Anno accademico 2009-2010 Lezione 2 17 febbraio 2010
IL METODO NARRATIVO 2 don Matteo Crimella
1. Narratore e lettore Una narrazione un messaggio linguistico inviato da un narratore ad un destinatario. Colui che invia il narratore, il messaggio la narrazione e il destinatario chiamato narratario. Ma gli studiosi hanno elaborato questo schema fondamentale introducendo altre distinzioni. Si distingue un autore reale, un autore implicito e un narratore; un narratario, un lettore implicito e un lettore reale. possibile schematizzare tutto in questo modo: autore reale autore implicito narratore narrazione narratario lettore implicito lettore reale La narratologia si riferisce sempre al narratore, un concetto astratto da distinguere attentamente dallautore reale. Lautore un soggetto in carne e ossa che ha inventato una storia e ha fisicamente scritto un testo. Dellautore biblico (o degli autori) spesso noi sappiamo ben poco (chi sono Marco, Matteo e Luca?). Il narratore invece un concetto letterario: allorch una storia riceve una forma particolare in un racconto, v un narratore. La ricerca dellautore appartiene allindagine storica e deve essere condotta con unadeguata metodologia che esula dalla narratologia. Il narratore, invece, essendo un concetto letterario, entra nel dominio dellindagine narratologica. Di che cosa si tratta? la voce che racconta una storia nella forma nella quale intesa o letta. I narratologi usano distinguere fra autore implicito e narratore. Un autore implicito presente nella sua opera tramite le sue scelte di scrittura. Per mezzo dellorientamento che d al suo testo, lautore implicito si oggettiva. In altre parole: limmagine dellautore implicito risulta dalla somma delle scelte di scrittura identificate nel suo testo. Ad ogni opera letteraria corrisponde un autore implicito, cio limmagine dellautore cos come si rivela in quellopera. Il narratore invece la voce che guida il lettore nel racconto. Solitamente il narratore biblico onnisciente ed affidabile. Egli conosce tutto: sa che cosa passa nel profondo dei suoi personaggi (cfr. i pensieri degli scribi piuttosto che la preghiera di Ges al Getsemani), domina lo spazio e il tempo; insieme il narratore affidabile in quanto propone una visione del mondo alla quale il lettore aderisce (o almeno dovrebbe). Come si evince v una differenza fra autore implicito e narratore ma molto sottile (cfr. Gv 21,24 dove luno distinto dallaltro). Onde evitare di perdersi in definizioni troppo elaborate parleremo per lo pi di narratore. 2
Allaltro polo v il lettore, meglio il narratario, colui al quale la storia raccontata, cio lorecchio sollecitato dal narratore. Per la Bibbia parliamo semplicemente di lettore, in quanto la forma dei racconti biblici scritta. Anche a questo proposito possiamo distinguere fra lettore reale e lettore implicito. Il lettore reale sempre una persona in carne e ossa, mentre il lettore implicito unimmagine letteraria. V un primo lettore-uditore reale del testo, cio un destinatario contemporaneo per il quale (o i quali) lautore reale ha scritto. V poi un lettore reale che oggi sta davanti al testo. V infine un lettore implicito, una realt astratta, immagine del lettore al quale il testo si rivolge. un ente dichiaratamente fittizio, in possesso di tutte le predisposizioni necessarie perch lopera letteraria produca i suoi effetti. Ha le sue radici nel testo stesso e non pu essere in nessun modo identificato con un lettore reale. Egli risponde ad ogni punto del testo con lemozione, la comprensione o la conoscenza che il testo idealmente richiede. Si tratta cio di quel fruitore immaginario (ed ideale) che legge il testo cos come lautore implicito intende sia da leggere. Come abbiamo precedentemente distinto un autore implicito e un narratore, anche qui si possono distinguere un narratario (per esempio quello citato da Mc 13,14) e un lettore implicito. I due concetti tuttavia sono cos affini da confondersi lun laltro. Come abbiamo gi anticipato poi possibile distinguere fra udienza autoriale e udienza narrativa, ovverosia fra il lettore cui il narratore si rivolge (la sua cultura, le sue convinzioni, la sua appartenenza religiosa) e il lettore che il narratore intende costruire.
2. Le diverse posizioni del narratore Si definisce istanza narrativa lo statuto che il narratore si d in relazione al testo. In altre parole: da dove proviene la voce che narra il racconto? Si passa dalla cancellazione completa della voce nel caso del racconto descrittivo (Un uomo aveva due figli Lc 15,11) sino alla totale presenza nel caso del racconto autobiografico (le sezioni noi degli Atti). Genette ha studiato listanza narrativa stabilendo alcune distinzioni che qui riprendiamo. La distinzione fondamentale da introdurre quella fra la storia raccontata e la storia che si racconta. Un narratore pu collocarsi allesterno o allinterno della storia raccontata. Se al di fuori (un narratore di I grado) si parler di istanza extradiegetica: il caso di Marco che non compare mai sulla scena del suo racconto. Se, invece, il narratore allinterno della storia raccontata (un narratore di II grado) si parler di istanza intradiegetica: il caso di Ges che narra una parabola (in questo caso si tratta di un narratore narrato). Ma il narratore pu dissimularsi oppure introdursi nella storia che racconta. Nel primo caso un narratore esterno o eterodiegetico; se invece si rende presente nella storia che narra un narratore interno o omodiegetico. Gli elementi possono essere anche incrociati. Una tabella potr risultare utile.
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Livello Rapporto Narratore I grado o Extradiegetico Narratore II grado o Intradiegetico Narratore esterno o Eterodiegetico Gen 2 Re Parabole Narratore interno o Omodiegetico Ne Qo At 22 Non bisogna confondere la voce che narra il racconto (la domanda : chi narra il racconto?) e il punto di vista adottato (la domanda : chi percepisce lavvenimento nel racconto?), come vedremo in seguito.
3. Le tre posizioni del lettore Le posizioni del lettore rispetto ai personaggi del racconto possono essere tre: di superiorit, dinferiorit o di uguaglianza. Nel primo caso il lettore ne sa di pi del personaggio. Nellepisodio della `aqedah il lettore istruito dal narratore a proposito delle intenzioni di Dio nei confronti di Abramo ma il patriarca scopre tutto ci solo ad un certo punto (Gen 22,1-19); lo stesso capita nellepisodio dellapparizione a Mos (Es 3,1-6) o della chiamata di Samuele (1 Sam 3,1-10). Sulla soglia del racconto dei discepoli di Emmaus il narratore confida al lettore uninformazione che sfugge totalmente ai due viandanti (Lc 24,15b-16): se una tale differenza di conoscenza fra lettore e personaggi fosse abolita crollerebbe il racconto. Qual leffetto? Si viene a creare una situazione di vera e propria ironia drammatica a scapito del personaggio. Essa nasce dal contrasto fra la percezione parziale o erronea di una situazione da parte di un personaggio e la percezione della situazione reale da parte del lettore. Cfr. anche i racconti di furbizia o dissimulazione (Gen 27,18-33; 31,32-35; 38,15-19). Nel secondo caso il personaggio ne sa di pi del lettore. Il lettore cio frustrato di una conoscenza che invece in possesso del personaggio. Chi pu indovinare il piano di Labano (Gen 29,15-19)? Quali sono le intenzioni di Eud (Gdc 3,16)? Che cosa ha detto il Risorto ai due viandanti (Lc 24,27)? Il narratore per principio onnisciente si guarda bene dallesplicitare le cose. Leffetto linnesco nel lettore di una dinamica di attesa. Infine vi sono casi nei quali lettore e personaggio sono sullo stesso piano. Insieme ricevono la chiave dellenigma. Nel caso del giudizio di Salomone (1 Re 3,16- 28) il lettore condivide col re lascolto dei racconti delle due donne perfettamente speculari e con lui si chiede chi dica il vero e chi il falso. Solo il terribile verdetto di Salomone (v. 25) permette di scoprire chi la vera madre. Nellepisodio di Emmaus allinizio il lettore in posizione di superiorit, poi in svantaggio; ma allorch i tre viandanti arrivano ad Emmaus (Lc 24,28) lettore e discepoli sono sullo stesso piano. 4
Allorch il lettore vede qualcosa che il personaggio non percepisce (o il contrario) si crea una frattura fra la storia raccontata e la costruzione del racconto, detta anche opacit. Si tratta di un mezzo molto efficace perch il lettore partecipi allo sviluppo dellazione. Come questo avvenga lo vedremo pi tardi.
4. Telling e showing Gi Platone distingueva dih,ghsij e mi,mhsij: lautore pratica la diegesi se racconta la scena a modo suo, propende invece verso la mimesi se offre una trascrizione pi diretta delle parole o degli avvenimenti. In narratologia si parla normalmente di telling (o modalit narrativa) e showing (o modalit scenica). Allorch Matteo presenta un suo personaggio afferma: Giuseppe suo [di Maria] sposo era giusto (1,19); si tratta della modalit telling: il narratore afferma senza descrivere. Pi avanti aggiunge: [Giuseppe], destatosi, prese con s il bambino e sua madre nella notte e fugg in Egitto (2,14); qui siamo allinterno di una modalit showing dove il narratore non definisce ma mostra quanto il suo personaggio compie. In un caso come nellaltro il narratore guida la narrazione; ma nella modalit telling la conduce con la propria autorit, nella modalit showing, invece, fa vedere al lettore, quasi nascondendosi dietro ai personaggi che parlano e agiscono. Bisogna poi distinguere il discorso dalla descrizione, cio il racconto di parole dal racconto di avvenimenti. Nel racconto di parole il modo pi distante il discorso raccontato (per esempio: egli esprimeva tutta la sua gioia); una modalit intermedia il discorso trasposto o indiretto (diceva di essere contento); il modo pi vicino alla mimesi il discorso riferito o diretto (diceva: Io sono contento). Nel racconto di avvenimenti, come han ben mostrato Genette, la quantit dinformazione e la presenza dellinformatore sono inversamente proporzionali, dato che la mimesi si definisce mediante un massimo dinformazione e un minimo dinformatore e la diegesi mediante il rapporto inverso 1 . La presenza autorevole del narratore piuttosto che la discrezione hanno un peso non trascurabile. Tornando allesempio di Giuseppe, il conferimento dellepiteto giusto al personaggio lo colloca dalla parte di Dio, la descrizione invece delle sue azioni interpella il lettore. Quando dunque v una modalit showing ad essere chiamata in causa in modo massiccio la cooperazione del lettore.
5. Lintreccio Perch vi sia un racconto deve esserci una storia e la struttura della storia il suo intreccio (o trama; in inglese plot; in francese intrigue). Gi Aristotele offriva questa definizione: La composizione ordinata degli avvenimenti (th.n su,nqesin tw/n pragma,twn) ci che io chiamo intreccio (mu/qoj) (Poetica 1450a). Come gi abbiamo ricordato, perch ci sia una narrazione necessario un nesso di
1 G. GENETTE, Figures III (Potique), Seuil, Paris 1972, 187. 5
causalit. Lintreccio quella struttura unificante che lega le diverse peripezie e le organizza in una storia continua, assicurando lunit dellazione e dando senso ai molteplici elementi del racconto. La cronaca enumera semplicemente i fatti, lintreccio invece crea delle causalit (la c.d. configurazione) che rendono gli elementi indispensabili, inserendoli in un processo cronologico.
5.1. Causalit Sempre Aristotele, nella Poetica (1455b), precisa quali sono gli elementi essenziali della trama di una tragedia. Per lo stagirita vi sono almeno due versanti: la complicazione (o nodo de,sij) e la soluzione (o scioglimento lu,sij). La struttura di tipo piramidale: allinizio v un ostacolo che va superato; unazione trasformatrice (meta,basij) realizza il passaggio dalla complicazione allo scioglimento. Tre sono dunque i momenti, chiamati con linguaggi diversi: 1. de,sij nodo complicazione 2. meta,basij rovesciamento apice (climax) 3. lu,sij scioglimento soluzione. Applicando lo schema a Lc 4,40 ritroviamo i tre elementi. Il modello aristotelico stato affinato, con una particolare attenzione al funzionamento dellazione. Ogni racconto pu essere definito dalla presenza di due confini narrativi (situazione iniziale e finale), fra i quali sinserisce la trasformazione che fa passare un soggetto da uno stato ad un altro. Ma perch questo passaggio avvenga necessaria una complicazione e una soluzione. Ne viene il c.d. schema quinario: 1. Situazione iniziale (o esposizione) 2. Complicazione 3. Azione trasformatrice (o punto di svolta, turning point) 4. Soluzione 5. Situazione finale Naturalmente il narratore non schiavo degli schemi. La sua arte sta proprio nel variare gli elementi, offrendo soluzioni per nulla scontate. Se lazione trasformatrice non pu mancare, la situazione iniziale pu essere evocata brevemente, come pure possibile passare sotto silenzio la soluzione, lasciando il finale aperto (cfr. Mt 20,1-16; Lc 15,11-32; At 28,30-31). Utilizzando il linguaggio aristotelico si pu parlare di peripezia, cio il cambiamento di una cosa nel suo contrario: un personaggio passa dalla malattia alla salute (o il contrario), un accusato discolpato, una vittima designata risparmiata (cfr. 2 Sam 18,19-19,1). Altrove invece vi sar un riconoscimento (o agnizione), ovverosia un passaggio dallignoranza alla conoscenza (classico il caso della benedizione di Isacco a Giacobbe Gen 27,21-23). Da queste considerazioni vengono alcune conseguenze: un intreccio costruito intorno ad una crisi e alla sua soluzione (che comporta cio un cambiamento di situazione e nel quale in gioco laccadere) detto intreccio di risoluzione. Quando invece la 6
narrazione comporta il passaggio dallignoranza alla conoscenza (o viceversa) si parla di intreccio di rivelazione. Nella Bibbia tuttavia spesso vi sono passaggi dalluno allaltro con un effetto di sorpresa non solo narrativa ma pure teologica. Nel libro dellEsodo la liberazione dalla schiavit (intreccio di risoluzione) evolve verso un processo di riconoscimento di Dio liberatore (intreccio di rivelazione). Singolare, a riguardo, la differenza fra la prospettiva di Es 14,30 e quella di Es 14,31. Il medesimo passaggio nella dinamica fra la parabola del buon Samaritano e la sua cornice: i risultati delluna (intreccio di risoluzione) sono la chiave dellaltra (intreccio di rivelazione) (Lc 10,25-29.30- 35.36-37).
5.2. Temporalit Lessing in un opera del 1766 distingueva le arti legate al tempo (cio che si svolgono nel tempo), come la letteratura e la musica e le arti legate allo spazio come la pittura e la scultura (il cinema non esisteva ancora!). Nel caso del racconto la relazione col tempo raddoppiata: il linguaggio, iscritto nellordine della successione, un medium temporale ma pure le azioni rappresentate nel mondo del racconto si producono nel tempo. Si tratta di analizzare le relazioni fra i due ordini temporali, cio il medium rappresentante e lazione rappresentata. In linguistica si parla di tempo raccontato (in inglese Narrative Time, in tedesco erzhlte Zeit) e tempo raccontante (in inglese Narration Time, in tedesco Erzhlzeit). Il tempo raccontato corrisponde alla durata degli avvenimenti nel mondo del racconto (i quaranta giorni nel deserto, i tre giorni del cammino di Abramo, etc.); il tempo raccontante il tempo materiale necessario allatto di raccontare, quasi sempre pi breve del tempo raccontato. In qualche occasione i due si equivalgono ( il caso del discorso diretto) e vi sono casi nei quali il tempo raccontante eccede quello raccontato per tradurre lintensit di quanto si sperimenta (cfr. Gen 22,10). A partire da questa distinzione prendiamo in esame i c.d. tre universali narrativi (come li ha definiti Sternberg 2 ). Il matre penser della Scuola di Tel Aviv definisce lessenza della narrazione non in termini mimetici, cio a partire dallazione rappresentata o narrata, bens in termini retorici e comunicazionali, cio ponendo attenzione allinteresse del racconto. Tale interesse suscitato per mezzo della creazione di alcune lacune dinformazioni, risultanti dallinterazione fra il tempo raccontante e il tempo raccontato. Sternberg definisce tre tipi dinteressi narrativi fondamentali in funzione della combinazione di questi due livelli. Si chiede: linformazione nascosta al lettore appartiene al futuro o al passato della narrazione? Inoltre: il lettore cosciente che uninformazione dissimulata? La coscienza di non sapere qualcosa tender a creare unattesa che si dirige verso linformazione mancante, la quale
2 M. STERNBERG, The Poetics of Biblical Narrative. Ideological Literature and the Drama of Reading (ILBS), Indiana University, Bloomington 1985, 264-320. 7
si trasformer sia in suspense (se la lacuna nel futuro della narrazione), sia in curiosit (se la lacuna nel passato). Se invece il lettore non cosciente della lacuna nel momento in cui questa sar rivelata in modo inatteso abbiamo la sorpresa. Sintetizziamo con una tabella: Passato Futuro Attesa (conoscenza di una lacuna) Curiosit (retrospezione) Suspense (prospezione) Assenza dattesa (ignoranza della lacuna) Sorpresa (ricognizione)
Prima di riprendere con maggiore precisione i tre universali narrativi introduciamo un ulteriore concetto, quello di tensione narrativa. Baroni lha cos definita: La tensione [narrativa] un fenomeno che si produce allorch linterprete di un racconto incoraggiato ad attendere uno scioglimento; questa attesa caratterizzata da unanticipazione tinta dincertezza che conferisce tratti passionali allatto di recezione 3 . Dalla definizione si evince che v uninterdipendenza fra la strutturazione del racconto (o logica dellazione) e leffetto sul lettore (o funzione timica), fra la cognizione e lemozione. Linteresse del lettore tenuto vivo dalla disforia (irrequietezza) per concludersi nelleuforia (stato di benessere) finale, corrispondente alla risoluzione della tensione narrativa. In questo processo si passa dalla complicazione (o nodo) alla soluzione (o scioglimento). La prima fase corrisponde, a livello pragmatico, ad un processo instabile che suscita nel lettore unattesa e gli chiede di ipotizzare una previsione. Il narratore mostra la sua abilit utilizzando la reticenza (il non- detto), introducendo effetti ritardanti e giocando sullambiguit. Il racconto diventa cos un enigma che sprona il lettore ad unattivit intellettualmente gratificante. Nella seconda fase (scioglimento) il narratore fornisce una risposta alle domande confermando o smentendo lanticipazione del lettore. Spesso proprio a questo livello si pone lo scarto: mentre alcuni indizi suscitavano una certa attesa, la medesima attesa frustrata da una sorpresa che ridona slancio al racconto. Esemplare lattesa suscitata dalla predicazione del Battista (Mc 1,7-8) e la sorpresa di vedere il pi forte sottoporsi al suo battesimo (Mc 1,9-10). Naturalmente lo scarto narrativo ha una valenza teologica che dovr essere posta adeguatamente in luce. Dopo questa precisazione a proposito della tensione narrativa torniamo ai tre universali narrativi. La suspense deriva da una conoscenza incompleta a proposito di una situazione che si profila essere futura. Si tratta cio di uno scarto fra quanto la narrazione ha gi messo a disposizione del lettore (una domanda, un conflitto, etc.) e quanto deve ancora accadere. A fronte dellambiguit del futuro il lettore in bilico fra timore e speranza e formula ipotesi prospettive. Chi risponder alla sfida di Golia (1 Sam 17)? Come Abramo e Sara avranno una discendenza (Gen 12,2) visto che sono anziani e la donna sterile (Gen 11,30)? Che fine far il viandante assalito dai briganti e lasciato
3 R. BARONI, La tension narrative. Suspense, curiosit et surprise (Potique), Seuil, Paris 2007, 18. 8
mezzo morto sulla strada (Lc 10,30)? Il lettore si fa compagno dei personaggi e risulta implicato nella narrazione. Nel caso della curiosit le ipotesi non sono pi prospettive ma retrospettive. Un elemento del passato (avvenimento, decisione, strategia) sfugge al lettore in quanto il narratore lha volutamente taciuto (reticenza). Nel caso del giudizio di Salomone (1 Re 3,16-28) luccisione del bambino avvenuta, ma il narratore ha volutamente occultato la verit e noi, come Salomone, vorremmo scoprirla. Allorch Samuele inviato da Dio a Betlemme ha gi scelto uno dei figli di Iesse (1 Sam 16,1-13) ma n il profeta n il lettore sanno quale. Teologicamente la curiosit ha un notevole valore in quanto luomo deve scoprire che il disegno di Dio nella storia si offre a lui per mezzo di alcuni segni da decifrare. Nel caso della sorpresa, invece, il narratore frustra qualsiasi attesa, introducendo qualcosa di interamente nuovo. il caso dellabbraccio di Esa (Gen 33,4) che risolve nel perdono loffesa ricevuta allorch Giacobbe gli usurp la primogenitura. Sorprendente appare pure la scelta di un ragazzino come re dIsraele (1 Sam 16,12). A conclusione del discorso sono da aggiungere due note. La prima riguarda la trasformazione della curiosit e della suspense in sorpresa. Mentre infatti lesaudimento delluna e dellaltra una conferma degli indizi disseminati nel testo, la sorpresa imprevedibile. Ma proprio un simile scarto obbliga alla rifigurazione dellintreccio, svelando la novit teologica del testo. La seconda nota: se da una parte necessario reperire gli interessi narrativi fondamentali, tuttavia anche necessario comprendere il senso teologico delle strategie comunicative. Il lettore, infatti, chiamato ad interagire ma proprio in questo modo ad essere modellata la sua comprensione della realt, la sua visione del mondo, la sua coscienza di fede.
5.3. La combinazione degli intrecci Unultima parola va detta ancora a proposito della combinazione degli intrecci. Ecco alcuni esempi. Vi sono trame concatenate: la parabola dei talenti (Mt 25,14-30) ripete per ben tre volte lazione trasformatrice. Se la prima e la seconda azione sono uguali, la terza differisce. Ma in questo modo a crescere la tensione narrativa e il colpo di scena finale ha un effetto pi forte. Lo stesso vale per le disgrazie di Giobbe (Gb 1,13-19), o per lintercessione di Abramo (Gen 18,16-33). Alcune trame sono imbricate: lultima tappa di un intreccio costituisce il punto di partenza del seguente. Le minacce di Gezabele dopo lordalia del Carmelo (1 Re 19,1-2) sono il punto di partenza del nuovo episodio (1 Re 19,3-18). Pi complessa invece limbricatura di alcuni episodi di Marco. Il caso pi famoso la guarigione del cieco di Betsaida che avviene in due tempi (8,22-26). Se colleghiamo questo episodio col successivo (la professione di fede di Pietro e il primo annuncio della passione Mc 8,27-33) ne comprendiamo limbricatura: il cieco vedeva gli uomini come degli alberi 9
che camminano, Pietro vede Ges come Messia senza sofferenza; e come il cieco stato nuovamente toccato da Ges per vedere bene ogni cosa cos il discepolo deve essere guarito per comprendere che il Messia il Crocifisso. V poi il procedimento a sandwich molto amato da Marco (3,20-21.22-30.31- 35; 5,21-24.25-34.35-43; 6,7-13.14-29.30-32; 11,12-14.15-19.20-26; 14,1-2.3-9.10- 11; 14,53-54.55-65.66-72). Anzitutto i tre momenti sono in ordine di successione: la sequenza avviene cos com presentata. Inoltre i personaggi principali sono in relazione fra loro: se non dal punto di vista della storia almeno dal punto di vista del racconto. Inoltre lepisodio nel quadro la chiave per comprendere lepisodio in cornice. Ges, per esempio, chiamato a salvare la figlia di Giairo ma bloccato dalla donna fino al punto che troppo tardi. Con linserzione del secondo racconto lattenzione del lettore si sposta sulla donna. Il suo gesto risolve la malattia ma non il racconto che culmina nelle solenni parole di Ges che definiscono la sua fede salvifica (5,34). Esaurita la sua funzione narrativa la donna scompare ma il guadagno della sua vicenda a disposizione di tutti ed rimesso allopera nel primo racconto. Se la morte della ragazza aumenta la drammaticit, lesortazione di Ges al padre ritorna sulla fede (5,36), identificabile con quella che il racconto precedente ha presentato e che va messa a frutto di fronte al limite estremo della morte 4 .
4 Cfr. T. SHEPHERD, The Narrative Function of Markan Intercalation, New Testament Studies 41 (1995) 522-540.