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Capitolo nono
Gebctt
L'ermeneutica agostiniana:
il terzo libro del De doctrina christiana*
STRUTIURA
* Lectio Augustini. XXVI Settimana Agostiniana. De doctrina christiana di Agostino d'Ippona, Citta Nuova- <<AugustinUS>>, Roma 1995,81-100.
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Il proemio (I, 1) e allo stesso tempo un invito e un programma. E indirizzato a ogni uomo pio che cerca di fare la volanta di Dio ma che ha anche una
certa educazi'one persino ad emendare i codici.Agostino gli vuole insegnare certe regale di interpretazione per evitare che si imbrogli nell'uso di segni ambigui,
cosa che puo accadere anche a uomini intelligenti o illuminati. C'e qui forse
un'allusione alla pretesa carismatica dei donatisti e di certi monaci. Egli e convinta che una metodologa nel leggere le Scritture sia necessaria. Cio deriva da!
fatto che quando Agostino scrive questo libro ii mondo intellettuale pagano era
pieno di allegorizzazioni dei miti classici, mentre nel mondo cristiano era in atto una controversia che partiva da Antochia contra I'allegorismo alessandrino,
un allegorismo non ben capito o interpretato dagli antiocheni, i quali aderivano
in teora a un letteralismo stretto ma in pratica allegorizzavano pure loro. D'altra parte i manichei, eredi degli gnostici, rigettavano 1' Antico Testamento e eretici come gli ariani interpretavano la Bibbia secando illoro modo di ragionare.
Non bastavano, dunque, n la pieta n la cultura da sale, ci voleva anche la disciplina di un metodo illuminato dalla fede. Data la complicazione dei <<segni>>
descritti nellibro II non si poteva fare a meno di certe regale per evitare sia un
arido letteralismo, sia un allegorismo selvaggio, sia un'interpretazione non consona alla retta fede. Queste regale serviranno non solo per uno scopo teologico
ma anche per aiutare il clero nella sua predicazione. Ecco il Sitz im Leben di
questo libro. E uno degli scritti piu originali di Agostino, degno successore del
libro IV del De principiis di Origene.
2. I
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letterale. Questi ce li dara piu tardi in 27.38. Qui tratta soltanto di dubbi nella
lettura materiale di un testo ad alta voce. Dobbiamo ricordarci del fatto che al
tempo di Agostino i codici ordinari non mettevano nessuno spazio per distinguere una parola dall'altra, la scriptio uncialis continua, non avevano paragrafi,
eccettuati codici costosi scritti colograficamente, e nemmeno avevano punteggiatura. Tracce di punteggiatura appaiono un secolo dopo la morte del nostro
Dottore, molto meno punti di interrogazione, apparsi nel IX secolo. 1 Quindi tutti leggevano ad alta voce - Agostino stesso si meraviglia quando vede Ambrogio nella sua stanza leggere sottovoce - e una tale lettura richiedeva una
buona preparazione perch ogni parola fosse ben distinta da quelle accanto, dovendosi pure dare la giusta intonazione per indicare pause che corrispondono
alle nostre virgole o punti odierni. Si doveva fare una pausa piu lunga quando
finiva cio che noi oggi chiamiamo un paragrafo, indicato aHora per mezzo di
chiasmi, clausole ritma te o cursus, inclusioni e simili congegni retorici. C'era poi
una speciale intonazione per le interrogazioni, le quali, in mancanza di punteggiatura, potevano sembrare proposizioni assertive. Alcuni ci giuocavano sopra
per avallare le loro dottrine eterodosse. Percio l'Ipponense reputa necessario
stabilire alcune regole di lettura per ovviare a tali difficolta o ambiguita.
I criteri che offre Agostino in 2.2 per la distinctio verborum e la pronuntiatio sono due: la regula fidei e il contesto prossimo. La prima si desume dalla sacra Scrittura e dalla dottrina della Chiesa. Egli aveva gia presentato questa regola della fede nel libro I della presente opera. E interessante che, mentre la
Chiesa desume la sua fede dalla Scrittura, sara la medesima dottrina della Chiesa che servira da criterio per la retta Iettura del testo sacro. Cio significa che non
ci puo essere nessuna contraddizione tra Scrittura e tradizione ecclesiale. Ci ricordiamo del detto agostiniano ben conosciuto: <<Si invenires aliquem, qui Evangelio nondum credit, quid faceres dicenti tibi: Non credo? Ego vero Evangelio
non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas>> (C. Ep.
Man. 5, 6: MPL 42, 176). Era stato Ireneo, prima di Agostino, a stabilire la regula fidei come criterio di interpretazione (Adv. Hae1: I, 10, 1). La dottrina aposto-.
lica trasmessa pubblicamente dai vescovi, non segretamente dalle sette, doveva
servire da principio ermeneutico principale per la spiegazione della Bibbia.
Ma era anche Ireneo a precedere Agostino nello stabilire il contesto prossima di una frase come criterio di spiegazione in quanto gli gnostici, come al tempo di Agostino altri settari, spesso levavano una frase da! suo contesto letterario
e la inserivano nel contesto della loro dottrina distruggendone il significato.
Un terzo criterio che piu tardi esemplifichera, e il ricorso alla lingua originale, particolarmente al greco del Nuovo Testamento o della Settanta. Gia nellibro II Agostino aveva sottolineato I'importanza della conoscenza di queste lingue
per risolvere casi particolari. Non era esperto come Girolamo, ma di cio che sapeva faceva buon uso. In 4.8 menziona anche la consultazione di altri traduttori.
The Text of the New Testament, Oxford 21968, 26s [tr. it. Brescia 1996].
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4
Mi servo qui di una tesi non pubblicata di R. BERNARD, presentata all'Universita di Princeton nel 1984 dal ti tolo: In figura. Terminology Pertaining to Figurative Exegesis in the Works of Augustine of Hippo.
5 Agostino non adotta mai la dottrina della theoria bench nei suoi commentari vi si avvicini
abbastanza. Conosceva certamente il Crisostomo che qualche volta difende contro gli attacchi degli
avversari. Si sa che non sono chiari i limiti della theoria n presso gli antiocheni medesimi n presso l'interpretazione dei modemi. Per ulteriori precisazioni vedi M. SIMONETIJ, Lettera e/o allegoria,
Roma 1985, 156-200; B. DE MARGERIE, lntroduction a l'histoire de l"exgese, Pars 1980, l, 188-213
con apposita bibliografa.
Segni inutili, invece (7.11), sono i simboli dei pagani, come le loro statue,
quella di Nettuno, per esempio, che simboleggia il mare. Se uno almeno ammettesse che l'universalita dei mari sia stata creata da! vero Dio, i segni servirebbero a qualche cosa, ma quando uno non arriva nemmeno aquesto, anzi adora le statue o anche ci che significano come dio, si giunge al fondo della schiavitu carnale ai segni. Ci significa che Agostino non era nemmeno contento della demitizzazione dei gentili corrente nell'allegorismo filosofico dei suoi tempi.
Non vede nemmeno la bellezza formale di una statua come segno.
Conclude questa considerazione in 8.12 con la constatazione che il cristianesimo ha elevato i segni utili dell'Antico Testamento nelle Chiese giudeo-cristiane, liberandoli dalla schiavitu della Legge, mentre ha distrutto i segni inutili
dei pagani. Questo aut... aut del vescovo di Ippona comporta un giudizio radicalmente negativo sulla religione pagana, una posizione tradizionale nella Chiesa antica con qualche piccola eccezione. Mentre si poteva parlare di dialogo>>
nel campo culturale e filosofico in una Chiesa che voleva convertire il mondo
intero, in quello religioso era impossibile qualsiasi compromesso.
parire questa res, come la chiamerebbe Agostino, una verita consentanea all'interpretazione della Torah orale e alla legislazione contemporanea rabbinica.
Questi due sensi della Scrittura, sebbene la denominazione fosse recente, risalivano ai tempi antichi, e sappiamo bene che Filone di Alessandria ne faceva
uso in modo allegorico. Non sappiamo se Agostino fosse a conoscenza delle regole di interpretazione rabbinica, probabilmente non direttamente anche se
non possiamo escludere questa ipotesi. Pero il cristianesimo si era appropriato
di un simile modo di vedere dai tempi di Origene, soltanto che l'ambito dell'esegesi allegorica non era quello della legislazione rabbinica ma quello della regula fidei, il credo del cristianesimo contemporaneo. Gli autori profani greci e
latini avevano la medesima convinzione nell'applicare l'ermeneutica allegorica
agli scritti classici di Omero e Virgilio.? La. possiamo chiamare demitizzazione
filosofica. G!i antiocheni non approvavano !'uso di un tale metodo nell'interpretazione bblica perch avrebbe destoricizzato il racconto e lo avrebbe ridotto a mito. Ed e in questo senso che rimproveravano gli alessandrini. Difatti Origene diceva che mentre non tutta la Scrittura aveva un senso letterale, tutta
aveva un senso allegorico. Agostino vuole muoversi sulla scia degli alessandrini ma bada bene a non cadere sotto il rimprovero degli antiocheni negando un
senso letterale e storico al testo sacro. Ci apparira in seguito. Quindi, in quest'opera, il Libro I indica l'ambito della res in cui il signum si pu muovere, il
Libro III pone le regole del gioco del signum. L'autore non distingue, pero, in
questo libro tra esegesi per uno scopo professionale teologico particolarmente
nella controversia, e quella per uno scopo pastorale nella predicazione; non distingue nemmeno tra esegesi dell'Antico Testamento e quella del Nuovo, e, nella sua predicazione, applica l'interpretazione figurata o spirituale anche nella
spiegazione del Nuovo Testamento, dove la locutio propria ha gia un senso spirituale. Ci pero lo fa in gran parte nei trattati predicati su Giovanni, in cui il
senso letterale si apre spontaneamente a un senso simbolico nell'intenzione
dello stesso Giovanni.
Dopo una tale lunga premessa continuiamo a esaminare il testo agostiniano. La questione che pone l'Ipponense e su! criterio che dobbiamo seguire per distinguere quali part della Scrittura dobbiamo intendere in senso proprio, ovvero
letteralmente, e quali in senso figurato, cioe con riferimento a un'altra realta oltre quella espressa nel testo. Come principio general e non espresso ma sotteso in
questo paragrafo e che in genere ogni frase e da interpretare in senso proprio e
non figuratamente. Ci che segue determina le eccezioni a questa regola.
L'enunciazione generale che comprende l'insieme di queste eccezioni e:
Ut quidquid in sermone divino neque ad morum honestatem neque ad fidei
veritatem proprie referri potest, figuratum esse cognoscas. Morum honestas ad
diligendum Deum et proximum, fidei veritas ad cognoscendum Deum et proxi-
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Segue adesso una sezione che spiega il principio ermeneutico fondamentale di Agostino che lo distingue da altri allegoristi, anche se egli poi non lo segue sempre fedelmente. Ancora non siamo arrivati alle regole esegetiche proprie del santo Dottore. Finora abbiamo accennato a certi spunti polemici del
presente scritto, ma in questa sezione appare tutta la cura pastorale del vescovo
di Ippona. Sono note le discussioni che si fanno circa !'intento principale del De
doctrina christiana e circa i suoi destinatari. Qui sarei d'accordo almeno in parte con Bernard nel ritenere che illibro sia pure concepito come manuale di predicazione per il clero africano.
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7
Cf.la voce "Allegory: Greek. Latn" nell'Oxford C/assical Dictionary, Oxfbrd 1970. 45s [tr.
it. Cinisello Balsamo (MI) 1995].
.. , ___ _
mum pertinet>> (10.14). Questo principio e posto nei termini piil generici per trascendere ogni relativismo nella considerazione di costurni ormai sorpassati dalla dottrina cristiana e dai precetti evangelici. Agostino e cosciente che particolarmente nell'Antico Testamento si narrano certi fatti che ai cristiani possono
dare scandalo. D'altra parte il modo in cu ciascuno forma la sua coscienza molte volte non si riferisce a principi validi semper et ubique ma ai costumi regionali dei suoi tempi. Agostino vede due valori che trascendono ogni tempo e regione, e questi sono la verita della fede e la carita, opposti a due valori negativi,
l'errore e la cupidigia. Quindi tutto cio che nella Scrittura in senso proprio non
si pub indirizzare a questi valori si deve interpretare figuratamente. Che significano, pero, caritas e cupiditas? Caritatem voco motum animi ad fruendum Deo
propter ipsum et se atque proximo propter Deum; cupiditatem autem motum
animi ad fruendum se et proximo et quolibet corpore non propter Deum>>
(10.16). Cib che nuoce a s medesimo si chiama turpitudine (flagitium), cib che
nuoce agli altri delitto (Jacinus)~ Inoltre cio che fa bene a se stesso si chiama utilita, cio che fa bene ad altri beneficenza. La licenziosita e tanto peggiore del delitto quanto l'utilita e migliore della beneficenza.
Posta questa chiarificazione si procede a ulteriori sottodistinzioni.
del senso letterale. D'altra parte le azioni buone che concordano con le nostre
consuetudini present si prendano come esempio dai retti e le interpretino letteralmente o figuratamente come facevano i profeti (13.21).
3. I costumi, dunque, variano da un tempo all'altro, da un paese all'altro,
ma la giustizia rimane immutata. La regola generale che dovrebbe reggere tutti i costumi e quella di Tb 4,15: Non fare ad altri cio che non vuoi essere fatto
a te stesso. Su ci si basano tutte le leggi. Ma quando un tale principio e elevato all'altezza della carita scompaiono tutti i Fbertinaggi e tutti i delitti (14.22).
Difatti, e a quello che serve l'interpretazione figurata {15.23), per elevare, cioe,
tali fatti e parole all'altezza della carita evangelica e renderli utili per l'uditorio
cristiano. Se, pero, ripete Agostino, questo regno della carita gia appare nel senso proprio, si intenda letteralmente. E veramente interessante come il nostro
dottore trascende il relativismo dei costumi locali e storici ponendo il valore assoluto della verita, giustizia e carita su cui si fonda ogni criterio di bonta o malvagita, e riesce a collegare il bene e il m ale con l'intenzione sia dellegislatore sia
dell'agente per giustificare certe azioni veterotestamentarie, scavalcando cosi
ogni varieta di punto di vista regionale del lettore e ogni circostanza mutevole
dell'agente storico.
4. <<Si praeceptiva locutio est aut flagitium aut facinus vetans, aut utilita
tem aut beneficentiam iubens, non est figurata. Si autem flagitium aut facinus vi
detur iubere aut utilitatem et beneficentiam vetare, figurata est (16.24). Unta
le principio, si crederebbe, e u ti! e perla spiegazione dell' Antico Testamento. Gli
esempi che offre Agostino, in vece, vengono da! Nuovo Testamento, per es. <<Se
non mangiate la carne del Figlio dell'uomo... >> (Gv 6,54), di cui un'interpreta
zione materiale sarebbe inconcepibile. Ma cita pure la frase paolina <<Ammuc
chierai carboni ardenti su! suo capo>> (Rm 12,20), il cui significato e manifesta
mente metaforic.o, ma che egli chiama figurato, un altro esempio dell'estensio
ne del termine figura. In 17.25, pero, Agostino fa una strana eccezione alla re
gola enunciata sopra. Che fara un celibe per il regno dei cieli quando legge cer
ti passi su! matrimonio? Naturalmente Ji interpreta figuratamente per applicar
li a se stesso, ma si ricordi che certi precetti sono da ti per quella classe di uomi
ni il cui stato di salute spirituale richiede tali parole.
5. L'applicazione a cristiani di costumi veterotestamentari ormai sorpassa
ti come la poligamia in senso proprio la si pub fare sol tanto per cupidigia (18.26
28). Chi lo fa non pensa che erano piil virtuosi quegli uomini che si univano a pii
mogli solo per procreare figli e popolare il mondo di alcuni odierni che si uni
scono alla loro moglie in modo libidinoso oltrepassando i limiti normali dell'atto sessuale con lo scopo di procreazione. Fin qui Agostino e chiaro. Meno chian
invece, e la transizione da 18.28 a 18.29 dove l'autore dice che tali uornini, cio~
coloro che applicano in senso proprio gli esempi degli antichi, direbbero che lE
conseguenza di cio che si era fatto sarebbe di non onorare affatto questi patriar
chi in quanto loro medesimi, se venissero Iodati, si sarebbero gonfiati di vana
gloria. Misurano, cioe, gli altri in rapporto a se stessi. Non pensano che se que
san ti uomini fossero vissuti nella Nuova Dispensazione si sarebbero evirati per i
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1. Cio che nelle Scritture, detto da Dio o dai suoi santi, e duro da accettare non serve ad altro che per distruggere il regno della cupidigia. Se il senso e
chiaro aHora si interpreta letteralmente come nel caso di Rm 2,5-9 e Gal 5,24.
Altrimenti si interpreta figuratamente come nel caso di Ger 1,10. Pero Agostino, in questo paragrafo, e conscio del fatto che nei testi neotestamentari citati ci
sono alcune espressioni translata, metaforiche, come ira Dei>> e crucifixerunt
carnem suam>>. Ma replica che queste non multa sunt vel ita posita, ut obtegant
sensum et allegoriam vel aenigma faciant>> (11.17). Si potrebbe domandare se
qui allegoria ed enigma siano sinonimi di senso figurato.
2. Figuratamente si deve interpretare ogni azione compiuta sia da parte di
Dio sia da parte di gente santa che ha la sembianza di essere licenziosa (12.18).
Pero si deve stare attenti a non valutare la moralita di certi atti dalla loro materia soltanto, quanto dall'intenzione con la quale sono fatti. Per ~sempio il Signare che si lascia lavare i piedi da una donna in Gv 12,3 non lo fa come sogliono fare certi uomini, compiacendosi di una donna lasciva, n il matrimonio
con una prostituta da parte di Osea si deve giudicare come quello di chi va comunemente con una tale donna. L'interpretazione figurata deve spiegare questi
fatti in relazione alla carita. Similmente (12.20) non sono i cibi prelibati che costituiscono peccato ma l'ingordigia con cui si mangiano. Ma anche la poligamia
di cui si racconta nella Bibbia fu concessa per popolare il mondo, difatti non fu
concessa la poliandria (12.20). Quindi si conclude che quegli uomini lodati da
Dio non lo facevan per libdine, in cui consisterebbe il vero peccato, ma per utilita. Tali passi scritturistici, dunque, hanno sia un senso storico sia uno figurativo. Si vede in questo passo che l'ermeneutica figurativa di Agostino bada bene
a non cadere nella censura degli antiocheni che l'allegoria potesse fare a meno
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Regno dei Cieli (18.27). Guardino, costoro, gli apostoli che pur lodati dagli uomini non si sono lasciati gonfiare di superbia (20.29)! Nemmeno lo sarebbero stati i santi deli'Antico Testamento. L'anello di congiunzione logica tra i due paragrafi sarebbe che chi si lascia dominare dalla libdine e facile preda della superbia, ma ancora non si capisce perch gli uomini che seguono l'esempio camale
degli antichi debbano preoccuparsi adesso perla loro umilta! Ancora piu difficile e la transizione tra 20.29 e 20.30, dove Agostino asserisce che questi san ti uomini dell'antichita avrebbero odiato a morte i loro figli se questi avessero adescato le loro mogli o concubine, invece li amavano con un amore tale che piangevano anche la morte di quei figli che non si erano comportati bene nei loro
confronti, come Da vide pianse la morte di Assalonne. Anche qui si puo domandare cosa c'entrava !'odio o l'invidia dei figli con l'obiezione di possibile superbia. Di nuovo la logica agostiniana sarebbe che quegli uomini santi non soltanto
non si lasciavano dominare dalla libdine, ma nemmeno dalla superbia ovvero
dalla gelosia o dall'odio. Da vide, infatti, riconosce umilmente il suo peccato di libdine riguardo alla moglie di Uria, e percio viene lodato perla sua umilta, men-
tre Salomone viene biasimato per aver cambiato il suo amore spirituale in amore camale. Da tutto cio appare il criterio di valutazione morale di sant'Agostino.
Egli non valuta, in questo caso, la bonta di un'azione partendo dalla moralita dei
cristiani illuminati da! Vangelo ma dacio che il catechismo chiama i vizi capitali, ovvero le fonti principali che sfociano in peccati attuali: la superbia, la libdine, !'ira, !'odio e la gelosia. E proprio in quest'arco di valori che pensa il grande
dottore per trascendere, come abbiamo detto, il relativismo dei costumi, ed e
questo l'anello di congiunzione logica che unisce paragrafi cosl diversi.
sono caduti i grandi tanto piu possiamo cadere noi. Dio resiste ai superbi, ma
agli umili elargisce la grazia>> (Gc 4,6). L'umilta e la disposizione principale per
poter capire il senso spirituale dei libri sacri (23.33).
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H Oltre al libro di Simonetti citato nella nota 5 cf. D.Z. ZAHAROPOULOS, Theodore of Mopsuestia on che Bible, New York 1989,130-132.
9 Cf. DE MARGERIE, lnterpretation, 65-70.
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tati fuori contesto, letterariamente parlando, nel Nuovo, e ci avvicinano all'opinione contemporanea che la Scrittura non e soltanto ispirata ma anche ispirante. Questo pero l'aveva gia detto Origene; d) La Scrittura e di una tale ricchezza che pub avere pi u di un solo senso letterale (27, 28). Da cio si vede che Agostino supera di molto il metodo storico-critico moderno pur includendolo pienamente. Anzi possiamo dire che Agostino prelude a un metodo ermeneutico
contemporaneo chiamato reader-response criticism>> 12 che val uta il senso di un
passo piu dall'intentio lectoris che non da quella dello scrittore. Pero, bench
Agostino ammetta una tale possibilita e attribuisca la varieta di opinioni allo
Spirito Santo, non ha il mnimo dubbio che il vero senso, quando e chiaro, e
quello dell'autore umano. Illettore entra soltanto quando questo primo senso
non e chiaro (cf. Conf XII, 18.27; 26.36; 30.41; 31.42; 32.43).
3. Se persiste il dubbio, dopo essersi rivolti al!'analogia scripturae e analogia fidei, si pub ricorrere all'argomento razionale. Pero attenzione! Questo potrebbe essere pericoloso perch suscita opinioni controverse. Ma anche se sorgessero tali opinioni, si risolvono con argomenti scritturistici (28.39). Era stato
Clemente Alessandrino 13 che aveva aggiunto l'analogia rationis all'analogiafidei
et scripturae di Ireneo, e sappiamo quanto Agostino stesso abbia fatto uso della
filosofa per fare l'ermeneutica teologica della Scrittura, eppure qui e tanto cauto, forse a causa dell'esperienza avuta nelle controversie teologiche. Difatti Giuliano d'Eclano si era appellato alla ratio e alla aequitas 14 per risolvere certe obiezioni alla sua dottrina del peccato originale. Quando si esce dall'ambito della
teologa bblica e del credO>>, facilmente della teologa si fa una teosofa.
4. Aiuta nello scoprire la mens auctoris la scienza dei tropi (29.40 e 41).
Gia alcuni tropi sono menzionati per nome nella Scrittura stessa, per es. allegora, enigma e parabola, ma ce ne sono tanti altri conosciuti dai retori di professione o che sono anche usati nel discorso quotidiano. Un'ermeneutica di Agostino estenderebbe questo discorso ai nostri generi letterari: il che lo renderebbe assai moderno. Egli offre altri esempi di tropi, la metafora, la catacresi, !'irona, l'antifrasi. L'allegoria sopra menzionata (cf. Gal4,27) non si riferisce all'allegoria origeniana ma solo all'allegoria come figura retorica.
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Per una spiegazione di queste regole complicatissime cf. H.L. STRACK - G. STEMBERGER,
Einleitung in Talmud and Midrasch, Mnchen 71982, 25-40 (tr. it. lntroduzione al Talmud e Midrash, Roma 1995).
11 La teora del sensus plenior viene accettata e spiegata nel recente documento della Pontificia Commissione Bblica (Citta del Vaticano 1993), JI, B, 3.
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V. LE REGOLE DI TICONIO
Per capire meglio i tropi e le locuzioni figura te nella sacra Scrittura Agostino trova utili le sette regole di Tyconius il Donatista, scomunicato dalla sua
setta ma mai diventato cattolico, che le aveva applicate al suo commentario su!-
12 Per una spiegazione cf. R.J. CoGGINS- J.L. HOULDEN, A Dictionary of Biblical lnterpretation, London 1990, 578s.
13 Cf. DE MARGER1E, /nterpretation, 100-102.
14 Un tale appello alla ragione appare passm nei ragionamenti di Giuliano nell'Opus mperfeclllm contra Iulianum di AGOSTINO.
l'Apocalisse (30.42 e 43). Agostino le accetta entro certi limiti: non risolvono
tutte le difficolta, difatti Ticonio stesso riso!ve certi problerni anche senza tali regale. Non si dimentichi che l'autore e donatista, inoltre e semipelagiano. La sua
terza regola non e propriamente una regola esegetica bensl. una questione teologica in se stessa che Agostino aveva discusso per longum et latum nella controversia antipelagiana. Altrimenti le regole servono uno scopo buono. In sintesi, sono le seguenti.
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