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INSOSTENIBILE
LETALE
RIVOLTANTE
SOPORIFERO
COSI COSI
BELLO
MAGICO
CLASSICO
THE BOURNE
ULTIMATUM
DI PAUL GREENGRASS; CON PADDY
CONSIDINE, MATT DAMON. USA 2007
IL CASO THOMAS
CRAWFORD
DI GREGORY HOBLIT; CON ANTHONY
HOPKINS, RYAN GOSLING. USA 2007
Thomas Crawford
(Hopkins) pianifica un delitto perfetto quando scopre che la moglie Jennifer (Davidtz)
ha una relazione e il suo amante
proprio il detective che si occuper
delle indagini. Crowford tiene testa
allavvocato della difesa che non pu
fare nulla anche se trova troppo tardi
prove a suo carico dopo che limputato assolto per mancanza di prove
e non potr essere incriminato due
volte per lo stesso delitto.
SEGUE A PAG 10
NATO, VISSUTO
E CRESCIUTO
SULLA STRADA
di Marco Dotti
acciamo un film
dove si immagina un mondo incredibile oltre la morte. Un film
cos selvaggio, sexy, bello e provocatorio che tutti vogliano correre verso la propria morte.
Con queste parole, David Wojnarowicz chiedeva a Marion
Scemama - fotografa d'arte, conosciuta durante gli anni della
sua bohme parigina - di aiutarlo e seguirlo, in una nuova avventura: il cinema. L'espressione
rush to death, sottolinea Sylvre Lotringer che a Wojanrowicz ha dedicato un libro imprescindibile (A Definitive history of five or six years on the
lower East Side, a cura di Ambrosino, Semiotex, 2007), pu assumere molti significati. Rush
una corsa affannata, un correre
a capo chino, ansimando. Ma, al
plurale, indica anche i materiali
di una giornata di lavoro cinematografico, quelli girati e non ancora passati alla lavorazione e al
montaggio. Un termine tecnico, dunque, che nel vocabolario di David Wojnarowicz cambia di segno e di senso, trasformandosi non in un gioco di parole, ma in quell'appassionata
affermazione di vita che, osserva
ancora Lotringer, costituisce la
cifra non soltanto del suo lavoro,
ma anche della sua diserzione.
Diserzione politica, senza compromessi.
Nato in New Jersey, nel 1954,
David Wojnarowicz ha conosciuto presto la violenza e il lato
oscuro del sogno americano:
stuprato, rapito, rinchiuso in un
orfanotrofio e poi, dall'et di sedici anni, costretto ad arrangiarsi a vivere per strada. Proprio la
strada, scriveva Tony Kushner
(nella premessa ai durissimi racconti di The Waterfront Journals,
tradotti alcuni anni fa da Baldini
e Castoldi, e immeritatamente
ignorati da lettori e critici italiani), l'inferno in cui solo poliziotti e diavoli possono entrare.
David Wojnarowicz non era
ne l'uno n l'altro ma, semplicemente, aveva rotto le distanze:
quelle di sicurezza che rendono
sicuro ogni buon padre di famiglia, ma anche quelle dell'artista che della strada prende ci
che gli serve, e di quel poco si
serve come di una cassa di risonanza, per inscrivere il proprio
nome, come un qualsiasi marchio di fabbrica, sulle pagine
di qualche bella rivista patinata.
Nato, vissuto, cresciuto per strada, quella di David Wojnarowicz era una esistenza pubblica e radicale, per definizione. Persino teatrale, si potrebbe
azzardare seguendo il consiglio
di Kushner, se nella definizione
non risuonasse, ancora uan volta, l'eco di salotti, vernissage e
buone maniere.
Solo nel 1978, dopo avere passato alcuni anni a San Francisco e Parigi, Wojnarowicz si fermer, trovando spazio in quell'East side village di New York
che, d'altronde, i suoi graffiti, le
sue performace, la sua sola presenza segneranno per sempre.
Wojnarowicz, come aveva compreso Flix Guattari, un artista
disorientante, proprio perch
opera e lavora sui meccanismi e
le dinamiche della coppia deterritorializzazione - riterritorializzazione, creando e continua-
Contro ipocriti e
di Sylvre Lotringer
cco un progetto paradossale: presentare l'opera di un videomaker pur sapendo che il suo
primo lavoro sar anche l'ultimo.
Questi film non sono, strettamente
parlando, finiti. Ma non si pu nemmeno dire che non lo siano o che
non siano compiuti, semplicemente sono stati interrotti. Sono
stati interamente concepiti e pensati avendo bene in mente la loro realizzazione finale. Parlarne per la prima volta non significa renderli pubblici, ma, in qualche misura, offrire
loro una opportunit di esistere a
tutti i livelli.
David Wojnarowicz era nuovo all'esperienza del video. Quando mor, il 22 luglio del 1992, all'et di 38
anni, lasci dietro di s un impressionante corpus di opere, che inclu-
Sesso gay
al molo 46
di Ivan Galietti *
NEW YORK
E OMAKER
bigotti
in un ruolo moralista. Quando, improvvisamente, la sua controversia
con la Nea lo catapult sulle prime
pagine dei giornali, non ne approfitt commercialmente e non ne fece
il suo marchio di fabbrica.
David Wojnarowicz era politico
in tutto quello che faceva, senza
preoccuparsi di mettergli un nome.
Omosessuale, era profondamente
impegnato a favore della comunit
gay e diede il suo supporto ad Act
up, facendo tutto quello che era in
suo potere per informare la gente
sull'aids che aveva colpito anche
lui. Nel 1990, gir su questo tema
un mirabile film con Phil Zwickler,
Fear of Disclosure: the psychosexual
implication of hiv revelation.
I video realizzati in collaborazione con Marion Scemama - alla
quale ha dedicato la sbalorditiva
Sex Series, del 1989 - erano parte
di un progetto che, probabilmente, avrebbe spinto il suo lavoro oltre nuovi limiti.
Nel 1982 incontrai David Wojnarowicz in un locale dell'East Village di Manhattan, The Bar, ritrovo di intellettuali e artisti come
Bob Wilson, Robert Mapplethorpe, Taylor Mead, Bill Rice, Gary
Indiana, Jack Smith, Peter
Hujar... David era alto e magro,
il viso scavato ed intenso, con
un'espressione grave, quasi severa, perfino quando sorrideva,
come se fosse gi consapevole,
prima della malattia, del poco
tempo che gli restava da vivere.
La sua bellezza virile e conturbante era solenne, come una
scultura di Giacometti. In privato
era di poche parole, essenziali, il
suo comportamento era affabile, dolce, quasi tenero.
Come scriveva Rimbaud: Il etait
doux parce qu' il etait fort (Era
dolce perch era forte).
Simpatizzammo subito e gli parlai del mio progetto di filmare,
prima che scomparisse, un luogo che mi aveva affascinato:
Pier 46 sul fiume Hudson. Quel
molo in rovina, demolito un anno dopo perch giudicato pericoloso, rappresentava per me il
punto focale di una mia sceneggiatura intitolata Pompei New
York: itinerario di un giovane
europeo fra i rituali dell'Arte, del
Rock, della Miseria e dell'Orgia,
all'epoca in cui a Manhattan la
liberazione sessuale aveva raggiunto il suo apice scatenato,
frenetico, consumistico e pagano, prima dell'ecatombe provocata dall'Aids.
I moli abbandonati del West Village erano diventati durante gli
anni Settanta una sorta di spiaggia libera per incontri omosessuali, i leggendari sex piers.
Grandi costruzioni fatiscenti in
legno, metallo e calcestruzzo,
con corridoi e file di stanze vuote, scale traballanti, tetti cascanti, vernice che si staccava, ferraglie aggrovigliate, travi bruciate,
e nei muri squarci luminosi aperti sull'acqua del fiume o sui grattacieli.
Fonte di ispirazione per molti
artisti, costituivano, in mezzo
alla citt, uno spazio separato
(off limits), dove pubblico e privato, esibizione e intimit,
espressioni di una sessualit
mai mercenaria, si mescolavano
in uno scenario apocalittico.
In particolare il molo 46 evocava
per me l'antica Pompei per via
delle macerie e dei dipinti erotici fra cui predominavano i motivi fallici. David Wojnarowicz acconsent a partecipare al film, il
gay cruising era il suo mondo,
conosceva il posto e su una delle pareti aveva gi scritto questa
frase: The silence of Marcel Duchamp is overrated. (Il silenzio
di Marcel Duchamp sopravvalutato).
E cos appare in Pier Caresses
(Carezze al molo) primo segmento del mio work-in-progress
intitolato Pompei New York.
* Ivan Galietti lautore di Pompei New York (part. I) - Pier caresses, 10 (1982). Fotografia:
Kyle Kibbe; musica: HawkinsNiederkorn, Victor Frost, Phoebe
Legere; montaggio: Ivan Galietti, Kevin Cloutier; con Phoebe
Legere, Ivan Steiger, Michael
Oppedisano, David Wojnarowicz, Kevin Bradigan, Vincent
Barnes, Daniel Posival, Kip Turner. Attualmente sta completando un film su Tina Aumont.
ell'aprile del 1989, David mi telefon, chiedendomi di raggiungerlo a New York con una video camera. In quelle settimane, lui
stava lavorando a un film sull'aids, Silence=Death, con Phil Zwickler e
Rosa Von Prauheim. Era libero di organizzarsi come meglio credeva e il
fatto che dovesse pensare attraverso le immagini gli dava il desiderio di
fare un film di cui potesse controllare contenuti, immagine e struttura.
Era abbastanza indeciso, e non sapeva ancora che cosa volesse realmente. L'idea era comunque quella di immaginare l'articolazione della
vita, della morte, della sessualit nella societ, vista con gli occhi di
qualcuno che - socialmente, appunto - fosse considerato un reietto, un omosessuale malato di
aids. Non conoscevamo la forma
che avrebbe assunto questo video: una testimonianza, un documento, una intervista? Non ci eravamo consolati pensando di realizzare l'ennesimo documento su
qualcuno che, lentamente, veniva consumato dall'aids. L'idea disgustava David e, in ogni caso,
non credo sarei stata capace di restarmene passiva, a guardare dieA sinistra History Keeps Me Awake at
tro la camera il suo declino fisico
Night (For Rilo Chmielorz) 86
e mentale. Per prima cosa, filmai
e The Redesign of the Dollar Bill
semplicemente, su cassetta, le ri88-89. Sopra Anatomy and
prese che stava facendo con Phil
Architecture of Desire 88-89
e Untitled (Trash Can Lids) 82-83
e Rosa. Loro si stavano concen-
RAF
Media e potere
prima della lotta armata
di Elfi Reiter
ompete il potere dei manipolatori, dice il titolo del documentario di Helke Sander, Brecht
die Macht der Manipulateure che si
vedr a Sulmonacinema nella sezione dedicata a Raf (Rote Armee
Fraktion) e cinema.
La cineasta tedesca, femminista
della prim'ora in Germania, ha girato questo mediometraggio in bianco e nero nel 1967-68 durante i
suoi studi presso la scuola di cinema a Berlino (Dffb). L era iscritto
anche Holger Meins, membro del
gruppo Raf di prima generazione,
arrestato nel 1972 e morto per denutrizione in seguito a numerosi
scioperi della fame contro le disumane condizioni di detenzione.
Meins lautore di un unico corto,
Oskar Langenfeld, breve studio in
12 capitoli, di grande sensibilit, sulla vita di un anziano in una casa di
cura, anche questo visibile a Sulmona assieme al film-ritratto Starbuck
Holger Meins di Gerd Conradt, suo
amico e compagno di studi, che nell'assemblare materiali d'archivio e
interviste ai vari amici di allora ha
creato un complesso ritratto di quel
periodo storico ricondotto all'oggi.
Invece il film di Helke Sander racconta l'atmosfera precedente alla
lotta armata, a partire dal 1970 con
la liberazione di Andreas Baader
per mano di Ulrike Meinhof e con
la fondazione della Raf, ispirata ai
guerriglieri Tupamaros dell'Uruguay. Non si pose la questione della
violenza come forma di autodifesa
prima dell'uccisione dello studente
Benno Ohnesorg, il 2 giugno 1967,
durante una manifestazione contro
lo Sci di Persia in visita a Berlino. Il
movimento manifestava contro un
ospite indesiderato, rappresentante
di uno stato totalitario (consacrato
dallOccidente, che lo aveva rimesso al potere), sinistramente accolto
dopo il colpo di stato nella Germania postbellica e postnazista ma, se-
SCHERMI DI PIOMBO
Il terrorismo
nel cinema italiano
di Roberto Silvestri
Il 68 nacque nelle scuole italiane, dove si insegnavano solo umbertinate sabaude, per capire
cosa era davvero successo durante il ventennio
e nella resistenza e se era vero che il fascismo
era stato debellato dallo stato democratico. Non
era vero, si scopr. Diciamo che fu un'eccitante
seminario collettivo pacifista, per diventare classe dirigente, e anche filmaker, eticamente pi
responsabile, il 68 (con esami di riparazione nel
77). Per questo quel red block terrorizza tutt'oggi l'occidente da Sarkozy a Veltroni. Che c'entrano gli opposti estremismi? Di opposto c'erano
solo i fannulloni creazionisti che non volevano
farci studiare.
Gli operai massa, dequalificati, spesso immigrati e sudisti divennero i nostri severi insegnanti di storia ombra, le nostre guide spirituali socratiche, perch, a differenza dei pur amati artisti e
cineasti, soprattutto Bertolucci o Pasolini, che
sarebbero stati atrocemente puniti per aver raccontato la verit vera su Sal o smascherato il
funzionamento del Potere simbolico sessista,
ma che rimanevano intellettuali vicini a un partito reticente e pompiere (sulla sua storia partigiana, sullo stalinismo, sui paesi dell'est, sull'eliminazione di ogni sano spirito eretico...) erano
difficili da colpire (anzi, se ne colpivi uno ne insorgevano altri 100). Ogni giorno i Gasparazzo
(lo abbiamo rivisto in uno striscione del 20 ottobre) mettevano in scena un teatro della crudelt
che solo Carmelo Bene sapeva quasi eguagliare
in qualit sovversiva: e raccontavano la nuda
realt di un dominio di classe che si scopriva
rovesciabile, tigre di carta, mandando all'aria,
metaforicamente, le fabbriche, saltando quotidianamente la scocca, fermando la linea di produzione con improvvisi gatti selvaggi, scandalizzando tutt'oggi perfino La Repubblica (che nacque per reprimere) con le parole d'ordine egualitarie tipo salario sganciato dalla produttivit.
Non avevano gli stipendi dei giornalisti, quegli
operai e neanche dei prof di storia. Chiss perch. Fecero diventare di massa la soggettivit
desiderante: un virus letale horror che le classi
dominanti combatterono con bombe, provocazioni, linciaggi organizzati, licenziamenti a grappolo, diffusione di eroina: camerieri gruppi fascisti prezzolati o peggio ancora convinti, mandanti non i corpi separati,
ma lo stesso stato deviato, polizia e
carabinieri italiani, intossicati, non
esclusi. Nacque la necessit di armarsi per salvare la pelle. E fu scontro ovunque.
A volte si usava il catenaccio, alla
Rocco, a volte il casino organizzato
alla Fascetti, a volte l'attacco spettacolare alla Zeman, dove ci che
conta perdere, e morire con dignit. Questi furono, altro che terrorismo, gli anni di piombo. Si cadde
nella trappola. Si dice terrorismo
quando si ammazzano civili inermi
come programma unico e massimo.
Dunque il pur interessantissimo
Schermi di piombo-il terrorismo nel cinema italiano di Christian Uva (Rubettino editore, 18 euro) sembrerebbe, dal titolo, promettere maggiori stravaganze. Una riflessione su cinema e neo-nazismo, far luce sul buco nero del nostro immaginario, soprattutto di serie z, appurato che nemmeno Prosperi-Jacopetti, (Mondo cane e Africa addio), nella loro banalit
tra veterocolonialismo, razzismo qualunquista e difesa a oltranza della civlit occidentale, sarebbero considerati peggio
che sinistra fallaciana.
Il migliore capitolo resta comunque quello sul cinema tedesco e la Raf. Perch? Perch in Giappone e in Germania furono cineasti di grande interesse (Meins, Adachi) i primi a entrare nei gruppi armati. In Italia, brutto gap negativo, nessun ex
combattente armato invece diventato finora cineastaEcco
perch abbiamo un cinema orrendo.
In alto Ulrike
Meinhof. Qui accanto
Andreas Baader
e Gudrun Ensslin il 31
ottobre 1968 durante
un momento
del processo a loro
carico in un tribunale
di Francoforte
di Silvana Silvestri
CINEMA
INTERVISTA MARCO BARTOCCIONI
CARLOS CASTANEDA
Segnaliamo i libri scritti da Carlos Castaneda: A
scuola dallo stregone (1968), Una realt separata (1971), Viaggio a Ixtlan (1972), Lisola del
Tonal (1975), Il secondo anello del potere
(1978), Il dono dellaquila (1983), Il fuoco dal
profondo (1985), Il potere del silenzio (1988),
Larte di sognare (1993), Tensegrit (1996), Il
lato attivo dellinfinito (1999),La ruota del tempo (2001). Su di lui si possono leggere: A Magical Journey With Carlos Castaneda della sua ex
moglie Margaret Runyan Castaneda (2001), The
Sorcerer's Apprentice: My Life with Carlos Castaneda della sua ex allieva e (dice lei) amante
Amy Wallace (2003), I Was Carlos Castaneda:
The Afterlife Dialogues dellinglese ex suo seguace Martin Goodman (2001) e Filming Castaneda: the Hunt for Magic and Reason (2004) di
Gaby Geuter che per circa un anno lo ha filmato
di nascosto appostata dentro un furgoncino parcheggiato di fronte alla casa di Castaneda al
1672 di Pandora Avenue in Westwood (Los Angeles) o in altri luoghi strategici della metropoli californiana.
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