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Tracce orientali nel pensiero greco

Paragrafo I
Lo sviluppo del pensiero greco a partire dai rapporti con posizioni altre da s: le dottrine
orientali
Paragrafo II
Le prime manifestazioni nel pensiero greco di influenze << orientali >>
Paragrafo III
Tracce orientali in quanto considerato pi tipicamente greco: Apollo
Paragrafo IV
Lanima divina
Paragrafo V
Pitagora: le influenze orientali
Paragrafo VI
Parmenide ed Eraclito
Paragrafo VII
Le influenze orientali sul pensiero eracliteo

1. Lo sviluppo del pensiero greco a partire dai rapporti con posizioni altre da s:
le dottrine << orientali >>

Se la nascita di un pensiero razionale nel mondo greco non fu evento improvviso e miracoloso,
parimenti esso non sinform ab-origine di quelle peculiarit di <<logicit>> che trovarono largo
sviluppo in epoca successiva, maturando invece un debito enorme nei confronti di atteggiamenti
propriamente <<non orientali>>, con i quali la civilt greca era entrata in contatto nel corso del
VI-Vsec.
La derivazione della filosofia greca dallOriente, in relazione ad alcuni concetti fondamentali che
saranno oggetto di trattazione successiva, idea centrale di una lunga tradizione che risale ai
filosofi giudaici alessandrini del I sec. e che culmin nel pensiero del siriano Numenio di

Apamena, filosofo neo- pitagorico vissuto nella seconda met del I sec. d.C.. Questi sostenne che
la filosofia greca derivasse indirettamente dalle dottrine orientali e nomin Platone un Mos
attivizzante. Invero, come sostiene West in La filosofia greca arcaica e lOriente, () Ci che
aveva invaso il pensiero greco alla met del sesto secolo era una pianta d'ambrosia che, dove
arriv, produsse frutti. Da un certo punto di vista si potrebbe dire che fu proprio la stravaganza
dell'immaginazione orientale che liber i Greci dai limiti di ci che essi potevano vedere con i
propri occhi: li port a pensare a cicli di diecimila anni invece che a generazioni umane, ad
un'estensione infinita al di l del cielo visibile e sotto le fondamenta della terra, ad una vita non
limitata da nascita e morte ma che si rinnovava in corpi differenti [1] .
Molteplici sono i cespiti da cui traggono le mosse questi atteggiamenti genericamente definiti
<<orientali>>; in particolare, possibile individuarne quattro: i culti misterici, le pratiche orfiche,
quelle sciamaniche e le dottrine iraniche e indiane, ognuno dei quali arricch la riflessione greca
di elementi peculiari.
Poich una trattazione sistematica ed ampia dei caratteri di ciascun cespite sarebbe oltre che
troppo lunga, non funzionale a quanto si vuole qui sostenere, si forniranno alcune coordinate
fondamentali per una possibile interpretazione di quello che genericamente inteso con
lespressione <<dottrine orientali>>, rimandando poi allinteresse personale lapprofondimento
dei caratteri dogmatici delle singole posizioni in cui si articola la riflessione orientale.
Scrive Hegel in Lezioni sulla storia della filosofia :

() Ci che chiamiamo filosofia orientale piuttosto la rappresentazione che gli Orientali si


fanno della realt, la loro intuizione generale del mondo, che facile scambiare per filosofia

Peculiarit del pensiero orientale consiste, infatti, nel fatto di presentarsi come SOFIA e non
come FILOSOFIA. Esso <<saggezza>>, <<abilit>> trasmessa attraverso la tradizione, posseduta
dalluomo e funzionale alla vita dei singoli; non si presenta, per tanto, come ricerca razionale e
teoretica della Verit, ma assume un valore religioso di redenzione e liberazione delluomo
attraverso ladesione a un sistema di dogmi.
Analizzando la storia e lo sviluppo del pensiero orientale, in particolar modo indiano, emerge
quale tratto peculiare lassenza di un sistema razionale nel quale inserire la speculazione; il
sapere, di origine divina, possesso di una ristretta cerchia di persone, intermediari tra luomo e
Dio, che fa valere questa prerogativa attraverso limposizione di un complesso rituale.
Altra peculiarit laspirazione alla ricongiungimento dellindividuale alla totalit, secondo una
concezione che si contrappone allindividualismo occidentale.
Scrive Hegel nellopera citata:

() Il rapporto fondamentale inteso dalle religioni orientali nel senso che solo lunica
sostanza come tale vera e che lindividuo non ha n pu acquistare alcun valore in s, in
quanto si mantiene di fronte allente in s e per s; esso invece pu avere valore solo a patto di
identificarsi con questa sostanza; ma allora cessa di essere come soggetto e si dissolve
nellincosciente: Invece, tanto nella religione greca quanto nella cristiana il soggetto sa di essere
libero e tale deve mantenersi.

Su questi presupposti si sviluppa la negazione del finito, in quanto solo nellunit con la sostanza
totalizzante lindividuo acquista valore e consegue la propria libert; il finito, infatti, pu
incerarsi solo se immerso nella sostanza, tenuto separato da questa misera cosa.

2. Le prime manifestazioni nel pensiero greco di influenze << orientali >>

Ferecide di Siro ed Anassimandro furono i due primi pensatori in cui sono manifeste le influenze
esercitate dalle dottrine orientali.
In particolare Ferecide accolse nella propria riflessione concezioni religiose ed escatologiche
orientali che egli aveva, probabilmente, ereditato dai suoi genitori.
Lesperimento di Ferecide rimase tuttavia senza successo; infatti, per quanto il pensatore abbia
messo per iscritto la propria riflessione, tuttavia essa ebbe scarsa influenza sui pensatori
successivi che la considerarono pi per il valore letterario che essa poteva rivestire, che per
quello filosofico.
Invero, lopera di Ferecide ebbe unimportanza decisiva nellintroduzione di alcuni concetti che
sarebbero stati ripresi successivamente dal pitagorismo, quali limmortalit dellanima o la
visione del tempo, di natura astratta.
Anassimandero, parimenti, se per un verso appare ancora legato () ad una tradizione greca di
indagine filosofica materialistica, in particolare nel campo meteorologico [2] , per laltro
introduce una moltitudine di concezioni non greche, non materialistiche, in parte di tipo
babilonese, in parte tipicamente iraniche [3] .
Se veramente la superficie della terra venne rappresentata da Anassimandro concava, questa
non sarebbe altro che la modernizzazione di una raffigurazione geografica mitica che vedeva la
terra circondata da un anello di montagne, una raffigurazione non greca, ma propria della
cosmologia iranica.

Una medesima origine ha anche la teoria di Anassimandro secondi cui il cosmo nasce
dall'Infinito, che eterno e insenescente, e alla fine, dopo un'esistenza di durata stabilita,
svanisce nuovamente dentro di esso, secondo il decreto del Tempo.
Scrive West a questo proposito:

() Analogamente nella cosmologia iranica il mondo viene creato dal dio delle Luci senza Inizio
da quella parte della propria essenza che luce. Il mondo viene creato con la benedizione del
Tempo senza limiti, perch insenescente e immortale, e parallelamente dal Tempo senza limiti
creato il "Tempo a lungo autonomo". La sua durata fissata in dodicimila anni, dopo i quali ha
termine questo mondo di cambiamento e tutto diviene perfetto e inalterabile. [4]

3. Tracce orientali in quanto considerato pi tipicamente greco: Apollo

Duplice la natura di Apollo che rappresenta da una parte, la predilezione greca per
lintelligibile, il misurabile, la luce, il limite e lordine, dallaltra lossessione profetica,
lESKSTASIS.
Questa duplicit costituisce uno dei principali elementi che permettono di stabilire un parallelo
tra posizioni orfiche, ed altre pi propriamente greche impersonate nella figura stessa di Apollo.
Invero, il primo elemento orientale che caratterizza la persona di Apollo relativo alla sua
origine che dovrebbe essere fatta risalire, secondo Willamowitz allAsia. Diversa la posizione di
Rose e Cook che sostengono invece la derivazione di Apollo dalle regioni nordiche, individuando
nella figura della divinit elementi peculiari della religiosit iperboreica.
La riflessione sulla derivazione di Apollo assume un carattere decisivo nel pensiero di Guthrie
che, facendo della Siberia la patria della divinit, la pone in relazione agli sciamani riscontrando
una possibile analogia tra lEKSTASIS profetica apollinea e le pratiche sciamaniche.
E. Dodds in I Greci e lirrazionale si fa sostenitore di una tesi affine affermando:

() A Delfi e, a quanto sembra, presso quasi tutti i suoi oracoli, Apollo si manifestava non per
mezzo di visioni, come quelle di Teoclimeno, ma attraverso lentusiasmo (inteso nel senso
originario e letterale). () In seguito vi fu chi giudic poco dignitoso per un essere divino
penetrare in un corpo mortale e prefer credere, come fanno molti studiosi di metapsichica dei
giorni nostri, che ogni forma di furore profetico derivasse da una facolt innata che lanima pu
sfruttare in certe condizioni, quando cio il sonno, la trance o il rituale religioso la liberino sia

dalle ingerenze del corpo, sia dal freno della ragione. Questa opinione rinvenibile in Aristotele,
Cicerone e Plutarco. () Potremmo chiamarlo il punto di vista sciamanistico in
contrapposizione alla dottrina della possessione.. [5]

Inoltre Guthrie ravvisa un collegamento tra gli elementi principali del culto di Apollo e la
dottrina di Pitagora [6] , sostenendo che negli insegnamenti di questultimo possono ritrovare
tutti gli aspetti della religione apollinea, dalla trasmigrazione delle anime alla convinzione che la
realt e la natura comprensibile delle cose debbano trovarsi nella proporzione e nel numero,
dalla catarsi allimportanza riservata alla musica (non dimentichiamo che Apollo era il dio della
lira).
Anche nellorfismo, da cui Pitagora avrebbe tratto laspetto religioso della propria dottrina, sono
riscontrabili elementi di carattere apollineo, oltre a quelli legati al culto di Dioniso.

() Se ho ben compreso il senso pi profondo dellantico rituale dionisiaco, la sua funzione


sociale era essenzialmente catarchica (). Il suo culto trovava coronamento nellestasi, e
questa , di nuovo, poteva voler dire qualsiasi cosa, dalluscir fuori di s sino alle alterazioni
profonde della personalit. [7]

4. Lanima divina

La concezione dellanima quale produzione divina, esercit una notevolissima influenza non solo
sulle credenze popolari, ma anche sulle riflessioni filosofiche pitagoriche e platoniche.
Questa concezione si fonda sullattribuzione alluomo di un io occulto, di unanima di
derivazione divina, affermando pertanto, la presenza di una netta distinzione tra la sfera
corporea e quella psichica.
Diverse e configgenti sono i tentativi di giustificazione di tale posizione che, secondo Dodds,
() elemento essenziale della civilt sciamanistica . [8]

Prosegue infatti Dodds:

() Quando nel VII secolo il Mar Nero si apr al commercio e alla colonizzazione dei Greci,

mettendoli a contatto per la prima volta con una civilt basata sullo sciamanismo, la tradizionale
rappresentazione greca dellUomo di Dio, del theios aner, si arricch di importanti elementi
nuovi. () Si pu anche supporre con ragione che le novit abbiano avuto una certa influenza sul
nuovomodo di concepire la relazione fra corpo ed anima, concezione rivoluzionaria che compare
alla fine dellet arcaica. [9]

Il contatto con le pratiche sciamanische, dunque, ha favorito lo sviluppo, nel mondo greco, di
una nuova psicologia che verr largamente ripresa da Pitagora nella formulazione della sua
dottrina.

5. Pitagora: le influenze orientali

() Esiste tuttavia un altro, pi importante, sciamano greco, Pitagora, il quale senza dubbio
trasse conseguenze teoriche e senza dubbio credeva nella rinascita. ( ) Donde deriv queste
opinioni Pitagora? Di solito si dice dalla dottrina orfica; il che, se fosse vero, non farebbe che
spostare indietro la questione. Mi sembra tuttavia possibile che Pitagora, per questo punto
fondamentale, non dipendesse direttamente da nessuna fonte orfica; tanto lui quanto
Epimenide prima di lui avevano sentito parlare della credenza nordica secondo la quale l
anima o lo spirito custode di uno sciamano defunto pu entrare in uno sciamano vivo e
rafforzarne il sapere e le facolt .() Sappiamo, in ogni caso, che Pitagora fond una specie di
ordine religioso, una comunit mista maschile e femminile, con una regola di vita condizionata
dallaspettazione di vite future. () La tradizione posteriore metteva Pitagora in relazione con
laltro uomo del Nord, Abari; gli attribuiva le consuete facolt sciamanistiche della profezia, della
ubiquit e delle guarigioni magiche, e raccontava che era stato iniziato in Pieria, aveva visitato il
mondo degli spiriti ed era misteriosamente identico con lApollo Iperboreo. [10]

Nella riflessione di Pitagora, quindi, possibile ritrovare una sintesi della compagine di elementi
di derivazione orientali assimilati nella cultura greca e da questa rielaborati.
La figura stessa di Pitagora, matematico e mistico allo stesso tempo emblema della sintesi da
questo compiuta; Simile era la figura di Empedocle: () Un tipo nuovo di personalit, [ma
anche] molto antico: lo sciamano cio che unisce in s le funzioni, ancora non differenziate, di
mago e naturalista, poeta e filosofo, predicatore, guaritore e pubblico consigliere.. Dopo di lui
tutte queste funzioni si fecero autonome; da allora i filosofi non furono pi n poeti n maghi,
anzi un uomo come Empedocle rappresentava gi un anacronismo nel V secolo. [11]

Afferma Guthrie :

() Il pensiero religioso e filosofico del VI secolo (se vogliamo tenerlo distinto dalla religione
popolare) era dominato da un unico problema centrale, quello dellUno e dei Molti.
Esso si presentava sotto due aspetti, di cui uno si riferiva al macrocosmo e laltro al microcosmo.
Il primo rappresentava il problema dei filosofi della natura della scuola di Milito che si
chiedevano: Qual la relazione fra la molteplice variet del mondo in cui viviamo e lunica
sostanza primaria da cui siamo convinti che essa debba essere in primo luogo scaturita?.
La seconda forma costituiva il problema dello spirito religioso dellepoca, la cui questione era:
Qual la relazione di ogni singolo uomo con il divino, al quale ci sentiamo affini, e come
possiamo capire e mettere in atto nel modo migliore quellunit potenziale che alla base di
ambedue?.
Gli ionici si interessavano poco delle aspirazioni dello spirito religioso. Gli orfici non si
interessavano delle origini dl cosmo se non nella misura in cui esse potevano spiegare le
relazioni tra luomo e il dio, e in ci si accontentavano di una spiegazione puramente mitica.
Pitagora con la sua sorprendente ampiezza di vedute, cercava di abbracciare entrambe queste
ottiche, e di costruire un sistema implicante sia il pensiero che il comportamento, che fornisse
contemporaneamente una spiegazione razionale del paradosso delluniverso e che
soddisfacesse il desiderio religioso di unione col divino [12] .

Due sono gli aspetti che legano la dottrina pitagorica a quella orfica sciamanica:
linsegnamento della catarsi quale pratica fondamentale nella vita della setta, la teoria della
metempsicosi.
Questultima esprime il tentativo di superare la morte proprio dellorfismo e rielaborato nella
cultura greca attraverso i culti in onore di Dioniso;
In base a questa concezione lanima divina che in ogni uomo ha la facolt di trasmigrare da un
corpo
( contenitore ) allaltro secondo una gradualit per cui essa pu procedere ad un livello
superiore o retrocedere ad uno inferiore, in funzione della sua condotta terrena.
La vita degli adepti, quindi, totalmente indirizzata alla liberazione dellanima divina
sottraendola al ciclo delle reincarnazioni, mediante la catarsi.

" () E' probabile che Pitagora attribuisse anche un significato cosmico ai numeri, non nel senso
che si dedicasse alla matematica cos come la intendiamo noi, ma nel senso che era affascinato
da alcune delle pi semplici propriet dei numeri e in essi riconosceva un segreto fondamentale
della natura.(...) Non sappiamo con certezza se a Pitagora era noto che gli intervalli musicali
fondamentali implicavano una relazione fra numeri; vi sono per altri legami fra numeri e
musica che possono forse essere fatti risalire ad un'epoca anteriore alla sua, e che potrebbero
aver suscitato il suo interesse.
L'immagine delle Pleiadi considerate la lira delle muse fa pensare che Pitagora credesse in una
musica celestiale. Burker [LS, pp. 355-357], in base a diversi riferimenti antichi e ad analogie che
si riscontrano in altri popoli, ha suggerito che la posteriore concezione di un'armonia delle sfere
planetarie si svilupp da una corrispondenza fra le quattro stagioni e quattro note o quattro
intervalli musicali." [13]

6. Parmenide ed Eraclito

E evidente che, quindi, un pensatore che tenta di comprendere quella nuova mitologia, che
sostituisce la mitologia della tradizione epica, deve interrogarsi su come sia possibile il divenire
di una natura posta come un tutto che si regge su se stesso. Come si risponde a questa
domanda? Con una nuova mitologia, una cosmogonia, un uovo originario, qualcosa di mistico?
Tutto questo non pi soddisfacente per chi pensa in termini razionali. E allora la risposta :
non esiste la generazione, il movimento, il cambiamento. Siamo, cio, alla teoria dellente
sviluppata nel poema di Parmenide, alla risposta al problema che si aperto quando una visione
scientifica si sostituita alla tradizione mitica e alla pluralit degli dei dellOlimpo[] Il primo
vero, unico, dio non si muove, ma sta in se stesso, perch esso lo stesso universo. Siamo cos
pervenuti allunico testo dellinizio del pensiero occidentale: il poema di Parmenide [] Anche
questa una risposta alla questione posta dallo sviluppo della nuova concezione delluniverso.
Parmenide
le nostre reali conoscenze della storia della filosofia greca dipendono interamente da
Aristotele[] i resoconti che Aristotele ha dato, soprattutto come introduzione alla sua Fisica e
alla sua Metafisica, sono di particolare importanza, ma certo non rappresentano una
trasmissione immediata ed autentica. Aristotele non ebbe mai di mira lobiettivit storica e cit i
suoi predecessori sempre solo per introdurre il suo proprio pensiero[] Egli vedeva se stesso
come contraltare delle tendenze pitagorico-matematiche di Platone e, come fondatore della
fisica, dovette riconoscersi pi negli inizi ionici del pensiero greco che in tutto ci che era venuto
dopo [14]

Agli inizi del V secolo si forma e si impone la tradizione pitagorica. Pitagora si orienta sulla
matematica, sui rapporti numerici, sui movimenti celesti e su una teoria musicale che si
coordina con il concetto di unarmonia ciclica e nascosta. Questo non corrispondeva a ci che
Aristotele aveva concepito come concetto di physis. Anche gli altri pensatori pi importanti
dellinizio del V secolo, accanto a Pitagora, ovvero Parmenide ed Eraclito, non rispettano i
presupposti fondamentali che guidano il peculiare domandare di Aristotele [15] e vengono
trattati come filosofi marginali oppure vengono criticati. Nel secondo e terzo capitolo della
Fisica, Aristotele critica Parmenide e la filosofia eleatica, senza per mai fare riferimento alla
parte, pi estesa e ormai andata perduta, della natura, delluniverso delle cose in movimento.
Aristotele, quindi, nella Fisica, cio in unopera dedicata alla natura, non menziona quella parte
del poema parmenideo che era ad essa rivolta, perch in realt egli intende polemizzare contro
Platone, ben rappresentato nella prima parte del poema.

Parmenide non scrive un trattato in prosa, ma un poema didascalico Sulla natura, cercando di
individuare una nuova procedura di sapere basandosi sulla sedimentazione di un sapere mitico.
E significativo che tutto il poema parmenideo fosse scritto in esametri omerici, e, soprattutto
che fosse scritto in versi, cosa di cui abbiamo un esempio solo in Senofane. Nel Sofista (242c e
sgg.) Platone riconduce la scuola eleatica a Senofane e ancor prima. Senofane era un rapsodo
che, come Pitagora, emigr dalla costa asiatica alla Magna Grecia dopo loccupazione persiana.
Una cosa di enorme importanza, linizio di un nuovo capitolo del pensiero occidentale, di cui
Senofane rappresenta una traccia molto affascinante. Certo egli non fu un pensatore. [16] Il
suo valore risiede, invece, nella sua attivit di rapsodo e se egli fu realmente maestro di
Parmenide, lo fu nellarte di comporre versi.
Il poema parmenideo si apre con un proemio elaborato sul modello di quello della Teogonia di
Esiodo, e mostra influenze sciamanistiche ed orfiche.

() la grande tradizione epica di Omero e di Esiodo ha un valore filosofico, nonostante la


forma mitica e narrativa. Non un caso che la filosofia eleatica, e non solo essa, faccia uso
dellesametro omerico, per formulare le sue argomentazioni. E chiaro che c uno stretto
rapporto fra visione epico-religiosa e pensiero concettuale [17]

Lo storicismo ha ignorato proprio il valore poetico del testo di Parmenide, ed strano che
questo sia potuto avvenire. () Esso (il proemio) modellato sul proemio della Teogonia
esiodea () Si noti che le Muse dicono che hanno da insegnare molte verit,ma anche molte
cose false. Questa dualit dellinsegnamento vero-falso molto importante e diventa centrale

per linterpretazione del poema di Parmenide [18]

Anche ledizione originale del poema didascalico di Parmenide, a cura di Diels, () ricerca
ovunque in primo luogo linflusso delle poesie religiose legate al nome di Epimenide e che
chiaramente stanno tutte sulla scia di Esiodo. Ma tali poesie avevano anche impronte
sciamaniche e non erano estranee ai miti orfici della trasmigrazione delle anime. Cos ad
esempio si sono ricondotti a tali modelli il proemio e la descrizione che Parmenide traccia del
suo viaggio [19]

Pur riscontrando nellopera di Parmenide componenti mistiche, legate alle dottrine orfiche e
sciamaniche, risulta, tuttavia, difficile, affermare che Parmenide sia stato toccato pienamente da
questo spirito mistico. Egli pare, invece, fiducioso nel logos, anche se assorbe alcuni elementi
estranei, probabilmente di derivazione orientale.
Anche Diels asseriva che ci che separa (Parmenide) da tutto questo ambito orfico, pitagorico
ed estatico il suo razionalismo, che della mistica lascia ancora agire su di s() solo la forma
esteriore [20]

nel poema di Parmenide si avverte poco del movimento religioso. Solo con molta cautela si
possono utilizzare le incerte notizie circa il movimento orfico, come anche il riferimento alla
sciamanesimo. In ogni caso, lo sfondo storico-religioso delle cosmogonie orientali ha acquistato
consistenza con le ricerche di Dodds [21] e di Uvo Von Holscher [22] , e perfino a partire da
Pitagora si potrebbero tracciare le linne di contatto con lIran, come ha supposto van der
Waerden [23] [24] .

Parmenide cerca di fondere formule e contenuti mitici con il nuovo modello logico, introduce un
nuovo modello di indagine della natura senza, tuttavia, sacrificare le tradizioni mitiche,
mantenendo la prospettiva di un passato che viene rinnovato. Egli riesce a codificare diversi
linguaggi, da quello cerimonioso dettato dalla forma epica a quello sobrio e astratto
dellargomentazione logica.
Nel poema si narra di un uomo di notevole esperienza (probabilmente Parmenide stesso) e del
suo viaggio fantastico su un carro solare guidato dalle figlie di Hlios,tirato da cavalle che lo
scortavano fino allea Porta della Notte e del Giorno. Qui giunte con lui pregavano la Portinaia
Dike di aprire e di lasciare entrare il loro protetto. Il poeta pot cos accedere alla presenza della
dea che, in segno di favore, gli forn chiarimenti sulla verit dellessere. "Verit" , "sve-la-mento" cio portare allo scoperto ci che si nasconde per porlo in una nuova luce.

Le potenze divine sono certo nominate qua e l nel corso del testo, ma si inseriscono senza
stonare nel linguaggio argomentativo che domina il tutto. Nel messaggio della dea non c
rivelazione religiosa, bens consequenzialit logica. Certo, si tratta di una logica di natura
particolare e di un rigore cos paradossale che si portati a credere che senza unautorizzazione
divina nessun mortale sarebbe in grado di sostenere tale logica. [25]

Parmenide accolto come ospite dalla dea, che viene sempre identificata con altheia, la verit
stessa. (Possiamo intenderla anche cos, volendo, ma il poema non lo dice). Dice solo che essa
esprime laltheia, la verit: come si deve pensare se si vuol restare nel vero e nel giusto; e
questo s, del tutto esplicito nelle parole della dea. Il resto del poema incentrato sul discorso
diretto della dea. Le sue parole sarebbero servite affinch il poeta ne riferisse il contenuto,
snebbiando la mente degli uomini.
Il suo discorso si divide in due parti: la prima dedicata alla rivelazione della pura verit(aleqeia) ,
la seconda allesposizione delle opinioni umane(doxa), un vero e proprio poema cosmogonico e
cosmologico che, partendo dal postulato di due elementi primigeni(la luce e la
tenebra)procedeva poi a una descrizione delle realt fenomeniche di tutta la realt: dalle sfere
astronomiche alla vita organica sulla terra, dalla natura della psiche alla sessualit, ecc.
Ma alla fine la Dea richiamava il suo allievo alle tesi veridiche della prima parte:Ecco,secondo
parvenza, come furono e stanno le cose, come da questo evolute andranno a finire in
futuro:,segno a ciascuna, gli uomini imposero loro un nome(Frm.19 DK).

() il problema : la verit e la molteplicit delle opinioni () qui ci troviamo di fronte a un


problema speculativo e cio linseparabilit della verit dalla probabilit e dalla congettura,
qualcosa che attiene alla natura umana e, anzi, la rende superiore. Lo sviluppo delluomo non
predeterminato, gi tutto inscritto nelle condizioni naturali da cui muove. Luomo ha la capacit
di levarsi al di sopra di queste condizionie di aprire molteplici e nuove possibilit di sviluppo.
Questo mistero delle molteplici possibilit aperte di fronte alluomo implica che i mortali
conoscono non solo la verit, ma anche le molteplici possibilit.() In definitiva la non-verit
risulta interna al concetto di sapere, elemento non separabile, ma costitutivo del sapere,
perch gli uomini sono necessariamente esposti a una molteplicit di suggestioni e opinioni
[26] .

La dea annuncia qualcosa di completamente nuovo nellesposizione della teoria della


contrapposizione di giorno e notte come plausibile immagine del mondo propria dei mortali. In
questa apparenza vi verit. I mortali non possono permanere nella sfera dellimmutabile verit

dellunico essere, per possono elaborare una visione del mondo in s coerente anche seguendo
lapparenza.
Parmenide pose a fondamento della propria indagine sullessere lasserzione: LEssere e il
non essere non , stabilendo limpossibilit di discutere dellessere dialetticamente. Il tener
fermo che lessere e non pu non essere, per Parmenide la via della verit, e cio la stessa
apertura del sapere filosofico. Egli afferma limpossibilit del pensiero del nulla, eppure il
divenire, il movimento, lalterazione implicano sempre un nulla.. Se una cosa si trasforma,
diviene, si sviluppa in unaltra o cessa di esistere, in una forma, ma non pi nella forma di
prima o addirittura non n pi, nel senso che la sua esistenza terminata. Il movimento, la
knesis, la ghnesis, richiamano il problema del divenire, il nascere dal nulla, di fronte al quale il
pensiero si trova come davanti a un enigma. Dal nulla nasce qualcosa, ma il nulla non dicibile e
neppure pensabile. Bisogna imparare a pensare che cosa significhi essere, senza volerlo spiegare
a partire dal nulla.
Poich impensabile che il non essere sia, evidente che non possano esistere pi cose, bens
ne pu esistere una sola: lEssere, ingenerato e incorruttibile, omogeneo e immobile, fuori dal
tempo e indivisibile, senza fine ma non infinito.
Per comprenderlo necessario seguire il nos , cio limmediatezza del cogliere il vero
interiormente, lintuire quasi visivamente, lesperienza immediata. Solo nella misura in cui c
levidenza, la percezione intellettuale, il noin, lessere c, presente.

Il senso dellimmediatezza che c nel significato di questo termine fondamentale per tutta
largomentazione del poema () limmediatezza del percepire, in cui non c alcun senso di
distanziamento tra il percepire e il percepito. () Quando intervengono le parole e i concetti,
quando comincia largomentazione, allora comincia la distruzione di questa immediatezza [27]

Questo essere non ha una valore meramente copulativo, ma esistenziale: non solo nel senso
che qualcosa , ma anche nel senso che possibile che sia, che ha la forza di essere. Lessere
ovunque, c sempre, non pu mutare, non si d alcun divenire, nessun trapassare in altro: tutto
ci infatti non essere. E sotto il segno dellessere sta anche linscindibilit di essere e nos:
noin ed inai pensare ed essere sono inscindibili, si coappartengono, la presenza dellessere
la sua percezione. Gli uomini, tuttavia, non possono non pensare alla pluralit di quel che
accade, si altera, si organizza, tuttavia possono farlo secondo ragione, senza affidarsi
allassurdit del nulla..
Gli uomini devono sempre esprimersi per opposti. Ci dipende dal loro modo di orientarsi, dalle
loro opinioni (e il termine doxa viene sempre usato al plurale, nel poema parmenideo, ad
indicare la molteplicit delle opinioni rispetto allunit della verit). Le opinioni sono da

apprendere cos come si presentano nella loro apparenza, fatta di contrari che si equilibrano.
Lopposizione che gli uomini colgono, in realt, non affatto unopposizione: giorno e notte
sono una cosa sola. C una via per spiegare il divenire, la molteplicit, la variet
dellesperienza, senza dover pensare il nulla. Intuire (noin), cio, che i contrari indicati dagli
uomini con semata separati sono in realt la medesima cosa, sono interrelati e inseparabili.
Eraclito
Eraclito e Parmenide sono sulla stessa posizione ()In definitiva lo schema aristotelico ed
hegeliano fatto proprio dallo storicismo dellOttocento- che considerava Parmenide come un
critico di Eraclito, oppure lo schema opposto, proprio della cultura del nostro secolo, appaiono
come un gioco del tutto inutile, perch il punto veramente importante capire che Parmenide
ed Eraclito rispondono tutti e due, sia pure in modo diverso, alla stessa provocazione filosofica
[28] .

Se si confronta laffermazione, ormai divenuta impropriamente il motto di Eraclito, Tutto


scorre con quel concetto di conoscenza dellessere, ne ricaviamo una dissoluzione della
possibilit di sapere in quanto tale. Tuttavia, opportuno rilevare alcuni elementi: innanzitutto
nel caso di Eraclito abbiamo soltanto singole frasi, anche se di una pregnanza, di una incisivit, di
una concisione estreme; in secondo luogo, la celebre asserzione del panta ri, poi, con cui si
soliti sintetizzare la filosofia eraclitea non sarebbe propria del filosofo, giacch lespressione non
si trova in alcuno dei suoi frammenti, ma solo dei discepoli. Ci che costituisce il fondamento
della filosofia eraclitea la teoria dellunit dei contrari.

Lopposto concorde e dai discordi bellissima armonia (DK 22 B 8)

La legge segreta del mondo la stretta connessione dei contrari che, in quanto opposti, lottano
fra loro, ma, al contempo, non possono stare gli uni senza gli altri, poich uno vive in virt
dellaltro. La guerra tra le cose manifesta, pertanto, uninteriore razionalit,

Polemos padre di tutte le cose, di tute le cose re; e gli uni disvela come dei e gli altri come
uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi. Bisogna per sapere che la guerra comune a tutte le
cose, che la giustizia contesa e che tutto accade secondo contesa e necessit (DK 22 B 53 e B
80)

Polemos non , tuttavia, mera distruzione, prevaricazione ma la struttura delle cose: il contrasto
fisiologico allessere, statuto ontologico. Che tutto sia e non sia implica una dinamicit del
reale, un continuo divenire, magari non evidente, ma comunque necessario.

Congiungimenti sono intero e non intero, concorde e discorde, armonico disarmonico, e da


tutte le cose luno e dalluno tutte le cose.
Non comprendono come, pur discordando in se stesso, concorde: armonia contrastante come
quella dellarco e della lira.
Una e la stessa via la via allin su e la via allin gi (DK 22 B 10, B 51 e B 60)

Larmonia del mondo non risiede, pertanto, nella conciliazione dei contrari quanto, piuttosto,
nel mantenimento del conflitto. E il Logos proprio la legge dallinterdipendenza degli opposti,
solo esso consente di vedere la connessione tra le cose, consente di vedere che le cose, pur
opposte, sono uno:

Ascoltando non me, ma il logos, saggio convenire che tutto uno (DK 22 B 50)

Di qui, allora, collegando linizio del frammento ( ouk emou, alla tou logou) alla sua conclusione
(hen panta), la possibilit di capire quale sia il significato della parola dellOscuro. Non si tratta,
infatti, soltanto di cogliere insieme cose diverse, mediante un atto che le abbraccia tutte, n
ancor meno di un accostamento di contrari, accomunati sulla base di un compromesso. Lhen
panta dice in quale maniera il logos dispiega il suo essere, nel senso che lascia-stare-insiemedinnanzi in una presenza ci che staccato o opposto come il giorno e la notte, la pace e la
guerra, la veglia e il sonno, dioniso e Ades [29]

Ci che Heidegger riconosce a Eraclito () il raccoglimento in unit della dia-ferenza che


porta gli enti nellessere, vale a dire un modo di concepire il logos tradotto col termine
tedesco Versammelung - che valorizza linsopprimibilit della differenza ontologica. [30]

Latto del porre, di cui dice il logos, non soltanto non elimina, ma rafforza la differenza
irriducibile fra i contrari, custodisce questa differenza rendendo con ci possibile -e pensabile- la
simultanea compresenza degli opposti.

Porsi allascolto di colui che pi radicalmente ha pensato la differenza significa appunto


valorizzare il carattere non dialettico, non conciliativo, della nozione di harmonia, alla quale
sovente si riferisce lEfesio. [31] Larmonia non agisce come definitivo annullamento di ogni
differenza, ma una forma di conciliazione che contiene in s unineliminabile tensione [32] .
Heidegger sottolinea che il polemos di cui parla Eraclito, in quanto forza che separa e unisce,
deve essere interpretato come un conflitto originario, perch innanzi tutto esso origina i
combattenti come tali [33]

Costitutivamente e intrinsecamente polemica la cosa stessa e dunque la verit ad essa


riferita, dove per verit si deve intendere non ci che scaturisce dalla mera concordanza fra
pensare e la cosa, attraverso il giudizio, ma piuttosto un evento, quellaccadere dellessere in cui
luomo coinvolto e messo in gioco (). Il polemos non esprime il modo in cui soggetti
autonomi supposti preesistenti alla relazione entrano in rapporto gli uni con gli altri e perci
potrebbero entrarvi anche in forme differenti da quelle del polemos - ma piuttosto ci che
originariamente pone i soggetti, e li pone specificatamente come soggetti polemicamente in
relazione. [34]

7. Le influenze orientali sul pensiero eracliteo

"Nella figura di Eraclito, un "adoratore del fuoco puro", Friederich Creuzer ( Symbolik und
Mythologie der alten Voelker, seconda edizione, 1819-21, II, pp. 192-99; terza edizione, 1840, II,
pp. 595-601) trov un importante legame tra dottrina degli elementi orientale e razionalismo
greco. Egli affermo che Eraclito pens e insegn con l'animo di Zoroastro,con l'unica differenza
che fece entrare la chiara logica ellenistica in ci che aveva appreso dall'Oriente, e lo ridusse ad
un sistema coerente perch potesse essere accettato dal suo popolo [35] .

In particolare, nello Zoroastrismo il fuoco ha notevole importanza ed forse questo uno dei pi
stretti punti di contatto fra lo Zoroastrismo e Eraclito.

"I corpi dei defunti per Eraclito sono una cosa abominevole, da gettare via pi dello sterco. Dopo
questo trattamento essi sarebbero dunque preda di cani e uccelli, e ci sarebbe ripugnante per
la normale sensibilit greca. Questa , per, l'usanza zoroastriana, ancora viva in alcune
comunit parse; nell'antichit era l'usanza seguita dai Magi, e come tale era ben nota ai Greci.
(...)

Nell'usanza zoroastriana sia la sepoltura sia la cremazione sono peccati, inventati da Angra
Mainyu, perch trasmettono la contaminazione alla terra e al fuoco rispettivamente. Se un cane
o un uomo sono stati seppelliti, non riesumarne il corpo peccato." [36]

Inoltre, Eraclito schernisce gli uomini che pregano le statue e li considera sciocchi e ignoranti.
Eraclito non l'unico greco dell'epoca a rifiutare l'antropomorfismo; anche Senofane, quanto
meno, lo ridicolizz. Questa per soltanto un'altra delle idee diffuse nella Ionia in quell'epoca
che come per magia concordano con quelle dei Persiani. Erodoto 1, 131, 1:"I Persiani io so che
osservano i seguenti costumi: non hanno l'abitudine di innalzare statue e templi e altari , anzi
rimproverano di stoltezza quelli che fanno ci, a quanto io credo perch essi non pensano come
gli Elleni che gli dei abbiano figura umana.

"La realt dimostra che la sola Brhadaranyaka Upanishad ci illumina maggiormente su ci che
Eraclito diceva di quanto possa illuminarci ci che rimane degli altri Presocratici considerato
globalmente.
La strada da Efeso all'India lunga. La distribuzione della razza umana dimostra per che i
popoli, e ci che essi portano con s, hanno fatto viaggi ben pi lunghi nel corso degli anni.
All'epoca di Eraclito Efeso e l'India erano collegate dall'impero persiano. Gli Indiani giunsero sul
continente greco con l'esercito di Serse. I legami tra il pensiero di Eraclito e la religione persiana
( nella forma a noi nota attraverso la letteratura dell'ortodossia zoroastriana) sono
conseguentemente stretti." [37]

"Dall'epoca di Anassimandro e Ferecide era trascorso forse mezzo secolo. E' studiando la figura
di Eraclito che possiamo valutare l'importanza che le influenze orientali continuarono ad avere
alla fine di questo periodo. Queste influenze cessano per nel quinto secolo. Il pensiero greco si
ripiega su se stesso e assimila ci che ha assorbito dall'estero. Una delle cause naturalmente la
guerra con la Persia e le sue conseguenze (si effettu espulsione dei governatori filo-persiani,
divenne difficile o addirittura impossibile per i Greci viaggiare all'interno dell'Asia)." [38]

In conclusione, quindi, le influenze orientali rivestirono notevole importanza per la formazione


del pensiero greco, anche se non in maniera esclusiva, in quanto, come si evidenziato
precedentemente, altri fattori, di carattere ad esempio storico, influirono in modo determinante
su tale pensiero positivo.

Queste influenze, per, se pur minime e ridotte ad una ristretta fascia temporale, non furono di
fatto riconosciute da Hegel, il quale ne aveva quanto meno ridimensionato notevolmente
limportanza, identificando fra le peculiarit della filosofia greca il suo carattere unitario e
sistematico, che sicuramente non poteva derivare dalle dottrine religiose orientali, di cui egli
aveva messo in luce la carente sistematicit.

I Greci senza dubbio ricevettero pi o meno dallAsia, dalla Siria, dallEgitto, i germi della loro
religione, della loro cultura, del loro ordinamento sociale; ma seppero talmente cancellare
quanto in siffatta origine vi era di straniero, e talmente trasformarlo, elaborarlo, capovolgerlo,
farne insomma unaltra cosa, che tutto ci che essi, al pari di noi, vi apprezzano, riconoscono,
amano, appunto ci che essenzialmente loro. [39]

Infatti lo spirito greco nel suo svolgimento si serve di ci che ha ricevuto, dellelemento
straniero, soltanto come materiale, come spinta: i Greci in questo si sentirono e si
comportarono come uomini liberi. La forma che essi impressero al sostrato straniero fu appunto
questo particolare afflato spirituale, lo spirito della libert e della bellezza, che da un lato pu
considerarsi come forma, ma da un altro appunto ci che in realt costituisce la sostanza pi
elevata. [40]

A partire da filosofi quali Schopenhauer, Nietzsche e numerosi altri, soprattutto nel XIX secolo,
questa tesi sar messa in discussione a favore di unanalisi pi realistica.

[1] M.L.WEST, Bologna, Il Mulino, 1993, pg. 314


[2] ibid, pg.281
[3] ibid.
[4] ibid. pg.136-137
[5] E. DODDS, I Greci e lirrazionale, op. cit., pg. 87
[6] W. GUTHRIE, I Greci e i loro dei, op.cit., pg. 87
[7] ibid., pgg. 101-103
[8] DODDS, I Greci e lirrazionale, pg.168-169

[9] ibid. pg.193-194


[10] GIAMBLICO, vit.Pyth. 1993, pg. 284-285
[11]DODDS, op. cit., pgg. 182-185
[12] GUTHRIE, op. cit., pg. 374
[13] M.L.WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, Bologna, Il Mulino 1993, pg. 284-285
[14] HANS-GEORG GADAMER, Parmenide o laldiqu dellessere, I libri di sophia, Risposts, trad.
di G.Bonigo- C. Saviani,ed. it. Saviani, pg. 11
[15] ibidem, pg. 12
[16] HANS-GEORG GADAMER, Linizio della filosofia occidentale, Milano, Guerini e Associati,
1993, pg. 107
[17] ibidem, pg. 113
[18] ibidem, pg. 115
[19] HANS-GEORG GADAMER, Parmenide o laldiqu dellessere, I libri di sophia, Risposts, trad.
di G.Bonigo- C. Saviani,ed. it. Saviani, pg. 9
[20] HERMANN DIELS, Parmenides Lehrgedicht, griechisch und deutsch, Berlin, 1897, cit. in
HANS-GEORG GADAMER, Parmenide o laldiqu dellessere, I libri di sophia, Risposts, trad. di
G.Bonigo- C. Saviani,ed. it. Saviani, pg. 16
[21] ERICH DODDS,The Greeks and the Irrational, Berkley, 1951 [trad. it. I Greci e lirrazionale,
Firenze, La Nuova Italia, 1959]
[22] U. HOLSCHER, Anfangliches Fragen. Studien zur fruhen grieschischen Philosophie,
Gottingen, 1968
[23] B.L. VAN DER WAERDEN, Erwachende Wissenschaft, Basel-Stuttgart, 1956.
[24] HANS-GEORG GADAMER, Parmenide o laldiqu dellessere, I libri di Sophia, Risposts, trad.
di G.Bonigo- C. Saviani,ed. it. Saviani, pg. 10
[25] ibidem,, pg. 16
[26] HANS-GEORG GADAMER, Linizio della filosofia occidentale, Milano, Guerini e Associati,
1993, pg. 119-130
[27] HANS-GEORG GADAMER, Linizio della filosofia occidentale, Milano, Guerini e Associati,
1993, pg. 131

[28] HANS-GEORG GADAMER, Linizio della filosofia occidentale, Milano, Guerini e Associati,
1993, pgg. 109-111
[29] MARTIN HEIDEGGER, Logos (Eraclito, frammento 50), 1951, in Saggi e discorsi, a cura di G.
Vattimo, Milano, 1980, pg. 156 (ed. orig. 1954)
[30] UMBERTO CURI, Polemos. Filosofia come guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pg. 153
[31] UMBERTO CURI, Polemos. Filosofia come guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pg.154
[32] MARTIN HEIDEGGER, Eraclito, Linizio del pensiero occidentale. Logica. La dottrina eraclitea
del logos, 1943-1944, Milano, Mursia, 1993, pgg. 141 sgg.
[33] MARTIN HEIDEGGER, Introduzione alla metafisica, 1935, Milano, 1968, pg.72
[34] UMBERTO CURI, Polemos. Filosofia come guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pg.155157
[35] M.L.WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, Bologna, Il Mulino 1993, pgg.226-227
[36] ibidem, pg. 246
[37] ibidem, pgg. 267-268
[38] ibidem, pg. 296
[39] HEGEL Lezioni sulla storia della filosofia, pag.168.
[40]Ivi, pag. 168-169.

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