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scomparso, la terra si separata dal suo sole, non c' pi un alto e un basso, ecc.).

Dio
morto significa che tutti i valori e gli ideali sui quali al civilt occidentale ha costruito la sua
visione del mondo sono entrati nella fase del tramonto: semplicemente, non pi possibile
crederci, hanno esaurito la loro funzione vitale. La morte di Dio non un'affermazione
metafisica, essenzialmente un evento storico: essa corrisponde alla crisi irreversibile e alla
dissoluzione di un intero universo culturale. Questo il significato della differenza tra Dio non
esiste e Dio morto: la morte di Dio un evento che riguarda l'uomo, non Dio, la fine di
un'epoca dell'umanit e dei valori metafisici e religiosi che l'hanno caratterizzata. Naturalmente,
sar necessario ancora molto tempo prima che questa consapevolezza si diffonda tra gli uomini,
perch le conseguenze della morte di Dio non sono facili da accettare (l'uomo folle, come
abbiamo visto, viene deriso dai passanti, che non comprendono affatto il significato e la gravit del
suo annuncio). In ogni caso, la morte di Dio non deve gettare l'uomo nella disperazione, poich
essa apre un orizzonte completamente nuovo, al quale si pu guardare con fiducia e speranza. La
morte di Dio segna infatti, nell'orizzonte aperto del futuro, l'atto di nascita del superuomo.
Secondo Nietzsche, bisogna avere il coraggio di accettare la realt e di riconoscere che nel mondo
non c' un significato gi dato, uno scopo gi stabilito; davanti a noi c' un mare aperto di
possibilit e l'uomo deve imparare a navigare in esso con le sue forze, progettando liberamente la
propria vita. Proprio perch non ci sono valori assoluti e trascendenti (Dio, che li fondava e
garantiva morto), la responsabilit di costruire una vita piena di senso ricade interamente
sull'uomo. Pi precisamente, quando l'uomo finalmente comprende di essere l'origine di tutti i
valori (i valori sono creazioni umane), i valori fondamentali che guideranno la sua condotta non
saranno pi desunti da un'autorit esterna (i comandamenti di Dio, o i valori supremi dell'umanit),
ma liberamente creati e accettati (e poi, eventualmente, modificati e superati) in un processo
infinitamente aperto di posizione del valore: questo per Nietzsche il passaggio cruciale e
decisivo dall'uomo (quale concepito nella societ cristiano-borghese) al superuomo (l'individuo
che rifiuta ogni forma di trascendenza ed fedele alla terra). In questa prospettiva, il superuomo
l'uomo nuovo, che ha superato il trauma della morte di Dio e afferma compiutamente la
propria volont creatrice. Quando i valori erano garantiti da un'autorit trascendente e immutabile
(Dio, la legge, morale, ecc.), l'uomo non poteva essere veramente libero; ora che Dio morto,
l'uomo prende su di s la responsabilit di creare i valori che danno senso alla sua esistenza.
- Il problema del nichilismo e del suo superamento. Il problema del nichilismo costituisce uno
dei nuclei tematici pi importanti e pi attuali della riflessione filosofica nietzscheana. In linea
generale, Nietzsche intende per nichilismo una situazione tipica dell'uomo moderno e
contemporaneo, il quale, non credendo pi ai valori supremi che un tempo davano senso
all'esistenza (Dio, la verit, il bene, ecc.), avverte profondamente in s il sentimento del vuoto e
del nulla (il termine nichilismo deriva infatti dal latino nihil = nulla). Che vuol dire, in fondo,
essere nichilisti? Vuol dire pensare e sentire che tutto privo di senso e di scopo, che
l'esistenza dell'uomo nell'universo un nulla( vuota, inutile, senza valore). Ma come
giunto l'uomo moderno a questa conclusione, che lo getta nell'angoscia e gli fa perdere la speranza
nel futuro? Nietzsche ritiene che il nichilismo, come atteggiamento esistenziale, abbia origine da
un'esperienza di delusione. Per secoli l'uomo ha creduto che vi fossero valori assoluti e realt
trascendenti, e ha costruito la sua vita su questa fede; ora, avendo scoperto che questi valori e
queste realt non esistono (cio: Dio morto), l'uomo precipita nello smarrimento e nell'angoscia,
perch ha perduto i suoi abituali punti di riferimento (cfr. le immagini del brano della Gaia scienza).
In questa situazione, il nichilismo consiste nel pensare che, poich Dio non esiste, tutto nel
mondo umano privo di scopo, di senso e di valore (poich non ci sono certezze immutabili e
valori assoluti, la vita dell'uomo nulla, qualcosa che non ha nessun valore e non degna di
essere vissuta). L'equivoco del nichilismo, secondo Nietzsche, proprio questo: legare
indissolubilmente il senso della vita all'esistenza di Dio o di valori assoluti e oggettivi
(indipendenti dall'uomo). Talvolta si dice che quando una persona, per una ragione o per l'altra,
smette di credere in Dio (o anche semplicemente in un ideale), non crede pi in nulla (e magari

inizia a vedere tutto nero, a perdere la fiducia, a chiudersi in se stessa, ecc.). Secondo Nietzsche,
dalla morte di Dio non segue che non c' nessun senso, ma che non c' nessun senso gi dato:
l'uomo che deve dare senso alla propria vita, ma deve farlo imparando a vivere senza le certezze
metafisiche e religiose, senza valori supremi. In altre parole, occorre responsabilizzare l'uomo
come fonte unica dei valori e dei significati, esaltare la sua capacit di creare orizzonti di senso.
Secondo Nietzsche, il nichilismo (cio la mancanza di senso che l'uomo sperimenta quando
tramontano le certezze tradizionali) non deve essere evitato o minimizzato, ma attraversato e
superato: nella morte di Dio e nel nichilismo si annuncia infatti la promessa del
superuomo. Questo punto ben chiarito dallo stesso Nietzsche, il quale dichiara di essere il primo
perfetto nichilista d'Europa (nel senso che ha vissuto in s, fino in fondo, il nichilismo), ma anche
di aver completamente superato il nichilismo e sconfitto il senso di angoscia che ne derivava. Il
nichilismo appare a Nietzsche come uno stato intermedio, un no alla vita che prepara e
rende possibile il grande s ad essa. Proprio per questa ragione, il nichilismo si configura come
un fenomeno estremamente ambiguo. Nietzsche distingue, in questo senso, due tipi di nichilismo,
che corrispondono a due modi diversi di vivere l'esperienza della morte di Dio: il nichilismo
attivo e il nichilismo passivo. Il primo si limita a prendere atto del tramonto dei valori
supremi e assume una atteggiamento di passivit, rassegnazione, nostalgia (Dio morto = la
vita umana nulla = il vuoto che Dio ha lasciato non pu essere colmato = il lutto la nostra
condizione permanente); il secondo invece espressione di un potenziamento dello spirito, il
quale conduce fino in fondo l'opera di distruzione delle certezze metafisiche, creando lo spazio
per nuove possibilit umane e nuovi valori. In conclusione, dopo la morte di Dio l'uomo deve
accettare il rischio e la fatica di dare senso al mondo: egli deve inventare il senso, in quanto
nessun senso gi dato. Il superuomo dunque l'uomo che potenza al massimo grado le
proprie risorse creative, vivendo l'esistenza come un'avventura, con spirito di apertura, novit,
sperimentazione. In questa prospettiva, egli considera la vita come un'opera d'arte, che dobbiamo
plasmare con le nostre mani e che rimane sempre aperta (non si fissa mai in una forma definitiva
e immutabile, altrimenti si cadrebbe nuovamente nella metafisica).
- L'eterno ritorno e le sue interpretazioni. Nietzsche presenta la teoria dell'eterno ritorno
dell'uguale come il pensiero pi profondo e decisivo della sua filosofia. L'idea che tutti gli
eventi e le vicende del mondo, in tutti i loro minimi particolari e sfumature, si ripetono
infinitamente, ritornano infinite volte. Nietzsche racconta che questa idea gli balenata nella
mente, come un lampo, in un giorno d'estate del 1881, mentre si trovava in alta montagna (in
Svizzera), passeggiando passeggiando lungo la costa di un lago. La prima formulazione chiara di
questo pensiero si trova nell'aforisma 341 della Gaia scienza: Che accadrebbe se, un giorno o una
notte, un demone strisciasse furtivo nella pi solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita,
come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e
non ci sar in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e
ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovr fare ritorno a te, e tutte nella stessa
sequenza e successione - e cos pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e cos pure questo
attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa,
granello della polvere!". Non ti rovesceresti a terra digrignando i denti e maledicendo il demone che
cos ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la
tua risposta: "Tu sei un Dio e mai intesi cosa pi divina"? Se quel pensiero ti prendesse in suo
potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per
qualsiasi cosa: "Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo
agire come il peso pi grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare
pi alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello? (Gaia scienza, Aforisma
341). Questo testo molto suggestivo e anche un po' inquietante: Nietzsche recupera, dopo
duemila anni di cristianesimo, una visione ciclica del tempo e del mondo, radicalmente opposta a
quella che lineare propria dell'uomo occidentale moderno. Come hanno bene rilevato gli
antropologi, l'idea dell'eterno ritorno costituisce una struttura mitico-religiosa che si ritrova in

molte culture antiche; in particolare, la credenza nella periodica creazione e distruzione


dell'universo era piuttosto diffusa sia in Occidente (nella Grecia presocratica: Anassimandro,
Eraclito), sia in Oriente (nei testi sacri delle pi antiche civilt dell'India; es.: Atharva veda).
Naturalmente, una cosa dire che nell'universo ci sono delle costanti(per cui il movimento delle
cose segue uno schema fisso e ripetitivo, cos come avviene per esempio nel moto degli astri o nel
ciclo delle stagioni), altra cosa affermare che tute le cose e tutti gli avvenimenti della natura e
dell'uomo debbano ritornare (ci sono dunque versioni diverse dell'eterno ritorno). In ogni caso,
la dottrina dell'eterno ritorno si fonda su una concezione circolare del tempo: nella
successione degli eventi non c' alcun progresso, alcuna reale novit, ma unicamente la
ripetizione, il ritorno di ci che gi stato (il futuro sostanzialmente identico al passato). In
Occidente, la visione ciclica entrata in crisi e si rapidamente dissolta con l'avvento del
cristianesimo, che invece pone al centro del suo messaggio spirituale una concezione del tempo
essenzialmente lineare e progressiva: la storia del mondo, nella prospettiva cristiana, ha inizio
con la creazione divina, trova il suo punto di svolta con l'incarnazione di Dio in Ges Cristo, e
termina con il Giudizio universale (tutti gli eventi della storia umana devono essere letti alla luce
delle provvidenza divina). In tale ottica, il tempo ha una direzione precisa e univoca, pu essere
raffigurato come una linea continua e orientata, che procede verso una meta finale; ogni punto
del tempo ha significato solo rispetto a quelli precedenti e a quelli successivi. Nulla ritorna,
poich tutto finalizzato ad uno scopo ed inserito in un disegno complessivo (ad esempio, Dio si
incarna in Ges Cristo per salvare gli uomini, ma lo fa una sola volta). La rappresentazione lineare
della temporalit cos profondamente radicata nella civilt occidentale che anche chi non crede pi
in Dio non pu prescinderne; si pensi, in proposito, a Comte e alla legge dei tre stadi (l'umanit in
cammino progressivo verso la sua piena realizzazione), ma anche a Marx e all'idea dell'avvento
necessario della societ comunista come superamento definitivo dei conflitti di classe e soluzione
dell'enigma della storia. Ora, Nietzsche intende rompere definitivamente con questa concezione,
proponendo uno schema temporale rigorosamente circolare: la storia non ha una direzione
interna riconoscibile, non si muove verso una meta, un compimento, ma ripete
incessantemente lo stesso ciclo. Ma qual il ruolo che la dottrina dell'eterno ritorno gioca nella
filosofia di Nietzsche? In realt, se ad un primo sguardo l'eterno ritorno dell'uguale sembrerebbe
una pura e semplice riproposizione di un antico mito, esso rappresenta invece uno dei nodi pi
complessi ed ambigui del pensiero nietzscheano. Di fatto, Nietzsche pone la teoria dell'eterno
ritorno in una connessione molto stretta con il concetto del superuomo. Nell'aforisma 341 della
Gaia scienza, come abbiamo visto, emergono chiaramente due modi diversi di reagire alla
prospettiva secondo la quale tutte le cose ritornano: la prima reazione, quella di sgomento e
terrore, propria dell'uomo, la seconda, quella di gioia ed entusiasmo, tipica del superuomo. In
altre parole, il superuomo l'uomo che ha la forza di trasformare il peso dell'eterno
ritorno di tutte le cose in accettazione serena e gioiosa dell'esistenza: il ritorno non appare pi
come una condanna (una coazione a ripetere), ma come una liberazione. In altri termini, il
superuomo dice di s all'eterno ritorno. Ma una volta accertata questa connessione, che cos'
veramente la teoria dell'eterno ritorno? Essa presenta agli studiosi notevoli difficolt interpretative,
in parte dovute alle numerose oscillazioni e incertezze di Nietzsche su questo punto cos importante
e delicato della sua filosofia. In generale, sono possibili almeno tre interpretazioni diverse: 1)
Interpretazione cosmologica: in alcuni testi Nietzsche sembra sostenere che la dottrina dell'eterno
ritorno abbia un fondamento scientifico e possa essere considerata come una vera e propria teoria
fisica, una ipotesi sulla struttura dell'universo (il ragionamento di Nietzsche, ridotto all'essenziale,
il seguente: poich la quantit totale di energia dell'universo finita, mentre il tempo in cui essa si
dispiega infinito, le manifestazioni e le combinazioni di essa dovranno ripetersi infinite volte). 2)
Interpretazione etica: l'eterno ritorno non sarebbe una ipotesi sulla struttura dell'universo, ma
una sorta di imperativo che guida l'azione dell'uomo che ha accettato totalmente la vita (il
superuomo vive la sua vita come se tutto dovesse ritornare). 3) Interpretazione antropologica:
l'eterno ritornosarebbe solo una metafora, che esprime il nuovo modo di essere dell'uomo dopo la

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