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La forza F ha la stessa direzione dell’omero, e il braccio di questa forza (indicato con d1 nel
disegno) è legato all’angolo theta dalla legge seguente:
Stiamo cioè ragionando in termini di cinematica inversa: a partire dal moto di un oggetto,
determinare le forze che hanno permesso all’oggetto di muoversi così. In realtà noi non abbiamo
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questa possibilità, perciò dobbiamo scendere ad un compromesso: supporremo un certo andamento
della velocità e a partire da questo calcoleremo tutte le altre grandezze.
Ok, ora non spaventatevi: ci sono molte scritte nel grafico successivo ma il ragionamento è
semplice e già l’abbiamo fatto. Supponiamo che il nostro manubrio percorra la sua traiettoria
angolare a velocità (angolare) costante, sia nella fase eccentrica che in quella concentrica. Le
variazioni sono presenti all’inizio e alla fine di ogni fase. Applichiamo la semplificazione di
considerare la velocità lineare a tratti.
Per una maggior flessibilità consideriamo che le velocità di regime in fase eccentrica (di durata Te)
e in fase concentrica (di durata Tc siano differenti).
La velocità varia in tempi che sono frazioni del tempo di ogni fase, da qui l’uso di coefficienti k il
cui valore è compreso fra 0 e 1. Questo è un giochetto tipico dei matematici: per dire che la velocità
cresce in un tempo pari al 30% del tempo dell’eccentrica si considera un coefficiente K=0.3. Poiché
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L’arco di movimento è quello espresso in figura: si parte con il manubrio in verticale
sull’avambraccio e si estende fino ad avere l’avambraccio completamente in linea con il braccio.
L’angolo percorso si esprime in questo modo:
180
Questo, come oramai sappiamo, deve essere pari all’area sotto ogni “trapezio” dato che nella curva
delle velocità ciò corrisponde allo spazio percorso in un dato tempo, perciò si ottiene, per
l’eccentrica:
Ke0 Ke1
eMaxTe (1 )
2 2
Da cui (anche per la concentrica):
1
eMax
Te (1 Ke0 Ke1
)
2 2
1
cMax
Tc (1 Kc0 Kc1
)
2 2
Riscriviamo adesso la prima legge della dinamica applicata al nostro modello, considerando
positiva una rotazione oraria e negativa una antioraria:
P F I
3
Da cui
F P I
La presenza di variazioni di velocità determina un contributo aggiuntivo rispetto alla situazione
statica. Ricordiamo le formule delle coppie delle forze in gioco:
Mgd 2 sen( ) I
F
d min (d max d min ) sen( )
Tiriamo fuori qualche risultato! I dati iniziali
4
3. Supponiamo che nell’eccentrica ci vogliano 5 decimi di secondo per frenare il peso, mentre
nella concentrica si rimette in moto il peso in 1 decimo di secondo.
4. Eseguiamo un curl sulla panca scott a 45°, fino ad estendere l’avambraccio completamente
Omega
100
50
-
- 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00
-50
-100
-150
Omega
Alfa
1.500
1.000
500
-
- 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00
-500
-1.000
-1.500
Alf a
Theta
180
160
140
120
100
80
60
40
20
-
- 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00
Thet a
5
y
160
Kg eq Kg eq
500 500
450 450
x
400 400
350 350
300 300
250 250
200 200
150 150
100 100
50 50
- -
- 20 40 60 80 100 120 140 160 180 - 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0
Theta (°) T (sec)
Fstatica Fstatica
y
y
180
x
x
La figura sopra riportata mostra a destra il diagramma della forza statica (in Kg equivalenti) rispetto
all’angolo theta. Questo grafico non ci dice come questa forza si sviluppa nel tempo, ma
semplicemente ad ogni valore dell’angolo quanta forza è necessaria per equilibrare perfettamente il
peso.
A sinistra viene riportato, invece, come la forza statica si produce nel tempo sulla base dei dati che
sono stati inseriti nel modello. La forza cresce fino ad un massimo, poi decresce. Nella pausa ha un
valore diverso da zero, perché è necessario “tenere” il manubrio. Poi inizia la concentrica. La
rappresentazione in funzione del tempo permette di evidenziare la diversa durata della concentrica
rispetto all’eccentrica.
La prima rappresentazione ci dice “quanta forza” in funzione dell’angolo, ma non essendo descritto
come l’angolo varia nel tempo, non ci dice il “come accade”. La seconda rappresentazione ci
mostra il manubrio in movimento, ed è quella che useremo. Si parla di forza statica perché
volutamente per didattica sono stati esclusi i contributi dovuti alle accelerazioni, il grafico non è
perciò reale!
Il grafico seguente mostra l’andamento della forza che dovete generare con il vostro bel bicipite per
compiere una ripetizione secondo i dati che abbiamo stabilito.
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Kg Equivalenti
Forza aggiuntiva per
500 mettere in moto il
manubrio
450
Forza aggiuntiva per
frenare il manubrio
400
350
300
250
200
150
100
50
-
- 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0
T (sec)
Ed ecco a voi i famosi quanto famigerati picchi di forza! Mi raccomando, le “spigolosità” sono
dovute al fatto che la velocità è approssimata come lineare a tratti, in realtà sono delle “gobbette”
simili a quelle del disegno ma più smussate ai lati.
Per frenare il manubrio in 5/10 di secondo su una eccentrica di 2 secondi e metterlo in moto da
fermo in 1/10 di secondo su una concentrica di 1.5 secondi è necessario fornire una forza
aggiuntiva. Come si vede, più velocemente si deve mettere in moto il peso, più questa forza deve
essere elevata. Nel caso della concentrica devo generare in quel 1/10 di secondo circa 175Kg
equivalenti in più, pari a quasi l’80% in più rispetto ad una situazione statica!
Il concetto basilare che vorrei che assimilaste è: più velocemente cercate di frenare o di iniziare un
movimento, più sarà necessario generare forza perché ciò avvenga. E questa forza è una forza di
tipo impulsivo. La “larghezza” dell’impulso è pari al tempo che serve per mettere a regime la
velocità.
7
1
eMax
Te (1 Ke0 Ke1 )
2 2
Perciò:
1 1
e1 2
Te Ke1 (1 Ke0 Ke1 )
2 2
L’accelerazione necessaria a frenare il peso (e perciò la forza da generare) aumenta se:
Il tempo dell’eccentrica diminuisce (il fattore Te al denominatore) – movimenti più veloci
generano necessitano di picchi di forza più elevati in frenata
Il tempo per la frenata diminuisce (il fattore Ke a denominatore) a parità di tempo di
eccentrica – frenare sempre più di colpo necessita di un picco di forza sempre maggiore.
Stesse considerazioni per la concentrica e la ripartenza del peso. E’ interessante notare come il
tempo totale dell’eccentrica sia pesato al quadrato, perciò ha una influenza decisamente superiore
nella quantificazione numerica del picco di forza rispetto al tempo della frenata che, tra l’altro, sarà
bene o male dell’ordine dei decimi di secondo quasi sempre, mentre il tempo dell’eccentrica può
variare di molti secondi.
Nella pratica dell’esecuzione dei vari movimenti, infatti, non è che voi muovete un peso e lo frenate
più o meno dolcemente… lo muovete “forte” o “piano” ma lo frenate sempre allo stesso modo.
Kg equivalenti
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5
t (sec)
La figura sopra riportata mostra i picchi della forza necessaria per frenare il manubrio nel caso di
una eccentrica di 2, 3, 4 e 5 secondi. Possiamo dire che con 5 secondi il “fenomeno” è del tutto
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attenuato. Il metodo Superslow perciò è una modalità di esecuzione che prevede un movimento che
ben si avvicina alla condizione di “quasi-staticità”.
E’ però fondamentale imparare ed assimilare che qualsiasi movimento eseguito secondo tempistiche
“naturali” è affetto dalla presenza di questi picchi di forza. Non sono cioè condizioni anomale ma
normali. Per tempistica naturale si intende un gesto atletico compiuto alla velocità che il buon senso
ci dice propria. Una panca controllata e ben fatta sarà eseguita con eccentrica di circa 2 secondi, uno
stacco potente e deciso verrà compiuto in circa 3 secondi.
Kg equivalenti
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
-
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5
t (sec)
Un manubrio da 20Kg manovrato in maniera controllata necessita di molta più forza che muovere
un manubrio pesante la metà in maniera più veloce, e questo sarà il tema circostanziato nella
Lezione 4. Però c’è una frazione di secondo in cui il manubrio da 10Kg necessita di un picco di
forza enorme: si passa da circa 130Kg equivalenti a 330Kg equivalenti nel giro di qualche
centesimo di secondo.
Questo picco di forza necessario per “partire a razzo” è prodotto dai muscoli, ma questi sono
attaccati alle ossa tramite dei tendini. Tutta la struttura risentirà di questa “lama”: non è necessario
utilizzare grandi carichi per farsi male! Le forze in gioco quando si effettuano movimenti a strappo,
con slancio, velocissimi sono molto elevate, decisamente molto più alte rispetto a quanto si pensa
normalmente. Andiamo “fuori giri”, ma non ce ne accorgiamo perché il tutto si confina in intervalli
di tempo infinitesimi rispetto alla normale percezione che abbiamo del tempo.
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Estremizziamo ancora di più: utilizzate un manubrio da 3Kg e fate dei curl con eccentrica
velocissima, diciamo in 3 decimi di secondo! Che ci vuole, del resto, i manubri da 3Kg sono quelli
che usano le grassone che fanno la fit box!
Bene, in questo modello, il rapporto fra la forza massima statica e quella dinamica è pari al 690%
Ciò significa che i 3Kg, che sul vostro bicipite “pesano” circa 40Kg equivalenti, diventeranno quasi
7 volte tanto per circa 5 centesimi di secondo, cioè 280Kg! Ora che lo sapete, regolatevi…
Un altro esempio di diversi comportamenti in regime dinamico. Perché è più difficile fare un curl
partendo dalla posizione di maggior difficoltà rispetto ad una posizione differente? Banale, direte:
perché ci vuole più forza. Ma… perché?
Siete in piedi, avete il solito manubrio ad un lato del corpo. Con una postura praticamente perfetta,
flettete l’avambraccio in 2 secondi (e 0.1 secondi per mettere a regime la velocità del manubrio).
Dopo un adeguato recupero, posizionate l’avambraccio a 90° rispetto al braccio e riprovate,
flettendo questa volta in 1 secondo perché fate metà del movimento precedente (sempre 0.1 sec per
la velocità di regime) Ce la fate, ma è decisamente più difficile. Il grafico seguente mostra quanto è
più difficile.
Kg equivalenti
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
-
3 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6 3,7 3,8 3,9 4 4,1 4,2 4,3 4,4 4,5 4,6 4,7 4,8 4,9 5
t (sec)
La curva blu è il caso a 180°. Dovete dare un picco di forza per mettere in moto il peso, poi però
l’angolo di flessione è tale che la forza che dovete generare è decisamente di meno, per crescere e
diventare massima quando l’avambraccio è orizzontale. Chiudete il movimento perché nel punto di
massima difficoltà il manubrio ha già velocità, sebbene la forza che dovete imprimere sia maggiore
di quella della partenza
Nel secondo caso, descritto dalla curva viola, dovete generare forza in corrispondenza del punto di
difficoltà maggiore se volete che il manubrio si muova, perciò questa si somma alla forza necessaria
per tenere il manubrio fermo in posizione statica. C’è un intervallo di tempo in cui voi dovete
generare quasi il doppio della forza del caso precedente. Se ce la fate, chiudete il movimento,
altrimenti… Per questo si vedono dei cheating assurdi quando l’avambraccio è parallelo al terreno!
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Al termine di questa parte della trattazione risulta evidente che in un movimento dinamico c’è una
componente di forza aggiuntiva da generare necessaria per mettere alla velocità di regime (o per
frenare) il manubrio o il bilanciere stesso. Questa forza varierà in funzione di due variabili:
1. il tempo totale di esecuzione, il cui contributo è quadratico
2. il tempo necessario a portare a velocità di regime il manubrio o il bilanciere stesso , il cui
contributo è lineare
Nel prossimo articolo cercheremo di descrivere un modello che risponda a queste domande: “è più
allenante eseguire velocemente o lentamente?”, che è quello che in fondo è interessante.
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