poverette, di opporsi al
sorgere dun tanto sole. Tiranno famigliare, vero Borbo-
ne del cielo che non teme disordini n rivoluzioni nei
suoi stati. Ma per noi anche il sole dei lunari e delle lu-
minarie di Piedigrotta, enormemente tondo, giallo, cri-
nito di fiamme e regale come uninsegna da Albergo del
Sole. Dio popolare del Mezzogiorno a cui si sacrificano
in abbondanza cocomeri e poponi e sono anche dedicati
nella stagione del solleone, che la stagione per anto-
nomasia, cio lestate, gli spari notturni e i fuochi darti-
ficio. Grazie a lui ogni giorno festa, ogni anno lAnno
Santo. Maturano il ficodindia e il pomodoro che il ve-
ro sugo di questa terra, molto pi del vino di Capri, e se
ne fa un tale uso che dopo un po che vi cibate di questa
cucina potete star certi che, invece del sangue, avrete
nelle vene quel divino e salutifero elemento che serve a
condire i maccheroni. Il vostro cervello medesimo se ne
imbever e ne usciranno pensieri scorrevoli, facili, ab-
bondanti, come da un colabrodo. Odorerete di conserva
di pomodoro. A Capri non possibile sottrarsi al conta-
gio di tanta bellezza e delluniversale salute. Fate conto
di dovere star bene a qualunque costo. necessario che
il vostro aspetto sia florido, sanguigno, o, per meglio di-
re, sugoso. Non si scherza col sole di Capri.

Letteratura italiana Einaudi 79


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Cesto di dovizie, galleggiante e fiorente sul mare,


lIsola di Capri un composto di cose preziosissime in
cui si armonizzano elementi moreschi, greci e romani,
sopra un fondo roccioso e naturale del pi squisito ba-
rocco. Castelli corsari dominano il paese pi gentile del
mondo, dove tra il verde delle vigne alte e fitte, che sal-
gono con lieve ondeggiamento imitato dal mare fin sotto
le grandi rocce ammantate di macchieti aromatici e mer-
lettate dalberi in cima, spiccano le casette dei contadini
bianche di calcina e senza tetto, come dadi abbaglianti.
Corrono e saffondano tortuose, in mezzo, le stradic-
ciole di zucchero, in un nugolo di polvere al vento che
infarina le viti e gli alberi sui bordi, tra vecchi muri scro-
stati e scuri come il pane di casa, sui quali il sol dagosto
mette splendidi riflessi dun rosso vinoso.
Lodore di Capri casalingo e mangereccio. La soglia
sacra, labitazione ombrosa e gelosa, con piccole fine-
stre che sembrano feritoie e danno su vicoli senza uscita,
cinta da muri e giardini, con logge, terrazze e vaste corti;
e il tralcio della vite che sale ad abbracciarla dal di fuori
murato. Qui i piccioni stanno a casa loro come le ron-
dini sui laghi. Con uno slancio di gioia e di leggerezza
infinita furono concepite le colonne che reggono i per-
golati di cui sadorna ogni viale, ogni terrazza. Talvolta
sadergono bianche, nude, inoperose, quasi a sostenere
la volta del cielo.
Tutte le sere il sole, tramontando dietro lo scoglio di
Anacapri, lascia cadere sulle vigne pi vicine alla riva
una striscia di luce verde bottiglia, mentre in tutto il re-
sto Capri bassa gi in ombra. Il mare prende il colore
delle nuvole. lora in cui con pi nostalgia si guardano
le cime delle rocce dorate e solitarie, che sembrano rovi-
ne di antichissime citt diroccate, e si desidera vederci il
pastore con le capre.

Per aprire la strada che reca ad Anacapri (vogliono

Letteratura italiana Einaudi 80


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

dire un nido di antichi fenici) la montagna stata squar-


ciata e porta ancora i segni e gli sfregi delle mine. Que-
sta la via preferita dogni romantica e turistica passeg-
giata. Si cammina tra rocce altissime che cadono sul
capo e il mare gi in fondo, che attira; il mare del golfo
di Napoli. un continuo andare e venire. Passano, vo-
lando per le curve, tra grandi schiocchi di frusta, nel sof-
fio della grande festivit campana, le carrozzelle minu-
scole e leggere come conchiglie, tirate da cavalli
baldanzosi e sani, con lunghe penne di tacchino e piume
di struzzo di vario colore, erette sulla cervice. Danno
sempre lidea della festa, della baldoria e del corteggio
nuziale.
Ma che dir di quella statua della Madonna di Lour-
des che sorge in vista del mare, a un certo punto della
strada, nascosta nella nicchia naturale di una delle rocce
pi perigliose, un vero duomo gotico, e pi dogni altra
rivestita di edera e di borraccina? La sua veste bianca e
azzurra canta tutto il giorno nella luce. Se ci si volge a
guardarla dal basso, andando a Capri, la si vede in Para-
diso. Sul suo capo piovono le stalattiti. Con la sua rossa
corona di candele accese, che non si spengono n al ven-
to n allacqua, Ella rende sicura la strada di notte, pre-
serva dalle male azioni e dai cattivi pensieri, vigila il ma-
re; e i pescatori possono vederla da lontano, nelle notti
di temporale, perch, oltre tutto, anche un faro. L il
termine del territorio di Anacapri. Di solito non si va
pi in l, passeggiando. C sempre qualche devota su
per la scaletta che porta fino a Lei e, vista da lontano,
pare che danzi nellaria. Le ragazze di Anacapri, quando
ne pensano una nuova, vanno gi alla marina ad accen-
dere il focheraccio in onore della Madonna. E il mari-
naio che di sera passa cantando e pensando allinnamo-
rata, giunto davanti allamorosa immagine, si sofferma
silenzioso, lascia cadere due soldi nella cassetta di ferro
che sta a pi della scala, molto bene assicurata, e tira via
riprendendo a cantare a squarciagola.

Letteratura italiana Einaudi 81


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Quando noi eravamo ragazzi, ci ricordiamo quanta


parte avesse lappetito nelle nostre sensazioni e con qua-
le primordiale e animalesco furore ci mangiavamo il
mondo cogli occhi. Da tale istinto ferino credo che na-
sca il desiderio del bacio il quale non sarebbe altro che
un morso famelico che lamore tiene a freno. Ma noi
qualche volta brameremmo baciare e mordere la terra. Il
bambino raccatta le pietre e le scaglia, simbratta di pol-
vere e di fango. Mescolando acqua e terra, gode un
mondo a fingersi muratore o mattonaio. Cos a noi pia-
ce, destate, accostare le mani alle rocce soleggiate che
odorano di madia o di forno, e nutrirci di quellaria sec-
ca e ardente che emana da esse. Invidiamo la felicit del-
la lucertola, allorch si bea al sole, dilatando il ventre,
sui muri caldi, e per la stessa ragione la compiangiamo
appena laria comincia a rinfrescarsi.
Sotto questo aspetto, Capri un paese per fanciulli,
che fa gola. Lo chiamerei un paese commestibile: tutto
di zucchero e di biscotto. Qui ho riconosciuto le pietre
dei vecchi Diluvi con le quali Rimbaud avrebbe voluto
sfamarsi. Ed qui che mi sono ricordato duna favola,
che si racconta non so pi in quale trib di selvaggi, se-
condo cui la Via Lattea sarebbe una lunga scia di farina
che un mugnaio lasci cadere dal carro, una sera, tor-
nando a casa.

Letteratura italiana Einaudi 82


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

LAGO

I festoni di foglie marcite persi per il lago son la bel-


lezza di questa terra autunnale. E a giugno, sui piccoli
moli, il fregio dei ragazzi nudi.
Lestate dorme sui monti e sulle sponde selvose, lun-
ga distesa, avvolta in un fitto velo di luce e dombra che
i frequenti temporali spazzano e la paziente estate ri-
compone. Altrove i prati verdi ed i pioppi che tremola-
no al vento suonano e scintillano sotto il sole come ve-
tro.
Come volano i pomeriggi in questa terra fatata!
Tra lodor dalloro, appena una breve passeggiata in
mezzo ad alte rocce di lavagna che sudano freschezza,
tra muri anchessi diacci dumidit e vellutati, su cui
spuntano, insistenti come un suggerimento di colore su-
premo, cespugli fitti di margheritine tisiche e polverose,
e cade la morente vitalba piena dimpalpabilit e di vo-
lume. I rami elastici e soleggiati dellippocastano, che
escono di sopra i muri, galleggiando nellaria, fanno
pensare ai lunghi ventagli ad asta che agitano le schiave
orientali.
Mi soffermo davanti alle ville severe e sole.
Le belle facciate scurite e lavorate daglinverni, oggi,
dopo i lavacri della primavera, salutano il verde. Nel
buio di qualche finestra spalancata par che si raduni tut-
to il fosco dombre e di vaporosit vegetali rimasto sui
monti. E dai poggetti cerimonialmente inflorati saspetta
di vedere scendere il minuetto verso le vasche dove le
incredibili ninfee sono fiorite e le fontane asciutte messe
da un lato. E i tempietti neoclassici e le Veneri di pietra
fungose che guardano il lago.
gi sera. Ecco il gruppetto bruno delle setaiole che
tornano da lavorare. Ecco le leste, vereconde e inzocco-
late Lucie. Il fiocco dei lumi lattei si stempera nelle pri-
me nebbioline, laggi, verso Como.

Letteratura italiana Einaudi 83


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Tra poco accenderanno quel grosso fanale verde che


splende la notte in mezzo al lago quale un ricordo, una
nostalgia estrema di tutta la verde giornata.

Ho passato sui laghi lombardi stagioni cos lunghe,


cos felici, che non le dimenticher finch io viva. Mai
non mi scorder di quei monti doro massiccio, di quel-
le blande luci estive, di quelle stradette celesti lastricate
come letti di torrentelli disseccati, che sinerpicano altis-
sime in vista del lago, aperte su panorami di acque e di
montagne sempre pi lontani.
Salivamo ogni sera, per una di queste argentee strade,
io e tre sorelle, non pi tanto giovani, ma gaie come si
conviene, verso un paesino romito, a prendere il caff da
una loro vecchia zia, stata fidanzata ai suoi tempi con un
ufficiale austriaco. E spesso al ritorno, quando cera la
luna, una di esse, la pi lunatica, dava in piccole escan-
descenze e follie.

Chi ha vissuto una sera destate in riva a un lago sa


che cosa sia la beatitudine. Un calore fermo, avvolgente,
sale in quellora dalle acque che sembrano lasciate l, im-
mobili e qua e l increspate, dallultimo fiato di vento
che il giorno andandosene ha esalato e il loro aspetto
morto e grigio. Si prova allora, pi che in qualunque al-
tro istante della giornata, quella dolce infinita sensazio-
ne di riposo auditivo che danno le lagune, dove i rumori
non giungono che ovattati. Come sanno dacqua le pa-
role che dicono i barcaioli che a quellora stanno a
chiacchierare sulla caletta! Come rimbalzano chiocce
nellaria! I rintocchi delle squille lontane arrivano
allorecchio a grado a grado e rotondi, scivolando
dallalto del cielo pianamente a guisa di lentissimi bolidi.
La sera scorre placida, tutta un estatico bambolarsi, un
fluire di cose silenziose a fior dacqua. Naufraga dun
tratto in un chiacchiericcio alto, intenso, diffuso, simile

Letteratura italiana Einaudi 84


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

al clamore duna festa lontana, appena saccendono i lu-


mi, tra le risate e le voci varie e gaie che escono dagli al-
berghi dopo cena e il fragore allegro e plebeo dun pia-
noforte meccanico che giunge dallaltra riva.
Poi tutto sfuma e rientra ben presto nel gran silenzio
lacustre, dove pi non si ode che il battere degli orologi
che suonano ogni quarto dora, a poca distanza luno
dallaltro, da tutti i punti della sponda, e quel soave, as-
siduo scampanio delle reti che i pescatori lasciano anda-
re di sera alla deriva, che fa pensare insistentemente a un
invisibile gregge in cammino.
Nelle notti di luna piena i monti che non la ricevono
sono cento volte pi neri e le vie e i viottoli della campa-
gna paiono tante scie di lumaca.

Nasce il vento dautunno sui monti, gravido di me-


morie. E cala gi furioso, funebre, inebriante, con
lumore della morte e della strage; e fa venir voglia di
cantare. Spoglia le vigne rosseggianti dopo la vendem-
mia e le selve ingiallite. Cos potessio squassare i ricordi
che ingombrano la mia mente come sotto limpeto di
quel vento esaltato si spiccano le foglie degli alberi, si
schiantano i rami, e tutta in terra va a giacere linnume-
revole e folta corona che fu la gloria dellestate. C un
giorno che tutte le formiche escono al bosco a fare il fa-
scio per linvernata. Sopraggiungono, di l a poco, le
lunghe piogge autunnali, simili a un gran pianto dirotto,
interminabile, in cui par proprio che la natura si dolga e
si lamenti di passare. un pianto che sgorga a fiumi, a
torrenti, fa crescere il lago, solca le strade, rovina i ponti
e le prode e dilaga pei campi ostinatamente verdi. I mu-
ri si ricoprono di vellutina, escono i rospi e le salaman-
dre; uomini e donne galleggiano su questo guazzo come
ranocchi. Quando pi nessuno se laspetta, un sole fred-
doloso e mendico, pi prezioso delloro vecchio e del vi-
no stagionato, pi smemorante del pi fino liquore, tor-

Letteratura italiana Einaudi 85


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

na poi, ogni mattina, a trovare le foglie gialle dacacia


che piovono ancora sui davanzali, le foglie secche dei
platani che il vento trascina lungo i viali come degli spet-
tri, e pare non se ne voglia pi andare. Cos pallido, cos
antico, continua talvolta fino a Natale a risplendere sui
monti che sono tutto un seccume e sui giardini sontuosi
e disfatti come cimiteri.

Letteratura italiana Einaudi 86


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

INTERNO

Penso talvolta a tutte le famiglie di cui sono stato in-


quilino, io che non ho famiglia. una materia scottan-
tissima. Ci sarebbe da scrivere un romanzo. Va bene
che, in fondo, io non ho conosciuto se non famiglie daf-
fittacamere, oppure talmente disordinate ed incaute da
ammettere con facilit persone estranee nel loro seno.
Ma non detto che siano le meno cristiane e neppure le
meno interessanti per quel che concerne la vita domesti-
ca. Fatto sta che a questo proposito credo di saperne pi
io che molti padri di famiglia. E mi sono scoperto strane
attitudini alla vita casalinga. Ho gustato per lunghi pe-
riodi, specie in paesi lontani, in luoghi di villeggiatura,
tutti i piaceri e gli svantaggi duna tale vita, pur essendo
il perfetto contrario di quel che si dice un amico di casa.
Sono passato in mezzo a una quantit di famiglie come
uno straniero, un pellegrino o, se volete, un vagabondo,
lasciando per sui miei passi, se lamor proprio non
minganna, quasi sempre dei buoni ricordi.
Le mie padrone di casa, quando io sar morto, po-
tranno testimoniare della mia discrezione e delle mie fa-
tiche. E qualcuna vi dir che nel momento in cui mi li-
cenziavo da lei scoppi in lacrime, dopo avermi trattato
malissimo, per tutto il tempo della mia dimora. Unaltra
potrebbe parlarvi del mio disgraziato amore verso una
delle sue giovanissime figlie; e la pi antica di tutte,
quella che rammento come un sogno, nella luce conven-
tuale duna vecchia casa di Roma, delle legnate che le
somministrava suo padre, per essersi, come dire?, inva-
ghita del suo imberbe inquilino chera lontanissimo dal
sospettarlo e dal rendersi ragione, per conseguenza, di
quelle botte cos frequenti.
Una sola delle mie tante padrone di casa potrebbe
raccontarvi, se fosse ancora al mondo, un doloroso epi-

Letteratura italiana Einaudi 87


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sodio che non torna a mio onore. Ero allora molto gio-
vane, stavo a Roma da poco tempo, e abitavo nelle vici-
nanze della stazione, presso una signora calabrese, vedo-
va e con un solo figlio, impiegato e poeta. Dormivo in
un camerino che riceveva luce e fumo dalla cucina. Il
giovane poeta, uso a rincasare molto tardi, si tratteneva
spesso in cucina, prima dandare a letto, per farsi la bar-
ba. Girando la chiavetta della luce elettrica illuminava di
necessit la mia stanza. Onde io, non ancora addormen-
tato, aprivo gli occhi, e mentre lui si radeva, davanti a
uno specchietto appeso alla zappa del camino, mi per-
devo a immaginare le sue serate, le sue splendide serate
nella Roma di quegli anni, tutta risonante di successi let-
terati e teatrali. Perch questo poeta io lo conoscevo gi
di nome, anzi di pseudonimo, e potete figurarvi la mia
meraviglia nel trovarmi sotto il suo tetto, la considera-
zione e il rispetto che avevo per lui. Eppure, se fossi sta-
to un po meno sulle nuvole, avrei dovuto capire che la
sua vita non era cos felice come io fantasticavo. Fra lal-
tro mi sarei accorto, dalla sua faccia scavata e terrea,
chegli era condannato da un male che non perdona. In-
fatti, due o tre settimane dopo il mio ingresso in casa
sua, col sopraggiungere dellautunno, lidoleggiato poe-
ta, a cui non mi legavano che le mie ingenue fantastiche-
rie, si allett per non pi rialzarsi.
Io lo sentivo tossire di l dalla fragile parete che sepa-
rava le nostre due camere. E quei colpi di tosse, a poco a
poco, invece di muovermi a compassione o, per meglio
dire, insieme con la compassione che non potevo non
avere per quel giovane sventurato, fecero nascere in me
un sentimento di rancore profondo verso la casa che mi
ospitava. Pensavo con terrore e ribrezzo alleventualit
che la madre dellinfelice mettesse nel mio letto i lenzuo-
li del figlio. Laria del mio camerino, gi cos poco sana,
la sentivo ormai infetta, irrespirabile. Mi consideravo
tradito. E tutto il mio segreto malanimo si riversava su

Letteratura italiana Einaudi 88


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

quella povera donna che maveva ricevuto nel proprio


domicilio, ben conoscendo le condizioni del suo figliolo.
Ma se lasciassi credere chio fossi dominato da una sem-
plice e fredda preoccupazione dordine igienico darei
unidea molto piatta e meschina del mio stato danimo.
Davanti a quella brutta avventura che mera capitata si
ridestava in me un antico, infantile orrore verso certe
forme di malattia. Ero ancora fresco di campagna. Cre-
do che io debba essere perdonato per quel che ho detto
e dir in seguito. La giovent spesso egoista e crudele
senza saperlo. Io non avevo allora altro bene che la salu-
te e lo difendevo oscuramente, irrigidendomi di fronte
al male, con lincoscienza propria di quellet. Nondi-
meno mai mi pass per la testa di cambiar casa.
E questa una contraddizione che non saprei spiega-
re neppure con la povert; giacch, volendo, avrei potu-
to procacciarmi le poche lire che mi occorrevano per la-
sciare il mio non raccomandabile alloggio e cercarmene
un altro. Perch rimasi? Forse per pigrizia, imbarazzo,
rassegnazione? Oppure fu un motivo pi nobile, come
chi dicesse delicatezza, che mi viet di sottolineare trop-
po apertamente, con la mia diserzione improvvisa, la
sciagura di quella casa? Certo che rimasi; e niente la-
sciai trapelare dei miei sentimenti che soltanto una ma-
dre meridionale poteva intuire. Un odio silenzioso e tre-
mendo si stabil fra me e lei, specialmente da parte sua.
Evitavamo di vederci, di parlarci. E in queste condizio-
ni, ahim, il tempo seguit a correre senza che io trovas-
si la forza e il momento di bussare alla camera dellinfer-
mo per fargli una visita. Non per timore di avvicinarmi a
lui (laria sua la respiravo gi abbastanza) ma per
quelloscuro stato di disgrazia in cui ero caduto. Di gior-
no in giorno i rapporti tra me e sua madre si facevano
pi cupi. E con quale animo sarei andato al suo capezza-
le? Inoltre, bisogna pur dirlo, io non ero e non mi senti-
vo l dentro che un misero e passeggero inquilino. Ve-

Letteratura italiana Einaudi 89


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

devo, assistevo, soffrivo quella tragedia da estraneo, fra


le pareti del mio stambugio che non mi avrebbe permes-
so di trastullarmi in casa durante il giorno, quandanche
lo avessi potuto e desiderato. Passavo perci le mie gior-
nate fra il lavoro, la biblioteca, i caff, i teatri, affrettan-
domi, la mattina, ad abbandonare il mio triste covo pre-
stissimo, per non tornarvi che a sera tarda, soltanto per
coricarmi. Questa era, del resto, la vita doverosa dun
subinquilino a Roma, in quegli anni. Vita furtiva, evasi-
va, e un po maledetta, che pareva esente da ogni obbli-
go di carit e di religione. Stare in casa il meno possibile
era il primo dovere dun poveraccio che abitasse una ca-
mera in subaffitto. Spesso fra lui e i suoi appigionanti
non esisteva nemmeno la consuetudine del saluto. Ecco
dunque in che modo, poco pi che ventenne, sbalestra-
to, ignaro delle convenzioni sociali, non supponendo di
avere verso chi mi alloggiava altri impegni fuorch di
pagare la pigione, potei commettere il grave errore di
cui mi accuso e che, daltra parte, scontai caramente.
Giacch una mattina la mia piccola e scarna padrona di
casa, vedendomi sbucare dal camerino e avviarmi, come
un ladro, verso luscita, mi ferm sul corridoio coi pi
acerbi rimproveri. Stava ritta in mezzo alla cucina e, sen-
za fare un passo per avvicinarmi, deplorava ad alta voce
la mia mancata visita al figlio, ma con un tono che dice-
va come quel rimprovero, cos giustificato, non fosse, in
realt, che un pretesto. Non di una semplice infrazione
alle buone e caritatevoli usanze quella madre si doleva,
ma di tutto ci che le nascondevo e che lei aveva benissi-
mo indovinato e lungamente sofferto in silenzio. Le sue
veementi parole erano unappassionata reazione al mio
tacito cruccio, alle mie ragioni inammissibili, allincon-
cepibile idea che io potessi non curarmi che della mia
salute e avere qualche obbiezione da fare mentre suo fi-
glio moriva. Unimmensa piet inteneriva la sua voce,
nominando la sua creatura. Ergendosi di fronte a me

Letteratura italiana Einaudi 90


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

con tutta la forza e la maest del suo dolore materno, la


disgraziata vedova, costretta ad affittare un piccolo vano
del suo modestissimo appartamento, sembrava, direi
quasi, reclamare il diritto di avere un figlio malato e il
dovere da parte mia di una solidariet che in quellet
selvaggia non potevo concederle. Le nostre due posizio-
ni erano orribilmente scoperte. E mentre questa inde-
scrivibile scena accadeva, il giovane tossiva nella sua
stanza ed io lo sentivo ormai cos lontano, cos poco esi-
gente, cos estraneo a quel dibattito orrendo, che mi sa-
rei messo a piangere se mai avessi avuto, in vita mia, le
lacrime facili.
Non ricordo come fin questo scontro inatteso. Credo
per che lo sopportassi in silenzio. E di l a poco me ne
andai da quella casa; non prima tuttavia daver ricono-
sciuto il mio torto, chiesto perdono allaffranta donna, e
fatta la mia triste visita al figlio. Me ne andai. Ma non
per le ragioni che si potrebbero immaginare. La verit
che, rimasto a un tratto disoccupato, fosse provvidenza
o castigo, non ero pi in condizione da permettermi il
lusso dun camerino. Sinizi allora un periodo che, per
circa unannata, non sapendo come sfamarmi, dove dor-
mire, potei respirare, sia di giorno che di notte, unaria
fin troppo libera e pura.

Letteratura italiana Einaudi 91


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

LA COMACINA

Ho avuto padrone di casa un po dappertutto: a Ro-


ma, a Milano, a Venezia, a San Remo, sul lago di Como,
a Lugano. Senza contare le proprietarie di trattoria o di
pensione con le quali sono stato a contatto. Soggiorni,
per lo pi, brevi ma intensi, confidenziali, e qualche vol-
ta assai felici come quellestate che trascorsi in un paesu-
colo sopra Cernobbio, presso una famiglia il cui capo
era a Londra a fare il cuoco. Intorno a me non cerano
che donne e bambini, tutti affezionati e servizievoli, sal-
vo il pi piccino che non voleva riconoscermi della ni-
diata e col quale ebbi subito uno scontro fierissimo. Il
paese dove abitavo non un paese ma un gruppo di case
posto sulla via del Bisbino. Vede il lago dallalto, fron-
teggia una montagna: nuda e orrida, detta lInferno, e
sovrasta quellalbergo per miliardari che Villa dEste.
Come io capitassi a Cernobbio sarebbe un po difficile
dire. Ci andai sulle tracce di una bellissima ragazza stra-
niera, conosciuta a San Remo linverno precedente ma
soltanto di vista, la quale, allinizio della primavera, ave-
va lasciato il suo lussuoso albergo sanremese, per trasfe-
rirsi a Villa dEste. Non avendo nessuna speranza e qua-
si direi nessun desiderio di avvicinare questa creatura
straordinaria, usa a trascorrere la sua splendida e malin-
conica esistenza in luoghi come quelli che ho nominati,
mi contentai di seguirla con tutta la discrezione che il
caso richiedeva e fissai la mia dimora in un sito da cui
potessi vederla almeno col cannocchiale.
Sono cose che si leggono, senza buttar via il libro, nei
romanzi. Non capisco perch non dovrebbero succede-
re nella realt. Questa fanciulla stupenda che mi vide
per due intere stagioni sui suoi passi, da una stazione cli-
matica allaltra e che poi torn a incontrarmi a San Re-
mo, senza mai fare una mossa villana, una risata, un ge-

Letteratura italiana Einaudi 92


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sto dimpazienza, uno dei pi squisiti ricordi della mia


vita, un ricordo consegnato alla poesia, giacch uno sfo-
go poetico, in tali circostanze, non poteva mancare, e
qualcuno forse conosce un mio componimento in prosa
ritmata, che sintitola Polacca dove appunto, con la vaga
intenzione dispirarmi alle polonaises di Chopin cercai
di dipingere la figura, il passo e il trasparente carattere
di questa indimenticabile sconosciuta. Ma il bello che
una volta a Cernobbio la persi quasi di vista. Nel grande
albergo del lago di Como ella si era sepolta ormai come
in un chiostro. Poi and a San Pellegrino, a Salsomag-
giore, ed io fui talmente distanziato dalle sue abitudini
che se penso a quellestate le prime cose che mi vengono
alla mente non riguardano lei, bens il paesaggio, le per-
sone in mezzo alle quali vissi per alcuni mesi, come in fa-
miglia, e soprattutto la mia padrona di casa, creatura di
nessuna avvenenza. Anche di costei ho gi parlato, in
una lirica paginetta che ho perfino esclusa dalla ristam-
pa dun mio vecchio libro, e ora vorrei tornare a discor-
rerne un po pi distesamente e alla buona.
Era una donna di media statura ed et, magrissima,
brutta, sdentata, ma singolarmente estrosa e vispa. Non
credo che prima di me avesse ospitato altre persone in
quella sua bianca villetta nuova nuova e sonora, che for-
se era il frutto dei guadagni di suo marito e che, occul-
tando la vista del panorama ad un suo vicino, aveva
creato fra lei e questultimo una situazione abbastanza
fastidiosa. Tanto che anchio, innocentissimo, fui perse-
guitato dallastio di quel possidente a cui avevano tolto
il diletto di poter guardare non so che punto del paesag-
gio dalla sua finestra. Ma tralasciamo certi particolari.
Atteniamoci alla mia piacevole appigionante, la quale
era degna di considerazione per diversi motivi. Donna
di casa perfetta, moglie dun cuoco, sapeva improvvisare
su due piedi una piccola cena gustosissima, facendo bal-
lare le patate sulla padella con unarte incomparabile, e

Letteratura italiana Einaudi 93


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

lavorava dalla mattina alla sera come unape operaia.


Con tutto ci le rimaneva tempo a sufficienza per osser-
vare quel che si dice il creato, le vicende meteorologiche
e stagionali, alla maniera contadinesca, e non gettava
mai gli occhi sul lago, sui monti, senza dirne qualcuna
delle sue. Lestate procedeva spietata, senza il conforto
di un po di pioggia. Schiudendo un tantino la porta sul-
la terrazza, a mezzogiorno, si vedeva il lago, gi sotto,
bollire in unaria fumida e rossa come la pegola dante-
sca. La notte, in camera, non si riusciva a tirare il fiato. E
per tutta quella stagione la mia fantastica padrona di ca-
sa non fece che vagheggiare temporali e piovaschi. Sen-
tiva la pioggia nel vento che passava, la vedeva nelle ac-
que del lago che, secondo lei, erano cresciute (n so
come facesse a percepirlo a tanta distanza) in una nuvo-
la nera che si posasse sulla luna. Certe sere, illusa da uno
di questi segni, si metteva ad aspettare lo scroscio alla fi-
nestra come uninnamorata. Eccola a un tratto serrare
porte e vetri quasi che da un momento allaltro la tem-
pesta dovesse scardinare la casa. Poi di l a poco sospira-
va: passata, Oppure, in tono rassegnato e nostalgi-
co: Vuol dire che va a piovere su in Val dIntelvi. Deve
aver piovuto su in Val dIntelvi, Questo nome beato ri-
suonava spesso al mio orecchio e a poco a poco io finii
per immaginarmi Val dIntelvi come un luogo ideale
perpetuamente rugiadoso e fiorito. I miraggi e le nostal-
gie della brava massaia perseguitata dallafa mi si comu-
nicavano. Ma una notte si scaten finalmente dalle no-
stre parti un vero diluvio. Alla mattina laria era
ventilata e freschissima, il cielo netto, squillante, e udii
la mia donna, che venuta alla finestra, per non so quale
faccenda, notava allegramente: I monti si sono avvici-
nati,
Si arriv cos ai primi di agosto, quando lestate spe-
cie in Lombardia accenna a declinare. Allora, una sera,
inginocchiandosi davanti al fuoco per prepararmi la so-

Letteratura italiana Einaudi 94


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

lita cena, se ne usc in questa bellissima osservazione:


Ma dio, gi si conosce che le giornate si cominciano a
scorciare,
Aveva il dono di esprimersi questa donna. Parlava a
scatti, a sussulti, con una invidiabile propriet di lin-
guaggio e una fantasia che non saprei definire altrimenti
se non settentrionale e romantica. Degna di una ballata
di Brger questa immagine che le scapp un giorno di
bocca, sentendo correre, su e gi per le scale, il suo irre-
quieto bambino, calzato di zoccoli: Quando si muove
lui pare lAnticristo a cavallo, In genere per non si
esprimeva per immagini, ma con parole semplicissime
che ricevevano tono e valore dal grande impeto con cui
le pronunciava. Quelle parole, senza che lei se ne avve-
desse, le costavano molto. Il suo fragile corpo appariva
tutto squassato dal suo tempenoso discorrere. Era diffi-
cile competere con lei nel litigio. Poteva diventare facil-
mente una furia. Allora i gesti pi strambi e demoniaci
gareggiavano con le parole.
Credo che avesse pure qualche facolt medianica,
perch un giorno, mentre me ne stavo in camera, occu-
pato a buttar gi alcune annotazioni sopra di lei, ronza-
va fuori delluscio, avendo intuito, non so come, logget-
to del mio lavoro. N a credere che fra me e lei
potessero correre dei sensi amorosi. Almeno io non me
ne accorsi. Ma il fatto che, a poco a poco, aveva finito
per interessarsi del proprio inquilino ed io non mi stan-
cavo di studiarla come un entomologo pu studiare una
farfalla. La curiosit che destava in me era del tutto let-
teraria, etnica, filologica. E fu cos che, osservando il suo
carattere, mi parve di capire meglio Manzoni, i suoi per-
sonaggi e le sommosse chegli descrive. Era insomma un
buon campione della razza lombarda, anzi comacina:
razza chio non mattenter di definire, ma che certo
assai vivace, risentita e perfino talvolta, specialmente
nelle campagne, un po spiritata.

Letteratura italiana Einaudi 95


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Certe sere splendeva sul lago una luna da Sabba clas-


sico. Allora, con una mezza bottiglia di Barbera in cor-
po, io mi divertivo a crudire la mia rozza e insonne ospi-
te intorno ad alcune diaboliche facezie del Faust. E
bisognava sentirla e vederla ridere. Con quellunico den-
te in bocca, pareva proprio una Forcide, una delle tre fi-
glie di Forco, rimaste a guardia della reggia degli Atridi,
dopo il compimento dei fati; le quali possedevano, fra
tutte, un solo dente e se lo scambiavano a vicenda. Ep-
pure questamabile strega, di grembo angusto e appa-
rentemente infecondo, si ornava, come ho detto, di una
quantit di figli, e se il suo uomo non fosse stato a Lon-
dra avrebbe continuato ad essere non meno prolifica
che laboriosa e intenta a seguire il tempo, i fenomeni co-
smici, umani e sociali, tale essendo la sua prodiga e ope-
rosa natura.

Letteratura italiana Einaudi 96


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

LA VITA QUOTIDIANA

Da una quindicina danni ormai, stanco di vagabon-


daggi e di nuove esperienze domestiche, abito in un
quartiere moderno di Roma, poco lontano dal centro. Il
Tevere separa il mio domicilio dai luoghi che sono solito
frequentare di giorno e segna, per cos dire, il limite fra
me e il mondo. Una distanza minima in apparenza, ma
in realt incalcolabile. Coloro che abitano ai confini
estremi dellUrbe, in vista dei Colli albani o del Soratte,
i nababbi dei Quartieri Alti, non avranno mai quel senso
di allontanamento e distacco dagli affari cittadini che,
per il fatto di dover attraversare un fiume, posso avere io
ogni sera, tornando a casa.
Tutti sanno che cosa vuol dire un fiume, specialmente
in citt: le distanze che crea, le differenze che serve a sta-
bilire fra un luogo e laltro. Ogni sera, tornando a casa,
io ho il senso di varcare una frontiera, di rientrare quasi
nei miei domini. Credo che niente saccordi meglio coi
pensieri e con lo stato danimo dun uomo che torna, un
po stanco, al suo domicilio o ne esce agguerrito quanto
il dover passare un corso dacqua. Lo dice anche lo stor-
nello romano: Ve d la bona sera e passo ponte, Que-
sto uno dei principali motivi per cui a me piace e mi
diverte abitare in Prati.
Il ponte che percorro abitualmente quello che ha
sostituito lantico traghetto di via Ripetta, da cui si scor-
ge di notte, in tempi normali, il faro dai tre colori che
splende sulla vetta del Gianicolo: bellissimo saluto
allinizio del pi pittoresco, del pi trafficato fra i ponti
romani moderni.
Tale passaggio dilettevole appunto perch traffica-
to. La gente che vi sincrocia sui marciapiedi va lesta,
senza tuttavia rimaner sorda alla preghiera del mendi-
cante che proprio a questo varco ti aspetta per farti pa-

Letteratura italiana Einaudi 97


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

gare il pedaggio; poich, a parte che a Roma ben di rado


si nega un obolo a chi lo chiede, le persone che attraver-
sano un ponte sono singolarmente disposte alla carit.
Su questo chio dico, in certi giorni dinverno, con tra-
montane fortissime, si possono vedere eleganti signore
frettolose arrestarsi, togliersi il guanto con cura e cerca-
re a lungo nella borsetta una sperduta monetina da rega-
lare a un cieco, a una mano implorante. Sono spettacoli
che non disdicono alla caritatevole Roma, avventure che
capitano sui ponti. Quel senso di vuoto, da cui siamo
colti l sopra, ci richiama, si direbbe, alla precariet del-
la vita. La vista del fiume ci dismemora, ci alleggerisce.
E guai a noi se cedessimo alla tentazione di affacciarci su
quelle acque che gorgogliano contro i piloni, sinabissa-
no sotto i nostri piedi, per tornare, di l dal ponte, a flui-
re tranquille, ineluttabili. A forza di guardare labisso,
dice Nietzsche, finirai per cadere nellabisso. Ah, come
incredibilmente attirante seguire il corso dun fiume,
sdraiarsi con la fantasia nel suo letto! Forse per questo
le persone che rimangono troppo a lungo affacciate ad
un ponte destano sospetti. Occorre andar lesti nella di-
vertente e vertiginosa atmosfera fluviale.
Poco pi gi, verso San Pietro, le sensazioni che d il
Tevere sono indubbiamente pi ricche, le sue sponde
pi ridenti, il paesaggio pi illustre. Ma l la natura so-
praffatta dal costume, dalla storia. Passando di notte per
Ponte SantAngelo non puoi far a meno di pensare a
Marozia, ai Crescenzi, a Ottone III, al Giubileo dante-
sco, a Cesare Borgia, e magari a quel povero babbeo del
cardinal Vitelleschi, mio celebre concittadino, il quale,
da vicario del Papa, capitano della Chiesa, terrore del
popolaccio romano e dei baroni laziali e marchigiani,
fin a un tratto prigioniero in Castello, per un inganno
tesogli dal castellano sul ponte levatoio, mentre marcia-
va alla testa dun esercito di quattromila fanti e duemila
cavalli. Vedete quanti ricordi, quali pensieri, pu susci-

Letteratura italiana Einaudi 98


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

tare, nel fuggevole transito, uno di quei ponti religiosi e


monumentali della vecchia Roma, che fanno di tutto per
nascondere la loro essenza e linfido elemento che scor-
re l sotto.
In Prati invece il Tevere non ha storia. un fiume co-
me tutti gli altri, un fiume da canottieri, scortato da
grandi alberi frondosi e queruli, sorvolato spesso, in pie-
no inverno, da nuvoli altissimi di stornelli, e non porta
se non messaggi del tempo che fa sui monti. Guardan-
dolo di sfuggita non nel senso della deriva, ma contro-
corrente, io penso alla valle tiberina, alle belle campagne
umbre, ai pascoli che lalmo fiume lambisce nel suo per-
corso. E a quel modo che le sue acque argillose, ombra-
te di verde, mi ricordano costantemente la terra etrusca,
le sue catastrofiche piene mi rallegrano come la visita di
qualche mio compaesano. Quel po di contatto che, vi-
vendo in citt, riesco a mantenere con la natura, con le
stagioni, con le mie proprie origini, lo devo insomma a
questo modestissimo ponte che sono costretto ad attra-
versare due volte al giorno. In esso per me il simbolo
del passaggio e della distanza. Tanto che, a volte, indi-
pendentemente dal sole e dai venti che lo flagellano, mi
sembra che tutta la fatica del mio cammino consista nel
sorpassare quel breve tratto e prendo un autobus o una
carrozzella soltanto per andare da un capo allaltro.

Quando io esco di casa e vado verso la societ, verso


il mondo, il Tevere , ai miei occhi, una specie dAche-
ronte, da pensarci due volte prima dattraversarlo, ma al
ritorno, di notte, un vero Lete. Giunto allaltra riva
non ho pi memoria di quel che mi sono lasciato alle
spalle e niente di spiacevole potrebbe pi capitarmi, se
non fosse uno strano incontro, che faccio regolarmente,
col guardiano dun gran negozio di mercerie situato sul
mio cammino. Ci vediamo da anni e anni e costui non
s ancora convinto, si direbbe, che io non sono un la-

Letteratura italiana Einaudi 99


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

dro, anche se ho labitudine di rincasare ad ore piccole.


Lo trovo quasi sempre seduto e sonnecchiante nel vano
dun ingresso del negozio: quello dangolo, che d su
una via trasversale, poco illuminata. Ma basta che mi ve-
da o senta i miei passi perch si alzi, battendo i piedi sul
selciato come un cavallo che aombra, e faccia la sua bra-
va ispezione alle numerose vetrine del popolare magaz-
zino e anche alle saracinesche di qualche bottega pi su;
la qual cosa gli permette di pedinarmi per un buon trat-
to senza che io abbia motivo di risentirmi o di protesta-
re. Il buon guardiano fa il suo dovere. Chi potrebbe im-
pedirglielo? Ma per quale singolare associazione didee
si rammenti del suo dovere quando passo io, un miste-
ro che vorrei chiarire.
Intanto chiaro che egli si giova di me come duna
sveglia. Il bravuomo approfitta del mio passaggio per
controllare le sue vetrine, allo stesso modo che le mas-
saie di Knigsberg, scusate il richiamo forse un po or-
goglioso e non del tutto appropriato, aspettavano il ri-
torno di Kant dalla sua passeggiata mattinale per buttar
gi la minestra. E questo accade immancabilmente.
una persecuzione, un incubo notturno a cui potrei sfug-
gire soltanto sobbarcandomi a sacrifici maggiori, cio a
condizione di cambiar itinerario, passando per un ponte
che non mi garba affatto, oppure per una triste via albe-
rata e sbagliatissima, dove non si vede mai nessuno e che
io evito di notte come di giorno. Inutile dire che preferi-
sco lincontro col povero guardiano occhialuto, che non
riesco a odiare, nonostante me ne dia, da tanto tempo,
cos fondato argomento.
Sul portone di casa mimbatto, di solito, in un altro
personaggio che sinteressa di me senza darlo a vedere e
sta in agguato del mio ritorno per motivi assai pi fami-
liari e comprensibili. Questo personaggio non possiede
le chiavi del suo paradiso. il gatto del mio cortile, un
vecchio gatto forastico e ciondolone, con una grossa fac-

Letteratura italiana Einaudi 100


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

cia baffuta da Gatto Mammone. Venne tempo fa dalla


Toscana, col nuovo portiere, e si subito meravigliosa-
mente acclimatato attorno a quella aiuola che fiorisce in
mezzo al cortile, della quale ha fatto la sua giungla. Non
ho intenzione dindugiarmi a lungo sopra le sue malefat-
te notturne e diurne. Mi limiter a dire che tutti i disor-
dini, tutti i rumori sospetti che, trascorsa una certa ora,
possono allarmare la quiete di questo decoroso e vigila-
tissimo fabbricato, dandovi la sensazione pi certa che
la notte, qua dentro, cominciata, sono da attribuire al-
la sua irrequieta e demoniaca presenza. lui che funesta
le mie lunghe veglie dinverno coi suoi amori dannati,
che mi fa trovare, al mio ritorno in casa, il secchio delle
immondezze scoperchiato e rovesciato sulla soglia, che
tresca fra i vasi allineati su un muro, sotto la mia fine-
stra, facendone cadere sempre qualcuno e fuggendo, in
quellatto, spaventato. Spesso, purtroppo, mentre sono
gi nel cortile e sto per raggiungere un porto sicuro, il
colpevole e diffidente animale, sbucando non si sa di
dove, mi taglia la strada alla voltata, o si fa cogliere a fru-
gare in qualche secchio, su un pianerottolo, la qual cosa
lo induce a svignarsela catastroficamente, saettando fra
le mie gambe, gi per le scale, con una di quelle formi-
dabili fughe che fanno venire la pelle doca a chi ha la
disgrazia di suscitarle.
Con tutto ci io e lui siamo amici, senza dimostrarce-
lo troppo, alla maniera gattesca. Abbiamo, com facile
intendere, alcune cose in comune. Entrambi abituati a
vegliare di notte e a dormire il giorno, ci si scontra in
quelle ore quando laddormentato e spettrale edificio
sembra non avere altri abitatori che noi due. Come
avremmo potuto, alla lunga, rimanere indifferenti luno
allaltro, non venire, diciamo cos, a un compromesso?
E una sera che pioveva e io rincasavo pi tardi del solito
capii chiaramente come questo gattaccio, apparso da
poco nel mio cortile, mavesse gi fiutato, si fosse reso

Letteratura italiana Einaudi 101


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

conto appieno del ritmo della mia esistenza e nutrisse


nei miei riguardi persino un certo affetto, forse in omag-
gio alla regolarit delle mie abitudini e al mio felino at-
taccamento ai luoghi. Se ne stava al riparo, accucciato,
sulla soglia duna bottega, a un passo da casa mia. L per
l non lo riconobbi e mavvicinai per accarezzarlo. Allo-
ra egli apr la bocca, e fu con un senso di piacevole sor-
presa e ribrezzo che io vidi rilucere, nelloscurit e nella
pioggia, due bellissime fauci color rosa. Maffrettai a ri-
tirar la mano temendo che volesse mordermi. Invece se
ne usc in uno gnaulo inatteso, indefinibile, che era un
vero e proprio rimprovero. Non so se mi sbaglio, ma eb-
bi limpressione che mi rimproverasse desser tornato
cos tardi, come se fra me e lui esistesse non so che tacita
intesa. Rimasto chiuso fuori, esposto allacqua, elemento
odiosissimo per un gatto, a quanto si pu giudicare, sta-
va l ad aspettarmi. Infatti, appena mi mossi verso il por-
tone, salt gi dalla soglia, mi segu come un cagnolino e
approfitt del mio ingresso per rientrare nei suoi posse-
dimenti.
Quasi ogni notte accadono cose del genere. Sia che lo
tormenti il desiderio dentrare o duscire, spesso e vo-
lentieri, tornando a casa, lo trovo sul portone o dietro.
Io gli d il passo naturalmente. Come uno che capisce a
fondo i motivi di queste sue capricciose e polemiche vo-
glie, cerco di venirgli in aiuto con la massima discrezio-
ne, con tutta laccortezza che necessaria per non inso-
spettirlo, essendo assai difficile, come sapete, rendere
un servizio a una bestia e in particolar modo a un gatto.
Ed egli mi ripaga qualche volta, nellatto in cui, ricon-
quistato il suo caro cortile, savvia, con dissimulata im-
pazienza, verso larboreo nascondiglio, rispondendo al
mio richiamo con una regale alzatina di coda.
Qui tutto. Eccovi presentato lunico inquilino di
questo gran casamento col quale sia riuscito a fare ami-
cizia.

Letteratura italiana Einaudi 102


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Limmenso edificio dove abito conosciuto da tutti i


vetturini romani col nome di palazzo delle colonne o
palazzo dellAvvocatura Erariale,
incredibile come questa seconda prerogativa sim-
ponga ai botticellari dellUrbe e come la mia importan-
za, la mia autorit siano assicurate dal momento che sal-
go in carrozza e d lindirizzo del mio domicilio.
LAvvocatura Erariale s trasferita altrove da un pezzo,
lasciando il posto a un centinaio circa di famiglie che
hanno cominciato a farsi notare soltanto da quando s
diffusa la radio. Del resto, devo riconoscere che gli at-
tacchi della radio alla mia solitudine sono tanto insolenti
quanto svogliati, fuggevoli e poco persuasi; e non si pu
immaginare, in complesso, un cortile pi taciturno, pi
ordinato, pi inanimato di questo. Poco discosto dal
centro duna grande e rumorosa metropoli, in uno dei
quartieri pi popolari di Roma, il cortile in questione,
forse a motivo delle sue austere tradizioni giuridiche,
lalbergo del sonno, un luogo incantato o, se volete, la
reggia del cattivo umore. Di quando in quando, per
qualche notte, si ode il frignare dun neonato, ma lo
scandalo subito soffocato, prima che io faccia in tem-
po a preoccuparmene. Il nastro bianco alla maniglia del
portone; il portone chiuso a met, sono i soli avveni-
menti che mi ricordano la vita e la morte qui dentro. E
mi domando come sia possibile nascere e morire senza
emettere un grido. Inutilmente ho cercato di spiare gli
amori, le gioie, le tragedie dei miei coinquilini. In tanti
anni di dimora in questo cortile non sono riuscito a sco-
prire un segreto. I miei stessi padroni di casa, che dor-
mono muro a muro con la mia camera, dnno prova
duna discrezione disumana. Non solo non russano, ma
evitano, direi quasi, di respirare. La loro discrezione
tale che, data la mia condizione di subinquilino, io vivo
in mezzo a loro in una solitudine irrimediabile, circon-
dato da un vuoto pneumatico. Il mio ritorno in famiglia,

Letteratura italiana Einaudi 103


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

una qualunque sortita dalla mia stanza, sono sottolineati


da luci che si spengono, da porte che sbattono, da voci
che sabbassano, da conversazioni che sinterrompono.
E il bello che tutte queste cose mi piacciono, mi con-
vengono, corrispondono esattamente, oltre che alla mia
stessa maniera di comportarmi verso i miei ospiti,
allidea niente affatto edonistica, anzi un po penitenzia-
le e fratesca, che io ho del domicilio. Non per niente
abito qui da tanto tempo. Vuol dire che mi ci trovo be-
ne. E la mia sola preoccupazione di non morirci, ossia
di non dare alle persone che hanno la bont di ospitarmi
lestremo disturbo.
Anni addietro colei che una strana deficienza della
nostra lingua mi costringe a chiamare la mia padrona, ri-
mase incinta. Durante questo periodo, a un certo punto,
per non so quale orgoglioso pudore, cominci a farsi ve-
dere sempre meno, finch scomparve addirittura. Della
sua presenza nellappartamento non avevo pi ormai
che percezioni auditive. E fu cos che in una mattina
dinverno, mentre i minuti passavano senza che io avver-
tissi i soliti rumori della sua levata, in un silenzio grave
ed enorme, venne al mondo una bambina, che ha trova-
to nel suo regno una porta chiusa, una regione inviolabi-
le e uno strano personaggio di cui credo non si sia resa
ancora ben conto. Questa bambina spuntata come il
grano sotto la neve ed io la sentii nascere, in quel silen-
zio straordinario, in quellaltissimo e muto stupore che
sera impossessato di tutta la casa.

Letteratura italiana Einaudi 104


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

INSONNIA

Alla fine dogni sua giornata linsonne torna a sentirsi


deluso, insoddisfatto, come se aspettasse ancora qual-
checosa che doveva accadere e non accaduto, qualche-
cosa chegli sa benissimo che non avverr mai perch
non esiste. Purtuttavia laspetta. Aspetta il sole di mez-
zanotte. Una vaga scontentezza lo assale sul punto di co-
ricarsi. E si meraviglia della docilit e della fretta con cui
gli uomini, in genere, ubbidiscono alla necessit del ri-
poso. Vede le persone, di sera, salutarsi da lontano, bru-
scamente e senza nessuna piet, come chi desideri ta-
gliar corto; le compagnie disgregarsi; tutti imitare e
seguire lesempio delluomo casalingo, che diviene con-
tagioso a una certa ora. incredibile il nessun timore,
anzi limpazienza che gli uomini dimostrano, a questo
punto, di ritrovarsi a tu per tu con se stessi, la loro im-
perturbabile disposizione a dormire quel che si dice il
sonno del giusto, come se il giorno fosse stato abbastan-
za lungo e pieno di opere e di compensi degni. una fu-
ga precipitosa verso il domicilio, una diserzione in mas-
sa. Buona sera, buona notte. Parole che significano:
finita non c altro da aggiungere, Parole che suonano
come va in malora, il pi delle volte; intendendo le
quali linsonne prova unimpressione di solitudine enor-
me, si sente abbandonato e tradito da tutti.
Gli che per lui il passaggio dalla veglia al sonno e
dal sonno alla veglia non facile. Per nessuno meglio
che per linsonne vero il detto che la notte porta consi-
glio. Ma guai allo sconsigliato il quale, tornando la sera
nella propria camera, si trova a un tratto faccia a faccia
con la sua dimenticata solitudine che lo respinge come il
fiato duna caverna. Quanto difficile per uno stomaco
delicato digerire un cibo pesante, altrettanto a lui gra-
ve la vita. Le impressioni del giorno, di qualunque natu-

Letteratura italiana Einaudi 105


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ra esse siano, gli si ripresentano, appena chiude gli oc-


chi, sotto specie di nausee, di rimorsi o di cattivi sogni.
un grido, una rivolta implacabile della carne per tutto
quanto egli ha sopportato vilmente, per la nessuna cura
che s data di difendersi da uninfinit di cose che, du-
rante il giorno, rappresentano per lui un pericolo assi-
duo e la notte unossessione. Cos tutte le volte chegli
l per varcare il fiume del sonno, la memoria e la co-
scienza gli ostacolano il passo.
In questo terriccio dindisposizioni e insoddisfazioni
assurde ha radice la sua insonnia. Per combattere la
quale ci vuol altro che gli alcaloidi! Speriment tutti i
narcotici, per anni e anni. E ha finito col rassegnarsi al
proprio destino che, per esser tale, deve avere le sue
buone ragioni.
Linsonnia chiama linsonnia. Quello che glimpedi-
sce daddormentarsi, allora la prevenzione, il terrore
con cui si mette a spiare il sonno che non viene, che
sempre pi intanto si allontana da lui, fino ad apparirgli
inconcepibile e paurosissimo, n pi n meno che la
morte. In verit egli ha paura di morire in quel punto. E
se si liberato da questangoscia non per altro che per
averla scacciata insieme col sonno.

Ci si mettono le stagioni coi loro mutamenti e i ca-


pricci del tempo: la natura che tutta folle in ogni sua
manifestazione e momento. La fastidiosa primavera non
gli concede se non sonni agitati, a fior dacqua. Il tempo
che muta in meglio lo desta sempre troppo presto, pi
crudele della sveglia delle caserme. E specialmente ne-
mica del suo dormire la felicit quando viene a turbar-
lo. Soltanto lebbrezza, la crapula, la disperazione, le
perdite al gioco, costituiscono per lui un riposo certo,
infallibile, sono il suo vero narcotico. E quando sar
giunto allinferno la prima cosa che domander sar un
letto.

Letteratura italiana Einaudi 106


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

In un mondo senza pi memoria n speranza, dormi-


rebbe profondissimamente. Ma non gli parlate, per ca-
rit, dun sonno che sia compatibile con lesistenza. Non
crediate chegli possa dormire con la mente rivolta a
qualche desiderabile oggetto, con lidea del domani, con
una speranza nel cuore, col pensiero dun appuntamen-
to. Egli ha bisogno, per prender sonno, di dimettersi
ogni sera, di sdraiarsi come se non si dovesse pi rialzare
in quellodiata tomba che ormai divenuto il suo letto;
vigilato da un cattivo angelo, unico testimone chegli
pu tollerare al suo sonno.
Rispettate linsonne il quale veglia mentre voi dormi-
te, sentinella perduta in una tenebra senza fondo. Egli
il custode, il guardiano del vostro sonno, colui che lo vi-
gila come qualcosa dinquietante. Lalta notte lopprime
simile a una lunga sincope, a uno straordinario incanto
del tempo. E solo allorch, allalba, le ore cominciano di
nuovo a correre, si decide a smontare la guardia. Nel
mondo ridesto, dorme allora, cos bene e tranquillamen-
te che nemmeno le cannonate, i fulmini, gioverebbero a
svegliarlo. Dorme come un morto. Intere stagioni passa-
no fuori della sua finestra mentregli sta dormendo. Si
desta sul crepuscolo, esce di casa incalzato dalla furia di
rincorrere quellultima ora che gli sfugge. Abbiate piet
dellinsonne. La sua disgrazia di non poter dormire
mentre tutti dormono e di aver bisogno, per prender
sonno, di essere cullato dal suono delle campane e dai
lieti rumori del giorno che nasce. Vorrebbe che la vita
non sinterrompesse mai e finisce per esserne cos an-
noiato che una delle ragioni per cui torna, a periodi, a
fare della notte giorno appunto il desiderio di sottrarsi
alla faticosa monotonia di questultimo.
Perde in tal modo tutto il suo tempo. E dorme, quan-
do dorme, sopra un cumulo di cose lasciate a met, im-
perfette, di questioni che rimarranno insolute in eterno.

Letteratura italiana Einaudi 107


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ASTRID
ovvero
TEMPORALE DESTATE

In una malinconica estate dellaltro dopoguerra, men-


tre lItalia era afflitta da molti guai e incombeva su di es-
sa perfino un sospetto di colera, partii da Milano, una
mattina, per recarmi in un paesino del lago di Como,
dove mi proponevo di passare alcuni mesi in operoso
raccoglimento. Avevo rimandato quella partenza allinfi-
nito, secondo il mio solito, e adesso che mi ci ero deciso
capitai proprio manco a dirlo, in un giorno di sciopero.
Sicch, alla stazione Nord, mi tocc di salire su un treno
pilotato da studenti, dove tutti viaggiavano senza bi-
glietto. A Como una pi ingrata sorpresa mi aspettava:
lo sciopero si estendeva ai battelli. Non era del tutto na-
turale quel senso di infinito riposo auditivo da cui fui
subito colto arrivando in vista delle verdi e tranquillissi-
me acque del Lario, nelle prime ore del pomeriggio. Vi
si aggiungeva qualche cosa dinsolito, vorrei dire una
morte apparente, che non tardai a spiegarmi vedendo il
lago nettamente sgombro dimbarcazioni. Come prose-
guire il cammino che ora mi premeva di portare a termi-
ne al pi presto? Per il paese a cui ero diretto, situato a
un dipresso nei luoghi dei Promessi Sposi, un autobus
partiva alle otto di sera. Non ebbi pazienza di aspettarlo.
Noleggiai un motoscafo che qualcuno venne ad offrirmi,
e filai per via dacqua. In piedi col vento in faccia,
nellora pi dorata del giorno estivo, filai davanti alle
statue della Villa Carlotta e ad altre innumerevoli ville in
fiore e paesaggi assolati e bellissimi, che si succedevano
velocissimamente.
Alle otto di sera, mentre avrei dovuto partire da Co-
mo io mi compiacevo dessere gi a cena, sulla terrazza
di quellalbergo che avevo scelto a caso, ma non potevo

Letteratura italiana Einaudi 108


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

non scegliere, perch, oltre ad essere daspetto modesto,


quale a me conveniva, sta a due passi dalla caletta e fu il
primo a venirmi incontro. bene chiarire che il destino
mi condusse in quellalbergo. Se no la mia storia non
avrebbe pi senso.
Ora il lettore ascolti e si meravigli. Su quel disprezza-
to autobus viaggiava colei che sarebbe stata, di l a poco,
la mia perdizione, Astrid, linsospettatissima Astrid, cor-
reva sulle mie orme. Gi insediata nel mio albergo, in un
giorno cos poco propizio, coi battellieri in vacanza, ave-
va fatto una gita a Como, quasi per darmi il benvenuto;
e adesso tornava sui suoi passi con lunico mezzo di cui
potesse disporre. Se io avessi seguito le vie ordinarie, mi
sarei imbattuto con lei sulla corriera, lavrei conosciuta
subito, appena messo il piede su quella riva, tanto al de-
stino urgeva metterci a fronte. Ma la mirabile occasione
venne a mancare. La divina occasione che forse avrebbe
potuto far prendere alla nostra avventura tuttaltra piega
e magari impedire che accadesse, fu evitata. Io vidi
Astrid, con una sua amica ( inutile dire che il mio
sguardo cadde immediatamente su lei) irrompere sulla
terrazza mentre stavo per alzarmi da cena. Tornavano
tardi e piene dappetito, festosamente accolte da altre
donne che, sedute ad un tavolo proprio di contro al
mio, le aspettavano mangiucchiando. E questo piccolo
episodio mi sorprese stranamente. Io ebbi allora una
specie di presentimento, una rivelazione confusa, a cui
non badai. N so in che modo potei stabilire con tanta
fulminea certezza che le due ragazze venivano da Como
e ricostruire il mancato incontro, dato che Astrid e le
sue amiche parlavano una lingua che non conosco. So
che questo uno dei ricordi pi vivi, pi folgoranti, del
mio romanzetto con Astrid, il qual romanzetto, iniziato-
si, non senza mia riluttanza, qualche settimana dopo il
mio arrivo, parrebbe non avere alcun rapporto con
lepisodio in questione. Ma chi pu dire quando, come
nasce un amore?

Letteratura italiana Einaudi 109


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Leroe di questo racconto non , ad ogni modo, uomo


da ammettere con facilit lintervento del fato nella sua
comune esistenza. Eroe di sfortuna, cattivissimo gioca-
tore, egli sar il primo a non dare alcun peso alla miste-
riosa circostanza che ho cercato di fissare, a stimarla una
semplice coincidenza, una combinazione insignificante,
e lotter accanitamente contro il palese avvertimento
damore, sebbene poi linutile tenzone dovr conchiu-
dersi, come le battaglie descritte da Omero, secondo il
preordinato volere degli Dei.

Il modesto albergo dove io mero affrettato a deporre


le mie pesanti valige (pesanti soprattutto perch conte-
nevano molti libri), non ha altro pregio se non di essere
il pi antico del luogo e ricorda veramente, col suo
aspetto scalcinato e romantico, i tempi del Fra Diavolo.
Di simili vecchi alberghi da cospiratori e da amanti cele-
bri ne ho visti a Lugano. Quello di cui parlo, chiamato
Hotel de Genve, non merita forse neppure cos illu-
stri raffronti. Situato, come ho detto, a poca distanza
dallimbarcadero, nel punto darrivo e di partenza della
corriera di Como, si offre piuttosto al commesso viag-
giatore che al villeggiante ed una specie dosteria della
posta. Un caff aperto al pubblico, sotto un portichetto
infestato dalle tremende mosche lacustri, svela il caratte-
re promiscuo del locale, rispondente ai gusti e alle con-
suetudini del piccolo commercio lombardo. Caff e al-
bergo sono per nettamente distinti. E a sommo del
portichetto, in comunicazione con la sala da pranzo, si
eleva una terrazza, grazie alla quale i felici pensionanti
dellHotel de Genve possono cenare allaperto,
guardando il lago e starei per dire il mondo dallalto.
Particolarit preziosissima, che occorre tener presente
per spiegarsi le cifre inverosimili a cui arrivava il conto
della settimana.
Il proprietario di questa locanda era un terribile uo-

Letteratura italiana Einaudi 110


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mo inquartato e sanguigno, uso ad esercitare la sua pro-


fessione in modo assolutamente perentorio. Sia che i
magri affari dellannata lavessero inasprito o che egli
manifestasse, nel suo comportamento, la propria indole,
il fatto che trattava i clienti come ostaggi, sottoponen-
doli a vere taglie di guerra. Avido, industrioso, attivissi-
mo, faceva tutto lui. Cominciava con landare alla pesca
delle trote, per procacciarsi gratuitamente quel cibo che
bisognava pagar caro in ragione delle sue fatiche e della
gloria stessa che vantava nel porgerlo, come frutto della
sua valentia di tiratore di fiocina, che a sentir lui non
cera leguale in tutto il paese, ed esigeva, per conse-
guenza, un soprappi di riconoscimento. Eccolo in cuci-
na, portate in tavola, sorvegliar landamento delle came-
re. Quasi quasi avrebbe rifatto anche i letti, se la dignit
e la decenza non lo avessero costretto, per questufficio,
a servirsi duna cameriera nostalgica, la quale veniva da
Milano ogni anno a far la stagione e voleva esser coman-
data con cautela, potendosi ferire facilmente. Un picco-
lo aiuto il laborioso esercente lo riceveva pure, o almeno
avrebbe dovuto riceverlo, da una sua figliola giovanissi-
ma: un pezzo di ragazza tarchiata e maschia, ma con la
testa piccola in proporzione del corpo, e la frangetta dei
capelli sulla fronte, come una donna di Renoir; che cam-
minava buttando i piedi molto avanti e mettendo in mo-
stra, a cagione della corta gonnella, in grande uso a quei
tempi, due polpacci mirabili. Non priva, per dirla con
Manzoni, di quella grazia un po guerriera delle nostre
contadine, Ma solo in rapporto al fisico; giacch, in
quanto al carattere, la bella comacina era assai pi sgar-
bata che forastica. Si capiva che il servire a tavola non le
andava a genio. Aveva malinconie da signorina borghe-
se, in aperto contrasto col suo aspetto robusto e villerec-
cio, e appena sbrigate, in fretta e di malavoglia, le sue
faccende, correva a rincantucciarsi in sala da pranzo o
sulla terrazza, col romanzo in mano. La chiamer Ange-

Letteratura italiana Einaudi 111


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

lina. Il romanzo chella divorava in quei giorni era Mit


di Virgilio Brocchi.
Angelina aveva poca simpatia per me, che usava qua-
lificare, in mia assenza, genericamente e con poco ri-
guardo, il giornalista, Me ne accorsi fin dalla prima
sera, durante la cena, grazie alla sua dispettosa e sfug-
gente maniera di servirmi. Tutte le sue garbatezze, le sue
nostalgie, andavano a quel tavolo dirimpetto, gaiamente
ornato da ben quattro ragazze forestiere, vivacissime,
vestite coi colori pi festosi che lestate pu suggerire; le
quali ridevano, si alzavano ad ogni momento, sotto loc-
chio indulgente duna donnetta, apparentemente fatta
di miele e di giulebbe, molto meticolosa e lenta nel man-
giare, che poi seppi essere la madre di due di quelle fan-
ciulle e moglie dun console norvegese residente a Pari-
gi.
Il rimanente della clientela consisteva in due coniugi
inglesi di mezza et, seduti ad un tavolo alla mia destra.
Persone abbastanza fini, a giudicare dallaspetto; che
tuttavia se non fossero esistite sarebbe stato lo stesso,
tanto poco si poteva supporre di entrare in dimestichez-
za con questi due commensali. Nelle mie vicende amo-
rose non ebbero alcuna parte e se li ricordo soltanto
per dare unidea dellambiente in cui queste vicende fio-
rirono. Luomo appariva giovane ancora, bench delica-
to, logoro, la donna un po pi anziana, al tramonto del-
la sua bellezza, di uneleganza preziosa. Entrambi
appartati, riservati. Non si curavano di altro che dun
ravviatissimo can barbone color cioccolata, oggetto su-
premo di interessamento e forse unico punto di contatto
di quella coppia taciturna e dignitosamente triste.
Tale dunque lalbergo dovio conobbi Astrid, in quel-
le singolari circostanze che ho accennate in principio,
col terrore del colera in giro e tanti altri assai pi reali
malanni che funestavano il nostro paese. Quasi nessuno
quellanno and in villeggiatura e i pochi forestieri va-

Letteratura italiana Einaudi 112


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ganti per la penisola potevano usufruire, negli alberghi


semivuoti, di una comodit eccezionale. Mentre le citt,
strabocchevoli di popolazione, piene di truppa smobili-
tata, ma non svestita, di reduci disoccupati, che affolla-
vano i comizi e si colluttavano per le vie in grigioverde,
erano in preda ai peggiori disordini, le nostre stazioni
climatiche pi lussuose, i monti, i laghi, le spiagge, offri-
vano al raro e sperduto villeggiante uno spettacolo
squallidissimo.
In quellalberguccio, uno dei pi affollati di tutto il
paese, le sette persone che ci avevo incontrate non ebbe-
ro ad aumentare, n diminuirono, fino a tanto che io vi
rimasi. E si aveva limpressione di essere in un rifugio al-
pestre, bloccati dalla tormenta.
Ognuno, al mio posto, trovandosi prigioniero di
quattro giovani donne, si sarebbe affrettato ad uscire dal
proprio riservo, se non altro per obbligo di galanteria o
di solidariet nella disgrazia. Eppure (chi lo credereb-
be?) nonostante il fatidico inizio io lasciai passare quin-
dici giorni senza cercar di conoscere le mie piacevoli
coinquiline e compagne di solitudine, ponendo anzi
ogni mia cura a tenermene lontano, quantunque le intra-
prendenti fanciulle, che si dovevano molto annoiare in
quel deserto ritiro, mi facessero lonore di manifestarmi
ogni sorta di curiosit e di attenzioni. Per circa due setti-
mane, sordo a ogni invito, a ogni lusinga, io gareggiai coi
due inglesi nel difendere il mio splendido isolamento.
N questo il solo particolare ridicolo duna storia che a
pi dun lettore parr forse troppo semplice.
Quando si arriva in un paese per la prima volta si
sempre un po astratti e disorientati. Soltanto i commes-
si viaggiatori non patiscono di questo male. Per me il
viaggiare sempre stato una catastrofe. E tutto lincanto
dessere in un paese che non conosco dura quanto pu
durare il mio sogno. Una volta che mi sono reso conto di
dove sto e delle persone che mi circondano, addio, rico-

Letteratura italiana Einaudi 113


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

mincia la noia di esistere. Ci spiega la mia difficolt a


far conoscenze di ferrovia o dalbergo, la mia nessuna
tendenza a viaggiare in carovana, e via discorrendo. So-
no un viaggiatore insocievole.
Mi rammento duna curiosa avventura capitatami in
treno, una notte, fra Milano e Roma. Viaggiavo in se-
conda. Il mio scompartimento era pieno zeppo e un bel-
lo spirito, di quelli che si incontrano appunto in ferro-
via, pareva essersi proposto di passar la nottata in allegra
veglia, approfittando largamente della presenza di una
signora sola per dirne e farne intendere dogni colore. In
pochi minuti ciascun viaggiatore stim doveroso cavare
dal portafoglio il proprio biglietto da visita e far com-
butta con quel faceto individuo, la signora compresa.
Cos venne a formarsi la pi chiassosa combriccola di
buontemponi che si sia mai vista in uno scompartimento
ferroviario. Non cero che io che mi ostinassi a rimanere
taciturno in un angolo, col naso al finestrino, mostrando
chiaramente di non voler essere della partita. Una cos
strepitosa allegria, una tale programmatica ilarit, mi
avevano messo di malumore. A lungo andare il mio po-
co solidale contegno fin per essere notato e per imba-
razzare alquanto, specie nei momenti in cui, come acca-
de, lilarit illanguidiva. In quei penosi intervalli mi si
gettavano di traverso certe occhiatacce, piene di livore,
di odio, che avrebbero disarmato chiunque. Nonostante
ci, io persistei nel mio atteggiamento per quanto fu
lungo il viaggio, pi irrigidito del giacobino nella carroz-
za di Boule de suif, ma senza fischiettare la Marsigliese.
La mia protesta era tremendamente silenziosa.
Venne il mattino che tutti apparivano disfatti per il
sonno perso e abbrutiti dal ridere. Allora qualcuno, a
pochi chilometri da Roma, tir fuori una bottiglietta di
non so che liquore e servendosi di un bicchierino dallu-
minio (uno di quei bicchierini che si svitano dalla botti-
glia stessa, cui fanno da tappo) ne offr un sorso ad ogni

Letteratura italiana Einaudi 114


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

persona presente, quasi a suggello dellindimenticabile


notte. Io fui escluso, beninteso, ostentatamente escluso.
E questa punizione me la tenni come ben meritata.
Nel caso particolare, oltre alla naturale pigrizia e timi-
dezza, io avevo le mie buone ragioni, per condurmi co-
me ho detto. Il lettore mi ha gi capito. Contavo di lavo-
rare, in quellestivo ritiro, e non mi sorrideva troppo
lidea di perdermi in avventure sentimentali. Infine po-
teva anche darsi che quelle sbrigliatissime ragazze si vo-
lessero prender gioco di me. Anzi era pi che probabile.
Io ne ero certo senzaltro. Giunsi cos al punto che in-
contrandole di sera a passeggio, lungo riva, e sentendole
ridere da lontano senza dubbio al mio indirizzo, fuggivo
a nascondermi tra gli alberi. Non parlo di ci che mi ac-
cadeva in albergo, allora dei pasti, bersagliato comero
da una quantit di commenti chiarissimi, sebbene
espressi in una lingua incomprensibile, da occhiate im-
pertinenti, da risatine continue, cui non si peritava di as-
sociarsi quella donnina morbida e anzianotta, seduta a
capo tavola, che avrebbe dovuto dare il buon esempio e
che, al contrario, pareva approfittare della distrazione
delle ragazze per abbandonarsi inosservata alla sua golo-
sa lentezza manducatoria. Non potevo fare una mossa
che non suscitasse uno schiamazzo in tutto quel galli-
naio. Durante il giorno, mentre me ne stavo chiuso in
camera, cercando di spremere un po di sugo dal mio fa-
ticoso cervello, mi si ricordavano al pianoforte, dalla sa-
la da pranzo, a suon di Tipperary (era quel tempo) e val-
zer di Miaskowski. La sera poi, sul punto di coricarmi,
due di esse venivano ad una finestra superiore alla mia e
l rimanevano lungamente a bisbigliare e ridacchiare
ogni volta che vedessero passar la mia ombra sul muro
di faccia. Proprio serano messe in testa di non darmi
pace. La mia resistenza le esasperava. Combattevamo
ormai una tacita guerra da cui milludevo di uscir vinci-
tore, senza pensare che, a poco a poco, ci avevo preso

Letteratura italiana Einaudi 115


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

gusto ed ero quindi gi debellato. Notai che la pi im-


pertinente di tutte, la pi sfacciata, in siffatte imprese,
era anche la pi goffa, cio la figlia minore del console,
che poi fin per accettare la corte del medico del paese.
Mentre la pi sorniona e costante, la pi traditora, coi
suoi sguardi lunghi e fatali di sotto le ciglia, era per lap-
punto Astrid. Ohim, in questa forma il gioco cominci
a piacermi. E presto il guardarci cos fissi e di nascosto,
da un tavolo allaltro, divent una dolcissima consuetu-
dine.
Meraviglia dellamore con gli occhi. Volutt infinita,
privilegio della timida e ardente giovent, piacere per-
fetto che sparisce nel momento in cui fra due esseri che
si sono cos naturalmente scrutati e comunicati non c
pi quella magica e ignota distanza. Piacere felino, gat-
tesco.
Amai in tal guisa donne che neppure conobbi, se-
guendole da un paese allaltro, camminando sulla loro
traccia fuggitiva come Apollo dietro Dafne, come Teseo
guidato dal filo dArianna, ma senza fare un passo di pi
per raggiungerle. Esse si dileguarono e a me non rimase
che il ricordo di una stagione felice.
Con Astrid purtroppo le cose andarono altrimenti.
Con lei fui condotto ad allungare il passo. Un bel giorno
mi trovai di l da quella soglia che avevo tanto esitato a
varcare. Ed eccomi in mezzo ai guai.

Dal seguito di questo racconto si vedr chi era Astrid.


Io non intendo far psicologia, n scandagliare gli abissi
del cuore femminile. Narrer i fatti come realmente si
svolsero, senza curarmi di nascondere lingenuit e
quasi ridicola inesperienza con cui furono da me vissuti
e sofferti. Dir solo che, a giudicarla dal di fuori, non si
sarebbe potuto immaginare nulla di pi pacificamente
borghese di questa ragazza, figlia di un legatore di libri
di Cristiania, impiegata nel negozio paterno e non certo

Letteratura italiana Einaudi 116


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

superiore, quanto a levatura mentale, ad una delle no-


stre signorine di studio. Parlava linglese come la pro-
pria lingua, cosa non rara tra gli scandinavi, e un poco
anche il francese, ma con una pronuncia tedesca, che mi
ricordava spesso il banchiere alsaziano di Pre Goriot.
Non conosceva una parola della nostra lingua. Ignorava
Ibsen. La sua voce strascicata e nasale poteva essere
quella duna vecchia o duna bambina lunatica.
Di aspetto grande e formoso, con la fronte alta, i ca-
pelli biondi e sciolti, la pelle finissima, rosea, sotto la
quale si vedeva scorrere il sangue, le spalle ampie, soste-
nute e ben arcuate, i larghi occhi umidi, cupamente az-
zurri, sarebbe stata fisicamente perfetta se alla fiorita
opulenza dei fianchi e delle braccia divinamente tornite,
degne di Nausicaa, avesse fatto riscontro un seno un po
pi rilevato e, per meglio dire, meno avaro. Cos ella in-
carnava una figura di Vestale o di atleta femmina, ma
senza nulla di acerbo n di aggressivo nei modi, anzi pi-
gra sedentaria e taciturna per natura, bench allenata ad
ogni genere di sports, a cominciate dal flirt. Viaggiando
sola tra la Norvegia e lItalia ne aveva filato uno in ferro-
via, con un signore attempato, e un altro in Inghilterra
presso la famiglia che lospitava, con un giovinetto di se-
dici anni. Per conto suo non poteva essere pi che ven-
tenne ed era tanto sviluppata nelle membra quanto spi-
ritualmente immatura.

Uscivamo ogni giorno soli dopo colazione, cio nelle


ore pi roventi del pomeriggio, incuranti della canicola,
per lunghe passeggiate a piedi o in barca, giovandoci ta-
citamente il pretesto delle lezioni ditaliano e dinglese
che avremmo dovuto scambiarci ma di cui regolarmente
ci dimenticavamo. Le prime volte, camminando a fianco
di lei, che mi sorpassava in altezza di quasi tutta la testa,
mi pareva di camminare sul vento. Ero cos felice, mi
sentivo soffocare dalla grazia di quelle prime confidenze

Letteratura italiana Einaudi 117


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

a cui temevo di non poter corrispondere in maniera ab-


bastanza degna. Io ero trascinato, vicino a lei, come in
una nuvola odorosa, e quando la vedevo sdraiata in bar-
ca non mi saziavo di contemplare quel suo corpo giova-
ne e ricco di leonessa. Avrei voluto baciarla mentre dor-
miva, prenderla di soppiatto e di furto. Portava per
solito un abito di seta celeste, a fiori, entro cui le sue for-
me giocavano liberamente, e uno scialle mezzo spagno-
lo, bianco avorio, sulle spalle. Era labito che pi le do-
nava, labito della nostra prima passeggiata di sera
quando lei, bisticciatasi con le sue compagne che gi co-
minciavano a tormentarla, corse da me, ed io, innamora-
to pazzo, inebriato da quella piccola fuga notturna, riu-
scii ad esprimermi e comportarmi in maniera da
convincerla di avere incontrato un poeta, Cos vestiva
anche il giorno che un mio gesto bast a far crollare il
suo radioso castello dillusioni. Quel giorno, alla solita
ora, il barcaiolo ci aveva lasciati in un giardino di ma-
gnolie, a cui si poteva accedere dal lago, quanto per via
di terra. In piedi, fra quelle piante odorose e frondose,
Astrid mi mostrava la schiena e teneva un braccio sospe-
so al ramo dun albero. A un tratto mi avvicinai e le posi
una mano sulla spalla. Si volt di scatto, con una faccia
avvampata e serissima. Vous tes fou disse a bassa vo-
ce, come se temesse che qualcuno, allinfuori di me, po-
tesse udirla. E questa sua femminile prudenza accrebbe
enormemente la gravit del mio gesto. N io seppi ca-
varmela con uno scherzo. Quindi un imbarazzante silen-
zio si stabil fra noi due. Uscimmo da quel giardino qua-
si subito. Varcando strade e campi, ciascuno immerso
nei propri pensieri, ci trovammo, senzaccorgercene, a
prendere il t in un paesino di pescatori alquanto lonta-
no dal nostro. Qui non si pot pi continuare a tacere e
la parola amore fu pronunciata per la prima volta.
Ora Astrid appariva del tutto rasserenata. Quel tacito
camminare le aveva giovato evidentemente a riprender-

Letteratura italiana Einaudi 118


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

si, a riordinare le proprie idee. Loccasione di definire i


nostri rapporti non poteva giungere per lei pi opportu-
na. Con incredibile tranquillit e freddezza, con la sicu-
mera duna bambina che saccinge a recitare una parte o
a sostenere un esame a cui s preparata da lungo tem-
po, ella mi dichiar che non mi amava, che non
mavrebbe mai amato, insistendo crudelmente su questo
punto: che io lasciassi ogni speranza. Ammetteva, benin-
teso, che avremmo potuto rimanere buoni amici lo stes-
so. Ma quanto allamore non voleva sentirne parlare, lo
escludeva nel modo pi assoluto, per il momento e per
sempre, giacch lei, concluse dopo un attimo di esitazio-
ne, abbassando gli occhi (e credo che dicesse il vero e
che avesse ragioni da vendere) lei non poteva amare che
uno sportsman. Per convincermi che le sue parole erano
sincere occorreva questultimo argomento; e mi mise
unallegra disperazione nel cuore. Ah dunque non mi
amava! Mero ingannato. Tanto meglio.
Chiamai con insistenza il cameriere, pagai, e proposi
di tornare allalbergo. Non potevo rimanere un minuto
di pi con una donna che mi aveva fatto simili dichiara-
zioni. Ero pieno di uno strano cruccio, col sangue rime-
scolato, come se avessi patito chiss quale affronto. Un
furore pazzo mi aveva messo le ali ai piedi, sicch la po-
verina, quantunque sportiva e di gamba lunga, faceva fa-
tica a seguirmi e, spaventata forse dalle conseguenze del
suo discorso, tirava a rallentare la marcia. Non le dissi,
lungo la strada, una sola parola, n credo che la mia fac-
cia fosse tale da incoraggiarla ad affrontare il mio silen-
zio. Sulla soglia dellalbergo la salutai seccamente, deci-
so a non guardarla mai pi.
Come io passassi la serata il lettore se lo pu immagi-
nare. Cera da quelle parti, ospite onorario di un albergo
di gran lusso, un mio amico pittore (pittore di genere e
alla moda) che in quei tempi di inflazione, a Milano,
guadagnava fior di quattrini e, per di pi, approfittando

Letteratura italiana Einaudi 119


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

elegantemente delle sue relazioni col mondo milanese,


riusciva a procurarsi delle magnifiche villeggiature gra-
tuite. Non ci vedevamo quasi mai. Quella sera per do-
vetti riconoscermi troppo solo e infelice per poter di-
sprezzare quel piccolo conforto che la sua costante
amabilit mi assicurava. Andai dunque a trovarlo e fu
con questo provvidenziale compagno che mi recai a ce-
na il pi lontano possibile dalla mia pensione e dal paese
stesso, in una taverna del lago di Lecco, dove mangiam-
mo del pesce fritto, innaffiato da alcune bottiglie di
buon vino bianco. La mia lirica esaltazione era parago-
nabile a quella che pu suscitare una grossa perdita al
gioco. Ci che io provavo in tale circostanza era il piace-
re di sentirmi puro e a posto nella disgrazia, la volutt
del supplizio. Lontano dalla donna amata e che non mi
amava, orgogliosamente e volontariamente lontano, io
andavo centellinando la mia tortura minuto per minuto,
me ne ero ubbriacato, e per prolungarla oltre il limite,
allo scopo di non rimetter piede in albergo prima che
Astrid fosse andata a dormire, la volgevo in riso, intrat-
tenendo il mio saggio amico, presunto uomo di mondo,
con la descrizione delle mie pene damore che lo sollaz-
zavano anche troppo. Tornammo verso le nostre abita-
zioni a notte inoltrata. Tutto il paese dormiva, a finestre
chiuse o spente. Nel grande silenzio lacustre non si udi-
va che la solita ninna nanna dei campanelli delle reti che
i pescatori, di sera, lasciano andare sul lago alla deriva.
Giunti che fummo sulla deserta piazzetta, in vista del
mio albergo, io guardo automaticamente da quella par-
te. E che vedo?
Che cosa vedo, mio Dio?
Astrid era l, nel buio della terrazza, contro ogni sua
consuetudine, seduta e avvolta in uno scialle nero, in at-
teggiamento fermissimo, quasi statuario, da far pensare
alla moglie dun pescatore che stia scrutando in una not-
te burrascosa il ritorno duna barca che forse ha fatto

Letteratura italiana Einaudi 120


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

naufragio. La mia sorpresa non fu cos viva come si po-


trebbe credere. Era troppo profonda per venire subito
alla superficie. Forsanche io avevo inconsciamente desi-
derato e previsto ci che i miei occhi scoprivano adesso
senza apparente stupore. Fatto sta che seguitai a cammi-
nare col mio lento passo, a discorrere come se nulla fos-
se, tanto che la persona che mi accompagnava, non
avendo motivo di guardare sulla terrazza, non ebbe al-
cun sospetto dellaccaduto, che io tenni per me, o me-
glio, elusi, allontanai, fino allultimo, rimanendo ancora
a lungo, sulla piazzetta, con quella straordinaria felicit
che occupava il mio animo, a ragionare e perfino ad ac-
calorarmi di cose che non minteressavano minimamen-
te. Passati alcuni istanti Astrid si alz e scomparve. La
rividi la mattina dopo e, senza che io le chiedessi nulla,
cadendo quasi tra le mie braccia, non ebbe difficolt a
confessare che per tutta quella tremenda serata non ave-
va fatto che aspettarmi e desiderarmi.
Le nostre passeggiate continuarono. Ma ormai non
cera giorno che qualche nuovo accidente non interve-
nisse a turbare la nostra amicizia. Io mi comportavo, a
dire il vero, con disperata leggerezza. In preda a un con-
tinuo delirio, non riuscendo a trovar riposo in quellav-
ventura cos inevitabilmente fuggevole, avrei voluto
convincere Astrid che lamore un gioco, una burla,
una pazzia. Invece lei aveva ben altre opinioni in materia
e si crucciava di tutto e di nulla, secondo il momento.
Vous me traitez comme une cocotte, era il suo ritornel-
lo. Ogni giorno doveva essere lultimo delle nostre amo-
rose peregrinazioni, non ci saremmo pi guardati. E
ogni sera, prima di coricarci, veniva alla finestra a sus-
surrarmi che mi perdonava. Qualche altra volta, poi,
sempre di sera, accadeva a lei di lasciarsi andare a mani-
festazioni di tenerezza un po soverchie, dandone la col-
pa alla luna.
Sulla via delle tante piccole concessioni a cui sera la-

Letteratura italiana Einaudi 121


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sciata condurre avevo trovato un punto interdetto, una


proibizione assoluta: quella di baciarla in bocca. Il gior-
no in cui accadde il gran fatto, ella non si ribell. E fu
lungo. Ma poi sbott a piangere, mi scagli tra le lacri-
me uno sguardo dira infantile, e se ne usc in questapo-
strofe. Vous navez, rien de sacr, Capii allora, ma
troppo tardi, chella aveva sacrificato la sua bocca, la sua
bocca che sapeva di rosa, allo sportsman che doveva
sposarla. Ebbi anche quella sera bisogno del suo perdo-
no. Me lo fece sospirare un po pi del solito, poi me lo
concesse. Ed ecco in che modo fin lavventurosa gior-
nata.
Mi aveva sussurrato il suo je vous pardonne e indu-
giavamo a chiacchierare sommessamente, nel silenzio
della notte, da una finestra allaltra. La sua era al piano
di sopra, ma di fianco alla mia, e poich le nostre due ca-
mere davano sul lago non si pu immaginare un paesag-
gio pi incantato e sognante di quello che avevamo da-
vanti agli occhi. Io ero felicissimo, fuori di me dalla gioia
che anche quella sera fosse scesa sul mio capo la sua be-
nedizione. Se no, come avrei potuto dormire? Ecco
adesso che il gatto dellalbergo, visitatore assiduo della
mia camera, salta sul davanzale e mi si va strofinando ai
panni irrequieto. Pi lo scacciavo, pi lui tornava a far le
fusa addosso a me. Col dorso inarcato, la coda ritta, ron-
fava e brontolava, strusciandomisi al gomito, come una
pila bollente. Quel gatto sentiva il temporale che sareb-
be scoppiato la notte stessa. Quel gatto sentiva lamore
di cui vibrava il mio essere. A un certo punto, per libe-
rarmene, mi viene in mente di collocarlo sul cornicione
che passava sotto la mia finestra, non proprio a portata
di mano, ma quasi. Concepire una simile balordaggine
ed eseguirla fu cosa dun attimo. Una volta gettato l so-
speso nel vuoto, nellimpossibilit di saltare in istrada,
per la troppa altezza, quanto di risalire, lanimale si
trov smarrito e si accovacci cheto cheto, quasi avesse

Letteratura italiana Einaudi 122


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

coscienza di essersi meritato quel piccolo castigo. Ora


per si trattava di riprenderlo, cosa difficile a cui non
avevo pensato: difficile appunto per quella piccola di-
stanza che intercorreva fra il cornicione e la mia mano.
Cominciavo a rendermi conto delle conseguenze della
mia prodezza. Gi immaginavo i lagni del gatto durante
la notte, le proteste del vicinato e lo scandalo che ne sa-
rebbe seguito il giorno dopo in albergo e per tutto il
paese, ma pensavo soprattutto ai due inglesi. Che stupi-
do scherzo! E Astrid che me lo aveva lasciato compiere
senza fiatare, quasi ad incoraggiarmi col suo silenzio,
Astrid che aveva assistito tranquillamente a tutti i miei
vani tentativi di salvataggio, si decide infine ad interve-
nire per chiedermi con una punta di malignit infantile
nella voce assonnata, come avrei fatto adesso a togliere
la bestia da quella singolare situazione. Io ero deciso a
tutto, pur di evitare lo scandalo che temevo, e non cera
che scendere sul cornicione, alto quanto basta per rom-
persi il collo cadendo, ma risposi che mi sarei accinto
allimpresa, come infatti desideravo, non avendo nessu-
na voglia di esibirmi in un esercizio a cui mi sentivo cos
poco portato, quando lei si fosse ritirata.
Faites-le maintenant, implor la crudele, con voce
piangente addirittura.
Sfido chiunque a resistere a una simile preghiera. E in
quelloccasione specialmente. N io attesi che la pre-
ghiera si rinnovasse. Conoscevo troppo Astrid per non
sapere a quali conseguenze sarei andato incontro esitan-
do. Mi calai fuori dalla finestra, posi i piedi sul cornicio-
ne e, aggrappandomi con una mano al davanzale, rac-
colsi con laltra il micio, sotto gli occhi della mia bella
che, forte del suo buon diritto, non aveva rinunciato ad
impormi quellatto di coraggio disperato e buffissimo. Si
trattava di una altezza non inverosimile, per di pi il
cornicione era abbastanza sporgente e comodo. Ma io
soffrivo di capogiro, sono il contrario assoluto duno

Letteratura italiana Einaudi 123


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

sportsman, e si dovr convenire che una tale prova


damore, data in presenza duna spettatrice cos esigen-
te, non poi del tutto ordinaria.
Quanta pericolosa felicit, quanti affanni, quante fol-
lie, in meno di un mese. Addio lavoro, addio amici, ad-
dio a tutto. Nella mia mano si leggono i segni di tre o
quattro tempeste amorose che avrebbero devastato la
mia esistenza. Sono tracce di antichi rivolgimenti e dilu-
vi, non meno remote, rispetto al breve corso della vita
dun uomo, di quelle che il geologo discopre nelle pie-
ghe della terra. Uno di questi cataclismi fu certo il mio
incontro con Astrid. Quando accadde io avevo trenta
anni ed ero in un punto assai delicato della mia parabola
di scrittore. Tutte le altre storie o mattane damore che
posso aver avuto prima e in seguito non furono che
uninezia in confronto a questa. Contro le rive di quel la-
go propizio ai dolci riposi, quanto alle pi funeste perdi-
zioni, la navicella del mio ingegno non dir che facesse
naufragio, ma certo si aren per un tempo incalcolabile.
E trovo fra le mie pagine pi ingiallite un pensiero di
quei giorni, che mi sembra opportuno trascrivere: La
vita di un uomo non fatta, in sostanza, che duna serie
interminabile daccidenti. Lavventura, limprevisto, so-
no, pi spesso che non si creda, i veri fili conduttori del-
la nostra quotidiana esistenza. Guidati in gran parte dal
caso, noi intrecciamo amori, amicizie, facciamo i nostri
affari o il nostro danno, secondo il carattere. Che poi
lunico dato sicuro e permanente in questo caos di com-
binazioni.
Io fui sempre sorpreso dallamore in momenti nei
quali mi proponevo di raccogliermi e di lavorare. Tutte
le volte che mi prefissi di fuggirlo. Quando meno me lo
sarei aspettato. Allora unoccasione di perdermi, sulla
mia strada, non manc mai.
Cimbattemmo, per nostra disgrazia, in unestate pio-
vosa. Quasi ogni giorno, uscendo, ci pigliava lacqua, ma

Letteratura italiana Einaudi 124


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

faceva cos caldo che la polvere delle strade, percossa


dai goccioloni, mandava odore di cartucce appena spa-
rate. E queste acquate ci costringevano a lunghe soste,
in luoghi fuori mano, dove si aspettava invano che spio-
vesse, con gran dispetto di lei che non riusciva mai a tro-
varsi puntuale in albergo allora del t e pregiudizio dei
nostri rapporti. Tornavamo ad ore impossibili, inzuppa-
ti fradici, accolti da un silenzio glaciale. Se ci ripenso, mi
pare che quella mia con Astrid, pi che una storia
damore, sia stata una storia dacquazzoni.

La famiglia del console, presso la quale Astrid tra-


scorreva le sue vacanze in viaggio, aspettava di giorno in
giorno i passaporti per raggiungere a Parigi il rispettivo
marito e padre. Non dunque da credere che Astrid e le
sue amiche fossero in Italia per rimanervi, n molto, n
poco. La loro meta era unaltra. In tempi come quelli a
cui mi riferisco soltanto il caso, un disguido, potevano
averle condotte su quella riva, dove stavano sempre sul
piede di partenza, in una specie di quarantena che, per
essersi prolungata oltre il previsto, si trasform a poco a
poco in un soggiorno vero e proprio, in una villeggiatura
quasi normale. Ma tutto poteva finire da un momento
allaltro. Quei passaporti erano la mia spada di Damo-
cle. E chi s trovato qualche volta nella sala daspetto
duna stazione, in compagnia di una persona amata,
pronta a spiccare il volo per un lungo viaggio, pu avere
unidea, bench vaga, delle circostanze estremamente
angosciose e precarie in cui questa mia storia si trascin
per circa due mesi e del mio stato danimo.
La diplomatica famiglia si componeva, come ho det-
to, di una minuscola signora garbatissima, furbissima e,
come tutte le persone tenere di corteccia, abbastanza
dura di cuore, e delle sue due figlie. Cera con loro, nella
stessa condizione di Astrid, unaltra ragazza, anche lei di
Norvegia, bionda e piccola come una bambola. Non

Letteratura italiana Einaudi 125


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

parlava litaliano, n il francese. Ella dunque per me era


sordomuta. Si faceva sentire per al piano abbastanza.
In tutta questa lacrimosa storia fu certo la pi innocen-
te, ad ogni modo la pi discreta, e la ricordo con gratitu-
dine. Ma il mio racconto volge ormai rapidamente alla
fine. Lascio di conseguenza la piccola norvegese al suo
tranquillo destino, per occuparmi un poco della figlia
maggiore del console, personaggio assai meno innocen-
te; la quale, da parte sua, non aveva nulla che potesse in-
teressare la mia fantasia, se non forse il fatto di essere
maritata con un ufficiale della marina inglese, sbalzato
in India allindomani del matrimonio: maritata per una
notte. Questo particolare venne riferito da lei, dalla so-
rella e dalla madre, con goffa compiacenza, come qual-
che cosa di romanzesco, che rialzava le sorti dellintera
famiglia e conferiva alla detta signora, agli occhi delle
sue pi giovani amiche, un fascino indiscutibile. Si pre-
parava adesso a raggiungere il legittimo consorte, pas-
sando per Parigi. Ma pare che una volta l trovasse di
gran lunga pi divertenti le botes di Montmartre e
Montparnasse che tutte le vagheggiate meraviglie
dellIndia lontanissima, di cui aveva tanto vanamente di-
scorso, in previsione del suo viaggio, da essersene stan-
cata prima di vederle. Per la qual cosa il marito, esatta-
mente informato sui gusti eccentrici della poco delibata
moglie, si affrett a chiedere il divorzio e lottenne. E il
curioso che lepilogo di questo matrimonio durato
ventiquattrore io venni a conoscerlo, alcuni mesi dopo,
da una di quelle incredibili notiziole del Corriere della
Sera, che si stimano generalmente inventate e sono in-
vece, a giudicare da questo caso, verissime. Il mondo
piccolo e lEuropa pettegola.
Costei era lamica migliore di Astrid. Natura ama i
contrasti. Avanti chio capitassi in quellalbergo stavano
sempre insieme, inseparabili. Fu con lei chio vidi
Astrid, la prima sera, tornare da Como. Erano loro che

Letteratura italiana Einaudi 126


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

venivano a cinguettare sopra la mia finestra, ricordando-


mi, scusate il paragone, il cinguetto di Sonia e Natascia
la sera che il principe Andrea viene ricoverato nella loro
casa. Astrid che nei propri confronti non ammetteva
gelosia, sostenendo il principio ben noto e femminilissi-
mo che quando un uomo ama una donna deve fargli
piacere tutto quel che la rende felice, mi aveva formal-
mente vietato dinteressarmi di questa sua amica e sol-
tanto di lei.
Certo unamicizia assai stretta legava le due giovani
donne, cos profondamente diverse. Giacch non era il
caso dilludersi sul significato di quella proibizione, con
la quale Astrid, anche a voler supporre in lei unombra
di gelosia, un po di ruzzo amicale e femminile, non mi-
rava ad altro che a non guastarsi con la cara compagna e
a conciliarla al suo amore. Impresa difficile, come vedre-
mo. Piccolo dramma segreto, che io sfiorai direttamen-
te, senza badare ad approfondirlo, e spiega molte cose
che allora mapparvero incomprensibili.
Al contrario della sua nobile amica la figlia maggiore
del console era una comune borghesuccia aggressiva e
pungente. Rammento le arie di superiorit che si dava in
famiglia, da brava ragazza appena maritata, per la quale
il matrimonio non era stato forse altro che un mezzo di
emanciparsi dalla tutela domestica. Non bionda, ma
scura di capelli e di carnagione, comella sosteneva deb-
ba essere il vero tipo della norvegese (allusione diretta e
poco benevola ad Astrid, che infatti aveva sangue svede-
se dal lato materno) la sua figura di falsa magra poteva
dirsi elegante; sebbene avesse, nonostante laltezza,
qualche cosa di troppo minuto e compresso che faceva
pensare ad una gemella. Un intenditore nostrano, affe-
zionato ai diminutivi, lavrebbe definita un bel corpici-
no, E un uomo un po pi accorto di quel che io non
fossi si sarebbe senza dubbio orientato verso di lei, per
giunta maritata, situazione classica. Invece io, non sol-

Letteratura italiana Einaudi 127


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

tanto avevo commesso lerrore di non notarla, ma, per


colmo dinopportunit, mi ero innamorato proprio della
sua amica pi intima. Niente di pi naturale che la spo-
sina di una notte potesse vedermi come il fumo agli oc-
chi, pur senza lasciarmelo trapelare in alcun modo, se
non da qualche involontaria ironia, da qualche inespli-
cabile tono di rimprovero, che le sfuggivano di tanto in
tanto; anzi facendomi il miglior viso del mondo, discor-
rendo, passeggiando con me. E pressappoco alla stessa
maniera, ipocritamente amichevole e irreprensibile, so-
levano comportarsi nei miei riguardi la madre e la sorel-
la di lei, che erano, per chi non lavesse ancora capito,
una famiglia di brutte.
Cos il mio amore procedeva tempestoso, in mezzo ad
ostilit dogni genere e, quel ch peggio, segrete ostilit
di donne.
Elles disent que vous me tuerez. Quando la cara
fanciulla mi rivel questo timore grottesco, probabil-
mente simulato per spaventarla o insinuatosi in quelle
deboli menti per il fatto di vedermi dimagrito come un
gatto randagio, annerito dal sole come un beduino, io
non ebbi neppure la forza di sorridere, tanto ero ormai
divenuto insensibile e sordo a tutto ci che non riguar-
dasse la mia felicit pi immediata. Ma quelle nordiche
donne, e soprattutto, io credo, la pi ambigua fra di es-
se, lamica prediletta, operavano indefessamente per in-
durre Astrid ad allontanarsi da me; e le loro occulte op-
posizioni se non riuscivano ad ottenere leffetto
desiderato, erano per sufficienti a tormentare la mia
esistenza. Ogni giorno trovavo Astrid, senza un motivo
plausibile in apparenza, eroicamente decisa ad abban-
donarmi, a rientrare nellordine, salvo ad uscirne poche
ore dopo. Disperata, sempre in lacrime, in guerra con
me e col piccolo mondo che la circondava, chiese consi-
glio, per lettera, a sua madre, non so poi a quale scopo.

Letteratura italiana Einaudi 128


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Il responso materno fu, comera da prevedersi, negativo.


Ah tutto mi veniva contro!
Tornando la sera dalle nostre passeggiate io leggevo
qualche cosa di ostile perfino negli occhi degli abitanti
del luogo, che son gente dura e cruda; e particolarmente
di quelli che stavano ad osservarci sulla soglia delle bot-
teghe.
A met luglio si respirava in quel paese, in quellal-
bergo, unaria afosa e sinistra, resa pi esasperante dalla
vista dellindaffarato e apoplettico albergatore, che ir-
rompeva glorioso in sala da pranzo tenendo alto sulle
due mani il piatto delle sue trote fumanti, pescate da lui,
come se portasse in tavola il ciborio, per mostrare poi,
allora del conto, la sua vera faccia di autentico discen-
dente di qualche stirpe di contrabbandieri o briganti del
luogo. Il contegno di Angelina si faceva sempre pi iste-
rico. La cameriera guai a domandarle un servizio. In
questo venale soggiorno, privo di ogni umana consola-
zione, dove tutto adesso, a cominciare dalla cornice pit-
toresca, mi appariva ordinato allo scopo di persuadere
al suicidio, Astrid era un angelo cattivo, che lasciava
passare le giornate intere senza guardarmi e mi faceva
soffrire per dei nonnulla pene indescrivibili. Pericolosa
ragazza, la cui naturale inclinazione a tormentarsi e a
tormentare non aveva certo bisogno di essere incorag-
giata. Nordica fino ai capelli, piena di una preconcetta
sfiducia verso loggetto dei suoi sogni, sentiva lamore
come una specie di boxe, una colluttazione, un castigo,
una perpetua punizione da infliggere allindegno. Il che
non le impediva di essere fondamentalmente una crea-
tura tenerissima. E forse mai era tanto occupata ad
amarmi, a volermi bene, come quando mi negava tutto
di lei, perfino lo sguardo. Per tutte queste ragioni, pur-
troppo, io avrei commesso qualunque pazzia pur di pro-
lungare allinfinito quella sciagurata esistenza. Mi sarei
arrampicato sui tetti, avrei fatto luomo mosca, per quei

Letteratura italiana Einaudi 129


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

rari istanti di felicit che la volubile e lunatica Astrid mi


concedeva.
Veniva spesso, dopo cena, sotto la nostra terrazza, un
concertino di mandolini, e lei, sempre amorosa a
quellora, col capo appoggiato ad unantenna della ten-
da, mormorava guardandomi languidamente: Cest ro-
mantique!, Poi le ragazze uscivano a passeggio ed io le
seguivo a distanza. La sera era calda e piena di fumi.
Tornate allalbergo si trattenevano alquanto nella sala
da pranzo, gaiamente illuminata, a fare il chiasso, a suo-
nare e ballare fra di loro. Presto si ritiravano e il solerte
proprietario saffrettava a spegnere i lumi. Soltanto
Astrid rimaneva su, qualche volta, per lunghe ore, in sa-
la o in terrazza, lontana da ogni compagnia, a ruminare i
suoi sogni, le sue fantasie impossibili. Reduce dalle mie
passeggiate solitarie, io tornavo, certe sere, verso la mez-
zanotte, che magari aveva piovuto, con la faccia lavata
dal vento. La trovavo ancora in piedi. Rimanevamo un
po a chiacchierare. Ella mi metteva un dito sul mento:
je ne vous ai jamais vu aussi beau que ce soir,
E nel dir questo cera nel suo sorriso la crudele sme-
moratezza del cielo rasserenato.
Lassurda avventura durava da un pezzo ed io non
pensavo quasi pi al brusco risveglio che stava, ahim,
per sorprendermi, allorch una mattina la moglie del
console, spalmando al solito, in terrazza, il suo burro e
la sua marmellata sui panini del caff e latte, mi annun-
ci, come la cosa pi naturale del mondo, che partivano
tra una settimana. Partivano per un motivo sia pure ap-
parente, lontanissimo da quello che ero abituato a teme-
re. Non si trattava dellarrivo dei passaporti, bens dun
avvenimento inatteso e imprevedibile, che, sorgeva a un
tratto a scompigliare la mia esistenza. Unordinanza del
municipio proibiva i bagni lungo la passeggiata. Ora
proprio quello era il punto preferito delle ragazze, per il
sol fatto, forse, di essere inconsueto, e anche perch a

Letteratura italiana Einaudi 130


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

due passi dallalbergo. L usavano tuffarsi ogni mattina,


sotto gli occhi di tutti, le superbe nuotatrici, mettendo
in mostra, con perfetta innocenza, le loro fiorenti nudit
sportive. Lordinanza del municipio (pudori del dopo-
guerra) colpiva proprio loro.
Fare il bagno nel vecchio porto abbandonato, come
voleva la consuetudine locale, sarebbe stato assai sco-
modo, oltrech poco igienico. Daltro canto, non si po-
teva pretendere che le ragazze rinunciassero a quello
sport, che costituiva la loro grande occupazione quoti-
diana, il loro diletto maggiore, la ragione precipua della
loro permanenza su quella riva; dove il caldo, fra laltro,
cominciava ad essere insopportabile. Insomma, per una
quantit di motivi, il lago non aveva pi attrattive ai loro
occhi. A sentire la mia informatrice, nessuna di esse,
nemmeno Astrid, ci stava di buona voglia. Il mare inve-
ce le attirava. E appunto per questo avevano deciso di
trasferirsi in un paese della riviera ligure, molto vicino
alla frontiera francese, a Ospedaletti. Connaissez-vous
ce pays?,
Cos pressappoco si esprimeva la melliflua signora,
con abbondanza dargomenti e impagabile bonomia, co-
me se volesse scusarsi di quella tanto giustificata parten-
za, la cui ragione vera e nascosta era naturalmente ben
altra.
Corsi da Astrid. Ebbi conferma della fatale notizia,
contro la quale non cera nulla da obbiettare; giacch la
libert di Astrid non poteva influire su quella delle sue
amiche, smaniose di misurarsi, dopo tanto sguazzare
nellacqua dolce coi cavalloni marini. E alla nostra sepa-
razione si doveva pur giungere, per quanto allora mi ap-
parisse incredibile, se non fra una settimana, fra due.
Di ci che avvenne da quel momento non ho che una
memoria confusa. Mi sembra che cominciai a contare i
giorni che mi separavano dalla sua partenza come se si
trattasse della mia morte. Io me la figuravo gi partita.

Letteratura italiana Einaudi 131


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

Un minuto dopo ella non era pi che un ricordo: il tri-


ste, incenerito ricordo che lamore lascia dovunque pas-
sa e ci sorprende ogni volta che una persona amata si as-
senta, sia pure per poche ore, dai luoghi in cui siamo
abituati a incontrarla. Quale tremendo silenzio suben-
trava in quel tetro albergo, dove io rimanevo solo, coi
due melanconici inglesi, circondato da fantasmi e da so-
pravvissuti, sempre con la sua larva davanti a me. Come
sostenere le ore che pi vivamente me lavrebbero evo-
cata, le gaie ore della colazione, della cena e degli spassi
serali divenute ormai cos funebri? Non avrei potuto
gettare gli occhi su quella finestra, guardate quel tavolo,
ripassare per quella strada, senza che le molte cose acca-
dute fra me e lei si mutassero in altrettante sensazioni di
morte e limmagine sua in uno spettro fluttuante.
Lavrei vista anche sui monti e sulle acque. Tutto il pae-
se sarebbe stato posseduto e stregato dalla sua assenza.
Questo era ci che di lei sarebbe rimasto, il retaggio
espiatorio di poche settimane damore.
Inorridito, la parola, da una visione cos lugubre, io
non dormivo pi, non pensavo pi ad altro, e ogni sera,
chiuso nella mia stanza, cercavo di esprimere alla par-
tente i miei lugubri sentimenti, con certe lettere, scritte
in francese, che la tenera Astrid non leggeva mai senza
piangere.
Vous me faites pleurer.
Allorch, di li a poco, tutto fin fra noi, il dispiacere
pi grosso che le diedi fu di pretendere la restituzione di
quelle barbare lettere che maffrettai a bruciare. Avreb-
be voluto tenersele come un ricordo, se non addirittura
un trofeo, del suo viaggio in Italia. Ma era in gioco la
mia reputazione letteraria e non potevo transigere.
Venne finalmente il giorno del distacco. E qui devo
riconoscere che mai si cerc di concludere con tanta ci-
vilt e buona grazia una storia cos fastidiosa, dalle per-
sone stesse che la giudicavano tale. Rendo volentieri

Letteratura italiana Einaudi 132


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

omaggio alla correttezza di quella gente che, rispettosa


delle convenienze, abituata a non lasciar conti aperti,
neppure nel campo delle passioni, mi risparmi almeno
quel che poteva esservi di umiliante in una tale separa-
zione.
Era stabilito che la loro partenza avvenisse di mattina,
allalba. La sera avanti, per la prima volta, mi vidi am-
messo alla tavola delle ragazze. Cenai a fianco di Astrid,
in mezzo a un nugolo di donne che mi colmavano di ca-
rezze, specie la moglie del console e le sue due figlie,
non so se per un estremo riguardo allamica o considera-
zione di me e del mio stato oppure, molto pi semplice-
mente, per il piacere di essersela cavata a buon prezzo,
senza spargimento di sangue. Forse per tutte queste co-
se insieme. Una separazione sempre un fatto commo-
vente, in cui si mescolano sentimenti vari e opposti, ed
probabile che le mie graziose nemiche, dopo aver tanto
brigato per liberarsi della mia presenza, adesso che si ve-
devano soddisfatte, provassero un certo rimorso di aver-
mi giudicato cos male e desiderassero lasciarmi un non
troppo cattivo ricordo. La funebre cena di commiato
pareva una cerimonia di fidanzamento. A un certo pun-
to Astrid, orgogliosa e lieta degli onori che mi si rende-
vano, volle anche laurearmi, ponendomi sul capo, in
mancanza di alloro o di quercia, una ghirlandetta di er-
be rampicanti. Ed io fui leroe del sentimentale convito:
un eroe confuso e mortalmente triste, malgrado i fumi
dello spumante che mi salivano alla testa.
Tutto mi sarebbe stato concesso quella sera, n pi n
meno che sio fossi un malato senza speranza o un con-
dannato a morte. Sparecchiata la mensa e alzatasi da ta-
vola perfino la ghiotta mammina, le altre ragazze, con
delicata attenzione, se ne andarono a passeggio per con-
to proprio. Io e Astrid, lasciati soli, ci avviammo, che gi
cominciava a imbrunire, verso il piccolo porto solitario,
dove non so come, perdutamente avvinghiati sopra un

Letteratura italiana Einaudi 133


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

ponticello di legno senza riparo e largo appena quanto


era necessario per reggersi in equilibrio, non finimmo a
cadere nellacqua. Cos, nel pensiero di Astrid e di tutti,
la nostra avventura poteva dirsi chiusa, anzi coronata
degnamente, secondo una tecnica amorosa che io speri-
mentavo, a dire il vero, per la prima volta; e con questo
reciproco riconoscimento, con la promessa, dal canto
mio, di non mostrarmi allatto della partenza, io e lei,
entrambi un po ebbri, ci eravamo detto addio, addio
lungamente. E certo avrei fatto bene a tener fede alla
mia promessa, perch, dopo tutto, principalmente per
merito della valorosa fanciulla che bevve con me il vino
delladdio fino allultimo sorso, il nostro amore non po-
teva avere un epilogo pi commovente. Pensate che io
vidi la gloriosa fanciulla barcollare lievissimamente
mentre si avviava al gabinetto. Ah perch non mi limitai
a conservare di lei quelleroico ricordo!
Senonch, la mattina dopo, il terrore che ho cercato
di descrivere fu pi forte della parola data e di ogni altro
sentimento. Non solo volli assistere alla partenza di
Astrid, ma saltai sulla corriera che la conduceva a Co-
mo; e a Como saltai sul diretto di Milano. Poco mi im-
portava adesso di quel che gli altri potessero pensare di
me. Non era pi il caso di curarsi delle amiche di Astrid,
le quali, del resto, non parvero soverchiamente meravi-
gliate che io le accompagnassi per un certo tratto. Il mio
bene mi lasciava e non ero pi in condizione di ragiona-
re. Quei due ultimi passi strappati alla sorte furono tutto
un delirio.
Lora del distacco suon purtroppo a Milano, quan-
do le solerti viaggiatrici, sostato che ebbero per un paio
dore nei pressi della stazione, si rimisero di nuovo in
cammino verso la loro meta. Soltanto allora trovai final-
mente la forza, che avrebbe sradicato una quercia e non
riusc a far sgorgare una lacrima dai miei occhi, di stac-
carmi dallamata, ma per tornare indietro a prendere le

Letteratura italiana Einaudi 134


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

valigie, non per altro. E non certo solo (come lavrei po-
tuto?) bens in compagnia di due amici, due dei pi fa-
mosi ironisti della nostra letteratura, coi quali vegliai,
nella camera di Astrid, come attorno a un cadavere, tut-
ta una notte straordinaria, facendo discorsi da mentecat-
to, uscendo di tanto in tanto su un terrazzino annesso al-
la stanza per guardare le stelle che io mi figuravo ella
dovesse contemplare ogni sera, da quel medesimo luo-
go; e cercando invano dovunque, nei pi segreti riposti-
gli, qualche reliquia del suo passaggio. Non trovai che
una spilla, che raccolsi con religione.
Tre giorni dopo ero a San Remo, a poco pi dun chi-
lometro da Ospedaletti, e per tutto il viaggio, in quel
gran mare dellestate, affacciato al finestrino, non avevo
fatto che ricalcare con la fantasia le sue orme e dirmi ad
ogni momento: questo lo ha visto anche lei, di qui pas-
sata lei.
Stranezze dellamore! Nel tempo stesso chero in via
di raggiungerla pensavo a lei e lavrei pianta come se fos-
se morta. In realt io avevo sofferto la sua partenza co-
me si soffre e si sconta in anticipo il trapasso di una per-
sona cara. Con quello strappo dolorosissimo,
quellinopinato esulare da un paese allaltro, qualcheco-
sa era veramente finito. Mai pi avrei potuto risuscitare
altrove lillusione vissuta in quel piccolo albergo. Come
non capire che il mio amore, simile a una gran febbre, a
una malattia di stagione, si sarebbe dileguato assai pre-
sto in circostanze diverse da quelle che lavevano visto
sorgere e in cui sera svolto? Ma la vita assai pi ricca
di sorprese che non noi di saggezza. Correrle dietro, di-
sertare quel luogo cos pieno di lei, di cui avevo bevuto
il filtro, per cos dire, era per me la sola maniera di allon-
tanarmi da Astrid, di fuggirla, bench naturalmente, se-
guendola, io non pensassi che a commettere la mia ulti-
ma follia.
Un paese mincant, un altro mi tolse lincanto. Due

Letteratura italiana Einaudi 135


Vincenzo Cardarelli - Il Sole a picco

settimane dopo che ero in Riviera la mia caldana si


quiet.
inutile aggiungere che il coraggio di troncare quella
consuetudine amorosa, ormai spaesata e agonizzante,
non potevo averlo che io. Ladorabile Astrid avrebbe
continuato a farmi soffrire senza fine. La vedo ancora
spiare i miei passi, mentre mi allontanavo per sempre, in
seguito ad una delle sue pi esasperanti crisi di coscien-
za, stando un po nascosta, col fazzoletto agli occhi, fra
le persiane socchiuse della sua finestra di Ospedaletti.
Questo lultimo ricordo che serbo di lei.
Ecco dunque in che modo si perse, sfum in viaggio,
come in viaggio era nata, la mia indimenticabile avven-
tura con la scandinava. Ma non bisogna credere che a
questa conclusione si potesse pervenire per solo effetto
dun mutamento dambiente. Occorreva pure la mia vo-
lont e infine un terzo elemento, quasi immancabile in
queste congiunture e facile a immaginarsi. A San Remo
la stagione balneare, per quanto limitata alle famiglie
della citt e a una piccola colonia di villeggianti, in mas-
sima parte piemontesi, era al culmine. Io passavo le mie
giornate, ogni volta che Astrid non mi permetteva di an-
dare a Ospedaletti, fra la rotonda e il Petit Casino,
dove si ballava dalla mattina alla sera. I primi giorni lo
spettacolo, per me nuovissimo, dei due sessi che con
tanta leggerezza si mescolavano al suono di quelle musi-
che americane, mi era motivo dinfinita malinconia. Ve-
devo in ogni fanciulla Astrid e mi doleva di tutte. Ma
poi mi ci abituai e finii per trovarci il mio divertimento
anchio. E fu cos che una ragazzina dagli occhi verdi mi
aiut non poco a liberarmi da quelli di Astrid, che erano
soltanto turchini. Chiodo scaccia chiodo, dice il prover-
bio. Sebbene certi rimedi non facciano che sprofondarci
sempre pi in quellinferno da cui impossibile ascen-
dere alla beatitudine, che si trova descritto nellEtica di
Spinoza: capitolo affezioni,

Letteratura italiana Einaudi 136

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