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La conversione dell’innominato non è la folgorazione di un momento, né il facile lieto fine di

una storia avventurosa. Delineane il percorso e la complessità.

L’innominato ci viene subito presentato come un personaggio potente, che non conosce bene e
male, ma solo la propria giustizia, che compie atti malvagi e prepotenze senza conoscere limiti né
leggi, né persona o cosa al di sopra di lui. Ma dopo varie vicende lo si troverà profondamente
cambiato. Questo grande cambiamento è frutto di situazioni che l’hanno portato a riflettere sulla sua
esistenza.
Già la prima volta che lo incontriamo “di persona” nel romanzo, mostra atteggiamenti leggermente
doversi da come, letta la sua presentazione, ci potremmo immaginare. Egli infatti è quasi seccato
dalla visita di don Rodrigo, che gli chiede un favore (rapire Lucia), e accetta subito la richiesta,
come per non poterci più ripensare. Ma già un istante dopo si pente di quel “sì” troppo affrettato.
Infatti già da tempo l’innominato cominciava ad essere nauseato del male che ormai lo
accompagnava in tutto ciò che faceva: riempiva le sue giornate, le sue azioni, la sua esistenza.
Sapeva che la sua forza non aveva limiti e poteva vincere ogni pericolo, dominare ogni situazione:
ma sentiva anche l’avvicinarsi di un nemico più grande, l’unico nemico che non sarebbe mai stato
in grado di sconfiggere, la Morte era sempre più vicina. Cominciava ad accorgersi del male che
impregnava la sua esistenza, e sentiva la responsabilità di tutte le sue azioni, delle quali di lì a poco
avrebbe dovuto rendere conto di fronte a Dio: quel Dio di cui non si era mai curato fino ad ora, ma
del quale stava cominciando a percepire la presenza. Così pronuncia questo “sì” per convincersi di
non aver paura di un Giudizio, ma piano piano la voce della coscienza, rimasta muta per tanto
tempo, comincia a risvegliarsi dentro di lui. E per un certo periodo continua ad avere pensieri e
atteggiamenti contrastanti: cerca di combattere nuovi sentimenti di pietà e bontà, pur non riuscendo
ad ignorare la sua coscienza. E così rimane sconcertato quando i suoi bravi gli parlano della
compassione che Lucia suscita in loro, e nascondendosi dietro un primo impulso di rabbia, pensa di
mandare subito la giovane da don Rodrigo: in realtà non vuole vederla, per non essere anche lui
mosso a compassione; ha infatti paura che questi nuovi, strani, sentimenti prendano in lui il
sopravvento. Ma un “no” dal profondo del suo cuore gli impedisce di fare così, e manda incontro a
Lucia una vecchia, con l’ordine di trattarla bene. Poi, mentre pensa a qualche punizione da
infliggere a don Rodrigo per averlo sottoposto a questa tortura, decide di visitare Lucia. La trova
raggomitolata in un angolo, spaventatissima, e le ordina di alzarsi; la sua voce è dura, severa, ma
non per questo ha pensieri malvagi: è come se volesse ripararsi dalla commozione con la rigidità.
Lucia si inginocchia e prega in nome di Dio: questo nome suscita fastidio alle orecchie
dell’innominato, avrebbe preferito non udirlo, non pensarci, continuare a fare finta che non
esistesse; ma Lucia, accorgendosi di aver trovato il punto debole dell’uomo, continua
sull’argomento: afferma che Dio avrebbe perdonato tanti peccati per un’opera di misericordia.
L’innominato vorrebbe non ascoltarla, ma non può. Lucia continua a supplicarlo di lasciarla andare,
avrebbe sempre pregato Dio per lui, ed egli è sempre più turbato. E alla fine la interrompe,
promettendole che avrebbe fatto qualcosa l’indomani mattina, ma la durezza è sparita, e le sue
parole sono più dolci e rassicuranti. Andato a letto, è tormentato per tutta la notte, tanto da non
riuscire a chiudere occhio; gli si alternano pensieri contrastanti, ritiene di essere stato debole, di
aver perso la forza di un tempo: davanti a lui aveva solo una donna! Ma una voce gli dice che sta
facendo la cosa giusta, e capisce che deve liberarla. Sente nascere dentro di sé una nuova
personalità, non debole, ma buona: e finalmente ascolta completamente la nuova voce. Da questo
punto di vista riesamina tutta la sua vita, vergognandosi del male compiuto: i ricordi gli sembrano
tanto insopportabili che vorrebbe dimenticare tutto, ma non riesce, il rimorso si fa sentire sempre
più forte, e vorrebbe farla finita, uccidersi… ma non può arrendersi così, sarebbe inutile: avrebbe
sprecato l’intera sua vita, e si sarebbe presentato davanti a Dio con un male in più, il suicidio. Ma se
Dio lo sta lasciando ancora vivere è perché gli dà l’opportunità di farsi perdonare. E la speranza di
trovare il perdono gli dà il sollievo: in questo modo attende con trepidazione che arrivi il giorno, per
liberare Lucia e compiere quelle opere di bene che avrebbero riscattato i suoi peccati, dandogli una
gioia più grande e mai provata. Alzatosi all’alba, vede nel paese tante persone accorrere da ogni
dove per recarsi nello stesso luogo: tutti con il vestito della festa, con un’aria lieta che provoca una
prima impulsiva reazione nel cuore dell’innominato: è invidioso della loro allegria che lui, dopo
aver trascorso una notte così tormentata, non può condividere. E desiderando essere felice come
queste persone, decide di seguirle. Il suo bravo gli riferisce che stanno andando tutte dal cardinale
Federigo Borromeo: ritenendosi, per il suo dolore, superiore alla folla, vuole parlare personalmente
con lui, per sentire cos’ha da dirgli. Viene accolto con gran stupore dal cardinale, che gli parla con
l’amore del pastore che ritrova l’unica pecorella smarrita, del padre che ritrova il figlio ritornato,
con l’umiltà di un uomo che riconosce la superiorità e la grandezza di Dio. E l’innominato resta a
sua volta ammirato da tanta pietà, tanta pietà, e ancora più meravigliato quando viene a sapere che
Dio è vicinissimo a lui, che peccatore e pentito, desidera riconciliarsi. Sconvolto dalle parole di
Federigo, il quale è felicissimo di aver trovato la centesima pecorella smarrita, l’innominato
riconosce la grandezza di Dio, trovando finalmente la gioia che mancava al suo cuore. Capisce che
Lucia è la prova della sua conversione: cominciando con lei a fare del bene, riuscirà a cambiare la
sua esistenza.
Così la conversione dell’innominato non è stato il risveglio da un incubo, ma un cambiamento
complesso e progressivo, che dalle tenebre dei peccati lo ha portato a scoprire la luce della gioia del
perdono, la luce di Dio.

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