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di Vincenzo Cardarelli
Il mio paese 2
Fine duna banda 14
Elegia etrusca 20
Villa Tarantola 22
Il contadino 28
Alessandrone 29
Re Tarquinio 32
Morte di Re Tarquinio 37
La ferriera 42
Memorie 50
Il buffet della stazione 54
Primi passi 60
Anni di giovent 68
Soggiorno in Toscana 75
Le campane di Firenze 77
Capri 79
Lago 83
Interno 87
La comacina 92
La vita quotidiana 97
Insonnia 105
Astrid ovvero Temporale destate 108
IL MIO PAESE
porto con me, che non del piacere che proverei riveden-
dolo. Sibarita della distanza, crapulone del desiderio.
Intanto il tempo fa lopera sua, la mala erba cresce, i
miei amici e conoscenti duna volta invecchiano e
muoiono, e quando finalmente, una bella mattina, pren-
do il coraggio a due mani e torno al benedetto paese del-
la mia infanzia, un affar serio. Vi sono appena giunto
che vorrei ripartire subito, partire di nuovo, col primo
treno. Una volta l, non desidero altro. Che rigurgito
dimpressioni e di memorie buone e cattive, liete e tristi;
e come vorrei sorvolarle, quelle strade, non visto, quasi
che mi vergogni, mi ripalpi, come dice in buon lin-
guaggio cornetano un mio amico sartore, di mostrarmi
al mio paese! Dai luoghi in fuori, non mi famigliare
quasi pi nulla e nessuno. Ho perso il filo delle parente-
le e delle discendenze. Si sono annebbiati nella mia me-
moria i nomi delle casate; e delle loro vicende, morti, na-
scite, matrimoni, non so pi nulla da tanti anni. Mi
avviene di veder passare dei ragazzi che non conosco e
che non mi conoscono e di sentirmi dire che sono del
mio sangue. In uno di essi, pi grande della sua et e
magro, che pareva essersi dimenticata la via di casa, ho
rivisto esattamente me stesso a tredici anni, Dio sa con
quale apprensione. Costumi mutati, festivit decadute.
Sento discorrere della rovina e dellesodo delle migliori
famiglie; dei loro palazzi acquistati da villani rifatti che
ne han ridotto i giardini a piantagioni di cipolle e dinsa-
lata. Mi domando se ci saranno pi le camelie a Villa
Falgari. E il peggio che in mezzo a tante trasformazio-
ni, a tanto rigoglio di giovent che rallegra e disorienta,
a tante buone cose buttate allaria, la vita sempre allo
stesso punto, il nostro destino sempre quello: il tempo
e la lontananza non vi posero alcun rimedio. E chi sillu-
de daver fatto qualche conquista nel mondo, torni al
suo paese per constatare che non ha concluso un bel
nulla. Rancori, albagie, antipatie, di gente che gi co-
ELEGIA ETRUSCA
VILLA TARANTOLA
IL CONTADINO
ALESSANDRONE
RE TARQUINIO
MORTE DI RE TARQUINIO
LA FERRIERA
O Baldissera
Non ti fidar di quella gente nera
MEMORIE
PRIMI PASSI
ANNI DI GIOVENT
SOGGIORNO IN TOSCANA
LE CAMPANE DI FIRENZE
CAPRI
LAGO
INTERNO
sodio che non torna a mio onore. Ero allora molto gio-
vane, stavo a Roma da poco tempo, e abitavo nelle vici-
nanze della stazione, presso una signora calabrese, vedo-
va e con un solo figlio, impiegato e poeta. Dormivo in
un camerino che riceveva luce e fumo dalla cucina. Il
giovane poeta, uso a rincasare molto tardi, si tratteneva
spesso in cucina, prima dandare a letto, per farsi la bar-
ba. Girando la chiavetta della luce elettrica illuminava di
necessit la mia stanza. Onde io, non ancora addormen-
tato, aprivo gli occhi, e mentre lui si radeva, davanti a
uno specchietto appeso alla zappa del camino, mi per-
devo a immaginare le sue serate, le sue splendide serate
nella Roma di quegli anni, tutta risonante di successi let-
terati e teatrali. Perch questo poeta io lo conoscevo gi
di nome, anzi di pseudonimo, e potete figurarvi la mia
meraviglia nel trovarmi sotto il suo tetto, la considera-
zione e il rispetto che avevo per lui. Eppure, se fossi sta-
to un po meno sulle nuvole, avrei dovuto capire che la
sua vita non era cos felice come io fantasticavo. Fra lal-
tro mi sarei accorto, dalla sua faccia scavata e terrea,
chegli era condannato da un male che non perdona. In-
fatti, due o tre settimane dopo il mio ingresso in casa
sua, col sopraggiungere dellautunno, lidoleggiato poe-
ta, a cui non mi legavano che le mie ingenue fantastiche-
rie, si allett per non pi rialzarsi.
Io lo sentivo tossire di l dalla fragile parete che sepa-
rava le nostre due camere. E quei colpi di tosse, a poco a
poco, invece di muovermi a compassione o, per meglio
dire, insieme con la compassione che non potevo non
avere per quel giovane sventurato, fecero nascere in me
un sentimento di rancore profondo verso la casa che mi
ospitava. Pensavo con terrore e ribrezzo alleventualit
che la madre dellinfelice mettesse nel mio letto i lenzuo-
li del figlio. Laria del mio camerino, gi cos poco sana,
la sentivo ormai infetta, irrespirabile. Mi consideravo
tradito. E tutto il mio segreto malanimo si riversava su
LA COMACINA
LA VITA QUOTIDIANA
INSONNIA
ASTRID
ovvero
TEMPORALE DESTATE
valigie, non per altro. E non certo solo (come lavrei po-
tuto?) bens in compagnia di due amici, due dei pi fa-
mosi ironisti della nostra letteratura, coi quali vegliai,
nella camera di Astrid, come attorno a un cadavere, tut-
ta una notte straordinaria, facendo discorsi da mentecat-
to, uscendo di tanto in tanto su un terrazzino annesso al-
la stanza per guardare le stelle che io mi figuravo ella
dovesse contemplare ogni sera, da quel medesimo luo-
go; e cercando invano dovunque, nei pi segreti riposti-
gli, qualche reliquia del suo passaggio. Non trovai che
una spilla, che raccolsi con religione.
Tre giorni dopo ero a San Remo, a poco pi dun chi-
lometro da Ospedaletti, e per tutto il viaggio, in quel
gran mare dellestate, affacciato al finestrino, non avevo
fatto che ricalcare con la fantasia le sue orme e dirmi ad
ogni momento: questo lo ha visto anche lei, di qui pas-
sata lei.
Stranezze dellamore! Nel tempo stesso chero in via
di raggiungerla pensavo a lei e lavrei pianta come se fos-
se morta. In realt io avevo sofferto la sua partenza co-
me si soffre e si sconta in anticipo il trapasso di una per-
sona cara. Con quello strappo dolorosissimo,
quellinopinato esulare da un paese allaltro, qualcheco-
sa era veramente finito. Mai pi avrei potuto risuscitare
altrove lillusione vissuta in quel piccolo albergo. Come
non capire che il mio amore, simile a una gran febbre, a
una malattia di stagione, si sarebbe dileguato assai pre-
sto in circostanze diverse da quelle che lavevano visto
sorgere e in cui sera svolto? Ma la vita assai pi ricca
di sorprese che non noi di saggezza. Correrle dietro, di-
sertare quel luogo cos pieno di lei, di cui avevo bevuto
il filtro, per cos dire, era per me la sola maniera di allon-
tanarmi da Astrid, di fuggirla, bench naturalmente, se-
guendola, io non pensassi che a commettere la mia ulti-
ma follia.
Un paese mincant, un altro mi tolse lincanto. Due