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Enzo CANETTIERI
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Premessa



Le esternalizzazioni, in particolare i trasferimenti di
ramo d'azienda, sono questioni di stringente e talvolta
drammatica attualit. La loro origine e sviluppo, come
questi fenomeni possono prefigurare una nuova modalit
delle imprese di posizionarsi sul mercato, le incongruenze
della vigente normativa e quali riforme realisticamente sono
possibili:
Questi i temi oggetto del presente lavoro.
nostra convinzione profonda di aver trattato un argomento
importante e particolarmente avvertito da tutti i nostri
quadri. Ci auguriamo di essere riusciti nel nostro intento.


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ESTERNALIZZAZIONI E TRASFERIMENTO
DI RAMO DAZIENDA

IL LUNGO CICLO DELLE ESTERNALIZZAZIONI

Le politiche di decentramento produttivo hanno avuto una forte
espansione negli anni 70 del secolo scorso e riguardavano inizialmente
attivit a basso valore aggiunto, che non erano cruciali per limpresa
decentrante.
Allorigine dei processi di decentramento produttivo, concentrati
prevalentemente nellindustria manifatturiera, cera lesigenza da parte
della grande impresa, di ottenere in primo luogo una maggiore
flessibilit organizzativa e produttiva. Accanto a questa esigenza, la
grande impresa intendeva fornire una risposta per neutralizzare o quanto
meno ridurre limpatto che il ciclo di lotte, avviatosi con lautunno
caldo, aveva per la crescita salariale e sul controllo dellorganizzazione
del lavoro.
Con il decentramento produttivo, tra le aziende si instaurava un
rapporto ben definito. Una parte imprenditoriale eseguiva la lavorazione
e aveva a disposizione una propria struttura: impianti, macchinari e
professionalit specifiche. Cos riusciva a soddisfare le richieste
quantitative e qualitative del committente, che fornendo le materie
prime principali, sosteneva un costo. Il costo sostenuto dal committente
era per ampiamente ripagato dalla limitazione dei rischi di mercato e
da una gestione pi efficiente del magazzino.
Le politiche di decentramento produttivo determinano una prima
profonda incrinatura del modello fordista. Il sistema produttivo fordista,
basato sulle grandi dimensioni, sulle economie di scala e sulla
omologazione e standardizzazione dei prodotti e metodi di lavoro
finisce per arretrare, generando imprese autonome, anche in grado di
uscire dalla tutela pelosa esercitata dal committente e di confluire, in
qualche caso in un modello particolare di economia territoriale: i
distretti industriali.
A cavallo degli anni 80 e 90 si avvia una fase di vera e propria
scomposizione del ciclo produttivo. Sono principalmente le aziende
esposte alla globalizzazione dei mercati, che rende la concorrenza
sempre pi serrata soprattutto nel settore manufatturiero, ad attivare
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una strategia mirata di esternalizzazioni, che sancisce il sostanziale
tramonto del fordismo e il passaggio cosiddetto Toyotismo.
Di cosa si tratta? Quale lessenza del toyotismo? In linea
generale si tratta di una nuova filosofia produttiva basata sulla fabbrica
integrata, sulla qualit totale e, soprattutto, sulla produzione snella.
Questi obiettivi si ottengono innanzitutto modificando le condizioni
tecnico-organizzative. Il processo produttivo si articola attraverso
produzioni per piccoli lotti ci consente di prestare una cura
assolutamente meticolosa alla qualit e di garantire una perfetta
sincronia delle operazioni produttive, riducendo al minimo tempi morti
e sprechi.
E il tanto celebrato just in time. Il toyotismo per non
semplicemente il passaggio dalle economie di scala (tipico delle
produzioni di grandi serie) ad uneconomia con un alto livello di
flessibilit in grado di rispondere alle variazioni di mercato e alle
richieste personalizzate della clientela. Il toyotismo anche un nuovo
modo di relazionarsi tra imprese. La produzione snella, oltre ad avere un
impatto diretto nella grande e media azienda (perch in primo luogo
avvia una drastica riduzione dei livelli gerarchici e semplifica la catena
di comando) determina una ulteriore valorizzazione delle attivit core
e ridisegna la qualit e quantit delle attivit produttive esterne.
La fabbrica integrata assume sempre pi una dimensione
territoriale. Spesso un reticolo di imprese autonome (talvolta anche
gemmazioni di precedenti esternalizzazioni), capaci di effettuare
produzioni di alta qualit vive una complessa osmosi con la grande
impresa. Non ci si identificano, ma non possono prescindere da essa. In
ogni caso, come nelloriginale giapponese, le imprese toyotiste esterne
hanno per i loro lavoratori salari inferiori e minori tutele.
Come per tutti i paesi economicamente evoluti anche in Italia, nel
corso degli anni, si avuta una minore incidenza dellindustria. Al
decremento dellindustria ha fatto da contrappeso linnalzamento del
terziario e dei servizi. In un arco temporale di oltre trentanni, dal 1970
al 2004, lincidenza del PIL sullindustria passa dal 36% del 1976 al
23% del 2004. Nello steso periodo il terziario e i servizi salgono dal
60% al 74%.
Per dirla in estrema sintesi: la produzione dei beni materiali si
contrae sensibilmente, mentre aumenta quella dei servizi e dei beni
immateriali. E evidente che tutto ci ha profonde implicazioni sociali.
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Aree e settori, che non erano state investite dalle problematiche legate
alle esternalizzazioni, cominciano a fare i conti con questa modalit
organizzativa.
Lepicentro delle esternalizzazioni si sposta nellarea dei servizi. Il
rapporto CENSIS del 2002 evidenziava come i gruppi bancari,
assicurativi, commerciali e pi in generale dellarea dei servizi
ricorrevano ad intensi e sostenuti processi di outsourcing.
Il CENSIS prevedeva che per gli anni a venire il processo di
outsourcing fosse destinato a variazioni incrementali, anche perch
settori, fino ad allora non coinvolti, sarebbero inevitabilmente toccati da
questo fenomeno. Previsione rivelatasi fondata.
Oggi anche lICT, un tempo emblema della new economy, utilizza
le esteranlizzazioni con le medesime motivazioni degli altri settori.
Vodafone, gruppo multinazionale con un forte radicamento nel
nostro paese in termini di mercato e fatturato, avvia un rilevante
processo di esternalizzazione verso unaltra azienda, Comdata, che
opera in regime di monocommitttenza. In precedenza, anche il gruppo
Telecom aveva esternalizzato parti significative della sua attivit, cos
come Wind, per rimanere nel campo della telefonia.

Le esternalizzazioni rappresentate in particolare con le dizioni
normative di trasferimenti o cessioni di ramo dazienda attualmente
quale modello dimpresa prefigurano? Quali sono le motivazioni che
spingono unazienda ad avviare il processo di eternalizzazione?
Oggi, a distanza di tempo, possibile dare un giudizio equilibrato
ed obiettivo del fenomeno delle esternalizzazioni, che, come tutti i
processi complessi, divide lopinione pubblica in apologeti e critici?
Indubbiamente, c stata una fase storica della economia del nostro
paese in cui le esternalizzazioni hanno contribuito alla crescita e allo
sviluppo della nostra imprenditoria. Aziende che originariamente erano
nate come subfornitrici nel corso degli anni hanno avuto unevoluzione.
Prima qualificando i loro prodotti e in qualche caso conquistando
una propria autonomia di mercato.
Le esternalizzazioni, per, non sono state soltanto questo.
Infatti, le esternalizzazioni, talvolta hanno attivato le
delocalizzazioni e prodotto un cataclisma sociale che ha ridisegnato
intere aree del nostro paese. Dove prima cerano aggregati industriali,
fabbriche, posti di lavoro che per anni avevano garantito salari e
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condizioni di vita dignitose per migliaia di persone, repentinamente si
sono trasformate in aree deindustrializzate e il salario stato sostituito
dalle indennit fornite degli ammortizzatori sociali.
Per il sindacato non venuto forse il momento di avviare una seria
riflessione operativa sullinsieme delle norme che attualmente
disciplinano questi fenomeni, puntando a significative modifiche per
tutelar meglio i lavoratori?

Procediamo con ordine e analizziamo, innanzitutto, le motivazioni
alla base delle esternalizzazioni, partendo da una doverosa premessa.
Negli ultimi anni si sono avuti profondi cambiamenti nei mercati,
ma soprattutto negli stili di vita. C un ampia letteratura
contemporanea che va da Bauman (inventore della efficace formula di
definizione della modernit: Societ liquida) a Beck (individualismo
istituzionalizzato) che ci narra come la fine della gabbia dacciaio,
con cui veniva designata la societ fordista, abbia avuto un duplice
effetto. Da una parte ha fatto scivolare le societ contemporanee
nellincertezza, perch private, pur quanto oppressivi, di punti di
riferimento.
Dallaltro lato, ha sprigionato un profondo spirito individualistico
che si riflette nel modello di fruizione dei consumi: sempre meno
omologati e standardizzati, sempre pi personalizzati. E del tutto
evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad una maggiore complessit
della domanda, ad una drastica riduzione dei cicli di vita dei prodotti e
dei materiali. Le imprese sono state costrette a ricercare le formule
produttive ed organizzative pi adeguate, ad interpretare e soddisfare la
domanda, senza compromettere la solidit economica e finanziaria.
Fondamentalmente, le risposte attuate sono riconducibile a due
filoni. Il primo riconducibile allipotesi di affrontare questi nuovi
scenari coniugando flessibilit della prestazione lavorativa,
possibilmente accompagnata da bassi salari, con una costante
innovazione di processo e di prodotto. Il secondo, invece, basato
allutilizzo mirato dei processi di esternalizzazione, che rispetto al
passato presentano rilevanti novit.
Infatti, il temine esternalizzazione indica qualcosa, in precedenza
realizzato nellambito di una unit produttiva, ora eseguito allesterno.
Laffidamento a terzi di una o pi funzioni dellimpresa avviene perch
si decide di concentrarsi sulle proprie competenze di base, cio su quelle
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attivit che rappresentano il differenziale competitivo rispetto ai
concorrenti.
Le esternalizzazioni, che prendono anche il nome di outsourcing,
oltre alla concentrazione sulle proprie competenze di base, designano
anche il processo con cui le aziende assegnano ai fornitori esterni la
gestione operativa di una o pi funzioni, di una catena di attivit o di
servizi di supporto svolti in precedenza allinterno delle mura aziendali.
Gli obiettivi che le aziende intendono perseguire con le politiche
di esternalizzazioni possono cos essere sintetizzate:
1) Maggior focalizzazione sul proprio business;
2) Riduzione e controllo dei costi operativi;
3) Recupero di produttivit ed efficienza;
4) ) Liberare risorse interne per altri obiettivi;
5) Trasformare i costi fissi in variabili.
Le esternalizzazioni, quindi, si caratterizzano come frantumazione
e atomizzazione di parti o di fasi di imprese, che seppure nellambito di
un ciclo produttivo, destrutturato e scomposto, continuano a mantenere
frequentemente una sostanziale integrazione con limpresa a monte.
Anche a fronte di unintegrazione produttiva, va comunque ricordato
che le imprese nate dal processo di esternalizzazione sono
giuridicamente autonome. Addirittura hanno potenzialit indipendenti
dallimpresa dominante, che comunque quasi sempre esercita un forte
controllo finanziario. Le diverse fenomenologie con cui si manifesta la
segmentazione produttiva determinano la radicale trasformazione del
modello di impresa. Da struttura diretta, che organizza e gestisce tutti i
fattori della produzione, lazienda diviene il luogo di elaborazione delle
conoscenze e la sede di assemblaggio delle attivit realizzate da altri. Il
sistema produttivo, fin qui caratterizzato dalla peculiarit che la
produzione di beni e servizi si svolgeva allinterno di un impresa,
stato soppiantato da una nuova organizzazione della produzione. Le
singole attivit necessarie allesecuzione dellintero ciclo risultano
frazionate: pi imprese si fanno carico della realizzazione di un bene
destinato al mercato.
Questo assetto della produzione ha ovviamente immediate
conseguenze sullorganizzazione del lavoro e sullo stesso modo delle
aziende di posizionarsi sul mercato. In primo luogo, le precedenti
organizzazioni del lavoro che hanno caratterizzato praticamente tutto il
novecento, vengono definitivamente superate. Nasce una nuova
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struttura organizzativa baricentrata sulle tecnologie informatiche e sulle
elaborazioni della conoscenza, condizioni essenziali per sviluppare una
nuova tipologia di azienda.
Limpresa a rete. La finalit dellimpresa a rete la gestione della
conoscenza, che si ottiene con una struttura con la quale il Know-how
pu essere scambiato o coordinato.
Molti studiosi e analisti in tempi recenti hanno indicato come
modello dimpresa a rete Zara, il gruppo tessile/commerciale iberico in
grado di proporre oltre 12.000 diversi modelli, di innovare lapproccio
con la clientela, alimentando un sentimento diffuso di escasezy
oportunidad, (scarsit e opportunit) in modo di spronare la clientela ad
acquistare la merce, temendo di non trovarla pi perch terminata. Il
modello Zara, per, da un punto di vista produttivo presenta alcune
peculiarit che vanno segnalate.
In primo luogo, oltre il sessanta per cento della produzione
avviene in fabbriche di sua propriet. Le esternalizzazioni riguardano
generalmente lavori di rifinitura affidati a laboratori o cooperative per
lavorazioni a scarso valore aggiunto ed ad alta intensit di manodopera.
Il mix tra produzione diretta e indiretta e gestione della rete
commerciale, che supera le logiche del franchising, diventano le chiavi
di volta di un clamoroso successo planetario.
Per ragionare pi da vicino sui mutamenti intervenuti negli
approcci gestionali ed organizzativi delle aziende emerge sempre pi
frequentemente la cosiddetta core competence. Si tratta Non tanto
saper fare una certa attivit del processo produttivo, ma diventa saper
fare bene il mestiere di chi coordina le attivit degli altri. In pi c da
osservare che il coordinamento dei fattori produttivi realizzato
allinterno dellimpresa determina una riduzione dei costi diretti e tale
riduzione definibile come costi di organizzazione. I costi di
organizzazione interni possono subire anche degli incrementi che
dipendono sia dalla crescita dimensionale dellimpresa che da fattori
esterni che possono indurre lazienda a ritornare sul mercato, vale a dire
a singoli contratti negoziati di volta in volta.
La rinegoziazione contrattuale consente di ottenere i fattori
produttivi ad un costo minore: in questo ambito, le esternalizzazioni
hanno una loro motivazione, da un punto di vista aziendale,
strettamente connessa con la crescita dei costi interni. Un tipico caso per
le aziende di crescita dei costi interni sono il rilievo che le tutele legali
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e contrattuali esercitano nel perimetro aziendale, che nei fatti pu
comportare una riduzione del potere imprenditoriale nella gestione della
forza lavoro.
Linteresse e la convenienza, sul versante imprenditoriale, quindi
sar quello di procurarsi lavoro con imprese esterne in grado di
garantire ad un costo inferiore e, con minori complicazioni giuridico-
formali, gli stessi prodotti o servizi. E chiaro che il rapporto tra impresa
che esternalizza e impresa che fruisce della esternalizzazione pu
ingenerare vincoli di dipendenza economica, particolarmente elevata per
limpresa che fornisce unopera o un servizio in regime di
monocommittenza.
Si quindi giustamente sottolineato che . se le imprese sono
indipendenti sotto il profilo giuridico, una tale autonomia non
riscontrabile nelle loro relazioni economiche. In questo senso si pu
parlare di un modello intermedio tra gerarchia e mercato: vicino al
mercato perch si tratta di imprese giuridicamente indipendenti, non
distanti dai meccanismi gerarchici in forza della dipendenza economica
che si instaura tra imprese. Le esteranalizzazioni, oltretutto, a fronte di
un mercato caratterizzato dalle fluttuazioni negative della domanda, che
sono sempre pi imprevedibili e ravvicinate, permettono alle aziende
che le utilizzano di adattare i propri organici senza particolari conflitti, a
ridimensionate capacit produttive.
LOutsourcing Institute (il nome significativo: si tratta di un
istituto che promuove le esternalizzazioni) suggerisce le operazioni di
outsourcing, oltre alle ragioni ricordate, perch permette di focalizzarsi
pi compiutamente sui propri obiettivi e perch consente laccesso a
competenze specialistiche esterne senza alcun tipo di rigidit interna.
Il mondo delle aziende, nelle articolazioni produttive e nel
posizionamento di mercato cambiato. Il sindacato si dovuto misurare
con gli effetti di questo cambiamento che non stato certamente
indolore. Da ultimo, il D.Lgs. 276/03 che ha inciso significativamente
nella struttura dellart. 2112 del c.2. In particolare, in relazione alla
scissione di ramo di azienda si sono favoriti i processi di segmentazione
e addirittura di dematerializzazione.
Analizzeremo quello che tutto ci comporta, le conseguenze sulle
condizioni di vita e di lavoro delle persone. Infine, formuleremo delle
proposte di modifiche.
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COSA PREVEDONO LE NORME IN VIGORE

Con il concorso delle molteplici spinte provenienti a livello
europeo, anche nel nostro paese si andato enucleando un modello di
coinvolgimento sindacale attorno alle questioni riguardanti i
trasferimenti dazienda. La prima forma compiuta di tale
coinvolgimento risale al 1990 attraverso la legge 428 art. 47, che
contiene una sanzione esplicita di condotta antisindacale, nel caso in cui
la controparte violasse esplicitamente gli obblighi di informazione ed
esame congiunto.
Al di l degli aspetti legislativi, va rimarcato come il sindacato
abbia sempre avvertito la necessit di governare contrattualmente le
questioni inerenti al decentramento produttivo, agendo essenzialmente
su due versanti.
Il primo quello che si potrebbe definire delle politiche
industriali, vale a dire delle scelte strategiche che spingono
limprenditore a compiere una determinata scelta. Scelte difficili da
contrastare sul piano sindacale perch esiste il principio generale
dellautonomia imprenditoriale che ovviamente rappresenta un interesse
preminente rispetto agli altri.
Laltro versante, invece, quello - certamente meno impervio ed
agevole- di contrattare gli effetti delle esternalizzazioni sulle condizioni
di lavoro e sul salario.
In ogni caso, anche sul primo versante, quello impervio delle
politiche industriali o delle scelte strategiche dellimpresa, il sindacato
si preoccupato di definire in via pattizia quale larea del
decentramento ammissibile, perimetrando rigorosamente le funzioni
produttive che non sono esternabilizzanti, individuate generalmente
sulla base di criteri di ordinariet e continuit.
Quindi, il sindacato, laddove ha potuto e dove le condizioni
obiettive lo consentivano, ha tentato di governare i processi di
esternalizzazione. Questo sforzo non stato sostenuto sul piano
legislativo. Anzi, la legislazione italiana ha subito un crescente
progresso di degrado.
Larticolo 2112 del codice civile, in particolare al comma 5 e al
comma 6, il risultato di norme che hanno profondamente modificato
quelle precedenti. In precedenza, infatti, un consolidato orientamento
della dottrina giuridica riteneva che il trasferimento dazienda
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riguardasse linsieme dei beni atti al funzionamento dimpresa. Questa
chiave interpretativa faceva coincidere impresa e azienda che non erano
entit distinte e separabili. A ci ne conseguiva che il trasferimento
dazienda comportasse semplicemente la sostituzione della propriet e
che lindividuazione del ramo dazienda da alienare non poteva essere
definito arbitrariamente dallalienante e dallacquirente, ma richiedeva
requisiti ben delineati.
Lart. 32 del D.Lgs 276/03, come gi detto, ha riscritto il
precedente 2112 e, nello specifico, per quanto concerne i trasferimenti
di ramo dazienda, li concepisce come articolazione funzionalmente
autonoma di una attivit organizzata, identificata come tale dal cedente
e dal cessionario al momento del trasferimento.
Quindi, sulla base della nuova formulazione del comma 5 dellart.
2112, sono contenute due ipotesi di trasferimento. Una semplice e
lineare riguardante lintera azienda; laltra pi problematica e critica che
riguarda una sola parte, definita ramo. Perch la cessione di ramo
dazienda presenta per i lavoratori unarea di maggiore criticit? Perch
in qualche misura nella cessione di ramo dazienda possibile ravvisare
anche operazioni di ristrutturazioni dellimpresa, che evitando la
formalizzazione delle procedure di riduzione di personale, avvia questo
processo affidando una parte o pi parti a soggetti giuridicamente
distinti, ma comunque fortemente integrati e sinergici con lazienda
cedente.
Tutto ci, qualora dovesse verificarsi, ha delle concrete
implicazioni negative per i lavoratori, in quanto la continuit del
contratto in capo al cessionario di per s non una garanzia sufficiente
di stabilit occupazionale, di adeguata collocazione professionale e di
trattamenti economici costanti. In tal senso, la formulazione contenuta
nellart. 2112, in cui si stabilisce che il cessionario tenuto ad
applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti
collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del
trasferimento, rischia di apparire una formulazione vuota e retorica che
si infrange impietosamente con la realt dei fatti. Fatti, che nella pratica
sindacale quotidiana degli ultimi anni, hanno visto le Organizzazioni
Sindacali misurarsi con frequenti casi di esternalizzazioni che, oltre a
delimitare fortemente larea del core-business, permettevano
allimprenditore di individuare quali lavoratori cedere e quali trattenere.
Operazione resa possibile dallestrema aleatoriet della mozione di
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ramo dazienda che sostanzialmente dematerializzata e priva di precisi
riferimenti agli assetti produttivi. Anche per queste ragioni si
sviluppato nel dibattito politico-sindacale la possibilit di valutare se il
lavoratore pu opporsi alla sostituzione del datore di lavoro e proseguire
il rapporto con lazienda cedente.
Dibattito del tutto legittimo, anche perch non sono infrequenti i
casi di cessione di ramo dazienda di un impresa industriale a una dei
servizi, con ambiti di mercato e riferimenti contrattuali totalmente
diversi.
Ebbene, nonostante si producano delle evidenti alterazioni delle
condizioni lavorative, alle stesse prospettive occupazionali e, al limite,
si modifichino significativamente gli stessi attori sindacali e quindi la
rappresentanza degli interessi collettivi, lunica labile e debole
possibilit di tutela per il lavoratore costituita dal recesso ex articolo
2119 del codice civile, che prevede il diritto del lavoratore di dimettersi
nei tre mesi successivi al trasferimento dazienda. Nei casi di motivato
recesso, ex art. 2119, al lavoratore viene riconosciuto il diritto
allindennit di disoccupazione. La riflessione che va svolta, tuttavia,
che il recesso per giusta causa pu esercitare una indubbia attrattivit
per quei lavoratori ad alta qualificazione professionale, che hanno
unampia gamma di possibilit di reimpiego e che possono rendere
economicamente interessanti le dimissioni.
Si tratta, in buona sostanza, di unopportunit che non ha un valore
universale, cio in grado di rappresentare la platea generale dei
lavoratori.
Tornando al trasferimento di ramo dazienda, oltre a rilevare come
questa fattispecie si configura come deroga alla generale regola di
cessione del contratto che, ai sensi dellarticolo 1406 del codice civile,
richiede il consenso del contraente ceduto, ci preme ribadire che la
cessione di ramo dazienda si rivelata lo strumento principale
attraverso il quale attuare politiche di ristrutturazione e di
esternalizzazione che hanno comportato lespulsione di un ingente
numero di lavoratori dal ciclo produttivo.
Le ragioni per cui questo accaduto sono originate da tre fattori. Il
primo ravvisabile nella modifica del concetto di azienda e
conseguentemente di ramo dazienda. Sono divenute pi difficili da
definire e pi sfuggenti: abbiamo parlato di dematerializzazione delle
aziende. In precedenza, la nozione di azienda si ricavava dallart. 2555
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del codice civile che cos la definiva .il complesso di beni
organizzati dallimprenditore per lesercizio di impresa. Perci si
poteva parlare di trasferimento dazienda quando il cedente trasferiva
beni intesi come cose che possono formare oggetto di diritti organizzati
ai fini produttivi.
Questo schema, per, si infranto nel corso degli anni con le
diverse disposizioni, comunitarie e nazionali, che di volta in volta hanno
modificato il concetto originario dazienda. In particolare, gi nel
D.Lgs. 18 del 2001, la legislazione nazionale aveva provveduto ad
introdurre una concezione smaterializzata dellazienda, in quanto il
cambiamento di titolarit comportava semplicemente il trasferimento di
unattivit economica. Analogamente il ramo dazienda, introdotto per
la prima volta come definizione normativa, era da intendersi
esclusivamente .come articolazione funzionalmente autonoma di
unattivit economica.preesistente come tale al trasferimento e che
conserva nel trasferimento la propria identit.
Come ampiamente noto, il passaggio successivo, nellopera di
smaterializzazione del concetto di ramo dazienda rappresentato
nellidentificazione del ramo dazienda successivamente alla vendita.
Il secondo fattore incentivante per i processi di esternalizzazione
sicuramente rappresentato da regole procedurali pi rapide e meno
onerose rispetto a quelle formalizzate dalla L. 223/91. Infatti, avviare la
procedura di ristrutturazione, agendo attraverso la disciplina
contemplata in materia di licenziamenti collettivi ben pi complessa e
dettagliata che non la semplice cessione di ramo dazienda.
Innanzitutto perch lart. 4 della legge 223 prevede una procedura
che complessivamente pu durare 75 giorni. Poi costosa. Il datore di
lavoro che avvia una procedura di ridimensionamento degli organici
deve allegare copia del versamento INPS di una somma mensile di
integrazione salariale, moltiplicato il numero dei lavoratori in esubero.
Al momento del recesso, inoltre, il datore di lavoro deve versare, con
possibilit di rateizzazione in trenta mensilit, una somma pari a 6 volte
il trattamento di mobilit spettante a ciascun lavoratore , nel caso in cui
non si raggiunga laccordo sindacale. In caso di licenziamento collettivo
per riduzione di personale le mensilit dovute dal datore di lavoro
salgono a 9. I criteri di individuazione dei lavoratori in esubero devono
essere assolutamente rigorosi e non arbitrari. Se non c il rispetto di
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criteri oggettivi - carichi di famiglia, anzianit, esigenze tecnico-
produttive- il lavoratore pu impugnare il licenziamento.

Infine il terzo fattore, che uno sprone per lazienda nello
scegliere la pi comoda e agevole soluzione delle cessioni di ramo
dazienda, costituito dalla attuale ambiguit normativa che lascia
aperti per le imprese ampi spazi operativi. Un chiaro confine tra ci che
ristrutturazione e ci che invece cessione di ramo dazienda non
esiste. Al tempo stesso, non esistono nemmeno sanzioni da irrorare alle
imprese che fanno un uso improprio dello strumento cessione ramo
dazienda. Per essere pi dettagliati e riepilogativi nei concetti, il
trasferimento dazienda :
a) Qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarit
economica organizzata;
b) In base alle attuali norme vigenti ammissibile il trasferimento di
ramo dazienda quando il cedente e il cessionario identificano
quella parte dazienda come funzionalmente autonoma al
momento del suo trasferimento;
c) Se il trasferimento segue la conclusione di un contratto opera il
regime di solidariet di cui allart. 29 del D.Lgs. 276/03.
Non opera invece il 2112 del codice civile quando:

Il trasferimento del pacchetto di maggioranza o di controllo
della societ non incide sullautonomia giuridica della
societ;
Nellipotesi di cessione dellattivit e successiva ripresa da
parte di un diverso imprenditore. E opinione consolidata che
in questo caso non rinvenibile il trasferimento dazienda,
anche perch il nuovo imprenditore che assume i lavoratori
precedentemente licenziati fruisce degli sgravi contributivi
(art. 8 L. 223/91). Va comunque osservato che talvolta tale
operazione pu essere tesa ad eludere le norme e che nella
sostanza si tratti di un trasferimento dazienda;
Nel caso di successione di appalto, ad esempio mensa o
pulizie. Il nuovo appalto subentra con una propria
organizzazione. Nello specifico, la norma regolata dallart.
29 del D.Lgs 276/03;
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Nel caso di cambiamento della ragione sociale lart. 2112 del
codice civile regola i rapporti subordinati.

Poich esiste unampia gamma di lavori cosiddetti atipici
opportuno, da un punto di vista sindacale, prenderli in esame.
Come norma generale, i rapporti di lavoro autonomo sono
disciplinati dallart. 2558 del codice civile. Il primo comma
prevede se non pattuito diversamente lacquirente subentra nei
contratti stipulati per lesercizio dellazienda che non abbiano
carattere personale, si trasferiscono al cessionario. Ci significa
che contratti di agenzia, collaborazioni e contratti a progetto,
contratti strettamente connessi allesercizio di impresa si
trasferiscono automaticamente al cessionario.


LE RIFORME NECESSARIE

Come abbiamo documentato, lart. 2112 attualmente vigente,
utilizza la medesima nozione giuridica sia per il trasferimento dazienda
che per quello di ramo dazienda. Queste due fattispecie, in realt, sono
ben distinte tra di loro. In particolare, per il sindacato e per i lavoratori
sar conveniente sostenere unampia nozione del trasferimento
dazienda; invece del tutto evidente, il loro interesse a circoscrivere e
perimetrare il ramo dazienda, che non pu essere arbitrariamente
identificato ex post.
Una lettura superficiale e abbastanza semplicistica potrebbe
ritenere sufficiente ripristinare le condizioni contenute nel D.lgs
18/2001.
La questione di fondo, invece, il ritorno alla tradizionale norma
codificata dallart. 2555, che testualmente recita: Lazienda il
complesso dei beni organizzati dallimprenditore per lesercizio di
impresa, che costituisce un valido antidoto ai processi di
smaterializzazione dellimpresa. E opportuno, in tal senso, introdurre
indici economici ed organizzativi che siano in grado di selezionare veri
imprenditori e non, come avviene anche attualmente, soggetti
improvvisati che non danno garanzie e alcun affidamento sulle capacit
di tenuta e di continuit aziendale. Nel corso di questi ultimi anni si
venuto creando un lungo elenco di sedicenti e improbabili imprese,
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quasi sempre espressione di esternalizzazioni mirate, che hanno avuto
effetti disastrosi per i lavoratori coinvolti. Levoluzione normativa,
soprattutto con il D.Lgs 18/2001, ha imposto una diversa concezione
dellazienda. Si elidono i beni organizzati, vale a dire le strutture che
hanno storicamente definito lazienda, si sposta laccento su una nuova
definizione: articolazione funzionalmente autonoma. Cio un esplicito
viatico a praticare processi di segmentazione e frantumazione
produttiva.
Al riguardo, non si pu continuare ad ignorare il contesto
economico che, invece, richiede una nuova strumentazione giuridica.
Infatti, quando i rapporti tra la impresa cedente e quella cessionaria
nascondono un rapporto di monocommittenza e quindi di sostanziale
subordinazione organizzativa e produttiva, ci pare opportuno
introdurre nel nostro ordinamento il principio della codatorialit.
Mutuato dallesperienza statunitense del Joint Emplayment Doctrine, il
principio della codatorialit consente di governare i processi di
segmentazione delle imprese, attribuendo la qualifica di datore di lavoro
a pi di un soggetto, in tutte le ipotesi in cui, al di l della qualifica
formale, sia possibile affermare che diversi imprenditori codeterminano
le condizioni di svolgimento del rapporto di lavoro, soprattutto
stabilendo che lelemento dirimente per qualificare la codatorialit la
costanza temporale del rapporto contrattuale tra impresa cedente e
cessionaria.
Questo concetto, concretamente e coerentemente sviluppato, pu
anche prevedere che se limpresa cessionaria dovesse interrompere
lattivit, in una condizione di monocommittenza prevalente, i costi
relativi alle procedure di riduzione di personale siano integralmente (o
quota parte) a carico dellimpresa originariamente cedente. I processi di
segmentazione produttiva richiedono altres regole certe e trasparenti.
Privilegiare esclusivamente il punto di vista delle aziende (pi
precisamente: di un certo tipo di aziende) che puntano alla riduzione dei
costi, pu significare bloccare i processi di innovazione e avallare una
forma di pigrizia manageriale, che anzich sperimentare soluzioni
originali e inedite, preferisce la facile soluzione delle esternalizzazioni e
dei trasferimenti di ramo dazienda, ritenendo cos il capitale umano
come la parte meno importante e quindi sacrificabile.

17
Si sottolineato da pi parti come vi sia lesigenza di un profondo
cambiamento nelle relazioni sindacali. Siamo daccordo, iniziamo a
pensare che le aziende non appartengono in maniera esclusiva agli
azionisti o al management, il cui unico obiettivo la massimizzazione
del profitto ottenuto con qualunque mezzo, ma sono un bene collettivo
che include, ad esempio, il territorio e le comunit dove sono ubicate, i
fornitori e, ovviamente, i lavoratori.
Se prevarr questa concezione (forse non modernissima ma che
comunque conserva la sua stringente attualit) sar possibile non solo
superare le esternalizzazioni strumentali, ma rilanciare un modello di
sviluppo socialmente pi coeso e pi efficiente dal punto di vista
delleconomia reale.

Le riforme necessarie sono:
introdurre il principio della codatorialit nei casi in cui il
cessionario sia monocommittente del cedente, ritornare
allapplicazione stringente dellart. 2555 del codice civile,
garanzia per contrastare i processi di smaterializzazione
delle imprese, introduzione di indici economici e
organizzativi per stabilire una soglia minima di affidabilit
imprenditoriale.

RIASSUMENDO


Le politiche di decentramento produttivo hanno un forte
incremento negli anni 70.
Tra gli anni 80 e 90 si avvia una strategia mirata delle
esternalizzazioni nel settore manifatturiero.
Successivamente larea delle esternalizzazioni si sposta nei servizi
e finisce per riguardare anche lICT.
Le motivazioni alla base del processo di outsorcing sono
principalmente: maggiore focalizzazione sul proprio business,
riduzione e controllo dei costi operativi, liberare risorse interne per
gli altri obiettivi e trasformare i costi fissi in variabili.
Non infrequente il caso che i trasferimenti di ramo dazienda
nascondano processi di ristrutturazione. Lazienda pu decidere di
18
avviare la procedura di trasferimento perch economicamente
vantaggiosi e di durata pi breve.
Le cosiddette imprese cessionarie possano operare in regime di
monocommittenza. Giuridicamente autonome, ma
finanziariamente e organizzativamente subalterne al cedente.
Il cessionario, ai sensi dellart. 2558, deve recepire i contratti di
lavoro atipico esclusivamente necessari al funzionamento
dellazienda.


Bibliografia essenziale:

Autori vari Il modello giapponese

Giuseppe Santoro Passarelli: Trasferimento dazienda e
rapporto di lavoro

Maria Teresa Carinci: Le delocalizzazioni produttive in Italia:
problemi di diritto di lavoro

Franco Scarpelli: Il mantenimento dei diritti del lavoratore nel
trasferimento dazienda: problemi vecchi e nuovi

Valerio Speziale: Le esternalizzazioni dei processi produttivi dopo
il D.Lgs 276/03: proposte di riforme

19














QUADRO SINOTTICO
DELL'EVOLUZIONE NORMATIVA
20
21
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24
25
26
27
LE NORME PRINCIPALI

Art. 2112 c.c. Trasferimento dellazienda (testo abrogato)
1. In caso di trasferimento dellazienda, se lalienante non ha dato
disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con lacquirente, e
il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dallanzianit raggiunta
anteriormente al trasferimento.
2. Lacquirente obbligato in solido con lalienante per tutti i crediti
che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in
dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella
disdetta data dallalienante, semprech lacquirente ne abbia avuto
conoscenza allatto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri
dellazienda trasferita o dal libretto di lavoro.
3. Con lintervento delle organizzazioni professionali alle quali
appartengono limprenditore e il prestatore di lavoro, questi pu
consentire la liberazione dellalienante dalle obbligazioni derivanti dal
rapporto di lavoro.
4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di
usufrutto o di affitto dellazienda.

Art. 2112 c.c. Trasferimento dellazienda (ai sensi dellart. 47, n. 3
della legge 29 dicembre 1990, n. 428) (testo abrogato)
1.In caso di trasferimento dazienda, il rapporto di lavoro continua con
lacquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
2. Lalienante e lacquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti
che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di
cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore
pu consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal
rapporto di lavoro.
3. Lacquirente tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi
previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del
trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri
contratti collettivi applicabili allimpresa del cessionario.
4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di
usufrutto o di affitto dellazienda.


28
Art. 2555 c.c. Nozione
Lazienda il complesso dei beni organizzati dall' imprenditore per
l'esercizio dell'impresa.

Art. 2573 c.c., primo comma Trasferimento del marchio (testo
abrogato)
Il diritto esclusivo alluso del marchio registrato pu essere trasferito
soltanto con lazienda o con un ramo particolare di questa.

Art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 n. 1, 2, 4, 5, 6
Legge comunitaria per il 1990
1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice
civile, un trasferimento d'azienda in cui sono occupati pi di quindici
lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione per
iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze
sindacali costituite, a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio
1970, n. 300, nelle unit produttive interessate, nonch alle rispettive
associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze
aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di
categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul
piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria pu
essere effettuata per il tramite dell'associazione sindacale alla quale
aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a)
i motivi del programmato trasferimento d'azienda; b) le sue
conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; c) le
eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei
sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento
della comunicazione di cui al comma 1, l'alienante e l'acquirente sono
tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta
richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La
consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo
inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto, da parte
dell'acquirente o dell'alienante, dell'obbligo di esame congiunto previsto
nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi
dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. I primi tre commi dell'articolo 2112 del codice civile sono sostituiti
dai seguenti:
29
"In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con
l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che
il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui
agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore pu
consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal
rapporto di lavoro.
L'acquirente tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi,
previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del
trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri
contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente".
4. Ferma restando la facolt dell'alienante di esercitare il recesso ai sensi
della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda
non costituisce di per s motivo di licenziamento.
5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unit produttive delle
quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma
dell'articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n.
675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di
fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella
cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione
straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivit non sia stata
disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti
commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche
parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua
con l'acquirente non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile,
salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto
accordo pu altres prevedere che il trasferimento non riguardi il
personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o
in parte, alle dipendenze dell'alienante.
6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente,
dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle
assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del
trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi
collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti
dall'acquirente, dall'affittuario o dal subentrante in un momento
successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l'articolo
2112 del codice civile.
30
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di
imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunit europea, in particolare
l'articolo 94,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo(1),
visto il parere del Comitato economico e sociale(2),
considerando quanto segue:
(1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti
di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3)
stata modificata in maniera sostanziale(4) ed , perci, opportuno, per
motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione.
(2) L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario,
modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a
fusioni.
(3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i
lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per
assicurare il mantenimento dei loro diritti.
(4) Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l'entit
della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali
differenze.
(5) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori,
adottata il 9 dicembre 1989 ("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18
dispone in particolare che la realizzazione del mercato interno deve
portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei
lavoratori nella Comunit europea. Tale miglioramento deve consentire,
ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del
lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle
concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l'informazione, la
consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalit
adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.
31
L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere
realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di
ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei
lavoratori.
(6) Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per
promuovere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai
cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei
lavoratori.
(7) Detta direttiva stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del
mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per
quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficolt economiche,
della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunit europee,
della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in
materia di licenziamenti collettivi(5), e delle norme legislative gi in
vigore nella maggior parte degli Stati membri.
(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un
chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della
giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha
modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale
interpretata dalla Corte di giustizia.
(9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte le
forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul
colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze.
(10) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri
relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
Ambito di applicazione e definizioni
Articolo 1
1. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di
stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo
imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.
b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente
articolo, considerato come trasferimento ai sensi della presente
direttiva quello di un'entit economica che conserva la propria identit,
intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attivit
32
economica, sia essa essenziale o accessoria.
c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che
esercitano un'attivit economica, che perseguano o meno uno scopo di
lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi
pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti
amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della
presente direttiva.
2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo
stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi
nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.
3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.
Articolo 2
1. Ai sensi della presente direttiva si intende:
a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di
un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di
imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa
o dallo stabilimento;
b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza
di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la
veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte
dell'impresa o dello stabilimento;
c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i
rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi
degli Stati membri;
d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato
tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.
2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda
la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.
Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall'ambito di
applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a
motivo unicamente:
a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;
b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata
determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE
del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il
lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o
un rapporto di lavoro interinale(6); o
33
c) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della
direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte
d'impresa o di stabilimento trasferita l'agenzia di lavoro interinale che
il datore di lavoro o parte di essa.
CAPO II
Mantenimento dei diritti dei lavoratori
Articolo 3
1. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di
lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento
sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.
Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data
del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi
risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o
da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.
2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per
garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli
obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente
articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero
dovuto essere noti ai cedente al momento del trasferimento. Il fatto che
il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non
incide sul trasferimento di detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi
lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a
detto diritto o obbligo.
3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro
convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da
quest'ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della
scadenza del contratto collettivo o dell'entrata in vigore o
dell'applicazione di un altro contratto collettivo.
Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle
condizioni di lavoro, purch esso non sia inferiore ad un anno.
4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi
1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia,
di invalidit o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza
professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di
sicurezza sociale degli Stati membri.
b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i
paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i
provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di
34
coloro che hanno gi lasciato lo stabilimento del cedente al momento
del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso
di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i
superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente
paragrafo.
Articolo 4
1. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di
impresa o di stabilimento non di per s motivo di licenziamento da
parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i
licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o
d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione.
Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi
a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione
o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il
licenziamento.
2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro risolto in quanto il
trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica
delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del
rapporto di lavoro considerata come dovuta alla responsabilit del
datore di lavoro.
Articolo 5
1. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3
e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o
parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di
una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga
aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si
svolgono sotto il controllo di un'autorit pubblica competente (che pu
essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorit pubblica
competente).
2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di
una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente
(indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista
della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali
procedure siano sotto il controllo di un'autorit pubblica competente
(che pu essere un curatore fallimentare determinato dal diritto
nazionale), uno Stato membro pu disporre che:
a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti
da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei
35
trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non
siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano
adito, in virt della legislazione dello Stato membro, ad una protezione
almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla
direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela
dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7);
e/o
b) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le
funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori,
dall'altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le
prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei
lavoratori intese a salvaguardare le opportunit occupazionali
garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parti
di imprese o di stabilimenti.
3. Uno Stato membro ha facolt di applicare il paragrafo 2, lettera b), a
trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi
economica quale definita dal diritto nazionale, purch tale situazione sia
dichiarata da un'autorit pubblica competente e sia aperta al controllo
giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero gi vigenti nel
diritto nazionale il 17 luglio 1998.
La Commissione presenter una relazione sugli effetti della presente
disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporr eventuali proposte
adeguate al Consiglio.
4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di
impedire che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei
diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva.
Articolo 6
1. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno
stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la
funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori
interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalit e alle stesse
condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a
patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione
della rappresentanza dei lavoratori.
Il primo comma non si applica se, in virt delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o si
36
termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le
condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei
lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.
Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di
una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione
dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di
un'autorit pubblica competente (che pu essere il curatore fallimentare
autorizzato da un'autorit pubblica competente), gli Stati membri
possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i
lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova
elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.
Qualora l'impresa, lo stabilimento o la parte di un'impresa o di uno
stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri
adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori
trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad
essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a
provvedere ad una nuova costituzione o designazione della
rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla
prassi nazionale.
2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal
trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti
continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi
degli Stati membri.
CAPO III
Informazione e consultazione
Articolo 7
1. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti
dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti
punti:
- data o data proposta del trasferimento,
- motivi del trasferimento,
- conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del
trasferimento per i lavoratori,
- misure previste nei confronti dei lavoratori.
Il cedente tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei
suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.
37
Il cessionario tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti
dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi
lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni
d'impiego e di lavoro.
2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei
rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile
consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi
lavoratori al fine di ricercare un accordo.
3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative prevedono la possibilit per i rappresentanti dei
lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una
decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono
limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il
trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello
stabilimento che pu implicare svantaggi sostanziali per una parte
consistente dei lavoratori.
L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure
previste nei confronti dei lavoratori.
L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile
prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al
primo comma.
4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano
indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento
sia presa dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlla.
Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di
informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si
deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione
avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha
trasmesso le informazioni necessarie.
5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi
1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto
riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o
la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.
6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in
uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi
indipendenti dalla volont degli stessi, i lavoratori interessati debbano
essere informati in precedenza:
- della data o della data proposta del trasferimento,
38
- dei motivi del trasferimento,
- delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento
per i lavoratori,
- delle misure previste nei confronti dei lavoratori.
CAPO IV
Disposizioni finali
Articolo 8
La presente direttiva non pregiudica la facolt degli Stati membri di
applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative pi favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o
consentire l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti
sociali pi favorevoli ai lavoratori.
Omissis
Art. 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 "Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30"
Appalto
1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il
contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655
del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la
organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che pu
anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio
dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo
nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonche' per la
assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.
2. In caso di appalto di servizi il committente imprenditore o datore di
lavoro e' obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno
dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti
retributivi e i contributi previdenziali dovuti.
3. L'acquisizione del personale gi impiegato nell'appalto a seguito di
subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto
collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d'appalto, non
costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda.
Art. 32 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 "Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30"
Modifica all'articolo 2112 comma quinto, del Codice civile
39
1. Fermi restando i diritti dei prestatori di lavoro in caso di trasferimento
d'azienda di cui alla normativa di recepimento delle direttive europee in
materia, il comma quinto dell'articolo 2112 del codice civile e' sostituito
dal seguente: Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si
intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito
a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarit
di un'attivit economica organizzata, con o senza scopo di lucro,
preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria
identit a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento
sulla base del quale il trasferimento e' attuato ivi compresi l'usufrutto o
l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano
altres al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione
funzionalmente autonoma di un'attivit economica organizzata,
identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo
trasferimento.
2. All'articolo 2112 del codice civile e' aggiunto, in fine, il seguente
comma: Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto
di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda
oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di
solidariet di cui all'articolo 1676.

DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio 2001, n. 18
Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al mantenimento dei
diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti
o di parti di stabilimenti.



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, che
modifica la direttiva 77/187/CEE concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di
stabilimenti;
Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526, ed in particolare gli articoli 1 e
2 e l'allegato A;
40
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 2 febbraio 2001;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli
affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e del commercio con l'estero e per la funzione pubblica;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Modifiche all'articolo 2112 del codice civile 1. L'articolo 2112 del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"Art. 2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimento d'azienda). - In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto
di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i
diritti che ne derivano.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti
che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di
cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore
puo' consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti
dal rapporto di lavoro.
Il cessionario e' tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi
previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti
alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano
sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del
cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra
contratti collettivi del medesimo livello.
Ferma restando la facolta' di esercitare il recesso ai sensi della
normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non
costituisce di per se' motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui
condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi
successivi al trasferimento d'azienda, puo' rassegnare le proprie
dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.
Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per
trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento
nella titolarita' di un'attivita' economica organizzata, con o senza scopo
di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi,
preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria
41
identita', a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento
sulla base dei quali il trasferimento e' attuato, ivi compresi l'usufrutto o
l'affitto d'azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano
altresi' al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione
funzionalmente autonoma di un'attivita' economica organizzata ai sensi
del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che
conserva nel trasferimento la propria identita'.".

Art. 2.
Modifiche all'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428
1. All'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, i commi 1, 2, 3
e 4 sono sostituiti dai seguenti:
"1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice
civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente
occupati piu' di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento
riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo 2112, il
cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto
almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva
il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se
precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle
rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'articolo 19
della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unita' produttive interessate,
nonche' ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto
collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In
mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo
di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria
comparativamente piu' rappresentativi e puo' essere assolto dal cedente
e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale
aderiscono o conferiscono mandato.
L'informazione deve riguardare: a) la data o la data proposta del
trasferimento; b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;
c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di
categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della
comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti
ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un
esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si
42
intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato
raggiunto un accordo.
3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli
obblighi previsti dai commi 1 e 2 costituisce condotta antisindacale ai
sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal
presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione
relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante.
La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni
necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.".

Art. 3.
Disposizioni finali
1. Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto trovano
applicazione a decorrere dal 1 luglio 2001.
2. Il presente decreto non comporta nuovi o maggiori oneri, ne' minori
entrate, a carico del bilancio dello Stato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, add 2 febbraio 2001
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Mattioli, Ministro per le politiche comunitarie
Salvi, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Dini, Ministro degli affari esteri
Fassino, Ministro della giustizia
Visco, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica

Letta, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del
commercio con l'estero
Bassanini, Ministro per la funzione pubblica
Visto, il Guardasigilli: Fassino

N O T E:
Avvertenza:
43
- Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico
delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali
della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.
1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee (GUCE).
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione
legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato
e per oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi
valore di legge ed i regolamenti.
- La direttiva 98/50/CE e' pubblicata in GUCE L 201 del 17 luglio 1998.
- La direttiva 77/187/CEE e' pubblicata in GUCE L 061 del 5 marzo
1977.
- La legge 21 dicembre 1999, n. 526 reca: "Disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee - legge comunitaria 1999". Gli articoli 1 e 2 della
succitata legge, cosi' recitano:
"Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). - 1.
Il Governo e' delegato ad emanare, entro il termine di un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le
norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli
elenchi di cui agli allegati A e B.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con
competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, della giustizia e del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica e con gli altri Ministri interessati in
relazione all'oggetto della direttiva.
44
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
comprese nell'elenco di cui all'allegato B sono trasmessi, dopo che su di
essi sono stati acquisiti gli altri pareri previsti da disposizioni di legge
ovvero sono trascorsi i termini prescritti per l'espressione di tali pareri,
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perche' su di essi
sia espresso, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, il parere
delle Commissioni competenti per materia; decorso tale termine, i
decreti sono emanati anche in mancanza di detto parere. Qualora il
termine previsto per il parere delle Commissioni scada nei trenta giorni
che precedono la scadenza dei termini previsti al comma 1 o
successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.
4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel
rispetto dei princi'pi e criteri direttivi da essa fissati, il Governo puo'
emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma
l.
5. Il termine per l'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva
97/5/CE e' di sei mesi.
Art. 2 (Criteri e principi direttivi generali della delega legislativa). - 1.
Salvi gli specifici princi'pi e criteri direttivi stabiliti negli articoli
seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i
decreti legislativi di cui all'art. 1, saranno informati ai seguenti princi'pi
e criteri generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate provvederanno
all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture
amministrative;
b) per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori
interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le occorrenti
modifiche o integrazioni alle discipline stesse;
c) salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per
assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti
legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le
infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei
limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a lire 200 milioni e
dell'arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa o
congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a
pericolo interessi generali dell'ordinamento interno. In tali casi saranno
45
previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni
che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto;
la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni
che rechino un danno di particolare gravita'. E' fatta salva la previsione
delle sanzioni alternative o sostitutive della pena detentiva di cui all'art.
10, comma 1, lettera a), della legge 25 giugno 1999, n. 205. La sanzione
amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 50 mila
e non superiore a lire 200 milioni sara' prevista per le infrazioni che
ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati.
Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni sopra
indicate saranno determinate nella loro entita', tenendo conto della
diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione
presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole,
comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione,
controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che
l'infrazione puo' recare al colpevole o alla persona o ente nel cui
interesse egli agisce. In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per
le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste
sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente gia'
comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee;
d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non
riguardano l'attivita' ordinaria delle amministrazioni statali o regionali
potranno essere previste nei soli limiti occorrenti per l'adempimento
degli obblighi di attuazione delle direttive; alla relativa copertura, in
quanto non sia possibile far fronte con i fondi gia' assegnati alle
competenti amministrazioni si provvedera' a norma degli articoli 5 e 21
della legge 16 aprile 1987, n. 183, osservando altresi' il disposto dell'art.
11-ter, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto
dall'art. 7 della legge 23 agosto 1988, n. 362;
e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive gia'
attuate con legge o decreto legislativo si procedera', se la modificazione
non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le
corrispondenti modifiche alla legge o al decreto legislativo di attuazione
della direttiva modificata;
f) i decreti legislativi assicureranno in ogni caso che, nelle materie
trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente
conforme alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto anche conto
46
delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento
dell'esercizio della delega;
g) nelle materie di competenza delle regioni a statuto ordinario e
speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano saranno
osservati l'art. 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86, l'art. 6, primo comma,
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e
l'art. 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2. Nell'attuazione delle normative comunitarie, gli oneri di prestazioni e
controlli da eseguirsi da parte di uffici pubblici in applicazione delle
normative medesime sono posti a carico dei soggetti interessati in
relazione al costo effettivo del servizio, ove cio' non risulti in contrasto
con la disciplina comunitaria. Le tariffe di cui al precedente periodo
sono predeterminate e pubbliche.
L'allegato A, della succitata legge, contiene l'elenco delle direttive da
attuare con decreto legislativo.".
Note all'art. 1:
- L'art. 410 del codice di procedura civile, cosi' recita:
"Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione). - 1. Chi intende
proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'art.
409 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste
dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite
l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il
tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione
individuata secondo i criteri di cui all'art. 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di
conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del
tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua
conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della
controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre
dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e
della massima occupazione e' istituita in ogni provincia, presso l'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore dell'ufficio stesso o
da un suo delegato, in qualita' di presidente, da quattro rappresentanti
effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati
47
dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse
modalita' e con la medesima composizione di cui al precedente comma,
anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della
massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita', affidano il tentativo
di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un
suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente
terzo comma.
In ogni caso per la validita' della riunione e' necessaria la presenza del
presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno
dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata
presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il
direttore dell'ufficio provinciale del lavoro certifica l'impossibilita' di
procedere al tentativo di conciliazione.".
- L'art. 411 del codice di procedura civile, cosi' recita:
"Art. 411 (Processo verbale di conciliazione). - Se la conciliazione
riesce, si forma processo verbale (126) che deve essere sottoscritto dalle
parti e dal presidente del collegio che ha esperito il tentativo, il quale
certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro
impossibilita' di sottoscrivere (2113 u.c. c.c.).
Il processo verbale e' depositato a cura delle parti o dell'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria del
tribunale nella cui circoscrizione e' stato formato. Il giudice, su istanza
della parte interessata accertata la regolarita' formale del verbale di
conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se il tentativo di conciliazione si e' svolto in sede sindacale, il processo
verbale di avvenuta conciliazione e' depositato presso l'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle
parti o per il tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo
delegato, accertatane l'autenticita', provvede a depositarlo nella
cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' stato redatto. Il
giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita' formale
del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.".
- L'art. 2119 del codice civile, cosi' recita:
48
"Art. 2119 (Recesso per giusta causa). - Ciascuno dei contraenti puo'
recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto e'
a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto e' a tempo
indeterminato qualora si verifichi una causa che non consenta la
prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto e' a tempo
indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa
compete l'indennita' indicata nel secondo comma dell'articolo
precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il
fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa
dell'azienda".
Note all'art. 2:
- La legge 29 dicembre 1990, n. 428, reca:
"Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunita' europee (Legge comunitaria per il 1990).
- Il testo vigente dell'art. 47 della succitata legge, cosi' come modificato
dal presente decreto, e' il seguente:
"Art. 47. - 1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'art. 2112 del
codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente
occupati piu' di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento
riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo art. 2112, il cedente
ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno
venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il
trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se
precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle
rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'art. 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unita' produttive interessate,
nonche' ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto
collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In
mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo
di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria
comparativamente piu' rappresentativi e puo' essere assolto dal cedente
e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale
aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a)
la data o la data proposta del trasferimento; b) i motivi del programmato
trasferimento d'azienda; c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e
sociali per i lavoratori; d) le eventuali misure previste nei confronti di
questi ultimi.
49
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di
categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della
comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti
ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un
esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si
intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato
raggiunto un accordo.
3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli
obblighi previsti dai commi 1 e 2 in materia di informazione o di esame
congiunto costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della
legge 20 maggio 1970, n. 300.
4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal
presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione
relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante.
La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni
necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.
5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unita' produttive delle
quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell'art.
2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o
imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento,
omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei
beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione
straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivita' non sia stata
disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti
commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche
parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua
con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile,
salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto
accordo puo' altresi' prevedere che il trasferimento non riguardi il
personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o
in parte, alle dipendenze dell'alienante.
6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente,
dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle
assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del
trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi
collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti
dall'acquirente, dall'affittuario o dal subentrante in un momento
50
successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l'art. 2112
del codice civile.".
- Il testo vigente dell'art. 2112 del codice civile e' riportato nell'art. 1 del
decreto legislativo qui pubblicato.
- La legge 20 maggio 1970, n. 300, reca: "Norme sulla tutela della
liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento". L'art. 19 della
succitata legge, cosi' recita:
"Art. 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali). -
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni,
che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di
lavoro applicati nell'unita' produttiva.
Nell'ambito di aziende con piu' unita' produttive le rappresentanze
sindacali possono istituire organi di coordinamento.".
- L'art. 28 della succitata legge, cosi' recita:
"Art. 28 (Repressione della condotta antisindacale). - Qualora il datore
di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare
l'esercizio della liberta' e della attivita' sindacale nonche' del diritto di
sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali
nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove e' posto in
essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi,
convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga
sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di
lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la
cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non puo' essere revocata fino alla
sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il
giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso e' ammessa, entro quindici
giorni dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al
pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza
immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli
413 e seguenti del codice di procedura civile.
51
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma,
o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione e' punito ai sensi
dell'art. 650 del codice penale.
L'autorita' giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di
condanna nei modi stabiliti dall'art. 36 del codice penale.
Se il comportamento di cui al primo comma e' posto in essere da una
amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico,
l'azione e' proposta con ricorso davanti al pretore competente per
territorio.
Qualora il comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni
soggettive inerenti al rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di
cui al primo comma, ove intendano ottenere anche la rimozione dei
provvedimenti lesivi delle predette situazioni, propongono il ricorso
davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio,
che provvede in via di urgenza con le modalita' di cui al primo comma.
Contro il decreto che decide sul ricorso e' ammessa, entro quindici
giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti
allo stesso tribunale, che decide con sentenza immediatamente
esecutiva.".
52



Le pubblicazioni della collana editoriale Per
saperne di pi... sono consultabili e disponibili
allindirizzo:
www.uil.it/contrattazione/persapernedipiu.html
a cura del Servizio Politiche Contrattuali

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